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mercoledì 11 maggio 2016

Cosmo Serie Gialla 44 - Golden Dogs 2: Il Giudice Aaron

Si conclude la serie in quattro episodi che aveva saputo attirare la mia attenzione il mese scorso nonostante il formato bonellide. Si conclude per modo di dire, perché dice e non dice, rivela e non rivela, mette nuova carne sul fuoco senza cucinarla a dovere. E la deriva vagamente sovrannaturale mi è sembrata ridicola, per quanto solamente accennata e descritta con scetticismo e distacco dallo stesso Desberg.
Chi era il traditore tra le fila dei Golden Dogs? Io non l’ho capito. Forse tutti e quattro.
Con chi dialoga Fanny nelle didascalie che accompagnano la vicenda? Non viene rivelato.
Nel complesso mi è sembrato che Golden Dogs sia stato chiuso in fretta e furia senza dargli il giusto respiro. Non sono tra quanti ritengono che ogni aspetto della trama vada per forza sviscerato in dettaglio, ma stiamo parlando di un mystery e le spiegazioni almeno alle questioni più importanti dovrebbero essere fornite, possibilmente in maniera chiara. Inoltre è più evidente in questi due ultimi episodi (un po’ più brevi: di 46 tavole ognuno) la fretta che aveva anche Griffo. Peccato, perché l’ambientazione era interessante.
Non finirà tra il Peggio del 2016 ma per me è stata una grossa occasione mancata.

sabato 23 aprile 2016

Cosmo Serie Gialla 43 - Golden Dogs 1: Fanny

Erano anni che non prendevo uno dei bonellidi-BéDé della Cosmo, e nel frattempo la Serie Gialla è arrivata a quota 43 uscite mentre il formato Cosmo Color ormai è estinto. Evidentemente non sono il lettore tipo italiano.
Questo Golden Dogs è presentato a colori e a differenza di altre proposte analoghe della Cosmo che ho sfogliato è stampato bene. Sarà per questo che mi è venuta voglia di provarlo, anche se Griffo non è tra i miei disegnatori preferiti. O forse è stata la generosa quantità di tette.
La storia si svolge nella prima metà del XIX° secolo a Londra, quando il misterioso avventuriero James Orwood mette su una propria banda di criminali sulla falsariga di quella dei “Black Birds”, che tanto successo sta avendo con furti, rapine e ricettazione.
Ne fanno parte la bella prostituta Fanny, l’attore trasformista castrato Lario (o Hillario o Laria) e tal Lucrèce le cui mansioni non sono ben definite ma che deve essere una criminale di successo visto che rientra tra quanti sono in procinto di essere esiliati nelle colonie britanniche.
La storia in quattro parti viene narrata in un flashforward con voce narrante fuori campo da Fanny, probabilmente nel corso di un interrogatorio, e ci viene subito anticipato che i Golden Dogs finirono la loro carriera criminale a causa di un traditore tra i quattro, creando la giusta curiosità nel lettore che viene spinto a trovare indizi sull’identità della mela marcia.
A differenza di altre opere simili, il punto di vista è sempre quello di Fanny e i singoli volumi non si concentrano (almeno non finora) su un membro diverso della combriccola, tanto che nel secondo episodio, Orwood, Fanny domina la scena dopo che i Golden Dogs sono costretti alla separazione e alla fuga dandosi però appuntamento una volta all’anno nella piazza che vide nascere la banda, impegno che per sei anni non verrà rispettato. Stephen Desberg confeziona una storia più suggestiva che originale, in cui il pezzo forte secondo me è la ricostruzione dell’ambientazione e delle strategie con cui i malfattori compivano le loro malefatte. Il personaggio di Fanny è inoltre reso con molta efficacia.
Griffo come sempre presenta ogni tanto delle teste pericolosamente sbilanciate da un lato, alcune anatomie sproporzionate e soprattutto personaggi che sono solo caricature, ma almeno si colora da solo (e non mi sembra col computer) rendendo così piuttosto piacevole l’insieme. E alcuni primi piani femminili sono veramente ben disegnati. Per fortuna ha scelto una struttura della pagina molto libera e tendenzialmente costruita su tre strisce, così il passaggio al 16x21 non è stato troppo traumatico. Resta però il dubbio che parte dei dialoghi e delle didascalie sia stata sacrificata per farli stare nei balloon.
Leggo nel colophon che i due episodi qui presentati sarebbero stati realizzati, o perlomeno pubblicati, a distanza di soli 4 mesi: il primo a gennaio e il secondo a maggio 2014; forse Griffo non è esteticamente il meglio sulla piazza (ma mi risulta che abbia i suoi estimatori e che sappia realizzare cose egregie se può dedicarvi il giusto tempo) ma professionalmente è il disegnatore ideale, probabilmente l’unico sul mercato franco-belga di questo livello a poter realizzare dei volumi con questo ritmo.
Da segnalare che le 128 pagine a colori di questo volume presentano solo 104 tavole a fumetti (l’inusuale durata di 50 pagine del secondo episodio e l’arditissimo cliffhanger finale non indicano un taglio da parte della Cosmo, vero?) e in appendice ci sono alcuni bozzetti ma soprattutto le anteprime di altri fumetti! È chiaro che una foliazione più ridotta avrebbe influito sul contenimento del prezzo ma noi siamo uomini di mondo e sappiamo che è stato necessario inserirle per arrivare alla quota complessiva di 128 pagine stabilita con la tipografia e che forse togliere un trentaduesimo o un sedicesimo avrebbe anche potuto rivelarsi più dispendioso. Ma chi glielo va a dire al lettore tipo italiano?

lunedì 23 febbraio 2015

S.O.S. Felicità

Non ci speravo più e invece è uscito. Questa versione di S.O.S. Felicità ad opera di RW Lineachiara è veramente un bellissimo volume, ben curato e ottimamente stampato, con degli illuminanti apparati redazionali raccolti (se ho ben capito) dalle varie edizioni e riedizioni che questo lavoro anomalo e poco conosciuto di Van Hamme ha avuto in Francia e in Belgio dopo la strepitosa affermazione dello sceneggiatore.
I tre volumi originali sono stati organizzati come capitoli di un unico romanzo, operazione agevolata dal fatto che i primi due erano costituiti da sei racconti brevi riciclati (e questo non lo sapevo) da un progetto televisivo di Van Hamme non andato in porto.
In Francia S.O.S. Bonheur è stato spesso accostato alle Légendes d’Aujourd’hui di Christin e in effetti a rileggere la serie mi sembra che ci sia più di un punto di contatto anche se nell’opera di Van Hamme la critica viene indirizzata sempre e solo alle storture di una società totalizzante che “impone” la felicità e il benessere ai suoi appertenenti.
Rispetto al suo primo passaggio su Skorpio dodici anni or sono ho trovato la storia molto più coinvolgente e a tratti anche toccante. Sarà che la pessima stampa dell’Eura rendeva meno leggibili le tavole creando così una certa distanza col lettore, ma più probabilmente l’effetto è dovuto alla sopravvenuta attualità di alcune di queste vicende, soprattutto della prima.
Fantastico il finale, che risolve le kafkiane vicende dei protagonisti con un po’ di surrealismo e tantissimo nichilismo.
I disegni dimostrano un grande impegno e gli esiti risultano eccezionali se pensiamo che si tratta praticamente dell’esordio realistico di Griffo dopo le effimere frequentazioni underground e la breve e traumatica esperienza umoristica su Modeste et Pompon, in cui la scelta di far vedere gli innamorati coricati insieme generò delle polemiche spropositate e per cui Griffo (non francofono) veniva redarguito dalla redazione di Tintin per la grafia non impeccabile del suo lettering. Per il resto, solo un fumetto scritto da Marcus e rifiutato dalla redazione di Spirou.
Si era nei primi anni ’80 ed Hermann aveva mostrato una nuova possibile strada per il fumetto: definire nitidamente i soggetti rappresentati e poi andarci giù di rapidograph per i dettagli. Anche Renaud (tanto per citare uno tra i tanti) avrebbe percorso questa via, ma nel caso di Griffo sono evidenti anche le influenze di Enki Bilal, tanto per restare in tema di Légendes d’Aujourd’hui, che caratterizzeranno anche il successivo Beatifica Blues realizzato con Dufaux. E infatti il terzo e ultimo volume di S.O.S. Felicità, realizzato qualche anno dopo i primi due, sarà invece già orientato verso il segno più grasso e le anatomie deformate che caratterizzeranno il lavoro di Griffo fino a oggi.
L’acquisto è consigliatissimo e il volume rientrerà senz’altro nel Meglio del 2015 con buona ipoteca delle primissime posizioni. Non solo il fumetto in sé è quella perla che è, ma anche la confezione è curatissima (e pazienza se alla RW non sanno come si va a capo con la s impura): in appendice vengono addirittura riportate le scansioni dei tre volumi originali in mancanza di materiali di stampa idonei. Che sia proprio la ricerca di questi materiali ad aver fatto ritardare il volume?

sabato 13 dicembre 2014

Empire USA 1: Attacco all'America

E' con un certo imbarazzo che mi accingo a dire la mia sulla prima uscita della collana "Formato F423" della Mondadori: credo di aver accumulato qualcosa come un mese di ritardo rispetto alla sua uscita ma in effetti solo adesso sono riuscito a tirare fuori Empire USA dalla pila di roba arretrata da leggere. E forse se ci fosse rimasto, in quella pila, non sarebbe nemmeno stato male.
Empire USA parla dell'inasprirsi del terrorismo islamico e delle contromisure, più o meno trasparenti e moralmente accettabili, che gli Stati Uniti adottano per arginarne l'espansione. Non sarebbe neanche male come spunto, soprattutto grazie alla suggestiva idea (forse ispirata alla realtà) di diverse forze d'intervento o di intelligence in conflitto fra di loro, anche se ovviamente bisognerebbe seguire tutta la storia per vedere come evolve. Il problema è che in questa vicenda viene inanellata una minchiata dietro l'altra:

a causa dello scenario riassunto sopra, in America prende il potere una dittatura Teocon;

il protagonista Jared Gail ha come compagno d'armi un tremendo rompicoglioni che cita costantemente Star Wars e addirittura parla come il Maestro Yoda (persino in piena azione e durante un interrogatorio);

l'altra collega di Jared, Saskia, praticamente è una macchietta che si limita a offrire qualche spunto comico attraverso le tragicomiche descrizioni della sua pratica di divorzio (mi sono imposto di credere che Desberg in questo caso abbia cercato deliberatamente il ridicolo);

la fidanzata del protagonista diventa un supersoldato quando si cala amfetamine;

a proposito della fidanzanta, Jared scopre per puro caso alla fine del primo episodio che il contatto che gli serviva e che ha cercato invano per tutte le pagine precedenti era, guarda caso, proprio lei;

l'organizzazione integralista musulmana alla base degli attentati si chiama "Fratelli Assassini" in onore della setta degli Assassini del Vecchio della Montagna, manco fossimo in un'avventura fantasy - questa come minchiata non è poi tanto grande ma alla luce delle altre diventa la classica ciliegina sulla torta.

Con simili premesse non mi stupirebbe se si scoprisse che la misteriosa moneta ereditata da Jared è un disco volante o una macchina del tempo. Non so quante di queste scelte siano effettivamente attribuibili a Desberg (nella presentazione si parla di input arrivati anche dai disegnatori Henri Reculé e - nientemeno - Enrico Marini) ma io francamente da un fumetto franco-belga mi aspetto ben di più delle spacconate e delle scorciatoie che può offrire Mark Millar.
Più che al 24 citato da Alessandro Di Nocera nell'introduzione mi sembra che qui si guardi a Weeds o a Big Bang Theory, tanto più che battutine non sempre felici e dialoghi forzatamente cool non mancano.
I due episodi raccolti in questo primo numero sono disegnati rispettivamente da Griffo e da Alain Mounier. Il secondo, pur meno spettacolare di altri colleghi, è sempre un piacere da vedere, mentre nel caso di Griffo (disegnatore rinomato più per la sua velocità e prolificità - anche 3 volumi in un anno - che per la conoscenza dell'anatomia) mi sembra che stavolta si sia impegnato di più rispetto ad altri suoi lavori. L'assenza di interventi digitali nel lavoro di entrambi, inoltre, per me è un grande valore aggiunto.
Almeno dal punto di vista grafico Empire USA è promosso, ma dubito che questo basterà a farmi comprare il secondo volume.

giovedì 29 agosto 2013

Historica 10 - Gengis Khan



Il decimo numero di Historica non si è presentato per me sotto i migliori auspici. Il venditore di fumo Cothias e l’infaticabile (anche 3 volumi all’anno!) e per questo inevitabilmente rozzo e approssimativo Griffo non sono tra i miei autori preferiti. Ma ho dovuto ricredermi, almeno parzialmente.
Cothias sembra aver scritto questa saga sotto bromuro e ha piacevolmente lasciato da parte i suoi dialoghi pomposi, le sue sequenze esagerate, le boutade poco credibili e le sue provocazioni (ma la sessualità infantile, addirittura neonatale, non manca) e ha anzi adottato uno stile quasi desueto, in cui la fanno da padrone delle didascalie assai lunghe e articolate. Non manca però un suo tratto distintivo: il sarcastico disincanto con cui tratteggia alcuni rappresentanti del clero, qui peraltro perfettamente integrato nel tessuto della storia che si basa su complesse strategie politiche, in cui anche il parere di sciamani corrotti ha un peso.
Nonostante la scelta di affidare molta della narrazione al testo scritto, la lettura non è affatto pesante ma al contrario è molto coinvolgente. E tutte le informazioni che vengono date al lettore in merito agli usi delle popolazioni mongole, alle loro tradizioni e alla complessità della loro struttura etnografica hanno un ottimo corollario nei disegni di Griffo, documentatissimi e molto “puliti” e leggibili. È pur vero che al buon Griffo non riusciva[1] di disegnare una testa di tre quarti che non fosse deforme (sembrano sempre schiacciate a destra e con l’occhio sinistro di almeno un paio di centimetri sopra quello destro, quasi a compensare), e spesso le mani dei suoi personaggi vengono disegnate così come viene, ma tutto sommato in questo contesto sono poca cosa in confronto agli abiti e alle tende (e mi limito a questi soli due esempi) splendidamente ricostruiti. Per non parlare degli animali, soggetti che Griffo eccelle nel ritrarre.
La storia di Gengis Khan è, come facilmente intuibile, la biografia del condottiero mongolo Temüjin che grazie alla sua determinazione, alla sua perspicacia e a un po’ di fortuna riuscì a riunire le bellicose tribù nomadi della Mongolia, formando un impero che arrivava dalla Turchia alla Cina, come sottolineato dall’introduzione (sempre un pochino spoilerosa) di Giuseppe Pollicelli. È un’opera un tantinello agiografica, com’è legittimo che sia, ma alcune imprese quasi sovrumane del giovane Temüjin vengono comunque contestualizzate da Cothias che riporta addirittura laddove necessario le sue fonti e lascia al lettore la libertà di interpretare ciò che ha letto. E comunque al di là della personalità e delle gesta del protagonista quello che mi ha affascinato sono le dinamiche politiche splendidamente descritte e, ancora una volta, l’attenzione documentaria che riesce veramente a ricostruire l’atmosfera di un ambiente antropologico e geografico.

La serie si conclude in tre volumi con un Temüjin trentenne non ancora Gengis Khan, contraddicendo titolo. Non ci vuole molto per capire che questi episodi erano solo l’antipasto di una saga che avrebbe dovuto essere molto più lunga: non vorrei ricordare male ma credo che in un’intervista a Bodöi Cothias citasse Cinjis Qan (questo il titolo originale della serie) come una delle sue «séries maudites» che aveva difficoltà a continuare. Pur se la mancata conclusione di una saga, fosse anche solo nei limiti autoimposti, è un altro dei marchi di fabbrica di Cothias, si resta comunque perplessi a leggere la parola «fine» sotto una vignetta che in origine aveva la funzione di anticipare cose a venire.
Nel complesso, letto come una ricognizione sulle esperienze giovanili di Gengis Khan e dimenticandosi che è incompiuto, il fumetto è veramente godibilissimo e anche se non vedremo mai la fine di Temüjin secondo Cothias&Griffo (ma se uno è curioso ci sono altre versioni a fumetti, vedi quella di Toppi) resta una lettura irrinunciabile per gli appasionati di Storia e di avventura, o anche solo per godersi i bei panorami di Griffo.
Due appunti: 1) nel terzo episodio il personaggio di Jamuka viene riproposto inizialmente con un look diverso da quello con cui lo avevamo lasciato qualche pagina prima: errore di Griffo o del traduttore che lo ha scambiato per un altro personaggio?
2) questo volume, e qui non è sicuramente colpa di Griffo, presenta la stampa peggiore tra tutti gli Historica, anche se quelle fottute immagini tremolanti e dentellate ci vengono risparmiate almeno nel terzo episodio.


[1] “riusciva” perchè mi pare che da qualche anno a questa parte abbia trovato uno stile molto più equilibrato ed elegante, merito forse della collaborazione con altri disegnatori.