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domenica 17 febbraio 2019

I Mondi di Thorgal 10 - Kriss di Valnor 4: La Montagna del Tempo

La Panini ha una grandissima considerazione delle mie facoltà mnemoniche, visto che propone questo nuovo dittico a tre anni di distanza dal precedente. Certo, è ovvio che vanno considerati altri fattori come il tempo materiale concesso al team originario per confezionarli, tanto più che la defezione di De Vita deve aver rallentato un po’ il ritmo di produzione con la ricerca di un degno sostituto dopo la toppa messa dall’onnipresente Surzhenko, ma il risultato non cambia e ci ho messo un po’ per raccapezzarmi.
Il primo episodio, quello che dà il titolo al volume, è marcatamente fantasy e vede la protagonista scalare insieme ai due comprimari Clay e Akzel una montagna magica che le permetterà di ricongiungersi col figlio Aniel superando le barriere dello spaziotempo, anche se nel corso della scalata dovrà affrontare la se stessa delle linee temporali divergenti in cui gli eventi hanno preso una piega diversa rispetto al canone della serie. Chiaramente questa è un’occasione per gli sceneggiatori Dorison e Mariolle di sfoggiare la loro conoscenza di tutta la saga di Thorgal. A circa un terzo dell’episodio la scena cambia e i riflettori sono puntati su Jolan e sulla guerra sanguinaria che sta conducendo contro Magnus, che potrebbe finalmente concludersi grazie all’intervento di un «Maestro di Giustizia» che tramite i suoi poteri tecno-magici li farà duellare in una giungla-arena appositamente predisposta. Cliffhangerone (in senso letterale) finale a cui per fortuna segue il secondo capitolo, ottavo della saga di Kriss di Valnor.
Ne Il Maestro di Giustizia si scopre che la “prigione” in cui sono confinati Jolan e Magnus era, come intuibile, frutto di tecnologia aliena e non di stregoneria, e alla fine i due risolvono la loro diatriba in maniera salomonicamente buonista. Dal canto suo, la titolare della serie supera la seconda tappa del suo viaggio e procede forse un po’ troppo rapidamente verso la conclusione del suo viaggio.
Le trovate fantasy non sono molto originali ma comunque ben condotte e abbastanza piacevoli da leggere – e poi è un genere in cui gli stereotipi sono quasi d’obbligo. Lo stile di scrittura della coppia Dorison-Mariolle lascia alcuni elementi all’interpretazione del lettore: gli stacchi tra alcune scene a volte non sono chiarissimi e vanno ricostruiti, mentre i dialoghi forse vorrebbero essere pregni di significato senza però riuscirci. Talvolta anch’essi vanno un po’ interpretati, visto che non sempre sono chiari e spesso sottintendono riferimenti a episodi precedenti. Questo decimo volume si fa leggere, ma senza entusiasmare.
Lo stesso discorso vale per il comparto grafico: a una prima sfogliata i disegni di Frédéric Vignaux mi sono sembrati molto belli ed efficaci, ispirati (probabilmente su indicazione dell’editore, io lo ricordavo più affine a Marini) a quelli di Giulio De Vita, ma al momento della lettura mi sono accorto che forse certe derive ipertrofiche erano un po’ eccessive, così come alcuni elementi (le montagne negli sfondi, lo squarcio nello spazio-tempo) non sono resi in maniera proprio ottimale. La convivenza negli stessi disegni di tratti molto sottili e di pennellate molto grasse li rende poi piuttosto sketchy, anche quando l’azione non lo richiederebbe. Stiamo parlando di una performance che è comunque di altissimo livello, e chissà a quante pressioni sarà stato sottoposto Vignaux (designato come successore di Rosinski nella serie madre), ma è anche vero che una saga di questa importanza richiede dei contributi eccellenti, non “solo” ottimi. Anche se è un discorso che fa a pugni con la politica spremitrice della Lombard.
Abbastanza buoni i colori di Gaétan Georges, splendide le copertine di Rosinski.
Visto che il primo dei due episodi ha una foliazione leggermente più generosa del solito (48 tavole invece di 46) la Panini ha colto l’occasione per rimpolpare un po’ il volume con sei pagine di studi e making of.
Seguito e conclusione di Kriss di Valnor (o almeno di questo arco narrativo) si vedranno nel 36° volume di Thorgal, quando si degnerà di uscire.

sabato 30 dicembre 2017

Cosmo Serie Gialla 63: La Rapina del Secolo - Come ho fatto fortuna in Francia nel giugno 1940

Ormai non compro più i bonellidi della Cosmo, ma questo titolo mi aveva incuriosito quando l’ho visto sull’Anteprima. Avendo appunto smesso di guardare a quel reparto nelle edicole, sono rimasto stupito nel vedere che nonostante la mole delle uscite non tutti i punti vendita erano riforniti alla stessa maniera, e alcuni non avevano proprio più materiale Cosmo. Ho avuto insomma qualche difficoltà a trovare il numero 63 della Serie Gialla e per questo ne scrivo così in ritardo rispetto alla sua uscita.
La Rapina del Secolo è un noir bello robusto ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, al momento dell’occupazione francese. Un ingente quantitativo d’oro è sfuggito ai controlli della Banca Centrale di Francia, che ha già provveduto a nascondere il resto altrove proprio per evitare che cada in mano tedesca.
La notizia del prossimo trasferimento è trapelata e un gruppo di criminali si organizza per assaltare il furgone blindato con le due tonnellate d’oro.
Questa sporca mezza dozzina è composta da un gangster corso, un pugile specializzato nel finire al tappeto, la “talpa” all’interno della banca, un tedesco in fuga da Hitler e la figlia di un orologiaio/scassinatore che ne ha ereditato l’abilità.
La Rapina del Secolo presenta situazioni larger than life che in un romanzo possono benissimo venire inserite senza risultare ridicole (il lettore se le immagina come vuole) ma che in un fumetto risultano poco credibili o forzate; scopro però dalle gerenze che in origine la sceneggiatura, tratta appunto da un romanzo di Pierre Siniac, era stata addirittura pensata per il cinema, dove sarebbe risultata ancora più esagerata e inverosimile.
La frenesia dell’azione la rende talvolta poco chiara e rimanda proprio a un film fracassone, ma sul finale Nury e Dorison si riscattano con quel’ultima tavola così beffarda – anche se, ancora una volta, forse poco verosimile.
La qualità della stampa è buona, così come i colori di Laurence Croix sono abbastanza netti da non risultare penalizzati dal passaggio al formato più piccolo e a una carta non patinata (anche se le tavole doppie non si leggono con la stessa facilità in formato ridotto e in brossura), ma la parte grafica in generale è deludente e inadatta a un fumetto del genere. I disegni sono infatti troppo caricaturali: è vero che anche quel gioiello di C’era una volta in Francia soffriva dello stesso difetto, ma qui Laurent Astier esagera e ogni tanto non si distinguono i protagonisti l’uno dall’altro, oppure non si riescono a prendere sul serio dei personaggi che hanno delle fattezze grottesche e che invece dovrebbe esprimere autorevolezza o risultare temibili.
Nel complesso la storia non è affatto male, pur con tutte le sue concessioni all’effettismo spicciolo, e inanella qualche colpo di scena ben congegnato, oltre che una valida ricostruzione dell’atmosfera dell’epoca. Ciò detto, sono più che contento di averci speso solo 5 euro.

mercoledì 22 giugno 2016

I Mondi di Thorgal

Finito di leggere Rosso come il Raheborg, sesto volume Panini dei Mondi di Thorgal e terzo dedicato a Kriss di Valnor, ho riflettuto un po’ sull’operazione “I Mondi di Thorgal”. E francamente dopo 12 volumi (ogni 100% Panini raccoglie due albi originali) mi sembra che alla fine sia stata un po’ un’occasione sprecata. Non che i fumetti siano brutti, ma non sono nemmeno eccellenti come era lecito aspettarsi da spin-off di una serie importante come Thorgal e dai nomi degli autori coinvolti.
Kriss di Valnor comincia in maniera intrigante, pur se Yves Sente ci tiene a far vedere che ha fatto bene i compiti e che si è studiato gli episodi di Thorgal a cui rimanda pesantemente (stesso difetto, ammesso che sia un difetto, che ho riscontrato in Van Hamme quando ha ripreso Blake & Mortimer). Negli ultimi episodi la storia compie una brusca sterzata, forse per collegarsi a quanto succede nella serie titolare anch’essa gestita da Sente, e il quinto capitolo (primo del numero 3 della Panini) è praticamente una lunga ed estenuante battaglia. De Vita si presenta con uno stile più sporco e immediato senza le leziosità che lo caratterizzavano prima. Io lo apprezzo di più in questa versione senza troppi fronzoli (ma le donne sembrano sempre delle bambine anche quando non lo sono) però con l’avanzare degli episodi non appena l’inquadratura si allontana dai primi piani le sue vignette sembrano quasi tirate via.
Il nuovo ciclo a opera di Dorison e Mathieu Mariolle, che esordisce nel numero 6 dei Mondi di Thorgal, sembra promettere bene: approfittando della parziale tabula rasa fatta da Sente nell’ultimo episodio della sua gestione i due sceneggiatori hanno imbastito una loro versione del Villaggio dei Dannati che pur non essendo originale (vedi nella stessa saga di Thorgal l’episodio Alinoë) si legge con piacere. Il bravo Surzhenko, però, forse oberato di lavoro o forse “invitato” a emulare di più lo stile di Rosinski, perde un po’ del suo mordente e in alcune inquadrature presenta delle anatomie sballate.
Lupa è una simpatica storia fantasy, che Yann sembra aver scritto senza molta convinzione e con ancor meno attenzione: posso capire che nell’episodio La Mano Mozzata del Dio Tyr ci fosse un gioco di parole francese intraducibile, ma il potentissimo Mago fa veramente la figura dell’idiota a confondere una mano destra con una mano sinistra! Anche la pubertà prematura di Lupa non mi ha convinto. In questa serie più che altrove si è inoltre sentito il ritmo spezzato imposto dalla programmazione Panini per cui cicli che in origine durano tre volumi qui li vediamo in blocchi da due, così da avere un cliffhanger al termine del primo numero, due storie distinte nel secondo e la conclusione del secondo ciclo di tre nel terzo (quando uscirà).
La Giovinezza di Thorgal, affidata all’onnipresente Surzhenko, pur sempre scritta da Yann convince di più (citazioni fuori luogo di Turing a parte) e fa respirare le atmosfere magiche e spensierate dei primi episodi di Thorgal. Purtroppo è la serie meno incisiva visto che narrando fatti accaduti in precedenza non ha alcun influsso (almeno apparentemente) sul quadro generale che si sta delineando nell’universo di Thorgal.
A tal proposito, sicuramente il fatto che molti elementi siano collegati è un valore aggiunto per la saga nel suo complesso ma con ritmi di pubblicazione che in Italia possono durare anni tra un volume e l’altro (visto che dobbiamo attendere l’uscita di due volumi per volta) seguire la vicenda diventa un po’ difficile – per la cronaca, c’è un episodio di Lupa che attende ancora di essere tradotto e due della Jeunesse in attesa (il quarto è uscito da poco in Francia). E il numero 35 di Thorgal credo che ormai lo stiamo aspettando da tre anni…
In definitiva l’operazione “I Mondi di Thorgal” è tutto sommato riuscita e offre delle letture buone; secondo me, però, non proprio all’altezza delle aspettative. Forse se la Lombard non avesse spremuto così tanto i disegnatori i risultati grafici degli ultimi cicli sarebbero stati migliori (Surzhenko ha disegnato più di dieci volumi in cinque anni!).