Nicolas de Crécy l’ho conosciuto su Il
Grifo con il suo indescrivibile Folligatto,
un’opera contemporaneamente grottesca e barocca, di cui ricordo principalmente la
tecnica pazzesca, che univa sulla stessa pagina acquerello e pastelli a cera,
cosa che teoricamente è impossibile fisicamente. Folligatto mi era piaciuto, ma non è un indice della sua qualità:
tutto quello che compariva sulle pagine de Il
Grifo mi piaceva d’ufficio.
In seguito reincontrai de Crécy su Comic
Art con il fluviale Leon lo strambo,
di cui non credo di avere nemmeno letto il finale, pubblicato nel brevissimo
periodo in cui la rivista venne distribuita solo nelle fumetterie, divenendo almeno
per me introvabile. Ecco, Leon mi
piacque un po’ meno ma gli elementi della poetica decrécyana c’erano ancora
tutti, anzi abbondantemente rimarcati pur se il suo stile era molto
semplificato.
Sulla scia di Boucq, che però cominciò a scriversi i testi da
solo sin da subito, de Crécy seguiva una sua linea surreale un pochino
disturbante, usando però uno stile molto meno pulito rispetto a quello del
maestro di Lille. Mi ha lasciato molto sorpreso, quindi, vedere che si era
dedicato a quello che sembrava un fumetto destinato a un pubblico giovane – per
quanto la jeunesse franco-belga non
sia paragonabile a quella italiana. E invece anche qui de Crécy continua ad
affidarsi al grottesco e al surreale, non sempre volti in chiave umoristica o
rassicurante.
L’eponimo Salvatore è un cagnolino con la salopette che ha un’abilità
formidabile coi motori e le automobili, riuscendo a coglierne all’istante i
problemi e a risolverli con maestria. Tenero d’aspetto, lo è molto meno quando
andiamo a leggerne i pensieri e a coglierlo sul fatto mentre deruba clienti o
altri malcapitati di qualche raro pezzo meccanico per portare avanti il suo
progetto. Salvatore sogna di costruire una vettura con cui raggiungere il suo
vecchio e indimenticato amore giovanile che si trasferì in Sud America.
Sui due piatti della bilancia abbiamo da una parte un protagonista
simpatico, una trama avvincente e delle divertenti situazioni surreali, e
dall’altra una certa confusione di fondo, un disegno spesso approssimativo (e i
colori dati col computer sono di una freddezza raggelante) e un evanescente
sottotesto di critica sociale che resta molto annacquata e vaga.
Non proprio tra il Meglio del 2013, ma un buon fumetto, e stampato
oltretutto con una qualità di stampa che avrebbe anche potuto essere peggiore.
Ahinoi, i quattro volumi raccolti da Panini non conludono la saga di
Salvatore e compagnia, che a quanto pare è ferma in Francia da 3 anni...