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scrivere per vivere vivere per scrivere

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La lettura di tutti i buoni libri è come una conversazione con gli uomini migliori dei secoli andati. (René Descartes) ********************************************************************************************** USQUE AD FINEM
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lunedì 7 marzo 2016

Il signor Rossi nel Far West, caxxeggio semiserio, pseudo storico... insomma, semi pseudo

                                                                            I Magnifici sette di Poggibonsi



Con questo post voglio fare una piccola digressione rispetto al tenore intimistico che ha preso ultimamente il blog. In fondo, spesso ho parlato  di libri, cinema o quant'altro che non siano i deliri che giustamente definisco "inutili".

Nel nostro immaginario, e lo dobbiamo prevalentemente al cinema,  il far west è popolato di pellerossa, di coloni anglofoni, di cowboy rigorosamente ammerikani originals, di "giacche blu" e cavalleggeri necessariamente di lingua inglese, dove al massimo, tanto per concedere qualche cosa al concetto che gli USA sono una terra di immigrati, troviamo qualche sergente O'Hara di origine Irlandese, rigorosamente caratterizzato per non offendere e per far divertire gli WASP (White Anglo-Saxon Protestant) che sono notoriamente permalosi ed egocentrici. E Mario Rossi? Ci sarà pure stato un Signor Rossi in mezzo a tutto quel marasma. Vi pare possibile che gli Italiani siano stati così timidi da non prendere parte all'epopea del west? Ma figuriamoci, che se ne sia parlato poco o quasi mai è un conto, che non sia mai successo… bè, questa è tutta un'altra storia. Sti ammerikani, tzè.

Senza la pretesa di volere fare un'analisi storica dettagliata vi offro qualche notiziola, così, tanto per gradire.
Le prime tracce del nostro Mario Rossi le abbiamo già ai tempi della guerra di secessione americana, tanto per parlare di fatti stranoti e conosciuti ai più. Alcuni esempi: negli archivi storici militari è documentata la presenza di molti soldati e ufficiali di origine italiana, la gran parte appartenenti all'ex esercito Borbonico disciolto, questo grazie all'amicizia del nostro Garibaldi con il generale Wheat (un volontario garibaldino, un avventuriero ex capitano dell'USA Army conosciuto durante le battaglie del Garigliano e l'assedio di Capua). Con l'approssimarsi dei venti di guerra nella madre patria, Wheat chiese a Garibaldi di poter arruolare prigionieri di guerra Borbonici da inviare nella sua Virginia per sostenere lo sforzo bellico dei secessionisti, fazione cui aveva aderito entusiasticamente. Posti di fronte all'alternativa di una lunga detenzione nel famigerato campo di prigionia di Forte Fenestrelle o altri campi altrettanto crudeli e abominevoli (si dovrebbe aprire un capitolo sulla sorte dei prigionieri di guerra Borbonici e sui trattamenti riservati loro dalle truppe sabaude, ma non è il momento, chissà in futuro), molti decisero di partire e continuare a fare i soldati sotto un'altra bandiera. E così partì un primo contingente di 189 veterani. Successivamente A partire dal dicembre del 1860, e per alcuni mesi del 1861, circa 1800 ex soldati borbonici furono trasportati a New Orleans con le navi Elisabetta, Olyphant, Utile, Charles & Jane, Washington e Franklin.   Furono tutti inquadrati in battaglioni.











Senza farla tanto lunga, perché gli episodi e gli aneddoti sarebbero tantissimi, voglio solo ricordare che si distinsero nella battaglia di Manassas (seconda battaglia di Bull Run), vinta dai secessionisti, dove il battaglione italiano, rimasto a corto di munizioni, combatté nelle ultime fasi tirando sassi e a colpi di baionetta mettendo in fuga i nordisti. Ovvio che ci furono combattenti anche tra i nordisti, citiamo tra tutti il 39° reggimento dei volontari di New York, conosciuto come  il Garibaldi Guards. 

 Ora alcuni nomi di liguri ricavati dagli archivi storici militari, tanto per dare sfogo alla mia smania campanilista: Giovanni Battista Vaccaro,  origini genovesi, appartenente alle truppe del Tennessee; Anatolio Placido Avegno, figlio di immigrati di Recco (Ge), fondatore del battaglione Avegno’s Zouaves della Louisiana, di cui divenne solo il comandante in seconda, per motivi razziali ovviamente, pur avendolo organizzato lui.


                                                                               
Abbandoniamo la guerra di secessione ed entriamo nel vivo dell'epopea del selvaggio west. Uno degli episodi più famosi è quello della battaglia di Little Big Horn. Toro seduto, il generale Custer, il settimo cavalleria, ricordate? Ebbene qui la trama si infittisce. Come dicevamo … ma le giacche blu erano tutte alte bionde e con gli occhi azzurri? Al massimo, se si vuole ammettere che ci fossero degli stranieri, erano solo di origine irlandese come il vecchio buon sergente O'Hara tanto amato negli innumerevoli film dell'altrettanto buon John Ford? Mah, vediamo un po' alcuni nomi: Giovanni Martini, di Salerno, cavalleggero formidabile, colui che Custer mandò a chiedere aiuto a Reno, scampando così al massacro di Little Big Horn per opera dei guerrieri di Toro Seduto; il Conte Carlo di Rudio, (qui ci vorrebbe un intero capitolo dedicato a lui, ma non c'è spazio), piemontese, eroe del risorgimento, partecipò anche all'attentato contro Napoleone III°, seguendo lo spirito avventuroso che lo caratterizzava fini, dopo mille peripezie, come tenente del 7° cavalleggeri nelle squadre del capitano Reno; Felice Vinatieri, torinese, trombettiere; Augusto DeVoto, genovese, sepolto nel cimitero della cavalleria di Tacoma nello stato di Washington; Giovanni Casella, di Roma; Francesco Lombardi, Napoli. E poi? E poi centinaia di nomi di Italiani che si udirono nei territori di frontiera ma che non sentirete mai in un film western. 


















Sarebbe bello continuare, forse ci sarà un seguito se questo post riscuoterà gradimento, per ora mi fermo,  credo che chi si sia cimentato nell'ardua impresa di leggere questo articoletto abbia già il latte alle ginocchia. Nevvero?


Concludo con uno strano Italiano, un Italiano che all'epoca dei primi pionieri, siamo nel 1836, risalì da solo il fiume Mississippi arrivando alle attuali praterie del Minnesota. Un italiano che a bordo di una canoa, armato di un ombrello rosso e indossando una tuba (racconta lui stesso che questo abbigliamento gli servì inizialmente per apparire agli indigeni un matto innocuo), fece un resoconto dettagliato delle sue avventure con i pellerossa, delle cacce al bisonte cui partecipò, descrisse la natura incontaminata. Compilò dei resoconti così dettagliati sulla "nuova frontiera" da diventare materiale di studio per la Smithsonian Institution. Si appassionò così tanto alla causa dei Nativi Americani che ebbe un violentissimo scontro verbale con l'allora Ministro della Guerra Henry Knox, così violento che fu espulso dal territorio degli Stati Uniti e dovette rientrare in Italia.  
Questo Italiano era un aristocratico di Bergamo, tale Giacomo Costantino Beltrami. Colpì così profondamente le coscienze americane che quando il MInnesota divenne Stato, gli fu dedicata una contea. Se vi capita di passare da quelle parti visitate la Beltrami County, vi garantisco che lì non siamo conosciuti solo per la pizza e il mandolino. 
Bene, la digressione finisce qui, per ora, forse, chissà.

Spero di avervi intrattenuto piacevolmente, come mi auguro che il mito della mia infanzia nella foto qui sotto non si sia arrabbiato troppo.





© 2016 di Massimiliano Riccardi

mercoledì 5 agosto 2015

LA MANO DEL MORTO




È incredibile come spesso storia, leggenda e presente siano uniti da un unico filo. Soprattutto è incredibile come tutto si fonda formando l'immaginario collettivo rendendo difficile distinguere ciò che è mito e quello che è reale.

Ci sono personaggi diventati leggendari la cui vita è stata segnata da violenza e lotte, che riescono addirittura a caratterizzare un'intera epoca, come ad esempio quella del lontano west. Uno di questi personaggi è James Butler Hickok sopranominato Wild Bill Hickok "il principe dei pistoleri".

 Un uomo duro, spietato, già famoso in vita per le sue imprese grazie ad articoli della stampa delle grandi città dell'est che esaltavano le gesta dei pionieri del, per allora, lontano ovest. Nasce nel 1837 nel Kansas, prima contadino, poi desideroso di rendersi utile partecipa ai primi movimenti antischiavisti, la brama di avventure lo porterà a far parte dei mitici e coraggiosi Pony Express. Nel 1861 inizia la sua fama: in uno scontro a fuoco uccide il capo di una famosa banda di fuorilegge, un certo Dave McCanles. Con lo scoppio della guerra civile si arruola nell'esercito dell'Unione operando come Scout e distinguendosi per coraggiose azioni di esplorazione in territorio nemico. Al termine della guerra lavora, su incarico del governo, come U.S. Town Marshall, una specie di sovraintendente di tutti gli sceriffi delle lande del west ancora in corso di civilizzazione. Dopo questa esperienza passa all'attività di sceriffo nelle città che pagavano meglio e che più avevano bisogno di un Marshall determinato e senza paura. Epiche sono le gesta nelle città di frontiera come Hays City, Abilene e Deadwood. 

Proprio a Deadwood termina l'avventura del "selvaggio Bill". Durante una partita di poker, nel saloon Nuttal & Mann's, un certo John "naso rotto Jack" McCall gli spara alle spalle uccidendolo, una vera e propria esecuzione che risulterà essere un omicidio su commissione di antichi rivali. Wild Bill cade lentamente e in silenzio dalla sedia colpito a morte, stringendo tra le mani una combinazione di carte che passerà alla storia come "la mano del morto": Una doppia coppia nera di 8 e di assi. È il 2 agosto 1876. Fiori e Picche, storia e leggenda, vita e morte, gioco e destino. Strana la sorte, alle volte l'unica eredità è un giro di carte in una mano a poker.

                                                           Wild Bill insieme ai suoi cari amici Buffalo Bill e Texas Jack



© 2015 di Massimiliano Riccardi.