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domenica 22 ottobre 2023

Non ci avevo fatto caso...

…me lo ha fatto notare un amico: il personaggio coi baffi che compare brevemente nel nuovo episodio di Torpedo 1972 sarà un omaggio a Carlos Trillo?



domenica 1 ottobre 2023

Torpedo 1972: Fa male, lo so!

Dopo un meritato calcio nelle palle («fa male, lo so!») l’anziano Rascal ha qualche problema di erezione. Per tirarlo su Torpedo lo porta in un postribolo di fiducia e qui la tenutaria Lou gli affida un lavoro. Il killer Luca Torelli è vecchio e minato dal Morbo di Parkinson ma accetta, anche perché così Lou chiuderà un occhio sui suoi debiti e le sue intemperanze. I bersagli sono un poliziotto che tiene sotto scacco il bordello e la baby prostituta che probabilmente era in combutta con lui fornendogli il pretesto per ricattare Lou.

Se il primo volume del nuovo corso mi era piaciuto senza entusiasmarmi, in questo ho ritrovato tutta la cattiveria, il sarcasmo e i giochi di parole del Torpedo migliore. È poi rinfrancante vedere la totale mancanza di political correct, certe scene potrebbero sollevare un bel polverone se a leggerle fosse la persona sbagliata.

Ai disegni Eduardo Risso rende onore alla sua fama, occupandosi probabilmente anche dei colori. Gli si perdona facilmente che i calzini di un personaggio compaiano a intermittenza.

Questa edizione presenta un’introduzione magniloquente di Álvaro Pons (che il passaggio da una pagina all’altra ha privato di parte del testo) e un’appendice di una dozzina di pagine dedicata al dietro le quinte del lavoro di Risso. Il passaggio da Panini a Cosmo ha determinato un certo aumento di prezzo: da 16,90 a 19,90 euro, ma sono anche passati sei (!) anni dall’uscita del volume precedente. Come in quel caso, il formato è un po’ più piccolo del canonico albo franco-belga ma purtroppo stavolta la carta non è più patinata.

venerdì 28 luglio 2023

Sgt. Rock vs. the Army of the Dead: All'inferno e ritorno

Ovviamente non mi aspettavo altro che una boiata consapevolmente trash, ma nobilitata dagli splendidi disegni di Eduardo Risso e dalla parentela col cult di Sam Raimi L’Armata delle Tenebre. Avrei dovuto leggere meglio il titolo: l’«Army» che affronta il Sergente Rock è quello «of the Dead», non «of Darkness»… Però, dai, è chiaro che c’è stata un po’ di paraculaggine a mettere proprio Bruce Campbell, l’attore-feticcio di Raimi, a sceneggiare la storia e sicuramente questo “equivoco” è stato voluto e ricercato per attirare non solo i fan dell’attore ma anche chi, come me, avrà preso fischi per fiaschi e si aspettava di trovare tracce dell’illustre progenitore filmico. Mais glissons.

La miniserie in sei numeri è ambientata nel 1944, verso la fine della Seconda Guerra Mondiale. Hitler è a corto di uomini, rifornimenti e munizioni ma dei soldati tedeschi praticamente imbattibili sono stati avvistati al fronte e quindi il sergente Rock e la sua compagnia, la Easy, vengono inviati a indagare. Si scopre che i nazisti stanno risvegliando i loro morti grazie a un procedimento elettrochimico inventato dal Dottor Morell. Questi zombi sono un po’ più originali di quelli consueti mantenendo un certo grado di intelligenza. L’obiettivo è quindi quello di stanare il dottore ed eliminare i laboratori in cui avviene il processo di “rigenerazione”, ammazzando più nazisti possibile. Nient’altro da aggiungere a questo canovaccio, che procede senza alcuno scossone e senza colpi di scena a parte la scelta di Hitler, già abbondantemente dipendente da varie droghe, di farsi iniettare il ritrovato miracoloso per diventare a sua volta un supersoldato, veste nella quale affronterà Rock nello scontro finale. C’è qualche dialogo divertente (pochini, a dire il vero) ma c’è anche un feticismo per le armi e i mezzi militari e una celebrazione della guerra da far venire il sospetto che Bruce Campbell sia un membro della NRA. La compagnia Easy presenta vari componenti sulla scia degli Howling Commandos di Nick Fury (ignoro quale gruppo sia nato prima) ma tutti rimangono sullo sfondo non essendoci stato lo spazio o la volontà per caratterizzarli a dovere: che a sparare col bazooka sia uno piuttosto che un altro alla fine non cambia nulla. Ma magari per i fan della serie l’effetto è diverso. Un bello scossone avrebbe potuto essere qualche morte eccellente, essendo questa una storia fuori continuity e ambientata in un universo alternativo, ma purtroppo questa opzione non è stata contemplata perché in realtà questa miniserie è solo l’introduzione di un progetto più ampio di cui sarà protagonista il Sergente Rock.

Alla fine i deliziosi disegni di Risso mi sono sembrati piuttosto sprecati. Non che la miniserie sia proprio una porcheria, ma forse la cosa migliore sono le copertine di Gary Frank.

venerdì 21 ottobre 2022

Batman: Flashpoint Beyond 0

Dunque, vediamo se ho capito bene. Qualche tempo fa c’è stato un evento chiamato “Flashpoint” che per l’ennesima volta ha generato una realtà alternativa a causa di Flash che tornava indietro nel tempo per salvare sua madre. In quella realtà Batman esiste ma è Thomas Wayne, il padre di Bruce che è stato assassinato nel fatidico vicolo al posto dei genitori – e sua madre è diventata Joker! A suo tempo quel Batman, molto più violento di quello canonico, è riuscito a “riparare” la realtà costringendo Flash ad annullare quello che aveva fatto.

In questo fumetto il reset non sembra aver funzionato, e dopo un preambolo con quei due ridicoli personaggi creati per Doomsday Clock vediamo Thomas Wayne (ammesso che sia lui il Batman che si vede col Mimo e la Marionetta, il costume è un po’ diverso) alle prese coi problemi della realtà di Flashpoint memore di quello che andrebbe fatto per ripristinare l’universo “corretto”. Qui mi pare che sia accusato di omicidio in entrambe le sue identità, rimasuglio di chissà quale trama passata, e per questo deve vedersela col procuratore distrettuale Harvey Dent. Questo universo alternativo è virato sul dark, con Amazzoni e Atlantidei che si fanno la guerra e stanno minacciando la pace mondiale, mentre Superman e altri supereroi (o presunti tali) si portano appresso alcune ambiguità – mai coperto Flashpoint, quindi non ho colto i riferimenti che fa Geoff Johns.

Batman/Thomas pensa bene di rapire l’ignaro Barry Allen di questa realtà per sottoporlo con la forza a quel processo che dovrebbe portarlo a diventare Flash, così da fargli correggere nuovamente l’universo. Ma le cose non vanno come dovrebbero e alla fine il miliardario riceve la visita (se ho capito bene) di uno dei Time Masters, la cui apparizione dovrebbe far saltare sulla sedia quei lettori che ne conoscono l’esistenza – tra cui non io.

Se alcune trovate suscitano un certo interesse (ma quanta sarà farina del sacco di Johns e quanti invece elementi pregressi ripescati da Flashpoint e da altrove?) ci sono alcune parti, come Barry Allen che finisce arrostito da un fulmine, che probabilmente volevano essere drammatiche e invece risultano ridicole. Inoltre questa storia non è leggibile a sé, ma funge da prologo al nuovo eventone Flashpoint Beyond e senza aver letto il precedente Flashpoint non ci si raccapezza poi molto.

I disegni di Eduardo Risso, unico motivo per cui mi sono avvicinato all’albo, sono pur sempre i disegni di Risso e quindi da questo punto di vista nulla da eccepire. Una nota di merito alla colorista Trish (la Patricia di 100 Bullets, immagino) Mulvihill, che riesce a simulare bene le pennellate degli acquerelli col computer – anche se alcune tavole sono clorate con toni piatti probabilmente per sottolineare che si svolgono in qualche altro mondo, ma non mi ci sono messo a ragionarci troppo sopra.

Non so se l’esborso di 5 euro per una quarantina di pagine di fumetto sia giustificato, in ogni caso non essendo i disegni della futura saga opera di Risso non mi si è accesa nessuna scintilla che mi spinga a seguire l’eventone.

lunedì 31 gennaio 2022

Moonshine

Data la possibilità meno che remota che Mondadori ne riprenda e concluda le pubblicazioni, mi sono procurato il resto della serie altrove. Credevo che con elementi quali gangster e lupi mannari non ci fossero poi molti margini per raccontare delle storie e invece Azzarello ha proseguito, forse allungando un po’ il brodo, per quasi 30 episodi.

Dunque, Lou il Bello è infetto dalla licantropia e tra una cosa e l’altra si ritrova a spaccar pietre in una colonia penale. Qui viene raggiunto dai suoi fantasmi, non solo metaforici. Alla volta di New Orleans ritrova Delia, che però adesso fa parte di una congrega di streghe e si trova invischiato in una storia di vudù con tanto di stregone che crea zombi.

Giunto nella Cleveland in cui Eliot Ness sta costruendosi una reputazione, si trova coinvolto in una caccia alla bestia che sta dilaniando barboni e altri esseri umani. Nel mentre Tempest decide di vendicarsi e diventa la pupa del boss che aveva sterminato parte della sua famiglia, abbracciando una carriera di showgirl di successo.

Anche Lou torna a New York dove rientreranno in scena altri personaggi visti molti o pochi episodi prima fino al redde rationem finale. Peccato che Azzarello non ci abbia infilato dentro anche vampiri o alieni.

Al netto degli splendidi disegni di Eduardo Risso, Moonshine non si segnala insomma per essere proprio un capolavoro. In certe parti sembra quasi una barzelletta portata un po’ per le lunghe. Cioè… redneck licantropi, gangster che incarnano i peggiori stereotipi italoamericani, fantasmi e mostri assortiti sono ingredienti che sarebbero stati sufficienti per una miniserie, ma in una serie lunga ben 28 capitoli mostrano la corda e trasmettono un certo senso di ridicolo, per quanto l’ambientazione sia ben ricostruita (anche per merito di Risso, ovviamente) e i dialoghi sono sempre brillanti. A tal riguardo, mi sono reso conto di quanto sia difficile tradurre Azzarello. E poi il finale è un po’ sottotono, come quello di 100 Bullets. Spendere una settantina di dollari (più spese di spedizione e dogana, dannazione…) per finire di leggere l’assaggino che ci ha dato Mondadori? Boh, valutate voi.

mercoledì 29 dicembre 2021

Toh...

Avevo intuito che il volume della Mondadori non fosse stato un successone visto che è rimasto un unicum, ma non immaginavo che nel frattempo la serie fosse arrivata a contare ben 28 episodi!

A quanto pare alla Mondadori le cose non vanno poi così bene sul fronte fumetti.

domenica 2 dicembre 2018

Moonshine vol. 1

E finalmente, dopo che alla fumetteria era arrivata una copia un po’ malridotta rispedita al mittente, ho potuto leggermi l’ultimo parto della coppia Azzarello-Risso.
La storia è ambientata tra i redneck, nell’America rurale di fine anni ’20. Azzarello ci mette dentro tutto quello che ci si può aspettare: proibizionismo, federali, malavitosi, magia nera, bifolchi cazzutissimi. E ci aggiunge anche un tocco originale con la licantropia.
Lou “il Bello” viene inviato dal suo boss di New York a trattare con gli Holt affinché lo riforniscano del whisky che distillano clandestinamente: “trattare” significa fondamentalmente che il patriarca Hiram Holt dovrà accettare le condizioni senza fiatare per evitare ripercussioni. Ma il compito non è per nulla facile: uno solo degli Holt ha già fatto fuori una squadra di agenti dell’FBI, sbranandoli…
Approfittando dell’alcolismo di cui soffre Lou e dell’atmosfera sospesa del West Virginia, Azzarello scrive una storia sincopata che non procede linearmente ma fa qualche balzo in avanti a causa dei vuoti di memoria del protagonista. I vari “buchi” verranno riempiti o meno a seconda dell’estro dello sceneggiatore. A questo si uniscono il suo consueto stile di scrittura fatto di dialoghi allusivi e un sacco di personaggi secondari, oltre che degli inserti onirici riferiti a un vecchio trauma di Lou, rendendo il bandolo della matassa un po’ ostico da dipanare. O meglio: la trama in sé è perfettamente comprensibile, ma bisogna mettersi d’impegno per cogliere tutti i dettagli e capire alcune delle sequenze parallele. Il finale lascia un po’ di amaro in bocca, non tanto per la conclusione drammatica quanto perché Azzarello sembra aver riciclato in fretta e furia un McGuffin dopo essersi dimenticato di averlo introdotto.
I disegni di Risso sono stupendi come al solito, e stavolta ha anche colorato le sue tavole in prima persona con risultati fantastici, evocando alla perfezione l’atmosfera di Dixieland e aggiungendo pathos dove serviva. Paradossalmente, i flashback realizzati all’acquerello sono un po’ meno efficaci del resto.
L’edizione Oscar Ink non è proprio economica. Con 22 euro ci portiamo a casa un volume cartonato stampato su carta non patinata (che un po’ indebolisce i colori di Risso) e che raccoglie solo 6 comic book originali, che però in questo caso almeno hanno di solito un paio di tavole in più rispetto alle canoniche 20. In appendice l’ormai immancabile selezione di variant cover si esaurisce in due solo pagine. E il formato è poco più grande del classico 17x26. Altri operatori del settore che trattano le stesse tipologie di fumetto (Panini, saldaPress, Magic) avrebbero probabilmente licenziato lo stesso volume a un prezzo più basso, e probabilmente su carta patinata. Di logica un colosso come la Mondadori dovrebbe praticare prezzi molto più bassi rispetto a quelli della concorrenza, ma evidentemente il fumetto è un settore in cui la recente esperienza dell’editore lo ha spinto a una maggiore cautela.
Cercando di non farmi influenzare da queste ultime considerazioni, credo di poter dire che Moonshine non è un capolavoro ma sicuramente una lettura piacevole.

domenica 24 dicembre 2017

Torpedo 1972

E finalmente è arrivato anche a me – ok, un po’ è colpa mia se lo leggo in ritardo visto che pensavo di prenderlo a Lucca e non l’ho ordinato in fumetteria, ma traumatizzato dalle code allo stand Panini ho rinunciato.
Come già anticipato da Abulí in persona, Torpedo 1972 mette in scena un Luca Torelli invecchiato e coi primi segni di Parkinson sullo sfondo degli Stati Uniti degli anni ’70.
Nello specifico, un giornalista rampante vorrebbe fare un articolo su un omicidio di mafia di molti anni prima, e tramite un alcolizzato Rascal prende contatto con l’unico testimone sopravvissuto: Torpedo.
Ma a seguito della disinvoltura che il vecchiaccio sfodera con la fidanzata fotografa del giornalista, questi si vendica scrivendo nel suo articolo che fu proprio Torpedo ad ammazzare don Caputo, generando così una guerra fra criminali!
Lo stile è arguto e divertente esattamente come un tempo, pieno di battute sferzanti e doppi sensi, e lo humour nero si adatta alla perfezione anche all’ambientazione più frivola del Bronx anni ’70. Non solo: evidentemente Abulí è andato a rileggersi gli episodi precedenti, perché in più di un’occasione inserisce dei riferimenti a storie passate.
È assolutamente indispensabile leggere l’introduzione dello stesso Abulí per cogliere certe sfumature e alcuni retroscena che potrebbero non essere palesi con la lettura del solo fumetto.
I disegni di Risso sono semplicemente splendidi, né mi aspettavo di meno. Non viene indicato il nome del colorista e immagino che sia sempre lui, anche se col computer ha una resa molto meno vivace rispetto agli acquerelli che gli ho visto fare.
La storia procede rapida e coinvolgente, con qualche calcolata pausa dove lo sceneggiatore ha voluto far ridere o sogghignare il lettore, e si arriva alla fine veramente troppo in fretta. Delle 64 pagine del volume Panini solo le canoniche 46 sono dedicate al fumetto e alla fine ci sono rimasto male nel vedere che il colpo di scena che mi aspettavo non c’è stato (io pensavo che la fotografa avesse ordito il piano proprio per eliminare Torpedo, che fa posare in maniera ambigua).
Questo nuovo episodio di Torpedo, che infatti ha un titolo a sé stante: A proposito del Mar Morto, potrebbe e dovrebbe essere insomma l’inizio di una nuova serie, visto che mi è sembrato più che altro un antipasto e le possibilità narrative sono molteplici.
In appendice ci sono un racconto di Abulí (fenomenale!) e una sezione di schizzi dedicata allo scrupoloso lavoro di Eduardo Risso.
A mio avviso la Panini avrebbe potuto adottare un formato più grande per valorizzare meglio Torpedo 1972, e magari correggere una volta di più le bozze (nel racconto finale sono andati a capo sillabando so-rriso e hanno usato «uscì» invece di «uscii»…).

sabato 11 febbraio 2017

Il ritorno di Torpedo: intervista a Enrique Abulí

Dopo vent’anni Luca Torelli alias Torpedo è di ritorno sulla scena del fumetto con una storia firmata Enrique Abulí ed Eduardo Risso, in uscita presso Panini. Contatto lo sceneggiatore per avere qualche anticipazione.

Da chi è partita l’idea di questo nuovo episodio? È stato Lei a proporlo alla Panini o è stato l’editore a farsi avanti?

La idea vino de José Luis Córdoba, director de Panini (España), tras el éxito de las tres ediciones del integral de Torpedo. Me pidió un guion de 46 páginas para que lo dibujara Bernet. Cuando este rehusó, se decidió buscar a un dibujante para suplantarlo.

Può anticiparci il titolo, se ce n’è già uno?

El título del guion es “A propósito del mar Muerto”.

A che punto è la realizzazione di questo nuovo episodio? Per quando è prevista l’uscita?

Risso ya ha dibujado más de la mitad de la historia, que por cierto es a color, y esperamos que vea la luz antes de acabar el año. Puede que en setiembre.

Che formato avrà? Sarà il classico albo “alla francese” di 46 tavole?

Sí, será una historia de 46 páginas, como las otras historias largas de Torpedo.

Può già anticiparci quali saranno gli argomenti e l’ambientazione?

Ha pasado el tiempo para los autores de Torpedo y también para Torpedo.  Estamos en el año 1972. Torpedo ya no es el de los años treinta, sino el de la década de los setenta. Es viejo, pobre y padece de Parkinson. Pero su mala leche sigue intacta.

Torpedo col morbo di Parkinson! Non vedo l’ora di leggerlo.

martedì 20 dicembre 2016

Notte Oscura - una storia vera di Batman

Preso solo per i disegni di Eduardo Risso (addirittura superiori alle aspettative), Notte Oscura si è rivelato anche una lettura piacevole.
Nonostante il sottotitolo non sono di scena i supereroi, se non come visioni fantasmatiche, ma il fumetto è la storia della vita dello sceneggiatore Paul Dini con particolare riguardo all’episodio della violentissima aggressione a scopo di rapina che subì nel 1993.
Per stessa ammissione di Dini, la trattazione dell’argomento ha un forte aspetto terapeutico e la scelta stilistica di rivolgersi direttamente al lettore mentre mette in sequenza gli episodi salienti della vicenda lascerebbe intendere che in origine il progetto fosse stato pensato per il cinema o la televisione (ma forse è solo un’impressione dettata dal fatto che Paul Dini ha lavorato per l’animazione televisiva e ha riproposto un approccio simile).
Nonostante Notte Oscura sia un lungo flusso di coscienza con quelle derive positiviste che tanto piacciono agli statunitensi, la lettura non è né pesante né didascalica (non troppo, almeno) e il mestiere dello sceneggiatore emerge non tanto, o non solo, dai contrappunti da coro greco delle sue visioni nerd quanto dallo stile frizzante da cui affiora un certo umorismo.
Ho trovato molto interessante il fatto che l’aggressione venga interpretata da Dini come una sorta di punto di arrivo della sua vita da eterno bambinone, alla deriva tra hobby infantili, relazioni sentimentali illusorie (e venefiche) e un lavoro stupendo ma autoreferenziale.
Si potrebbe poi vedere in controluce qualche critica al feroce sistema classista delle scuole americane, banco di prova per una prima scrematura tra vincenti e nerd, e all’efficientismo capitalista che pretende di continuare a produrre anche in condizioni di forte disagio, ma non mi spingo così lontano con l’esegesi – tanto più che lo stesso Paul Dini dà le due cose come scontate e naturali, incolpando in entrambi i casi se stesso per la sua condotta.
C’è forse un certo calo di ritmo nel finale (e la spinta a tornare ad affrontare la vita e il lavoro viene data a Dini da una situazione talmente scontata e buonista da essere probabilmente autentica), ma Notte Oscura offre anche uno sguardo dal di dentro al lavoro degli sceneggiatori televisivi della Warner Bros., che sicuramente affascinerà gli appassionati.
La parte grafica è stupenda: Risso si è anche colorato da solo (e molte pagine sembrano veramente acquerellate, non solo frutto di computer grafica) e ha tirato fuori dal cilindro delle soluzioni estetiche non solo belle ma anche funzionali. Dato lo stile narrativo della storia è stato inevitabile che si inventasse qualcosa per mantenere viva l’attenzione del lettore, e c’è riuscito alla perfezione: vedi ad esempio la tavola doppia alle pagine 64-65 e la varietà di stili e tecniche a cui ha fatto ricorso.
Un bel modo di concludere questo 2016 fumettistico.

sabato 14 maggio 2016

E finalmente...

La data di pubblicazione riportata in seconda di copertina risulta essere l'ottobre 2015 (!!!) e anche le pubblicità all'interno rimandano a quel mese. Chissà che diavolo è successo. Vabbè, l'importante è che sia uscito, sperando che a breve escano anche gli ultimi due.

martedì 4 novembre 2014

I Misteri della Luna Rossa 2



Leggo che questo volume, altro recupero di Lucca, è uscito nel 2012. Ignoro come posso averlo mancato a suo tempo, probabilmente è stato anche lui vittima dell’embargo di cui è vittima la 001 per cui il materiale che ordin(av)o non sempre arriva alle fumetterie e se arriva spesso arriva in ritardo. Il vizio della casa editrice di annunciare con eccessivo anticipo le uscite (ragione per cui non ordino più nulla, se poi per caso trovo quello che mi interessa tanto meglio) avrà fatto passare in secondo piano il ritardo. Tanto, anche se la 001 l’ha annunciato non è detto che esca nei tempi stabiliti, o che esca affatto.
Ma alla fine l’importante è che sono riuscito a metterci le mani sopra.
Non che servano ulteriori ragioni per rimpiangere Carlos Trillo, ovviamente, ma questa bella serie ne fornisce un bel po’. Pensata per il pubblico infantile della rivista Genies (chissà se esiste ancora), Luna Roja è una parodia delle fiabe e dei racconti fantasy strutturata in episodi di 4 tavole l’uno in cui ogni volta Trillo deve portare avanti la vicenda portante, sviluppare e concludere l’elemento introdotto nell’episodio precedente e introdurne uno nuovo che verrà risolto nell’episodio successivo.
La saga è molto originale, divertente e godibile a più livelli. Sulla maestria di Risso non credo sia necessario soffermarsi, e oltretutto il suo tratto sintetico regge benissimo questo formato 17x24.

mercoledì 23 gennaio 2013

Spaceman



Non è un capolavoro, ma poco ci manca. Si è fatto desiderare, ma la lettura di Spaceman è valsa tutta l’attesa.
In queste pagine ho ritrovato tutta la disperazione, il pessimismo, la critica sociale dei fumetti argentini ed europei degli anni ’80. Il fatto che ci sia Risso ai pennelli non fa che aumentare questo piacevole senso di déjà vu, visto che viene spontaneo paragonare questo Spaceman al suo (e di Trillo) Borderline. Ma di influenze più o meno volontarie, alcune sicuramente solo immaginate da me, ce ne sono tante altre, come la città divisa in settori di tanti altri fumetti (Rank Xerox, Chances, Il Prigioniero delle Stelle, la saga dell’Incal...), oppure l’onnipresenza del pattume come in Rifiuti, o le scene affollate e cariche di messaggi e messaggini dell’Horacio Altuna più impegnato. E tutto questo contorno di suggestioni si trova a far da cornice a una storia che di per sè è originale e magistralmente strutturata.
Orson è lo “spaceman” del titolo, una specie di scimmione creato in laboratorio con cui anni prima si pensava di colonizzare Marte. Finiti i fondi e abortito il progetto, lui e gli altri spacemen hanno dovuto reinventarsi una vita e ritagliarsi uno spazio sulla vecchia Terra. Orson non sembra disprezzare le sua nuova vita, anche se da pioniere colonizzatore ha dovuto adattarsi a fare il pescatore di relitti e rifiuti al largo di quel che resta di una città devastata, che un muro divide tra la classe abbiente e i poveracci dell’esterno.
Come tutti, anche Orson ama i reality-cast e si troverà invischiato nella sordida storia del rapimento di una giovanissima star de L’Arca, seguitissimo reality che punta i riflettori sui bambini di etnie diverse adottati di volta in volta da una coppia di star hollywoodiane. Ogni riferimento a fatti o persone reali è puramente casuale.
La storia procede serratissima tra flashback illuminanti sulla “life on Mars” e colpi di scena molto ben congegnati. Intorno al protagonista ruota una torma di personaggi splendidamente caratterizzati, tutti pienamente funzionali alla storia e tutti incredibilmente realistici nella loro ambiguità. Non ci sono buoni e cattivi in Spaceman, se non al momento della loro prima apparizione, tanto per dare al lettore qualche riferimento stereotipato con cui sia già a suo agio per poi svilupparlo in altre direzioni a mano a mano che la vicenda procede e i caratteri vengono approfonditi.
Azzarello non solo ha imbastito una trama articolata e ha saputo scioglierne la matassa con classe, ma ha condito il tutto con i suoi ormai proverbiali dialoghi arguti e spiazzanti e si è anche divertito a creare qualche neologismo. Non preoccupatevi: nulla di spocchioso o di difficile comprensione. Il mondo che crea, anche grazie al lavoro certosino di Risso, diventa tangibile ma d’altra parte non è poi troppo distante dal nostro. Anche senza moneta corrente ci sarà la svalutazione...
Su Eduardo Risso non mi soffermo nemmeno, se non per segnalare che la colorazione stavolta è stata più generosa con lui che in altre occasioni. Niente a che vedere con lo stile decisamente freddo e “intellettuale” con cui Dave Johnson è stato chiamato a illustrare le copertine, ma pure quelle non sono affatto male.
Insomma un volume consigliatissimo, tanto più che la qualità di stampa è insolitamente ottima per gli standard RW Lion.

sabato 29 dicembre 2012

Before Watchmen/1


La vita non ha senso. Probabilmente anche per questo la fiction narrativa deve avercelo, un senso. Non solo tutto deve avere una spiegazione logica e avere una conclusione identificabile come tale, ma la narrazione deve essere improntata alla sintesi e alla chiarezza. Nella vita reale inciampiamo, tossicchiamo, dimentichiamo senza malizia alcuni dettagli, non scopriamo informazioni importanti solo accendendo l’autoradio esattamente nel momento preciso in cui vengono trasmesse. Nella fiction narrativa invece questo accade solo per motivi legati alla trama e al suo svolgimento. Un dettaglio che “non torna” serve come segnale del fatto che la storia è arrivata a un turning point, oppure che c’è qualcos’altro sotto, o ancora per anticipare altri eventi.
Ora, nel tacito contratto che l’autore di fiction narrativa non sperimentale stipula con il suo pubblico c’è anche la promessa che tutto quello che verrà raccontato/disegnato/diretto/recitato è sufficiente e chiuso in sè, soprattutto se parliamo di prodotti non seriali in cui il lato realistico sia preponderante. La vita reale non è un film con un inizio e una fine ben delimitati nè un romanzo con capitoli separati, e a parte Gilbert & George tutte le persone reali hanno una cucina per i momenti di relax in cui non sono sotto i riflettori e devono prepararsi da mangiare. E francamente io ho sempre pensato che pure Gilbert & George ne abbiano una.
La fiction narrativa necessita inoltre che ogni avvenimento sia significante, univoco, indubbio. Uno sparo è sempre il migliore degli spari riusciti, ecc... All’interno di quest’ottica vanno considerate anche le informazioni che gli autori lasciano trasparire dalle loro opere: gli eventuali “buchi” nel tessuto narrativo devono esserci per un motivo. Approfondire certi aspetti sarebbe stato inutile o ininfluente o peggio ancora fuorviante.
Watchmen è con ogni probabilità il meccanismo narrativo meglio congegnato della storia del fumetto, ogni dettaglio è significante (armoniosamente significante) e immaginare una vita oltre quelle pagine per quei personaggi è quanto meno difficile, se escludiamo una deriva umoristica (Rorschach che fa una comparsata in un fumetto di Gibbons per celebrare Harvey Kurtzman) o un loro riutilizzo strumentalmente contestualizzato in un altro genere (qui).
L’operazione Before Watchmen ha suscitato perplessità e polemiche molto prima di concretizzarsi. Questo principalmente per il sentore sulfureo di sfruttamento che ha tutto il progetto e per le condizioni aberranti che, oltre all’effettiva legittimità legale, ne hanno consentito la produzione (se Alan Moore avesse fatto casino la DC Comics non avrebbe più dato lavoro al suo amico Steve Moore, in disperato bisogno di soldi per curare il fratello malato). Ma al di là di queste considerazioni pregiudiziali, di cui comunque è difficile liberarsi, resta il fatto che Watchmen è strutturato in maniera troppo ermetica e perfettamente chiusa in sè per immaginare di aggiungerne qualche pezzo, soprattutto se a farlo non è nemmeno il creatore originale. Gli autori coinvolti, nomi di primo piano del comicdom statunitense, si sono ritrovati con una responsabilità enorme addosso, oltre a vivere lo stigma di essere etichettati come “traditori” dell’opera originale e del loro più autorevole collega. D’altra parte vale anche per loro quanto detto dallo stesso Bardo di Northampton: «Sei fottuto se lo fai, sei fottuto se non lo fai».
Da quello che ho potuto vedere sinora, nonostante il grosso successo che Before Watchmen pare stia avendo, mi sembra che l’operazione non sia riuscita. Per quanto abbia cercato di giudicarle senza pregiudizi e senza andarmele a spulciare a caccia dei dettagli incongruenti con Watchmen, queste miniserie (la maggior parte di loro) mi sono sembrate molto al di sotto delle aspettative e del nome dei loro autori. Prima di parlarne, comunque, aspetto che finiscano – e che il distributore americano si decida a riempire i “buchi” nella collezione (suona come una scusa da fumetteria, vero? Probabilmente lo è).
In generale qualcosa si può già anticipare. Le miniserie di Before Watchmen si caratterizzano a livello di testi per una grande eterogeneità. Il loro unico punto in comune è che non hanno punti in comune. Alcune si sono concentrate più sull’approfondimento di certi episodi della vita di un personaggio, altre ne hanno fornito un affresco complessivo della vita; alcune hanno cercato di inserirsi con scrupolo e discrezione in alcuni buchi dell’opera originale, altre non hanno preso molto in considerazione il canone di Watchmen e altre ancora lo hanno smaccatamente stravolto (beh, al momento una sola: Dr. Manhattan). Alcuni sceneggiatori hanno privilegiato le didascalie, altre i dialoghi; accanto a narrazioni lineari ce ne sono di sincopate e laddove alcuni sceneggiatori hanno voluto stupire con delle trovate shockanti altri hanno preferito limitarsi a descrivere da un altro punto di vista il materiale narrativo preesistente. Alcuni si sono rifatti al giallo d’impianto classico whodunnit, altri all’hard boiled, altri ancora alla scuola classica del comic book supereroistico, qualcun’altro a strampalate teorie di fisica quantistica.
Dal punto di vista dei disegni, invece, mi è parso di cogliere in generale una certa condizione comune pur tra la diversità di stili. In sostanza, l’impressione che mi hanno dato praticamente tutti i disegnatori statunitensi più famosi e quotati è che abbiano lavorato a scartamento ridotto, che non abbiano prodotto materiale all’altezza delle aspettative e della loro fama. Sempre mantenendosi su livelli buoni-ottimi, ma non al livello che mi sarei aspettato (se poi Andy Kubert ha deluso o no non saprei dire visto che non nutro grande stima per il suo stile).
Sulle storie d’appendice sospendo ogni giudizio, me le leggerò alla fine. John Higgins come disegnatore è uno schianto, comunque.
A mano a mano che finisco di leggere le miniserie (e gli one shot, pare che sia stato proprio un grande successo questo Before Watchmen e giustamente la DC lo capitalizza il più possibile) vi dico la mia.
Poi chissà, magari in Before Watchmen: Epilogue scopriremo che era tutto uno scherzo, il sogno di un personaggio, un universo alternativo... magari...

Silk Spectre (testi di Darwyin Cooke e Amanda Conner, disegni di Amanda Conner)

Il primo dei Before Watchmen ad arrivare alla conclusione è finora il meno deludente. Mi sbilancio anzi a dire che è un buonissimo fumetto. Ma questo forse è dovuto anche al fatto che è molto distante, sia come temi che come atmosfere, dal modello.
Nel 1966 la giovane Laurie Jupiter si destreggia tra i suoi problemi adolescenziali e la presenza invadente della madre nella sua vita. Le due cose sono strettamente collegate visto che il fantasma della prima Silk Spectre aleggia non solo negli agguati degni dell’ispettore Clouseau ma anche nelle pessime relazioni sociali che la protagonista intrattiene con i ragazzi e soprattutto con le invidiose e stronzissime compagne di scuola. Fuggita da casa insieme ad alcuni hippy (la Summer of Love deve essere arrivata un anno prima nell’universo di Watchmen) esordisce per caso come Silk Spectre II trovandosi invischiata in una storia abbastanza delirante e poco credibile di sostanze psicotrope dagli inusitati effetti stupefacenti-consumistici. Eh, lo so, non è che “effetti stupefacenti-consumistici” sia una descrizione molto chiara, ma non voglio rovinarvi la sorpresa. Non so se gli autori abbiano voluto puntare sulla satira e sull’assurdo per evitare scomodi paragoni con Watchmen, per me una volta superato l’impatto degli inserti umoristici e dell’ambientazione “larger than life” questa miniserie è stata godibilissima. Inoltre offre un’interpretazione stupenda del Comico, tanto più riuscita quanto più concisa e intensa. Altro che la gonfiatissima miniserie di Azzarello e Jones...
E a dirla tutta, in Silk Spectre ho trovato delle atmosfere psichedeliche più efficaci di quanto lo stesso Alan Moore sia riuscito a fare con Kevin O’Neill nell’ultimo volume della sua League. Certo, a causa dello stile caricaturale della Conner non ho capito se il gruppo che compare nel secondo episodio sono i Beatles o gli Who, ma in fondo non credo sia così importante.
Passando quindi ai disegni, Amanda Conner (di sicuro il nome meno appetibile sulla carta) si è rivelata una piacevole sorpresa. Non che abbia corretto i suoi difetti (le sue donne hanno ad esempio sempre tutti e due gli occhi ben distanti l’uno dall’altro e il naso molto alto, rendendole un po’ scimmiesche), ma la sua abilità nel rendere espressivi i personaggi è ineguagliata. Peccato che il disegno sia spesso molto scarno, soprattutto quando si tratta di rappresentare figure umane, le va però riconosciuta una grandissima abilità nell’evocare due realtà agli antipodi (o forse due immagini stereotipate universalmente associate a quelle due realtà): il protettivo ambiente borghese alla Happy Days e il mondo in fermento della San Francisco anni ’60.
Promossa.

Moloch (testi di J. Michael Straczynski, disegni di Eduardo Risso)

Che Moloch non fosse esattamente un adone lo si capiva dai disegni di Gibbons, ma bisogna anche dire che la sua controparte vecchia e malata era solo il riflesso sbiadito del personaggio distinto (e non certo privo di fascino) che compariva nei flashback. Di sicuro non era quel mostriciattolo che Straczynski si è inventato per questa inutile e stupida miniserie. O forse è stato Risso a volerlo interpretare così? E allora gli editor che ci stanno a fare?
Una volta stabiliti questi paletti arbitrari in cui muoversi ne viene fuori un clone dell’Uomo Talpa (quello dei Fantastici Quattro, non quello dei Simpsons) e ci addentriamo nella fiera del già visto e dell’ovvio, con gli immarcescibili bulletti della scuola, le donne che lo disprezzano, ecc. Dopo un primo numero irritante da quanto è banale, con il secondo abbiamo almeno il contentino di un minimo di curiosità per gli scopi di Adrian Veidt e per i metodi con cui li metterà in atto. A me sembra però che Straczynski abbia voluto confondere le carte, buttando un bel po’ di fumo negli occhi dei lettori di Watchmen, prendendo un po’ qua e un po’ là dalla vita cartacea dei personaggi per ricostruirne la “sua” versione e scambiando a piacimento cause ed effetti. Janey Slater che comincia a fumare dopo essere stata lasciata dal Dottor Manhattan? Non mi pare proprio... certo, è funzionale alla trovata che si è inventato Straczynski per spiegare come Ozymandias le faccia prendere il cancro (trovata peraltro molto inverosimile anche se si cerca di darne una logica contestualizzata al carattere dello stesso Ozymandias), ma è appunto solo una pecetta per far continuare la storia senza che il lettore si soffermi troppo sui particolari. Gli esempi potrebbero continuare.
Di Moloch salverei solo il ritratto che Straczynski dà di Adrian Veidt (il suo inedito fervore religioso con cui impressiona il protagonista è giustificato dal suo piano) se non fosse per il fatto che in fondo sono tutte cose che sapevamo già e che lo sceneggiatore ha solo approfondito. Nemmeno tanto. Per fortuna.
Stupendi invece i disegni di Eduardo Risso, sicuramente l’artista migliore dei Before Watchmen, che nemmeno una colorazione a volte imprecisa riesce a rovinare.
Bocciata.

martedì 9 agosto 2011

Intervista a Eduardo Risso

Eduardo Risso è uno degli ultimi rappresentanti della gloriosa scuola argentina, uno di quei disegnatori che pur avendo una base realistica molto solida possiedono una personalità e uno stile inconfondibili che portano alla vera e propria creazione un nuovo modo di disegnare.
Attivo in patria dal 1981, in Italia esordisce sulle pagine di Comic Art 46, datato luglio 1988, che ospita il suo Parque Chas, su testi di Ricardo Barreiro.

L’Eura seguirà a breve distanza e diventerà per molti anni il suo principale punto di riferimento editoriale in Italia. Gli esordi su Skorpio e Lanciostory, rispettivamente con Azor (Ray Collins, 39/1988) e Cain (Barreiro, 22/1990), mostrano già tutto il suo valore e la sua piena maturità benché Risso illustri senza troppa convinzione quei testi che non lo soddisfano, come confessa in un’intervista a Fumo di China (numero 20bis del 1993).

Fortunatamente per lui e per noi poco dopo inizierà il sodalizio con Carlos Trillo, che darà frutti eccellenti: da Fulù a Luna Rossa sarà una sequenza di fumetti indimenticabili, alcune delle pagine migliori che si siano mai viste sui due settimanali.
Non a caso nel 2000 Mare Nero pubblica in un’unica soluzione i due volumi di J. C. Benedict (qui ribattezzato Videonoir), dando il via a una rincorsa alla pubblicazione dell’opera omnia di Trillo e Risso: nel 2002 Grifo Edizioni inizia (senza concluderla) la ristampa in volumi cartonati di N. N., qui presentato col titolo Io sono un vampiro, mentre nel 2003 è nuovamente il turno di Mare Nero/Coniglio che ristampa in sei volumi brossurati e nonostante parecchie avversità la serie A. Y. Jalisco, presentandola col meno ispirato titolo Chicanos (la bibliografia delle opere di Trillo e Risso può in effetti costituire un problema per il neofita che vi si avvicini, vista la scarsa omogeneità con cui editori diversi hanno scelto di intitolarle).
A partire dal 2005 la FreeBooks presenterà in 7 volumetti tutta la struggente Borderline, purtroppo in un bonelliano formato 16x21 che non rende pienamente giustizia ai disegni, anche se le copertine inedite di Palumbo sono ottime e il prezzo è molto contenuto. Nel corso degli ultimi anni sono state le Edizioni 001 a raccogliere il testimone, presentando Le Cronache della Luna Rossa e il finalmente completo N. N. (cui hanno affibiato un ulteriore titolo: Vampire Boy), oltre all’integrale di Parque Chas. E, da pochi giorni, è possibile anche apprezzare in volume le storie di “horror rivisitato” grazie ad Allagalla.
Il lavoro di Risso non vanta solo una qualità elevatissima, ma anche una mole impressionante di tavole prodotte: di molte serie ha realizzato oltre 50 capitoli. Proprio per velocizzare la realizzazione dei suoi fumetti a metà anni ’90 Risso si affiderà all’aiuto di alcuni assistenti, nella migliore tradizione del mestiere del fumetto, tra cui c’è anche il Marcelo Frusin conosciuto in Italia per Niko Slavo di Dal Pra’ su L’Intrepido, che tanti consensi ha ottenuto in America su Hellblazer.
Accanto a questa produzione ci sono però anche i fumetti che Eduardo Risso realizza direttamente per il mercato americano dopo la sua gloriosa entrata in scena su quel palcoscenico con alcune storie brevi su Heavy Metal scritte da Carlos Trillo e alcune interpretazioni di Alien per la Dark Horse: partendo da Johnny Double arriva al recente successo di Wolverine: Logan, passando per quel 100 Bullets che gli è valso una pioggia di premi e una popolarità mondiale.
Lo stile di Risso è netto e pulito, molto sinuoso e conturbante, grottesco quel tanto che basta da risultare molto espressivo e da caratterizzare in maniera inequivocabile ogni personaggio senza renderlo una caricatura. Queste sue caratteristiche si sono mantenute costanti negli anni, sia che abbia riempito le vignette di tratteggi come in Azor sia che usi una “linea chiara” come in Fulù e Luna Rossa sia che adoperi delle abbondanti campiture nere come negli ultimi lavori.
Oggigiorno Risso è divenuto un autore talmente importante e riconoscibile da avere generato un curioso fenomeno di ispirazione “retroattiva”, per cui accanto agli esordienti che lo imitano ci sono dei professionisti con anni di mestiere alle spalle che hanno integrato il loro stile con alcuni dei suoi stilemi: fra tutti, il Pedrazzini di Joan e il Dose di Scarface.

   1)      Lei è nato nel 1959, quindi quando era un bambino non c’era ancora Skorpio: quali fumetti leggeva in Argentina alla fine degli anni ’60? C’erano solo El Tony, Fantasia ecc. di Columba o leggeva anche qualcos’altro (ammesso ovviamente che leggesse fumetti)?

Leía todo lo que llegaba a mis manos. Eran ediciones nacionales, los productos importados no eran frecuentes de encontrar en mi pequeña ciudad.

    2)      Il desiderio di disegnare fumetti è nato contestualmente alla passione della loro lettura o è stato solo successivamente che ha pensato di farne una professione?

Comencé a interesarme por las historietas mucho antes de aprender a leer. Tendría entre 4 o 5 años cuando descubrí las primeras revistas y sin poder comprender los dialogos imaginaba las historias por los dibujos. Despues fue un camino natural el querer dibujar esas historias que me cautivaban.

3)      Qual è stato il Suo primo lavoro?

Profesionalmente fue una adaptación de la pelicula “Firefox” en la que actuaba Clint Eastwood para Editorial Columba. Antes había hecho alguna colaboración para un diario, La Nación pero fuera de la historieta.

4)      A pagina 226 del Dizionoir del fumetto[1] si dice che Lei fu allievo di Carlos Pedrazzini e Alberto Breccia, una cosa che però io ho letto solo lì: ha svolto veramente il ruolo di assistente per i due disegnatori?

Fui asistente de Pedrazzini por casi dos años y surgió luego la chance, junto a otros jovenes que estabamos comenzando incluido Pedrazzini, de tomar un curso especializado con Alberto Breccia que duró unos 8 meses, pero nunca fui su asistente.

5)      Nella serie L’Orologio dell’Eternità compare una Sua storia, Addio all’Umanità[2], in cui è evidente l’influenza di Alfonso Font. Ci sono dei dettagli che denotano la Sua personalità ma sfogliando rapidamente quelle pagine sembra veramente che le abbia disegnate Font! Possiamo dire che Font fu tra gli autori a cui si è ispirato in gioventù oppure si trattò solo di un esperimento, di un esercizio di stile?

Fue unos de los muchos autores a los que he prestado atención en mis comienzos. No tenía otra manera de aprender sino observando a aquellos consagrados que me permitían cubrir falencias propias de quien pretende hacer del dibujo una profesión sin posibilidad de acceder a escuelas o institutos de enseñanza del género. Ahora, por suerte las hay, pero no en aquel entonces.

     6)      Con un certo ritardo rispetto all’edizione argentina, in Italia abbiamo letto El Angel[3]: oltre al pesante lavoro di epurazione delle didascalie operato dall’Eura, a me sembra che manchi qualcosa, un vero finale; sa forse dirci di quanti episodi era composta in origine la serie e se ha avuto un seguito con un altro disegnatore come avveniva spesso in Columba?

Falta el final. Eran tiempos difíciles, con una economía de alta inflación, los artistas suplicabamos todos los meses por aumento en el valos de las paginas y la Editorial optó por pagar por cantidad a los mismos valores. Desde luego todos, sin otras opciones accedimos, pero ante la primera oportunidad yo opté por dejar Columba y ese metodo perverso que lleva a una perdida de calidad del producto y una falta de respeto para con los lectores. Mucho tiempo despues me ocurrió lo mismo trabajando para Eura lo que motivó mi salida de la misma.

7)      Un’altra serie di ottimo livello che realizzò per Columba, almeno stando ai fan argentini, fu Julio Caesar su testi di Ricardo Ferrari: c’è qualche altra serie o miniserie di cui è particolarmente fiero e che vorrebbe vedere pubblicata anche fuori dall’Argentina?

Columba fue mi etapa de aprendizaje y soy muy agradecido por la oportunidad que me dieron, no solo editores sino tambien guionistas cómo Ferrari o Wood pero no significa que yo esté orgulloso de esos trabajos y me gustaría ver publicado nuevamente.

8)      Sappiamo da Fumo di China 20 bis (luglio/agosto 1993) che il particolare stile sfumato di Parque Chas fu dovuto all’impossibilità di usare il colore, così Lei ricorse a una mezzatinta fatta a matita. Una curiosità tecnica: come sono gli originali? Quell’effetto granuloso era dovuto all’uso di una carta molto porosa o venne fuori così solo in fase di stampa?

El efecto se debe al tipo de papel usado.

9)      In varie interviste Lei ha dimostrato di avere una grande cultura fumettistica e di apprezzare disegnatori anche molto distanti dalla Scuola Argentina, ad esempio Moebius, Katsuhiro Otomo e persino Andrea Pazienza. Tra gli autori che ammira cita spesso anche Frank Miller. Le lancio una provocazione: non Le sembra che Miller si ispiri un po’ troppo proprio agli autori argentini come Alberto Breccia e José Muñoz? In fondo l’uso massiccio delle ombreggiature lo facevano già loro molti anni prima di lui e con risultati migliori sia dal punto di vista estetico che narrativo...

El mismo Miller ha reconocido que observado trabajos de Breccia y Muñoz. Desde mi punto de vista su mayor logro tecnico es llevar a una sintesis estilistica el blanco y negro pero lo mejor que tiene es la narración y composición.

10)  Come è avvenuto l’incontro con Carlos Trillo?

Más allá de todas la expectativas lógicas que yo tenía, nuestro primer encuentro fue muy natural. El me había convocado para dibujar Fulú. Solo me senté a escucharlo pero al poco rato nos tratabamos cómo si nos conocieramos desde hace tiempo. Carlos tenía esa cualidad integradora.

11)  Fulù o la mala suerte nacque da un input dell’Eura o fu una produzione vostra che poi vendeste anche all’estero? Mi sembra un progetto ben calibrato per l’internazionalità visto che ogni episodio durava proprio 46 tavole (formato che si può vendere dovunque) con l’aggiunta di una tavola riassuntiva di presentazione per la pubblicazione su rivista.

Tanto Fulú como las demás historias estaban pensadas para pasar los límites de Eura, que era la primera en publicarla, pero nosotros eramos ambiciosos y pretendíamos otras ediciones. Desde luego la meta final, por aquel entonces, era Francia.

12)  L’ultimo episodio di Fulù aveva uno stile di disegno piuttosto diverso rispetto ai precedenti, era più caricaturale e stilizzato: fu una scelta precisa, ad esempio per evidenziare gli aspetti magici della storia, o fu una evoluzione naturale del tratto senza alcuna altra finalità particolare?

Siempre he tratado de evolucionar en mi trabajo y eso me moviliza a ejercer algun tipo de cambios. Aúnque no siempre lo pueda hacer, trato. Tambien y siendo siempre respetuoso de los lectores, si la serie es larga, los cambios los hago imperceptibles esperando el momento de comenzar con un nuevo trabajo.

     13)  Tra le serie realizzate dalla coppia Trillo & Risso ce n’è una secondo me molto bella che non ha avuto però la fortuna che meritava e non è mai stata ristampata: Simon de Carval[4]. Contando le pagine e gli “stacchi” si intuisce anche qui la struttura di due volumi da 46 tavole: era forse prevista una conclusione che poi non venne realizzata o la storia si deve veramente ritenere conclusa così?

Esa historia fue pensada para desarrollar en varios volúmenes. Encargada por Glenat, desafortunadamente por “otra nueva crisis” que afectó fuertemente  al mercado francés tuvimos que renunciar a seguirla y solo se pudo publicar en blanco y negro lo que en un principio era a color.

14)  Assieme a Trillo Lei a realizzato anche delle deliziose storie brevi con protagonisti i mostri classici dei film horror e ricordo che i colori (scomparsi nell’edizione italiana Eura) erano realizzati con il computer: li ha fatti Lei?

Nunca hice nada a color para EURA.

15)  Le Sue donne sono sempre molto sensuali e personali, oltre a essere belle. Spesso abbiamo visto Fulù, Crash e le altre senza veli e in posizioni abbastanza ammiccanti ma ha mai pensato di realizzare qualcosa di completamente erotico?

Hacer algo totalmente erótico no es algo que me complacería aúnque siempre pienso en que la mujer debe seducir al lector todo el tiempo, incluso hasta la mas fea de ellas.

16)  José Luis Garcia Lopez fu l’apripista della “Argentinian Invasion”[5] e alla fine degli anni ’80 altri colleghi argentini come Alcatena e i fratelli Villagràn approdarono alla DC Comics: c’era forse un agente o un’altra figura di riferimento che regolava i contatti tra Argentina e USA? Come sono avvenute le Sue prime pubblicazioni per Dark Horse, DC Comics, ecc.?

Nada fácil.
No me interesaba el mercado americano. Tenía el prejuicio de que solo podría dibujar Superhéroes y no me agradaba en absoluto esa idea pero la necesidad me empujó a probar suerte. Tenía una familia que alimentar. Lo cierto es que despues de enviar algunas muestras de trabajo por correo, recibo a la vuelta del año una hermosa carta de agradecimiento de parte de DC y firmada por todos los Editores, presidente, vice, étc, étc donde me agradecen la presentación de dichas muestras pero que no necesitaban del servicio de nuevos artistas. Decidí entonces gastar los pocos ahorros que quedaban y comprar un pasaje para la Convención de San Diego. Allí me cansé de repartir y mostrar mi arte. Tres meses despues surgió la posibilidad de ilustrar la pelicula “Alien Resurrección” para Dark Horse.

17)  È ormai celeberrima la Sua collaborazione con Brian Azzarello, con cui ha realizzato Johnny Double, Batman Black & White, Broken City, il Batman di Wednesday Comics e soprattutto il pluripremiato 100 Bullets, ma ci sono stati altri autori americani che hanno scritto sceneggiature per Lei che vuole ricordare?

Brian Vaughan y Greg Rucka.

18)  Come è avvenuta la fase di colorazione di Wolverine: Logan? Dean White ha    fatto interamente i colori da solo oppure c’era anche un Suo intervento (anche solo per suggerire che colore usare)? O Dean White era solo l’addetto alla   “separazione dei colori”, quello che li salva in Photoshop e mette gli effetti speciali?

No lo se en realidad. No tuve nada que ver con el color que fue una grata sorpresa para mi. No estamos acostumbrados a ver ese tipo de tecnicas en las publicaciones americanas y en mi modesta opinión le sumó a la historia una fuerza muy constructiva. Estoy sumamente agradecido por tal decisión.


     19)  Sempre a proposito di colore, abbiamo potuto vedere una Sua notevolissima prova all’interno della serie collettiva Terra Nostra[6]. Che tecnica ha usato?

Acuarela o tintas.

     20)  È una domanda banale, lo so, ma quali sono le differenze fondamentali che ha riscontrato nel modo di scrivere degli autori argentini e in quello degli statunitensi?

No encuentro diferencias entre ellos. Si la historia es suficientemente fuerte, será fácil para el guionista escribir el guión y mucho más para dibujarla. En mi caso, trato siempre de demostrarle a los guionistas que yo puedo dar más de lo que ellos me piden desde el guión. Antes o despues se dan cuenta que pueden descansar mucho del texto en mi narración gráfica porque es historieta lo que estamos haciendo y no otra cosa.

21)  Sul fronte statunitense cosa sta preparando?

Acabo de terminar una miniserie de tres capitulos de Batman-Flashpoint y comenzando con las primeras páginas de una serie de nueve capitulos, llamada SPACEMAN. Ambos con guiones de Azzarello

22)  In conclusione, cos’è il fumetto per Eduardo Risso?

Hoy dia podría definirla cómo una de las pocas maneras de divertirse que tienen los lectores de sentirse personajes involucrados con la historia. La mayoría de los medios digitales nos han quitado la posibilidad de imaginar. Solo actuamos cómo espectadores.

23)  Grazie per la disponibilità


[1] Mauro Smocovich, Elio Marracci (a cura di), Delos Books, 2008
[2] Su Skorpio 21/1989
[3] Da Skorpio 10/1996; in Argentina dovrebbe aver fatto la sua prima comparsa su D’Artagnan Anuario 18 del maggio 1985.
[4] Da Skorpio 3/1992; la serie venne presentata come «tuttocolore» ma i colori erano apocrifi: all’epoca Lanciostory e Skorpio presentavano quasi sempre un solo fumetto interamente a colori per numero, a cui veniva dato risalto sin dalla copertina. Purtroppo non si trattava sempre di prodotti francobelgi o di altra nazionalità che erano già colorati all’origine, ma talvolta di versioni colorate dalla redazione. Simon de Carval rientra purtroppo in questa seconda categoria. Nonostante la colorazione sia piuttosto pesante e la qualità di stampa peggiori il risultato finale, siamo comunque ben lontani dai disastri che l’Eura avrebbe realizzato sul fronte del colore qualche anno dopo con il computer.
[5] Nei comic book, Josè Luis Salinas disegnava le strisce quotidiane di Cisco Kid sin dal 1951.
[6] Su Skorpio dal numero 50 del 1998; l’episodio di Risso (scritto da Carlos Trillo) è stato pubblicato sul numero 2/1999 col titolo La Febbre di Primavera.