Petrarchism

Nella letteratura italiana dal XIV al XVIII secolo ha discreta fortuna e circolazione il tema della sconfitta del dio dell’amore, umiliato e privato delle proprie armi soprattutto dalle donne. A partire dalle fonti classiche dell’episodio, rintracciabili nell’epigrammatica alessandrina e nel "Cupido cruciatus" di Decimo Magno Ausonio, si ricostruiscono il significato e le molteplici declinazioni del soggetto nella produzione letteraria italiana, dal "Triumphus Pudicitie" di Francesco Petrarca alla poesia in ottava rima di Luigi Pulci e Angelo Poliziano, dalle raccolte di emblemi ed imprese ai poemetti encomiastici cinquecenteschi in lode di donne, dalle opere di Moderata Fonte e Lucrezia Marinelli alla letteratura morale settecentesca (con particolare attenzione per l’"Amore disarmato" attribuito a Jacopo Durandi). Ripercorrere le tappe della ricezione, tra riscrittura e risemantizzazione, del topos di Cupido punito e disarmato significa andare oltre un’indagine puramente tematica, per ricostruire la fortuna, letteraria ma anche iconografica, di un motivo di lunga durata.
Questo libro ha vinto il Premio Tesi di Dottorato istituito dalla Sapienza Università di Roma, nell’edizione 2013."

Tacete o maschi è un libro composito, a cura di Andrea Franzoni e Fabio Orecchini, in cui sono presenti testi di poetesse marchigiane del tardo
Trecento: Leonora della Genga (dal cui incipit di un sonetto deriva il titolo), Ortensia di Guglielmo, Livia da Chiavello, Elisabetta Trebbiani,
accomunate anche da un fattore stilistico e affettivo, essendo ognuna legata al petrarchismo e intrattenendo con le altre rapporti di sorellanza,
amicizia, discepolanza. Ai loro sonetti rispondono le voci contemporanee
di Mariangela Gualtieri (1951), Antonella Anedda (1955) e Franca
Mancinelli (Fano, 1981).
Ad arricchire il volume vi sono le partiture visive dell’artista Simone
Pellegrini (Ancona, 1972) e un saggio di Mercedes Arriaga Flórez e Daniele Cerrato, inserito tra la premessa dei curatori e i testi, oltre a un
apparato bibliografico e biografico.

The present essay aims to shed new light on the complex meanings underpinning the portrait medal that depicted one of the most prominent humanists and men of letters in the Florence of Cosimo I Medici, Benedetto Varchi. The work of the medallist, sculptor and poet Domenico Poggini, the medal represents an important testimony of the interdisciplinary exchanges between artists and intellectuals that were typical of that milieu. At the same time, close investigation of its genesis, of its poetic and figurative models, of its iconography and motto confirms that this kind of object, traditionally neglected by literature scholars, can in fact provide us with valuable insight into the literary scene of the age.

"Carter's music poses struggles of opposition, for instance in timbre (Double Concerto), space (String Quartet No. 3) or pulse (String Quartet No. 5). His preference for the all-interval tetrachords, 4–Z15 [0, 1, 4, 6] and 4–Z29 [0, 1, 3, 7], is also well known. From these facets of Carter's music, I develop a narrative interpretation of his Petrarch sonnet–inspired solo flute piece, Scrivo in Vento (1991). Specifically, I forge narrative pathways by imagining the two tetrachords as active agents opposed in competition. Previous Scrivo analyses (Capuzzo 2002; Childs 2006) stress continuity by revealing Q-transforms and common-note voice leading between the tetrachords. While acknowledging such features, my analysis emphasises oppositional struggle by tracing the tetrachords as separate entities which cooperate and conflict as they manoeuvre to outdo each other.

The analysis advances three theses: (1) it guides listening to and reading Scrivo in a way which resonates with Carter's concern for the aesthetics of oppositional struggle, his choice of a sonnet as inspiration and his affinity for all-interval tetrachords; (2) it shows that music-analytical detail can be organised into dramatic narratives by (a) projecting dramatic roles onto categories asserted by a formal theory and (b) treating the formal theory's relations metaphorically as actions performed by each role as the musical work unfolds; and (3) it shows how detailed pc-set analysis can support a Heraclitean view of music: a flux of opposing forces seeking and resisting unity."

This study explores the presence of Petrarchist poetic and rhetoric tools in Neo-Latin poetry writtenin, or connected to Hungary, between 1450 and 1550. As the term ’Neo-Latin Petrarchism’ itself iscontroversial, I shortly discuss the applicability of the terminology at the beginning. According totwo of his epigrams, Janus Pannonius (1434–1472) has translated a Petrarchist poetry cycle by  Jacobo Antonio Marcello into Latin, which does not survive. Int he 1480s, Hieronymus Balbus (c.1460-c. 1535) composed several love poems during his stay in Paris, which clearly show the influenceof Petrarchist poetic diction, although his later poetry written in Hungary and Vienna is rather keenon subverting the Petrarchist values and ideals. Antonius Verantius (Verancsics, Vrančić, 1504–1573) composed a sonnetto and a madrigal in two languages (Italian and Latin), which are analyzed indetail. It is demonstrated that his Italian madrigal ’Si tolta è la speranza’ is a poetic paraphrase of Petrarch’s ’Amor quando fioria’, and he translated this text into a Latin madrigal in a unique Latinmeter which he created in order to express the sentiment of the Italian variant

دن گیبسون با استناد به مباحث باستان‌‌شناختی، تاریخی و ادبیات پیشا اسلامی و مقایسه آن با ادبیات پسا اسلامی سعی دارد نشان دهد که قبله مسلمانان، پترا ـ مکانی در شمال غرب عربستان ـ بوده است و پس از درگیری‌های ابن زبیر با حکّام دمشق، کعبه در مکه به عنوان قبله اسلام، معرفی می‌شود. دانشمندان اسلامی نیز پس از جنگ و نابودی منابع اولیه، شروع به بازنویسی تاریخ صدر اسلام می‌کنند. تاکنون آرای گیبسون به‌طور خاص مورد ارزیابی پژوهشگران واقع نشده است. نقدهای مشترکی هم که در مورد نظریۀ هاجریسم و خاستگاه اسلام از دیدگاه دیگر خاورشناسان انجام گرفته، در زمینۀ روش تحقیق آنان است، نه محتوای شواهدی که بر مدعای خود مطرح کرده‌اند. از‌این‌رو، بررسی محتوایی شواهد گیبسون مهم تلقی می‌شود. این مقاله به نقد مهم‌ترین استنادات گیبسون در کتاب جغرافیای قرآنی وی می‌پردازد. مرکزیتِ «شهر مقدس»، جغرافیا و روابط تجاری آن، مهم‌ترین دلایلی است که وی برای مدعای خود عرضه کرده است. مقاله حاضر نشان می‌دهد که مدعای وی با داده‌های جغرافیایی، تاریخی و آیات قرآن سازگاری ندارد.

Dopo aver proposto alcune riflessioni sui problemi relativi all’allestimento di una nuova versione critica del canzoniere di Vittoria Colonna, si offre il testo con note relative ai temi e alle fonti di quattro sonetti della poetessa rinascimentale, specimen di una nuova edizione commentata. Si tratta dei seguenti componimenti: 'Vorrei che ’l vero Sol, cui sempre invoco', connotato da una cifra ficiniana espressa dai concetti di “raggio”, “lampo” e “lume”, riscontrati anche in 'Quando il gran lume appar ne l’orïente', centrato sull’elogio del sonno; 'Se l’imperio terren con mano armata', in cui coabitano immagini bibliche e della mistica unitiva; e infine 'Se per serbar la notte il vivo ardore', costruito sull’immagine del carbone, diffusa in ambito patristico, frequente in Agostino e legata alla specificità figurativa di fede e carità in Cristo.

Nel saggio si ripercorrono i luoghi delle prime quattro divisioni della "Pωεtica" (1529) di G. G. Trissino in cui Petrarca è indicato come modello stilistico. In particolare, si dimostra come l’esemplificazione prodotta a partire dai "Fragmenta" (i cui schemi citati sono definiti di «frequentissimω uʃω») sia maggioritaria per quantità e qualità rispetto a quella desunta dagli altri autori antichi (di cui si propongono spesso testure dall’«uʃω quaʃi ignotω» e perciò «da schifar»).

Didone, esule regina fenicia, fonda Cartagine, accoglie Enea, profugo da Troia, se ne innamora follemente e, abbandonata, si toglie la vita per aver tradito la fedeltà alla memoria del marito Sicheo. Questa è la storia che racconta Virgilio nel IV libro dell’Eneide: una commovente tragedia incastonata nell’epos, forse il testo più celebre e fortunato della letteratura di Roma. Esisteva però un’altra Didone,  l’eroina del mito – precedente all’Eneide – che si gettava tra le fiamme proprio per non venir meno al primo vincolo nuziale. Di qui il paradosso della sua fama: da eroina della fedeltà coniugale, Didone diviene, grazie a Virgilio, protagonista di una tragedia di amore e di abbandono. Ma, nelle riscritture del mito, il dialogo allusivo tra le “due Didoni” riaffiora, a partire da Ovidio, ogni qual volta un autore vorrà scontrarsi con Virgilio (e con la tradizione culturale “ufficiale” che si identifica con la sua poesia). Exemplum morale in Boccaccio, tormentata eroina intertestuale nelle rinnovate forme tragiche del Rinascimento, amante moderna che inaugura la rivoluzione del melodramma settecentesco, straziante simbolo o allegoria nello sperimentalismo della poesia del Novecento: infinite e sempre nuove le sfumature nelle quali Didone si rivela nei testi di questo volume. Poiché inesauribile è la ricchezza della poesia da cui proviene, e universale la sua tragedia d’amore.

Analisi complessiva della fenomenologia petrarchistica come pratica identitaria del moderno gentiluomo letterato e come forma primaria della lingua volgare dell'eloquenza, con particolare attenzione ai riusi del testo lirico (di antichi e moderni) nella grande stagione del madrigale.

Focused on two sixteenth-century editions of a medieval Valencian author (Ausiàs March, 1400-59), this book examines how the material transformations of early modern poetic texts at different stages in their publication process—from the making of the printer’s copy and the translation of the text, to the typesetting and editing of the book in the printing shop—entailed thorough changes in the meaning of a lyric corpus.

Ruins were everywhere in the Renaissance. The scattered remains of the ancient past inspired humanists to think about the vast distance between themselves and antiquity. This study argues that the meditation on ruins was central to two conjoined impulses in the Renaissance: the recovery of the ancient and the creation of the new. As artists used the old to fashion the new, the ruin was the most visible sign of creative destruction. The first full-length book to document the early modern cult of the fragment, The Poetics of Ruins in Renaissance Literature argues that Renaissance humanists loved ruins because they represented the pastness of the past in a residual form. This historical consciousness propelled them into creating poetry that was self-aware of its absorption of the past and its own survival in the future. Whereas conventional literary narrative associates ruins with the Romantic ideas of melancholy and obsolescence, my work posits that the Renaissance was a ruin-naissance, the birth of ruins as objects of contemplation in which they became powerful mementos of textual recovery, cultural renewal, and ethical reflection.

Fu nel Cinquecento che, per la prima volta, le donne riuscirono a conquistarsi un ruolo di rilievo nella letteratura italiana. E in quel secolo, nella opulenta Venezia, Gaspara Stampa dedicò molti anni della propria breve esistenza alla scrittura di una raccolta di liriche, con l’auspicio che la loro fama oltrepassasse i confini della città lagunare in cui ella era già nota come virtuosa. Per lungo tempo, tuttavia, le sue Rime - pubblicate postume nel 1554 - hanno attirato l’attenzione degli studiosi solo per il loro valore autobiografico e sono state lette e interpretate come “diario intimo” di una donna che aveva votato la propria esistenza alla più distruttiva e totalizzante delle passioni: l’Eros.
Il presente volume intende offrire un profilo complessivo della poetessa padovana attraverso il suo “canzoniere”, in cui la fragile eppure intensa vita di Gaspara s’intreccia con il percorso letterario e spirituale che la condusse all’edificazione del proprio dettato poetico. I versi ci restituiscono, dunque, la ricerca di un faticoso equilibrio tra recupero dei modelli e incessante ricerca di una personale, inedita cifra stilistica.  Gaspara Stampa azzarda e vince la battaglia con la storia, raccogliendo l’eredità della letteratura laica e religiosa dei secoli precedenti e attingendo in modo diretto e spregiudicato alle Sacre Scritture. Offrendo il proprio io poetico sull’altare del dio Amore, Gaspara sacralizza se stessa e consegna il proprio nome alla posterità.

Il volume offre uno studio della prima antologia dedicata alla poesia femminile, stampata a Lucca nel 1559. Con tale iniziativa editoriale il curatore, Lodovico Domenichi, prova l’eccellenza delle donne nella poesia petrarchistica, indicando come modello l’esempio etico e lirico di Vittoria Colonna.

Nel lavoro si analizzano le rime di corrispondenza dei trecentisti, con un focus particolare su Franceco Petrarca, Fazio degli Uberti e Francesco di Vannozzo. Dall'indagine sugli elementi fàtici e allocutivi contenuti nei testi sono emerse tendenze diametralmente opposte: mentre Petrarca esclude l'interlocutore ponendolo ai margini del testo, il Vannozzo dialoga con tutto ciò che lo circonda, esseri animati e inanimati (il liuto, l'arpa, la “veretta”). Infatti nel primo si contano ben 25 casi su 35 in cui il destinatario è marginale (relegato nell'incipit, nell'explicit o del tutto assente), nel secondo solo 19 su 72.
Se in Petrarca l'io lirico sopraffà il tu allocutivo e in Francesco di Vannozzo la dialogicità pare elemento imprescindibile dei suoi componimenti, Fazio sembra collocarsi nel mezzo; ma l'esiguità dei testi a disposizione (3 sonetti di corrispondenza) non ci permette di avanzare un'analisi soddisfacente del ruolo della corrispondenza nella produzione dell'autore.

Si è deciso poi di cambiare punto di vista e di analizzare quanto la metaforicità dei testi sia rilevante nella corrispondenza. Questa ulteriore indagine non ha fatto altro che confermare i risultati emersi dalla prima analisi: Petrarca propone nei sonetti di corrispondenza metafore appartenenti all'impianto narrativo del Canzoniere (lauro, laura, l'aurora...), usando la corrispondenza come escamotage per poter parlare di se stesso con se stesso; Francesco di Vannozzo basa il suo impianto metaforico proprio sulla dialogicità, ha bisogno di un interlocutore immaginario o fittizio per dar voce al suo io: le metafore  più  riuscite sono, infatti, quelle in cui il poeta dialoga con i suoi strumenti, con il giardino, con il sonetto. La confidenzialità acquisita con le formule della corrispondenza permette al Vannozzo di giocare con esse, attaccando il suo interlocutore (“retorica del disprezzo”) attraverso un processo di metaletterarietà con cui mette in discussione non solo le formule usate dal corrispondente, ma un'intera tradizione retorica (come avviene nei sonetti scambiati con Nicolò del Bene, Gidino da Sommacampagna, Bartolomeo di Castel della Pieve e Piero Montanaro).
Ciò che conta non è più solo la variatio contenutistica e formale di un tema proposto dal corrispondente, ma la capacità di distaccarsi dalla tradizione abbandonando le formule della poesia 'oggettiva', in funzione di una poesia 'soggettiva': la lirica moderna.

Книга посвящена диалогу русских писателей-модернистов с Данте и Петраркой. В трех ее разделах исследуются: общемодернистское преклонение перед «Канцоньере» Петрарки; стихотворения Анненского, Кузмина, Ходасевича и Ахматовой, отмеченные творческой переработкой «Божественной комедии» и «Канцоньере»; и путь, проделанный Мандельштамом от игнорирования Данте и Петрарки к оригинальному переосмыслению их наследия в стихах и прозе. Эти сюжеты рассматриваются на фоне господствовавших в Серебряном веке эстетических тенденции как смена одних форм апроприации Данте и Петрарки другими.
Монография предназначена для специалистов по русскому модернизму и русско-итальянским связям, а также для широкого круга любителей литературы.


In English

Ital’ianias’, ruseia: Dante i Petrarka v khudozhestvennom diskurse Serebrianogo veka ot simvolistov do Mandel’shtama (Going Italian, Going Russian: Dante and Petrarch in Silver Age Letters from the Symbolists to Mandel’shtam) takes its name from a famous line by Osip Mandel’shtam, and Mandel’shtam is in fact its central figure. The first part of the monograph explores the Russian Petrarchism which boomed during the Silver Age, the second is a close analysis of poems by Innokentii Annenskii, Mikhail Kuzmin, Vladislav Khodasevich and Anna Akhmatova written in the shadow of the Dante-Petrarch tradition, while the third and last part focuses exclusively on Mandel’shtam. It explores his journey from a complete lack of interest in the two Italian classics (who, in his mind, were a part of the Russian Symbolist canon, and, thus, not his cup of tea) to admiration and the reworking of their heritage into something qualitatively new. The chapter sheds light on all of Mandel’shtam’s references to New Life, Divine Comedy and Canzoniere, including previously unnoted ones.

In italiano

Ital’janias’, ruseja: Dante i Petrarka v chudožestvennom diskurse Serebrjanogo veka ot simvolistov do Mandel’štama (Italianeggiando, russeggiando: Dante e Petrarca nel discorso artistico del secolo d’argento dai simbolisti a Mandel’štam) deve il suo nome al famoso verso di Osip Mandel’štam, il quale è la figura centrale del libro. La prima parte di questa monografia esplora il Petrarchismo russo, che prosperò durante il secolo d’argento; la seconda è un’analisi dettagliata di numerose poesie di Innokentii Annenskii, Michail Kuzmin, Vladislav Chodasevič e Anna Achmatova scritte all’ombra della tradizione dantesca e petrarchesca; mentre la terza e ultima parte si concentra esclusivamente su Mandel’štam. Essa esplora il percorso del poeta dalla sua completa ignoranza dei due classici italiani (i quali inizialmente erano per lui parte del canone del simbolismo russo e perciò non corrispondevano esattamente alla sua poetica) alla sua ammirazione di essi e alla sua rielaborazione della loro eredità in qualche cosa di nuovo. Il capitolo prende in considerazione tutti i riferimenti di Mandel’štam a La vita nuova, La Divina Commedia e il Canzoniere, includendone anche alcuni che non erano stati ancora messi in evidenza.

See http://knigirggu.ru/catalog/literature/978-5-7281-2289-0/

Le notizie pervenuteci su Trifone Gabriel consentono di inquadrare il personaggio tra i grandi eruditi del XVI secolo. È indubbio, infatti, che egli – nonostante conducesse una vita ritirata e meditativa – avesse messo in piedi una prestigiosa scuola per giovani umanisti. Ne fanno menzione Daniello nella sua Spositione del ‘41 e lo Speroni, il quale nel Dialogo della Retorica fa raccontare ad Antonio Brocardo come quest’ultimo sia stato guidato nell’apprendimento del Petrarca proprio da Gabriel. Prova di ciò è l’incunabolo Vaticano Rossiano 710, un Petrarca con marginalia e note autografe di Brocardo, prese sotto la guida di Gabriel (doctissimo Triphone interpretante). La cattiva qualità di scrittura, la presenza di più mani, le cancellature rendono i lavori sul tale postillato non facili. Gli studi in merito (per lo più materiali) non abbozzano neppure la possibilità di un’edizione, che a mio avviso non è solo fattibile, ma anche più che mai opportuna.

Il volume richiama l’attenzione su alcuni elementi di ambiguità del petrarchismo italiano nel Cinquecento, con affondi anche in epoca primo-secentesca. In particolare, sono analizzati il ricorso alla talvolta contraddittoria o comunque problematica autorità di Petrarca nella riflessione sull’amore; la tensione fra artificiosità letteraria e ostentazione di sincerità nelle lettere amorose; l’ambiguità fra sacro e profano in ambito encomiastico, con riferimento specifico alla metafora del ‘tempio’ nel fortunato genere antologico dei templi di rime. Una peculiarità del libro è quella di indagare il petrarchismo senza limitarsi al tradizionale ambito della produzione lirica, bensì allargando la prospettiva anche a generi contigui che si fondano in maniera essenziale sul codice petrarchista, quali dialoghi, trattati e lettere d’amore. Sono inoltre esaminati e editi alcuni testi poco noti, ma per più aspetti notevoli, quali gli anonimi Discorsi sopra questioni amorose dedicati a Cesare Gonzaga e il Dialogo d’amore di Cornelio Frangipane.
Il percorso proposto restituisce un’immagine del petrarchismo quale fenomeno meno rigido e stereotipato di quanto ancor oggi spesso appaia alla percezione comune, evidenziando come esso possa essere attraversato da ambiguità o vere e proprie contraddizioni, e possa generare occasioni di riflessione e di dibattito senza per forza imboccare la via dell’anti-petrarchismo e della deformazione parodica.

Dopo una breve introduzione alla poesia femminile del Cinquecento, sono analizzati i canzonieri delle tre poetesse; una particolare attenzione è riservata alle tecniche di autorappresentazione impiegate dall'Io poetante e alle differenti poetiche espresse.