History of Italian and European Antifascism

This chapter discussed the persecution against Italian antifascists in Brazil during Vargas autoritarian State and the practices of it political police, DEOPS.

O capítulo trata da organização da resistência antifascista italiana no Brasil, desde meados dos anos 1920 até o ano de 1936 quando a perseguição política aos antifascistas italianos promovida por Getúlio Vargas e sua polícia política, levou à prisão, deportação e morte de vários militantes italianos sindicalistas, anarquistas, socialistas, comunistas e republicanos.

Il romanzo a cui Silone teneva di più
presentato in una versione inedita.
I brani contro Mussolini e il fascismo
leggibili per la prima volta grazie
a un dattiloscritto conservato a Zurigo.
Un volume che ci fa uscire dalle secche
del «caso Silone» e contribuisce a un ritratto
autentico dello scrittore abruzzese

Quando scrive, Emilio Lussu disseziona il passato italiano. In questa ricerca, cerchiamo di individuare in quella retrospettiva i riflessi del (e sul) presente degli anni Trenta. I libri della maturità autoriale, quelli che la critica ha accolto fra i classici del Novecento, escono durante un arco temporale incandescente. Il sardo fa politica, o storia politica, letterariamente. Nel 1933, quando appare “Marcia su Roma e dintorni”, Hitler rende il fascismo «una cosa seria», come coglierà Carlo Rosselli. Nel frattempo, il fuoruscitismo litiga. Il memoriale sul trionfo di Mussolini, e di conseguenza la disfatta dell’Aventino, pare riverberare sulla pubblicistica giellista. Si propone di affiancare al testo e alla sua condanna della classe dirigente di allora un’altra cronaca «in presa diretta», quella di Pietro Nenni nella ”Storia di quattro anni” (1926). L'abbecedario giacobino “Teoria dell’insurrezione” (1936) è il «suo» testo, tanto da fargli procrastinare la stesura, più remunerativa, di “Un anno sull’Altipiano” (1938) che, nei temi, anticipa. Si raffrontano i sovversivismi del trattato a quelli della “Tecnica del colpo di Stato” (1931), un’apologia della violenza di Curzio Malaparte.
Si indaga come mai, alla vigilia di un nuovo conflitto, non si esauriscano nel pacifismo i ricordi della guerra, demoniaca e disumana, racchiusi in “Un anno” e perché combattere sia una «necessità» da compiere fino in fondo, sennò si sacrifica il futuro. L’apparente contraddizione fra la smania d’azione e lo stadio da «macchina da scrivere», altrimenti vituperata, si risolve in un’ipotesi: la letteratura, l’invenzione poetica, hanno compensato i limiti politici di Lussu.

Storia e analisi dell'attività antifascista e antinazista nel comune di Sesto Fiorentino. La curatela del volume è del professor Ivan Tognarini e le ricerche sono del dottor Sandro Nannucci. Le ricerche in ACS sono state fatte da Davide Franco Jabes.

Ernesto Buonaiuti: storia tormentata di un cristiano scomodo L'originale posizione di Ernesto Buonaiuti, il prete più scomunicato della Chiesa cattolica Introduzione 1. La recente uscita di due volumi,-il primo, di Guido Verucci, intitolato, L'eresia del novecento e pubblicato da Einaudi, il secondo, collettaneo, a cura di Claus Arnold e Giovanni Vian, intitolato La condanna del modernismo, edito da Viella-ripropone con forza la questione del confronto tra chiesa e modernismo. La vicenda del modernismo, apparentemente confinata nell'ambito della condanna di una corrente specifica del rinnovamento ecclesiale e all'introduzione del giuramento antimodernista prestato da tutti i chierici fino al 1967, va inquadrata, secondo Margiotta Broglio (vedi articolo sul Corriere della sera del 3 luglio 2010) all'interno "del secolare confronto tra Chiesa e culture della modernità". "Che cosa resta, oggi,-si chiede Margiotta Broglio-delle correnti 'moderniste' e della loro spietata repressione? Verucci, il quale ricorda che tra le 'colpe del passato' per le quali Giovanni Paolo II chiese 'perdono' essa non rientrò, vede nel '68 religioso una 'nuova ondata di modernismo, assai più radicale e più vasta della precedente'. Arnold e Vian ritengono che il disciplinamento antimodernista continui a pesare e sia, in un certo senso, responsabile dell''implicito depotenziamento dell'insegnamento conciliare' e di una continuità, risalente al Vaticano I, che consente di riproporre, mutatis mutandis , il potere 'esclusivo delle gerarchie ecclesiastiche' nella 'definizione e interpretazione dei fondamentali diritti dell'uomo'". Se la vicenda del modernismo e quella ancor più specifica di Buonaiuti rimangono per alcuni aspetti datate, alcuni temi di fondo continuano a riproporsi e a interrogarci proprio per il carattere, per molti aspetti ancora irrisolto, del rapporto tra cattolicesimo e cultura moderna, di cui la crisi modernista rappresenta un importante capitolo. Il primo motivo di interesse per la vicenda di Buonaiuti, mi sembra quello, per dirla con Mancuso, che egli ha cercato di "servire la vita spirituale degli uomini, ai quali il pensiero dogmatico ufficiale spesso non riesce più a parlare in modo convincente a causa della superata immagine del mondo che contiene" (Mancuso, 2007: XV-XVI).

Con veinte años ya era un revolucionario de profesión listo para en- frentarse al Tribunal Especial para la Defensa del Estado Fascista, con poco menos de treinta y cinco esbozaba el proyecto de un federalismo europeo por el que lucharía el resto de sus días. Con respecto a su actividad, Altiero Spinelli sentía una mezcla de orgullo y de temor ante el hecho de que pudiera caer en el olvido, de modo que en sus úl- timos años decidió escribir este libro, que cuenta su vida hasta los primeros días de la liberación italiana tras la Segunda Guerra Mundial: su juventud, sus primeras lecturas, la afiliación al partido comunista, el descubrimiento del amor y del sexo, la clandestinidad, los dieciséis años en la cárcel y en el confinamiento, los primeros pasos del compromiso a favor del federalismo europeo. El resultado de todo ello es una «confesión» de extraordinaria intensidad, en la que las teselas de las vivencias personales y políticas se combinan para dar lugar a una novela de formación ejemplar, a un testimonio que cuenta con pocos congéneres en la literatura de memorias del siglo xx.

«Introducción» de Pier Virgilio Dastoli
«La última batalla federalista» de Ernest Urtasun Domènech
«Por una España europea - Altiero Spinelli y la lucha antifranquista» de Alexis Rodríguez-Rata

This article introduces two little-known episodes of opposition against the Italian fascist regime undertaken by professor Ettore Ciccotti (1863-1939), whose career traversed both the world of academia and that of politics. In each of these instances, Ciccotti expressed a particularly explicit form of anti-fascism. The article focuses firstly on a close reading of Ciccotti’s Profilo di Augusto (1938), in which the author openly criticises the myth of Romanness or romanità, a myth that played a major role in the ideology of Mussolini’s regime. That analysis will be prefaced by a brief overview of the negative contemporary reception of this controversial volume, as evidenced by a review article published by the then pro-fascist Istituto di Studi Romani. Secondly, the article will address an episode that occurred seven years prior to the publication of the Profilo, when in 1931, Ciccotti refused to pledge the oath of allegiance to the fascist regime and its duce, although at this time the oath was compulsory for all academics. The reasons Ciccotti put forward for this refusal were remarkably similar to those he later used to justify his 1938 criticism of Roman emperor Augustus, and are clearly stated in a letter he addressed to the Ministero dell’Educazione Nazionale at the moment of that refusal. The combination of Ciccotti’s Profilo di Augusto and his earlier exculpatory letter provide us with a remarkable insight into the thinking of this intellectual politician –Ciccotti was also a senator- whom, although confronted with the omnipresence of fascism, consistently opposed the cultural and ideological presumptions of the regime.

Fils aîné du grand industriel italien, Giovanni Pirelli a été partisan dans la Résistance : il s’agit d’une expérience fondamentale dans son parcours politique et existentiel qui va changer le cours de sa vie. Quand son père rentre à Turin, Giovanni Pirelli refuse de lui succéder dans la direction du patrimoine familial et rentre au Parti socialiste d’unité prolétaire devenu en 1947 Parti socialiste. 
Pirelli est sans doute une figure de premier plan dans cette aire politico-culturelle non officielle de la gauche socialiste à qui on doit – entre autre – la pratique de formes d’enquête, d’« histoire orale »  et de “con-ricerca” (cette forme de recherche partagé qui brouille le clivage entre chercheur et informant) : des instruments capables en somme de donner une base non-idéologique et subalterne à l’engagement et de réagir à la séparation de l’intellectuel dans la vie sociale.
Pirelli, qui a commencé à s’intéresser aux luttes anticoloniales en 1955, quelques ans plus tard part pour la Tunisie où rencontre Frantz Fanon et lui expose son projet de recueillir lettres et témoignages des soldats et résistants algériens victimes de la répression française : « Témoignage précises, quotidiens, sans synthèse » – écrit Alice Cherki, collègue et amie de Fanon. Pirelli conçoit son nouveau projet comme la prospection de celui déjà achevé avec l’édition des Lettres des condamnés à mort de la Résistance italienne (Einaudi 1951) et après des Lettres des condamnés à mort de la Résistance européenne (Einaudi 1954). L’année de 1954 peut être une coïncidence hasardeuse, mais 15 ans plus tard, dans une nouvelle préface du livre pour les écoles il écrit: « Rappelez vous que la Résistance n’a pas terminé avec la défaite du fascisme. Elle a continué et continue contre tout ce qui survie de cette mentalité, de ces méthodes ; contre tout système qui donne à très peu de gens le pouvoir de décider pour tous. Elle continue dans la lutte des peuples sujets au colonialisme, à l’impérialisme, pour leur effective indépendance. Elle continue dans la lutte contre le racisme ». Pirelli est un des rarissimes intellectuels de la gauche italienne qui refuse l’idéologisme : sa méfiance à l’égard d’une approche abstraite du socialisme que l’Algérie symbolise dans ces années l’amène vers un constant travail de recherche et documentation sur la réalité concrète.
Par le biais de la figure de « Giovanni Pirelli, passeur », l’article vise à esquisser la relation passionnelle qui a lié l’Algérie et l’Italie, convaincu de la nécessité de prendre en compte l’impact des luttes anticoloniales dans la généalogie de la violence politique et sociale qui a enflammé l’Italie des années 1960-70 : un aspect – me semble-t-il – sous-estimé par l’historiographie.

Until the 1990s the vast majority of Italian scholars, social scientists, and ordinary Italian citizens was convinced that the roots of their democratic, pluralist institutions lay in the Resistance and the anti-Fascist tradition. By the 1990s, however, revisionist historians began to question the importance of anti-Fascism as the foundation of Italian democracy. These historians argued that the anti-Fascist Resistance was better termed a 'civil war,' following which the anti-Fascists, led by the Communists, had destroyed Italian national identity by disseminating an anti-history of falsity and myth, thus preventing Italy's spiritual reconstruction. This theory would be instrumentalised during the 1990s. As the political mood in Italy shifted distinctly to the centre-right, new political forces found it useful to incorporate a vision of the past which rejected anti-Fascism as the moral guardian of national rebirth. The political and historical landscape of Italy was thus changed forever.

Tesi doctoral. La organización de las Milicias Antifascistas de Cataluña supuso la plasmación de la respuesta social y política de los hechos ocurridos en Cataluña a partir de la derrota de la sublevación militar del 19 de julio de 1936. Miles de voluntarios formaron unidades militares con el objetivo de defender la república, la revolución o los derechos nacionales de Cataluña. El documento analiza su estructura de mando y financiamiento y profundiza en la composición ideológica, el papel de los militares, las mujeres o los extranjeros, la cantidad y el valor numérico de las diferentes columnas en los frentes de Aragón, Baleares y Madrid.

Federico Argentieri firma un articolo dal titolo I comunisti e via Rasella. L’attentato inspiegabile. Di inspiegabile, però, rimangono solo le posizioni di chi vuole ancora delegittimare una delle più grandi azioni partigiane

https://www.dinamopress.it/news/la-leggenda-nera-via-rasella-ancora-revisionismo-sul-corsera/

Das faschistische Italien kämpfte 1941–1943 auf Seiten des nationalsozialistischen Deutschlands an der Ostfront und gegen Jugoslawien, auf dessen Territorium es eine eigene Besatzungsherrschaft errichtete. Diese Vergangenheit wurde in der Nachkriegszeit durch das Narrativ der brava gente, der „guten Leute“ (gemeint sind die Italiener), verzerrt und erst in den letzten zwei Jahrzehnten begann in der Forschung die Aufarbeitung. Die Darstellung dieser Vergangenheit unterscheidet sich in den italienischen Schulbüchern von derjenigen in der Memorialliteratur und unterlag seit Ende des Zweiten Weltkrieges einem Wandel. Bis in die 1980er Jahre blickten die Schulbuchautorinnen und -autoren auf beide Schauplätze nur knapp, wobei sie wesentliche Teile – wie die Besatzungszeit in Jugoslawien – ganz verschwiegen und das italienische Eingreifen an der Ostfront und auf dem Balkan nicht in seinen ideologischen Beweggründen erklärten. Seit den 1990er Jahren und dem Ende des antifaschistischen Paradigmas in Italien wird in den Schulbüchern bezüglich beider Schauplätze eine neue Opferperspektive eingenommen, die diese selektive Darstellung noch intensiviert. Es gibt jedoch auch erste Bücher, die die von der Forschung aufgezeigten Kriegsverbrechen während der Besatzungszeit in Jugoslawien thematisieren. Ein übergreifendes Offenlegen der brutta storia, d. h. dieser unrühmlichen Geschichte Italiens an der Seite der Nationalsozialisten steht in den italienischen Schulbüchern allerdings weiterhin aus.

Exile has characterised the history of Italian anti-fascism. Many antifascists, already from the early years of the regime, moved to the United States and Latin America, but especially to France, the UK and Switzerland, as far as the European continent was concerned. In this scenario, the role of the anti-fascist network in Switzerland, given its geographical location and its status as a neutral country, was decisive, especially during the early years of the Second World War. The key year is 1943 and, in particular, what happened after 8 September. In fact, in November 1943, the Federazione delle Colonie Libere Italiane in Svizzera (FCLIS) was founded. It later become the reference organisation for Italian anti-fascism and the National Liberation Committee. The supporters were anti-fascists and exiles who had been taking refuge in Switzerland for years, especially in the cities of Geneva and Zurich. On the Italian side, 1943 represented the beginning of one of the most tragic and controversial two-year period of recent Italian history. Italy played its future geopolitical, economic and social role within the international scenario.

Tra la memoria dell’assassinio di Bagnoles-de-l’Orne e la riscoperta del socialismo liberale, Carlo e Nello Rosselli continuano a suscitare l’interesse del pubblico e degli studiosi. Questo volume rispecchia l’allargamento delle ricerche verso le produzioni intellettuali e i contatti con gli ambienti antifascisti in Francia e nel mondo anglosassone, ma anche le commemorazioni e l’eredità politica e intellettuale dei due martiri dell’antifascismo. I saggi qui presentati da autori italiani e francesi dimostrano che la ricerca è un cantiere sempre aperto. E che, contrariamente a quanto pretendeva Mussolini, i morti raccontano la storia, e continuano a raccontarla ben dopo la scomparsa dei loro assassini.

Contributi di Oscar Luigi Scálfaro, Leonardo Casalino, Chiara Colombini, Bénedicte Deschamps, Luca Di Vito, Olivier Forlin, Mimmo Franzinelli, Jean-Yves Frétigné, Alessandro Giacone, Michele Gialdroni, Robert Paris, Catherine Rancon, Isabelle Richet, David Rosselli, Michele Sarfatti, Stella Savino, Elisa Signori, Éric Vial, Nicolas Violle e Simone Visciola.

The article analyses the attitude towards the political rights of women in Piero Gobetti’s articles, mainly in the journals "Energie Nove" and "La Rivoluzione Liberale", which he edited in the years 1918-1920 and 1922-1925. While supporting women’s suffrage in principal, Gobetti's stance towards gender equality was ambivalent; his journals rarely touched upon the issue of women’s right to vote, even when the question was eagerly debated in parliament. Although he strongly advocated women’s intellectual education, he was far from promoting a change in traditional gender roles. The article likewise examines the ambiguous attitude of the young women in Gobetti’s circle, who were ambitious in pursuing their goals in education and in their professional lives but were nonetheless averse to committing to the suffragist battle.

[Intervista] Iole Mancini ha compiuto da pochi mesi 101 anni, nata nella bucolica Nemi, perla dei Castelli Romani famosa per i suoi frutti rossi, è stata una staffetta dei GAP della Brigata Garibaldi.
Iole ricopriva il ruolo di “staffetta partigiana”, i suoi erano compiti gentili ma
estremamente rischiosi: distribuiva cibo, munizioni e volantini. Nell’ambito della lotta di resistenza contro il regime fascista, che aveva tradito il Paese,
trasformandolo in un satellite della Germania nazista, fu il fallito attacco contro Vittorio Mussolini e la sua scorta a determinare l’arresto di tutta la famiglia di Ernesto Borghesi, compresa la moglie Iole, il padre Giovanni, la povera madre Elena Verzoni.
Tutti imprigionati nelle anguste e buie celle di via Tasso. Iole fu torturata dalle Schutzstaffel, le SS, la feroce polizia politica tedesca, o con ogni probabilità più precisamente dalle Sicherheitsdienst, uno degli organi di intelligence tedeschi interni alle SS che proprio in via Tasso avevano il loro centro di coordinamento. Il motto della polizia politica tedesca era “onore è fedeltà”, ma la storia ha buona memoria: non ci fu alcun onore in loro mentre torturavano uomini e soprattutto donne. Si sa la violenza vile emerge sempre contro chi è inerme e disarmato e così fu anche nei confronti di Iole, la giovane sposa di Ernesto.
Tutte le donne detenute dai nazisti strinsero tra loro mutuo patto: non rivelare informazioni ai nazisti sulle attività dei propri compagni.

Este artículo explora en los modos en que el grupo antifascista italiano Giustizia e Libertà respondió a las campañas racistas/racialistas del régimen fascista entre 1935 y 1940. Para ello, trabaja sobre una publicación semanal editada por la agrupación. El interés en este grupo se inscribe en una investigación más amplia sobre las formas en que Gino Germani tematizó esta cuestión, bajo la hipótesis de que ella encontraba resonancias en distintos dominios interdiscursivos; , entre ellos, las discusiones en el seno de la citada agrupación, con la que el sociólogo mostró abiertas afinidades. El texto está estructurado en tres apartados. Luego de una breve introducción, presentamos algunos rasgos salientes de la agrupación GeL. A continuación, exponemos los principales hitos de las sucesivas campañas racistas del régimen fascista, en dos apartados sucesivos. En ellos, luego de presentar las coyunturas y rasgos salientes tanto de las políticas coloniales (1935-1937) como de las leyes raciales (1938-1940), pasamos a la descripción de los posicionamientos en el seno de GeL. Finalmente, hacemos un balance del recorrido y sugerimos algunas claves que permiten que el presente análisis ilumine nuevos aspectos para analizar la tematización germaniana sobre la cuestión racial y, más en general, algunos rasgos del modo en que esta problemática tensó al antifascismo argentino. Palabras clave: cuestión racial-antifascismo-dominios interdiscursivos-Argentina-Germani Summary This paper explores how the Italian anti-fascist group Giustizia e Libertà responded to the racist / racialist campaigns of the fascist regime between 1935 and 1940. To do this, we analysed a weekly publication edited by the group. This text is part of a broader investigation on the ways in which Gino Germani thematized this issue, under the