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lunedì 9 novembre 2015

Le mirabolanti avventure di Edson Paz 3: Edson Paz e la Ragnatela di Brasilia

Termina con il botto la trilogia di Edson Paz. Il primo episodio era una bella avventura con un bel retroterra archeologico, il secondo un’indagine con qualche elemento sovrannaturale (che non ho gradito del tutto) e in Edson Paz e la Ragnatela di Brasilia siamo di fronte a una spy story frenetica e appassionante, in cui si riallacciano alcuni nodi del passato.
Il Summit 2015 dei Brics a Brasilia è l’occasione per furti d’antichità, scambi di persona e scontri fra servizi segreti. In realtà alla base di tutto c’è un machiavellico piano: il traffico di un nuovo esplosivo sperimentale che non ha bisogno di innesco. La descrizione che viene fatta delle modalità di attivazione dell’arma (onde sonore) è un po’ inquietante perché sembra avere delle basi scientifiche piuttosto solide.
Edson si troverà coinvolto in questa frenetica girandola di avvenimenti in cui ricompaiono anche il suo amico archeologo Roland e il villain storico Eriberto Guillon e fanno capolino nuovi personaggi molto affascinanti come l’agente giapponese (!) del Mossad Kyoko, una vecchia fiamma di Roland passata dalla capoeira allo spionaggio e un losco trafficante d’armi. La storia si dipana frenetica, e con qualche inevitabile concessione alla convenzioni di genere (dubito che sia così facile scappare dal quartier generale del Mossad!), tra l’America Latina e l’Africa. Il lavoro di ricerca e documentazione è evidente e dona alla storia una dimensione realistica.
Babich è cresciuto ancora, e la sua linea chiara si è impreziosita di tratteggi e neri più profondi e ragionati. Da segnalare che è riuscito in un compito non facile, anzi diciamo pure un banco di prova da cui si capisce se un disegnatore è veramente bravo: quello di far capire al lettore che un personaggio non è quello che sembra senza fare ricorso a caricature o ad altri mezzucci ma anzi mimetizzando bene il travestimento (qui si tratta di una donna che si spaccia per un uomo) agli occhi degli altri personaggi del fumetto che lo guardano ignari, mentre il lettore accorto può cogliere tutti gli indizi.
Anche dal punto di vista della sceneggiatura c’è stato un ulteriore sviluppo qualitativo. La storia, come dicevo sopra, è documentatissima, sia dal punto di vista iconografico che da quello contenutistico (e se non lo è, PiElle e Marco Zovi hanno fatto un buon lavoro a rendere tutto così credibile), inoltre stavolta affiora un po’ di ironia nei dialoghi che rende la lettura ancora più gradevole.
Una storia tanto articolata e con così tanti personaggi probabilmente avrebbe meritato un respiro più ampio, tanto più che il finale sembra aprire nuove possibilità o far intravedere nuovi squarci narrativi. Ma dopotutto è meglio che una storia lasci ancora la voglia di leggere piuttosto che dia l’impressione di essersi trascinata troppo a lungo.
Prossimamente un’intervista a Fabio Babich su Fucine Mute.

domenica 19 gennaio 2014

Le mirabolanti avventure di Edson Paz a El Alto



Chi l’avrebbe mai detto che la sinterizzazione del tungsteno in epoca precolombiana potesse fornire lo spunto per un avvincente fumetto d’avventura?
I due corrieri della droga Armando e Grethe devono trasportare un carico per conto del boss colombiano Eriberto, ma si trovano in panne nei pressi del massiccio del Cotopaxi in Ecuador. Qui rinvengono inaspettatamente un complesso funerario con tutte le sue meraviglie che attendevano inviolate, cosa che porta dal semplice traffico di antichità a una scoperta archeologica importantissima. Intuendo grazie ai suoi contatti la nuova direzione del loro lavoro e subodorando il tradimento, Eriberto assume un killer per eliminare Armando e Grethe.
Il protagonista Edson Paz compare già a pagina 13 ma solo dopo una quarantina di tavole si troverà invischiato nelle trame di Eriberto, fino a diventare il motore principale e risolutivo della vicenda. Edson appartiene alla schiera degli Harry Canyon, la stessa del Taxista di Marti, del Rank Xerox in trasferta newyorkese, del primo Lazarus Ledd, del Martin Trevor di Vandelli e Baldazzini: per non ricorrere all’abusato cliché del detective che si trova invischiato in storie più grandi di lui, la sua professione è quella del tassista, un modo originale e tutto sommato realistico per fargli vivere delle avventure che altrimenti con un’altra professione potrebbero risultare forzate.
La storia, come è lecito e doveroso aspettarsi da un fumetto d’avventura, è un mix di azione, esotismo, personaggi pittoreschi, colpi di scena, una timida ricognizione sui problemi dei luoghi in cui si svolge la vicenda (Edson è figlio di un attivista ucciso durante la “guerra dell’acqua”) e un ritmo molto sostenuto. Accanto a qualche ispirazione presa forse dal ritmo delle serie televisive (la frammentazione dell’azione che passa rapidamente da una sequenza all’altra, la scena finale contemporaneamente conclusiva e carica di aspettative) persiste un uso massiccio delle didascalie descrittive, cosa forse un pochino demodé ma che contribuisce ad aumentare il tempo di lettura, il che non è un male. Risulta però ridondante sottolineare come «durante la lotta il paralume cade alle spalle di AK-49», visto che i disegni di Fabio Babich sono perfettamente leggibili e soprattutto pienamente funzionali alla narrazione. Unico appunto che si può fare al disegnatore è forse proprio la sua pulizia, il bianco a volte abbacinante che ci colpisce una volta sfogliate le tavole: l’eleganza e la sintesi del tratto sono lodevoli, ma forse per una storia così “sporca” sarebbe stato utile qualche tratteggio in più o un segno più modulato. O almeno, questo è quello che potrebbe dire qualcuno inconsapevole del fatto che Babich ha disegnato tutto il volume (100 pagine) in poco più di tre mesi!

I testi sono di una art director e produttrice che si cela dietro lo pseudonimo PiElle, a partire da un soggetto elaborato insieme a Marco Zovi.
Il progetto Edson Paz (pur essendo autoconclusivo, questo è il primo episodio di una serie) nasce grazie all’illuminato mecenatismo della ditta Emme Due Mazzolini Kellerman, la cui presenza nella storia non è per nulla invasiva – altro che Charlier con Canada Dry.
Da segnalare che la resa di stampa è buona, e che tanti editori più titolati farebbero bene a passare per la tipografia Cierre Grafica di Verona.
Un volume consigliatissimo, insomma, tanto più che l’ho visto pubblicizzato sull’ultima Anteprima e quindi non dovrebbe essere troppo difficile da reperire.