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Gli stemmi dei Lettieri: evidenze, riscontri, ipotesi, in: a cura di M. Gaballo, "Salvatore Lettieri (1780-1839). Un vescovo collezionista in Puglia", Nardò, Fondazione Terra d'Otranto 2018, vol. 1, pp. 41÷64

Studio dedicato agli stemmi del vescovo Salvatore Lettieri e della sua famiglia, rinvenuti in diversi luoghi della natia Foggia e della diocesi di Nardò (Lecce): finora ignoti alla letteratura araldica, ne vengono qui schedati i nove esemplari maggiormente significativi allo scopo di dare spunto per ulteriori futuri approfondimenti. --------------------------------------------------------------------- Essay dedicated to the coats of arms of Bishop Salvatore Lettieri and his family, found in various places in his native Foggia and in the diocese of Nardò (Lecce): hitherto unknown to heraldic literature, the nine most significant specimens are listed here in order to give an opportunity to further future insights.

Gli stemmi dei lettieri: evidenze, riscontri, ipotesi Maurizio Carlo Alberto Gorra Premessa sin dai primi stemmi segnalatimi dai colleghi impegnati in questo lavoro a più mani1, ed ai quali esprimo la più sincera gratitudine per la condivisione della bella impresa culturale che si è concretizzata nel presente volume, mi apparve subito evidente che si sarebbe trattato di una ricerca dagli esiti tutt’altro che scontati, e a loro modo diversi dal solito. il tema proposto era chiaro: lo stemma del ventinovesimo vescovo della diocesi di nardò, mons. salvatore lettieri. ma ugualmente chiara era la netta differenza fra lo stemma concretamente usato dal presule nel salento2 e quello, inerente alla famiglia, testimoniato nella natale Foggia. lo svolgimento della ricerca ha ribadito l’impressione iniziale, rafforzatasi grazie alla circostanza che nessuno dei due stemmi è risultato noto alle fonti bibliografiche consultate. le quali, oltretutto, si sono rivelate piuttosto avare di notizie araldiche e genealogiche circa la famiglia lettieri e i suoi principali esponenti. tuttavia, abbinando gli scarni dati dei testi con le evidenze delle immagini ricevute3, si sono potute ricavare deduzioni e suggerire ipotesi sia sullo stemma del vescovo salvatore, sia sull’altro utilizzato da suo padre. Questa compendiosa sezione del volume su monsignor lettieri inizia doverosamente con la schedatura dei nove stemmi scelti a titolo esemplificativo fra quelli ancora rilevabili; la decima e ultima scheda, nella quale sono elencate le informazioni desunte dalla letteratura specialistica, precede le conclusioni sopra accennate e le indicazioni suggerite a chi vorrà intraprendere gli auspicati, ulteriori approfondimenti sugli stemmi di questa famiglia. 1. Stemma dipinto a colori del vescovo Salvatore Lettieri disegno policromo su carta, accompagnato dall’iscrizione “salvator lettieri”. Foglio facente parte di un manoscritto contenente gli stemmi dei presuli 41 neretini, e conservato presso l’archivio diocesano di nardò-Gallipoli (le). Descrizione araldica scudo ovale in cartiglio, dipinto a colori. Blasone: d’azzurro, al filetto in croce scorciata d’argento, accantonato da quattro gigli d’oro. timbro: un cappello prelatizio verde a tre nappe per lato, disposte 1, 1, 14. scudo accompagnato al di sotto da un breve contenente il nome del presule. 42 Osservazioni stato di conservazione: eccellente. l’insieme è araldicamente assai corretto e palesa un gradevole aspetto generale5, nonostante le non ampie proporzioni delle figure interne allo scudo; esse sono sostanzialmente analoghe a quelle presenti nell’esemplare a stampa di cui alla successiva scheda n° 2, col quale sussistono numerose evidenti connessioni a livello artistico6. il manufatto è frutto di un artefice attento al significato araldico del suo lavoro7, e capace di realizzazioni artistiche di piacevole livello. il cartiglio, reso nei caldi toni di un colore legno chiaro, al centro della sua parte inferiore reca una conchiglia rovesciata dalla coloritura biancastra. il breve ha aspetto squadrato, come se si trattasse di un tessuto rigido e pieghettato, quasi spiegazzato, e costituisce un dettaglio disarmonico rispetto alle linee curve che predominano nel resto della composizione; le ridotte proporzioni delle lettere che al suo interno formano il nome del vescovo, inoltre, non concorrono a migliorarne l’aspetto. 2. Stemma a stampa del vescovo Salvatore Lettieri stampa in monocromia su carta intestata8 del vescovo salvatore lettieri. Foglio completato da un testo manoscritto su tredici righe datato al 1° ottobre 18309, conservato presso l’archivio diocesano di nardò-Gallipoli (le)10, fascicolo Acta mons. lettieri11. 43 Descrizione araldica Al centro del foglio, in alto, scudo ovale in cartiglio, stampato in bianconero e con tratteggio12. Blasone: d’azzurro, al filetto in croce scorciata d’argento, accantonato da quattro gigli d’oro. timbro: un cappello prelatizio a sei nappe per lato13. Osservazioni stato di conservazione: eccellente. le figure interne allo scudo mostrano un aspetto particolarmente asciutto, di qualità araldica tecnicamente elevata. Benché si tratti di un manufatto artistico destinato a una sia pur limitata produzione seriale, appare frutto della mano espertissima di un fine incisore capace di realizzare una vera e propria miniatura di alto livello, anche in senso araldico. il cappello prelatizio ha una tesa dalle proporzioni ridotte, evenienza che rientra in un’abitudine grafica non infrequente per l’araldica ecclesiastica moderna. sarebbe utile appurare se qualche ulteriore documento14 menzionasse il nome dell’incisore; e sarebbe interessante verificare, su altri esemplari cartacei prodotti non importa a quale titolo, se e in quali forme lo stemma del vescovo salvatore lettieri fosse stato ulteriormente stampato. 3. Stemma a intarsio marmoreo del vescovo Salvatore Lettieri lastra in marmo bianco con lunga iscrizione incisa e, in alto, stemma realizzato a intarsio marmoreo. manufatto già lastra tombale del presule, con iscrizione datata 183915, tuttora disposto in verticale alla parete della navata sinistra della cattedrale di nardò (le). Descrizione araldica scudo ovale in cartiglio. Blasone: d’azzurro, alla croce diminuita, scorciata, ed accantonata da quattro gigli, il tutto d’argento16. timbro: un cappello prelatizio a sei nappe per lato, assai simile a quello della stampa su carta (scheda n° 2). Osservazioni stato di conservazione: eccellente. il manufatto è realizzato con grande attenzione alle proporzioni e alla simmetria; i gigli sono di forma insolita (soprattutto se rapportati all’esem- 44 plare a stampa; cfr. la scheda n° 2) ma gradevole. il cartiglio dello scudo appare disarmonico: mentre è semplice e lineare nelle parti centrale e inferiore, in quella superiore viene solcato da numerose nervature, alcune delle quali concorrono a comporre un decoro sommitale che tenta d’imitare una valva di conchiglia. le nappe e il campo dello scudo sono intarsiati in un marmo grigio dotato di vistose venature; i cordoni del cappello sono resi in un’analoga tinta grigio scuro. il cappello prelatizio, acromo, appare sottodimensionato rispetto agli altri elementi dello stemma. 4. Stemma a intarsio marmoreo del vescovo Salvatore Lettieri due stemmi, identici fra loro, realizzati a intarsio marmoreo e con pittura parziale. 45 manufatti tuttora visibili su entrambi i piedritti ai lati della mensa dell’altare di san raffaele, nella chiesa di santa chiara a nardò (le)17. Descrizione araldica scudo ovale in cartiglio, dalla superficie leggermente convessa. Blasone: d’azzurro, alla croce diminuita e scorciata d’argento, accantonata da quattro gigli d’oro. timbro: un cappello prelatizio a sei nappe per lato18. 46 Osservazioni stato di conservazione: buono19. il campo dello scudo è ad intarsio marmoreo, applicato su una base di marmo bianco che comprende il cartiglio e il timbro, e con i gigli rifiniti in tinta dorata. il manufatto è realizzato con cura attenta alla lavorazione e all’esito formale, e con ottima resa delle simmetrie20; il tutto è perfettamente adeguato al valore estetico dell’ornamentazione in marmi mischi di cui fa parte. l’insieme costituisce un maturo frutto dell’epoca artistica nella quale il vescovo salvatore lettieri svolse la propria missione pastorale in terra neretina. 5. Stemma scolpito del vescovo Salvatore Lettieri lastra in marmo bianco a forma di stemma, modellata a bassorilievo. manufatto tuttora visibile sul paramento murario sovrastante l’architrave del finestrone mediano, nella parte alta della facciata del palazzo vescovile di nardò (le). 47 Descrizione araldica scudo ovale in cartiglio, dalla superficie convessa. Blasone: di (azzurro), alla croce diminuita e scorciata di (argento), accantonata da quattro gigli di (oro). timbro: un cappello prelatizio a sei nappe per lato. nel blasone, gli smalti sono racchiusi tra parentesi perché desunti dalle altre fonti consultate. Osservazioni stato di conservazione: eccellente. il manufatto è elegante, ben realizzato e accuratamente rifinito; l’insieme risulta molto gradevole, grazie all’equilibrio fra armonia e nitidezza che purtroppo l’altezza dal suolo rende scarsamente godibile. lo stemma non è accompagnato da iscrizione21. 6. Stemma scolpito del vescovo Salvatore Lettieri lastra in pietra chiara modellata a bassorilievo, contenente uno stemma. manufatto tuttora visibile sopra il portone d’ingresso alla villa vescovile in frazione cenate di nardò (le). Descrizione araldica scudo ovale in cartiglio. Blasone: di (azzurro), alla croce diminuita e scorciata di (argento), accantonata da quattro gigli di (oro). timbro: un cappello prelatizio a cinque nappe per lato, poste 1, 2, 2, più una singola nappa posta al di sotto dello scudo e appesa alle file mediane. nel blasone, gli smalti sono racchiusi tra parentesi perché desunti dalle altre fonti consultate. Osservazioni stato di conservazione: buono. il manufatto è compiutamente leggibile, benché la lastra sia parzialmente rovinata nel suo perimetro, specialmente lungo i bordi superiore, inferiore e destro (rispetto all’osservatore). l’insieme palesa una lavorazione attenta, in particolare nella resa dei cordoni delle nappe, ma gravata da una sensazione di rigidità che si riflette in particolare nell’ovale dello scudo, la cui curvatura tende ad assumere una forma a mandorla. la tecnica araldica viene ben assecondata nelle simmetrie e nelle proporzioni, meno nella forma dei gigli, a loro volta rigidi e squadrati, apparentemente caricaturali: sembra quasi che l’artista risenta ancora l’effetto delle 48 tendenze artistiche del periodo napoleonico, durante il quale i gigli (simbolo borbonico per eccellenza) erano un tabu. lo stemma non è accompagnato da iscrizione22. 7. Stemma scolpito e dipinto del vescovo Francesco Paolo Lettieri stemma in legno modellato a tutto tondo e dipinto, accompagnato dall’iscrizione “Francesco p. lettieri / 1855-1869”. manufatto tuttora visibile presso gli ambienti diocesani della concattedrale di santa maria Assunta a sant’Agata de’ Goti (Bn). Descrizione araldica scudo sannitico, dal campo liscio e dipinto a colori. Blasone: d’azzurro, alla croce greca diminuita di verde, accantonata da quattro gigli d’oro. 49 timbro: un cappello prelatizio a sei nappe per lato23. scudo accompagnato al di sotto da un breve contenente il nome del presule e l’intervallo temporale in cui svolse il suo ministero. Osservazioni stato di conservazione: eccellente. il manufatto rientra nella sequenza araldica dei vescovi santagatesi realizzata ex novo nel 1996, un insieme esteticamente omogeneo di stemmi modellati e colorati per l’occasione. il verde della croce deriva probabilmente dal deterioramento cromatico di un prototipo d’epoca24, verosimile fonte di un’errata interpretazione contemporanea25. come suggerito dall’iscrizione, Francesco paolo lettieri fu vescovo di sant’Agata de’ Goti dal 23.iii.1855 al 24.vi.1869, data della sua scomparsa. Una lista manoscritta coeva, conservata nel locale archivio diocesano, lo definisce Fodianus (foggiano) e ne evidenzia un altro esemplare di stemma 50 (realizzato a stampa e con tratteggio araldico)26 totalmente compatibile27 con quello di mons. salvatore lettieri28. 8. Stemma a intarsio marmoreo della famiglia Lettieri due stemmi, identici fra loro, realizzati a intarsio marmoreo. manufatti tuttora visibili su entrambi i piedritti ai lati della mensa dell’altare di sant’Antonio, nella chiesa di santa maria delle Grazie a Foggia29. Descrizione araldica scudo sagomato in cartiglio. Blasone: d’argento, alla gemella in banda a mo’ di fascia di rosso, accostata da due leoni leoparditi al naturale. timbro: una corona gemmata a quattro fioroni (tre visibili) alternati a quattro punte (due visibili). Osservazioni stato di conservazione: eccellente. insieme di manifattura accurata, di bell’effetto e gradevole impatto estetico. la cura posta nella realizzazione spicca nel dettaglio del bordo nero del campo dello scudo, atto a separarlo dal cartiglio30. tuttavia, dal punto di vista della tecnica araldica, il manufatto appare meno attento: i leoni assumono forme quasi caricaturali, e vengono semplicisticamente sostenuti da altre componenti dello scudo31; inoltre l’orientamento della gemella è incoerente con l’asse obliquo di simmetria dello scudo, e le sue dimensioni sono più ampie del necessario. A conferma di queste disattenzioni tecniche, la corona ha un alzato vistoso e magniloquente, ma estraneo alle forme abituali per le corone araldiche. invece, il cartiglio assume un aspetto quasi plastico, nonostante la lavorazione rigorosamente piatta e bidimensionale: segno che è frutto di un artigiano padrone del suo mestiere, e aduso più alle tecniche dell’arte che a quelle araldiche. il manufatto non è accompagnato da alcuna iscrizione mentre certa risulta la datazione risalente al 1786 anno di edificazione dell’altare32. 9. Stemma a intarsio marmoreo della famiglia Lettieri lastra parietale in marmo bianco, con stemma a intarsio marmoreo nella metà superiore, e iscrizione incisa in quella inferiore. manufatto tuttora visibile sulla parete destra di controfacciata della chiesa di santa maria delle Grazie in Foggia. 51 Sant’Agata de’ Goti, concattedrale di Santa Maria Assunta, lo stemma del vescovo Francesco Paolo Lettieri, nipote ex fratre di Salvatore 52 Descrizione araldica scudo ovato in cartiglio. Blasone: d’argento, alla gemella in banda a mo’ di fascia di rosso, accostata da due leoni leoparditi d’oro. timbro: una corona gemmata a otto quattrofoglie su punte (cinque visibili), bottonati d’argento ed alternati a otto globetti dorati su punte (quattro visibili). Osservazioni stato di conservazione: buono. insieme realizzato da mano diversa da quella dell’altare di sant’Antonio (cfr. la precedente scheda n° 8), rispetto al quale è più felice dal punto di vista araldico33: i due leoni, pur sempre resi nella forma elementare di una semplice silhouette e ancora sostenuti da altri elementi dello scudo, mantengono un aspetto più realistico dei precedenti; la gemella è ugualmente incoerente con l’asse obliquo di simmetria dello scudo, ma mostra dimensioni più adeguate a quelle che le sono proprie34. Anche in questo esemplare vi è separazione ottica fra lo scudo vero e proprio ed il cartiglio, qui affidata a una sottile linea azzurra realizzata a pennello. l’insieme palesa belle proporzioni generali, e la corona entrerebbe a pieno titolo nel plauso se non disponesse di una forma sgraziata: il cerchio è vistosamente impreciso (come se fosse spezzato), e i quattrofoglie più laterali non sono resi in prospettiva ma appaiono del tutto identici agli altri posti di fronte. viceversa, i marmi bidimensionali che compongono il cartiglio sono disposti in maniera da suggerirne felicemente le reciproche convessità e concavità. il testo dell’iscrizione attribuisce l’insieme a pietro Antonio lettieri35, e lo data al 1786. 10. Ulteriori menzioni dalla letteratura araldica36 a) Famiglia lettieri, nobile di Gravina e originaria di Firenze. Blasone: d’oro, alla croce trifogliata d’azzurro37. b) Famiglia lottieri d’Aquino, nota a napoli dal 1444 ove fu aggregata al seggio di portanova, originaria di Firenze. Blasone: d’oro, alla croce trifogliata d’azzurro38. c) altra variante per lottieri d’Aquino: d’oro, alla croce trifogliata d’azzurro, accompagnata nel cantone destro del capo da un sole d’azzurro39. d) Famiglia lottieri, Firenze. Blasone: d’oro, alla croce gigliata d’azzurro40. 53 e) Famiglia lottiero, antica napoletana e cara a Federico ii; nel 1325 un Giovanni fu giustiziere della provincia di terra d’otranto, e suo fratello Francesco fu governatore di Bari. Blasoni: - d’azzurro, alla banda d’oro, caricata da tre rose di rosso, e accostata da due leoni d’oro; - d’azzurro, alla banda d’oro, caricata da tre rose di rosso, e accostata da due lettere l di (…). scudo accollato ad un’aquila41. 54 f) Famiglia lottieri, toscana. Blasone: di (…), alla banda di (…), caricata da tre gigli di (…), e accompagnata da due stelle di otto raggi di (…)42. g) altre famiglie lottieri, i cui stemmi contengono differenze formali notevoli rispetto a quelli qui schedati43, sono attestate a: - l’Aquila (c. crispo monti, Historia del origine et fondatione della città del Aquila et breve raccolta di huomini illustri che per santità di vita, valor d’arme, lettere et altro l’hanno resa famosa con l’origine et arme delle famiglie nobili et discendenze de’ principi che ne furono et sono signori, [manoscritto] l’Aquila 1629, in Biblioteca provinciale “tommasi” a l’Aquila [inv. 112350], tomo 2, ff. 191-19244 e c. crispo monti, Istoria dell’origine e fondazione della città dell’Aquila. Breve raccolta di uomini illustri che per santità di vita valor di armi lettere ed altro l’hanno resa famosa e l’origine, ed armi delle famiglie nobili della medesima e discendenze de’ principi che ne furono e ne sono signori, l’Aquila XiX sec. [copia del ms. precedente di proprietà dragonetti], in Biblioteca provinciale “tommasi” a l’Aquila, tomo 2, ff. 234÷23645); - Gorizia (G. Geromet, Araldica del Friuli Venezia Giulia e della vicina Slovenia, mariano del Friuli 2006, pp. 6946 e 9147); - spoleto (pG) (m. del piAzzo – s. ceccAroni, Stemmi di famiglie spoletine in due manoscritti romani, spoleto 1978, p. 7348); - e altrove (c. pAdiGlione, Trenta centurie di armi gentilizie, napoli 1914 [ristampa Bologna 2001], p. 17349). h) altre notizie pertinenti alla famiglia ed a suoi esponenti: - una carolina lettieri, figlia di Giovanni e di zenobia caracciolo di villa, sposa a napoli il 29.vi.1846 il nobile Giuseppe longo, al quale premuore il 17.iv.188650; - una Geronima dei marchesi lettieri sposa ante 1850 cesare Affaitati patrizio di Barletta; e una Annunziata dei marchesi lettieri sposa nel 1846 Francesco paolo, fratello minore del precedente51; - sul finire del Xvii secolo un anonimo autore polemista produsse più manoscritti contenenti “notizie” su settantaquattro famiglie notabili del regno di napoli: in uno di essi egli aggiunse altre due famiglie, una delle quali era quella dei lettieri “seu lottieri”, che secondo il puntuto autore “oggi si fa chiamare lottieri e possiede il principato di pietrastornina”. da poco aggregata al seggio napoletano di portanova, era da lui ritenuta “di bassi e poco onesti fondamenti” essendo stato tommaso, primo principe della casata e giudice civile della Gran camera della vicaria, “uno de’ gran ladroni del regno”52; - il barone Girolamo lettieri è testimoniato fra 1771 e 1773 come procuratore a napoli del principe di roccella vincenzo maria carafa cantelmo stuart53; - in un albero genealogico della famiglia calabrese coppola si menziona una lettieri di corigliano, entrata in quella famiglia fra Xviii e XiX secolo54; 55 - un don domenico lettieri fu preside di Basilicata nel 175955. Conclusioni come si è visto nelle schede, le profonde differenze di contenuto fra gli stemmi lettieri rinvenuti a Foggia e gli altri rilevati in area neretina si assommano alla forma ondeggiante del cognome di famiglia, espresso nelle grafie “lettieri” e “litteri”: un’analoga variabilità viene evidenziata anche dalle fonti, dove esso è indifferentemente indicato come “lettieri” o “lottieri”56. nei secoli passati queste varianti cognominali non erano infrequenti; sovente le si riscontra anche in epoche nelle quali i cognomi hanno già raggiunto una certa stabilità, e talvolta persino in tempi molto vicini a noi57. dal punto di vista onomastico, appare evidente che entrambe le forme “lettieri” e “lottieri” possano essere agevolmente ricondotte a nomi propri e talora di remota origine58, come eleuterio (dal greco), lotario (dal germanico) e letterio (originario della sicilia nord-orientale): oltre ad essere foneticamente e graficamente simili fra loro, li si può assoggettare a trasposizioni e mutazioni di lettere impercettibili ma tali da ricavare codeste (e altre) forme cognominali59. Queste fluttuazioni linguistiche possono aiutare a ricercare i motivi della netta differenza fra lo stemma pertinente al genitore del vescovo salvatore lettieri (testimoniato a Foggia) e quello che accomuna i due presuli ottocenteschi. i due stemmi sono separati dalla rivoluzione francese: quello foggiano risale agli anni immediatamente precedenti al 1789, l’altro neretino-santagatese compare dopo la caduta di napoleone. Gli eventi accaduti a cavallo di quei due secoli furono tanto rilevanti quanto difficili, e portarono a numerose conseguenze fra le quali ve ne fu una di natura araldica: gli stemmi dell’Antico regime vennero soppressi assieme alla nobiltà di cui erano espressione tangibile ma, a inizio ottocento, il Bonaparte creò ex novo un proprio sistema araldico (e quindi nuovi stemmi) con l’intento di sostituirlo al precedente. Questa sua invenzione venne presto vanificata dalla restaurazione, che gettò alle ortiche il nuovo sistema e ripristinò gli antichi simboli blasonici, assoggettandoli talvolta a rivisitazioni60. in quest’ottica, diventa plausibile ipotizzare che la differenza fra le due armi lettieri possa trovare motivazione nel desiderio della famiglia, o del solo vescovo salvatore, di omaggiare il ritorno dei Borbone usandone le figure araldiche per antonomasia (i gigli d’oro) e lo smalto araldico di base (l’azzurro). l’aggiunta della croce potrebbe poi suggerire che alla base della variazione vi fossero spiccate istanze religiose, il che renderebbe ulteriormente pro- 56 babile la volontarietà in tal senso del futuro presule neretino. ma l’araldica lascia aperta un’ulteriore possibilità: si è visto che le fonti menzionano una famiglia lottieri d’area toscana, dalla quale è derivata una famiglia omonima ben radicata nel regno. entrambe avevano come stemma una croce azzurra in campo oro, dotata di gigli alle quattro estremità: ed è doveroso ricordare che lo stemma di mons. salvatore contiene i medesimi elementi (una croce, quattro gigli, lo smalto azzurro e il metallo oro) benché combinati in forma differente. il dato genealogico, ricavato da fonti d’archivio sicure, sarà il solo che potrà appurare se fra i lettieri foggiani e i lottieri tosco-napoletani vi fossero eventuali legami di parentela, tali da permettere ai primi l’uso post-restaurazione di una “variante formale” dello stemma dei secondi: gli stemmi di santa maria delle Grazie a Foggia parrebbero però testimoniare che ante rivoluzione quest’eventuale parentela non fosse araldicamente sentita. Anzi, lo stemma di pietro Antonio lettieri appare più affine a quello dei lottiero napoletani, e degli altri lottieri toscani, sopra evidenziati alle lettere e) ed f) della scheda n° 1061. la ricerca su altre fonti araldiche foggiane contestuali alla rivoluzione ed alla restaurazione, già condotta sia su documenti d’archivio che su testimonianze materiali (come ad esempio le lapidi tombali), non ha portato al rinvenimento di ulteriori stemmi lettieri: quindi, solo un fortunoso rinvenimento futuro (e magari esterno al capoluogo dauno) potrebbe dare basi migliori per la continuazione di questi ragionamenti, permettendo in particolare di constatare se e quale stemma fosse stato usato dai congiunti di pietro Antonio62 immediatamente dopo il 1815. Allo stato attuale delle conoscenze, persiste fortemente l’impressione che lo stemma dei vescovi lettieri sia stato ispirato da quello della famiglia nota nell’area di Gravina con pari cognome, e nel napoletano come lottieri, trapiantata nel Xv secolo da Firenze63: lo testimonia la comunanza delle figure (croce e gigli) e dei colori (benché invertiti fra campo e figure64). si osservi in particolare che, nella prassi araldica, l’inversione di colori è da sempre una delle principali forme di “brisura”, ossia di differenziazione volontaria degli stemmi fra congiunti65. se questa differenziazione sia stata voluta dai lettieri ottocenteschi per un’effettiva nuova consapevolezza di parentela, o per altri motivi66, è materia da appurare grazie all’auspicato futuro proseguimento di questa sommaria ricerca. 57 note Un ringraziamento particolare va agli amici e studiosi lucia lopriore e marcello Gaballo, la competenza e l’affabilità dei quali sono sempre prodighe di consigli e suggerimenti. 2 e successivamente utilizzato anche in campania, come vedremo. 3 Anche quando la si studia su testi editi (anziché “sul campo” tramite i manufatti originari) l’araldica mantiene la propria natura di fonte storica primaria, che come tale è dotata di un particolare rilievo: l’evidenza intrinseca negli stemmi permette loro di illuminarsi l’un l’altro, a prescindere dal fatto che li si riscontri su fonti eterogenee, ed (ovviamente) a patto che gli studiosi ne affrontino lo studio comparativo con tutta la necessaria prudenza scientifica. 4 Questo cappello prelatizio è insolito per il numero delle nappe, e ancor più perché esse sono ordinate l’una sull’altra, e disposte (in forma eterodossa) immediatamente a ridosso del bordo del cartiglio dello scudo. in ambito ecclesiale, l’araldica viene regolata dall’uso e dalla legge comune: le norme ufficiali della santa sede sono scarne al riguardo, e conseguono a sporadiche emanazioni mirate per lo più a sanare contingenti problemi di forma. Quest’apparente indeterminatezza dell’araldica religiosa dipende certamente dal fatto che l’argomento è secondario rispetto ad altre tematiche ben più essenziali per la vita della chiesa (B. B. Heim, Heraldry in the Catholic Church, Gerrards cross 1981 [2ª edizione], p. 96). circa i cappelli prelatizi, per lungo tempo il numero delle nappe fu ritenuto ininfluente, e un decreto che in parte lo regolamentò venne emesso soltanto il 9.ii.1832 (B. B. Heim, Heraldry…, op. cit., p. 105), quindi dopo che mons. lettieri aveva iniziato ad utilizzare il proprio stemma. 5 dal raffronto con gli esemplari dettagliati nelle schede a seguire si può senz’altro affermare che questa versione dell’arma del vescovo lettieri sia una fra le meglio realizzate. 6 in assenza di riscontri documentali non è possibile affermare se queste due versioni dello stemma abbiano avuto un medesimo esecutore, né quale versione sia eventualmente servita di ispirazione all’altra. 7 e non privo di personalità, come dimostrano i cordoni che pendono dal cappello a formare le nappe e che, nella parte iniziale, egli ha fatto insolitamente passar sopra al cartiglio dello scudo, anziché porli ai lati o dietro di esso. 8 sAlvAtor lettieri / U. J. doct:, Ac s. t. mAGist:, dei miserAt: et / Apostolice sedis GrAtiA episcopUs neritonensis, / eidem s. sedi immediAte sUBJec: pontiF. solio / Assistens: s. r. m. A lAt. consil:, Ac Utilis / BAro FeUd. ss. nicolAi, et venerdiAe, / itemQ. lUGUGn: cAss. et tABell. etc. / (segue una riga redatta in corsivo a mano) Commendato (sic!) Regalis Ordinis Francisci I / ac Cathedralis Ecclae Gallipolitanae Administrator. si osservi l’evidenziamento dei titoli di barone pro tempore di san nicola, venerdia, lucugnano, cassopi e tabelle, tutte località in territorio neretino e pertinenti alla mensa vescovile. la successiva aggiunta manuale testimonia che la stampa risale ad un periodo compreso fra l’insediamento di mons. lettieri (giugno 1825) 1 58 e la sua nomina a commendatore dell’ordine reale di Francesco i (ottobre 1829), cfr. il saggio di m.i. Battiante: Salvatore Lettieri vescovo di Nardò, in questo stesso volume. il real ordine di Francesco i fu istituito col decreto n. 2594 del 28 settembre 1829 (pubblicato il successivo 3 ottobre) per premiare personaggi benemerenti nel campo scientifico, letterario, artistico e civile; a differenza di altri ordini che (non soltanto nel regno delle due sicilie) avevano spiccato carattere religioso, si proponeva come esempio “laicale” di onorificenza cavalleresca. in un tale contesto, il vescovo salvatore lettieri si segnala sia per essere stato uno tra i primi insigniti del neonato ordine regio, sia per l’evidente sollecitudine con cui un ordine “civile” venne attribuito ad un esponente religioso di un certo livello. Quest’ultima evenienza non costituisce un caso isolato: un’analoga concessione venne fatta al vescovo luigi maria perrone (che resse la diocesi di Gerace [rc] per diciassette anni fin quando scomparve il 15.iii.1852), il quale ne andò talmente fiero da far riprodurre con evidenza la decorazione dell’ordine al di sotto del proprio stemma, modellato a bassorilievo nella lapide tombale in marmo bianco tuttora nel pavimento della cappella dell’itria sottostante alla cattedrale geracese (m.c.A. GorrA – m. morrone, Pan perì Symbolon. Araldica religiosa e laica nell’antica Diocesi di Gerace, Gioiosa Jonica 2008, p. 18). 9 in calce al documento, sulla destra sotto la data, vi è la firma del presule (Salv. Vesc. di Nardò) vergata con scrittura assai minuta per caratteri e dimensioni. lo stridente contrasto di essa con la magniloquenza dei titoli e degli onori, che meriterebbe di venir approfondita attraverso riscontri grafologici, induce a vedere nel carattere del personaggio una punta di introspezione e di modestia, significativo corollario alle doti intellettuali universalmente riconosciute a mons. lettieri. 10 dall’inventario dei beni della diocesi si rileva che stemmi e simboli di mons. salvatore lettieri erano inoltre riprodotti su un’ulteriore serie di manufatti: una (o più) pianete contenenti “tre imprese, una mediocre e le altre due piccole del defunto Vescovo”, ricamate in oro su raso celeste e con “d’intorno” fiocchi verdi; decorazione piccola di commendatore dell’Ordine di Francesco I, “dal peso di trapesi due e mezzo”, valutata 12,5 carlini; un croce di commendatore c.s. “alla quale non si è dato valore, perché devesi restituire”; una mitria ricamata in oro “coll’impresa alla vetta”, valutata ducati 12; un “suggello coll’impronta di Monsignore”, valutato 40 grana; un pontificale “figurato coll’impresa di Monsignore”, valutato ducati 6; un altro in tre tomi e “coll’impresa”, valutato ducati 9; un messale c.s., valutato ducati 5. 11 nella missiva mons. lettieri preordina con puntualità le celebrazioni da compiersi il successivo 4 ottobre in onore de “il fastissimo dì nomastico” del re Francesco i: una prescrizione che, alla luce della concessione dell’onorificenza di cui alla precedente nota 8, assume un assai sintomatico significato di devoto omaggio. 12 per tratteggio araldico si intende l’espediente grafico (standardizzato a partire dalla prima metà del Xvii secolo) con cui è possibile rendere i colori negli stemmi acromi: il metodo prevede una serie convenzionale di segni (per lo più, linee parallele fra loro), uno per ognuno degli smalti araldici, con i quali riempire le figure dello stemma così come se le si ricoprisse con una tinta. 59 il cordone (insolitamente, e per due volte) appare intrecciato su se stesso fra le nappe. 14 compresi documenti contabili, attestazioni di pagamenti, e simili. 15 nell’ottica di quanto sarà chiarito infra nel testo, va sottolineato che l’iscrizione tombale riporta il cognome del vescovo salvatore lettieri nella forma licterio. cfr. il saggio di m. i. Battiante, Salvatore Lettieri vescovo di Nardò, in questo stesso testo. 16 la coloritura in argento dei gigli, che appare tale fin dall’originaria realizzazione del manufatto ed estranea al decadimento di pigmenti, non sembra dipendere da motivazioni araldiche né dalla volontà di sottrarre intenzionalmente la tinta dorata a queste figure “borboniche”, ma piuttosto da una verosimile “distrazione” dell’artefice. la fattura post mortem della lapide (confermata dal punto dell’iscrizione nel quale i curatori testamentari attestano di essersene fatti carico) costituisce inoltre una valida concausa per la probabile scarsa attenzione prestata a questo dettaglio. 17 nella foto, l’esemplare di sinistra. 18 i cui intrecci riprendono in parte quelli visti nel cappello prelatizio dello stemma di cui alla scheda n° 1. 19 sono palesi piccole carenze cromatiche in alcuni dei gigli, e leggeri colpi sul bordo superiore destro dello stemma. 20 eccezion fatta per minimi disallineamenti nelle posizioni dei gigli. 21 cfr. al riguardo la scheda redatta su questo stemma in m. GABAllo, Araldica civile e religiosa a Nardò, nardò 1996, p. 101. 22 Fra gli ulteriori stemmi superstiti del vescovo salvatore lettieri si segnalano quello sul campanile della cattedrale di nardò, e un altro a parabita (le). 23 lasciato nei colori naturali del legno. 24 Un’originaria tintura bianca può facilmente virare per cause naturali in toni scuri e “ammuffiti”, eventualità ancor più verosimile per una tinta argentata che è facile preda di ossidazioni tali da mutarla nei toni del verde-azzurro. 25 il verde, oltre ad essere percentualmente minoritario fra i cinque smalti canonici dell’araldica, è inoltre scarsamente visibile sullo sfondo azzurro di questo stemma. 26 cfr. la precedente nota 12. 27 Blasone: d’azzurro, alla croce diminuita e scorciata d’argento, ed accantonata da quattro gigli (realizzati senza smalto date le minuscole dimensioni). scudo accollato ad una croce astile trifogliata. 28 la ricerca genealogica ha appurato il legame parentale fra i due presuli, preliminarmente suggerito dalla comune provenienza foggiana: Francesco paolo era nipote di pietro Antonio lettieri in quanto figlio di suo figlio Andrea, a sua volta fratello maggiore di salvatore. cfr. la tavola Genealogica a cura di l. lopriore in questo stesso volume. rimane da appurare se i due vescovi abbiano utilizzato un medesimo stemma a causa di un “nuovo corso” araldico ottocentesco della famiglia, oppure se Francesco paolo intendesse soltanto sottolineare simbolicamente una sorta di “continuità ideale” con lo zio nell’esercizio di una medesima missione e nell’ambito dello stesso regno borbonico (sotto al quale svolse i primi 13 60 sei anni del proprio episcopato). si ringrazia don Antonio Abbatiello, parroco della concattedrale di sant’Agata de’ Goti e responsabile pro tempore dell’archivio storico della diocesi, per il contributo fattivamente prestato a questa ricerca. 29 nella foto, l’esemplare di destra. 30 campo e cartiglio sono entrambi realizzati in marmo bianco, e forse ricavati da un unico pezzo. 31 rispettivamente dalla componente superiore della gemella, e dalla punta dello scudo: la prassi araldica prevede invece che le figure rimangano isolate nel campo, senza poggiarsi su altre. 32 cfr. scheda n° 9 ed il paragrafo di l. lopriore, La chiesa di Santa Maria delle Grazie in Foggia e la tomba Lettieri, in questo volume. 33 nonostante l’imprecisa corona di cui infra. 34 la tecnica araldica prevede che questa pezza occupi normalmente un terzo della larghezza dello scudo. 35 il cognome è qui reso nella forma lecterius. 36 nei blasoni, le parti incerte sono racchiuse tra parentesi; quelle molto incerte sono seguite da un punto interrogativo; quelle non determinabili sono sostituite da puntini. 37 e. noYA di Bitetto, Blasonario generale di Terra di Bari, mola di Bari 1912 (ristampa Bologna 1981), p. 104. 38 L’Araldo. Almanacco nobiliare del napoletano, napoli 1891, p. 177; Ibidem, napoli 1909, p. 210; di G. B. crollAlAnzA, Dizionario storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane, estinte e fiorenti, pisa 1886/1890 (ristampa Bologna 1981), vol. ii, p. 35 (Famiglia lottieri, Firenze e napoli) e Ibidem, vol. iii, p. 255 (Famiglia lottieri d’Aquino, napoli: qui il testo anticipa quello di L’Araldo…, op. cit., p. 177). 39 c. pAdiGlione, Trenta centurie di armi gentilizie, napoli 1914 (ristampa Bologna 2001), pp. 178-179 (che riporta la detta variante, assieme a quella d’oro, alla croce trifogliata d’azzurro già rinvenuta supra: cfr. le note 36 e 37). 40 Raccolta Ceramelli Papiani, in Archivio di stato di Firenze, fasc. 2813 (http://www.archiviodistato.firenze.it/ceramellipapiani/servlet/action?navigate=log); si veda anche il volume p. mArcHi (a cura di), I blasoni delle famiglie toscane conservati nella raccolta Ceramelli-Papiani, roma 1992, p. 151. 41 Questa famiglia fu una delle quattro che portò il vessillo con l’aquila alla venuta di corradino di svevia (s. mAzzellA, Descrittione del Regno di Napoli e sulle famiglie nobili, napoli 1601 [ristampa Bologna 1997], p. 783). 42 Raccolta Ceramelli Papiani..., op. cit., fasc. 2812. 43 ciò non toglie che (in teoria) possano sussistere legami genealogici fra di esse, tutti peraltro da riscontrare con apposite ricerche mirate. 44 Blasone: d’azzurro, alla fascia d’argento, sostenente un leone leopardito al naturale, e accompagnata in punta da tre pali del secondo. cimiero: una testa e collo d’aquila al naturale, sormontata da una corona d’oro. 45 era ritenuta la medesima che risiede a napoli, in virtù del fatto che un Giacomo sposò margherita Gallarini del seggio di nido “e che fanno una medesima Arma e sono di un medesimo ceppo” (!). 61 Blasone: d’azzurro, alla fascia sostenente un leone leopardito, e accompagnata in punta da tre pali, il tutto d’argento. cimiero: una testa e collo d’aquila, sormontata da una corona. 46 Blasone: inquartato: nel 1° e 4° d’azzurro, al leone d’oro (…); nel 2° e 3° d’argento (…). sul tutto, uno scudetto di rosso, al (sole?) d’oro 47 A fronte di tal carlo lottieri di Gradisca d’isonzo (Go), vissuto nel XiX o nel XX secolo, ivi si pubblica l’immagine di uno stemma tratto da un monumento non precisato, scolpito in pietra a bassorilievo, ed avente per blasone: inquartato: nel 1° e 4° un monte di sei cime all’italiana; nel 2° e 3° un leone. sul tutto, uno scudetto caricato da un (sole?). 48 Blasone: d’argento, al destrocherio (di carnagione), vestito d’azzurro, e impugnante una scimitarra (al naturale) 49 la località di residenza non viene precisata dall’autore. Blasone: “in campo rosso a due bastoni con palle ritondate in punta in croce di sant’Andrea di oro” (sic!). 50 L’Araldo…, op.cit., 1909, op. cit., p. 209. 51 Ibidem, pp. 30-31. 52 A. scordo, Di Fortundio Erodoto Montecco, fustigatore anonimo della ‘nobiltà nuova’ del Regno di Napoli sul cadere del secolo XVII, in “Atti della società italiana di studi Araldici”, 8°-9° convivio, torino 1991, p. 135. A nota 11 è menzionato l’esemplare dal titolo Notizie di alcune famiglie Popolari della Città e Regno di Napoli divenute riguardevoli, conservato a torino, Biblioteca reale, mss. storia italiana 91, dal quale sono desunti i brani qui citati. 53 r. FUdA, Formazione e immagine di uno stato feudale. Le carte topografiche dei feudi di Vincenzo Maria Carafa, VIII principe di Roccella, Gioiosa Jonica 1995, pp. 32 e 41. 54 F. von loBstein, Settecento calabrese e altri scritti, napoli 1973, vol. i, p. 464, tavola iv. 55 c. G. GAttini, Delle armi de’ comuni della provincia di Basilicata, matera 1910 (ristampa Bologna 1981), p. 104. 56 in un caso quest’ultima alternativa è addirittura indicata come ovvia e obbligata. 57 spesso dovute a erronee trascrizioni manuali negli atti parrocchiali e/o di stato civile. 58 Un esempio medievale: lottieri della tosa fu vescovo di Firenze fra 1301 e 1309. 59 Questi nomi di battesimo relativamente poco frequenti, ma ben diffusi dal punto di vista geografico, possono per questo spiegare la distribuzione territoriale a macchia di leopardo dei due cognomi dati. la variante “litteri”, ancor meno nota alle fonti araldiche rispetto alle altre, può ritenersi a sua volta un’ulteriore derivazione da alcune forme di tali nomi propri. 60 Fra queste rivisitazioni rientrò anche lo stemma di re Ferdinando di Borbone, che ne rappresenta un caso molto particolare in virtù dei sessantasei anni (intervallati da un paio di interruzioni) che entrambi trascorsero sul trono napoletano: un’epoca travagliata, quella compresa fra gli anni 1759 e 1825, della quale lo stemma regio fu specchio fedele. Fin verso il 1806, quando i napoleonidi aprirono la loro breve parentesi nel meridione d’italia, il Borbone utilizzò lo stemma che gli era giunto dalla tradizione dinastica e che, il 21 dicembre 1816, sostituì per de- 62 creto con la variante che gli sopravvisse fino alla fine del regno. tale decreto ne fissava l’aspetto, insieme alla corona che lo timbra e ai collari degli ordini che lo circondano; la sua puntuale descrizione blasonica richiederebbe non poco spazio, ma può venir riassunta nei quarti che lo compongono, e prescindendo dalle reiterazioni: castiglia / leon / Granada / Aragona / Aragona-sicilia / Austria / Borgogna moderna / Borgogna Antica / Fiandra / Brabante / tirolo / Angiònapoli / Gerusalemme / Farnese / portogallo / medici / Borbone. lo scudo è timbrato da una corona reale chiusa, e circondato dai collari degli ordini di san Gennaro, di san Ferdinando e del merito, costantiniano di san Giorgio, del toson d’oro, dello spirito santo, e di san Giorgio della riunione. 61 per inciso, va osservato che la genealogia di pietro Antonio lettieri, studiata da lucia lopriore e già menzionata alla nota 94, ha evidenziato che Antonio (padre di pietro Antonio) era originario di napoli. nell’ex capitale del regno, l’eventuale proseguimento dell’indagine sulle ascendenze del nonno del vescovo salvatore potrebbe portare nuova luce sull’origine della famiglia, oltre a riscontrare le probabili nozioni (e le possibili leggende) sulle quali i discendenti di pietro Antonio (ed in particolare il colto presule neretino) avrebbero potuto basare le riflessioni araldiche da cui ricavare lo stemma poi usato dai due vescovi. 62 la predetta genealogia lettieri attesta che solo alcuni dei suoi discendenti raggiunsero un’età sufficientemente matura per utilizzare lo stemma in maniera consapevole (come fecero salvatore e Francesco paolo): ciò ovviamente non toglie che, per opera dei familiari adulti, tale utilizzo potesse concretizzarsi anche a nome di chi scomparve in minore età. 63 cfr. le lettere a), b) e c) della scheda n° 10. 64 la resa in argento della croce potrebbe rispondere all’esigenza (peraltro adeguata per un prelato) di differenziarla anche dal punto di vista cromatico dai gigli, figure nettamente “laiche” e profondamente borboniche. 65 G. di crollAlAnzA, Enciclopedia araldico-cavalleresca. Prontuario nobiliare, pisa 1876/1877 (ristampa Bologna 1980), pp. 123÷129. 66 da ben prima dell’ottocento, il desiderio di far acquisire maggior lustro alla propria stirpe è sentimento frequente, e comune a tutte le classi sociali (a prescindere dalle situazioni economiche e culturali dei singoli). il cambiamento di stemma potrebbe altresì esser dipeso da un’affiliazione (o da un altro genere d’acquisizione di parentela) fra due ceppi dinastici fin’allora ben distinti. da un punto di vista strettamente araldico, se questo stemma lettieri rappresentasse davvero la brisura di un altro stemma conterrebbe sia un’inversione di smalti che una “risistemazione” formale delle figure, evenienza quest’ultima che potrebbe dipendere dalla volontà di sottolineare un rimando ideale anziché una discendenza genealogica. 63 Nardò, Cattedrale, particolare con lo stemma di mons. Lettieri su arredo liturgico 64