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martedì 6 febbraio 2018
martedì 21 novembre 2017
Intervista a Roberto Baldazzini
Roberto Baldazzini è stato presente a Lucca con novità
esterne al fumetto: un nuovo portfolio tirato in 99 copie presentato il 1
novembre e il suo nuovo libro Mondo
Erotica, ma ho scoperto dei nuovi progetti suoi per il fumetto, il medium
che ama di più.
LL: Lei comunque
si è dedicato anche ad altri tipi di lavori. L’Inverno di Diego,
se ho ben capito, avrebbe dovuto essere il primo di una serie sulle quattro stagioni
della resistenza. Avrà un seguito o al momento il progetto è fermo?
RB: Sì, Il Pinguino era stata la nostra fanzine,
il nostro esordio: il mio, di Igort, di Brolli, ecc. Fu una vera palestra. Poi
mi sono confrontato su Orient Express,
Nova Express, Comic
Art e Blue, riviste che hanno
fatto maturare una generazione.
Luca Lorenzon (LL):
Lei quest’anno presenta a Lucca il portfolio Le Sultane, anche se qui allo stand di Sergio Pignatone è presente
anche il volume Mondo Erotica che è
già uscito da un po’.
Roberto Baldazzini
(RB): Sì, Mondo Erotica è uscito
in Inghilterra un paio di mesi fa, in ottobre in America e poi adesso nel resto
del mondo. È un art book dedicato ai
miei trent’anni di lavoro. Mentre invece il progetto Sultane è un portfolio, a colori, che finalmente raccoglie una
serie di figure femminili molto particolari, già disegnate da tempo.
LL: “Particolari”
come quelle di Casa Howhard?
RB: No,
assolutamente, queste sono femmine-femmine. Sono “particolari” nel senso che
queste figure femminili sono particolarmente virili e dominanti, anche se non
hanno gli attributi maschili.
LL: Anche in Casa Howhard era quella più minuta,
l’unica interamente donna, a essere la dominatrice se non ricordo male.
RB: No, in Casa Howhard c’era solo una figura
femminile che era una diva del cinema porno, la classica pornostar, l’unica
femmina.
LL: Allora l’ho
confusa con quell’altro fumetto su Blue
in cui per rivolgersi a un’avversaria una delle protagoniste la apostrofava
dicendo “CREPAX!”.
RB: Quella era la
serie di Ginger & Rogers, “CREPAX!”
era il grido di battaglia delle protagoniste, due detective, quando entravano
in azione. Una era interamente femmina dalle grandi tette mentre l’altra un
trans.
RB: Diciamo che
il progetto è congelato, siamo rimasti ancora all’inverno. Il problema è la
tematica, che è forte da un punto di vista sociale ma non è così competitiva
dal punto di vista commerciale. Questo è senz’altro un problema visto che
l’investimento più grosso l’ho fatto io. Mentre cercavo una soluzione
editoriale alla storia dei partigiani, ho avuto una proposta interessante da parte
della Bonelli e l’ho accettata.
LL: Posso
chiederle qualche informazione in più sul progetto per Bonelli?
RB: La storia si intitola
Hollywoodland, scritta da Michele
Masiero, sono arrivato a pagina 180, sono a buon punto e spero di arrivare alla
conclusione delle circa 220 pagine nell’arco dei prossimi 6 mesi, appartiene
alla collana “I Romanzi” e uscirà in un albo tutta insieme.
RB: Mah… Intanto spero
di riuscire a pubblicarla in un’unica edizione che raccolga le 250 pagine già
realizzate, però non sono ancora riuscito a individuare l’editore giusto, ci
terrei parecchio. Poi da lì chi lo sa, potrei sviluppare anche qualche nuova
storia, la sceneggiatrice, Lorena Canossa, non vedrebbe l’ora!
Anche nella storia per Bonelli, che è ambientata a Hollywood
negli anni ’20, abbiamo sempre il cinema sullo sfondo e oltre a questo progetto
i francesi mi hanno fatto un’altra proposta molto interessante per raccontare a
fumetti la biografia di una particolare attrice hollywoodiana degli anni 50/60.
Io ho già detto sì e ho fatto alcune tavole di prova, aspetto di definire il
contratto per rendere la notizia pubblica e svelare il volto dell’attrice.
LL: Prima ha
citato le difficoltà nel trovare un editore. Una volta con le riviste di
fumetto d’autore era diverso…. Rimpiange quel periodo o pensa che la realtà sia
cambiata e gli spazi ci siano ancora?
RB: Bella
domanda… gli spazi ci sono sempre, sono le modalità con le quali ci si avvicina
a una storia a fumetti che forse hanno delle regole diverse tipo la quantità di
pagine, il numero delle vignette, nuovi generi… comunque io, come autore, sono “nato”
e “vissuto” sulla rivista d’autore.
LL: Lei aveva
cominciato su Il Pinguino, giusto?
Non mi trovo per niente male a raccontare direttamente in
un’unica soluzione in un lungo racconto a fumetti. Però mi sembra una struttura
narrativa particolarmente impegnativa per chi inizia il mestiere: vedo i
ragazzi che escono dall’accademia di fumetto con delle tesi che sono già dei
volumi, una grande sfida. Quando ho iniziato io c’erano le storie a puntate,
oppure quelle auto concluse, altri tempi per altre esigenze narrative visto che
le riviste non esistono più come dinamica commerciale, anche se nelle
autoproduzioni ho visto nuove proposte.
LL: Certo, ad
esempio Alan Hassad aveva la
struttura classica delle 46 tavole però se ben ricordo su Orient Express la chiusura di ogni singolo episodio capitava sempre
in un momento prestabilito, topico, ogni 10 o 12 pagine. Non so se la cosa era
voluta o fosse un caso (oppure sono io che mi ricordo male come nel caso di Casa Howhard…).
RB: Sì, c’era un
lavoro preciso intorno… La sceneggiatura era calibrata per creare questa
dimensione narrativa. Aveva questi stop ogni dieci pagine e in qualche maniera
in 48 pagine si raccontavano vita, morte e miracoli di un personaggio.
Sono cambiati veramente i tempi. Però la storia che sto
facendo con Bonelli mi ha permesso di ritrovarmi a disegnare e a raccontare
quel tipo di fumetto con cui ho iniziato la mia carriera. Ho ritrovato il gusto
della narrazione nel classico formato a tre strisce.
LL: Quindi un po’
un ritorno alle origini.
RB:
Assolutamente, e soprattutto un ritorno al fumetto “vero”. E sinceramente, per
quanto io abbia “deviato” il mio percorso (nell’arte, nell’illustrazione, nella
pubblicità), il fumetto è quello che mi è sempre piaciuto raccontare, disegnare
e vivere.
martedì 29 novembre 2016
L'Inverno di Diego
Considerato il passato (e il presente)
di maestro del fumetto erotico o comunque glamour
di Roberto Baldazzini questo nuovo membro del club del -25%
risulta un prodotto anomalo nel corpus della sua produzione: è un fumetto
storico, drammatico e nettamente impegnato.
L’elegante e ricercata
inespressività dell’autore, suo marchio di fabbrica, avrebbe potuto far deragliare
il progetto ma viene mitigata dall’uso di riferimenti fotografici per i volti
di molti protagonisti (che già ottimi risultati aveva dato nel primo episodio
di Stella Noris). Vari livelli di grigio
“sporcano” inoltre a dovere le tavole donando loro profondità e movimento.
L’Inverno di Diego narra del congiungimento del protagonista con
una cellula partigiana sul finire del 1943, quando il crollo del regime
fascista aveva diviso gli italiani in due schieramenti: quelli che avrebbero
aderito alla repubblica di Salò e quanti preferirono diventare partigiani.
Nel caso di Diego la situazione è
resa ancora più drammatica dal fatto che il padre è un gerarca fedele a Salò
(avrebbe potuto essere un ottimo colpo di scena, ma lo dicono già nell’introduzione
sull’aletta sinistra e quindi mi sento autorizzato a scriverlo pure io).
Lo accompagnano in questa impresa,
che assume anche e soprattutto i contorni di un racconto di formazione, altri
tre partigiani che vengono splendidamente resi con pochi ma efficaci cenni di background. Sarà una leggerezza di Diego
a condannare il gruppo.
Le condizioni di clandestinità
rese ancora più tremende dal clima sono raccontate con grande realismo, così
come le sequenze più crude degli interrogatori sono rappresentate con la dovuta
drammaticità.
Baldazzini si rivela un narratore
molto capace: il montaggio della sequenza iniziale che narra alternandoli gli
antefatti storici e personali della vicenda (nelle strisce in alto e in basso il
riassunto di quanto succede tra agosto e novembre 1943, in quella centrale
la sequenza muta dell’arresto e della fuga di Diego) è da antologia, una scelta
stilistica che catapulta subito il lettore nell’azione e lo rende edotto del
contesto senza risultare pedante. Anche il resto del fumetto non è da meno e
Baldazzini sfoggia un armamentario di trucchi del mestiere veramente
invidiabile: grazie al’attento uso dei dettagli, delle forme e dimensioni
diverse delle vignette, dei recadrage e
di alcune particolari scelte stilistiche (ad esempio vignette enormi dopo
pagine molto fitte) riuscirà a imprimere alla storia il ritmo che vuole lui
così come condurrà il lettore in questa drammatica storia dandogli le pause e
le accelerazioni giuste.
Sul finale L’Inverno di Diego cede a un tono più canonico e quasi
consolatorio, ma può darsi che sia proprio l’estrema e improbabile facilità
della fuga del protagonista a testimoniare che anche questa, come il resto del
fumetto, è tratta da un episodio reale.
In appendice è presente un saggio
di Claudio Silingardi sul post-8 settembre 1943.
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