Prendo la palla al balzo per farmi perdonare le altre defezioni e
partecipo alla bella iniziativa di Patricia Moll. QUI trovate il link all'iniziativa e QUI al suo blog
Ho
scritto un finale dell'incipit di Patricia, utilizzando un brano, rimaneggiato appositamente, di un romanzo che ho nel cassetto da molto tempo. Chiuso nel cassetto in quanto
tratta di un argomento che risulta desueto ai più. Quindi nulla di nuovo,
seguendo l'esempio del buon Ivano Landi ho ripescato un vecchio scritto che ho
adattato al gioco di Insieme Raccontiamo.
Il senso del racconto originale è stato stravolto per accentuare
l'attenzione non tanto sullo scenario storico, ma piuttosto sulla difficoltà di
chi convive con il dramma del''alzheimer. Spero che risulti comunque piacevole,
va da sé che trattare certi argomenti richiede più approfondite analisi che il
semplice giocare con le parole di uno scribacchino qualunque. La fantasia
viaggia, e ognuno approda ai lidi che la sorte gli destina.
Quando la memoria delle cose svanisce, è come se ogni giorno fosse un giorno nuovo, alle volte tenebroso, oppure caldo e confortevole, sicuramente chi non ha più memoria è come se ci aspettasse ogni giorno, e ancora, ancora, spesso sorpresi nel non riconoscere chi gli sorride e gli offre una mano tesa.
Dedico questo
inutile post agli amici e alle amiche che potranno ritrovare elementi malinconicamente
noti nelle righe sgrammaticate che seguono:
L'incipit di Patricia
Odore di muschio. Di foglie in decomposizione.
Nel bosco, sotto a quel guazzabuglio di querce olmi e acacie, alte da sembrare volerlo solleticare e spesso da oscurarlo, il cielo era sparito.
Si chinò ad annusare lo stesso odore di allora quando....
Nel bosco, sotto a quel guazzabuglio di querce olmi e acacie, alte da sembrare volerlo solleticare e spesso da oscurarlo, il cielo era sparito.
Si chinò ad annusare lo stesso odore di allora quando....
Il mio finale
… improvvisamente
un rumore lo fa voltare. Di nuovo i ricordi.
Quella mattina d'autunno del 1944, diciassette anni, la corsa forsennata, la paura. Il rumore di rami calpestati e il volto giovane del tedesco. Si fissano. Occhi negli occhi. Armi puntate, ma immobili. Nello sguardo dell'altro il suo stesso terrore. Poi lo sparo, il tedesco che cade senza un lamento. Giorgio lo aveva raggiunto, vista la situazione era intervenuto.
«Belina,
cosa fai? Rimaniamo imbottigliati dal rastrellamento, corri dai, corri cazzo …»
Di nuovo il presente. Era solo una lepre. Tutto è confuso, ha perso l'orientamento, non sa nemmeno perché si trova lì. Sente lo stomaco contorcersi dall'ansia.
Altre
urla. Grida di voci familiari.
«
Nonnoooo!»
«Papàaaa!»
Un
ragazzino si avvicina ansimando, gli prende la mano in silenzio. Il vecchio lo
lascia fare. Lo guarda mentre il giovane posa la testa sul suo torace
stringendolo forte.
Un
uomo si avvicina, non lo riconosce ma quel volto gli da sicurezza.
«Tutto bene papà. Ti sei solo perso. Ora siamo qui. Torniamo a casa.»
© 2016 di Massimiliano Riccardi