La trama verte principalmente sull’individuazione di Galactus e la preparazione delle difese per il suo inevitabile arrivo. Reed Richards non viene però creduto e i suoi avvertimenti sono presi alla stregua di teorie del complotto. Nel mentre Victor Von Doom gli fa da assistente per poi tradirlo facendo comunella col Pensatore Folle.
Ogni capitolo è ambientato in un decennio specifico e viene narrato da un personaggio diverso. Mark Russell attinge a piene mani dalla continuity Marvel ma al contempo la distorce e la reinterpreta come gli fa più comodo. È così che si fa con gli what if, no? Le origini de Dottor Destino sono totalmente stravolte, così come molti altri particolari (o forse negli anni ’70 Sue Storm ha veramente abbandonato Reed per Namor?) ma al contempo c’è una grande cura per i dettagli secondari: non capivo perché dare così tanto rilievo a Ricardo Jones finché ho scoperto che è un personaggio realmente esistente.
I disegni di Sean Izaakse non sono molto dettagliati né spettacolari ma hanno una base realistica che li salva dal caricaturale. I personaggi di contorno (e non solo quelli) sono disegnati in maniera stereotipata, ma penso sia anche una strategia per confondere un personaggio con un altro che muore inaspettatamente e quindi per evitare spoiler a un lettore che sfogli il volume prima di leggerlo. Il disegnatore non si cura molto di ricreare le atmosfere dei singoli decenni: solo gli anni ’80 e ’90 sono un po’ caratterizzati da uno stile di abbigliamento e altri particolari che ci ricordano il periodo storico, ma perché servono anche a fare delle battute: per il resto se Izaakse avesse voluto caratterizzare i vari decenni esemplificandone mode e design non mi pare ci sia riuscito visto che non va oltre a qualche “lava lamp” ogni tanto. Inoltre, anche se in alcuni casi vengono date delle spiegazioni in merito, alcuni personaggi non mostrano i segni dell’età che avanza. Nonostante il suo scarso impegno (o magari ha dato il massimo, ma evidentemente non era abbastanza) Izaakse non fa una bella figura anche perché per finire gli ultimi tre capitoli ha dovuto ricorrere all’aiuto di altri disegnatori, manco fosse Bryan Hitch, con risultati altalenanti: piuttosto stilizzato Francesco Manna, più apprezzabili Zé Carlos, Angel Unzueta e soprattutto il rigoroso Carlos Magno.
In definitiva è il solito fumetto Marvel con strizzatine d’occhio agli appassionati e dialoghi brillanti o “profondi” per giustificare le scazzottate, anche se qualche ideuzza interessante spunta qua e là: non so come funziona Galactus, ma il piano del Dottor Destino per tenerlo a bada mi sembra perfettamente logico.