Mondo Ladino 44/2020
Fassa, Ladinia e oltre.
Studi in onore di Fabio Chiocchetti
Dés fora da
Gabriele Iannàccaro, Paul Videsott,
Vittorio Dell’Aquila, Cesare Poppi
© 2020 Istitut Cultural Ladin
Sèn Jan / Sèn Jan di Fassa
Duc i derc resservés
MONDO LADINO
ann XLIV (2020)
ISSN 1121-1121
Coordenament
Evelyn Bortolotti
Projet grafich
Giancarlo Stefanati
FASSA, LADINIA E OLTRE
STUDI IN ONORE
DI FABIO CHIOCCHETTI
a cura di
Gabriele Iannàccaro, Paul Videsott, Vittorio Dell’Aquila, Cesare Poppi
Istitut Cultural Ladin
“Majon di Fascegn”
Contegnù
Paroles dantfora: A Fabio Chiocchetti del Goti
L salut de la Presidenta Lara Battisti
La vera storia di Piere dal Polver (Ulrike Kindl)
Bibliografia di Fabio Chiocchetti
Contribuc
N
27
Heidi Siller-Runggaldier, Strutture sintattiche a confronto: le frasi presentative
nel fassano e nel gardenese
43
Patrizia Cordin e Atsushi Dohi, Particelle modali. Un confronto tra dialetti
trentini e ladino fassano
69
Brigitte Rührlinger, La negazione frasale nei dialetti lombardi nord-orientali
79
Guido Borghi, Vittorio Dell’Aquila e Gabriele Iannàccaro, Far baldi.
Accoppiamento dei batraci
95
Ruth Videsott, Il ladino di fronte ai forestierismi: tra accettabilità e adattamenti
127
Federico Vicario, Vini e vivande da antiche carte friulane
149
Guntram Plangg, Archaische rätoromanische Komposita mit gamp im Walgau
(Vorarlberg)
165
Guido Borghi, Ladinia indoeuropea, onde celtica e venetica
207
Paul Videsott, I “Sonetti per la recita del catechismo” di Janmatî Declara.
Un genere particolare di poesia d’occasione ladina dell’Ottocento
243
Hans Goebl e Pavel Smečka, Il ruolo della polinimia nelle ricerche
dialettometriche di tipo salisburghese. Con esempi tratti dall’AIS
283
Ulrike Kindl, Nicht nur Kasperltheater. Zur Figur des Berlíkete im
Volkstheater des Fassatales um 1900
309
Renato Morelli, Dall’antifonario di Soraga all’amante frigida. Tradizione
orale e fonti scritte nel canto dei Trei Rees, dalla Controriforma alla globalizzazione
347
Cesare Poppi, “Signorina! Guidarello Guidarelli non si bacia!”. “Mi scusi, ma
neanche con la mascherina?”. Emica ed etica nei regimi visive e ostentativi
359
Angela Mura, Documenti per lo studio delle regole della Valle di Fassa. Le
carte di regola di Vigo (1587) e di Pera (1701) e i “Nuovi regolamenti” dei
pascoli della comunità (1776)
Ladinia indoeuropea, onde celtica e venetica
Guido Borghi*
1. Il celtico locale risale all’indoeuropeo (sul posto)
Il più sicuro indizio per riconoscere l’affiliazione linguistica del sostrato preromanzo della Val di Fassa è rappresentato dall’idronimo
Duron1 < celtico *Dŏrōnŏ- < *Dŏrŏŏnŏ- < *Dŏrŏɸŏnŏ- < indoeuropeo *Dʱŏ-rŏpŏn-ŏ- ‘Acqua del fiume’ ← *dʱŏ-rŏ- ‘fiume’ ← √*dʱĕ‘correre, scorrere’2 → *Dʱ·r-ă‧h₂₄ ‘Fiume’ (> *Dʱrā > celtico
*Dŭrā > Dora) + indoeuropeo *pŏn-ŏ- ÷ *pŏn-ă‧h₂₄3 > celtico*ɸŏnŏ‘acqua’, *ɸŏnā ‘fiume’4. Si tratta di un’agnizione di capitale importanza, perché unisce l’ancoraggio dell’idronimo al territorio (tutto il
bacino idrografico è compreso in Val di Fassa) all’inequivocabilità
dell’attribuzione linguistica, dal momento che la resa sonora
modale */d/ dell’occlusiva sonora fiatata / mormorata iniziale
*/dʱ/ esclude sia il venetico sia il latino, lasciando – dati i confronti
* Carissimo Fabio, di solito in questa nota iniziale si ringraziano coloro che hanno
dato un aiuto all’autore, il quale al contempo si assume da solo la responsabilità di
ciò che scrive. In questo caso sei, oltre che il Festeggiato, anche il Maestro e l’amico che devo più ringraziare per avermi fatto conoscere le questioni qui affrontate,
fornito molti dati e incoraggiato a cercare prospettive alternative confrontando
punti di vista di discipline diverse. Alcuni capoversi sono tratti dalla corrispondenza epistolare che abbiamo intrattenuto in parecchi anni. È evidente, adesso come
allora, che – laddove non mi sono limitato a riportare nozioni scontate – quanto
scrivo è una proposta nel complesso idiosincratica, intesa a rappresentare il quadro
che risulta se si sfrutta tutto ciò che la Glottologia Indoeuropea può offrire senza
aggiungere altre entità postulate; fin dall’inizio ritenevo ovvio e convenuto di esprimermi a titolo esclusivamente personale. Apprendo però, con riconoscente stupore per la benevolenza, che una parte del Comitato Scientifico si dichiara d’accordo di condividere la responsabilità di alcune idee esposte; resta chiaro e pacifico che
tutti gli altri ne sono completamente esenti e trovo simpatico che questa occasione permetta di ribadire l’amicizia di una vita nella differenza di opinioni e postulati.
1 Plangg (1997/2011: 100-101), Plangg (2001/2011: 117), Plangg (2008/2011:
126-127); l’autorevolezza del riferimento scongiura qualsiasi dubbio in proposito.
2 Pokorny (1959: 259-260, 262), Mallory – Adams (1997: 491), Rix – Kümmel ĕt
ăl. (2001²: 147-148); cfr. il celebre idronimo Dviná (Düna, Daugava) < *Dʱĕ-nă‧h₂₄.
3 Pokorny (1959: 807-808), Mallory – Adams (1997: 370-371), Anreiter (2001: 110).
4 Koch (2002: 101), cfr. *ŏnnŏ- ‘fiume’ (Delamarre 2003²: 242); Pokorny (1959: 807).
165
con gli altri idronimi come Dora – solo il celtico quale possibile sostrato di origine, e di conseguenza rende massimamente verosimile
l’intepretazione della vocale lunga */ō/ come esito celtico (con dileguo di */p/) della sequenza *°-ŏɸŏ-° < *°-ŏpŏ-° (riscontrabile nei
composti in -óne < gallico *-ōnŏ-s < celtico *-ŏɸŏnŏ-s = *-ŏ vocale
composizionale + *ɸŏnŏ-s ‘acqua’), giacché in celtico il fonema indoeuropeo preistorico */ō/ è diventato */ā/ in ogni contesto non finale di parola e l’eventualità alternativa di un suffisso in nasale *-n(generalizzatosi in celtico con la vocale breve e sostituito in latino
dall’allomorfo in vocale lunga analogicamente esteso a tutto il paradigma) è meno diretta su entrambi i piani morfologico e motivazionale. Basterebbe la sola etimologia di Duron a provare la celticità del
sostrato prelatino della Val di Fassa e non ci sono elementi altrettanto forti di prova in direzione di altre tradizioni linguistiche sul
posto; frèl ‘arnese per battere le biade, correggiato’ (che, siccome a
Predazzo coesiste con fièl, unica forma a Cavalese 5, potrebbe non
averne lo stesso etimo FLĂGĔLLŬ- per dissimilazione 6, ma *FRĂGĔLLŬ- latino sommerso – presupposto anche dal livornese sfragellarsi ‘sfracellarsi’ – o sostratema retovenetico *frăgĕllŏ-) < indoeuropeo *bʱʼ-nĕ-lŏ- ← √*bʱrĕ- ‘rompere’ 7, essendo comune al fiamazzo
(il cui sostrato sembra appunto piuttosto retovenetico), può, in
quanto appellativo, essere arrivato per effetto di diffusione areale del
singolo lessema (non accompagnato nel resto del lessico dall’intera
fonetica storica che ne ha determinato la forma) in fase (neo)latina.
Il (relativamente) più vicino macrotoponimo di sostrato di abbastanza consensuale attribuzione al celtico è Prags / Braies < 965
Pragas8 < celtico *Brăkās < tardoindoeuropeo*Bʱs < indoeuropeo *Bʱhₓă‧h₂₄-ăs ‘paludi’ ← *bʱhₓ-ŏ- (← *bʱĕrhₓ- ‘brillare, essere
chiaro’) > celtico *brăkŏ- (> braco, brago) > gallese brag- ‘palude’ 9
(nei fitonimi bragwair e bragwellt ← gwair¹ ‘fieno’, gwellt ‘erba, paglia’10).
Frèl (plurale frèi) in Mazzel (1976: 98), le forme fiamazze in Heilmann (1955: 123).
Elwert (1943: 102). È strano che FLĂGĔLLŬ- dia sia fièl sia frèl nello stesso punto.
7 Pokorny (1959: 165), Rix – Kümmel ĕt ăl. (2001²: 91-92); cfr. *bʱrĕ-ŏ-nŏ-m > brechen.
8 Kühebacher (1995²: 336), Schürr (2001: 138); è ovvia una fase ‘protoladina’ *Bragas. A scanso di equivoci, Praga = ceco Praha < protoslavo *Prāgā è invece dall’indoeuropeo *(S)prōgā < *(S)prh₁‧g-ă‧h₂₄ ‘(Luogo) Dissodato‘ ← √*sprĕh₁‧g- ‘bruciare’ (da
cui anche *sprh₁‧g-ă‧h₂₄ ‘fiammeggiante’ > *sprēgā > germanico *sprǣkō > Sprache).
9 Plangg (1999/2011: 79); per la radice indoeuropea cfr. Pokorny (1959: 141-142).
10 Bolelli (1941: 162-163), Thomas (1950-1967: 307), Thomas – Bevan (19681987: 1563, 1632-1633); cfr. Holder (1896: 510; 1907: 924). Va notato che il lessema greco (verosimilmente di adstrato) βράγος <brgŏs> ‘palude’ ed eventualmente
anche brago (ove non sia mutuato da varietà cisalpine) < gallico/paleoligure, celti5
6
166
Allo stesso etimo è stato ricondotto l’idronimo Broglesbach
(Prooglspåch [Villnöß/Funés11], 1900 Brogles Bach, 1770 Pragls12), cfr.
Broglesalm, Brogleshütte, Broglessattel, corrispondenti al ladino Utia de
Bredles risp. Ëur de Bredles. In alternativa, si può istituire un confronto col germanico *Brăkŭlō (> Brakel [Sint-Martens-Latem, Gent])
← germanico *brăkō f. ‘felce’ (> inglese brake), *brăkōⁿ m. ‘cespuglio, boschetto’ (> medionederlandese brake ‘ramo’, sassone brake
‘saliceto’, inglese brake ‘cespuglio, boschetto’) < indoeuropeo
*bʱrŏ-ă·h₂₄, *bʱrŏ-ōⁿ ← ¹√*bʱrĕ- ‘far rumore’ < ‘rompere’ (o, con iconimo forse migliore, dall’omofona radice ²√*bʱrĕ- ‘ergersi’?)13: *Brăkŭlō < indoeuropeo *Bʱrŏ-ŭlă·h₂₄ → *Bʱrō-ŭlă·h₂₄-ăs ‘(acque) rumorose’ o ‘relative a cespugli/boschetti’ > *Bʱrōŭls > celtico *Brāgŭlās > protoladino *Braglas > (tirolese Brogles,) gardenese Bredles.
Quest’ultima possibilità permette, fra l’altro, di recuperare una connessione etimologica con la radice di brédl ‘strillo’ (÷ bradlé, livignasco brèar, bréar < protoromanzo *brāgĕrĕ → latino *brāgīrĕ, *brāgĭtārĕ
[→ *ĕx-brāgĭtārĕ > sbraitare] celtico *brāgĭ-, *brāgĭtā < indoeuropeo
*bʱrōĭ-, *bʱrōĭtā < *bʱrō-ĭ- ‘insieme di rumori’, *bʱrō-ĭ-tă‧h₂₄
← √*bʱrĕ- ‘far rumore’) e – soprattutto nel caso di un’analisi Bredles < celtico *Brāgŏlās < indoeuropeo *Bʱrō[ŏ]ŏls < *Bʱrō-ŏ
h₁ŏlh₂₍₄₎-ă‧h₂₄-ăs ‘pieghe dei cespugli’ – con i Bràgiola (folletti della Val
co *brăgŏ-s continuano un diverso antecedente indoeuropeo *bʱh₁-ŏ-s ‘putrido’
← √*bʱrĕh₁- ‘odorare’ (Pokorny 1959: 163); *bʱhₓ-ŏ-s connoterebbe la palude in
quanto realtà geografica che, in un ambiente altrimenti boschivo, risulta aperto e
riflette più luce solare, mentre *bʱh₁-ŏ-s sarebbe motivato dal senso dell’olfatto.
11 Villnöß/Funés < retovenetico (cfr. īnfrā, § 2) *Fĕlōnĕssā < indoeuropeo
*Bʱĕlh₁-ŏhₓnĕdʱ-săh₂₄ / *Bʱĕlh₁-ŏhₓnĕdʱ-tăh₂₄ ‘(insieme di territorî) più vicini splendenti o gonfi’ ← *bʱĕlh₁-ŏ-s (> celtico *bĕlŏ-s) ‘chiaro, brillante’ ← ¹√*bʱĕlh₁- ‘splendente, bianco’ (Pokorny 1959: 118-120, Mallory – Adams 1997: 641; etimologia
leggermente diversa – ma incompatibile con la fonetica storica venetica – in Gasca
Queirazza ĕt ăl. 1990: 289-290, Kühebacher 1995²: 521, *Fŏlnĭssā < indoeuropeo
*Bʱŏl[h₁]-n-ĭdʱ-s-ăh₂₄ ‘insieme di territori forniti di splendore o gonfiore’ ← ¹√*bʱĕlh₁‘splendente’ o dall’omofona ³√*bʱĕl- = √*bʱĕlh₁- ‘gonfiar[si], sgorgare, rigurgitare’,
Pokorny 1959: 120-122, cfr. 154-155, Mallory – Adams 1997: 71 √*bʱĕl-, cfr. 70
√*bʱlĕh₁-, Rix – Kümmel ĕt ăl. 2001²: 87 + *hₓnĕdʱ-sŏ-s / *hₓnĕdʱ-tŏ-s (← *hₓnĕdʱ- ‘legare’, Matasović 2009: 290) > *nĕdzʱŏ-s / *nĕd zdʱŏ-s > celtico *nĕssŏ-s / *nĕdsŏ-s > *nĕssŏ-s ‘più vicino’ (> antico e medio gallese, cornico, bretone nes; cfr. cornico, antico irlandese nessa comparativo, gallico nĕđđămŏ-s* ‘prŏxĭmŭs’) > Nesso (Como, 992 Nessum).
12 V. Kühebacher 1995: 41 («Nach der Broglesalm und den Brogleswäldern benannt. [...]
Vielleicht aus gall. braca im Sinne von ,Talgabelung‘ oder kelt. BRACU- ,Morast‘ [...]»).
13 V. Gysseling (1960: 181), Udolph (1994: 130) e cfr. Holder (1907: 923) per Brakel, Falk – Torp (1909⁴: 277) per l’etimologia germanica (iconimo ‘fare un rumore,
crepitare’), Pokorny (1959: 165-166), Rix – Kümmel ĕt ăl. (2001²: 91-92) per le radici.
167
Cavargna, «simili a piccole scimmie, tozzi, scuri, pelosi, con braccia
lunghe e dal volto rugoso con occhi infossati, piccoli e brillanti come braci, dai capelli ricci ed arruffati e vestiti di stracci» e che, «quando vedevano un viandante su un sentiero, lo raggiungevano rotolando velocissimi come palle sui pendii della montagna», Pensa 1988)
< celtico *brāgŏlā ‘che rotola e fa rumori’ < indoeuropeo *bʱrōĭŏlā
< *bʱrōĭh₁ŏlh₂₍₄₎-ă‧h₂₄, col medesimo *bʱrō-ĭ- ‘insieme di rumori’
come primo elemento di composizione e come secondo il celtico
*ŏlā ‘rotolo, curva, svolta, piega, torsione, spira(le)’ (> irlandese ⁷ol)
< indoeuropeo *lā < *h₁ŏlh₂₍₄₎-ă‧h₂₄ (se non *h₁lh₂₍₄₎-ŏ- > *lŏ- > celtico *ŏlŏ-) ← ⁶√*h₁ĕlh₂₍₄₎- ‘spingere in una direzione, muoversi, andare’14.
Adiacente alla Ladinia è anche Brembach/Premesa di Kastelruth
/Castelrotto (< 1504 Premach 15), che, se di origine preromana e non
tedesca, potrebbe continuare un aggettivo celtico *Brĕmākŏ-n (> gallese brefog ‘che bela, muggisce’) < *Bʱrĕm-ăh₂₄kŏ-m (o ‘della sporgenza’
/‘del(l’acqua) fremente’ ← ¹√*bʱrĕm- ‘sporgere’ / ²√*bʱrĕm- ‘fremere’16).
Vistosamente probabile è la celticità di Kardaun (1190-96 Kardun),
che Greule (2014: 262) interpreta come *Kărŏdūnŏ-n < indoeuropeo
*Krŏdʱūnŏ-m < *K₂₍₄₎-rŏdʱŭh₍₁₎₂-nŏ-m ‘recinto del (fiume) pietroso’
← *k₂₍₄₎-r- (> *kărŏ-s ‘duro, pietra’17) + indoeuropeo *dʱŭh₍₁₎₂-nŏ-m,
*dʱŭh₍₁₎₂-nŏs- (> celtico *dūnŏ-n18 / *dūnŏs- ‘recinto’), ma che, se – in
accordo con la fonetica storica che caratterizza la toponomastica
circostante – viene ricostruito come *CARDŌNĔ, risulta altrettanto
celtico (addirittura con un fenomeno peculiare, il dileguo di */p/)
nell’analisi *Kărdnŏ- < celtico *Kărdɸŏnŏ- ‘acqua dell’insieme di
tribù’ (o ‘relativo all’acqua della tribù) < *Kārdɸŏnŏ- < indoeuropeo
*ōrdʱ-ŏpŏn-ŏ- ← celtico *kŏrdā ‘banda, tribù, clan, famiglia; moltitudine, truppa’ 19 (< *ŏrdʱ-ă‧h₂₄20) + celtico *ɸŏnŏ- ‘acqua’ (< indoeuPer l’irlandese ⁷ol v. Quin (1983²: 489 = O 131), la radice indoeuropea in Pokorny (1959: 306-307), Rix – Kümmel ĕt ălĭī (2001²: 235); cfr. *H₁ōl[h₂₍₄₎]-nă‧h₂₄ ‘insieme dei (territorî) relativi alla *H₁ŏl[h₂₍₄₎]-nă‧h₂₄ (‘ciò che si muove in una direzione’:
l’Adige?)’ > celtico *Ăllā > Alla ( 812/814, Gasca Queirazza ĕt ăl. 1990: 13) > Ala.
15 Kühebacher (1995²: 63). L’ovvio confronto alternativo sarebbe lo svevo di Baviera Premach (Ursberg [Günzburg]), XIV s. Bremach, forse collegato al medio altotedesco brâmach, breme ‘rovo’ (von Reitzenstein 2013: 312); questo toponimo (da un
lato) e il gallese brefog (dall’altro) rappresentano comparazioni ugualmente verosimili.
16 Pokorny (1959: 142-143); la prima è la radice di brâmach, breme cit. alla nota precedente e del sassone brëmo ‘bordo’ → Bremen (dat. pl. locativale, Niemeyer 2012: 90).
17 In Pokorny (1959: 531-532) *k₂₍₄₎-r- è fuso con la (diversa) radice √*kăr- ‘duro’.
18 Neutro in -ŏ- o -ŏs-, v. de Bernardo Stempel (1999: 149-150), Falileyev (2007: 16).
19 In gallese cordd, Stokes (1900: 254), Pokorny (1959: 579), Koch (2002: 45); cŏntrā,
Thomas (1950-1967: 557), Schrijver (1995: 282). La ricostruzione alternativa è *kŏrā.
14
168
ropeo *pŏn-ŏ-)21, cfr. Gordona (Sondrio) < 1406 de… Gordona, 1212
Cordona, 1211 de Cordona < gallico *Kŏrdnā < celtico *Kŏrdɸŏnā
‘fiume della tribù’ < indoeuropeo *ŏrdʱ-ŏpŏn-ă‧h₂₄ con secondo
elemento indoeuropeo *pŏn-ă‧h₂₄ > celtico *ɸŏnā ‘fiume’ 22.
Il toponimo più significativo è tuttavia Breien/Brié (dial. Praidn)
< 1446 im Preyen23 < (austrobavarese *Bréjed(e)n <) protoladino
*Brẹjæ�� < latino *BRĮGÁTŲ < *Brĭgātŭs < gallico *Brĭgātŭ-s < celtico *Brĭgāātŭ-s < tardoindoeuropeo *Bʱʱōātŭ-s < indoeuropeo
*Bʱʱ-ŏh₁ăh₂₄-tŭ-s ‘passaggio fra i monti’ (← √*bʱĕrʱ- ‘essere elevato’ 24 + *h₁ăh₂₄-t-s > celtico *ātŭ-s > antico irlandese áth ‘guado’
= antico indiano yāt-� ‘che va; viaggiatore; aggressione, attacco;
sortilegio; spirito maligno, demone; vento; tempo; rapina’ 25), che
appartiene alla serie di toponimi (con addensamento fra Sesia e Adige) in -à(te), -àto, -ò (provenzale e occitanico -at, francese -é, irlanPokorny (1959: 579), Mann (1984-1987: 635); √*ĕrdʱ-→ *ĕrdʱ-ă‧h₂₄ > ted. Herde.
Koch (2002: 101), *ŏnnŏ- ‘fiume’ (Delamarre 2003²: 242); Pokorny (1959: 807-808).
22 Pokorny (1959: 807), cfr. irlandese ²an, en ‘acqua’ (Quin 1983²: 40 = A 313, 272 = E
122) < celtico *anā, *ĕnŏ-s (> ��ος <�nŏ-s> > Inn) < indoeuropeo *pĕn-ă‧h₂₄, *pĕnŏ-s.
23 Kühebacher (1995²: 62), che propone l’ardito etimo romanzo * PĮRÁRJŲ ‘pereto’.
24 Pokorny (1959: 145); è la radice più diffusa fra le classi linguistiche indoeuropee.
25 Il significato di ‘guado’ per i toponimi in -ate (a parte quelli in -rate < celtico *rātĭ-s < *ɸrātĭ-s ‘muro di terra, argine, forte’ < indoeuropeo *prăh₂₄-tĭ-s, quelli in -nàte
< celtico *nātĭ- < indoeuropeo *nh�t-ĭ-s femminile ‘dosso’ – cfr. Ternate [Varese]/
Ternaa [terˈnɑː], XII s. locus Trinate < *Trĭnātĭ- < *Trĭnŏh�t-ĭ- ‘tre dossi’, effettivamente su tre dossi disposti a ferro di cavallo – e quelli in -iàte [con un’occlusiva
prima di °i°, ma -biàte < *blātŏ-n ‘fiore’] dal celtico *lātŏ- ‘pianura’ o *lātĭ- < *ɸlātĭ- ÷
*ɸlātā ‘piatto della bilancia’ se non da *lātĭ- < *(ɸ)lātĭ-s ÷ *(ɸ)lātŏ-s ‘guerriero’) è suggerito dalle corrispondenze transpadano-iberniche Bobbiate = Áth Bó, Carate = Áth
Carr, Cenate = Áth Caoin, Cugliate = Áth Cúile, Garbagnate = Áth Garbháin, Locate
= Áth Lóich, Malnate = Áth Malain, Novate = Áth Nó, Vernate = Áth Fearna &c. (i
sintagmi gaelici equivalgono regolarmente a composti; altri toponimi composti col
medesimo elemento finale sono Cloínad > Claona e Cromad > Croma), forse Cedate
= Ath Cliath (Dublino), con áth ‘guado, spazio aperto o cavo fra due oggetti’ (Quin
1983²: 56 = A 445-446, Irslinger 2002: 82, 169, 174), ed è confermato dalla topografia dei toponimi in -àte che hanno come base determinante il nome (o il primo
elemento del composto in -óne < gallico *-ōnŏ-s < celtico *-ŏɸŏnŏ-s = *-ŏ vocale
composizionale + *ɸŏnŏ-s ‘acqua’) del fiume su cui sorge il referente topografico
(non un punto qualsiasi, bensì l’attraversamento del fiume da parte dell’itinerario
fra i centri preistorici di Lecco, Bergamo, Milano &c.): Agognate, Terdobbiate (sul
Terdoppio), Arnate, Velate (sul Vellone), Lonate (sull’Olona), Lurate, Olate (Volate, sul
Volone), Beverate, Lambrate, due Brembate, Seriate, anche Acquate (854 Coade) sul Caldone
(Lecco). Vespolate (Novara), a. 902 Vespelado coincide col tedesco renano Wispelt
(Treviri) < *Wispelet < *Wispeled < galloromanzo mosellano *V�spe�læ�� < gallolatino *Vĕsŭpēllātŭs < gallico *�ĕsŭpēllātŭ-s < celtico *�ĕsŭk�ĕslāātŭ-s ‘guado del buon
discernimento’ < indoeuropeo *��sŭk�ĕ(t)slōātŭ-s < *H₁�s-ŭk�ĕ‧(t-)s-lŏh₁ăh₂₄-tŭ-s.
20
21
169
dese -ad) di dimostrabile antichità indoeuropea preistorica (attraverso il celtico antico), come ĕ. g. Carate/Caraa [kaˈrɑː] (Monza – Brianza; Como), latino ecclesiastico Caratum = francese Charray (Eureet-Loire, ca. 1250 Cerretum, 1370 Charré26) = irlandese Áth Carr27 (cfr.
Áth Leathan etimologicamente identico al composto medioirlandese Lethnad*) ← celtico *kărrŏ- ‘carro’ 28 < indoeuropeo *�s-ŏ-29: per
arrivare al gallico *Brĭgātŭ-s (> latino *Brĭgātŭs > *BRĮGÁTŲ > protoladino *Brẹjæ�� > ladino Brié, tedesco Breien, Praidn) e *Kărrātŭ-s
(> latino *Cărrātŭ-s > Carate, Caraa) è indispensabile partire da un
composto indoeuropeo prìstino *Bʱʱ-ŏh₁ăh₂₄-tŭ-s ‘passaggio fra i
monti’ (> tardoindoeuropeo *Bʱʱōātŭ-s > celtico *Brĭgāātŭ-s
> gallico *Brĭgātŭ-s) risp. *�sŏh₁ăh₂₄-tŭ-s ‘guado dei carri’ (> tardoindoeuropeo *�sōātŭ-s) o, in alternativa, *Ksŏh₁ăh₂₄-tŭ-s ‘guado
dei sassi’ (← *(s)k·s-·h₂₄ > preromano [celtico] *kărrā ‘pietra’ 30)
> tardoindoeuropeo *Ksōātŭ-s, entrambi divenuti in celtico *Kărrāātŭ-s > gallico *Kărrātŭ-s (se l’antecedente di Brié fosse stato coniato ĕx nŏō in celtico come *Brĭgŏātŭ-s e quello di Carate come
*Kărrŏātŭ-s ‘guado dei carri/dei sassi’ o perfino già in tardoindoeuropeo come *Bʱʱŏātŭ-s e *�sŏātŭ-s, sarebbero pervenuti al
latino come *Brĭgŏātŭs e *Cărrŏātŭs e sarebbero diventati ± †*Prayedn
/ †*Brio(j)é e †*Caroggiate / †*Caroggiaa per il mancato dileguo di [j]).
La serie si estende nel Mediterraneo da Adrado (nelle Asturie)
< latino *Ătrātŭ-s < celtico *Ătrātŭ-s < *�ătrā[]ātŭ-s < tardoindoeuropeo *P₂₄trātŭ-s < indoeuropeo *P₂₄tr-h₁ăh₂₄-tŭ-s ‘guado
dei padri’ > tardoindoeuropeo *P₂₄trātŭ-s > *Pătr[]ātŭ-s > greco *Pătrtŭ-s > *Pătrsŭ-s > *Ptrāsŭ-s > �ά�ρ���ς <*Ptrās�s> (città
nel Ponto, Hĕcăt. ăp. Stĕph. Bȳz. π <p> 70 [512.15]) fino al crenonimo eteo TÚLú-e-ri-a-du-u� < indoeuropeo *H₄�r-h₁(-ĭ(h₂₄))h₁ăh₂₄-tŭ-s
± ‘che va / guado nell’acqua’ (← √*h₄ĕr-h₁- ‘innaffiare, aspergere,
inumidire, bagnare’ ← √*h₄ĕ- = ⁹√*ă(ĕ)-, √*ăĕd-, √*ăĕr-31), inclu26 Per Dauzat – Rostaing (1963: 176) «prob.» da *Cărrācŭm; l’esito è indistinguibile,
ma l’attestazione Cerretum (se basata su di una forma orale ± [ʧa(r)ˈræːð̞(ɵ)] e non
± [ʧa(r)ˈre]) rende più verosimile un antecedente con -t-, appunto *Cărrātŭ-s o simili.
27 Confine della Diocesi di Glendalough, Ó Riain – Ó Murchada – Murray (2003: 117).
28 Anche gallico, Stokes – Bezzenberger (1894: 72), Holder (1896: 810-813), Holder
(1907: 1121-1123), de Bernardo Stempel 1987: 95, cfr. 24, 50), Falileyev (2007: 12-13).
29 Pokorny (1959: 583-584), Mann (1984-1987: 477-478, cfr. 1635), Rix – Kümmel ĕt
ăl. (2001²: 355); √*�ĕrs- ‘correre’ → *�s-‧h₂ (> latino cŭrrō), *��s-ŏ-m > *hŭrsă-n > horse.
30 Cfr. Pokorny (1959: 531-532), Schrijver (1991: 208, 428, cfr. 217, 434); non anario.
31 Pokorny (1959: 78-81, 1165), cfr. *H₄ăr-h₁-ă‧h₂₄ > *Ărā > Auer e √*h₄ă-k‘scorrere’ (in idronimi), √*h₁ĕrs- ‘piovere’, Mallory – Adams (1997: 477) = √*h₂ĕrs-,
Rix – Kümmel ĕt ăl. (2001²: 291), Wodtko – Irslinger – Schneider (2008: 356-357).
170
dendo i decompositi in -����ς <-āsss>, -����ς <-ǣsss>, -����ς <-ǣtts> come �����ρ�����ς <Hălĭkărnǣsss> (�����ρ�����ς <Hălĭkărnāsss>) < *Sh₂ăl-ĭk-nŏh₁ăh₂₄-t--s ‘che ha un passaggio di pietre
fra il sale’. Si tratta dunque di una vasta area fra l’Irlanda, la Penisola Iberica, l’Anatolia Orientale e le Alpi, dove con la Val di Tiers/
Dier raggiunge lo spartiacque del Catinaccio e il confine della Val di
Duron. A valle si trova Kardaun < celtico *Kărdōnŏ- < *Kărdŏɸŏnŏ< indoeuropeo *ōrdʱ-ŏpŏn-ŏ- ‘acqua dell’insieme di tribù’, formato
come Duron < celtico *Dŏrōnŏ- < *Dŏrŏɸŏnŏ- < indoeuropeo
*Dʱŏ-rŏpŏn-ŏ- ‘acqua del fiume’ e con la medesime trasformazioni
fonistoriche: la conclusione più economica è che la Val di Fassa facesse parte (insieme a tutta l’Europa occidentale, alpina e mediterranea e fino all’Anatolia orientale) dell’Indoeuropa preistorica, che, in
prosieguo di tempo e limitatamente all’Europa alpina (Busse 2007)
e occidentale (Wodtko 2013), è divenuta celtica (non c’è ragione di
cercare tracce archeologiche di un’inesistente immigrazione celtica).
2. Flam, Fanes e la toponimia retovenetica
Accertata la celticità del sostrato preromano della Val di Fassa e la
continuità ĭn sĭtū di tale strato linguistico con l’indoeuropeo preistorico, si osserva che il resto della Ladinia presenta invece un sostrato
venetico (contraddistinto dall’esito /#f-/ di */#bʱ-/) anziché celtico.
Il Col de Flam (a Est di Ortisei e caratterizzato da insediamenti
stabili a partire dal II millennio a.C. fra il Bronzo Medio e Recente 32), come ’s Flåm (Flammspitz, al confine fra Tirolo e Vorarlberg33),
continua un antecedente preromano *Flmā < indoeuropeo *Bʱ�h₁�mă‧h₂₄ ‘splendore’ / ‘fioritura’ 34, ambiguo fra le due radici ¹√*bʱĕlh₁‘splendente, bianco’ 35 e √*bʱlĕh�- ‘fiorire’36 ← √*bʱĕlh�- = ⁴√*bʱĕl‘foglia, fioritura; fiorire, crescere rigogliosamente’ 37, al grado allun32 V. Prinoth – Tecchiati – Parnigotto (2006), Tecchiati ĕt ăl. (2011), Tecchiati ĕt ăl.
(2015); sull’etimologia del nome: Anreiter (1997a: 140, cfr. Fiames frazione del Sestiere di Chiave di Cortina), Schürr (2001: 141), Schürr (2002: 42), Schürr (2006: 172).
33 Anreiter (1997a: 140-141; in origine sarebbe stato un terreno ai piedi del monte).
34 Ölberg (1971: 54); così Fiames (Cortina) < *Bʱ�h₁�-măh₂₄-ăs ± ‘solatie’ o ‘fioriture’.
35 Pokorny (1959: 118-120), Mallory – Adams (1997: 641); cfr. *bʱ�[h₁]-ŏ- ‘luce’
> celtico *bălŏ- in *ad-bălŏ- ‘molta luce’ (< indoeuropeo *h₂₄ădbʱ�[h₁]-ŏ-) > abbaglio
e in *ĕ�s-bălŏ- ‘senza [= fuori dalla] luce’ (< indoeuropeo *h₁ĕʱzbʱ�[h₁]-ŏ) > sbaglio.
36 Pokorny (1959: 122); cfr. *bʱlĕh�-mōⁿ f. > *blōmōⁿ > Blume e *bʱlĕh�-ōs > flōs > fiore.
37 Pokorny (1959: 122), Mallory – Adams (1997: 207, 348 √*bʱĕl-, √*bʱlĕhₓ-), cfr. Rix –
Kümmel ĕt ăl. (2001²: 88); cfr. *bʱŏl[h₁]-ŏ-m > fŏlĭŭm > foglio (foglia < *bʱŏl[h₁]-ă‧h₂₄).
171
gato *Bʱlēh₁�-(s-)mĭ-s > 1110 Fleme, 1185 Flemme38, Flem > Fiemme39, il
cui etnico fiamazzo ne continua un derivato (abbastanza arcaico?)
con radice al grado apofonico ridotto (*Bʱ�h₁�-s-m-ăh₂₄k-ŏ-s) identico
a quello della formazione primaria *Bʱ�h₁�-mă‧h₂₄ > *Flmā > Flam.
Una variante *Bʱlēh₁�-mŏ- (eventualmente anche come forma
composizionale di *Bʱlēh₁�-mă‧h₂₄) sembra celarsi nell’idronimo Flemadur (= Faggenbach o Fötschenbach, affluenti di sinistra del[lo] Eggentalerbach40), analizzabile – se accentato Flemàdur (in alternativa alla
preferenza di Plangg 1997/2011: 98) – come venetico *Flēmătŭrŏ-s
< indoeuropeo *Bʱlēm[ŏ]ătŭrŏ-s < *Bʱlēh₁�-mŏh₂₄ăt(h₁)-ŭ-rŏ-s ‘(fiume)
che corre e splendente’ (o ‘da Fiemme’?), con secondo elemento idronimico indoeuropeo *H₂₄ăt(h₁)--rŏ-s ‘(Fiume) che va’ (← ¹√*h₂₄ăt(h₁)‘andare, viaggiare; anno’41) > *Ătrŏ-s > tracio ���ρ�ς <*Ăt�răs>
(meglio che da √*dʱĕ- ‘correre, scorrere’42) e galloromanzo Adour
(Pyrénées-Atlantiques) < Ătŭrŭs, cfr. Arroux (Seine-et-Loire) < Aturavus 922 e, se da *Ătŭră, Yères (Yerre, Eure-et-Loire, 1045 Edera;
Seine-et-Marne, 1384 Erre < Edera43). Se si preferisce postulare l’accentazione Flemadùr, il composto sarebbe ricostruibile come *FLĒMĂTŪRŬS < venetico *Flēmătūrŏ-s < indoeuropeo *Bʱlēm[ŏ]ăt[ŏ]ūrŏ-s
< *Bʱlēh₁�-mŏh₂₄ăt(h₁)-ŏh₂₍₄₎ŭh₂₍₄₎-rŏ-s o *Bʱlēh₁�-mŏh₂₄ăt(h₁)-ŏhₓŭh₁-rŏ-s
‘acqua che corre e splendente’ (o ‘da Fiemme’?), con terzo elemento indoeuropeo *ūrŏ-s < *h₂₍₄₎ŭh₂₍₄₎-rŏ-s ← √*h₂₍₄₎ăh₂₍₄₎- ‘acqua’ → *h₂₍₄₎ăh₂₍₄₎rŏ-s (/ *[h ₂₍₄₎]ŏh₂₍₄₎-r-ŏ-s) ‘fiume’44 (→ *H₂₍₄₎ăh₂₍₄₎-ĕnă‧h₂₄ > Varena)
> *ārŏ-s (/ *ōrŏ-s) > celtico *ārŏ-s45 o indoeuropeo *ūrŏ-s < *hₓŭh₁rŏ-s ← √*hₓĕh₁-r- ‘acqua’ → *[hₓ]ŏh₁-r-ŏ-s > *ōrŏ-s > celtico *ārŏ-s46.
38 Flemme potrebbe anche suggerire un antecedente *Flĕmmĕn- ‘Rossore’ (nome preromano dell’enro�adirå?) < indoeuropeo *Bʱl�ʼg-mĕn- (← √*bʱlĕʼ�- ‘bruciare, splendere’,
Pokorny 1959: 124-125, Mallory – Adams 1997: 513, Rix – Kümmel ĕt ăl. 2001²: 8687) > greco ���γµ� <p�l�gmă> ‘vampa, infiammazione’, cfr. lat. flămmă < *bʱ�ʼ-mă‧h₂₄.
39 Gasca Queirazza ĕt ăl. (1990: 272; cfr. Fiamói [a N di Belluno] < Flamoyum, Flamono
< *Flmŏnŏ-n < *Bʱ�h₁�-m-ŏn-ŏ-m ‘[territorio] della luce o fioritura’), Schürr (2010: 400).
40 V. Plangg (1997/2011: 98-99), Plangg (2001/2011: 117); confine dell’isoglossa F-?
41 Pokorny (1959: 69), Mallory – Adams (1997: 228, cfr. 654), Rix – Kümmel ĕt ăl.
(2001²: 273). Cfr. *h₂₄t-nŏ-s > latino ănnŭs e *H₂₄ăt-ĕs-ĭ-s ‘andante’ > Ătĕsĭs > Adige.
42 Pokorny (1959: 259-260, 262), Mallory – Adams (1997: 491), Rix – Kümmel ĕt ăl.
(2001²: 147-148), come in *Dʱŏ-rŏpŏn-ŏ- ‘acqua del fiume’ > Duron (cfr. sŭprā, § 1).
43 Per tutti v. Dauzat – Deslandes – Rostaing (1978: 17, 22, 100); Adour = basco Aturri.
44 Pokorny (1959: [78-]80[-81]), cfr. Rix – Kümmel ĕt ăl. (2001²: 291-292), Wodtko –
Irslinger – Schneider (2008: 356-357); diverso da √*h₂ĕr- (Mallory – Adams 1997: 64).
45 Holder (1907: 111-114, cfr. 109?), Delamarre (2003²: 301, cfr. 307) v. anche Monard (2000 / 2001: 271, cfr. 272); non è in Stokes – Bezzenberger (1894), Quin
(²1983), de Bernardo Stempel (1999), Koch (2002). Cfr. *H₂₍₄₎ăh₂₍₄₎-ră‧h₂₄ > *�ārā.
46 Falileyev (2007: 30 con bibliografia). *�ōrŏ-s > *ārŏ-s è caratteristico del celtico.
172
A non grande distanza, ma con l’interposizione degli emblemi
celtici Kardaun < *Kărdōnŏ- < *Kărdŏɸŏnŏ- ‘acqua dell’insieme di tribù’
< *Kārdŏɸŏnŏ- < indoeuropeo *ōrdʱ-ŏpŏn-ŏ- e Breien/Brié < *Brĭgātŭ-s < *Brĭgāātŭ-s < indoeuropeo *Bʱʱōātŭ-s < *Bʱʱ-ŏh₁ăh₂₄-tŭ-s
‘passaggio fra i monti’ (cfr. sŭprā, § 1), si ritrova un esito retovenetico in #F-, *Fĕlĭsā o *Fălĭsā < indoeuropeo *Bʱ(ĕ)lh₁-ĭs-ă‧h₂₄ ± ‘(insieme di territorî) più luminosi’, in Völs am Schlern/Fiè allo Sciliar47 e in
Völs (appena a Ovest di Innsbruck48) < 1312 Velles, 1150 Velse < indoeuropeo *Bʱ�h₁-ĭs-ăh₂₄ ‘splendente’, con diverso grado apofonico
della radice in *Bʱĕlh₁-ĭs-ăh₂₄ ‘splendente’ 49 > 1200 in Filis > Vils (nell’estremo Nord del Tirolo [Außerfern], al confine con la Baviera50).
Una perspicua etimologia indoeuropea attraverso la fonetica
storica venetica è possibile per l’Alpe Fanes (1434 Pfannes51) < retovenetico *Fănnā < italoceltico *Bʱndʱnā < indoeuropeo *Bʱ��dʱ-nă‧h₂₄
± ‘(alpe) del nutrimento’ (> greco �ά���, �ά��� ‘mangiatoia, truogolo,
greppia’52) ← √*bʱĕndʱ- ‘legare’53 (*bʱĕndʱ-nă‧h₂₄ > piem. bèna ‘tugurio’).
Come mostrato altrove, lo strato toponimico caratterizzato
dall’esito venetico /#F-/ < */#Bʱ-/ si spinge, a Ovest, nel Bacino
dell’Adige fino alla Fersina e alla Val di Fiemme (con una propaggine
nordoccidentale lungo la sinistra idrografica del †Kardaunbach = Eggertalerbach, cfr. Flemadur), a Est lungo la valle del(la) Piave e del
Cordevole, donde, attraverso un restringimento dal Cadore alla Val
Gardena, si espande da un lato nella media Valle Isarco (fino a Völs
/Fié) e dall’altro, a Nord, si dirama per due direttrici oltre le Alpi,
attraverso Pfulters, Pfunders (?) e il Pfitscherjoch, Floite e Finsing fino a
Fügen, Vomp, Fritzens, Volders e Vill, attraverso Pflersch, Pfelders e il
Timmelsjoch fino a Vent, Fließ, Faldösens, Fimba, Füssen, Vils e Völs.
47 Gasca Queirazza ĕt ăl. (1990: 272), Kühebacher (1995²: 524-525), Anreiter (1997a:
142-145), Schürr (2005-2006: 390), Schürr (2006: 172); per Anreiter, Chapman,
Rampl (2009: 228) dal germanico *fălĭs()ă-z ‘parete rocciosa’ < *pĕl-�-s-()ŏ-s ← *pĕl(-ĭ)-s.
48 Anreiter (1997a: 144-145 nota 939), Schürr (2005-2006: 390, 396), Schürr (2014:
211); per Anreiter, Chapman, Rampl (2009: 226-228) come Völs am Schlern (sŭprā).
49 Ölberg (1971: 55). Pare il punto più settentrionale raggiunto da */#*bʱ-/ > /f-/.
50 Anreiter (1997a: 142-144), Anreiter (1997b: 95); in Anreiter, Chapman, Rampl
(2009: 535-537) ritenuto primario l’omofono idronimo locale comparato agli altri
idronimi bavaresi Vils [affluente di destra del Danubio presso Vilshofen, Passau, e
della Naab presso Kallmünz nel Palatinato Superiore, Regensburg/Ratisbona], dal
germanico *Fĕlĭsō < paleoeuropeo *Pĕl�sā < indoeuropeo *Pĕlh₁-�să‧h₂₄ ← *pĕlh₁‘scorrere’ (Pokorny 1959: 798-801, Mallory – Adams 1997: 201, 443) ÷ *plĕh₁- ‘riempire’.
51 Kühebacher (2000: 62-63), cfr. Kühebacher (1995²: 102): germ. *fănă-n ‘palude’.
52 Pācĕ Beekes – van Beek (2010, II: 1558), che propendono per un’origine pregreca.
53 Pokorny (1959: 127), cfr. *bʱĕndʱ-ŏ-nŏ-m > germanico *bĭndănă-n > tedesco binden.
173
3. Nomi ambigui: Gherdëina, Corvara, Èores, Cèores, Anèores
Gherdëina, 1151, ca. 1100 Gradena, ca. 999 Gredine54 < preromano
*Gret-ēna55, ha pochissimi confronti possibili in àmbito indoeuropeo,
l’anglosassone cradol m. ‘culla’ < germanico *krăđŭlă-z ‘intrecciato’ 56
< indoeuropeo*grŏt���-lŏ-s o *grŏt���-ŭl-s (← √*gr-ĕt���- ← √*gĕr- ‘girare, volgere, torcere, attorcigliare, cingere’57) e l’anglosassone grǣd m.
‘erba’, tedesco Grat ‘cresta, cima di monte’58 < germanico *grǣđĭ-z 59
o *grǣđă-z (il vocalismo radicale non è diagnostico60) < indoeuropeo
*gʱrēt-�-s / *gʱrēt--s (se corradicale di *gʱrŏt-ŏ-s > slavo *grot� ‘punta di
lancia’61) o *gʱrĕh₁-t�-s / *gʱrĕh₁-t-s62 ← √*gʱrĕh₁- ‘crescere, verdeggiare’
(→ *gʱrŏh₁-ŏ‧h₂ ‘cresco’, *gʱrŏh₁-nĭ-s ‘verde’63), cfr. Gras ‘erba’ < germanico *grăsă-z64, che implica *gʱrs-ŏ-s da una base diversamente ampliata √*gʱrĕ-s- ← ³√*gʱĕr(-h₁)- ‘sporgere in fuori’, di gemme o spine
di piante, setole, rilievi del terreno, spigoli &c. 65; in tal caso, anche
√*gʱrĕ-t- di *gʱrŏt-ŏ-s (> slavo *grot� ‘punta di lancia’) potrebbe – come
√*gr-ĕt���- (di *grŏt���-lŏ-s / *grŏt���-ŭl-s > germanico *krăđŭlă-z ‘intrecciato’) rispetto a √*gĕr- – rappresentare un ampliamento di ³√*gʱĕr(-h₁)‘sporgere in fuori’, di modo che il tedesco Grat ‘cresta, cima di mon54 Morandini (1943: 375-378), Gasca Queirazza ĕt ăl. (1990: 297); cfr. la lunga discussione di Alinei (2000: 50-56; dallo sloveno gradína ‘castelliere’ nel III millennio a.C.).
55 Craffonara (1979: 165, cfr. 164). Il suffisso *-ēnā dall’indoeuropeo *-ē(hₓ)nă‧h₂₄ o
*-h₁nă‧h₂₄ è venetico: il celtico *-ēnā continua l’appertinentivo indoeuropeo *-ĕnă‧h₂₄.
56 Pokorny (1959: 386). *Gr‧ĕt���-ē(h₁)nă‧h₂₄ (*Gr‧ĕt���-ĕnă‧h₂₄?) ‘culla’/‘cinta’/‘curvata’?
57 Pokorny (1959: 385-390); in parte è √*h₁gĕr- (Rix – Kümmel ĕt ăl. 2001²: 245-246).
58 Kluge – Seebold (2002²⁴: 370), Pfeifer (2004⁷: 471). Schorta (1985: I 419) annovera fra i rappresentanti di Grat nella toponimia grigionese anche Grad di Luzein
(Prättigau/Partenz-Davos/Tavau), che tuttavia, a motivo della lenizione -d- < *-t-,
potrebbe essere un relitto prealemannico e in tal caso forse preromanzo, l’eventuale equabile celtico *Grātŏ-s (< indoeuropeo *Gʱrōt-ŏ-s) di *gʱrēt--s > tedesco Grat.
59 Falk – Torp (1909⁴: 138, 143). L’oronimo Gridone (confine fra Ticino e Verbano-Cusio-Ossola), dal caratteristico profilo a cresta, potrebbe continuare un celtico
*Grītū (< *Gʱrēt-ⁿ ‘la Cresta’) o *Grītnnŏs < *Gʱrēt-ŏ(hₓ�)ŏnd-ŏs- / *Gʱrēt-ŏpŏnd-ŏs‘Roccia crestata’ (col gallico *ŏnnŏs < celtico *(ɸ)ŏndŏs- ‘pietra, roccia’ < indoeuropeo *(hₓ�)ŏnd-ŏs- / *(s)pŏnd-ŏs- [> latino pŏndŭs ‘peso’] ← ¹√*(s)pĕn-(d-) ‘tirare, tendere’).
60 L’esito anglosassone del germanico */ǣ/ è infatti invariato (/ǣ/) sia che nella sillaba finale si trovasse *-ă- sia con metafonia da *-ĭ- seguente (Brunner 1965³: 46-47).
61 Trubačev (1980: 140); √*gʱrĕt-, in quanto ha un attacco */#*gʱr-/, non viola (al contrario di, ĕ. g., ‡√*�ʱĕt-) i (discutibili) vincoli sulla struttura della radice indoeuropea.
62 Kroonen (2013: 191); derivati v�ddʱĭ- di *gʱh₁-t�-s ‘crescita’ / *gʱh₁-t-s ‘cresciuto’?
63 Walde – Pokorny (1930: 645-646), Pokorny (1959: 454), de Vaan (2008: 269-270);
assente in Mallory – Adams (1997) e Rix – Kümmel ĕt ăl. (2001²). *Gʱrŏh₁-nĭ-s > grün.
64 Falk – Torp (1909⁴: 143), Kroonen (2013: 187); da √*gʱrĕh₁- non deriva *gʱr��� ₁-s-ŏ-s.
65 Walde – Pokorny (1930: 606), Pokorny (1959: 440); Ăquīs Grăn(n)ī < *Gʱh₁-snŏ-s?
174
te’ < *gʱrēt-�-s / *gʱrēt--s continuerebbe tale base √*gʱrĕ-t- ± ‘sporgere in fuori’ (→ *gʱrŏt-ŏ-s > slavo *grot� ‘punta di lancia’) e invece
l’anglosassone grǣd m. ‘erba’ continuerebbe *gʱrĕh₁-t�-s / *gʱrĕh₁-t-s
← √*gʱrĕh₁- ‘crescere, verdeggiare’. L’aulonimo Gherdëina < retovenetico *Grēt-ēnā (che invece in celtico sarebbe †*Grīt-īnā) può rappresentare sia l’esito di *Gʱrētēnā < *Gʱrēt-ĕh₁nă‧h₂₄ ± ‘caratterizzata
da punte, creste, cime di monte’ (← √*gʱrĕ-t- ‘sporgere in fuori’, verosimilmente in riferimento al Gruppo di Sella e al Sasso Lungo,
possibile già nell’Epipaleolitico allorché era attivo l’eccezionale sito
di Cionstoan [Seiser Alm / Alpe di Siusi, 1750 m]66) sia di *Gʱr�tēnā /
*Gʱrēt�nā < *Gʱr�h₁-t-ĕh₁nă‧h₂₄ / *Gʱrĕh₁-t-�h₁nă‧h₂₄ ± ‘erbosa’ (← √*gʱrĕh₁‘crescere, verdeggiare’, in tal caso dal Mesolitico in poi67), la cui variante apofonica *Gʱh₁-t-�h₁nă‧h₂₄ (> *Gʱh₁-t-�h₁nă‧h₂₄ > *Gʱt�nā > retovenetico *Grātēnā) giustificherebbe la forma Gradena dell’XI secolo. Può essere interessante notare che questa duplice etimologia
(*Gʱrēt-ĕh₁nă‧h₂₄ ± ‘caratterizzata da punte, creste, cime di monte’
> *Grētēnā; *Gʱr(ĕ)h₁-t-ĕh₁nă‧h₂₄ ‘erbosa’ > *Grētēnā e *Grātēnā) è riferita alla medesima cronologia di tutta la presenza dell’indoeuropeo
preistorico nell’area (ossia pressoché di certo dal Neolitico, verosimilmente dal Mesolitico o addirittura dall’Epipaleolitico) quindi si
colloca a una quota temporale anche di molto precedente a quella
ipotizzata nella Teoria Alineiana dell’Etnogenesi Slava dei Ladini
(Alinei 2000), rispetto alla quale d’altronde è del tutto in accordo
con la datazione assoluta dei mutamenti fonistorici elaborata dalla
Glottologia Indoeuropea e la Linguistica Romanza, Germanica e Slava.
Rispetto al pressoché omofono (e dunque né più né meno regolare) latino *Cŏrārĭă, l’alternativo etimo di Corvara suggerito da
Gsell (2004: 270-274) col richiamo al lombardo alpino corva ‘mucchio di sassi’ 68 < prelatino *kŏrā < indoeuropeo *kŏrā < *kŏră‧h₂₄ (collettivo di una formazione indoeuropea primaria in *-ŏcon selezione della modalità stativa della radice aggettivale 69)
� ³√*kăr- ‘essere duro’70 – cfr., per la motivazione, Innerebner
(1953) e Lunz (1979: 152-153) – si configura come un regolare composto indoeuropeo *Kŏr-ŏh₄ăr-ă‧h₂₄ > *Kŏr[ŏ]ărā ‘insieme di territorî favorevoli (eccellenti) per/con i mucchi di sassi’ > *Kŏrărā
(invariato in celtico e venetico e comune a entrambi); il secondo eV. Lanzinger (1993: 29-31), Prinoth-Fornwagner (2000: 91); il più antico nell’area.
Cfr. Prinoth-Fornwagner (2000: 91-95): stazioni di Cacciatori dall’Adige-Isarco.
68 Gsell (2004: 271); l’etimologia indoeuro-sostratistica vale quella latino-romanza.
69 V. Ronzitti (2001: 179-200, 208-213). È indoeuropea, non solo celtica o venetica.
70 Pokorny (1959: 531-532). √*kăr- → *kăr-t-s / *kŏr-t-s > *hărđŭ-z > tedesco hart.
66
67
175
lemento *ărā < *h₄ăr-ă‧h₂₄ ‘insieme di entità inanimate (= territorî)
favorevoli, eccellenti’ è il neutro plurale di *h₄ăr-ŏ-s > celtico *ărŏ-s
‘nobile, uomo libero’ 71, antico indiano ryă- ‘favorevole, eccellente’72.
Craffonara (1979: 165-166) ha valorizzato come emblema di
preromanità la triade toponimica Afers/Èores-Cèores-Anèores, la cui
attribuzione a una precisa classe linguistica indoeuropea dipende
dalla ricostruzione della consonante radicale e dunque dall’etimologia. Presumibilmente Cristian Kollmann (all’indirizzo telematico
<www.tiroul.info/index.php/Afers_(Fraktion_/_Brixen)>, consultato sabato 18 aprile 2020) ipotizza un antecedente indoeuropeo
alpino orientale B (v. īnfrā, § 4) *pĕrŏ- ‘(territorio / valle o sim.) posteriore’ (con conservazione di */p/) ← indoeuropeo *ăpŏ ‘da’
(< *h₄ăpŏ) 73 + suffisso di avverbio locale *-ĕrŏ-; benché per quanto
riguarda l’esito delle sonore fiatate / mormorate aspirate iniziali
l’indoeuropeo alpino orientale (che le rende con sonore modali)
coincida col trattamento celtico, in questo caso l’etimologia proposta può essere ascritta solo al venetico fra le lingue indipendentemente attestate nell’area, a meno di postulare, apposta per Èores, un
filone celtico arcaico con conservazione di */p/ indoeuropea come
nell’orobico *Plār �ŭ-s (> Piario [ˈpjeːr] in Val Seriana) < indoeuropeo *Plār�ŭ-s < *Pl(ă)h₁₂-r-�ŭ-s ‘fondo di valle o di mare’ o *plīnŏ-s
(→ Plīnĭŭs Călŏs) < indoeuropeo *plĭhₓ-nŏ-s > lituano pl�nas ‘calvo’ e
nel paleoligure �*�Pŏrkŏbĕrā (> *Pŏrcĭfĕră > Polcévera) / �*�Prŏkŏbĕrā
(sulla ‘Tavola di Polcevera’ / Sĕntĕntĭă Mĭnūcĭōrŭm, CĪL V, 7749 = I²,
584) < indoeuropeo *Pŏr-ŏbʱĕr-ă‧h₂₄, *Prŏ-ŏbʱĕr-ă‧h₂₄ ‘portatore di
salmoni / trote’ o zolle’ (← √*pĕr-, √*prĕ- ‘variopinto’ + √*bʱĕr‘portare’) o Cicagna (Genova; 1034 Plicanio) se da *Plĭkkănā (> gallese llechan ‘ardesia’) < indoeuropeo *P�k-n-��-ă‧h₂₄ (← √*plĕk- ‘piatto’).
Il vocalismo di Èores sarebbe forse meglio spiegato da *Ăpŭrās
< *H₄ăp-ŭ-răh₂₄-ăs ← *h₄ăp-ŭ-rŏ-s (> lettone apurs ‘luogo pieno d’acqua’)
← *h₂ăp- ‘acqua, fiume’74 (≠ √*h₂₄ăb�ʱ�- ‘ĭd.’ in *H₂₄ăb�ʱ�-ă‧h₂₄ [> ispanoceltico *Ăbā ‘acqua viva’]75 ÷ *H₄ăb�ʱ�-ŭ-răh₂₄-ăs > celtico *Ăbŭrās
> Èores?); altrimenti cfr. l’idronimo gallico *Ăărā (> Yèvre [841 A71 Delamarre (2003²: 55), Falileyev (2007: 7); l’esito romanzo è omofono ad -ārĭŭs.
L’equato indoario ryă- ‘favorevole’ (īnfrā) è innegabilmente vicino al vēdico prēmn
m./n. ‘amore, gentilezza, favore’ (Monier-Williams 1899: 711) < *prŏ[hₓ]-m�n- (Pokorny (1959: 844) → *Prĭhₓ-m[n-]ŏh₄ăr-ŏ-ĕs ± ‘Ospitali’ > *Prīm[ŏ]ărōs > Primiero?
72 Monier-Williams (1899: 93, cfr. 152 �ryă-� ‘signore’ → plur. �ryā� < *H₄�r-ŏ-ĕs).
73 Pokorny (1959: 53), Mallory – Adams (1997: 42, 637), cfr. germanico *ă�ă > ab.
74 Mühlenbach – Endzelīns (1923-1925: 132); Pokorny (1959: 51-52, 1149), Mallory – Adams (1997: 486, 636), Wodtko – Irslinger – Schneider (2008: 311-317).
75 Cfr. Pokorny (1959: 1), Villar (2000: 162, 170, 171, 441), Monard (2000 / 2001: 2).
176
vera, → Cher; → Aisne], Evre → Loira; → *Ăăr-ĭkŏ-n > Ăărĭcŭm/
Bourges) < indoeuropeo *Ăĕrā < *H₄ă-ĕră‧h₂₄ ‘(fiume) scorrente’ o
± ‘(casa) distante, separata’ ← √*h₄ă- ‘scorrere’ o ³*h₄ă ‘via da’ 76.
L’adiacente Cèores si configura come retovenetico (dove caso
anche celtico, arcaico o meno) *Kĭăpĕrās risp. *Kĭăpŭrās / *Kĭ
ăbŭrās / *Kĭăărās < indoeuropeo *ĭăpĕrās / *ĭăpŭrās / *ĭ
ăbŭrās / *ĭăărās < *ĭh₄pĕră‧h₂₄-ăs / *ĭh₄ăp-ŭ-ră‧h₂₄-ăs / *ĭ
h₂₄ăb�ʱ�-ŭră‧h₂₄-ăs / *ĭh₄ă-ĕră‧h₂₄-ăs ‘davanti / al di qua di Èores’
(con *kĭ ‘al di qua, da questa parte, davanti’ [anche celtico continentale] < indoeuropeo *ĭ 77) e dall’altra parte del rio Ćiastlins
Anèores < retovenetico o celtico (arcaico) *Ănăpĕrās / *Ănăpŭrās
/ *Ănăbŭrās / *Ănăărās ‘non Èores’ < indoeuropeo *�ăpĕrās
/ *�ăpŭrās / *�ăbŭrās / *�ăărās < *�h₄pĕră‧h₂₄-ăs ‘dei
(territorî / valli o simili) non posteriori’ / *�h₄ăp-ŭră‧h₂₄-ăs / *�
h₂₄ăb�ʱ�-ŭră‧h₂₄-ăs ‘(quelle) che non hanno acque’ / *�h₄ă-ĕră·h₂₄-ăs
‘(acque) non scorrenti’ / ‘(case) non distanti/separate’ (non è Èores).
4. Celtico e venetico come trasformazioni locali dell’indoeuropeo
L’etnonimo Frīnĭāts (Lī. XXXIX, 2, 1 e 9, XLI, 19, 178) = Brīnĭāts
(Lī. XLI, 19) < paleoligure *Brīn(ĭ)ātēs < indoeuropeo *Bʱrĭhₓ‧n-(ĭ)ăh₂₄-tĕ-ĕs ‘(Quelli) della costa di monte’ ← *bʱrĭhₓ‧n-�ă‧h₂₄ ‘costa’
(> paleoligure *brīn�ā) presenta una pressoché certa allotropia B-/
F- per un unico nome (fra paleoligure e italico). In area retica, uno
dei casi più sicuri è quello del fiume e della Val Fèrsina [ˈfɛrsena] di
Trento 79, mòcheno Bersen ([ˈpɛʀzn̩]), dall’indoeuropeo *Bʱĕrs-ĭ-nă‧h₂₄
76 Holder (1896: 306-307, 1907: 768), Carnoy (1955: 90-91), Delamarre (2007: 65),
Falileyev (2010: 7, 9, 60, 65); radici in Pokorny (1959: 78-81 risp. [72-]73) e Mallory – Adams (1997: 37), cfr. antico indiano vără- ‘posteriore; inferiore; vicino; precedente’ (Monier-Williams 1899: 102, Mayrhofer 1956: 56, 58, 1986-1992: 129, 132).
77 Pokorny (1959: 609), Delamarre (2003²: 115-116). Ciò rafforza l’etimologia di
cianta, fassano [ˈʦãŋta] ‘gonna’ < *kăntā < indoeuropeo *ĭăntā < *ĭh₂ăntă·h₂₄
‘che ha la divisione da questa parte (sul davanti) > grembiule avvolto ai fianchi e
chiuso sul davanti’ ← celtico *ăntā, *ăntŏ- ‘confine (< fronte)’ (Pokorny 1959: 48, de
Bernardo Stempel 1999: 256, 450, Monard 2000 / 2001: 22, Delamarre 2003²: 4950, cfr. Stokes – Bezzenberger 1894: 15, Quin 1983²: 284 = E 212, Falileyev 2007:
47; diversamente Holder 1896: 161, 1907: 633, 636) < indoeuropeo *h₂(ă)nt-ă‧h₂₄
← *h₂ănt-ŏ- ‘limite, termine’ (cfr. Pokorny 1959: 48) ← √*h₂ănt- ‘fronte, parte anteriore’ (Pokorny 1959: 48-50, Mallory – Adams 1997: 17, 18, 209, cfr. 4, 32, 399).
78 V. Petracco Sicardi (1981: 41, 51), Olivieri (2013 [1972]: 133); per gli aspetti etnico-storici, più di recente del Ponte (2016: 23-30) con bibliografia. /#F-/ ‘umbra’?
79 Gasca Queirazza ĕt ăl. (1990: 271, cfr. Fĕlsĭnă [< *Bʱĕls-ĭ-(h₁�)n-‧h₂₄ ‘risonante’?]).
177
(o *Bʱĕrsĭn� < *Bʱĕrs�n� < *Bʱĕrs-ĭ-h₁�n-‧h₂₄) ‘(valle) ferrosa’ (aggettivo di √*bʱĕrsŏ-m [o simili] ‘ferro’ 80) del fiume *Bʱĕrs-ĭnă‧h₂₄ (*Bʱĕrs-ĭh₁�n-‧h₂₄) ‘veloce’ (← √*bʱĕrs- ‘correre’81). A conferma che Bersen
non può riflettere F-, sulla sinistra idrografica si trova Falésina (tridentino Falésna, 1215 Falesina82), in tedesco Falisen (non †*Balisen!)
< *Fălĭsĭnā < *Bʱ�h₁�-ĭs-ĭ-năh₂₄ / *Bʱ�h₁�-ĭs-ĭ-h₁�n-h₂₄ (*Bʱ�h₁�-ĭs-ĭ-(h₁�)n--s
> Fălĕrnŭs83), connesso con Fălĕrĭī84 < *Bʱ�h₁�-ĭs-ĕŏ-ĕs ← ¹√*bʱĕlh₁‘splendente, bianco’ 85 o √*bʱlĕh�- ‘fiorire’86 ← √*bʱĕlh�- = ⁴√*bʱĕl- ‘foglia, fioritura; fiorire, crescere rigogliosamente’87 (su cui v. sŭprā, § 2).
In distribuzione analogamente complementare fra #B- e #F-,
anche se nello specifico opposta a quella di Fèrsina/Bersen, si trovano Brentònico (Brentònech) e il suo esonimo tedesco Frenten88 < celtico
*Brĕntŏnĭkŏ-n < indoeuropeo *Bʱrĕntŏn-ĭkŏ-m ‘(altopiano) della valle
(della Sorna)’ ← *bʱrĕnt-ō�ⁿ� ‘il bacino per antonomasia’, geomorfologicamente ‘conca valliva’, derivato secondario dell’indoeuropeo
*bʱrĕntŏ- ‘corn[ut]o’ (> preromano *brĕntŏ-) → *bʱrĕntăh₂₄ ‘cornuta’
(> tardoindoeuropeo *bʱrĕntā > celtico *brĕntā ± ‘anfora’ > romanzo brenta ‘secchia’) in oronimi come *Bʱrĕnt-ăh₂₄, *Bʱrĕnt-ŏ-s ‘corno’
80 Cfr. Walde – Hofmann (1938³: I, 486). A sua volta, *bʱĕrs-ŏ-m ‘ferro’ (in origine
meteorico, come tale già in indoeuropeo) rappresenta la probabile confluenza di
*bʱĕrs-ŏ-m ‘rigido’ (← √*bʱĕrs- ‘fissare’, Pokorny 1959: 108–110, Mallory – Adams
1997: 439), *bʱĕr-s-ŏ-m ‘(materiale) per ferire’ (← ³√*bʱĕr- ‘lavorare con un attrezzo
aguzzo, incidere, tagliare, (s)fregare, cancellare, spaccare’, Pokorny 1959: 133-135,
Mallory – Adams 1997: 549, cfr. √*bʱĕr-hₓ- ‘lavorare con un attrezzo aguzzo’, Rix –
Kümmel ĕt ăl. 2001²: 80), *bʱĕrhₓ-s-ŏ-m ‘(metallo) nero lucido’ (← ⁵√*bʱĕr-hₓ- ‘brillante, nero lucido’, Pokorny 1959: 136), *bʱĕrs-ŏ-m ‘frammento’ (< ‘sbriciolato’
← √*bʱĕrs-, √*bʱrĕs- ‘scoppiare, frantumare; esplodere, crepitare’, Pokorny 1959: 169).
81 Pokorny (1959: 143; ☞ idronimo ligure padano Bĕrsŭlă < *Bĕrsĕlā < *Bʱĕrs-ĕ-lă‧h₂₄).
82 Gasca Queirazza ĕt ăl. (1990: 702) s. . Vignola - Falèsina (è per l’origine prelatina).
83 Cfr. Leumann (1977⁶: 321-322)? Con rotacismo, a differenza di Frŭsĭnō < indoeuropeo *Bʱrŭsnăh₂₄-ōⁿ (← *bʱrŭs-nă‧h₂₄ > celtico *brŭsnā > bretone bron(n) ‘collina’).
84 Schürr (2006: 170), Schürr (2012: 446); il tema Fălĭs- rimane nell’etnico Fălĭs-cŭs.
85 Pokorny (1959: 118-120), Mallory – Adams (1997: 641); cfr. sŭprā (§ 1 n. 11 e § 2).
86 Pokorny (1959: 122); cfr. sŭprā (§ 2, Fiemme < *Bʱlēh�-(s-)mĭ-s, *Bʱlēh�-mŏ- in Flemadur).
87 Pokorny (1959: 122), Mallory – Adams (1997: 207, 348 √*bʱĕl-, √*bʱlĕhₓ-), Rix –
Kümmel ĕt ăl. (2001²: 88); cfr. sŭprā (ĭbīd. ĕăd., *Bʱ�h�-mă‧h₂₄(-ăs) > (’s) Fla�åm, Fiames).
88 I toponimi slavi in /#�*�B-/ mutuati in bavarese fra l’800 e il 1100 ca. presentano /#F-/ (cfr. Kranzmayer 1956: § 27a4, Wiesinger 1986: 26, Mader 1986: 119,
Bergermayer 2005: 25-51). In Tirolo non risulta altrettanto – nemmeno per il periodo specifico – con quelli romanzi o di mediazione (neo)latina, per cui è lecito ipotizzare per Frenten (antico perché presenta ritrazione dell’accento), almeno come
eventualità verosimile, che rappresenti in effetti *FRĔNTŌNĔ (con /#F-/ iniziale)
← *Frĕntō, dal corrispondente venetico *Frĕntŏn- < *Bʱrĕntŏn- di *Bʱrĕntŏn-ĭkŏ-m
‘(altopiano) della valle (della Sorna)’ > celtico *Brĕntŏnĭkŏ-n > Brentònico / Brentònech.
178
(metaforico in senso geomorfologico) > celtico *Brĕntā, *Brĕntŏ-s
> Dolomiti di Brenta, Monte Brento e forse anche – data la sopravvivenza di brènta ‘bacino’ – in un eventuale nome preromano tradotto con Catinaccio 89. Nella Rēgĭō X (Vĕnĕtĭă ĕt Hĭstrĭă), Brénta90 < Brĭntă91 < prelatino �*�Brĭntā è il più affidabile relitto onomastico celtico
se esito del tardoindoeuropeo *Bʱrēntā < *Bʱrēntă‧h₂₄ ‘(acqua) relativa
al margine (del territorio)’ (← *bʱrĕnt-ă‧h₂₄ ‘margine’?) ← √*bʱrĕn-t← √*bʱrĕn- ‘sporgere, spigolo’ 92 o *Bʱrēntă‧h₂₄ ‘della nebbia’ (romancio brenta ‘nebbia bassa’ < *bʱrĕn-tă‧h₂₄ / *bʱrĕm-tă‧h₂₄ ‘che può
emergere’ ← √*bʱrĕn- / √*bʱrĕm- ‘sporgere > emergere’?); in alternativa (subordinata), indoeuropeo *Bʱrĕntă‧h₂₄ ‘(divinità fluviale) cornuta’ > *Bʱrĕntā > ‘euganeo’ (inteso come strato indoeuropeo con esiti */b/, */d/, */g���/ dei fonemi preistorici */bʱ/, */dʱ/, */g�ʱ/ e */g/
< */�ʱ/, dunque indistinguibile dal celtico) *Brĕntā > �*�Brĭntā > Brenta.
Le coppie Fèrsina = mòcheno Bersen < *Bʱĕrs-ĭ-(h₁�)n-‧h₂₄ ‘(valle)
ferrosa’ o ‘(del fiume) veloce’ e Brentonico < *Bʱrĕntŏn-ĭkŏ-m ‘(altopiano) della valle’ ÷ *Bʱrĕntŏn- > venetico *Frĕntŏn- > tedesco Frenten
provano che le trasformazioni */#bʱ-/ > /#b-/ risp. /#f-/ sono
avvenute sul posto: è infatti più verosimile che un nome indoeuropeo preistorico sia stato differentemente trasformato a seconda
della fonologia diacronica di lingue diverse adiacenti (in pratica,
dando origine a un endonimo e a un esonimo distinti) rispetto al
caso teorico di una sostituzione fonologica da parte di una delle
due lingue coinvolte (opzione non necessaria, in quanto ciascuna
varietà possedeva i fonemi rilevanti dell’altra, sia /b/ sia /f/). Dal
momento che lo strato celtico risale direttamente a quello indoeuropeo preistorico locale, altrettanto si deve concludere per il venetico.
Fra le due trasformazioni fonistoriche */#bʱ-/ > */#b-/ (celtica) e
*/#bʱ-/ > */#f-/ (venetica), quest’ultima è più profonda, perché
muta quattro tratti (da occlusiva a soluzione aspirata [mormorata]
bilabiale sonora [fiatata] a fricativa labiodentale sorda) anziché uno
solo (da mormorata aspirata [fiatata] a sonora modale). L’innovazione è dunque quella venetica e ciò significa che, se i toponimi (in
89 Rosengarten potrebbe rappresentare un esito paretimologico (v. dossografia in
Pallabazzer 1999: 39) di *r�ssnă- (> romancio sopraselvano ruosna ‘buco’) < celtico
*�rŭssnā < indoeuropeo *prŭs-snă‧h₂₄ ‘bocca’ ← √*prĕs- ‘spruzzar fuori’ (Pokorny
1959: 809-810); l’etimo riportato in Bernardi ĕt ăl. (1994: [II] 682, preromanzo *rossna � *ros ‘ghiacciaio’, ‘alveo di fiume’) farebbe pensare all’omofona radice indoeuropea √*prĕs- ‘gelare’ (Pokorny 1959: 846; *Prŭsă‧h₂₄ > gall. *Rŭsā > M. te Ro(i)sa).
90 Olivieri (1961² [1962]: 147), Gasca Queirazza ĕt ăl. (1990: 98-99): [ˈbrẽːŋta] (/ẹ/)!
91 Karg (1941/1942: 106, 176, 193, 195), Fogolari – Prosdocimi (1988: 392); ☞ <ĭ>.
92 Pokorny (1959: 167); brènta < *bʱrĕnt-ă‧h₂₄ ÷ *Bʱrēntă‧h₂₄ > Brénta giustifica [ɛ ≠ e].
179
quanto conî indoeuropei) le preesistevano, si è diffusa con modalità sociolinguistiche (verosimilmente entro il Bronzo Finale) in un
diasistema di Comunità collegate da solidarietà ‘etniche’ delineatesi
al più tardi nel II millennio a.C. entro il cŏntĭnŭŭm tardoindoeuropeo
da cui sono emersi il celtico da un lato e il venetico dall’altro. Che
tale diasistema includa l’Alpe di *Bʱ��dʱ-năh₂₄ ‘mangiatoia, truogolo,
greppia’ > italoceltico *Bʱndʱnā > retovenetico *Fănnā > Fanes (v.
sŭprā, § 2) è un dato di fatto, perciò l’ipotesi glotto-pal(eo)etnologica sulla natura sociolinguistica dell’innovazione */#bʱ-/ > */#f-/
caratteristica dei toponimi come Fanes non richiede di scomodare
alcuna interpretazione evemeristica ăd hŏc delle leggende delle Dolomiti (ove possono essere confluite narrazioni di miti o fatti di molte epoche, dalle Migrazioni dei Popoli alla Romanizzazione, alla
Neolitizzazione, alla Colonizzazione Postglaciale, fino alla Prima Antropizzazione; cfr. Kindl 1983, 1997, Birkhan 2000). La diffusione
e fissazione delle isoglosse presuppone infatti l’esistenza di correnti
non tanto colonizzatrici, quanto – più normalmente, come si osserva
in Dialettologia – di prestigio sociolinguistico fra Comunità ormai
stanziali sul territorio, come in generale si assume per i terrazzi orografici di media quota (ca. 600-900 m) nel Neolitico (VI-V millennio a.C., cfr. Tecchiati – Di Pillo 2005: 9), ma in alcuni àmbiti – ĕ. g.
il Col de Flam (Urtijëi/St. Ulrich/Ortisei) < *Bʱ�h₁�-mŏ- ‘splendore’
/ ‘fioritura’– sembra definitivo solo nel II millennio a.C., fra Bronzo Medio e Recente (Prinoth – Tecchiati – Parnigotto 2006: 41-42).
Prima di questa continuità dall’indoeuropeo al celtico e al venetico non risultano altri strati né toponomastici né lessicali. I relitti attribuiti a un ipotetico sostrato ‘mediterraneo’ preindoeuropeo
ricevono una regolare etimologia indoeuropea secondo la fonologia
diacronica dell’asse genetico delle lingue indoeuropee storicamente
attestate nelle aree mediterranee (nel caso dei sostrati preromanzi
soprattutto le lingue italiche e celtiche): *kălā / *gālā ‘sasso’ < *kl-�
/ *gōl-ā < *k�l-�h₂₄ / *gōl-ăh₂₄ < *kh�ōl-ăh₂₄ ← √*kh�ĕl- (√*kăl-) ‘duro’ 93; *kărrā ‘sasso’ < *(s)ks-� < *(s)ks-�h₂₄ ← √*(s)kĕrs- ‘esser duro’94, senza alternanza fra /l/ e /r/. Il vocalismo /a/ risulta dovuto
alle laringali indoeuropee (*ăsā ‘fonte, fiume corto, affluente’
< *h₂s-ăh₂₄ ← √*h₂ă(hₓ)s- ‘attingere’ 95) o alla loro combinazione
con le sonanti (*krăppā ‘sasso’ < *k�p-n� < *kh₁p-n�h₂₄ ← √*krĕh₁pPokorny (1959: 523-524); si noti che /g/ < */kh�/ spiega l’‘alternanza’ /k/÷/g/.
Pokorny (1959: 531-532 ³√*kăr-, con rimando a ⁴√*(s)kĕr(hₓ)- ‘tagliare’ 938-947).
95 Pokorny (1959: 90), Mallory – Adams (1997: 169), Rix – Kümmel ĕt ăl. 2001²:
275-276), ma lat. hăstŭs < *ʱŏ-ĭs-tŏ-s (← √*ʱĕ- ‘versare’, īnfrā), non *h₂ă(hₓ)s-tŏ-s.
93
94
180
= √*krĕ�p- ‘saldo’96; *mălā ‘altura’ < *m��-� < *m�h�-�h₂₄ ← √*mĕlh�= √*mĕl�- ‘risaltare; altura’ 97); quando si tratta di lessemi attestati in
area a sostrato gallico, entra in gioco anche il trattamento celtico
delle sonanti: *găndā ‘luogo ghiaioso’ < *gʱ�dʱ-� < *gʱ�dʱ-�h₂₄
← √*gʱĕndʱ- ‘macinare; qualcosa di piccolo, un pezzettino’98, *gărrā
‘sasso’ < *ʱs-� < *ʱs-�h₂₄ ← √*ʱĕrs- ‘essere duro’99. Come nei due
ultimi esempi, le sonore fiatate / mormorate aspirate indoeuropee
presentano esito celtico in *gāā ‘fossato’ < *ʱō-ā < *ʱō-ăh₂₄
← √*ʱĕ- ‘versare’ 100 oppure *ʱ�-ā < *ʱ�h₂(/₄)-ăh₂₄ ← √*ʱĕh₂(/₄)(√*ʱă-) ‘spalancarsi’101 (dal corrispondente tema in *-ŏ- indoeuropeo
*ʱō-ŏ- > celtico *gāŏ- si ha l’appellativo giaf ‘alveo, vallone torrentizio’ conosciuto anche nella toponomastica fassana, cfr. Ghetta 1990)
e *grāā ‘greto’ < *ʱr�-ā < *ʱr�h₂₄-ăh₂₄ ← √*ʱrĕh₂₄- (√*ʱră-)
‘sfregare su qualcosa, strofinare’ 102 (allora ‘mediterraneo’ = celtico).
Etimologie indoeuropee alternative all’Ipotesi Mediterraneista
sono state avanzate nella prospettiva di un (sub)sostrato ‘indoeuropeo centro-occidentale tardo’ qualificato dapprima come ‘(veneto-)illirico’ o ‘paleoeuropeo’/alteuropäisch (v. Ölberg 1971) e negli
ultimi decenni, soprattutto nell’àmbito della Scuola Toponomastica
Tirolese, come ‘indoeuropeo alpino orientale’ (Ostalpenblock o Ostalpenindogermanisch), distinguibile in ‘indoeuropeo alpino orientale A’ e
‘indoeuropeo alpino orientale B’ 103. Dato che lo strato celtico104 è
attestato – dalle iscrizioni oltre che dal lessico di sostrato – anche al
di fuori della toponomastica, mentre l’indoeuropeo alpino orientale
B (Ostalpenindogermanisch B) no – né da iscrizioni né da lessico di sostrato (almeno finora) – e i toponimi in /#B-/ < */#Bʱ-/ presentaPokorny (1959: 620), cfr. *krĕh₁p-ŏs-tĭ-s > russo �������� <krépost’> ‘fortezza’.
Pokorny (1959: 721-722), Rix – Kümmel ĕt ăl. (2001²: 433-434); *Mĕlh�-ŏ-s > Mele.
98 Pokorny (1959: 436[-437]); cfr. *gʱnŏdʱ-n-s > germ. *gnăttă-z > ted. Gnatz ‘crosta’.
99 Pokorny (1959: 445-446); *ʱŏrs-ĭdʱh₁-ŏ-s ‘che provoca ruvidità’ > latino hŏrrĭdŭs.
100 Pokorny (1959: 447-448), Rix – Kümmel ĕt ăl. (2001²: 179); *ʱĕ-tĭ-lĭ-s > fūtĭlĭ-s.
101 Pokorny (1959: 449), *ʱ�h₂(/₄)-ŏs- > greco �άος <k��ŏs>; *ʱ ă�ŏ[h₂(/₄)]-ŏ-m > Gau?
102 Pokorny (1959: 460-462), cfr. *ʱrh₂₄-(ŏ-)m� > greco �ρ�µ� <k�r�mă> ‘colore’?
103 Ostalpenindogermanisch A o f-Schicht (= venetico [Schürr 2005], con mantenimento di
/*ŏ/ indoeuropeo ed esito /*#bʱ-/ > /*#f-/, Kollmann 1997, 1998; /-ĭr-/ < /-ĕr-/
venetico prima di consonante [meglio che vedervi un peculiare esito di *//] in Virgl
/Virgolo < *Fĭrgŏlŏ- < indoeuropeo *Bʱĕrʱ-ŏ-lŏ- ‘piccolo monte’ anziché *Bʱʱ-ŏ-lŏ-) e
OAidg. B (gruppo ‘retico’ di varietà indoeuropee cĕntŭm – ‘breonico’, ‘genaunico’, ‘focunatico’, ‘venostano’, ‘isarchico’, ‘anaunico’ &c. – in gran parte del Tirolo, con esito
/*#bʱ-/ > /*#b-/ e /*ŏ/ > /*ă/, Ölberg 1963: 355-356, Anreiter 1997a, 2001: 10-13).
104 Comunque presente nella toponimia tirolese (Anreiter 2016²): portato di migrazioni relativamente recenti (per quanto pur sempre nell’Antichità) o persistenze
dalla fase indoeuropea comune come nella toponomastica cisalpina (v. sŭprā, § 1)?
96
97
181
no sempre una regolare fonetica storica celtica105, le differenze dell’indoeuropeo alpino orientale B rispetto al celtico a livello lessicale
e morfologico-derivazionale non sono maggiori di quelle fra i diversi rami dello stesso celtico; il criterio decisivo è costituito dal
trattamento fonistorico di *//, */ē/, */ĕ/, delle sonanti */�/, *//,
*/�/, */�/ e dell’occlusiva */g�/ 106. Le discrepanze per *//, */ē/,
*/ĕ/ e le sonanti richiederebbero di conoscere l’esatta quantità vocalica in epoca antica (pressoché nella totalità dei casi inattingibile)
– altrimenti si neutralizzano nella postulazione di un grado apofonico o un altro – e la conservazione o meno di */p/, */k�/ e */g�/
deve essere osservata in sequenze che non possano essere attribuite,
in alternativa, all’indoeuropeo alpino orientale A (il retovenetico); poiché sono sempre possibili etimologie concorrenti107, se l’intero cŏrpŭs
dell’indoeuropeo alpino orientale B (costituito da soli toponimi) può
essere interpretato anche con la Fonetica Storica celtica antica (per intero e senza ulteriori postulati) oppure ascritto in alternativa all’indoeuropeo alpino orientale A ossia, in pratica, al venetico108, allora bisogna se non altro tenere in considerazione la possibilità che l’indoeuropeo alpino orientale B sia una lingua celtica antica, salvo il residuo da attribuire all’indoeuropeo alpino orientale A = (reto)venetico.
5. Conseguenze per l’etimologia di Bregostan(a)
Il quadro che emerge dalla Toponomastica è che i sostrati celtico e
venetico si siano differenziati ĭn lŏcō, secondo dinamiche geolinguistiche, dal comune antecedente indoeuropeo preistorico, senza
precedenti subsostrati anarî. Poiché la prima antropizzazione umana moderna delle Valli, almeno a livello di conoscenza dei luoghi,
si colloca al più tardi nel Mesolitico (v. Lunz 1979, Ghetta – Pa105 I casi di */ă/ < */ŏ/ sono sempre reinterpretabili come */ā/ celtica < */ō/ (o
*/ă/ in *ăn < *�); */p/ si conservava in aree celtiche marginali (ĕ. g. Piario [Bergamo] < orobico *Plār�ŭ-s < indoeuropeo *P�h₁₂-r-�-ŭ-s > celtico *Lār�ŭ-s [> Lārĭŭs
> Lario] > gallese llawr¹ ‘fondo di valle o di mare’) e comunque nella toponimia
‘alpina orientale B’ può altrettanto essere il regolare esito celtico centrale di */k�/.
106 Gli altri principali mutamenti riscontrabili con sufficiente frequenza nel cŏrpŭs
toponomastico sono comuni al celtico e all’indoeuropeo alpino orientale B, che
per il resto condividono la conservazione della fonologia indoeuropea preistorica.
107 Una con */p/ indoeuropeo e una con */k�/ per una forma che presenti */p/;
una con */g�/ indoeuropeo e una con */g�ʱ/ per una forma che presenti */g�/.
108 Il venetico è l’altra classe linguistica indoeuropea, insieme al celtico (v. sŭprā),
indipendentemente attestabile nell’area (a differenza dell’ipotetico ‘illirico cĕntŭm’).
182
squali 1987, Lanzinger 1991) e nel per molti versi parallelo contesto dell’Alta Valtellina risulta (dalle attuali indagini paleoidrologiche e paleogeologiche, v. Dei Cas 2002) che si sia mantenuto fino
al XIX secolo il ricordo esatto dell’esistenza e della formazione del
Lago di Sóndalo (Sondrio) da 8000 a 5000 anni orsono, è d’obbligo
l’ipotesi – del tutto compatibile coi dati della Genetica delle Popolazioni – che la continuità linguistica locale dall’indoeuropeo preistorico ai sostrati preromani celtico e venetico risalga almeno al
Mesolitico (e che quindi la lingua parlata dall’Uomo di Villabruna,
dal Cacciatore di Mondeval e da Ötzi fosse l’indoeuropeo preistorico
da cui si sono poi sviluppati il [reto]venetico e il celtico locali; di
ciò altrove [dalla prima versione, più estesa, di questo contributo]).
Nel quadro di una continuità celtica dall’indoeuropeo in Val di
Fassa, si dànno le condizioni per un’etimologia di bregostán ‘uomo
selvatico, di indole malvagia’ / bregostana ‘donna selvatica, di indole
malvagia’ (de Rossi 1914/1999: 37) che faccia riferimento alla Preistoria, superando la pur già alta cronologia di Alinei (1985) e Alinei
(1999: 170-173), ma d’altronde senza retroproiezioni del latino a
prima dei Romani. In assenza di un’evidente etimotesi (neo)latina,
in prospettiva indoeuropea non italica (per /*#bʱ-/ > /*#b-/) è facilmente ricostruibile un composto possessivo aggettivale prelatino
(v. īnfrā per l’attribuzione) *brĕkŏstānŏ-s, *brĕkŏstānā < indoeuropeo
*bʱrĕk-stā-n-ŏ-s, *bʱrĕk-stā-n-ā < *bʱrĕk-stăh₂-n-ŏ-s, *bʱrĕk-stăh₂n-ă‧h₂₄ ‘che ha dimora fra gli alberi’ (composto exocentrico accentato sul primo elemento109) � *bʱrĕk-ŏ- ± ‘albero’ (� *bʱrēk-ă‧h₂₄
‘fatto di albero’ > *bʱrēk-ā > protoslavo *br��a ‘succo d’albero [liquido sporco, brodaglia]’110) + *sth₂-nŏ-m ‘luogo, dimora’ (� √*stăh₂‘stare’111; cfr. la possibile etimologia Bauzanum < gallico *Băgŏ�ānŏ-n
V. Wackernagel (1905: 291-293), per l’antico indiano ma anche per l’indoeuropeo.
Trubačev (1976: 15-16); *bʱrēk-ă‧h₂₄ è un derivato v�ddʱĭ-, *bʱrĕk-ŏ- ne è la materia.
111 Pokorny (1959: 1004-1008), Mallory – Adams (1997: 542), Rix ĕt ăl. (20012:
590-592). Il lessema indoeuropeo preistorico *stăh₂-nŏ-m > tardoindoeuropeo *stānŏ-m doveva essere rimasto anche in celtico antico nella forma *stānŏ-m (>*stānŏ-n),
al plurale *stānā, come fa supporre il nome di luogo Stānācŭs* (o Stānācŭm*: Stanaco, �tĭnĕrārĭŭm Ăntŏnīnī Ăugŭstī 249, 4) e localizzabile nella zona dell’attuale Engelhartszell presso Schärding (Alta Austria): Stānācŭs* (o Stānācŭm*), con caratteristico suffisso gallico *-ākŏ-n (de Bernardo Stempel 1999: 327-330), presuppone un
lessema celtico *stā-nā (Holder 1904: 1634-1635). Il corrispondente aggettivo verbale sostantivato maschile *stānŏ-s (in accezione attiva: ‘che sta, che dimora’) o addirittura il medesimo neutro *stānŏ-m ‘territorio’ incorporato in un composto possessivo maschile (‘che ha il territorio…’), al plurale, si può riconoscere nel nome
del popolo paleoispanico dei Bĕrgĭstānī (Lī. XXXIV 16, 9; 17, 5; 21, 2 e 6, cfr. 21,
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110
183
< *Băgŏstānŏ-m < indoeuropeo *Bʱăg-ŏsth₂-nŏ-m ‘luogo degli Dèi’,
cui in questo caso si può forse aggiungere Bregazzana [frazione montana di Varese] se è da *Bʱrĕk-ŏsth₂-nă·h₂₄ ‘dimore fra gli alberi’, equabile o quasi equato – in quanto composto endocentrico anziché
exocentrico – di bregostana). La variante bregosta, se non rappresenta
un composto con secondo elemento radicale (atematico *bʱrĕk-ŏstăh₂
> *bʱrĕk-ŏstā o tematico *bʱrĕk-ŏsth₂-ă‧h₂₄ > *bʱrĕk-ŏst�ā, entrambi
> *brĕkŏstā)112, potrebbe continuare un equabile *brĭdŭkŏstĭ-s (< *bʱrĭd�ʱ�‧ŭ-k-ŏs‧tĭ-s) o addirittura un equato (celtico *brēdŭkŏstĭ-s < indoeuropeo *bʱrĕ-d�ʱ�·ŭ-k-ŏs·tĭ-s; meglio ancora, *bʱrĕ-d�ʱ�‧ŭ-k-ŏs‧tă‧h₂₄ > celtico *brēdŭkŏstā non richiederebbe neppure un metaplasmo [neo]latino) del protoslavo *brid�kost� f. ‘severità’ 113 < *bʱrĕ-d�ʱ�‧ŭ-k-ŏs‧tĭ-s
1 Căstrŭm Bĕrgĭŭm, identificato con l’attuale Berga, capoluogo della comarca catalana
di Berguedà, nell’alta Valle del Llobregat, chiusa a Nord da passi sopra i 2000 metri di altezza), a meno che si tratti di un etnico (nome di abitanti) formato per
mezzo del suffisso -ānī dal nome di luogo Bĕrgĭstŭm, a sua volta interpretabile come composto indoeuropeo (celtico) con lo stesso primo elemento *Bĕrgĭ(< indoeuropeo *bʱĕrʱ-ĭ- ‘monte’ ← √*bʱĕrʱ- ‘essere alto; alzarsi’, Mallory – Adams
1997: 269, Wodtko – Irslinger – Schneider 2008: 30-34) e un secondo elemento di
composizione *stŏ- ‘luogo’ sinonimo e corradicale di *stānŏ-m (v. nota seguente)
oppure come, invece, un aggettivo superlativo (sostantivato) *bĕrgĭstŏ- dall’indoeuropeo preistorico *bʱ�rʱ-ĭsth₂ŏ- (> indoeuropeo tardo *bʱ�rʱĭst�ŏ- > antico indiano
brhĭ��hă- ‘molto forte, molto alto, molto sonoro’, avestico recente b�r�zĭ�tă- ‘altissimo’, Wodtko – Irslinger – Schneider 2008: 31). In tedesco esiste Bergistan (scherzoso).
112 Per una possibile alternanza fra *stăh₂-nŏ-s > *stānŏ-s ‘che sta, che dimora’ e *stŏ‘luogo’ (< indoeuropeo *sth₂-ŏ- ← √*stĕh₂-‘stare’, Pokorny 1959: 1004-1010) cfr. la
coppia Bĕrgĭstānī ÷ Bĕrgĭstŭm menzionata alla nota precedente. Un sostantivo celtico *stŏ- ‘luogo, posto’ ricorre sicuramente come secondo elemento di composizione *stŏ- ‘luogo’ nel composto *bŏstŏ-m ‘luogo dei buoi, stalla’ (< indoeuropeo
*g�ŏsth₂-ŏ-, v. Hubschmid 1964), attestato in celtiberico (alla quarta riga della facciata A della prima tavola di bronzo scoperta nel sito archeologico di Contrebia Belaisca, sull’altura oggi detta Cabezo de las Minas presso Botorrita, 20 chilometri a SudOvest di Sarragoza, in Aragona, Untermann – Wodtko 1997: 561-574) nella resa
grafica trascritta come <Pou�Tom> (Untermann – Wodtko 1997: 572); lo stesso composto celtico *bŏstŏ-m ‘luogo dei buoi, stalla’ si ritrova, attraverso il latino arcaico
*Boustum > latino classico *Būstŭm, in Busto Arsìzio (Varese) e Busto Garolfo (Milano).
113 Trubačev (1976: 27-28). I due confronti con il lessico slavo, in particolare quello con *brid�kost�, che implica un’identità quasi totale di formazione della parola,
richiamano sia la teoria alineiana dell’etnogenesi ladina da Slavi Alpini in epoca
preromana (Alinei 2000, su cui cfr. Birkhan 2000: 347-348) sia l’ipotesi sviluppata
da Jokl (1946) secondo cui all’interno del retico prelatino (specialmente nell’alto
bacino dell’Adda e del[lo] Inn) si può individuare una componente affine all’albanese e alle lingue slave; a tal proposito è opportuno aggiungere un paio di precisazioni. Anzitutto, sia lo slavo alpino della Teoria della Continuità alineiana (per definizione) sia il ‘retico’ albano-slavo di Jokl sono ricostruiti nella forma di lingue
184
� *bʱrĕ-d�ʱ�‧ŭ-kŏ-s ‘aspro, pungente’ � *bʱrĕ-d�ʱ�-ŭ-s ‘ĭd.’ � √*bʱrĕ(-d�ʱ�)‘tagliare’114 (‘malvagia’ sarebbe così la bregosta; la bregostana ‘selvatica’).
Un suggestivo parallelo per l’etimologia di bregostana < celtico115 *brĕkŏstānā < indoeuropeo *bʱrĕk-stăh₂-n-ă‧h₂₄ ‘che ha diindoeuropee di tipo săt��m (quindi – fra l’altro – con affricazione del fonema preistorico /*/), mentre l’etimotesi *brĕkŏstŏlā < *bʱrĕ-ŏstŏl-ă·h₂₄ (cfr. īnfrā) implica
un trattamento cĕntŭm (/*k/ < /*/). Inoltre, la selezione del lessico locale è assegnata, nel quadro in cui opera il presente lavoro, alla fase indoeuropea preistorica,
allorché i varî dialetti indoeuropei regionali dell’area partecipavano a isoglosse lessicali con altri, fra cui quelli confluiti nell’insieme baltoslavo o nei ling uemi paleobalcanici (così come i dialetti indoeuropei ‘mediterranei’ partecipano a isoglosse
lessicali col celtico e in parte sono confluiti nel celtico, alcuni forse addirittura fin
da [prima de]lla nascita di quest’ultimo come fase distinta dall’indoeuropeo preprotoceltico), mentre in séguito, all’epoca delle trasformazioni storico-fonetiche
postindoeuropee, sono stati separati da isoglosse diverse (in particolare da un lato
*/#bʱ-/ > */#b-/, dall’altro */#bʱ-/ > */#f-/, come visto sŭprā), pur in un generale mantenimento del fonema indoeuropeo */ŏ/ e con trattamento cĕntŭm delle
occlusive palatali indoeuropee. Che britola &c. ‘coltello a serramanico, temperino’
(romancio e bregagliotto bricla) sia una mutuazione (Meyer-Lübke 1935³: 118 №
1317 con bibliografia, Kramer 1971: 25, Alinei 2000: 43-44) dallo slavo – in particolare sloveno o croato – britva ‘rasoio’ (Trubačev 1976: 32) implica la mediazione
di un derivato *brit�la (non continuato nelle lingue slave) dell’equabile *brit� ‘punta; lama, filo’ (Trubačev 1976: 32) < indoeuropeo *bʱrĭhₓ-tŭ-s ← √*bʱrĕ-hₓ- ‘tagliare
con uno strumento aguzzo’ (Pokorny 1959: 166-167, Rix – Kümmel ĕt ăl. 2001²:
92-93): tanto vale postulare – data l’area – un celtismo altrettanto ricostruito (la
medesima radice è anche celtica), *brītŭlā < *bʱrītŭlā < *bʱrĭhₓ-tŭ-lă‧h₂₄ ← *bʱrĭhₓ-tŭ-s
← √*bʱrĕ-hₓ- (in ossequio al Rasoio – letteralmente – del britannico Ockham...).
114 Pokorny (1959: 166-167). Altro etimo, nonostante la somiglianza fonica (che
suggerirebbe l’interpretazione sincronologica ‘strega ereditaria’), avrebbe bregóstola
da ciandeile(s) ‘goccia di candela’ (de Rossi 1999 [1914]: 37, Grzega 2005: 96; su
gentile indicazione di Vittorio Dell’Aquila, 11 febbraio 2006) < preromano *brĕkŏstŏlā < indoeuropeo *bʱrĕ-ŏstŏl-ā < *bʱrĕ-ŏstŏl-ă‧h₂₄ � √*bʱrĕ- ‘cadere a
gocce, infrangersi’ (Mann 1984-1987: 101-102, Mayrhofer 1986-1992: 276-277),
cfr. antico indiano bʱră��yă- tĭ + √*stĕl- ‘porre, eretto, immobile, rigido, supporto,
palo, ceppo, gambo, stelo’ (Pokorny 1959: 1019-1020), cfr. latino stŏlō m. ‘germoglio, pollone (dell’albero) che sottrae nutrimento al tronco’ (Walde – Hofmann
31938: II, 599-600); *bʱrĕ-ŏstŏl-ă‧h₂₄ sarebbe la goccia che esce dall’albero (‘pollone che gocciola’) e quindi richiede la specificazione quando è detta della candela
(bregóstola da ciandeile(s)). L’esito /k/ < *// precisa che la lingua preromana locale
ha preso parte all’isoglossa cĕntŭm (quindi non è né illirica propria né baltoslava,
cfr. sŭprā); /#b-/ < */#bʱ-/ e la conservazione di */ŏ/ la identificano come celtica.
115 Birkhan (2000: 340 nota 51) propone timidamente un confronto di Bregostan
con brego ‘erica’ (= bré�g� celtema, v. Elwert 1943: 215-216: cazét brégå, Mazzel
1976: 23, brega Grzega 2005: 96; moenàt brög, Dell’Antonio 1972: 27) < *BRǪKỌ,
che Hubschmid (1968: 330-332) riconduce, insieme alle più diffuse varianti *BRỌKỌ e *BRỤKỌ (< *BRŪCŬ-), a riflessi del celtico *rŏkŏ-s, benché di *brūkŏ-s ‘erica’
185
mora fra gli alberi’ è il pressoché sinonimo – con identico secondo
elemento di composizione – fiamazzo craostana (Alinei 1999: 171)
< celtico *krāŏstānā116 < indoeuropeo *krōstān-ā < *krōh₂₄-
stăh₂-n-ă‧h₂₄ ‘che ha dimora in un tugurio / una tana’, con primo
elemento identico al gallese crau ‘tugurio, porcile, tana’ < *krāŏ-s 117
< *krōh₂₄-ŏ-s ← √*krĕh₂₄- ‘rappreso, coagulato; sangue denso,
< ‘nero’ (Hubschmied 1933: 258 nota 2) sia possibile, sempre attraverso il gallico,
una specifica etimologia indoeuropea, *bʱrŭhₓ-kŏ-s ← √*bʱrĕhₓ- ← ⁵√*bʱĕrhₓ- ‘brillante, nero lucido’ (Pokorny 1959: 136-137; diverso da √*bʱĕrhₓ- di Mallory – Adams 1997: 539), a meno di ricostruire √*bʱrĕ- (senza ŭltĭmă lăr�ngālĭs), che spiegherebbe sia * BRŪCŬ- < latino arcaico *brŏcŭs < celtico *brŏkŏ-s < indoeuropeo
*bʱrŏ-kŏ-s (che sarebbe anche l’esito indoeuropeo comune di *bʱrŏ[hₓ]-kŏ-s) sia
*BRŬCŬ- < celtico *brŭkŏ-s < indoeuropeo *bʱrŭ-kŏ-s; soprattutto, *BRǪKỌ si può
retroproiettare (attraverso *BRŎCŬ-) come celtico *brŏkŏ-s (femminile *brŏkā > latino volgare *BRỌCA > *bröga > bré�g�) < indoeuropeo *bʱrŏ-ŏ-s, *bʱrŏā < *bʱrŏ-ă‧h₂₄
← √*bʱrĕ- → *bʱrŏ-n-s > celtico, gallico *brŏkkŏ-s > brocco ‘difettoso’ (MeyerLübke 1935³: 118 № 1319) ÷ *bʱ-ŏ·h₂ (> latino fărcĭō), cfr. īnfrā *bʱrō-n-s / *bʱrōkŏ-s > celtico *brākkŏ-s > brach (oppure *bʱrō-ŏ- > celtico *brākŏ- > irlandese brách
‘giudizio’, cfr. ĭbīd., eventualmente nel primo elemento di *Bʱrō-ŏh₂ărh�-ŏs- /
*Bʱrō-ŏh₂ărh�-ŏ-m ‘campo del giudizio’ o ‘campo splendente’ [← √*bʱrĕ- ‘splendere’, Pokorny 1959: 141-142] > ispanoceltico Brācărēs / Brācărī, [Ăugŭstă] Brācără,
Holder 1896: 505-508, cfr. Holder 1907: 922), altrimenti da indoeuropeo *bʱrŏk-ŏ-s,
*bʱrŏkā < *bʱrŏk-ă‧h₂₄ ← √*bʱrĕk- → *bʱrĕk-ŏ- ± ‘albero’ (appunto nel composto
*bʱrĕk-stăh₂-n-ŏ-s, *bʱrĕk-stăh₂-n-ă·h₂₄ ‘che ha dimora fra gli alberi’ > bregostan, bregostana) � *bʱrēk-ă·h₂₄ ‘fatto di albero’ > *bʱrēk-ā > protoslavo *br��a ‘succo d’albero (liquido sporco, brodaglia)’ (Trubačev 1976: 15-16), v. sŭprā. Birkhan l. c. ritira la propria proposta di fronte a un derivato (*pră�pŏsĭtānŭs?) di pră�pŏsĭtŭs per cui
rimanda a Plangg 1995: 116-118, ma in Plangg 1998/2011: 90 si legge «un PRAEPOSITUS, proposto da Schneller, non convince» e Bregostan(a) viene confrontato
(come in Plangg 2008/2011: 130) col gallese brag- ‘palude’ (v. anche più diffusamente Plangg 1999/2011: 78-79) < *bʱhₓŏ- o *bʱhₓăh₂₄ già visto per *Bʱhₓăh₂₄-ăs
‘paludi’ > Prags/Braies (sŭprā, § 3; cfr. Plangg 1999/2011: 79), anche se in tal caso
ci si potrebbe attendere †*Bragostan(a). Lo stesso Plangg (1997/2011: 100-101;
2001/2011: 117; 2008/2011: 126-127) ha individuato l’argomento più forte a favore della celticità del sostrato nell’idronimo Duron < *Dūrōnŭm < latino arcaico
*Dŏrōnŭm < celtico *Dŏrōnŏ-n < *Dŏrŏŏnŏ-m < *Dŏrŏɸŏnŏ-m < indoeuropeo
*Dʱŏ-rŏpŏn-ŏ-m ‘Acqua del fiume’ (v. sŭprā, § 1), con esito sonoro modale della
sonora fiatata / mormorata aspirata iniziale e dileguo di */p/, entrambe trasformazioni celtiche (e non venetiche); due acutissime spie celtiche – la medesima defonologizzazione di */p/ indoeuropeo e la trasformazione celtica centrale di */k�/
in un nuovo fonema */p/ – si trovano nel lessico ladino di sostrato: orcena ‘schifezza, porcheria’ < *ŏrkĭnā ← celtico *ŏrkŏ-s < indoeuropeo *pŏrŏ-s, petorcena ‘malattia’
< celtico *pĕttŏ[ɸ]ŏrkĭnā < ‘schifezza di condizioni’ (gallese peth ‘condizioni, caratteristica’ < celtico centrale *pĕttŏ-s < indoeuropeo *k�ĕt-n-s) < *k�ĕt-npŏr-ĭnă‧h₂₄.
116 Per il dileguo (sporadico) di -v- intervocalica cfr. Heilmann (1955: 177-178).
117 Thomas (1950-1967: 582); *Krōh₂₄-ŏ-dă‧h₂₄ ‘che ha tugurî’ > Craveggia (VCO)?
186
rappreso, carne cruda, sanguinolenta’118. Anche l’agordino kavestrana (Alinei 1999: 171) è passibile, fra le altre, di un’etimologia prelatina: venetico *kăpĭstrānā < indoeuropeo *kăpĭstnā < *kăp-ĭ
sth₁-nă‧h₂₄ ‘che ruba afferrando’ ← *kăp-ĭ (come primo elemento
di composto in Morfologia ‘Caland’ 119) = *kăp-rŏ- ‘che afferra’
(← √*kăp- ‘prendere, afferrare’120) + *sth₁-nŏ- ← √*stĕrh₁- ‘rubare’121.
Perfino il mocheno grausteina (Alinei 1999: 171) potrebe rappresentare un relitto di (sub)sostrato, se da confrontare col lituano
graustìn�, griaustìn� ‘tuono’ 122, griaustìnis, griaustin�s ‘tuono’, griaustìnis,
f. griaustìn� ‘relativo al temporale, al tuono’ (cfr. gria�stis ‘lamentarsi’,
gria�smas ‘tuono, baccano, frastuono’, griaudìmas ‘il tuonare’ &c. 123)
< *gʱrŏh₁-d-s-tĭ-n-ă·h₂₄ ÷ *gʱrĕh₁-d-s-tĭ-n-ă·h₂₄ ← *gʱrĕh₁-d-s-tĭ-n-ŏ-s
← √*gʱrĕh₁-d- ← √*gʱrĕh₁- ‘cadere, precipitarsi’ 124 → *gʱrōh₁-d-s-tĕn-ă·h₂₄ ‘relativa al temporale, al tuono’ > *gʱrōdstĕnā > celtico
*grā[s]stēnā > ladino �*�graustéina (la pertinenza dell’iconimo per una
gigantessa può essere variamente giudicata; in ogni caso non sembra peggiore, dal punto di vista motivazionale, che Grabstein di Alinei 1999: 172 e sul piano della forma è almeno altrettanto regolare).
6. Appendice (abibliografica): leggende fassane, iscrizioni retiche e testi indoeuropei125
La narrazione riportata col titolo Bregostane da de Rossi (1912/1984:
196) presenta alcune qualifiche («Le era salvarie e kative e le vivea
da l robar e rabiar») che coincidono o quasi con tre degli etimi proposti sŭprā (§ 5) per bregostana e bregosta (< *bʱrĕk-stăh₂-n-ă·h₂₄ risp.
Pokorny (1959: 621-622), Mallory – Adams (1997: 71); *krŏh₂₄-ŏdʱh₁-ŏ-s > crūdŭs.
Nussbaum (1976); *-rŏ-/*-ĭ-, ĕ. g. *bʱʱ-rŏ-s (> tocario B parkre ‘alto’) ÷ *bʱʱ-ĭ
pōd-ŏ-s > avestico b�r�zi.pā�ō (Yt. 15. 54) ‘dal piede alto (incurvato)’ / ‘con alti stivali’.
120 Pokorny (1959: 527-528). È uno dei casi certi di fonema indoeuropeo
preistorico */ă/ non dovuto a colorazione da laringale, v. Mayrhofer (1986: 170).
121 Pokorny (1959: 1028), Rix – Kümmel ĕt ăl. (2001²: 599); anche ‘essere derubato’.
122 Il sinonimo ladino zondra ‘tuono’ < *stŏn[h₂₄]-dʱrăh₂₄ ‘insieme di ciò con cui si fa
rumore’ oppure *stŏn[h₂₄]-răh₂₄ ‘tuono’ risulta (secondariamente?) omofono di zondra ‘rododendro’, di etimologia dibattuta (preromano ĕ. g. per Elwert 1943: 205 e
212-213 [nel caso, indoeuropeo *stŏm[hₓ]-dʱrăh₂₄ ‘insieme di luoghi di ostacolamento’?], altrimenti dal bavarese zunder ‘esca per il fuoco’, v. Hubschmid 1950: 84-86).
123 Kurschat (1968: 635, 643-644 [di perkúnija ‘tuono’]), cfr. Fraenkel (1962: 168).
124 Pokorny (1959: 460), Rix – Kümmel ĕt ăl. (2001²: 202), Derksen (2015: 187).
125 Sono qui riassunte le parti essenziali di alcuni paragrafi da una precedente
versione, molto più estesa, di questo contributo. Le ragioni di spazio che hanno
imposto il taglio impediscono di riportare le argomentazioni glottologiche e la
relativa bibliografia, per le quali si rimanda a una o più prossime pubblicazioni.
118
119
187
*bʱrĕk-ŏsth₂-ă·h₂₄ ‘che ha dimora fra gli alberi’ = salvaria e *bʱrĕ-d�ʱ�·ŭk-ŏs·t·h₂₄ ± ‘che ha severità’ ÷ cativa) e per l’agordino kavestrana
(< *kăp-ĭsth₁-nă·h₂₄ ‘che ruba afferrando’ = le vivea da l robar e rabiar).
Poiché bregostana e bregosta implicano una mediazione fonistorica
celtica e kavestrana venetica, l’unico nodo genealogico comune (prima del latino volgare) in cui i loro antecedenti potevano coesistere
è l’indoeuropeo preistorico (eventualmente fino alla sua più tarda
continuazione centro-occidentale come italoceltico, in questo caso
celtovenetico). È quindi del tutto lecito ricostruire in indoeuropeo
preistorico – da cui si sarebbe tramandata di generazione in generazione (spontaneamente adattata alle trasformazioni fonologico-diacroniche e attraverso una traduzione dal basiletto celtico preromano al latino nel momento della sostituzione di lingua) – la descrizione delle Bregostane, che in de Rossi (1912/ 1984: 196) inizia così:
L era zenza religion. Le era salvarie e kative e le vivea da l robar e rabiar. Le era burte, sece e pelouse. Le aea n ciaf gran deske na cialvia, ejes gregn, oreje longe,
bocia grana e nveze de man le aea ciate kon sgrife spize.
La traduzione equifunzionale in indoeuropeo ricostruito, con i tre etimi citati e per il resto con celtemi – dato che il sostrato della Val di
Fassa è celtico – di sicura attestazione (anche come composti) retroproiettati in fonologia e morfosintassi indoeuropee, suonerebbe:
*Tŏ
��dĕ-ă·h₂₄-ăs bʱrĕk-stăh₂-n-ă·h₂₄-ăs
[Na uta] zenza religion salvarie
bʱrĕ-d�ʱ�·ŭ-k-ŏs·tĕ-ĕs -k�ĕ h₁�tĭk�ĕ kăp-ĭsth₁-nă·h₂₄-ăs
kative
,
e
le vivea da l robar e rabiar
nŭ
s₂₍₄₎k-rŏg�ĕnh₂₍₄₎-ăs kŏ[hₓ]‧l-ă‧h₂₄-ăs -k�ĕ
[mben] burte
sece
,
h₁�tĭk�ĕ pŭ‧l-ăh₂₄-tă·h₂₄-ăs
e
pelouse
tŭ
�t-pĕd-ŏk�ĕ�g-nă·h₂₄-ăs
dĕr-ŏmŏh₁-ră·h₂₄-ăs -k�ĕ
[O] le aea n ciaf gran deske na cialvia ejes gregn
,
h₁�tĭk�ĕ lŏs-tŏsh₁-ră·h₂₄-ăs bĕk-lŏ(p)rĕm-ră·h₂₄-ăs -k�ĕ
oreje longe
bocia grana
,
e
bʱrŏ-nb�ʱ�r���-ă·h₂₄-bʱĭ-s
h₁s-�nt
kon ciate kon sgrife spize le era
Che l’indoeuropeo fosse l’unica tradizione linguistica nella Preistoria locale è notoriamente revocato in dubbio dall’attestazione del
retico epigrafico, la cui ermeneutica è d’altronde quanto mai controversa (compresa la lettura del segno ↿ come <p> o <t₃>). Qui si
188
può soltanto segnalare che per almeno quattro iscrizioni è formalizzabile (grazie a confronti indoeuropei) un’interpretazione celtica:
(VN-11) <lumene �a �i�iiii>126 = /lŭmmĕnē k� k�ĭtī ĭī/
‘(sott. *ăstn(ĭ)ī ‘[i pezzi di] ossa’) attraverso la perforazione per la
corda sono stati spaccati’
(BZ-3) <paniun �a�anuale | upiku perunies s�aispala>127
/bănn�ūⁿ ăssānŏălē ŭbīkū bĕrŏn�ĕs sk���ăsplā/
‘attingitoio delle gocce, da colei che porta, con (scritta?) da entrambi
i lati sul (= del) manico di accostamento’
(BZ-4) <peva�ni� esiu pikutiuti (i)sa�vili piperisnati>128
/Bĕā ă�nī-k ĕsŏ bĭkkŏdū-dī (ĭ)săkkŭīlī bĭbĕrĭsn(n)tĭ (o bĭbĕrī snătī)/
‘l’essere e (insieme) le ossa sue dal basso del sacro strumento passa(no) (collettivamente) allo stato di particolato (= si polverizza[no] in
forma) portabile (o ‘nel tempio del castoro’)’
(BZ-10.1) <pnake vitamu|late>129 = �*�Bĕn(n)ākĕ �ĭndămŏlātĕ
‘O (Dio) Benaco dai guerrieri massimamente cospicui!’
Ciò non pregiudica, naturalmente, che altre iscrizioni negli Alfabeti
di Sanzeno (o Bolzano) e di Magré (dal momento che non è garantito che siano tutte redatte in un unico codice) siano invece in una
lingua non celtica e più in generale non indoeuropea (e magari,
piuttosto, affine all’etrusco, in misura tale da giustificare la teoria
del nesso retotirrenico [anatolico o meno]); non si vuole infatti
proporre una nuova classificazione del retico, ma soltanto far presente che gli strumenti dell’Indoeuropeistica e della Celtologia sono
in grado di fornire una lettura glottologicamente corretta e accettabile di alcune iscrizioni in Alfabeto di Sanzeno (o di Bolzano)130.
126 III-I sec. a.C.; punta di osso, perforato (in séguito rotto) con foro passante, da
Ganglegg [Schluderns/Sluderno], rinvenuta nel 1997. Viene ritenuta di significato
sconosciuto; la sequenza �i�iiii non rappresenterebbe uno o più segni linguistici (!).
127 V-IV sec. a.C.; simpŭlŭm di bronzo da Siebeneich/Settequerce (Terlan/Terlano),
rinvenuto nel 1888. L’interepretazione corrente vi riconosce un “Dono/sacrificio
(t�aniun) a/da/per La�anu (offerente?) donato (ut�iku) di T�erunie (ricevente?)…”.
128 In scrīptĭō cŏntĭnŭă; frammento di recipiente di bronzo da Moritzing/San Maurizio di Bolzano, scoperto nel 1858/1860. Generalmente viene tradotta “…a/da/
per T�eva�ni�e- donato (ut�iku) come dono (a�vil) a/di �iu�i pubblico (t�erisna-)…”.
129 V-II sec. a.C.; stele da Pfatten/Vàdena, rinvenuta nel 1853. L’interpretazione
più diffusa è quasi identica, «(Dio) Benaco dai guerrieri massimamente cospicui»,
con morfologia etruscoide (anziché celtica), tutto il resto celtico (v. Markey 1997).
130 Così Markey – Mees (2004: 92-93) riconoscono nell’iscrizione ‘retica’ di Castaneda <UECEZUSEZT:ASTSTAZ:XUSUS> un testo leponzio «wege�o-se�t : aststa� : Gusos»,
189
Se alcune epigrafi ‘retiche’ sono interpretabili come celtiche,
quelle dello Steinberg 1-3 (scrīptĭō cŏntĭnŭă) sono in un linguaggio riconoscibilmente formulare, tale da poter essere retroproiettate in indoeuropeo ricostruito (al pari delle notizie sulle Bregostane), come indiziato anche dal fatto che le comparazioni lessicali sono in maggioranza non celtiche 131 (nonostante la fonetica storica sia tutta celtica):
<kastri esi etu nin lape> = celtico /kāstrī ĕsĭ ēt(ŏ)u, nĭn lăbĕ/
< indoeuropeo *ŏh₁str�h₂₄ h₁�s-[s]ĭ p�hₓtŭ (-ŏ), n�-m l₂₄g�-�
‘della scienza sei (nel) territorio, afferralo/a’;
<ritali esi kastri mi apet> = celtico /rĭdălī ĕsĭ kāstrī, m� ăb ēt/
< indoeuropeo *pd�[hₓ]-ĭh₂₄ h₁�s-[s]ĭ ŏh₁str�h₂₄, m�(h₁) h₂₄ăp h₁�-t(ĭ)
‘sei (nel territorio) della fiorita scienza, non va(da) via’;
<esi mnesi kastri ni aupe> = celtico /ĕsĭ mnĕsĭ kāstrī nī ăbĕ/
< indoeuropeo *h₁�s-[s]ĭ mn�s-ĭ ŏh₁str�h₂₄ n� h₂₄ăbʱh₂-ĕ
‘sei nella mente della conoscenza, non essere assente’.
Tutti questi in appendice sono tentativi ancora acerbi (le stesse letture epigrafiche sono incerte), per quanto molto meglio documentati in una versione più estesa del presente lavoro, ma nel complesso convergono verso il medesimo risultato delle etimologie dei paragrafi precedenti: l’area retica faceva parte dell’Indoeuropa preistorica e i sostrati prelatini (celtico e venetico) sono la trasformazione sul posto (nell’Età del Bronzo) dell’indoeuropeo locale, che
sicuramente era la lingua dei Pastori calcolitici – come riconosciuto pressoché da tutti – e, con ogni verosimiglianza, degli Agricoltori neolitici come Ötzi e dei Cacciatori-Raccoglitori epipaleoliticomesolitici come l’Uomo di Mondeval e quello di Villabruna.
cui si possono aggiungere quella in ‘Alfabeto (nordetrusco / nord-italico) di Sondrio’ da Tresivio «¹uelauiau- |²z :: esia.u» = /�ĕllā�ā ŭss ēsā-ŭ/ ‘(I) due Superiori
(sono) verso l’alto, ma (le) loro cose?’ e la consimile iscrizione di S. Maria di Montagna «]i :: iasaziz :: esiaeau» = /-]ī (oppure m]ĭ o ]ī) ās ssīss, ēsā; ĕ[]ā-ŭ/ ‘-]a (forse
nome di persona; altrimenti *mĭ ‘io’ o *ī ‘del quale’) della quale (le) ossa (complemento oggetto), le sue cose (sottinteso ‘vedete’?), ma lei?’; tutti sono testi celtici.
131 *ŏh₁str-m > antico indiano �āstrm ‘scienza’, *h₁�s-[s]ĭ > antico indiano sĭ ‘sei’,
*p�hₓ-tŭ -s > antico irlandese ¹íath ‘territorio’, *n�-m > greco ��� <n�n> ‘lo’, *l₂₄g�-�
> greco ��β� <lăb�> ‘prendi!’; *pd�[hₓ]-ŏ- > gallese rhyddail ‘fiorito’, *m�(h₁) > greco µ� <m�> ‘non’, *h₂₄ăp h₁�-mĭ > latino ăbĕō ‘vado via’; *m�n-ŏs > antico indiano
mnă� ‘mente’, *n� > antico irlandese ní ‘non’, *h₂₄ăbʱh₂ŏ-h₂ă > latino ăfŭī ← ăbsŭm ‘sono assente’ (tre confronti – *h₁�s-[s]ĭ, *m�(h₁) e *m�n-ŏs – sono indoeuropei
in senso lato, estesi a più classi; un altro è in particolare con l’antico indiano, due
col greco, due col latino, tre col celtico, con cui è comune la fonologia diacronica).
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L substrat prelatin de Fascia (por ejëmpl ti inoms sciöche Duron – magari
ince Ciadenac sce traduziun de *Brenta – o tles parores y i inoms mitologics
sciöche Bregostan(a)), l retich (‘tirrenich’) dles iscriziuns dla pert plü alta dla
Fopa dl Adesc y l Bloch dles Alpes Orientales (Ostalpenblock) dla Scora de
Despruch di inoms de lüch va a üna danter ëi y cun l substrat celtich dl
rest dl raiun alpin, zisalpin y transalpin, stlüt fora l venetich, che rüva tres
Fanes y Gherdëna (ël instës n relit de substrat, sciöche ince magari Corvara)
incina (pert d)l Tirol dl Nord (ince la renomeda triada Èores-Cèores-Anèores
abina na dret bela spligaziun indogermanistica). I inoms de lüch te B- de
substrat celtich y i corespognënc venetics te F- (por ejëmpl Bers(e)n/Fersina) án vegnü metü adüm canche i â düc l prezedënt deburiada *Bʱ- sciöche fonem inizial y i inoms zisalpins te -a(t) o -é (sciöche Brié) de traversamënc de rüsc (che i corespogn a chi gaelics te Áth) i desmostra che i ê nasciü almanco tla fasa linguistica indogermanica preistorica, zënzater tl IV.
milenar dan Geju Crist y ince danfora: de conseguënza, Ötzi – l’Om dla
Dlacia – baiâ tröp probabilmënter l lingaz indogermanich preistorich.
At least the longest – allegedly Tyrrhenian – ‘Rhaetic’ inscriptions from
the upper basin of the Etsch River can be revisited as Old (Continental)
Celtic evidence. This layer, along with the Illyrian-like linguistic notion of
Ostalpenblock by the Innsbruck School of Place-Name Studies, coincides
with the Pre-Romance substrate of Fassa Valley, as names of rivers (Duron) and of legendary or mythological fellows (Bregostan(a)) – maybe Ciadenac (Rosengarten) as well if it is a loan-translation of Pre-Roman mountain name Brenta – converge to prove. Gröden/Val Gardena, Kurfar/Corvara,
Fanes, and even the locally renowned place-name triad Èores, Cèores, Anèores can be ascribed to Pre-Latin (either Celtic or Venetic) substrates, too.
Toponymic Celtic/Venetic B-/F-pairs for one and the same object (e.g.
Bers(e)n/Fersina) strongly suggest common descent from names with *Bʱanlaut; Breien/Brié, in Tiers (→ Eisack) valley, and Cisalpine matches of
Gaelic ford-names with Áth were demonstrably coined in Proto-IndoEuropean age. Such a local-rooted diachronic continuity from Proto-IndoEuropean prehistory through Rhaetic inscriptions to Celtic and Venetic
substrate names throws a fresh insight into the language spoken by Ötzi
the Iceman Mummy of Similaun (IVth millennium BC) or even earlier,
which accordingly should quite likely be Proto-Indo-European itself.
206