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scrivere per vivere vivere per scrivere

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La lettura di tutti i buoni libri è come una conversazione con gli uomini migliori dei secoli andati. (René Descartes) ********************************************************************************************** USQUE AD FINEM
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lunedì 19 settembre 2016

Fronte del porto, ovvero di scribacchini genovesi e altre facezie


Molto bene, dopo quasi un mese torno a pubblicare un post. Ho però partecipato all'attività della blogosfera come semplice visitatore e commentatore.
Non è stato un mese improduttivo, anzi, oltre alle solite incombenze della vita, ho terminato la stesura del nuovo romanzo. Mancano i necessari accorgimenti per renderlo qualcosa di ben strutturato, ma ci siamo, è pronto. Ora ricomincia la solita trafila per proporlo e sperare che risulti degno di pubblicazione.
E JOSHUA
Joshua vive. È un romanzo che mi ha dato molta soddisfazione. Non ha sicuramente avuto il successo di vendite che un autore spera sempre di riscontrare, non ho nemmeno dati utili da fornire perché il mio editore non me li ha ancora forniti, però, perché c'è un però, il successo è arrivato comunque.
Il successo già, questa chimera. Cosa è il successo?
Per quello che mi riguarda, al di la dell'aspetto economico di cui tra l'altro non ho ancora avuto riscontri tangibili, per quello che mi riguarda, dicevo, l'aver ottenuto l'attenzione e il sostegno di tante persone mi ha fatto sentire già ricco.
Ho ricevuto mail di sconosciuti che si complimentavano, più donne a dire il vero. Mi sono arrivati messaggi da parte di lettori che in modo costruttivo hanno voluto chiarimenti in merito ad alcuni passaggi del romanzo. Con grandissima sorpresa mi sono state regalate recensioni assolutamente inaspettate e gradite. Ho visto il mio romanzo ospite di vetrine che blogger squisiti hanno voluto offrirmi senza che io lo avessi chiesto e senza nulla pretendere in cambio.
Quello che mi ha colpito profondamente è stato vedere altri autori che sprecavano tempo e parole per diffondere un'opera che non era la loro. Ho provato emozioni fortissime nel leggere le parole di chi si è preso la briga di raccontare i propri sentimenti dopo la lettura del mio romanzo.
Non parliamo di grandi numeri, ne sono sicuro, ma ritengo di poter parlare a ragion veduta di successo. Successo perché chi mi ha letto si è divertito, si è commosso, ha riflettuto. Questo per me è il segno di ciò che io considero successo. Il resto, gli aspetti più ridondanti e di valenza economica non potrebbero minimamente bilanciare la grande soddisfazione di un esordiente che ha desiderato dire la sua nel mare magnum dell'editoria e ha ottenuto dei riscontri così umanamente significativi.
Dico grazie a tutti. Non sono in grado di dire se di questo scribacchino che vi sta tediando riusciremo a farne uno scrittore vero, però grazie. Per il sostegno, l'affetto, l'incitamento a far meglio.
La lista delle persone da ringraziare è lunghissima, QUI trovate il link di tutti i recensori. Ma non dimentico nemmeno coloro che si sono presi la briga di mandarmi mail o contattarmi privatamente su FB, linkedin o quant'altro.
L'aspetto più triviale di questo post non può essere escluso, infatti, QUI e QUI, ci sono i link per acquistare Joshua su  ibs e Amazon.
Un anno dalla pubblicazione, quasi, un anno ricco di soddisfazioni e piacevoli incontri di persone fantastiche. Pochi, pochissimi gli incontri poco produttivi, ovviamente guardando la mia barra laterale di sinistra è facile capire che io per primo ho supportato molti altri autori.
Non voglio fare una lista perché mi sembra pura piaggeria, ma chi mi è stato vicino sa bene, molto bene, che ha un pezzetto del mio cuore nelle sue mani, altro non posso donare.
Per il resto … chi vivrà vedrà. Fine della tiritera.
Uh, vi ho sfiancato con tutte queste chiacchiere? E vabbè su, forza, poi passa. Chi ha avuto modo di conoscermi un po' meglio sa che dietro l'apparenza di casinista e cazzaro c'è una persona sincera.

Alla prossima.





© 2016 di Massimiliano Riccardi

giovedì 14 gennaio 2016

BAGLIORI NEL BUIO Romanzo di Maria Teresa Steri







Voglio parlarvi di una scrittrice, una scrittrice vera, una che ci mette la faccia sicura delle proprie capacità. Ho letto il suo romanzo: BAGLIORI NEL BUIO.
L'autrice è Maria Teresa Steri.
Devo dire sinceramente che mi sono avvicinato al suo romanzo un po' titubante quando ho sentito che trattava di esoterismo e paranormale, sono generi che non mi fanno impazzire. Poi ho vinto la mia ritrosia e l'ho letto. La curiosità che mi caratterizza e la voglia di conoscere autori sempre nuovi ha avuto la meglio.
Ho fatto bene.
Sono stato catturato immediatamente dalla prosa scorrevole, dalla formulazione narrativa elegante, particolareggiata, attenta alla caratterizzazione dei personaggi. Viva Dio, un romanzo scritto in un bellissimo italiano, fluente e scorrevole, quasi ricercato ma senza appesantire la narrazione con inutili fronzoli. Sorpresa delle sorprese mi sono accorto che mi trovavo di fronte a un gioco di stile dove tutto diventa credibile. Un vero e proprio noir. L'esoterismo e il soprannaturale sono lo spunto per vivere una storia avvincente, ricca di colpi di scena e sviluppi inaspettati. Non voglio svelare nulla, ovviamente, non scendo in ulteriori particolari.
Baglior nel buio è un romanzo che consiglio, credo che di Maria Teresa Steri sentiremo parlare, il talento, a mio modesto parere, c'è. Come c'è, e si percepisce, un lavoro intenso di elaborazione del testo e di ricerca stilistica.
Vi lascio leggere in santa pace la trama e le note autobiografiche dell'autrice, oltre che alla segnalazione dei siti dove reperire il romanzo.

Trama
Disoccupata e intrappolata in una relazione sentimentale senza futuro,  Elena vive come sospesa tra passato e presente. Non passa giorno senza che i suoi pensieri vadano all’uomo conosciuto due anni prima su Internet, consumata dal senso di colpa per aver provocato la sua morte. Interessarsi di fenomeni paranormali sembrava solo un passatempo innocente, ma ora il terrore che la polizia venga ad arrestarla non le dà tregua. E per riappropriarsi della sua vita non le resta che tornare là dove tutto è iniziato, un quartiere che affaccia sulla spiaggia, e provare a far luce sull’accaduto.
Ma chi era davvero l’uomo che ha ucciso? Quale mistero nasconde il luogo della sua morte, il Pozzo del Corvo? E quanto sono fondate le voci che parlano di presenze soprannaturali sul promontorio?
Man mano che la verità viene a galla, un incubo ancora più grande si delinea all’orizzonte, costringendola a fare i conti con le sue paure e ad affrontare nemici che non sospettava di avere.

L’autrice

Maria Teresa Steri è nata nel 1969 e cresciuta a Gaeta. Dopo la laurea in Lettere e Filosofia si è trasferita a Roma, dove vive attualmente con il marito. Ha collaborato come giornalista pubblicista nella redazione di quotidiani e riviste per la scrittura di articoli, la revisione di testi e l’impaginazione.
Cura il blog Anima di carta dedicato a chi ama scrivere e leggere. Si interessa di scrittura creativa e antroposofia. È un’appassionata di Alfred Hitchcock. I suoi autori di narrativa preferiti sono Ruth Rendell, Richard Matheson e Robert Sawyer.
Ha pubblicato nel 2009 il suo primo romanzo “I Custodi del Destino”, un mystery basato sull’idea della reincarnazione. “Bagliori nel buio” è il suo secondo romanzo.

Genere: noir soprannaturale.
Pagine: 360
Dove trovarlo in ebook (1,99 €):
Dove trovarlo in versione cartacea (12,50 €):
Estratto da scaricare liberamente (primi 4 capitoli):

·        http://bit.ly/1P6RnxU




© 2016 di Massimiliano Riccardi

giovedì 17 dicembre 2015

ROBERTO BONFANTI uno scrittore tra suoni e musica



Voglio parlarvi di uno scrittore molto particolare, è un artista che a quanto pare vive calato nel mondo delle muse assorbendone tutte le vibrazioni possibili. Ovviamente è un gioco di parole, Roberto Bonfanti è un fonico e il suo ambito è il mondo dello spettacolo, ecco svelato il motivo del titolo del post.
Scrive romanzi, ottimi romanzi, non ha alle spalle una casa editrice ma questo non lo ferma, anzi, riscuote successi a ogni pubblicazione.
Dice di sé:

"Sono nato nel secolo scorso.
Anzi, nel millennio scorso.
Sarà per questo che non mi sento più tanto giovane?
Di mestiere faccio il tecnico audio nel settore dello spettacolo.
Ho da molti anni il “vizio” di scrivere, un po’ di tutto, racconti, poesie, riflessioni, ma solo negli ultimi tempi ho concretizzato in una forma più razionale le mie creazioni.
Ora sono anche editore di me stesso."

In previsione delle feste, vi invito a fare una scorpacciata dei suoi libri, personalmente ho letto "La vita è dura nei dettagli". Bonfanti è uno scrittore che non si perde in fronzoli, il tratto è deciso e non si lascia andare a inutili descrizioni, i suoi personaggi sono sempre ben delineati. Realtà e fantasia si sovrappongono. Mi è piaciuto.
Vi propongo ora una carrellata dei suoi libri, cliccando sul titolo li potrete acquistare, e se avete piacere andatelo a trovare sul suo BLOG Chiacchiere e distintivo, buona lettura.



Sinossi:
Il mio lavoro si svolge nel settore dello spettacolo, faccio il tecnico audio nei concerti, sono un fonico, insomma.
Nel mio campo si verificano spesso situazioni al limite del grottesco nei rapporti con i musicisti e gli altri addetti ai lavori. Quelle che ho ritenuto più interessanti, divertenti e particolari sono finite in questo libro. Si va dalle bizze del musicista che si crede una rockstar alla disarmante ingenuità dell’amatore alle prime armi, dall’amico del chitarrista che viene a darmi consigli perché lui “segue sempre il gruppo” all’imprevisto tecnico che genera contrattempi imbarazzanti. Ci sono capitoli dedicati alle dinamiche che si instaurano fra chi fa musica e chi rende possibile la sua fruizione, figure che dovrebbero collaborare fra di loro, ma che invece spesso di trovano in contrasto. Il tutto condito da considerazioni personali sulla musica e lo show business.
Il titolo è un omaggio al famoso libro di Bukowski. È un’antologia di racconti ispirati alla vera vita del fonico, una dura lotta contro tutti, musicisti, pubblico e organizzatori, fra episodi surreali e piccole-grandi soddisfazioni personali. Non è un libro solo per gli addetti ai lavori, ho cercato di usare un linguaggio poco tecnico e, quando necessario, ho inserito delle note a piè di pagina. Chiunque lo può leggere, si parla principalmente di rapporti fra persone.

Estratto:
Il grande trombettista se ne sta in disparte, passeggia a fondo palco, lontano dal microfono, tiene il tempo schioccando le dita, ogni tanto porta la tromba alle labbra ed emette qualche nota.
Tutto ciò fa molto Miles Davis, ma il suo contributo alla performance è più scenografico che musicale. Comunque è una leggenda del jazz, quindi si becca un sacco di applausi.


Sinossi:
La vita spesso ci appare colma di difficoltà, non solo nei drammi e negli eventi traumatici che ci cambiano l’esistenza, ma anche nei piccoli gesti quotidiani, nello scorrere apparentemente invariabile dei giorni comuni.
La vicenda ruota intorno a uno studio grafico, alle persone che ci lavorano e ad altre figure secondarie, si concentra in uno spazio di tempo di circa due settimane. La narrazione è in prima persona e principalmente al presente, si articola in sette capitoli, ognuno affidato a un personaggio diverso.
Di cosa parla in realtà il romanzo? Non certamente di delitto e castigo. Non può neanche essere considerato un “noir”. Questa è solo la cornice. Parla di cambiamento.
Nella vita di tutti i protagonisti del romanzo ci sono degli avvenimenti e delle situazioni che ne condizionano o ne hanno condizionato l’esistenza.
Alcuni affrontano i loro dèmoni e ne escono tutto sommato vincitori, altri non ci riescono
C’è una sorta di “happy ending” solo per Stefania e Claudio, a premiare la loro evoluzione.
È un lieto fine sicuramente relativo, rimangono fra loro molti punti oscuri, molto “non detto”, ma in fondo questo è più verosimile di una perfetta quadrature del cerchio, cosa assai rara nella realtà.
Le vicende narrate in questo romanzo proseguono nel sequel: Cose che si rompono.

Estratto:
Sono in una strada in mezzo alla campagna. Una fantastica strada da motociclisti. Tutta curvoni e saliscendi. La luna piena rende quasi inutile il pur valido faro marchiato Lucas.
Mi fermo. Sistemo Bonnie sulla stampella. Mi tolgo il casco e lo appoggio per terra. Faccio qualche passo nel campo che costeggia l’asfalto. Mi inginocchio, poi mi distendo a faccia in giù nell’erba folta e soffice, appena umida della prima rugiada.
Dammi oblio.



Sinossi:
Un anno dopo le vicende de "La vita è dura nei dettagli" ritroviamo gli stessi personaggi, prima fra tutti Bonnie, la moto amata da Claudio, il protagonista. Le azioni compiute nel passato tornano a influenzare la vita quotidiana delle persone che gravitano intorno allo studio grafico. Alcuni segreti vengono svelati, c'è chi prende decisioni importanti e chi non vuole compiere di nuovo gli stessi errori.

Estratto:
Mentre parlo cerco di ricomporre i pezzi del frollino, di farlo tornare intero. Ma certe cose non si possono aggiustare. Lei si alza, prende la giacca e la borsa, fa un paio di passi poi si volta. Posso quasi sentire la sua irritazione vibrare nella stanza, come un ronzio.



Sinossi:
Il Professor Leonard Knowall è un personaggio difficile. È scontroso, arrogante e suscettibile. Non se la prendano troppo con lui i sociologhi di professione, gli stimati e riconosciuti maestri dell’analisi comportamentale, se ha osato invadere il loro campo d’azione. In fondo le sue riflessioni e i suoi pensieri sono superficiali e qualunquistici. Lui non è altro che un parvenue della cultura, un uomo che sfrutta la sua notorietà per esprimere delle opinioni davanti a una platea, con modi poco ortodossi e informali, esattamente come farebbe con gli amici al bar. Ama pavoneggiarsi sotto i riflettori e gode del consenso del suo pubblico. Un simpatico cialtrone, insomma. Ma lasciamolo divertire, come direbbe il Poeta.

Estratto:
L’arte deve trascinarvi in sentieri sconosciuti, magari impervi e pericolosi, ma mai consunti come i marciapiedi del vostro quartiere, vi deve aprire porte su nuovi universi, mettere in discussione il quotidiano per mostrarlo sotto un’angolazione diversa. Insomma, deve essere un altro sguardo sul mondo. Più alto. L’arte è simile all’artificio, nel senso che deriva dall’opera dell’uomo, non esiste in natura, nasce prima nella mente di chi la crea, poi va plasmata, modellata dall’abilità e resa disponibile agli occhi degli altri, il processo con cui il vago prende forma, la materia diviene significato, il caos ordine.


Sinossi:
Racconti del periodo 1990-2002.

Estratto:
Era bello stare sulla spiaggia a non fare niente, a tenerci per mano e a raccontarci la nostra infanzia e tutto quello che ci passava per la mente.

Era bello, e quella felicità mi appagava, senza che dovessi fare progetti, pensare al futuro, mi sentivo come un granello di quella sabbia addormentata, vivevo il presente, e mi sembrava che non ci fosse gioia più grande.
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Fine della carellata, ringrazio Roberto per avermi permesso di parlare di lui, per me è stato un piacere. 
Nel più puro spirito della rete si continua imperterriti a promuovere, ho ricevuto tanto dai colleghi blogger e scrittori,  per quel che posso, e tutte le volte che mi capita l'occasione, raccolgo il testimone.



© 2015 di Massimiliano Riccardi

lunedì 2 novembre 2015

Ivano Landi - Memoria e resurrezione degli io nell’opera letteraria di Marcel Proust e Henry Miller


Con vero piacere accolgo l'invito lanciato da "Blogger and Blog" 

e ospito come Special guest Blogger Ivano Landi. All'iniziativa partecipo a mia volta come guest blogger nel sito di Cercatore di favole, il mio post lo trovate QUI.
La tematica è importante e devo dire che rientra nel mio personale gusto letterario. Trattazione lucidissima. Ivano ha volato alto come solo le menti libere possono fare, ringrazio per questo post meraviglioso. In fondo di cosa si tratta? Siamo quattro amici che chiacchierano e dissertano su libri e autori, bene o male non importa. Questa è cultura, quella vera. Fuori dai circuiti accademici che se la cantano e se la suonano tra loro.
Non aggiungo altro, lascio che sia lui a parlare. Gustatevi questo articolo interessantissimo.
Massimiliano Riccardi

Memoria e resurrezione degli io nell’opera letteraria di Marcel Proust e Henry Miller 
di Ivano Landi


Il solo tipo di memoria che desidero conservare è la memoria di tipo proustiano. Mi basta sapere che esiste questa memoria infallibile, totale, esatta.
(Henry Miller, I libri nella mia vita)


Ciò che si disperde quando la memoria apre porte e finestre è quel che non è mai esistito tranne che nel terrore e nell’angoscia.
(Henry Miller, Ricordati di ricordare)


Non essendo io un grande fruitore di critica letteraria non faccio molto testo, ma non ricordo che mi sia mai capitato di trovare accostati tra loro i nomi di Marcel Proust e Henry Miller. Eppure che il romanziere francese sia stato uno dei modelli letterari dello scrittore americano, come testimonia anche la prima delle due citazioni riportate sopra, è fuori discussione. Per questo, nel presente articolo, ho scelto di porre la mia attenzione più sull’affinità essenziale tra i due scrittori che sulle numerose differenze di superficie. Per cominciare, entrambi loro condividono una prima forte consapevolezza: lo scrigno del tesoro è nascosto nel passato, e non in chissà quale passato storico ma nel passato individuale di ognuno. Una consapevolezza che ha il duplice effetto, da un lato di “costringerli” ad adottare il punto di vista autobiografico nella scrittura, dall’altro di metterli fin da subito davanti a un problema che deriva proprio da questa obbligatorietà, ossia alla conseguenza di doversi occupare di cose abbastanza lontane da quella che era, ai loro occhi, la realtà più autentica.
  
Ho cominciato la mia carriera di scrittore col proposito di dire la verità su me stesso. Che compito fatuo! Che cosa può esserci di più fittizio della storia della propria vita?

Così scriveva Henry Miller nel 1950, all’apice della sua maturità di scrittore. E tuttavia, una volta assodato che lo scrigno del tesoro è nascosto nel proprio passato, se si vuole disseppellirlo non c’è altra scelta che scavare. E quale strumento di scavo si può utilizzare se non la memoria?
Sembra una conclusione ovvia, ma ecco che insorge subito un nuovo problema. E stavolta do la parola a Proust:

E’ fatica inutile cercare di evocare il passato, in quanto tutti gli sforzi della nostra intelligenza sono vani.
E allora le oltre tremila pagine del romanzo Alla ricerca del tempo perduto, tutte dedicate al passato, da dove saltano fuori? Come le ha concepite Proust, se ogni sforzo dell’intelligenza di evocare il passato è destinato a un inevitabile insuccesso?
Cercherò di mostrarlo, ma per gradi, cominciando proprio dalla ricerca di alcune analogie tra le creazioni letterarie più importanti dei due scrittori protagonisti dell’articolo.

Tra le opere di Miller, la trilogia della Crocifissione rosea è senza dubbio quella che osa avvicinarsi di più, anche per corposità, alla Recherche proustiana. Ma le accomuna anche il loro essere, entrambe, opere incompiute. Proust non ebbe il tempo di riscrivere, come avrebbe voluto, gli ultimi due volumi del suo monumentale romanzo, e riuscì solo a dettare, dal proprio letto di morte, il racconto di un’altra morte, quella dello scrittore Bergotte. Miller, da parte sua, non portò mai a termine, com’era nei suoi piani, la seconda parte di Nexus. Fu forse troppo precipitoso nel dare alle stampe la prima parte, che si presenta in effetti come un’opera dimezzata nelle proporzioni rispetto ai primi due volumi della trilogia? Precipitoso allo stesso modo di Proust che, tre decenni prima, aveva dimostrato un’eccessiva fretta di morire?  
Un’altra caratteristica che accomuna le due opere è che entrambi gli scrittori le consideravano un tutto unico e solo le esigenze editoriali li avevano costretti a pubblicarle divise in più parti.
Miller testimonia il fatto in una lettera all’amico scrittore Lawrence Durrell:

Non dipende da me se questi volumi vengono stampati separatamente. Io avrei voluto tenerli fino a quando avrei finito di scrivere l’ultima pagina. Ma Girodias mi supplicò e io cedetti.

Ma, come ho detto, a dispetto di questa e altre dichiarazioni di buona volontà, Miller non appose mai la vera parola fine alla sua trilogia.
 Vale inoltre la pena di trascrivere qui un’altra parte della stessa lettera milleriana, molto importante ai fini di questo articolo; non prima di avere però specificato che Durrell aveva da poco espresso, in una lettera indirizzata all’amico, un giudizio molto duro sul primo volume della trilogia, Sexus, l’unico pubblicato fino a quel momento.
Ecco una parte della replica di Miller a propria difesa:

Ho cercato di catturare una miseria e una sterilità che pochi uomini hanno conosciuto. Sarebbe stato molto meglio essere un avanzo di galera! Ma io avevo solo questa vita da raccontare. Quella passione che secondo te manca è presente, ma al negativo; mi ero proposto di raccontare quella vita di “attività insensata” che i saggi hanno sempre condannato, perché equivalente alla morte. Ma, come dico io stesso verso la fine del secondo libro [Plexus], soffrii della mia stessa ignoranza, e per me fu una bella lezione. Tirando le somme, forse la mia vita somiglierà a un’enorme piramide costruita sotto un segno negativo. Eppure, nonostante tutto, una piramide; e forse la si comprenderà meglio quando sarà capovolta.

Miller parla qui di una piramide. Mentre Proust aveva paragonato Alla ricerca del tempo perduto a una cattedrale. C’era stato addirittura un momento in cui lui aveva pensato di intitolare le varie parti secondo una nomenclatura architettonica: Portico I, Portico II, Abside, ecc. E proprio alla sua natura di opera-cattedrale, Proust aveva attribuito la quasi impossibilità di portare a conclusione il suo romanzo.
Entrambi gli scrittori usano quindi una metafora architettonica, sebbene chiamando in causa due forme tra le più lontane tra loro possibili (come lontani erano del resto lo stile e la personalità dei due autori). Ma è soprattutto la parte in cui Miller parla della necessità di arrivare al momento finale, in cui la piramide sarà capovolta, a rendere fortissima l’analogia. Miller poteva solo avere in mente qualcosa di paragonabile agli eventi descritti da Proust nel Tempo ritrovato, quando la memoria inonda finalmente di luce, in retrospettiva, l’intera cattedrale della Recherche e Marcel – il protagonista del romanzo - acquista la piena consapevolezza del senso della sua intera vita, e del destino che vi si è manifestato, perché, lo si dica una volta per tutte, ogni cosa è destino. Tradotto in termini psicologici, la cattedrale illuminata dalla memoria è l’inconscio, e tornerò presto su questo, ma qui è implicito anche un altro grande passaggio, che è quello dalla dimensione della vita alla dimensione dell’arte. Un passaggio che si traduce, alla fine dell’ultimo volume della Recherche, Il tempo ritrovato, nella decisione di Marcel di consacrarsi completamente alla scrittura di un grande romanzo – che altro non è che il romanzo che il lettore ha appena terminato di leggere. Perché la struttura dell’opera è esattamente circolare come il tempo, e non potrebbe essere altrimenti essendo il suo soggetto proprio il disvelamento del segreto del tempo.


Ma perché Marcel, una volta arrivato alla Comprensione, quella con la c maiuscola, fa questa scelta di “esilio”, che rispecchia naturalmente quella compiuta dallo stesso Proust?

È lo scrittore a dircelo:

La vera vita, la vita finalmente scoperta e compresa, la sola vita realmente vissuta, è la letteratura.

Una dichiarazione che sarà ribadita, alcuni decenni dopo e con altre parole, da Miller:

La narrativa è sempre più vicina alla realtà che non i fatti stessi.

Certo, in Proust la sostituzione della vita con l’arte si tradusse in termini molto più letterali che in Miller: il dandy che dopo una brillante vita mondana si seppellì (sebbene meno di quel che lasci trapelare la leggenda) in una stanza foderata di sughero. Ma qui entrano in gioco i temperamenti, quasi in tutto opposti tra loro, dei due scrittori: tanto estenuato, lunare e passivo era quello del francese, quanto sanguigno, solare ed estroverso era quello dell’americano. Ad accomunarli è invece il distacco da loro stessi, che li mette in condizione di gettare uno sguardo lucido e disincantato su ogni cosa e in primis sull’uomo e sul consorzio umano.

Detto questo, possiamo tornare adesso alla nostra domanda fondamentale: Se ogni sforzo dell’intelligenza di evocare il passato è destinato al fallimento, cosa c’è all’origine della scrittura di Proust e Miller?
La risposta è che c’è un diverso tipo di memoria, non collegata all’intelligenza, che ha un nome che non è mai stato un segreto e sarà quindi già noto ad alcuni di voi: la memoria involontaria.
E anche qui si tratta di una sostituzione, altrettanto decisiva di quella della vita con l’arte. Ma è anzitutto una sostituzione necessaria, se si vuole scavare alla ricerca del tesoro sepolto poiché, scrive ancora Proust:

Le informazioni che dà la memoria volontaria non trattengono nulla del passato. Sono vuote come l’io a cui sono pertinenti.
Ecco un altro passo fondamentale. Alla oscura diade memoria volontaria-intelligenza, si aggiunge ora un terzo elemento, l’«io», che condivide con i due precedenti la caratteristica di una sostanziale irrealtà.
Diventa così chiaro perché Miller definisca “fittizia” la storia della nostra vita; non potrebbe essere altrimenti, essendo tale storia pertinente all’«io», cioè a qualcosa per sua natura fittizio.
Siamo davvero arrivati stavolta a un punto cruciale: la memoria involontaria si rivela adatta al compito proustiano (e milleriano) della memoria perché è sia estranea al dominio dell’«io» e dei fatti che vi sono collegati, sia al dominio dell’intelligenza.
Ma a cosa è collegata allora la memoria involontaria? Qual’è il regno da cui proviene e in cui si muove? E’ adesso il turno di Miller di rispondere:

Vi sono giorni nei quali il ritorno alla vita è penoso e doloroso. Si abbandona il regno del sonno contro la propria volontà. Non è accaduto nulla, tranne la consapevolezza che la realtà più profonda e più vera appartiene al regno dell’inconscio.

Quanto sia fondamentale il regno del sonno per la genesi e lo sviluppo della Recherche è noto, e questa frase potrebbe benissimo averla scritta Proust. Ma la conclusione che più mi interessa trarre qui è che il regno della memoria involontaria altro non è che la “realtà più profonda e vera” del regno dell’inconscio. È “dall’oscurità e dal silenzio” di questo regno che secondo Proust provengono i veri libri, le vere opere d’arte, mentre dal mondo “dalla piena luce e dalla conversazione” che attiene all’intelligenza e all’io, possono provenire solo opere mediocri.
Una delle “scoperte” fondamentali di Proust fu proprio quella dell’illusorietà della continuità del nostro «io» – un’illusione prodotta dall’asservimento della nostra memoria alla tirannia dei fatti. In realtà, la nostra esistenza è costituita dalla contemporaneità e/o successione di una moltitudine di io, che nascono e muoiono senza sosta:

Capivo che morire non è qualcosa di nuovo, ma che, al contrario, sin dalla mia infanzia, ero già morto più di una volta.

Il destino di ognuno di questi io è di precipitare, alla sua morte, in una sorta di cimitero interiore, un Ade situato in noi ma al di là del tempo e dello spazio, dove rimangono come addormentati, in attesa di un loro eventuale risveglio provocato da un intervento esterno casuale – cioè estraneo alla nostra volontà. Mentre la memoria volontaria in tutto questo è solo di impaccio, poiché guardare volontariamente indietro non significa nient’altro che, così come era stato per Orfeo con Euridice, imbattersi in un fantasma. La memoria volontaria ha inoltre la caratteristica della fissazione ossessiva tipica dell’«io»:

Gli occhi del ricordo finiscono per non vedere più niente, quando li si fissa troppo  - scrive Proust.

La memoria involontaria dipende invece dal tempo e dai suoi meccanismi, che dopo aver cancellato le nostre impressioni per mezzo dell’oblio può “decidere” di farle risorgere. E ogni volta che si risveglia in noi il ricordo di un’impressione, si risvegliano contemporaneamente tutte le impressioni che vi sono collegate e formano il nucleo di quel particolare io. 
L’intenzione iniziale di Proust era proprio quella di scrivere un libro che fosse tutto composto di queste impressioni risvegliate, imbevute in modo indelebile della luce dell’eternità, frutto dell’estasi extratemporale o estasi metacronica. Il problema principale era però costituito dalle intermittenze: come era possibile scrivere soltanto con delle “gocce di luce”? Si chiese Proust. Alla fine comprese che ogni cosa, come nei miti orfici, poteva solo avere inizio dalla notte (Per molto tempo, sono andato a letto presto…), con tutto quel che vi era di collegato incluso il male più abissale. Ma si era anche illuso di finire presto, di restare recluso solo per pochi mesi, un anno al massimo. Poi avrebbe ripreso a vivere, a frequentare la bella società…

Il primo contatto di Marcel – il protagonista della Recherche - con la memoria involontaria è talmente noto da essere diventato una sorta di emblema del romanzo di Proust.

Mentre rientra a casa, in una sera d’inverno, la madre offre a Marcel una tazza di tè con una madeleine, con questo risultato (mi permetto qui, per un’unica volta, un comodo copia-incolla da Wikipedia):

Appena riconosciuto il sapore del pezzo di madeleine imbevuto nel tè caldo che una volta, molti anni addietro, era d'uso preparargli sempre la zia quando si trovavano a Combray, intere sezioni di memoria cominciano a venire a galla "proprio come nel giuoco in cui i giapponesi si divertono a mettere in ammollo in una ciotola di porcellana piena d'acqua piccoli pezzi di carta i quali, fino ad allora rimasti indistinti, cominciano a prender forma diventando fiori, case, personaggi coerenti e riconoscibili".

La memoria involontaria nasce quindi dall’interazione, che è una sovrapposizione, di un momento presente con un momento passato, il cui risultato è la resurrezione dell’io che ha vissuto l’esperienza originale e la contemporanea liberazione del ricordo, prima imprigionato nelle cose. L’insorgenza della memoria involontaria dipende infatti sempre dall’intervento di oggetti concreti, accessibili ai sensi: una pietra mal squadrata che oscilla, il suono di un cucchiaio contro un piatto, un tovagliolo premuto contro le labbra. Questo perché anche i veri ricordi sono frutto di un’interazione. E più esattamente, come scrive Proust: 

un precipitato dell’interazione tra la sempre mutevole coscienza personale e l’incessante mutamento del mondo.

Ma anche se la memoria involontaria è messa in moto dal caso, si tratta sempre e comunque di un caso necessario, governato dalla onnipresente legge del destino. Così che alla fine è proprio la casualità a essere la miglior garante della sua fondatezza nella verità: 

…la maniera fortuita, inevitabile, con cui la sensazione era stata incontrata, controllava la verità del passato che essa resuscitava, la verità delle immagini che metteva in movimento, giacché sentivo il suo sforzo di risalire verso la luce e la gioia del reale ritrovato.

Mentre il tessuto o la sostanza stessa che forma il continuum della memoria (anche se qui sarebbe forse il caso di scrivere “Memoria”) e fa da fluido connettivo (fondu, in gergo proustiano) tra i veri ricordi, è la luce.
E a proposito della luce, penso che chiunque abbia letto a fondo Henry Miller conosca, o dovrebbe conoscere, le voragini che si aprono improvvise nelle pagine dei suoi libri, quando un momento del passato, casualmente richiamato dalla legge dell’analogia, si sovrappone al momento presente. Sono abissi altrettanto densi di luce di quelli evocati da Proust, e non fa quindi meraviglia che lo stesso Miller, parlando della rilettura del suo Sexus durante la correzione delle bozze, scriva a Durrell di essere “rimasto abbagliato”.  
Sempre Miller scrisse una volta che non sarebbero bastati duemila libri a trascrivere il contenuto di una vita umana. Il compito della memoria proustiana si esaurisce infatti solo nel momento in cui l’intero regno dell’ombra è riportato alla piena luce, nel momento in cui tutti gli io sono divenuti oggetto di resurrezione. Deve essere tuttavia chiaro che il movimento qui proposto è esattamente rovesciato rispetto a quello operato dalla psicanalisi di stampo freudiano, che cominciava a diffondersi proprio all’epoca in cui Proust stava scrivendo. Non sono le parti inconsce a dover essere integrate nell’io così come noi lo percepiamo, ma è quest’ultimo che deve essere assorbito nel meccanismo del tempo, divenendo così soggetto alle sue leggi di morte nell’oscurità dell’oblio e resurrezione nella luce immutabile ed eterna della Memoria. Allora, in questo altro, nuovo regno della piena luce, perfino gli avvenimenti più dolorosi del passato cessano di gettare la loro ombra.
E voglio concludere ancora con Miller, con una citazione da Ricordati di ricordare che mi sembra costituire il cappello perfetto di questo articolo:
Uomini deboli, uomini accorti, uomini tristi, uomini di mondo hanno tentato di farci credere che la nostra vita è vana e inconsistente, che viviamo senza uno scopo, consigliandoci al tempo stesso di godercela finché possiamo. Ma quando s’apre una prospettiva importante, l’influenza di costoro evapora come sudore.
* * *
Opere in cartaceo consultate:
Alla ricerca del tempo perduto, Rizzoli 1985. A cura di Giovanni Bogliolo e Piero Toffano. Traduzione di Maria Teresa Nessi Somaini.
Alla ricerca del tempo perduto, I. Dalla Parte di Swann. Newton & Compton, 1990. A cura di Paolo Pinto e Giuseppe Grasso.
Pietro Citati, La colomba pugnalata. Proust e la Recherche. Mondadori 1995.
Henry Miller, La crocifissione in rosa (Sexus-Plexus-Nexus). Mondadori 1991-1993.
Henry Miller, Ricordati di ricordare. Einaudi 1965. Traduzione di Vincenzo Mantovani.
Henry Miller, I libri nella mia vita. Einaudi 1976. Traduzione di Giorgio Agamben.

sabato 17 ottobre 2015

Autobibliografia in risposta al meme di Ivano Landi




Con grande difficoltà raccolgo l'invito di Ivano Landi che con il suo meme promuove un ottimo sistema per fare "rete". La difficoltà che ho incontrato è legata, ovviamente, alla decisione di includere libri che potessero più di altri rappresentarmi. Non ce ne sono, ogni singolo libro che ho letto è servito e ha permesso di favorire la mia crescita personale. Dipendesse da me, includerei persino le pagine gialle. L'unica scelta possibile è stata quella di raccogliere una serie di testi che hanno caratterizzato dei periodi particolari della mia vita. Non elenco libri che mi sono piaciuti più di altri, ma testi che in un dato momento sono stati significativi. Tutto qui, molto semplicemente ecco a voi la mia disarticolata lista:

1.     1984 – George Orwell 
2.     A ciascuno il suo - Leonardo Sciascia
3.     Alla ricerca del tempo perduto (non tutti i libri) - Marcel Proust
4.     Amleto - Shakespeare 
5.     Antologia di Spoon River - Edgar Lee Masters
6.     Big Sur - Jack Kerouac
7.     Carme (tutte) - Gaio Valerio Catullo
8.     Cent'anni di solitudine - Gabriel Garcia Marquez
9.     Chiedi alla polvere - John Fante 
10.           Così parlò Zarathustra - Friedrich Nietzsche 
11.           Crash - James G. Ballard
12.           Cronaca di una morte annunciata - Gabriel Garcia Marquez 
13.           Cuore di tenebra - Joseph Conrad 
14.           Currahee - Donald R. Burgett
15.           David Copperfield - Charles Dickens
16.           Dracula - Bram Stoker
17.           Dune - Frank Herbert 
18.           Fiesta - Hemingway
19.           Frankenstein - Mary Shelley 
20.           Fuoco Pallido - Nabokov
21.           Furore - John Steinbeck
22.           Giulio Cesare - Jerome Carcopino
23.           Giulio Cesare - Shakespeare
24.           Giuseppe Bottai-Fascista - Giordano Bruno Guerri
25.           I fiori del male - Baudelaire
26.           I malavoglia - Verga
27.           I miserabili – Victor Hugo
28.           I pilastri della terra - Ken Follett
29.           I tre moschettieri - Alehandre Dumas
30.           Il barone rampante - Italo Calvino
31.           Il buio oltre la siepe - Harper Lee
32.           Il ciclo delle stagioni - John Connolly
33.           Il cielo sceso in terra: le radici medievali dell'europa - Jacques Le Goff
34.           Il conte di Montecristo - Alexandre Dumas
35.           Il gattopardo - Tomasi di Lampedusa
36.           Il giovane Holden - J. D. Salinger
37.           Il grande Gatsby - Francis Scott Fitzgerald
38.           Il nome della rosa - Umberto Eco 
39.           Il Principe - Nicolò Machiavelli
40.           Il richiamo della foresta - Jack London
41.           Il ritratto di Dorian Gray - Oscar Wilde
42.           Il signore delle mosche - William Golding
43.           Il vecchio e il mare - Hemingway
44.           Il visconte dimezzato - Italo Calvino
45.           Iliade - Omero
46.           In fondo alla palude - Joe R. Lansdale
47.           IT - Stephen King
48.           La collina dei conigli - Richard Adams
49.           La divina commedia - Dante
50.           La fattoria degli animali – George Orwell 
51.           La legione degli immortali - Massimiliano Colombo
52.           La montagna incantata - Thomas Mann
53.           La morte non dimentica (Mystic River) - Dennis Lehane
54.           La torta in cielo - Gianni Rodari
55.           La valle dell'eden - John Steinbeck
56.           L'Aleph - Jorge Luis Borges
57.           Lamento di Portnoy - Philip Roth
58.           L'arcobaleno della gravità - Thomas Pynchon
59.           Le affinità elettive -  Goethe 
60.           Le avventure di Huckleberry Finn - Mark Twain 
61.           Le avventure di Pinocchio - Collodi
62.           Le avventure di Tom Sawyer - Mark Twain 
63.           Le pietre della luna - Marco Buticchi
64.           L'immaginario Medievale - Jacques Le Goff
65.           L'impero - Antony Riches
66.           L'isola del tesoro -  Stevenson
67.           Lolita - Nabokov
68.           Marcovaldo - Italo Calvino
69.           Memorie di Adriano - Marguerite Yourcenar
70.           Meridiano di sangue - Cormac McCarthy
71.           Moby Dick - Herman Melville 
72.           Nexus -  harry Miller
73.           Odissea - Omero
74.           Pasto nudo - William S. Burroughs
75.           Patrimonio-Una storia vera - Philip Roth
76.           Per chi suona la campana -  Hemingway 
77.           Plexus - Harry Miller
78.           Poesie - William Butler Yeats
79.           Poesie scelte - Pier Paolo Pasolini
80.           Primavera nera - Harry Miller
81.           Quando Hitler rubò il coniglio rosa -  Judith Kerr
82.           Racconti del grottesco e altri - Edgar Allan Poe
83.           Radici - Alex Haley
84.           Ragazzi di vita - Pier Paolo Pasolini
85.           Riccardo III° -  Shakespeare
86.           Rumore Bianco - Don DeLillo
87.           San Francesco D'Assisi - Jacques Le Goff
88.           Se questo è un uomo - Primo Levi
89.           Sexus - Harry Miller
90.           Silla o la monarchia mancata - Jerome Carcopino
91.           Storia di due città -  Charles Dickens
92.           Sulla strada - Jack Kerouac
93.           Teorema - Pier Paolo Pasolini
94.           Todo el amor - Pablo Neruda
95.           Tropico del cancro - Henry Miller
96.           Tutti i racconti - Lovercraft
97.           Tutto ciò che muore - John Connolly
98.           Ulisse - James Joyce
99.           Un anno terribile - John Fante
100.      Una Vita Violenta - Pier Paolo Pasolini

Non aggiungo altro, credo che non si possa desumere un vero e proprio orientamento letterario, anche perché abitualmente mi diletto con la saggistica e il romanzo storico ma da lettore compulsivo quale sono non mi sono fatto mancare nessun genere, ogni singolo testo tra quelli che avete appena letto, non ha avuto una rilevanza formativa o pedagogica in più rispetto ad altri, ha semplicemente accompagnato momenti particolarmente lieti, tristi, oppure mi sono stati donati da persone a me care, o mi hanno indirizzato verso nuovi orizzonti. Orizzonte che per il vero devo ancora raggiungere.

  

      "Mai una gioia, una partita a calcetto, due birre al bar, solo libri, libri e sempre libri. Mannaggia a Gutenberg e a tutta Magonza!!!" 
     

© 2015 di Massimiliano Riccardi