TăruīsÚÚ s (> Treviso) e l’astionimo anatolico
(KUR URU)TA-RU-(Ú-)I-ŠA (già presunto = Troia)
Guido Borghi (Genova)
ABSTRACT. (T8ru=sGs
> Treviso and the Anatolian town-name KUR URUTa-ru-ú-i-Ea, formerly purported = Troy). T0ru3s<s f. = Ta-ru(-ú)-i-9a < *Tkhd-nm5hes-8-s ‘erosive girdle’;
in addition, Celtic/Venetic etymologies for -àgo/-a and -ìgo/-a-place-/river names between
Piave and Venice, for Biàdene, Brenta, Busta, Dese, Giàvera, Melma, Morgano, Nervesa,
Sile, Storga, Tolmezzo, Treviso-Bs, Villach/Beljak, Zero Branco, and PIE etymologies for
Anatolian [A-aô-ôi-j]a¸-wa-a, A-da-du-ra, A-la-at-ra, [Ar-duì-]uq-qa, D]u-un-t[a], Duúì-ra, dal-lu-wa, du-u-wa-al-lu-9i-ja, Ki-i9-pu-u-wa, Ku-ru-up-pí-ja, Lu-x-@a[ ], Paeu-ri-na, Pa-ri-i9-ta, Pa-9u-eal-ta, [Q]a-ra-ki-@[a, Ú-i-lu-9i-ja, Ú-na-li-ja, Wa-ar-9i-ja.
KEYWORDS: Celtic place-names between Brenta and Piave, Indo-European toponymical layer in Western Anatolia, Tarui9a, Tarvisio, Treviso, Venetic river names nearby.
1. Treviso: attestazioni e dossografia
La prima attestazione del nome di Treviso, 1 nell’aggettivo TNruWsOnÚs,
presenta qualche difficoltà relativa alla localizzazione topografica, v. BAILO
1900: 336-38.2 La forma latina del nome appare dapprima come TNruWsÚs
1
2
Il punto di partenza per la stesura di queste pagine è sorto dalla persona di Anna Lia
Defend, per la quale sono state pensate e cui sono rivolte con grande affetto e riverenza.
«[...] Le origini della città di Treviso sono oscure; gli autori più antichi non ne parlano affatto; appena indirettamente dal ben noto passo di Plinio il quale fa sorgere il Sile dai
monti tarvisani, se ne potrebbe conghietturare qualche cosa, se non proprio d’una città, almeno d’una località o d’ una gente, se sopra quel testo non si elevassero due difficoltà. La
prima: Il Sile presente non iscaturisce già dai monti, ma ha le sue sorgenti nel piano; tentare la sostituzione di fontibus a montibus è arbitrio che la buona critica non permette, poichè sarebbe forzare i testi per adattarli ai fatti in una tesi il cui fondamento è il testo. Nè il
Sile attuale è poi tal fiume che potesse presentarsi a Plinio, nel descriver la regione, con tanta importanza da metterlo in prima linea, tacendo affatto del Piave. La seconda difficoltà
sta pure nella parola Tarvisani, di cui non è chiaro il significato, se intendasi proprio di
Treviso o invece della Tarvisa, non molto lontano dalla quale nasce la Piave. ¶ Senonchè
comunemente già si ammette che l’antico Sile fosse appunto la presente Piave, il torrente
che scendendo dai monti, liberamente un tempo scorrendo di quà di là per la campagna
trivigiana, e in più rami, l’ha formata coi depositi delle sue ghiaie. ¶ Anche il presente Sile
altro non sarebbe infatti che Ä l’ultimo ramo del Piave, e deriverebbe ancora dalle sue infil-
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(femminile) e poi come TNruWsâÚm (neutro); una possibilità etimologica di
immediata evidenza è il confronto con il lessema celtico antico *tNrhã-s ‘toro’,
trazioni superficiali, correndo sull’antico letto del torrente che si vede tutto formato di sassi
e ghiaia, quali esso fiume, tranquillo com’è, non avrebbe potuto mai trasportare; mentre il
filo maggiore del torrente respinto per opere di difesa, continuò il suo corso col nome che
ha nelle natìe montagne, sempre minacciando di riprendersi l’antico suo letto. Basterebbe
infatti che la Piave rompesse l’argine a Narvesa [sWc], perchè, per la naturale bassura del terreno altre volte pur dalle sue piene percorsa, essa di nuovo venisse a congiungersi al Sile a
Treviso, per la cui campagna, sotto e sopra in più luoghi, restano ai depositi di ghiaia i nomi di Piave vecchia; mentre al basso Sile fino sotto Altino, presso alla quale il Sile appunto
di Plinio, come il nostro, immetteva nella laguna, in documenti medievali resta ancora il
nome di Piave; onde si vede che i due nomi si scambiavano anche nel tempo del più alto
medio evo, quando già con Paolo Diacono comparisce la prima volta nella storia e si ferma
questo nome che già da più di due secoli almeno doveva esistere, come indirettamente lo si
prova dal nome latino di Valdobbiadene dato da Venanzio Fortunato, che mentre nomina
gli amicos Duplavilenses, ricorda anche il luogo qua mea Tarvisus sedet. ¶ Se non che altra
difficoltà qui si affaccia, se cioè il presente corso della Piave sia pur l’antico, o non piuttosto
essa scendesse per Campardo, dove pure è il letto d’un antico torrente scomparso, che starebbe in linea diritta colla Piave al di sopra, la quale di là pare sia stata divelta per ruina di
monte che di sostegno ebbe manco; ond’essa svoltando da Belluno per Feltre sarebbe venuta giù per la Chiusa di Questo, per Pederoba [sWc] e il Montello, a Narvesa, formandosi un
nuovo letto od occupando quello d’altro torrente, probabilmente il Cordevole. Ma in che
tempo ciò sia seguito noi nol sappiamo. I ricordi tradizionali popolari confusi che sussiÄstono nel trivigiano, nel bellunese, nel feltrino nulla accertano, nulla determinano; certo la
cosa è anteriore alla venuta dei Longobardi; ma parrebbe posteriore a Plinio e all’imbrecciamento della via Claudia Augusta la quale, partendo da Altino e filando diritto sulla
destra del fiume torrente, non aveva così bisogno di ponte per passarlo. ¶ Il nome stesso di
Sile che Plinio usò pel fiume torrente, non avrebbe avuto allora la sua etimologia, quale si
dà, capricciosa, dal suo corso tranquillo, quia silet, ma da qualche monte selvoso, Silvius-silius, onde pur sarebbe derivato il nome allo stesso Campo Silio, o Cansiglio: come dai monti
più in sù, dove il nome della Tarvisa o Tarwis richiama appunto e rende ambiguo il Tarvisanis di Plinio, potrebbe essere derivato il nome stesso di Treviso, Tarvisium, colle sue varie
forme medievali; potendosi ammettere che una popolazione di lassù, comunque, o militarmente trasportata per viste politiche di liberar quei monti, per i quali si conducevano le
grandi strade militari, dalle infestazioni di genti sempre ribelli e devastanti la via; o che, seguendo il corso stesso del fiume, comunque, sia venuta a stanziarsi quaggiù, donde per l’ultimo
filo, e già navigabile, si poteva così discendere ad Altino come risalirne la corrente. Sono tutte
conghietture che avendo per base solo un’ etimologia, restano troppo nel campo del possibile,
toccando appena il probabile. ¶ Più probabile invece si è che lo scalo appunto del Sile per
Altino facesse del luogo un primo centro abitato, e che l’opportunità del sito favorito dai naturali rialzi di terra sui quali in ogni caso non sarebbero arrivate le piene del torrente, e dell’acque
sorgive correnti o stagnanti, per dirla con Dante colà — dove Sile e Cagnan s’accompagna — lo
abbia fatto scegliere per punto di fortificazione; ed ecco come, agevolato dalla condizione
del terreno, il luogo fu fortificato. ¶ Tre punti culminanti, quasi poggi sul piano, furo-Äno
compresi entro la cinta quasi quadrata, così che dominassero la circostante pianura. [...]».
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Tăruīsŭs (> Treviso) e l’astionimo anatolico (KUR URU)TA-RU-(Ú-)I-ŠA
v. HOLDER 1907: 1742 (prima le attestazioni letterarie poi quelle epigrafiche, tutte citate per esteso, in ordine cronologico, senza distinzione fra toponimo ed etnico).3 FLU~ 1932: 2452-53 – oltre a fornire le essenziali notizie
antiquarie – raggruppa le fonti (insieme letterarie ed epigrafiche) secondo la
forma attestata (prima il toponimo, con o senza suffisso, poi l’etnico).4
3
4
«Tarv-īs-ium, Tarvisus von G. (stier [sWc]) Tarvos, O. in Ober-Italien, Trevigio, Tarvigio, j.
Treviso in Venetien. Plin. n. h. 3, 126: Fluvius Silis ex montibus Tarvisanis. 130: Tarvisani.
Procop. b. Goth. 2,29: ¿ß≤®fi¥Æflº µ´ Øß› ´‘ µÆ Ã∞∞æ Œº «´º´µfißÆ≥ ÷π·≤ªµß ±ß≤´¥µ‹¥ßµæ. 3, 1: ƒŸπ¨≥ ™⁄ Øß≤µ´≤‰≥ Àµ∑› ¿ß≤®fi¥Ææº ©´ºæµ¤º¨≥. 2: s‡º ¿ß≤®Æ¥fiÔ. Cassiod. var. 10,27,3 (a. 535/536):
Ex Tarvisiano atque Tridentino horreis. Venant. Fortunat. vita S. Martini 4, 665: Qua mea
Tarvisus residet. Greg. M. reg. 1, 16a (a. 591) MG Epist. I p. 21, 22: Felix episcopus sanctae Tarvisianae ecclesiae. Rav. 4,30 p. 254, 2. 255, 4: Tarbision. 31 p. 257, 11: Tribicium
[seu Tarbision]. 5, 14 p. 383, 3: Tarbision qui et Tribicium dicitur. (Knin, a. 42–69) CIL
III 9903: T. Loll[ius] T. f. Clau(dia) Tarviso, mil(es) leg(ionis) XI. C. p. f., h. s. e. (Grado,
christl.) V 1593: Laurentius milis de numero Tarvisiano. (Bei Asolo) 2094: T. Firmius Q. f.
Tarvisanu[s] sibi et suis. (Treviso) 2109: Isid. reg. L. Publicius Eutyches mun(icip.)
Tar(vis.) lib. (Mailand, christl. a. 424) 6281: Ursici ... cives Tarrisianus (lis Tarbisianus für
Tarvisianus). (Rom, a. 144) VI 2379 b = 32520 IV 33: Q. Cassius Clemens Tarvisio (abl.).
37: M. Granius Serenus Tarvisio. ... V 37: ... Maximus Tarviso. 43: ... Secundus Tarvisio.
2381a = 32522 (a. 154), II 15 sq.: C. Titenius C. f. Cl(audia) Fortunatus Tarv(isio).»
*TNrhã-s è ricondotto all’indoeuropeo *tNhrã-s, ma ne è possibile un’altra etimologia, v. nota 8.
«Tarvisium (so CIL VI 2379b = 32520 Rom. CIL VI 2381a = 32522 Rom. Paul. Diac.
hist. Langob. II 13. III 26. IV 3. V 39. Tarvisium CIL III 9903 Burnum. V 2109 Treviso.
Tarvisus Venant. Fortunat. vit. S. Mart. IV 665. Tarbision Geogr. Rav. IV 30 S. 254, 2. S.
255, 4 ed. Pinder-Parthey. IV 31 S. 257, 11. V 14 S. 383, 3. Tarbisium Guido 20 S. 461,
12 ed. Pinder-Parthey. Tar(vis.) CIL V 1593 Aquileia. Trabitium Guido 117 S. 544, 10
ed. Pinder-Parthey. Trabium Guido 18 S. 459, 19. Tribicium Geogr. Rav. IV 31 S. 257,
11 ed. Pinder-Parthey. V 14 S. 383, 3[.] Ethnikon Tarvisani CIL V 2094 Asolo. 2109
Treviso. Plin. n. h. III 130. Tarvisiani CIL V 1593 Aquileia. Tarvisini Cassiod. var. X 27.
Paul. Diac. V 28, Tarrisianus CIL V 6281 Mailand), ein Ort in Venetia an der Via
Claudia Augusta, 12 Meilen nordwestlich von Altinum am Flusse Silis, den Plin. n. h. III
126 fälschlich (vgl. P h i l i p p o. Bd. III A S. 68) ex Ä montibus Tarvisanis entspringen läßt.
Die Anfänge der Siedlung, deren Name wohl keltisch ist (H o l d e r Altcelt. Sprachsch. II
1742. K r a h e Indogerm. Bibl. III Abt. 9. Heft 110), gehen, soviel wir bisher wissen, in
den Beginn der römischen Kaiserzeit zurück. Wann sie die Stellung eines municipium
erhalten hat (CIL V 2109 Treviso), steht nicht fest; ihre Bewohner wurden in die tribus
Claudia (CIL III 9903. VI 2381a = 32522 Rom) eingereiht. Von städtischen
Verwaltungsbehörden werden inschriftlich genannt quattuorviri (CIL V 2118 Treviso),
decuriones (CIL V 2117 Treviso) und sexviri liberti (CIL V 2116. 2118 Treviso). T. dürfte
in den ersten Jahrhunderten n. Chr. keine allzu große Rolle gespielt haben, da sie außer bei
Plinius erst von Schriftstellern der ausgehenden Antike und des beginnenden Mittelalters
gennant wird. Zur Zeit der Langobarden war sie Sitz eines Herzogs und eines Bischofs
(Paul. Diac. hist. Langob. II 12). Vgl. M o m m s e n CIL V 201f. 1070. N i s s e n Ital.
Landesk. II 223. F i l i a s i Mem. stor. II 119ff. S m i th Dict. greek [sWc] and Rom. geogr. II
1107. C a r te l l i e r i Die röm. Alpenstraßen (Philol. Suppl. XVIII 57. 59[.] 61, 1. [Fluss.]».
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KARG 1941/1942: 123 adotta una terza classificazione, distinguendo
anzitutto fra toponimo, etnico sostantivo e aggettivo, all’interno di ciascuno
fondendo in un unico ordine cronologico le fonti epigrafiche e letterarie,
con segnalazione degli specifici casi grammaticali diversi dal nominativo.5
In PELLEGRINI / PROSDOCIMI 1967: I, 393-94 si distinguono le attestazioni letterarie (dove l’etnico precede il toponimo), in ordine cronologico,
da quelle epigrafiche (prima in relazione al toponimo poi all’etnico, in ciascun caso secondo il criterio geografico della distanza del ritrovamento da
Treviso).6 In DTI 668, infine, si seleziona anzitutto la più antica attestazione
5
6
«Ta r v i s i u m, opp. Ven., jetzt Treviso. — abl. Tarvisio, Tarviso. CIL VI 2379a und b;
Tarvis(io). CIL VI 2381 a; Mun. Tar(visio). CIL V 2109 (Tarvisium); Tarbision
(Trabium). Rav. IV 30; Tribicium seu Tarbision (Trebitium, Tribisium, Tarbisium). ebd.
IV 31; Tarbision qui et Tribicium dicitur. ebd. V 14; Tarbisium. Guido 20; Trabitium.
ebd. 117; Trabium. ebd. 17; abl.: Tarvisio. Paul. hist. Lang. III 26; aput Tarvisium
(Tarbisium, Tarvisius, Tervisum). ebd. IV 3; inter Tarvisium (Tarbisium, Tarvissum) et
Foroiuli. ebd. IV 45; acc.: Tarvisium (Tarvisinum). ebd. V 39. — ethn.: T. Firmius ....
Tarvisanus. CIL V 2094 (Asolo); Tarbisianus. 6281 (Mediolanum); de Numero Tarvisiano. CIL V 1593 (Aquileia); Tarvisani (Tarus-, Tauris-). Plin. n. h. III 130; abl. pl.: Tarvisianis (Tarvisiensibus). Paul. hist. Lang. V 28. — adj. abl. pl.: ex montibus Tarvisanis
(Taurisanus, Tarusani). Plin. n. h. III 126; ex Tarvisiano (Tervisino, Tarvisino) et
Tridentino horreis. Cass. var. X 27; Tarvisiana civitate. Paul. hist. Lang. II 13; Tarvisianae
(Tarvisanae, Tarbisiane) ecclesiae, ebd. VI 45. ¶ NISSEN II 223; FLUSS, RE s. v.».
«[...] Tarvisium, Acelum e Altinum. ¶ La regione paleoveneta centrale è costituita
essenzialmente dalla provincia di Treviso, compresa tra il medio corso del Piave e del
Brenta. La città principale, Treviso, non ha peraltro dato alla luce materiali cospicui per
l’età del bronzo e per la prima età del ferro, ed è verosimile che la fondazione del suo primo
agglomerato urbano risalga soltanto all’epoca gallica. E’ probabilmente di origine gallica
anche lo stesso nome di Tarvisium, generalmente analizzato T a r v - i s - i u m e connesso col
gallico ta r v o s ‘ toro ’, formato con -is- che trova riscontro in altri nomi locali attribuiti al
celtico. ¶ Le prime menzioni del nome, riflesso nell’etnico, risalgono a Plinio... Fluvius Silis
ex montibus Tarvisanis... (NH III 126)... Tarvisani (NH III, 130) ed a iscrizioni d’epoca
imperiale; tra le attestazioni di autori tardi ricorderemo: ...ex Tarvisiano (: Tervisino,
Tarvisino) et Tridentino horreis... (CASSIOD ., var. X, 27); ...Tarvisianis (: Tarvisiensibus) in
Paolo Diacono (Hist. Lang. II, 13) ...Tarvisianae (: Tarvisanae, Tarbisiane) ecclesiae (ivi, VI,
45). Il toponimo figura nella forma Tarvisus (VEN. FORT., Vita S. Mart. IV, 665);
Tarbision (: Trabium) nel GEOGR. RAV. (IV, 30), Tribicium seu Tarbision (IV, 31),
Tarbisium qui et Tribicium dicitur (V, 14); inoltre Tarbisium (GUIDO 20), Tarvisio in
Paolo Diacono (Hist. Lang. III, 26), apud Tarvisium (ivi, IV, 3), inter Tarvisium et Foroiuli
(ivi IV, 45), Tarvisium (ivi, Ä V, 39). Nelle epigrafi latine pare menzionato il municipio
Mun. Tar(visio), CIL V, 2109; inoltre: Tarvisio, Tarviso, CIL VI, 2379 a e b; Tarv(isio),
CIL VI 2381 a; Tarviso, CIL III, 9903 (Burnum); Tarvisanus, CIL V, 2094 (Asolo),
Tarvisiani, CIL V, 1593 (Aquileia), Tarvisianus, CIL V, 6281 (Milano). ¶ Gli abitanti di
Treviso erano ascritti alla tribus Claudia (CIL III, 9903, VI, 2381 a); nelle epigrafi sono
ricordati i quattuorviri (CIL V, 2118), i decuriones (CIL V, 2117) e i sexviri liberti (CIL V,
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Tăruīsŭs (> Treviso) e l’astionimo anatolico (KUR URU)TA-RU-(Ú-)I-ŠA
databile (l’etnico, in Plinio il Vecchio), poi vengono presentate le varianti
del toponimo, prima nelle fonti letterarie (tardoantiche &c.) poi su iscrizioni.7
L’etimologia celtica è accolta senza riserve anche nell’indagine illiristica di
KARG 1941/1942: 200.8 OLIVIERI >1961 [1962]: 150 riferisce dell’etimologia celtica, ma presenta come certa solo la connessione con TNurâscW.9 In PELLEGRINI / PROSDOCIMI 1967: I, 401 l’ipotesi celtica viene riportata per prima, ma accanto alla menzione dell’alternativa illirica in relazione al suffisso;10
in FOGOLARI / PROSDOCIMI 1988: 401-2 il nome è attribuito al venetico.11
7
8
9
10
11
2116, 2119). L’importanza della città crebbe nei primi secoli del medioevo poiché divenne sede di un duca longobardo e di un vescovo. [...]». *Tïhä-¥¶?hås-C-s sarebbe nome di terreno.
«[...] Treviso. Città situata nella pianura veneta, alla confluenza del Botteniga col Sile, è la
romana Tarvisium, ascritta alla tribù Claudia. Durante l’epoca dei Carolingi diviene capitale di una marca assai prospera tra il sec. XII e il XIII, tanto da essere detta «Marca gioiosa et
amorosa». Dal 1389 entra a far parte dei domini della Repubblica di Venezia, a cui Treviso
rimane sempre fedele fino alla sua caduta nel 1797 (cfr. TCI Ven. 499). ¶ Treviso riflette
l’antico toponimo Tarvisium, menzionato dapprima nella forma dell’etnico «Fluvius Silis ex
montibus Tarvisanis» (Plinio Nat. Hist. III, 126), in iscrizioni ed autori tardi, mentre il nome locale è documentato da Venanzio Fortunato (Vita S. Mart. IV, 665) «Tarvisus», dall’Anonimo Ravennate IV, 30 «Tarbision (: Trabium)», IV, 31 «Tribicium seu Tarbision», da
Paolo Diacono (Hist. Lang. III, 26) «apud Tarvisium» ecc., e figura anche in epigrafi latine
come «Tarvisio, Tarviso» in CIL VI, 2379 (v. Pellegrini-Prosdocimi 1967, I, 393-394). Il
toponimo è probabilmente d’origine gallica, ed in genere è analizzato come Tarv-is-ium e
connesso col celtico tarvos ‘toro’ e con la formante -is- che ricorre in altre formazioni toponimiche ascritte al celtico (Pellegrini-Prosdocimi cit., 393). C[arla] M[arcato]».
«Tarvisium (opp. Ven.). Analysierbar als Tarv-isium. Zur Bildung s. V. BERTOLDI, IF. 52,
206 Anm. 1; P. KRETSCHMER, GL. 22, 162; J. POKORNY, Urgesch. 41. Das Grundelement
ist gall. tarvos ‘Stier’ (vgl. A. WALDE, Lat. Et. Wb.> 764, und die ebengenannte Literatur)».
*TNrhã-s < *tb-hã-s o =[*(s)tàr- ‘tronfio’/=[*tàr- ‘scuotersi’ (POKORNY 1959: 1022, 1070)?
«TARVISIUM, dal D’Arbois de Iub. [sWc, = «D’ARBOIS DE JUBAINVILLE, Recherches sur l’origine... des noms des lieux etc. Paris 1890»]»], 466, fu ravvicinato al gall. ta r v o s ‘toro’. Certamente il nome va associato a quello dei Taurisci, popolo abitante già nelle Alpi Cadorine: vinto
dai Romani e fusosi poi con essi (v. Italo Nono)» [= «NONO ITALICO, La Marca Amorosa,
Treviso 1931»]. *Thã•ç8úr-âskC-;s f *thã•ç8ú-rC-s ‘monte’ fh*thã•ç;ú- ‘gonfiarsi, innalzarsi’.
«Nomi locali antichi ¶ Cenni di t o p o n o m a s ti c a antica: Tarvisium è ritenuto — come
abbiamo detto — di origine celtica, connesso col gall. ta r v o s ‘toro’, ma pel passato, sulla
spia del suffisso -isio-, era attribuito all’illirico, vedi Kretschmer, «Glotta» XXII (1933), p.
162 e Bertoldi, «IF», LII (1934), 206, Karg II, 200 (tra i toponimi derivati da nomi di
animali si menziona generalmente Brundisium da brendos ‘cervo’, Ulcisia, cfr. alb. ulk
‘lupo’, Canusium cfr. lat. canis ecc.). [...]». N.B. (BrÚnd)-âsâÚm ha /-â-/, (TNrh)-WsâÚm ha /-W-/.
«[...] Tarvisium, oggi Treviso ¶ Tràdito anche come Tarviso- nell’etnico Tarvisani (in Plinio
NH III 126 e 130; LV I pp. 393-394) è ritenuto toponimo gallico derivato da tarvos ‘toro’
tramite il suffisso -isio- che deriva altri toponimi da nomi di animali, come in Brundisium
da *brendo- ‘cervo’, | Ulcisia (castra) da *wök˜o- ‘lupo’: già ascritto all’illirico (Kretschmer,
Bertoldi, Karg; cfr. [PELLEGRINI G.B., PROSDOCIMI A.L., La] L[ingua] V[enetica, I-II, Pa-
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Lo stesso toponimo ricorre in Tarvìsio, v. DTI 645.12 Nel caso di Treviso
Bresciano si ha invece un’omofonia secondaria, v. DTI 668.13 Dato che il toponimo è localizzato in area a sostrato celtico e il capoluogo si chiama Trebbio, per completezza si può aggiungere che in celtico (e anche in lusitanico)
esiste un lessema *tràbã- ‘abitato, villaggio, insediamento, casa, fattoria’
(> antico bretone, antico gallese treb, gallese tref maschile ‘abitazione’,
STOKES / BEZZENBERGER 1894: 137, VENDRYES / BACHELLERY / LAMBERT 1978: T-126-28, VILLAR 1993-1995: 371-72, 379, 383, DELAMARRE
>2003: 301, KOCH 2002: 84, FALILEYEV 2007: 29), *trâbO (> antico irlandese treb femminile ‘casa, casato, tenuta, villaggio’), di indubitabile etimologia
indoeuropea, dalla radice [*tràpb- ‘struttura a travi, edificio, abitazione; dimora; luogo abitato da uomini’ (POKORNY 1959: 1090, MALLORY / ADAMS 1997: 281-82, WODTKO / IRSLINGER / SCHNEIDER 2008: 705-6, forse connessa con [*tàr-pb- ‘dissodare, arare, abitare’, POKORNY 1959: 1071)
p nome radicale *trãpb- / *tràpb- p *tbpb- (WODTKO / IRSLINGER / SCHNEIDER 2008: 705) ‘trave’ (> latino trNbs, trNb-Ts, trNb-â-s femminile, WALDE /
HOFMANN ?1938: II, 696-97, DE VAAN 2008: 626) p (derivato vbΩ
ddèâ-)
12
13
dova-Firenze 1967,] p. 401) deve trovare un nuovo inquadramento, ma la sua esistenza
non viene meno e poteva essere benissimo venetico, cfr. le forme -(i)s ben note dall’onomastica venetica (Untermann, [J., Die] v[enetischen] P[ersonennamen, Wiesbaden,] 1961 pp. 104106), mentre tarvos può essere pure venetico (v. ora anche G.B. Pellegrini, Top[onomastica] celt[ica nell’Italia settentrionale, in I Celti d’Italia, a cura di E. Campanile, Pisa, Giardini,] 1981,
[pp. 35-69,] p. 41. ¶ Un altro Tarvisio si ripete in Friuli (“ab aqua quae dicitur la Tarvisa”
1399; altre attestazioni in Pellegrini 1981 cit.). [...]» (etimo venetico, ma comunque *tNrhã-s).
«[...] Tarvìsio (Ud). Importante centro di villeggiatura del Friuli nord-orientale, si è
sviluppato nel punto in cui confluiscono le vie di comunicazione provenienti dall’Austria e
dalla Iugoslavia; fiorente nel sec. XV per l’industria del ferro, nel 1456 ottiene dal vescovo
di Bamberga il privilegio di tenere una fiera annuale (TCI Friuli 175). ¶ È attestato nell’a.
1399 «ab aqua que dicitur La Tarvisa per pletium», a. 1447 «ai sudditi della Travisia», a.
1496 «versus Tarvisiam» ecc.; il toponimo richiama il popolo celtico dei Tauri o Taurisci
(da un appellativo celtico tarvos ‘toro’, o forse, secondo un’altra ipotesi, da un prelatino
*taur- ‘montagna’): cfr. Treviso, Torino (Augusta Taurinorum). Ma Tarvisio potrebbe
essere un toponimo di riporto. ¶ La località si trova in un’area d’incontro di genti romanze,
slave e germaniche, ed il nome è Tarvis in tedesco, TrbiA in sloveno, forma adattata con
assimilazione ad un’analoga parola slovena che significa ‘terreno rastrellato, dissodato’ (cfr.
Frau 1978, 15; Pellegrini 1981, 41). C[arla] M[arcato]». Su TrbiA v. ora REPAN8EK 2016.
«[...] Treviso Bresciano (Bs). A nord-est di Brescia, in prossimità del Lago d’Idro, è un comune sparso con sede in frazione Trebbio (TCI Ann.), denominato Treviso fino al R. D. 185-1867 n. 3728 (DETI 586). ¶ In dialetto trevìs, il toponimo pare solo casualmente omofono di p TREVISO, poiché riflette certamente una voce lombarda trevìs o tarvìs ‘greppia’, ‘mangiatoia’, che con la variante tresìf (alla base di p TRESÌVIO, So) dipende dal latino praesaepe
(cfr. Olivieri 1961a, 548, 549). C[arla] M[arcato]». Tresivio < *Tr∞¶†;õ-úC-;s ‘tre uomini’?
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Tăruīsŭs (> Treviso) e l’astionimo anatolico (KUR URU)TA-RU-(Ú-)I-ŠA
*trTpb(-Å)- ‘costituita di travi, casa’ (> osco trííb-* femminile, tema in consonante o in -Ú-, ‘casa, edificio’, U NTERMANN 2000: 765-66) ÷ collettivo
*trxpb-hHrJ- / *tbpb-¾hHrJ- ‘insieme di travi’ (= ‘casa’; loc. pl. in *Tbpb-s {qÅsmàgnã-s > TrNs âqÚmTnÚs) p *trxpb-hHrJ-ã- ‘fatta di un insieme di travi’, ‘casa’ (> britannico *tràbã- ‘abitato, villaggio, insediamento, casa, fattoria’) p collettivo
*tbpb-hHrJ-¾hHrJ- ‘insieme di case’, ‘paese’ (> goidelico *trâbO ‘casa, casato, tenuta, villaggio’), retroformato come singolativo neutro *tbpb-hHrJ-}-m > germanico *<ÚrpN-n (> inglese thorp(e), tedesco Dorf ) ‘villaggio’ (FALK / TORP
@1909: 187-88) e con significato metonimico di ‘campagna, campo’ (gotico
<aúrp); il lituano trobà (accusativo tróbP) e il lettone trOba (antico prussiano
Tråben, toponimo) continuano un antecedente protobaltico *trtbO femminile (con metatonia?) o *trtbN-s maschile ‘costruzione in travi’ < *tr}pb-ã-s
o *trãpb-}- aggettivo ‘che ha travi’ (S. Neri, com. pers.). Gli antecedenti indoeuropei di Trebbio e Treviso (Bresciano) si possono ricostruire come *Trxpb[hHrJ]-gã-m ‘(territorio) dell’insediamento’ > *Trxbgã-m > celtico *Tr;bgã-n
> latino *Tr;bâÚm > Trebbio e risp. *Tr;pb-hHrJ-ThHrJsâgã-m ‘(territorio) relativo al villaggio’ > *Tr;bTsâgã-m > celt. *Tr;bWsâgã-n > lat. *Tr;bWsâÚm > Treviso.
Il suffisso *-Wsâgã- (su cui v. KARG 1941/1942: 195,14 REPAN8EK 2016: 5154 [possessivo come -OrâÚ-; *-W- secondario in *-âsâgã- < *-âs-âhH-ã-]) può continuare l’indoeuropeo *-Tsâgã-, che, se da *-ThHrJsâgã-, è l’equato del romanzo
*-TrjÚ- variante apofonica del latino -OrâÚ- < B*C-Ozâgã- < indoeuropeo *-Osâgã(< *-NhHrJsâgã-) > greco miceneo <-a-i-jo> /-O[h]âjã-/ (> <-ßÍæ-> /-8<W
C-/?) = celtico *-Osâgã- (> irlandese -ae); per il celtico continentale cfr. il decomposito
indoeuropeo *BNrTg·hä·k-n≤=hç8r-õ-NhHrJsâgã-s > *BNrTgkn[≤]=8rõOsâgã-s > celtico
*Br=kk8rOsâgã-s ‘(cantone) degli uomini liberi sui rilievi rocciosi15 o indoeuropeo *BNrTg·hä·k-n≤=hã•ç(8)rhå-NhHrJsâgã-s > *BNrTgkn≤=8r[ù]Osâgã-s / *BNrTgknyr[ù]Osâgã-s > celtico *Br=kk¨rOsâgã-s ‘del territorio 16 dei rilievi rocciosi’ (> latino
14
15
16
«-is- Illyr. ON. wie Ol-isa, Ulc-isia und PN. wie Bil-isa, Volt-isa u. a. m. (H. KRAHE, PN.Lex. 148), die mit einem -is-Suffix ausgezeichnet sind, steht aus dem Venetischen der FlN.
Nat-iso zur Seite. ¶ Gleichlautende Bildungen können aber auch keltisch (vgl. Tarv-isium
S. 200, Tog-is-onus S. ebd.) und ‘ligurisch’ (vgl. Av-is-us, Fluß; Av-is-io usw. J. POKORNY,
Urgesch. 85) sein.» In antico indiano esistono -âúyN- e -WúN-, benché rari e di funzione oscura.
Preromano *br=kkC- ‘rilievo roccioso, erto’ (> lomb. bricch) < celtico *br=kkC- < indoeuropeo
*bNr:õ·hä·k-n≤- f h*bNr;õ-hä-k- ‘ergersi saldo’ (POKORNY 1959: 166); celtico *8rõC- ‘uomo
libero’ (DELAMARRE *2003: 55, FALILEYEV 2007: 7 = 2010: 8-9) < indoeuropeo *hç8rõC-.
Celtico *8rC-n (*8rCs-, *8rC-s) ‘agricoltura, coltivazione, aratura; terra arata, coltivata’ (> irlandese ^ar ‘aratura, agricoltura, coltivazione, coltura, allevamento; terreno arato, coltivato’
= gallese âr m. ‘terreno arato, coltivazione, coltura, terreno coltivabile, terra coltivata; aratura’, STOKES / BEZZENBERGER 1894: 17, THOMAS 1950-1967: 174, VENDRYES 1959: A-81,
QUIN *1983: 47 = A 370, DE BERNARDO STEMPEL 1999: 46, 149, 150 (cfr. 235a_), KOCH
675
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Guido Borghi
*Br=cc¨rOsâÚ-s > 1159 Bricarasius > Bricherasio [Torino], DTI 100) f preromano
*br=kkC- ‘rilievo roccioso, erto’ < celtico *br=kkC- < indoeuropeo *bNrTõ·hä·kn≤- (f h*bNr;õ-hä-k- ‘ergersi saldo’, P OKORNY 1959: 166) e il derivato toponimico terziario *PCl[hã•çé•åèß]ág-;n-õ-NhHrJsâgã-m / *(S)pàMâClg-;n-õ-NhHrJsâgã-m
> celtico *^Clg-;n(õ)Osâgã-m ‘[territorio] delle tracce’17 > gallico *Blgï¬
nn(õ)6â
s gã-n > Olginasio frazione di Besozzo [Varese]; altrimenti -às < *-6k= plurale).
; õ ê - ‘gocciolare’)
2. Sile idronimo indoeuropeo (*S== l?? -s < *S∞∞ hêê -l?? -s f √*s;;õhê
Il nome del principale fiume che attraversa Treviso, Sile (POKORNY 1938:
170, KARG 1941/1942: 122,18 181,19 195,20 OLIVIERI >1961 [1962]: 150,21
PELLEGRINI / PROSDOCIMI 1967: I, 401,22 FOGOLARI / PROSDOCIMI 1988:
17
18
19
20
21
22
2002: 10) < indoeuropeo *hã•ç(8)rhå-Cs-, *hã•ç(8)rhå-C-m (POKORNY 1959: 62-63, MALLORY
/ ADAMS 1997: 200, cfr. 8, 434, 436 i 26, 213, 491; RIX / KÜMMEL ;t 8l. *2001: 272-73).
Celtico *LClg-?nn(õ)C-s ‘singola traccia’ (cfr. STOKES / BEZZENBERGER 1894: 52, KOCH
2002: 101) < indoeuropeo *pClhã•çé•åßèág-;n-õC-s (cfr. POKORNY 1959: 831-32, MALLORY /
ADAMS 1997: 205, 434, RIX / KÜMMEL ;t 8l. *2001: 485-86?) / *(s)pàMâClg-;n-õC-s (cfr.
POKORNY 1959: 987?). Cfr. Olginate (Lecco) < *PàMâCl[(hã•çé•åèß)]ág-;n-õC¶häßõ8hã•ç-tG-s.
«[...] S i l i s . fl. Ven., jetzt Sele. — fluvius Silis ex montibus Tarvisanis. Plin. n h. III 126; Sile.
Rav. IV 36.¶ NISSEN, [Italische Landeskunde, Band] I [Berlin 1883] 194; [Band] II [Berlin
1902] 222; PHILIPP, [Paulys] R[eal]e[ncyclopädie der classischen Altertumswissenschaft. Neue
Bearbeitung begonnen von Georg Wissowa unter Mitwirkung zahlreicher Fachgenossen
herausgegeben von Wilhelm Kroll / Karl Mittelhaus, zweite Reihe [R–Z], Stuttgart], s. v. [...]».
«[...] S i l i s (fl). Zweifelhaft ist die Quantität des wurzelhaften Vokals i. Vom Standpunkt der
heutigen Form Sele aus scheint jedoch der Name am nächsten verwandt mit dem des Silarus,
Fluß in Lukanien (H. KRAHE, Z[eitschrift für] N[amen]f[orschung] 15, 132; F. RIBEZZO,
R[ivista] I[ndo-]G[reco-]I[talica] IV 93), der jetzt ebenfalls Sele heißt. – Auf der anderen
Seite stellt J. POKORNY [Zur] Urgesch[ichte der Kelten und Illyrier, Halle 1938] 170, der
noch den illyr. Flußnamen Silarus in der Gallia Cisapadana (H. KRAHE, [Die] W[elt] a[ls]
G[eschichte. Zeitschrift f. universalgeschichtliche Forschung] 3, 1937, 129) heranzieht,
sämtliche Namen etymologisch zu ags. siolo< „Meer“, anord. sil „stilles Wasser“. [...]»
«[...] i-Stamm sg.: zuxvtw — Atesis — Atagis — Clesis — Piccis — Plavis — Silis — Siparis. [...]».
«[..] SILE, fiume; = Si l i s ap. Plinio: cfr. Holder [A., Altceltischer Sprachschatz, Leipzig,
Teubner, 1896-1907] s. v. Fa pensare ad una base prelat. * s i l a ’ canale ’, (cfr. il n. del Si l Nr us, il Sele, campano) alla quale furono ricondotti, attrav. un lat. mediev. s i l a n u s ’ doccia ’, i nomi loc. trentini: Silàn (fontana di-), in V. di Fiemme; Silàn in V. di Non; ed una
valsug. Silàna. Con questi nomi va raggruppato: Silano torr., affl. del Brenta, Vic. V. Pellegr[ini] G[iov.] B[att., I nomi locali del] Trent[ino] Or[ientale (Atlante Toponom. della Venezia Trident. Firenze Rinasc. Libro 1955] 66. [...].» In OLIVIERI 1914: 370 la prima riga.
«Nomi locali antichi ¶ Cenni di to p o n o m a s ti c a antica: [...] Silis (Sile) — PLIN., NH
III, 126, Sile nel RAV . IV, 36 — può essere derivato del prelat. * s i l a ‘ canale ’, di cui si ha
qualche eco nel latino medievale silanus ‘ doccia ’ (vedi G. B. Pellegrini, I nomi locali del
Trentino Orientale, Firenze 1955, p. 66 s. v. Silana, ivi bibl.). [...]». «Prelatino» = anario?
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Tăruīsŭs (> Treviso) e l’astionimo anatolico (KUR URU)TA-RU-(Ú-)I-ŠA
392,23 DTI 626 24), fa parte di una famiglia di idronimi studiata con grande
dettaglio da HUBSCHMID 1950: 50-51(-52) e FLUTRE 1957: 249-50 e confrontabile con l’islandese moderno -síla ‘gocciolare (da una ferita)’ (BÖ.VARSSON *1988: 830 -síla, -di ‘setacciare, stillare, gocciolare’), che MAG NÚSSON 1989: 814 riconduce all’arcaico sil (neutro) ‘acqua che scorre lentamente’. Se sil ‘acqua che scorre lentamente’ < germanico *s?l8-n < indoeuropeo *s?l≤-m < *s=l≤-m < *s?hê-l≤-m25 è formato sulla radice h*s;õhê- ‘gocciolare’
(POKORNY 1959: 889, v. MAGNÚSSON 1989: 814 e cfr. DE VRIES *1962:
475; assente in MALLORY / ADAMS 1997 e RIX / KÜMMEL ;t 8l. *2001), il
verbo -síla ‘gocciolare’ va ricostruito come germanico *s=l8n8-n < *s=l8n8-m /
*s;õl8n8-m < indoeuropeo *s?hê-lC-nC-m / *s;õhê-lC-nC-m; l’etimologia alternativa (respinta come non verosimile da DE VRIES l. c.) confronta sil < germanico *s?l8-n < indoeuropeo *s?-lC-m (FALK / TORP ^1909: 440-41) col gotico
8n8¶s?l8-n ‘lasciare, cessare, calmarsi’ < germanico *8n8¶s?l:-n8-n, latino
s?l:r; ‘tacere’ o indoeuropeo *s?-l-:-t? (FALK / TORP ^1909: 441, cfr. 438; assente in POKORNY 1959, MALLORY / ADAMS 1997, RIX / KÜMMEL ;t 8l.
*2001) < *s?-l-;hä-t?, quindi da una radice h*s;õ- senza laringale finale (8n∞z),
da cui *s;õ-lC-nC-m > *s;õl8n8-m > *s=l8n8-n > -síla ‘gocciolare’. Esiste tuttavia
23
«[...] Sile ¶ Silis – Plin. N H III, 126, Sile nel Rav. IV, 36 – può essere derivato del prelat.
*sila ‘canale’, di cui si ha qualche eco nel latino medievale silanus ‘doccia’ (vedi G.B. Pellegrini, I nomi locali del Trentino Orientale, Firenze 1955, p. 66 s. v. Silana, ivi bibl.). ¶ A
questa etimologia preferiremmo, anche per la morfologia, un silio- + s con -io + s > -is come
in Plavis e altri toponimi (§ 5.3.3), allora dalla radice sel- di ‘sprizzare, scaturire’ (Pokorny
p. 899), specialmente di acqua, cfr. lit. salti ‘scorrere’, lat. salWre, Salacia (nome di una paredra di Nettuno). Un selio- avrebbe dato silio- secondo il tipo Cardelia (CIL V 3930): Cardilliacus (CIL V 2462; cfr. Untermann [J., ] Die] v[enetischen] P[ersonennamen, Wiesbaden,
1961,] p. 186). [...]» (qui confluiscono le tradizioni tedesca e veneta di studî toponomastici).
24
«[...] Sile. Fiume di risorgiva del Veneto, nasce 20 km ad ovest di Treviso e sfocia in mare
per mezzo dell’antico letto del Piave, a Porto di Piave Vecchia (v. LUI XXI, 58). ¶ Il fiume
è ricordato come «Silis» in Plinio Nat. Hist. III, 126, come «Sile» nell’Anonimo Ravennate
IV, 36; l’idronimo può derivare da un prelatino *sila ‘canale’, o piuttosto può essere
ricondotto alla radice indoeuropea *sel- ‘sprizzare, scaturire’ (cfr. POKORNY 1959: 899; v.
FOGOLARI / PROSDOCIMI 1988, 392)» (entrambe le etimologie sono intercompatibili).
25
Il germanico *sâlN-n presuppone un antecedente indoeuropeo immediato *sâlã-m con vocalismo radicale breve, tuttavia la radice va ricostruita con laringale finale per giustificare l’accento acuto del lituano séilS (POKORNY 1959: 889) < *sxgh½-l-ügNñhHrJ, quindi bisogna supporre che l’antecedente indoeuropeo del germanico *sâlN-n fosse accentato sulla vocale tematica *-ã- (*sâh½-l}-m) in modo da giustificare l’abbreviamento (nelle varietà indoeuropee
che hanno dato origine al germanico, celtico e latino) di vocale lunga nel contesto dell’assai
discussa Regola di Dybo (ossia prima di sonorante {*/l/, */m/, */n/, */r/} seguìta da vocale accentata, v. SCHRIJVER 1991: 334-57): *sâh½-l}-m > *sWl}-m > *sâl}-m > germanico *sâlN-n.
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Guido Borghi
una radice indoeuropea h*s;häõ- ‘setacciare’ (POKORNY 1959: 889 «1. sÆ(i)-»,
RASMUSSEN 1989: 57, 308, cfr. 29, 83, MALLORY / ADAMS 1997: 518, RIX
/ KÜMMEL ;t 8l. *2001: 519 «2. *sehä(õ)-») che coincide semanticamente col
primo significato dell’islandese -síla ‘setacciare, stillare, gocciolare’ (BÖ.VARSSON *1988: 830); in quest’ultimo possono quindi essere confluiti due
verbi indoeuropei, *s;õ(hê)-lC-nC-m (o h*s;õhê- ‘gocciolare’ e/o h*s;õ- ‘esser
calmo’) e *s;häõ-lC-nC-m (o h*s;häõ- ‘setacciare’) > *s;õhälCnC-m > *s;õùlCnC-m
> germanico *s;õl8n8-m > *s=l8n8-n (oppure dal grado ridotto della radice
indoeuropea: h*shäõ- p *shä?-lC-nC-m > *s?hälCnC-m [cfr. SCHRIJVER 1991:
535-36] > *s=lCnC-m > germanico *s=l8n8-m > *s=l8n8-n) > -síla ‘setacciare’.
Sulla stessa radice di sil ‘acqua che scorre lentamente’, -síla ‘gocciolare’
< germanico *s?l8-n, *s=l8n8-n (< *s=l8n8-m / *s;õl8n8-m) < indoeuropeo
(*s?l≤-m < *s=l≤-m <) *s?hê-l≤-m, *s?hê-lC-nC-m / *s;õhê-lC-nC-m o h*s;õhê- ‘gocciolare’ sono dunque verosimilmente formati gli idronimi *S∞hê-l?-s
(p *S?hê-l∞áhã•ç®-r?-s?), *S∞hê-lC- (p *S?hê-l-≠hä-r?-s? *S?hê-l-≠õ-C- p *S?hêl-≠õ-8áhã•ç, *S?hê-l-≠õ-Cn-), *S∞hê-l8áhã•ç / *S?hê-l{áhã•ç (p *S∞hê-l8áhã•ç-n(-)C-,
*S∞hê-l8áhã•ç-n8áhã•ç; *S?hê-l(8)hã•ç-r≤-s) o *S;õhê-l8áhã•ç, *S;õhê-l-ügC- (p *S;õhêl-üõ-Cn-, *S;õhê-l-üõ8áhã•ç), *S?hê-l-≠r-?-s (+ *S?hê-l-wr-?-s?) o *S;õhê-l-;r-?-s
p *S;õhê-l-wr-?-s (/ *S;õhê-l-≠hä-r?-s) / *S;õhê-l∞áhã•ç®-r?-s (*S?hê-l∞¶hä?-r?-s),
*S?hê-l?áhã•ç®-(k-)s-?k{áhã•ç, *s?hê-l-ñø
hãC-úót-?hã•ç, *s?hêlC¶hã•ç8ndN-(r)C- (per le
comparazioni v. HUBSCHMID 1950: 50-51[-52], FLUTRE 1957: 249-50):
• *S;õhê-l-üõC- > *S;õ[ù]lüõC- > celtico *S;õlüõC- > *S:lüõC- > latino *S:l?G- (oppure indoeuropeo *S?hê-l-≠õ-C- > *S=l≠õC- > *S?l≠õC- > ispanoceltico/lusitanico
*S?l;õC- > *S?l;C- > latino *S?l;G- > *S4LI;
o
) > *STLIo
V > portoghese Selho
(Guimarães [Minho], 926, 1008 Selio), ligure Seglio (Rapallo [Genova], se
non da C8£l?Gs o c?l?Gm)? Gentilizio latino \bÄfdhj, S=l?Gs (o < *S∞hê-l-üõC-)?
• *S;õhê-l-üõ-Cn- > *S;õ[ù]lüõCn- > celtico *S;õlüõCn- > *S:lüõF > latino *S:l?A
(oppure indoeuropeo *S?hê-l-≠õ-Cn- > *S=l≠õCn- > *S?l≠õCn- > ispanoceltico
o lusitanico *S?l;õCn- > *S?l;Cn- > latino *S?l;A p *S4LI7
o
N1[M]) > *STLIo
Vq
N= > cantabrico (rivo que vocitant) Selione (933-967) > Silió (Santander);
• *S;õhê-l-üõ8áhã•ç > *S;õ[ù]lüõ6 > celtico *S;õlüõ6 > *S:lüõ6 > latino *S:l?8 (oppure indoeuropeo *S?hê-l-≠õ-8áhã•ç > *S=l≠õ6 > *S?l≠õ6 > ispanoceltico o lusitanico *S?l;õ6 > *S?l;6 > latino *S?l;8 > *S4LI/
o
) > *STLIA
o
> asturiano Sella (926
flumen Seliam); celtico, paleoligure *S:lüõ6 > Seglia (Ventimiglia [Imperia])?
• *S∞hê-l-üõC- > *SØlüõC- > celtico *S=lüõC- (> castigliano Sillo, Huelva; Madoz [Badajoz]) = paleodalmatico *S=lüõ8-s > protoslavo *Siluju > Silj (Hercegovina)?
• *S;õhê-l-;r-?-s > *S;õ[ù]l;r?-s > celtico *S;õl;r?-s > gallico *S:l;r?-s > protoromanzo *STLp
=RT (oppure indoeuropeo *S?hê-l-≠r-?-s > *S=l≠r?-s > *S?l≠r?-s
RION, XXVI (2020), 2
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Tăruīsŭs (> Treviso) e l’astionimo anatolico (KUR URU)TA-RU-(Ú-)I-ŠA
•
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•
•
•
•
•
•
26
> gallico *S?l;r?-s) > occitanico Célé (Cantal, 844 [1399] fluvium Celeris, 818
[1746] fluvio Celeris, 1456 aqua Sileris), 972 super alveum Sileris (Fons);
*S;õhê-l-wr-?-s (/ *S;õhê-l-≠hä-r?-s) / *S;õhê-l∞áhã•ç®-r?-s > *S;õ[ù]lwr?-s / *S;õ[ù]lØr?-s > celtico *S:l=r?-s (oppure indoeuropeo *S?hê-l-wr-?-s [/ *S?hê-l-≠här?-s] / *S?hê-l∞áhã•ç®-r?-s [*S?hê-l∞¶hä?-r?-s ÷ *Hä?-r-õ8áhã•ç > >r?8 > Voghera?]
> *S=lwr?-s / *S=lØr?-s > *S?lwr?-s / *S?lØr?-s > ispanoceltico/lusitanico *S?l=r?-s) > protoromanzo *STLUr
RT > portoghese Selir (1153) / Selyr (1183);
*S;õhê-l8áhã•ç > *S;õ[ù]l6 > celtico *S;õl6 > *S:l6 (oppure *S?hê-l{áhã•ç
> *S=l´ > *S?l´ > ispanoceltico o lusitanico *S?l6) > portoghese Sela (1322),
provenzale (la) Selle (de Beauvoisin, Alpes-de-Haute-Provence), francese
Selle (Aisne), affluente della Somme, Selle (Oise, Somme), affluente della
Schelda (in parte diversamente DAUZAT / DESLANDES / ROSTAING 1978:
83); ie. *S;õl6 > osco *Seílú > latino SWlN (o < *S=l6?) > calabr. Sila (DTI 625)?
*S∞hê-lC- > *SØlC- > celtico *S=lC- > galiziano Sil (XI e XII s. ad flumen Silum), occitanico (usque ad Pontem de) Silo, (usque ad Pont de) Siro (Aveyron,
1217), (rivulum) Silo (956-974, Haute-Loire?), francese le Syl (Lavau [LoireAtlantique], 1090 Sil); g *s?hêlC¶hã•ç8ndN-(r)C- > sanscrito s=l8ndN(r)8- itt.?
*S∞hê-l8áhã•ç > *SØl6 > celtico *S=l6 > alemannico svizzero Sihl (affluente della
Limmat, 1018 Silaha, XIII e XIV s. Sila, e alpe omonima, 1018 [alpem]
Sila [vocatam], 1143 [alpem dictam] Sila), Sila (antico nome della Reuß
nel Canton Uri),26 trentino Sila (emissario del Lago di Pinè, 1195g);
*S?hê-l(8)hã•ç-r≤-s > *S=l 8§¢r≤-s (cfr. sanscrito S=l6r8-, dinastia?) > protoitalico
*S=l8rC-s > (gallico *S=l8rC-s >) latino S=l8rGs > emiliano Sìllaro (Bologna);
*S∞hê-l8áhã•ç-n(-)C- (o *S∞hê-l8áhã•ç?) > *SØl6nC- > celtico, venetico *S=l6nC- > occitanico (usque ad) Silain (Aveyron, 1217), fiamazzo Silan (Cavalese), valsuganotto in Silano (prati acquitrinosi nella bassa valle, 1311g);
*S∞hê-l8áhã•ç-n(-)8áhã•ç (o *S∞hê-l8áhã•ç?) > *SØl6n6 > celtico, venetico *S=l6n6 > *(ú8ll?s) S=l6n8 (> 857 Silana, XIII s. Silennon, Silennun >) Silenen
(nome dell’antico capoluogo del Canton Uri), valsuganotto Silana (monte con falde molto acquitrinose sopra Pieve Tesino, nella media valle);
*S?hê-l?áhã•ç®-(k-)s-?k{áhã•ç > *S=l=(k)s?k´ > venetico/celtico *S=l=(k)s?k6 > friulano Silisia (Tramonti di Sopra [Pordenone]; affluente del[la] Meduna);
*S∞hê-l?(-õC)-s > *SØl?(õC)-s > venetico *S=l?-s > latino S=l?s > veneto Sile (il fiume di Treviso, immissario della Laguna Veneta), Sile (affluente della Livenza);
HUBSCHMIED 1938: 64 ricostruisce per Sihl, Sila un antecedente tardogallico *SââlO < *SàâlO / *SâgâlO < gallico *SàgâlO ‘(la) Potente’ (< indoeuropeo *sànè-â-lNñhHrJ o [*sànè- ‘impadronirsi con la forza, vincere, possedere, tener fermo’, cfr. POKORNY 1959: 888-89, RIX /
KÜMMEL àt Nl. >2001: 515-16); l’etimologia non è combinabile con h*s;õhê- ‘gocciolare’.
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• *S?hê-lᙺ
ã•ç-rC-s > *S=l™º
rC-s > *S?l™º
rC-s > *S?l{rC-s > protosabellico *S∞l8rC-s
> osco *Síl8r > latino S?l8rGs (Lucilio), S?l;r (Mela) > salernitano Sele;
• *S?hê-l-ñø
hãC-úót-?hã•ç ± ‘provvista al max. grado di acque che scorrono lentamente’ > s=l{m6v8t= (epiteto dell’Indo, MONIER-WILLIAMS 1899: 1219)?
Con questa famiglia idronimica (attribuita allo strato detto convenzionalmente ‘illirico’, ossia indoeuropeo occidentale tardo) e con l’appellativo
*s?hê-l-≠r-(?) > *s=l≠r(?) > *s?l≠r(?) > latino s?l;r, s?l;r?s neutro ‘vetrice, arbusto o
erba che cresce in luoghi ricchi di acque e il cui seme ha impieghi medicinali’ (WALDE / HOFMANN +1938: II, 536), HUBSCHMID 1950: 50-51 mette
in rapporto il fassano saleigha ‘piccolo solco scavato con funzione di confine
e ricoperto d’erba su entrambi i lati’, alto nòneso silon ‘il solco più profondo
del campo, traversale’, nòneso, solandro, trentino sillam ‘grondaia’, solandro
silagn, mantovano silàch ‘guazzo, grande ammollamento di suolo per liquido
cadutovi sopra’, riconducendo tutte le varianti a derivati di una base ‘illirica’
*s=l- / *s?l- ‘canale, fiume’, riscrivibile come *s=l(C)- / *s?l(C)- < indoeuropeo
tardo *sØlC- / *s?l≤- (< *s=l≤-m) < indoeuropeo *s∞hê-lC- ÷ *s?hê-l≤- o h*s;õhê‘gocciolare, scorrere’. In ogni caso, l’idronimo Sile risulta indoeuropeo.
3. Toponomastica celtica e venetica fra Brenta e Piave
Il presente contributo intende discutere una possibile etimologia indoeuropea
del poleonimo TNruWsÚs = TNruWsâÚm > Treviso (come quella dell’idronimo Sile
< latino S=l?s < indoeuropeo S=l?s < S∞hê-l?-s f h*s;õhê- ‘gocciolare’) attraverso la
diacronia dell’asse genetico della lingua paleoveneta o venetica. Ciò non comporta affatto di considerare scorretta la corrente etimologia celtica del medesimo nome, ma solo di segnalare che, data la sicura attestazione del venetico
come lingua locale prelatina nell’area di Treviso, esiste una almeno altrettanto
corretta possibilità etimologica ereditaria del toponimo. Per Tarvìsio (DTI 645,
v. sÚprO, § 1), anzi, la riconduzione al celtico *T8rú-=süõC-n ‘taurino’ (g idronimo *T8rú=süõO) f *tNrhã-s ‘toro’ (cfr. i citati HOLDER 1907: 1742, KARG
1941/1942: 122, 200 [195 sul suffisso], OLIVIERI >1961: 150, PELLEGRINI /
PROSDOCIMI 1967: I, 401, DTI 668, REPAN8EK 2016) è la più verosimile, giacché la località si trova fra Tolmezzo (Udine) < celtico *TÚllãsmàdgã-n ‘mezzo
del cavo’ < indoeuropeo *TÚkslãsmàdègã-m (f gallico *tÚllã- < celtico *tÚπslã- ‘cavo’ [STOKES / BEZZENBERGER 1894: 134, VENDRYES / BACHELLERY /
LAMBERT 1978: T-103, KOCH 2002: 87; non è in SCHRIJVER 1995] < indoeuropeo *(s)tÚñk-s-lã- [POKORNY 1959: 1032(-34), cfr. RIX / KÜMMEL àt Nl.
>2001: 602]) e Villach/B(e)lják (Carinzia; 878 uillach, 1789 Bilak) < gallico
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Tăruīsŭs (> Treviso) e l’astionimo anatolico (KUR URU)TA-RU-(Ú-)I-ŠA
*BàlgOkã-n < celtico *BàlgOkã-m ‘(territorio) degli alberi o fiorellini’ < indoeuropeo *Bèàlg-Okã-m < *Bèàl[hI]-g-NhHrJñkã-m27 (oppure Beljak < gallico *BâlgOkã-n
< celtico *Bâlg-Okã-m ‘[territorio] dei Buoni’ < indoeuropeo *Bèâlg-Okã-m < *Bèâlâ-NhHrJñkã-m28 o Beljak < gallico *BàlgOkã-n < celtico *Bàlg-Okã-m ‘[territorio] del
bordo, orlo’ < indoeuropeo *Bèàlg-Okã-m < *Bèàl[hG]-g-NhHrJ-kã-m29): *Tb-h-ThHrJsâgã-s > *T8rú=süõC-s > Tarvisio \ Treviso < *T8rú=süõC-n < *Tïhä-G¶?hås-üõC-m.
La RTgâY X (VànàtâN àt HâstrâN) di appartenenza di Treviso nell’Ordinamento Augusteo comprendeva pressoché tutte le aree di sicura diffusione del
venetico e aree la cui lingua (e perciò anche la toponimia) prelatina era, con
dimostrabile certezza, celtica. Brenta (OLIVIERI >1961 [1962]: 147, DTI 9899) < Br?nt8 (KARG 1941/1942: 106, 176, 193, 195, FOGOLARI / PROSDOCIMI 1988: 392) < prelatino à*âBr?nt6 è verosimilmente celtico se esito del
tardoindoeuropeo *BNr:nt6 < *BNr:nt8hã•ç ‘(acqua) relativa al margine (del
territorio)’ (f *bNr;nt-8hã•ç ‘margine’?) f h*bNr;n-t- f h*bNr;n- ‘sporgere,
spigolo’ (POKORNY 1959: 167) o *BèrTntNhHrJ ‘della nebbia’ (romancio brenta
‘nebbia bassa’ < *bèràn-tN·hHrJ / *bèràm-tN·hHrJ ‘che può emergere’ o [*bèràn/ [*bèràm- ‘sporgere > emergere’?); in alternativa (subordinata), indoeuropeo
*BèràntNhHrJ ‘(divinità fluviale) cornuta’ > *BèràntO > ‘euganeo’ (inteso come
indoeuropeo con esiti */b/, */d/, */gBjC/ dei fonemi preistorici */bè/, */dè/, */gjè/
e */g/ < */lè/, dunque indistinguibile dal celtico) *BràntO > B*CBrântO > Brenta.
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28
29
Gallico *bâl(â)gã- ‘albero’, *bâl(â)gO, in composizione anche *bâlâs? (DELAMARRE >2003: 75)
< celtico *bàlgã- ‘albero di grande taglia, sacro’, *bàlgO ‘fiore(llino)’ (STOKES / BEZZENBERGER 1894: 174 *bàlgã-, *bàlgO ‘albero, foglia’, HOLDER 1896: 387, POKORNY 1959: 122,
VENDRYES / BACHELLERY / LAMBERT 1980 [1981]: B-50-51, QUIN >1983: 73 = B 100, DE
BERNARDO STEMPEL 1999: 211, MONARD 2000 / 2001: 43, 47, KOCH 2002: 14 *bàlgO ‘albero, foglia’) < indoeuropeo *bèàlgã-, *bèàl-gO < *bèàlhI-gã-, *bèàlhI-gNñhHrJ o @[*bèàl= [*bèàlhI- ‘foglia, fioritura; fiorire, crescere rigogliosamente’ (POKORNY 1959: 122,
MALLORY / ADAMS 1997: 207, 348 [*bèàl-, [*bèlàhê-, cfr. RIX / KÜMMEL àt Nl. >2001: 88).
Celtico *bâlâ- ‘buono’ (STOKES / BEZZENBERGER 1894: 175, HOLDER 1896: 422 *bâlã-, cfr.
421 *sbâlâ-s, HD. 1907: 863, VENDRYES / BACHELLERY / LAMBERT 1980 [1981]: B-50,
QUIN >1983: 73 = B 99-100, KOCH 2002: 15, *bâlâ-s ‘buono’ POKORNY 1959: 153, *bâlgã-s
‘buono, conforme’, *bâlâ-s ‘amichevole’ MONARD 2000 / 2001: 47; non trattato da SCHRIJVER 1995) < indoeuropeo *bèâ-lâ-s, *bèâ-lã-s ‘armonioso, proporzionato, buono, amichevole’
(POKORNY 1959: 153-54; assente in MALLORY / ADAMS 1997, RIX / KÜMMEL àt Nl. >2001).
Celtico *bàlâ- f. ‘orlo, bordo, labbro’ (*bâlâ-, STOKES / BEZZENBERGER 1894: 175, HOLDER
1896: 421 *sbâlâ-s, HD. 1907: 863, VENDRYES / BACHELLERY / LAMBERT 1980 [1981]: B50, QUIN >1983: 73 = B 99-100, *bâlâ- KOCH 2002: 15) < indoeuropeo *bèàlâ-s (VENDRYES / BACHELLERY / LAMBERT 1980 [1981]: B-50) < *bèàlhG-â-s (cfr. LLOYD / LÜHR /
SPRINGER † 1998: 47-49) o [*bèàlhG- = ?[*bèàl- ‘gonfiar(si), sgorgare, rigurgitare’, POKORNY 1959: 120-22, cfr. 154-55, MALLORY / ADAMS 1997: 71 [*bèàl-, cfr. 70 [*bèlàhG-, RIX /
KÜMMEL àt Nl. >2001: 87). Riferito ai sette laghi entro o al margine del territorio di Villach?
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L’idronimo Dese, 1152 Deso, 972 Diso (preromano anche per OLIVIERI
>1961 [1962]: 147) può essere ricondotto a una sola radice indoeuropea,
h*dú;õ-s- ‘odiare’ (POKORNY 1959: 228, RIX / KÜMMEL ;t 8l. *2001: 131)
f h*dú;õ- ‘spaventarsi’ (POKORNY 1959: 227-28, RIX / KÜMMEL ;t 8l.
*2001: 130), e in particolare a *dúâ-s-ã- > antico indiano dvâúN- ‘odioso’, m.
‘nemico’ (MONIER-WILLIAMS 1899: 506-7); in tal caso, la trasformazione
diacronica *Dúâsã-s > *Dâsã-s è caratteristica del celtico (il venetico nYn lâquàt).
All’opposto, non può essere celtico il nome del(la) Piave (OLIVIERI
>1961 [1962]: 149-50, DTI 489-90) < Pl8úâ-s (KARG 1941/1942: 120) < venetico *Pl8úâ-s (KARG 1941/1942: 185, 195, PELLEGRINI / PROSDOCIMI
1967: I, 401, GRANUCCI 1975: 342-46, FOGOLARI / PROSDOCIMI 1988:
391-92) < indoeuropeo *PlCú-â-s o [*plàú- ‘scorrere , correre, nuotare, fluttuare, galleggiare, sguazzare, muoversi saltando, velocemente, essere volubile,
precipitare, piovere a dirotto’ (POKORNY 1959: 835-37, MALLORY / ADAMS 1997: 561, cfr. 74, 359, RIX / KÜMMEL àt Nl. >2001: 487-88), non solo
per il mantenimento (che ricorre anche in aree celtiche continentali conservatrici, come parte della Liguria o le Alpi Orobie) del fonema indoeuropeo preistorico */p/, ma anche per l’azione della Legge di Thurneysen-Havet (SCHRIJVER 1991: 436-54) in *PlCúâ-s > Pl8úâ-s (cfr. TâlâNhàntÚm < *TàlõC-hàntC-m).
Dei tre m[nâcâpâN con cui confinava la pàrtâcN diTNruWsâÚm, due – 7c;lÚm
e LltWnÚm – hanno nomi non diagnostici (ai fini della distinzione fra venetico e celtico) sul piano della fonologia diacronica, mentre äpâtàrgâÚm conserva */p/ indoeuropea. Asolo (Treviso; O LIVIERI >1961 [1962]: 146, DTI 44)
< 7c;lÚm (KARG 1941/1942: 100) < venetico *7k;lC-n (KARG 1941/1942:
173, 191, PELLEGRINI / PROSDOCIMI 1967: I, 394, 401, FOGOLARI / PROSDOCIMI 1988: 402) continua l’indoeuropeo *7m;lC-m < *HHrJ8m-;lC-m ± ‘aguzzo’ o [*hHrJ8m- ‘essere/diventare/rendere acuto’ (POKORNY 1959: 18-22,
MALLORY / ADAMS 1997: 288, 418, 510, RIX / KÜMMEL àt Nl. >2001: 261).
LltWnÚm (KARG 1941/1942: 101, OLIVIERI >1961 [1962]: 146; oggi in
territorio di Quarto d’Altino [Venezia], DTI 526) < venetico *¼lt[W]nã-n 30
30
Se è valida (anche per il venetico) la Regola di Dybo, l’accento indoeuropeo non doveva essere sull’ultima sillaba, altrimenti la penultima risulterebbe breve (†LltânÚm < *Lltân}-m
< *HHrJ(N)l-tâ-hGrIn-}-m); l’accento greco di StrJb. V 1, 7 (Õ∞µÍºæº <Lltµnãn>, neutro) riflette quello latino (7ltØnGm), mentre la documentazione epicorica presenta il teonimo Altinos*
(à. g. accus. sing. Altino 48 <.a.l.≠ino.m.> /Altinom/, Altino 40 <]a..l[.]≠ino.m.> /Altinom/,
MONTAGNARO 2012: 222, 226) accanto ad Altnos* (dat. sing. Altino 36 <.a.[-.]t<.>no.i.>
/A[l]tnoi/, Altino 41 <.a..l.tno.i.> /Altnoi/, Altino 44 <]a.l.tn-[> /Altno[/, Altino 45 e 46
<].tno.i.> /]tnoi/, MONTAGNARO 2012: 218, 227, 230-32 con bibliografia), che suggerisce
*¼lt[W]nã-s (o *Llt[â]nã-s < *HHrJNltâhGrIn}-s [Dybo] teonimo ÷ *HHrJ(N)lt∞hGrInã-m toponimo?).
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Tăruīsŭs (> Treviso) e l’astionimo anatolico (KUR URU)TA-RU-(Ú-)I-ŠA
(KARG 1941/1942: 173, 190, PELLEGRINI / PROSDOCIMI 1967: I, 402,
FOGOLARI / PROSDOCIMI 1988: 402) < indoeuropeo *¼ltWnã-m < *HHrJ(¾)ltâ-hGrIn-ã-m è verosimilmente un derivato di *hHrJ(N)l-tã- ‘alto’ o *hHrJNl‘(far) crescere’ (POKORNY 1959: 26-27, MALLORY / ADAMS 1997: 248, RIX
/ KÜMMEL àt Nl. >2001: 262); cfr. Pa-@u-ôal-ta < *BèNhHrJ-s-ÚshH(N)l-tã- (§ 4).
A Oderzo (Treviso) < Ovederço (OLIVIERI >1961 [1962]: 149, DTI 450)
< latino äpâtàrgâÚm (KARG 1941/1942: 117) < venetico *äpâstàrggãn < indoeuropeo *HGãpâstàrg-gã-m ‘retromercato’ sono state rinvenute le attestazioni epigrafiche più orientali finora note di onomastica celtica in Cisalpina
(<kaialoiso> Kaialoiso e <pazros.pompeteyuaios.> Padros Pompeteguaios, v.
PROSDOCIMI 1984); su tre ghiande missili di piombo da Ascoli Piceno (Od
5) si legge una variante dell’etnico <.o.ter.yin[> Otergin[ (KARG 1941/1942:
179, 195, PELLEGRINI / PROSDOCIMI 1967: I, 432-33, FOGOLARI / PROSDOCIMI 1988: 397-400), che può presupporre una base *ätàrggãn forse
da*ä[p]stàrggãn con sincope della terzultima sillaba aperta breve (cfr. latino
mNxâmÚs < *mNgâsNmã-s?) rispetto a *äpâstàrggãn oppure (almeno in teoria)
un dileguo celtico di */p/ (*äpâstàrggãn > *ä[í]âstàrggãn) seguìto dalla detta
sincope (*äh[â]tàrggãn > *ä[h]tàrggãn > *ätàrggãn p etnico ätàrg-Wnã-s*).
Un affidabile indizio toponimico di formazione preromana con conservazione di */p/ indoeuropea può essere Spercenigo [spfiseknilgo] (San Biagio
di Callalta [Treviso]), 1294 Sprezinico, 1081 Sperzeniga (OLIVIERI >1961
[1962]: 23, con etimologia da un gentilizio etrusco ricostruito *Percenna con
s- prostetica) < preromano *SpàrkànWkã-n, *SpàrkànWkO < indoeuropeo *SpàrkànWkã-m, *SpàrkànWkO < *Spàrm-àn-âhHrJ-kã-m, *Spàrm-àn-âhHrJ-kNñhHrJ ± ‘ventoso, ariosa’ o *spàrm-ànã-s ‘aria, vento’ (> antico indiano spNrZNnN-ó ‘aria,
vento’, MONIER-WILLIAMS 1899: 1269) o *spàrm-ànã- ‘che tocca’ (> antico
indiano spNrZNnN- ‘che tocca, riguarda, colpisce, affligge’ p spNrZNnNkN-m
‘che tocca’ [detto della pelle], spNrZNnWyN- ‘che dev’essere toccato, percepito o
sentito’, âbWd.) o [*spàrm- > antico indiano [spNrZ- ‘toccare’ (finora privo di
comparazioni convincenti, MAYRHOFER 1976: 539, HD. 1992-1996: 774-75).
OLIVIERI >1961 [1962]: 25> riconduce Sovernigo (così nel 1315) frazione
di Paese (Treviso) a un gentilizio etrusco-latino *Suberna (ricostruito su Subernius), che ogni celtologo riconosce come composto da *sÚ- ‘buono, bene’
(< indoeuropeo *sÅ- < *hGsÅ-, DELAMARRE >2003: 283-84) e dal lessema celtico *bàrnO f. ‘apertura, breccia, gola, passo’, STOKES / BEZZENBERGER
1894: 168 *bàrnOt- ‘crepaccio’, HOLDER 1907: 852 *bàrn-gO ‘âd.’, POKORNY
1959: 134, VENDRYES / BACHELLERY / LAMBERT 1980 [1981]: B-41,
QUIN >1983: 71 = B 83, DE BERNARDO STEMPEL 1999: 255, cfr. 257,
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MONARD 2000 / 2001: 45 *bàrnO ‘spaccatura, crepaccio’ + goidelico
*bàrnã-s / *bàrnO m. ‘passo di montagna’, KOCH 2002: 15 *bàrnO ‘spaccatura,
crepaccio’) < indoeuropeo *bèàrnO < *bèxr-nNñhHrJ o ?[*bèàr- ‘lavorare con
un attrezzo aguzzo, incidere, tagliare, (s)fregare, cancellare, spaccare’ (POKORNY 1959: 133-35, MALLORY / ADAMS 1997: 549, cfr. 81, cfr.
[*bèàr-h½- ‘lavorare con un attrezzo aguzzo’ RIX / KÜMMEL àt Nl. >2001: 80):
indoeuropeo *[HG]sÅsbèàr-n-âhHrJ-k-ã-m ‘(territorio) fornito di buoni passi
(nel terreno), aperture’ > *SÅbèàrnWkã-m > celtico (o eventualmente anche venetico, se non sentito più come composto) *SÚbàrnWkã-n > latino *SÚbàrnWcÚm > veneto Sovernìgo (per il suffisso celtico *-Wkã-, *-WkO < indoeuropeo
*-Wkã-, *-WkO < *-âhHrJ-kã-, *-âhHrJ-kNñhHrJ v. DE BERNARDO STEMPEL 1999:
[327-]328[-30]). Merita di essere rilevato che, in questa interpretazione, tutta la seconda parte del composto ha un perfetto riscontro in tre toponimi di
aree relativamente vicine a sostrato celtico, Bernìga frazione di Villanuova sul
Clisi (Brescia), Bernìga presso Cremeno (Lecco) e Bernìga contrada di Arigna, frazione sul versante orobico di Ponte in Valtellina (Sondrio), col connesso Ponte di Berniga frazione di Val d’Ambria (in comune di Piateda
[Sondrio]), per OLIVIERI >1961: 82 da *PRUNITA ‘prugneto, luogo coltivato
a pruni’ (SERTOLI SALIS 1955: 22) oppure dal nome personale BERNO, ma
in prospettiva preromana (attraverso la mediazione latina *BàrnWcN) dal gallico *BàrnWkO < celtico *BàrnWkO (> irlandese bernach ‘che ha brecce, lacune,
aperture, squarci, rotto, difettoso’, QUIN >1983: 71 = B 83)31 < indoeuropeo
*BèàrnWkO (*¾lkjâ-s) < *Bèàr-n-âhHrJ-kNñhHrJ (*hHrJ¾l-kjâ-s ‘[alpeggio] dove si fa
crescere [il bestiame]’ o *bèrTh(h½)-NñhHrJ ‘ponte’ < *‘insieme di travi’?)
o *bèàr-n-âhHrJ-kNñhHrJ, propriamente ‘che ha (o insieme di [luoghi] che hanno) brecce, lacune, aperture, squarci (rotta, difettosa)’ (perciò *hGsÅs ‘buono’).
Onigo (sede comunale di Pederobba [Treviso], 1420-1434 Vonigo, Vonico
(OLIVIERI >1961 [1962]: 12, da un gentilizio latino Avena, Avenus) presenta
una base Von- confrontabile col nome radicale antico indiano v{n-, v{n8-m ‘albero, legno’ (SCHINDLER 1972: 43, MAYRHOFER 1976: 138-40) < indoeuropeo *ú}n[hê]-s ÷ *ú;nhê- risp. *ú≠nhê-ã-m/*ú≤nhê-ã-m f h*ú;nhê- ‘affezionarsi’
(POKORNY 1959: 1146-47, RIX / KÜMMEL ;t 8l. *2001: 683-83), di modo che
31
L’irlandese bernach può risalire sia a *bàrnOkã-, *bàrnOkO sia a *bàrnWkã-, *bàrnWkO, poiché
l’esito gaelico di quest’ultimo, *berXech (attraverso *bàrXàπë¡
< *bàrXàπê¡
< *bàrXàπN < *bàrXàkN < *bàrXâkN < *bàrXWkN-, *bàrXWkN < *bàrnWkã-, *bàrnWkO), avrebbe comunque subìto la depalatalizzazione del gruppo consonantico conservato (qui /rn/; v. POKORNY >1969: 22), dopodiché la vocale atona /e/ sarebbe stata realizzata come /ê/ <a>, POKORNY >1969: 22): *berXech > *bernech > bernach. Cfr. Bernina (Grigioni) < *Bèàr-n-â-hGrIn-NñhHrJ ‘(alpe) del passo’.
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Tăruīsŭs (> Treviso) e l’astionimo anatolico (KUR URU)TA-RU-(Ú-)I-ŠA
si può ricostruire un derivato (secondario) indoeuropeo *öãnhê-âhHrJ-kã-m
± ‘(territorio) degli alberi’ > *öãnWkã-m > venetico (o celtico) *öãnWkã-n > latino
*VãnWcÚm > Vonìgo. Cfr. Vomp (Tirolo), 930 Fonapa < *öãn[hê]¶hã•ç8kû8áhã•ç?
Lancenigo di Villorba (Treviso), 1348 Lancenico, 1233 Lanzinigo, 1152
Lanzanigo (OLIVIERI >1961 [1962]: 11, fra i prediali da gentilizi latini, in
questo caso *Ancinus o *Antianus – entrambi se con agglutinazione dell’articolo determinativo – o *Lancinius) si presta, come il verosimilmente connesso lessema preromano *lNõkO ‘letto di fiume; cavità, pascolo lungo e ripido’
(KURY3OWICZ 1925: 203, J OKL †1946: 172, HUBSCHMID 1949: 34-39;
cãntrO, BOLELLI 1942: 47-48) < indoeuropeo *lõ§
k-¾·hHrJ, al confronto con
numerosi derivati della radice indoeuropea [*làõk- (POKORNY 1959: 67677, RIX / KÜMMEL ;t 8l. *2001: 413),32 specialmente in lituano (FRAENKEL
1962: I, 356-57), quali in particolare lankà ‘alveo, valle, prato’ (< indoeuropeo *l}õk-N·hHrJ) col derivato lankìnis ‘che vive nell’alveo, valle, pascolo &c.’
(< indoeuropeo *lãõk-({)ngã-s), lankenà ‘scure, ascia’ (< *lãõk-ànN·hHrJ), soprattutto simili (per forma – grado apofonico radicale e suffisso – dell’antecedente) liñkinas (designazione del lupo negli indovinelli) < *lõ§
k-ânã-s e linkìnis
‘casuale (gramm.)’ (per tutti v. KURSCHAT 1970: II, 1283, 1326), quest’ultimo da *lõ§
k-{ngã-s > celtico e venetico *LNõkângã-s > °nâs, formalmente identico
al citato *LNncânâÚs di OLIVIERI >1961 [1962]: 11. Si può dunque ricostruire,
con ogni probabilità, un toponimo preromano *LNõkânWkã-n < indoeuropeo
*Lõ§
k-ân-Wkã-m < *Lõ§
k-ân-âhHrJ-kã-m ‘relativo al letto del fiume, prato, pascolo’.
Sulla stessa base pare formato Lanzago (fraz. di Silea [Treviso; fino al 21
gennaio 1935 Melma]; da OLIVIERI >1961 [1962]: 19 classificato come prediale dal gentilizio Lancius), aggettivo in *-NhHrJñkã- > *-Okã-33 da *lõ§
k-gã-s
(> lituano liñkis, -io ‘piega, curva’ di un fiume, KURSCHAT 1970: II, 1326) o
*lõ§
k-gNñhHrJ > *lõ§
kgO (> lituano liñkS, lìnkS ‘piega, curva’ di un fiume o di una
strada, âbWd.): indoeuropeo *Lõ§
k-gNhHrJñkã-m ‘(territorio) della curva (del
fiume)’ > *Lõ§
kgOkã-m > prelatino (celtico o venetico) *LNõkgOkã-n > latino
*LNncâOcÚm > Lanzago. Nel caso che invece l’antecedente fosse *LNntâOcÚm,
l’irlandese offre un possibile confronto con leitech (se da intendere come
léitech; tema in *-ã- e in *-O-, QUIN >1983: 426 = L 92), epiteto di una clas32
33
[*làõk- ‘piegare’ è celebre in toponomastica à. g. per MrW LNõkO < antico indoario Mrz LNõkt
< indoeuropeo *(Ùr{·hHrJ) Lãõk-¾·hHrJ ‘(Eccelsa) Valle’ e per Laccadive < singhalese Lakdiva < antico indoario *LNõkOsdvWpOó < indoeuropeo *Lãõk-N·hHrJ/ãsdhâ-hHrJp-ã-hGàs ‘Isole
delle Valli’ o *lãõk-¾·hHrJ ‘valle’ + *dhâshHrJp-ã-s ‘isola’ o *dhâ- ‘due’ + *hHrJNp- ‘acqua’.
In celtico (anche gallico; v. RUSSELL 1988 [1989]), *-Okã- è un diffuso suffisso relazionale;
cfr. WnfrO Varago, Vedelago, Martellago, Rossignago, Chirignago, Borbiago, Oriago, Limbraga.
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Guido Borghi
se di brughaidh (plurale di briugu34), forse formato sul participio preterito lét
< *lNm-tã- di *lNm-gà-qã-tãr > laimethar ‘osare’ (SCHUMACHER 2004: 446-47,
cfr. DE BERNARDO STEMPEL 1999: 395+-) o [*hIlàmh½- ‘rompere’ (âbWd.,
cfr. POKORNY 1959: 674, RIX / KÜMMEL ;t 8l. *2001: 412): indoeuropeo
*[HI]lYm[h½]-tüg-NhHrJñkã-m ‘(territorio) relativo a quelli che hanno osato’ (a
meno che conservasse invece il significato etimologico del participio,
*HIlch½-tüg-NhHrJñkã-m ‘[territorio] della rottura [da parte del fiume?]’)
> *LYmtgOkã-m (/ *LcitgOkã-m) > celtico *LumtàüâgOkã-m > *LNntgOkã-n > lat.
*LNntâOcÚm > Lanzago. Entrambe le etimologie possono valere per i toponimi
galloromanzi ricostruiti come *LanciOcon (prediale sull’antroponimo Lancius,
DELAMARRE 2007: 114) da DELAMARRE 2012: 171 (Lansac, Lancé, Lanchy,
Lancey, cfr. DAUZAT / ROSTAING 1963: 383); la base derivazionale è valida
anche per Lanzo (Como; Torino, OLIVIERI >1961: 291; HD. 1965: 192)
nonché per gli idronimi Lanza (nel Monferrato, COSTANZO G ARANCINI
1975: 98, e nel Varesotto) e per i toponimi Lanza (Cuneo), Lanze (Asti;
OLIVIERI 1965: 192), solo la prima per i toponimi ispanoceltici antichi LNncâN e per il toponimo galloromano LNncâOcÚs (HOLDER 1904: 139-40).
Varago (Maserada sul Piave [Treviso]) è uno dei più probabili toponimi prelatini della serie (manca in OLIVIERI >1961 [1962]: 89), derivato in *-Okã- dal
celtico *ú6rC-s (HOLDER 1907: 111-14, cfr. 109?, DELAMARRE *2003: 301,
cfr. MONARD 2000 / 2001: 271, cfr. 272; assente in STOKES / BEZZENBERGER 1894, QUIN *1983, SCHRIJVER 1995, DE BERNARDO STEMPEL 1999,
KOCH 2002) o già dal suo antecedente indoeuropeo *ú6rC-s (/ *úArC-s)
< *hãé•çèú8hãé•çè-rC-s (/ *[hê]úChä-r-C-s) ‘fiume’ o h*hãé•çèú8hãé•çè- ‘acqua’ (P OKORNY 1959: [78-]80[-81], diverso da MALLORY / ADAMS 1997: 64, cfr.
RIX / KÜMMEL ;t 8l. *2001: 291-92, WODTKO / IRSLINGER / SCHNEIDER
2008: 356-57) oppure *úArC-s < *[hê]úChä-r-C-s o h*hêú;hä-r- ‘acqua’ (FALILEYEV 2007: 30 e bibl.): ie. *Hãé•çèú8hãé•çè-rNhHrJñkã-m / *[Hê]úChä-r-NhHrJkã-m
‘(territorio) del fiume’ (quale, per evidenti ragioni geomorfologiche, doveva già
essere anche ben prima della grande Alluvione [Rotta della Cucca] del 17 ottobre 589 d.C.) > *ö6rOkã-m > celtico *ö6rOkã-n > latino *V6rOcÚm > Varago.
Volpago (Treviso; non compare in OLIVIERI >1961 [1962]: 27, 87 fra le
formazioni su VÚlpâÚs o su hÚlpTs ‘volpe’) sembra trovare una corrispondenza
completa nel persiano moderno gurpO (gurpaO) ‘trifoglio’ (STEINGASS 1892:
1078), presumibilmente il trifoglio coda di volpe o angustifoglio (TrâfãlâÚm
34
Ricco possidente terriero con la funzione pubblica di offrire ospitalità illimitata nel proprio
maniero, che doveva essere in posizione accessibile, QUIN >1983: 85 = B 194; dal celtico
*brâg[ss < indoeuropeo *bèbnè-Yt-s (DE BERNARDO STEMPEL 1999: 163 con bibliografia).
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Tăruīsŭs (> Treviso) e l’astionimo anatolico (KUR URU)TA-RU-(Ú-)I-ŠA
NngÚstâfãlâÚm L.), diffuso dalla Persia settentrionale alle Alpi, e perciò dal
proto(indo)PrKnico *h`pOkN- (cfr. gurba <gurbah> ‘gatto’ [STEINGASS 1892:
1078] < mediopersiano gurbag < proto(indo)PrKnico *h`pNkN-, equabile del
latino hãlpâs/hÚlpTs ‘volpe’, DE VAAN 2008: 688) < indoeuropeo
*(h½)h`p-NhHrJkã-s ‘volpino’, con sostantivizzazione di diverso genere grammaticale (neutro) *(H½)h`p-NhHrJkã-m ‘(territorio del) trifoglio coda di volpe’ (altrimenti si potrebbe immaginare un più banale aggettivo su *(hê)úìp-≠hä-s ‘volpe’ [SCHRIJVER 1991: 377, 379, DE VAAN 2008: 688] – ancor meglio sarebbe
*(hê)úìp-whãé•çè-s, che giustificherebbe comunque *(hê)úìp-:hãé•çè-k-lN·hHrJ
> hãlpTcÚlN, cfr. SCHRIJVER 1991: 368-68 e 377 – ossia *(Hê)ú(ã)lp-NhHrJ-kã-m
‘[territorio] delle volpi’) > *f(ã)lpOkã-m > venetico (o, se celtico, comunque
non ãptâmY g[rà) *fãlpOkã-n > latino *VãlpOcÚm > romanzo Volpago.
Vedelago (Treviso; OLIVIERI >1961 [1962]: 27), con seconda e recente (cfr.
Làverda di Lusiana [Vicenza; OLIVIERI >1961 (1962): 1] e lo stesso nome TNrhWsÚs/°-âÚm > à*âTïHØz(g)G <Trabitium/Tribicium> &c. [tjAIiCz!
(j)>] > Treviso; altrimenti una vocale atona in sillaba aperta prima di /l/ risulterebbe o, cfr. Asol(an)o, anche Ossola(no) DTI 462, forse con doppia l originaria se da ÿ¥Ø´∞∞ß,
PtSl. III 1, 38 [NOBBE 1843: 147]), corrisponde all’irlandese fethlach (tema
in *-ã- e *-O-) fethal (tema in *-ã-, maschile) ‘distintivo o emblema caratteristico’ (QUIN >1983: 302 = F 103-4, 106) < celtico *ú;t8lã-s ‘ciò che indica’
(VENDRYES 1908: 204, cfr. STOKES / BEZZENBERGER 1894: 268) < indoeuropeo *ú;t¢lã-s < *ú;t©ãé•çè-lã-s o h*ú;thãé•çè- ‘dire’ (RIX / KÜMMEL ;t 8l.
*2001: 694-95; assente in POKORNY 1959): indoeuropeo *ö;t©ãé•çè-lNhHrJkã-m ‘[territorio] caratterizzato da un distintivo, che indica’ > *ö;t¢lOkã-m
> celtico *ö;t8lOkã-n > latino *V;t8lOcÚm > *Ved[o]lago > *Vedlago > Vedelago.
Boiago (Quinto di Treviso) < 1183-1237 Bauliaco (OLIVIERI >1961
[1962]: 14) ha un confronto solo nell’espressione proverbiale lituana (Bir;ai)
bauli\ au@ùlSs (non più compresa; detta di orecchie d’agnello) = triub\ au@ùlSs,
KURSCHAT 1968: I, 281, con tri†bas, tri[bà ‘canna’ (KURSCHAT 1973: IV,
2526; in BALFIKONIS 1941-2002 < http://www.lkz.lt > s. h. baul˘s si rimanda
a bail˘s ‘vile’, cfr. bailùs ‘pauroso’, FRAENKEL 1962: 29; non si trova in FRAENKEL 1962: 39, SMOCZYISKI 2007: 49); se è corradicale del lituano bulìs
‘natiche’, medio bassotedesco pull, poll ‘guscio, baccello’ (POKORNY 1959: 99),
medio nederlandese puil ‘sacco’, puile ‘tumore’ (< *p[l-, FALK / TORP ?1909:
220), in base a SCHRIJVER 1991: 248-49 conciliabili solo sotto una radice di
forma [*bàhêh- (da precisare come [*bàhHrJh- per includere Bauliaco), può
risalire, attraverso il venetico (o celtico) *BNhlâjOkã-n, all’indoeuropeo *BNhlüõOkã-m < *B8úhã•çlüõ8hã•çkC-m < *B8hã•çÚ-l-õ-8hã•çkC-m ‘territorio delle canne’.
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Martellago (Venezia), 1152 Martiliago, 1085 Martelago (OLIVIERI >1961
[1962]: 21), se non deve la forma del 1152 a un esito *[marthkjlalgo] < *Martoglago di *MNrtãgNlOcÚm < celtico *MNrtãgNlOkã-n o *mNrtãsgNlO (> irlandese martgal [tema in *-O-] ‘mattanza del bestiame’, QUIN >1983: 455 = M 65)
o celtico *mNrtã- ‘bue’ 35 + *g8l6 ‘forza, valore’ (G8ll=?)36 (dunque indoeuropeo
*mYrtãsgàNâ8l(hê)-8hã•ç / *mYr-tãsgìhê-8hã•ç p *MYr-tã-gàNâ8l(hê)-8hã•ç-kC-m /
*MYr-tã-gìhê-8hã•ç-kC-m ‘[territorio] della mattanza del bestiame’ > *MYrtãgàNâ8lOkC-m / *MYrtã-gì[ù]OkC-m > celtico *MNrtãgNlOkã-n), può rappresentare
un aggettivo in *-Okã- di un composto gallico *m6rCst;ll6 ‘grande spazio’
o *m6rC- ‘grande, molto’37 + *t;ll6 ‘spazio’,38 di motivazione incontestabilmente perspicua (soprattutto prima della centuriazione delle aree a Settentrione e
35
36
37
38
Cfr. VENDRYES 1960 [1961]: M-21-22, QUIN *1983: 454-55 = M 64-65; corradicale del
celtico *m8rúC-s ‘morto’ (STOKES / BEZZENBERGER 1894: 203, POKORNY 1959: 735, VENDRYES 1960 [1961]: M-19, DE BERNARDO STEMPEL 1999: 212, 213, 214, cfr. 219, 324,
MALLORY / ADAMS 1997: 98, MONARD 2000 / 2001: 179, KOCH 2002: 58; cfr. forse irlandese meirb nell’accezione di ‘salma’ < *m;rú?-s, VENDRYES 1960 [1961]: M-30, QUIN
*1983: 457 = M 85, DE BERNARDO STEMPEL 1999: 541) < indoeuropeo*mb-hC-s ‘morto’
o ^h*m;r- ‘morire’ (POKORNY 1959: 735, MALLORY / ADAMS 1997: 150, 366, 375, RIX /
KÜMMEL ;t 8l. *2001: 439-40, WODTKO / IRSLINGER / SCHNEIDER 2008: 488-91). *M8rtCforse in Xidlŵ_ilhj <Br?t≤m8rtCs> (Re dei Gesati, † Cl8st?d?Gm 222 a.C., Pl:t. RAm. XVI 7)?
Celtico *g8l6 ‘forza, valore’ < indoeuropeo *gàNâ8l(hê)-8hã•ç / *gìhê-8hã•ç o h*g;lhê(h*gàNâ8l-?) ‘aver potere su’ (POKORNY 1959: 351, RIX / KÜMMEL ;t 8l. *2001: 185-86).
Gallico *m6r6, *m6rC- (DELAMARRE -2001: 184-85; *2003: 218-19) < celtico *m6r6, *m6rC- ‘grande’ (STOKES / BEZZENBERGER 1894: 201-2, HOLDER 1904: 432-33, POKORNY
1959: 704, VENDRYES 1960 [1961]: M-18, QUIN *1983: 467-68 = M 167-70, SCHRIJVER
1995: 196, 214, 272, DE BERNARDO STEMPEL 1999: 229, 233, 464, cfr. 526, 534, 570-`,
MONARD 2000 / 2001: 178, KOCH 2002: 58, FALILEYEV 2007: 22) < indoeuropeo *mAr6,
*mArC- < *mChä-r8áhã•ç, *mChä-rC- (o h*m;hä(õ)- ‘crescere’, POKORNY 1959: 704 ^h*m:-,
*mA- ‘grande, considerevole’, MALLORY / ADAMS 1997: 249, 344). Da notare che il citato
Xidlŵ_ilhj <Br?t≤m8rtCs> risulta forse Xidlŵ_ihj <Br?t≤m6rCs> in Pl:t. M6rc;ll. VI 2, VIII 3.
Un celtema *t;ll6 *‘spazio’ è alla base dei denominativi anticoirlandesi tellad m. ‘aver spazio
in’ (in séguito tallad), do-alla*, do-ella*, -tella, poi -talla (taillid, toillid) < celtico *t;ll6tG-s,
*t;ll6-t? *‘c’è spazio, possibilità per (qualcosa); v’è posto per (+ accusativo)’ (POKORNY
1959: 1062, VENDRYES / BACHELLERY / LAMBERT 1978: T-47, QUIN *1983: 586 = T 141,
VENDRYES / LAMBERT 1996: D-119, cfr. D-136, MALLORY / ADAMS 1997: 534, RIX /
KÜMMEL ;t 8l. *2001: 623, SCHUMACHER 2004: 506-7(c); assente in DE BERNARDO
STEMPEL 1999); *t;ll6 *‘spazio’ risalirebbe a *t;lLn6 o *t;lL6 (con à*â/°ll°/ < */°lL°/ secondo
l’evoluzione studiata da HAMP 1974) < indoeuropeo *t≠lpn6 / *t;lp6 < *t≠lp-n8·hã•ç /
*t;lp-8·hã•ç o h*t;lp- ‘avere, creare spazio’ (POKORNY 1959: 1062, MANN † 1984-1987:
1377, MALLORY / ADAMS 1997: 534 *tìp-n8hã•ç-t?, RIX / KÜMMEL ;t 8l. *2001: 623), i derivati goidelici *t;ll6tG-s, *t;ll6-t? continuerebbero *t;lLn6tG-s, *t;lLn6-t? o *t;lL6tG-s, *t;lL6-t?
< indoeuropeo *t≠lpn6tG-s / *t;lp6-tG-s, *t≠lpn6-t? / *t;lp6- t? < *t≠lp-n8hã•ç-tG-s / *t;lp-8hã•çtG-s, *t≠lp-n8hã•ç-t? / *t;lp-8hã•ç-t? o *t≠lp-(n)8·hã•ç ‘spazio’ (g *T;lp-üõC-s ‘spazioso’ > Teglio?).
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Tăruīsŭs (> Treviso) e l’astionimo anatolico (KUR URU)TA-RU-(Ú-)I-ŠA
Occidente del sito): indoeuropeo *mChä-rCst≠lp-(n)8·hã•ç ‘grande spazio’
p *MChä-rC-t;lp-(n)8·hã•ç-k≤-m ‘(territorio) dal grande spazio’ > *MYrC-t;lp(n)OkC-m > celtico *MNrãt;llOkã-n > latino *MNrãt;llOcum > neolatino Martellago.
Circa cinque chilometri a Sud di Martellago si trova Rossignago (Spinea
[Venezia]), che, come il *Rossini-Ocum ricostruito da HOLDER 1904: 1231
per Rosseignies in Belgio (Hainault), invita a riconoscere quale base derivazionale l’omologo gallico dell’irlandese ruisne ‘porcellino’ (QUIN >1983: 514
= R 118) < celtico *rÚssângã-s, probabilmente uno dei derivati di russ ‘rosso’
(VENDRYES / BACHELLERY / LAMBERT 1974: R-54) < indoeuropeo
*härGdN-s-G-s (POKORNY 1959: 372-73, cfr. MALLORY / ADAMS 1997: 242,
468, 481, 592), come con ogni verosimiglianza in *RÚssân-Okã-n > Roussennac (Aveyron), per DAUZAT / ROSTAING 1963: 577-78 e DELAMARRE
2012: 223 (*RoudsinOcon) da un antroponimo (non attestato); Rossignago
può dunque risalire a *RÚssânâOcÚm < celtico *RÚssângOkã-n ‘(territorio) dei
porcellini’ < indoeuropeo *RÚdzNângOkã-m < *HärGdN-s-â-n-g-NhHrJkã-m.
Appena più a valle è Chirignago di Mestre, 1316 Clariniago (OLIVIERI
>1961 [1962]: 16). L’irlandese offre un termine di confronto in cláirinech
‘infermo’, sinonimo di clárainech ‘a) nato senza naso o occhi visibili; b) piatto (detto di superficie del terreno)’ (QUIN >1983: 119 = C 215, 222), che da
un lato riflettono un composto clársenech ‘dalla faccia piatta’ (lebbroso)
< celtico *klOrãsànàkjã- (garantito dall’equivalente gallese wyneb-clawr, VENDRYES / BACHELLERY / LAMBERT 1987: C-114) con secondo elemento enech < celtico *ànàkjã- ‘volto’ (MATASOVIE 2009: 115-16, in difficile rapporto
con l’ie. *hGxn-hIãkj-ã- [+ [*bèàrnè- di Borbiago – v. WnfrO – in *Bèb¿
nè-Ú=hGànhIãkj-N·hHrJ ‘(territorî) dalla fronte alta’ > ≈ß≤≠´ºfl±¨ <PNrtéàn}pç>]), ma dall’altro devono anche rappresentare una formazione aggettivale su cláirin ‘tavolino’ (QUIN >1983: 119 = C 215) o clár ‘tavola’ (VENDRYES / BACHELLERY /
LAMBERT 1987: C-113-14) < goidelico, celtico *klOrã-s f. ‘superficie’, m. ‘tavola/-o, ribalta’, *klOrã-n n. ‘tavola’ (STOKES / BEZZENBERGER 1894: 100-1, POKORNY 1959: 545-46, anche gallico, HOLDER 1896: 1037, MONARD 2000 /
2001: 87; *Mãnt âqÚsklOrãs ‘piano nei monti’ > Montechiaro [Asti; Acqui-Al, DTI
413]?) < ie. *kÛrã- < *k`hGrHErJF-rã- o ?[*kàlhGrHErJF- ‘colpire, scavare’ (WALDE
/ POKORNY 1930: [436-]440, POKORNY 1959: 545-47, MALLORY / ADAMS
1997: 549, RIX / KÜMMEL àt Nl. >2001: 350): il composto spiega bene la prima
accezione di clárainech, metaforicamente anche la seconda, che d’altronde è
più diretta nell’analisi derivazionale (celtico *klOrunàüâg-Okã-, di conseguenza
*klOr±nàüâg-Okã- per cláirinech). Nel caso di Chirignago < Clariniago bisogna
presupporre la seconda accezione di clárainech (‘piatto’, detto di terreno) per
689
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Guido Borghi
*klOr±nàüâg-Okã- (formalmente uguale a cláirinech), dunque *ClOr±nâOcÚm < celtico *KlOr±nàüâg-Okã-n ‘(territorio) dalla superficie piatta’ (qual è il sito di Chirignago) < indoeuropeo *Kl6r±nàüâõ-6kC-m < *Kìhä•ãé•çè-r-?-(hä•å)n-àüâõ-8hã•çkC-m.
Borbiago (Mira [Venezia]), XIII sec. Burbilagum, 1117-1131 Burbi(gl)iacho, 1113 Bergulago, 994-996 Burguliaco, Burgulagus (OLIVIERI >1961
[1962]: 14), nelle attestazioni più recenti sembra corrispondere all’irlandese
borblach ‘rudezza’ (QUIN >1983: 79 = B 145) < celtico *bãrbãlOkã- < indoeuropeo *bèãrgjãlOkã- < *bèãrgj-ãl-8hã•çkC- o *bèãrgj-ã- ‘rude’ (> irlandese borb,
POKORNY 1959: 163), ma le più antiche implicano un aggettivo in *-Okã- da
un composto celtico *bãrgãslâgO ‘piana/sedimento/torrente alluvionale’ o *bãrgã- (cfr. gallese bwrw m., pl. bwriau/byry ‘alluvione’, THOMAS 1950-1967: 357)
< indoeuropeo *bèãrnè-ã- ± ‘(acqua) alta’ o [*bèàrnè- ‘essere alto, proteggere’
(SCHRIJVER 1995: 55-56 con bibliografia, cfr. 67) + *lâgO ‘piana/sedimento/alluvione’ o *lâgã-n < ie.*lâgã-m < *lâhê-ã-m39 (p *BN ;§Cr°N-C¶l?hê-C-m > *B ;§CrgC¶l?õC-n
> B eqorgoglio in Alessandria?) o da *bãrgãslTgO ‘cavità, depressione per/dall’acqua
alta’, col medesimo primo elemento e di cui il secondo ha un derivato in *-Okã-,
*lTgOkã-, continuato nel gallese llwyog ‘che ha un cucchiaio’ (anche nel senso
di ‘turbina provvista di pale’, THOMAS / BEVAN 1968-1987: 2246) o llwy
‘cucchiaio; piccola cavità o depressione a forma di coppa (per esempio in una
pietra erosa dall’acqua)’, oltre a ‘pala di turbina’ (THOMAS / BEVAN 1968-1987:
2237) < celtico *lTgO < indoeuropeo *làgnè-N·hHrJ (MATASOVIE 2009: 235)
o [*làgnè- ‘leccare’ (POKORNY 1959: 668): indoeuropeo *bèãrnè-ãslâhê-8·hã•ç
p *Bèãrnè-ã-lâhê-8hã•ç-kC-m ‘(territorio) della piana/sedimento/torrente alluvionale’ > *BèãrnèãlâgOkC-m > celtico *BãrgãlâgOkã-n > tardogallico *BÚrgãlâgOkã-n > latino *BÚrgãlâOcum > Burguliaco o, rispettivamente, indoeuropeo
*bèãrnè-ãslàgnè-8·hã•ç p *Bèãrnè-ã-làgnè-8hã•ç-kC-m ‘(territorio) fornito di cavità, depressioni per/dall’acqua alta’ > *BèãrnèãlàgnèOkC-m > celtico *BãrgãlTgOkã-n > tardogallico *BÚrgãlTgOkã-n > latino *BÚrgãlTgOcÚm > neolatino Burguliaco (in ambedue i casi con inoppugnabile motivazione topografica).
Il miglior indizio di origine da un gentilizio è offerto, in zona, da Oriago
(Mira), 1295 Urgiago, 1143 Urlaci (O LIVIERI *1961 [1962]: 12) = Aurillac,
39
Gallese lledd> ‘luogo piatto, piano’ (THOMAS / BEVAN 1968-1987: 2139) < *lâgO (se come
lledd= ‘sangue, ferita’ < *lâgO, WARD >1996: 62); gallico *lâgO > francese lie ‘feccia, fondigliolo’, in alternativa a *lâg(g)O < indoeuropeo *làgè-gN·hHrJ (MATASOVIE 2009: 237) o [*làgè‘giacere’ (POKORNY 1959: 658-59); *lâgO rappresenta pure il plurale di *lâgã-n (neutro)
> irlandese >li(a)e ‘alluvione, torrente’, detto anche di sangue (QUIN >1983: 433 = L 143),
dall’indoeuropeo *lâgã-m < *lâhê-ã-m (cfr. MATASOVIE 2009: 243) o "[*làg- = [*làghê- ‘scorrere’ (POKORNY 1959: 664-65, RASMUSSEN 1989: 54, RIX / KÜMMEL !t l. 2001: 405-6).
RION, XXVI (2020), 2
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Tăruīsŭs (> Treviso) e l’astionimo anatolico (KUR URU)TA-RU-(Ú-)I-ŠA
Orly &c. (DAUZAT / ROSTAING 1963: 37 s. ú. Aureil, 510 s. ú. Oreilla)
< LurTlâOcÚm* (quindici toponimi – incluso il nostro – e tre ulteriori derivati
diminutivi sono elencati in HOLDER 1896: 295, cfr. 296 e 2D. 1907: 75657) o LurTlâÚs, mentre Aurel (Drôme, 1200 Aurel, Aurello) viene ricondotto
da DAUZAT / ROSTAING 1963: 37 al latino NurN, così come Aure (Ardennes,
1446 Aure; Haute-Garonne, Hautes-Pyrénées) e Aures (Lozère) 40 e i tre
oronimi Aure nonché i relativi derivati, fra cui Puig d’Aureille < *Lur-âlâN
(Pyrénées-Orientales; tutti in DAUZAT / DESLANDES / ROSTAING 1978:
109-10, cfr. 24 e FLUTRE 1957: 20-21), da ROSTAING 1950: 63-64 attribuiti a una base preromana ricostruita col significato di ‘altura’. Lo stesso
FLUTRE 1957: 19, 21-22, d’altra parte, dedica un intero capitolo agli aulonimi e idronimi Aure, Auron, Auron(n)e, Aurance, Auronce e connessi derivati, accogliendo l’ipotesi di una base preromana gallica *8úr6 ‘acqua corrente,
fonte’ (HOLDER 1896: 294-95[-97], 2D. 1907: 756, 759, POKORNY 1959:
81, SCHMOLL 1959: 88 *8úrC- ‘acqua’, KRAHE 1963: 319 = [35]) < celtico
*8úr641 < indoeuropeo *{úr6 (idronimo paleoeuropeo, KRAHE 1930: 236, 2D.
1953: 49, 115, 2D. 1963: 319 = [35]) < *hçß{úráhä-8áhã•ç (continuato negli
idronimi e toponimi norvegesi Aura, RYGH 1904: 7-8, SANDNES / STEMSHAUG 1997: 78, come l’appellativo antico nordico *aurr ‘argilla umida,
marna’ CLEASBY / VIGFUSSON / CRAIGIE >1957: 34-35, DE VRIES >1962:
20) = /*hçß≠úráhä-8áhã•ç/ ‘insieme di innaffiamenti’? f *hçßú;ráhä(-C)- ‘(l’)innaffiamento’? f h*hçßú;r-hä- ‘innaffiare, aspergere, inumidire, bagnare’ (P OKORNY 1959: [78-]80-81, 1165, cfr. h*häú;rs- ‘piovere’ MALLORY / ADAMS
1997: 477 = h*hãú;rs- RIX / KÜMMEL ;t 8l. *2001: 291, WODTKO / IRSLINGER / SCHNEIDER 2008: 356-57, p6c; BEEKES / VAN BEEK 2010: 99100). Poiché dunque nell’idronimia paleoeuropea sono produttivi, fra gli altri, i suffissi *-?-, *-lC-, *-õC- e i corrispondenti femminili *-l6, *-õ6 (KRAHE
40
41
Aurec (Haute-Loire, ca. 1030 Auriaco) e Auriac (Aude, 1018 Auriago; Cantal, 1337
Auriacum; Dordogne, 1365 Auriacum; Basses-Pyrénées, 1096 Auriag; inoltre in Aveyron,
Haute-Garonne, Lot-et-Garonne, Auriac-de-Bourzac Dordogne, 1365 Auriacum) lo sono
invece al gentilizio LurâÚs (H OLDER 1896: 296-97), come anche Auriat (Creuze; tutti in
DAUZAT / ROSTAING 1963: 37), che tuttavia potrebbe riflettere *Lhrâ6tG-s < gallico
*Lhrõ6tG-s < celtico *Lhrõ6¶õ6tG-s < indoeuropeo *LhrõA¶õ6tG-s < *Hçß8úr[hä]-õC¶häßõ8hã•ç-tG-s
‘guado della fonte’ (cfr. =nfr6 in testo), con *hGßgNhHrJ-tÚ-s (m.) ‘guado’ (f h*hGßgNhHrJ- ‘andare’, POKORNY 1959: 296, MALLORY / ADAMS 1997: 228, cfr. RIX / KÜMMEL ;t 8l. *2001:
309-10) > celtico *õ6tG-s (> antico irlandese áth m. ‘guado, spazio aperto o cavo fra due oggetti’, VENDRYES 1959: A-99, QUIN *1983: 56 = A 445-46, IRSLINGER 2002: 82, 169, 174).
Da non confondere con l’antico irlandese úarán ‘fonte’ (VENDRYES / BACHELLERY / LAMBERT 1978: U-9, QUIN *1983: 623 = U 37-38, DE BERNARDO STEMPEL 1999: 324, cfr.
MONARD 2000 / 2001: 35) < celtico *ãúgr-8gnã- f *ãúg-rã- ‘freddo’ (POKORNY 1959: 783).
691
RION, XXVI (2020), 2
Guido Borghi
1963: 295-96 = [11-12]) < *-lN·hHrJ, *-õN·hHrJ, è non solo lecito, ma addirittura doveroso prendere in considerazione l’eventualità che, in aree a sostrato
gallico, toponimi quali Lur?lâOcÚs (attestato, v. HOLDER 1896: 295) possano
continuare formazioni celtiche come *Lur?lõOkC-s < indoeuropeo *Lur?lõOkã-s
< *Hçß8úrhä-?-l-õNhHrJ-kC-s ‘della (*hã•ç{kû-8áhã•ç ‘acqua, fiume’) della piccola
fontanella’ f *Hçß8úrhä-?-l-õN·hHrJ ‘(*hã•ç{kû-8áhã•ç o *hHrJ¾l-kjâ-s ‘[alpeggio]
dove si fa crescere [il bestiame]’) della piccola fontanella’ (> *Lur?lõO
> Aureille, cfr. sÚprO?) f *Hçß8úrhä-?-lN·hHrJ ‘piccola fontanella’ (> *Lur?lO
> Orle, Ariège, idronimo oscuro per DAUZAT / DESLANDES / ROSTAING
1978: 71) f *hçß8úrhä-?-s ‘fontanella’ (?) f *hçß{úráhä-8áhã•ç ‘fonte’ e di conseguenza anche Oriago, in un’area ricchissima di acque, possa continuare
non solo LurTlâOcÚm* (da un gentilizio, che per definizione non ha riscontro
motivazionale con la geomorfologia del territorio), ma anche Lur?l?OcÚs
< preromano (gallico) *Lur?lõOkC-s < paleoeuropeo, indoeuropeo *Lur?lõOkã-s
< *Hçß8úrhä-?-l-õNhHrJ-kC-s ‘del (fiume) della piccola fontanella (risorgiva?)’.
Limbraga – come comonimo (in Treviso) – è per OLIVIERI >1961 [1962]:
20 prediale dall’antroponimo latino Limerus, dunque equato di Limeyrat
presso Périgueux (Dordogne) < *LWmàrOcÚm (HOLDER 1904: 224), che tuttavia, alla luce dell’esito -eyr-, corrisponde all’aggettivo gallese llifeiriog ‘fluente,
scorrente, torrenziale, straripante, inondato’ (THOMAS / BEVAN 1968-1987:
2179) < celtico *lWmàrgOkã-, derivato di lli(f) m.(/f.) ‘corrente, fiotto, alluvione, inondazione, flutto; mare’ (THOMAS / BEVAN 1968-1987: 2177) < celtico *lWm?-s, evidente equabile della Lima lucchese < *LWmN < preromano *LWmO < indoeuropeo *LWmO < *HHl{hG-mN·hã•ç ± ‘scorrimento’ (grado ridotto
della radice, accentata + *-mã-)42 o [*hHlàghG- < [*hHlàhGg- ‘scorrere, gocciolare, versare < mettere in movimento’ (POKORNY 1959: 664-65 @*lyg-, RASMUSSEN 1989: 54 [*làhGg-, MALLORY / ADAMS 1997: 506-7 [*hHlàg-, RIX /
KÜMMEL àt Nl. >2001: 405-6 [*làgh½-). Solo il comonimo trevisano presuppone dunque *LWmàrOcN < celtico *LWmàrOkO < indoeuropeo *LWmàrOkO
< *HHlâhG-m-àr-Nhã•çkN·hã•ç ‘(insieme di territorî) inondati’, se -b- si deve al
gruppo consonantico formatosi nella sincope romanza *LUMRÀCA; se invece -b- è originaria, Limbraga in quanto idronimo richiama – oltre naturalmente appunto alla Lima < *HHl{hG-mN·hã•ç – il primo elemento dell’etnonimo ispanoceltico BrOcNrTs / BrOcNrW nonché del relativo toponimo (LugÚstN)
BrOcNrN (HOLDER 1896: 505-8, cfr. HD. 1907: 922), che presuppongono un
42
Formano nominalizzazioni del processo, cfr. lo schema di corrispondenza fra strutture predicative, modelli apofonico-accentuali e tipologia dei derivati elaborato (precipuamente per
il vOdico, ma estensibile alla preistoria indoeuropea comune) da RONZITTI 2006: 83-88.
RION, XXVI (2020), 2
692
Tăruīsŭs (> Treviso) e l’astionimo anatolico (KUR URU)TA-RU-(Ú-)I-ŠA
toponimo indoeuropeo *bèbh½m-ãshHNrhI-ãs- / *bèbh½m-ãshHNrhI-ã-m (o
*bèrY(h½)m-ãshHNrhI-ãs- / *bèrY(h½)m-ãshHNrhI-ã-m) ‘campo splendente’ o
‘campo del giudizio’ o *bèbh½m-ã- o *bèrY(h½)m-ã- > *bèam-ã- o
*bèrYm-ã- (> celtico *brOkã- > irlandese brách) 43 o [*bèrà(h½)m- ‘splendere’
(POKORNY 1959: 141-42),44 quindi *HHlâhG-mãsbèbh½m-N·hã•ç ‘splendida di
scorrimento’ > *LWmãbrOmO > celtico o eventualmente (se non inteso più come composto) venetico *LWmãbrOmO > latino *LWmãbrOcN > Limbraga.
L’idronimo Storga (così nel 1170) è ricondotto da OLIVIERI >1961
[1962]: 2 al gentilizio latino Asturius; OLIVIERI 1965: 331 e COSTANZO
GARANCINI 1975: 24 assegnano gli idronimi piemontesi Stura a un’omofona base prelatina Ast[ra. D’altra parte, Stura può continuare un antecedente
gallico *Stãhr(üg)O < celtico *St}hr(üg)O < indoeuropeo *St}hr(üg)O < *St}hr(-üg)N·hHrJ ‘che colpisce, batte’ (POKORNY 1959: 1032-34; alcuni ampliamenti in RIX / KÜMMEL àt Nl. >2001: 601 e 602-3) e Storga potrebbe risalire
a un corradicale indoeuropeo *StÚ-râk¾·hHrJ > *StÚrâkt > prelatino (venetico
o celtico) *StÚrâkO > latino *StÚrâcN > neolatino Storga, tuttavia per Storga è
anche intuitivo pensare a un preromano (venetico o celtico) *StãrgO < indoeuropeo *StãrgO < *Stãrg-N·hHrJ femminile di *stãrg-ã-s ‘forte’ (> germanico
*stNrkN-z, HEIDERMANNS 1993: 546-57, OREL 2003: 372, KROONEN 2013:
474-75) o [*stàr-g- o [*stàr- ‘duro’ (POKORNY 1959: [1022-]1023[-27]).
Melma (forse attestato nel 1314 come Melma, OLIVIERI >1961 [1962]:
106), idronimo e comonimo (quest’ultimo, dal 21 gennaio 1935, divenuto
Silea [Treviso]), di cui viene contestata per ragioni idrogeologiche l’etimologia dal germanismo melma, è analizzabile come nominalizzazione del predicato (nYmàn OctâYnâs) e rispettivamente dell’obliquo (in particolare del luogo),
in quanto formazione primaria in *-mã- con grado pieno della radice (e, nel43
Variante di bráth ‘sentenza, giudizio’ secondo VENDRYES / BACHELLERY / LAMBERT 1980
[1981]: B-161 (un ipotetico gaelico di Scozia *brachc per bracht sarebbe regolare, ma brách
per bráth no). Meno credibile B*CBr6k- o brOcNe ‘pantaloni’ (su cui DELAMARRE >2003: 84).
44
La motivazione di *bNïhê†-C- o *bNrA(hê)†-C- ‘giudizio’ < ‘*dimostrazione’ o h*bNr;(hê)†‘esser chiaro’ sarebbe analoga a bráth ‘giudizio’ < *br6tG- < *bNî-tG- < *bNïhê-tG- ‘*affermazione’ < h*bNr;hê- ‘parlare’. Naturalmente, *br6kC- – se non è una parola-fantasma – potrebbe risalire alla medesima radice *bN;rhê- ‘parlare, pronunciare’ di *br6-tG-s ‘giudizio’.
Fra le due etimologie, quest’ultima è tuttavia meno probabile, perché il suffisso *-kC- è assai
meno produttivo di *-tG- (ciò evidentemente non implica che non esista, ma che una formazione in *-kC- non ha le stesse probabilità di una in *-tG- e meno ancora rispetto a una
in *-C-) e perché una comparazione che interessa quattro fonemi (*br6k- in *br6k-C-) è, c:t;r=s p8r?bGs, statisticamente più probabile di una che interessi tre fonemi (*br6-) (la maggiore lunghezza di *-kC- rispetto a *-C- non costituisce un controargomento, perché *-kC- è di
per sé meno produttivo e la comparazione fra suffissi è meno stringente che fra lessemi).
693
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Guido Borghi
l’ipotesi, accento sulla radice; cfr. il quadro morfofonologico di RONZITTI
2006: 84-85, 87 citato sÚprO in nota), da ?[*màl- ‘esitare, indugiare’45 (POKORNY 1959: 720):46 indoeuropeo *mxl-mN·hHrJ ‘rallentamento (del fiume)’
p *Mxl-mN·hHrJ (idronimo) e *mxl-mN·hHrJ ‘luogo (abitato) del rallentamento
(del fiume)’ p *Mxl-mN·hHrJ(comonimo) > *MxlmO > preromano (venetico o
celtico) *MàlmO > latino *MàlmN > romanzo Melma (la morfofonologia indoeuropea rende perciò ragione dell’omonimia fra fiume e località abitata).
L’idronimo Botteniga (come la laguna di Bottenigo presso Mestre [Venezia], 1382 flumen Bottenighi, 1191 Butenici, OLIVIERI >1961 [1962]: 14, che
ricostruisce gentilizi latini *BÚttânN/BottânN ÷ etrusco *BotTna [sWc]) è interpretabile come preromano (venetico o celtico) *BGtt?n=k6 < indoeuropeo
*BG·t-ú?¶n=k6 < *BG·t-ú?¶n?¶?häßk-8·hã•ç ‘(fiume) vinto dalla canalizzazione’,
composto da *bG·t-ú?-s (> latino bGtt?s) f h*b;ú(-t)- ‘gonfiarsi’ (POKORNY
1959: 99) e *n?¶?häßk-8·hã•ç ‘rovesciamento’ > greco gdπ
ec <nØkJ> (KLINGENSCHMITT 1975: 162**); sarebbe dunque da separare dalla serie di toponimi in
*-Wkã-, *-WkO < indoeuropeo *-Wkã-, *-WkO < *-âhHrJ-kã-, *-âhHrJ-kNñhHrJ di cui sÚprO.
Morgano (Paese [Treviso]), 1315 via Mergana, rio Mergan (OLIVIERI
>1961 [1962]: 22, da un antroponimo Mergano o Almerigo o simili, comunque non interpretato come prediale in -OnÚm) < preromano *MàrgOnã< indoeuropeo *MàrnOnã- < *Màrn-NhHrJ-nã- ‘corrugato’ ÷ *màrn-NhHrJ-kã(> celtico *màrgOkã- > irlandese mergach ‘corrugato’) o *màrnN·hHrJ (> irlandese merg ÷ =meirg ‘ruggine’ < celtico *màrgW < indoeuropeo *màrnW
< *màrnâ·hHrJ, VENDRYES 1960 [1961]: M-30) o [*màrn- ‘inzuppare, marcire, cariare’ (POKORNY 1959: 739-40) o anche da indoeuropeo *MàrgO-nã< *Màr·g-NhHrJ-nã- ‘fornito di serve, ragazze’ o *màr·g-N·hHrJ (o [*màr(-g)‘giovane’, POKORNY 1959: 738-39) > lituano mergà ‘bambina, ragazza; serva’
(FRAENKEL 1962: I, 439-40, KURSCHAT 1970: II, 1396) può continuare
45
46
Con cautela – appunto – si può ipotizzare che il lituano mìlminti ‘allettare, tentare’ (KURSCHAT 1970: II 1413), formalmente un causativo, dunque in indoeuropeo *m`mxgã·hH
(o *mãlmxgã·hH ‘faccio esitare, indugiare’?), sia formato (come se su [*m;lm-) da un denominativo *mxlm-(üg)ã·hH ‘esito, indugio’ o *mxl-mã-/*mxl-mN·hHrJ ‘indugio, esitazione’.
Manca in RIX / KÜMMEL ;t 8l. *2001, nonostante debba essere alla base del greco µ¤∞∞ª
<mxllY> ‘essere sul punto di’ < indoeuropeo *mxl-gã·hH (BEEKES / VAN BEEK 2010: II 927;
®∞‚¥Øª <blyskA> ‘venire’ < *m`hI-smã·hH è fuori causa perché formato su C[*m;l= [*m;lhI- ‘venir fuori’, POKORNY 1959: 721-22, RIX / KÜMMEL ;t 8l. *2001: 433-34, BEEKES / VAN BEEK 2010: I, 223, come, nella migliore delle ipotesi, il latino mYlâÄr ‘mettere in
movimento’ < *mYl[hI]-gã·hH-r, DE VAAN 2008: 386, e per la stessa ragione – forma della radice ÚltâmNe lNrengOlâs – =[*màl- = [*màlhH- ‘tritare, schiacciare, battere, macinare’, POKORNY 1959: 716-17[-19], MALLORY / ADAMS 1997: 247, RIX / KÜMMEL àt Nl. >2001: 432-33).
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694
Tăruīsŭs (> Treviso) e l’astionimo anatolico (KUR URU)TA-RU-(Ú-)I-ŠA
entrambi gli antecedenti (il primo come idronimo, il secondo come odonimo), ma pure un terzo, che giustificherebbe la /o/ della forma attuale, preromano *MãrgOnã- < indoeuropeo *MãrnOnã- < *Mãrn-NhHrJ-nã- (o anche, se
attraverso il venetico, *MbnOnã- < *Mbn-NhHrJ-nã-) ‘caratterizzato dal confine’
o *mãrn-NñhHrJ (> *mãrnO > germanico *markY ‘regione, confine’, O REL
2003: 262, KROONEN 2013: 355, cfr. celtico *mrãg(â)- > *brãg(â)- ‘territorio,
regione, frontiera, marca’, STOKES / BEZZENBERGER 1894: 221, VENDRYES
1960 [1961]: M-67-68, DE BERNARDO STEMPEL 1999: 34-35, DELAMARRE
=2001: 77-78 = >2003: 91; *mãrnO forse paleoligure se in Comorga frazione
di Carasco [Genova] < celtico *KÚmbãsmãrgO ‘confine della valle’47 < indoeuropeo *KÚñmñbè-ãsmãrn-NñhHrJ, italo-siculo nell’etnonimo *Mãrn-ThHrJ˚-tàs
> ƒfl≤©¨µ´≥, MãrgTtàs) o [*màràn- ‘bordo, confine’ (POKORNY 1959: 738).
Zero (Treviso) < Iairus, 1095 Zayro (OLIVIERI >1961 [1962]: 151, ove si
ipotizza un’origine da antroponimi, Iarius o Diarius), è formalmente identico all’antecedente del russo vstr <járyj> ‘appassionato, accanito’ < indoeuropeo *õ6rC-s õC-s < *häßõ8hãé•çè-rC-s häõC-s (POKORNY 1959: 510), nel caso
dell’idronimo direttamente *Häßõ8hãé•çè-r-üõC-s > *ô6rüõC-s > preromano (venetico o celtico) *ô6rüõC-s > latino *I6r?Gs > neolatino Iairus, Zayro > Zero.
Come nome di località (abitata), Zero ha lo stesso referente di Branco (OLIVIERI >1961 [1962]: 53), che normalmente è inteso come ‘diramazione di
fosso o canale’ (âbWd.) o branca ‘ramo’ (diffuso come appellativo nelle Alpi
Orientali, HUBSCHMID 1950: 38-39; per la toponomastica veneta v. OLIVIERI 1914: 132-33 = >1961 [1962]: 53, per quella trentina48 e in generale
tirolese ACHLEITNER 1901: 8, per il Piemonte OLIVIERI 1965: 100) < prela47
48
Celtico *kÚmbO ‘valle’, *kÚmbã- ‘curva; vaso, botte; petto’ (STOKES / BEZZENBERGER 1894:
93, [LEROUX] [1953: 340], VENDRYES / BACHELLERY / LAMBERT 1987: C-146-47, DE
BERNARDO STEMPEL 1999: 281, DELAMARRE =2001: 110, >2003: 131-32, KOCH 2002:
36) < indoeuropeo *kÚñmñbè-}- < *kÚñn=ñbè-}- o [*kàh-bè- o [*kàh- ‘curvar(si)’ (POKORNY
1959: 588[-]592, MALLORY / ADAMS 1997: 443, RIX / KÜMMEL àt Nl. >2001: [357-]358).
Vi sono, naturalmente, inclusi (con richiamo a Brancola(d)ora ‘brancolatura’) Brancafora di
Pedemonte (dal 1929 in provincia di Vicenza) e Brancolino (Brancolím [braZkoklim], frazione di Nogaredo [Trento], v. FLÖSS 2017: 130-31; toponimo ricorrente anche nei comuni di Torri del Benaco [Verona] e Schio [Vicenza]) < celtico *BrNõkãslWnã-n < *Bræ¡
xkC¶
ílWnã-m ‘pieno di rami’ < indoeuropeo *Bèrd√
kãsplTnã-m < *Bèrd√
k-ãsplàhG-nã-m o *plàhGnã- > celtico *ílWnã- ‘pieno’ (> irlandese lín ‘pieno’, cfr. QUIN >1983: L 154-56) oppure
celtico *Bræ¡
õkãslWnã-s (*Bræ¡
õkãslWnã-n) < indoeuropeo *Bèrd√
kãslWnã-s (*Bèrd√
kãslWnã-m)
< *Bèrd√
kãslâBñCh½-nã-s (*Bèrd√
kãslâBñCh½-nã-m) ‘fiume (?) dei rami’ o *lâBñCh½-nã-s (> celtico *lWnã-s ‘liquido che scorre’ > bretone lin ‘pus’, STOKES / BEZZENBERGER 1894: 248)
o [*(hHrJ)làg(-)h½- ‘versare, scorrere, gocciolare’ (POKORNY 1959: [662-]664[-65]; cfr.
MALLORY / ADAMS 1997: 528; RIX / KÜMMEL àt Nl. >2001: 405-6) ÷ Brancolano (Firenze).
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Guido Borghi
tino *brNõkO < indoeuropeo *bèrd√
kO < *bèrd√
k-NñhHrJ o [*bèràõk- ‘sporgere;
spigolo’ (POKORNY 1959: 167) p *bèrãõk-ã-s > preromano *brãõkã-s > brónco ‘tronco, nodo, sporgenza’ (MEYER-LÜBKE ?1935: 120 n° 1337).49 Oltre,
tuttavia, al fatto che – come è spesso il caso per toponimi formati su relitti di
sostrato – il conio del nome potrebbe pure risalire alla fase preromana (e
allora implicare una fonologia diacronica non venetica, dunque verosimilmente celtica: *BrNõkã-n < indoeuropeo *Bèrd√
k-}-m ‘[territorio] che ha rami’ o *BNryxk-C-m ‘insieme di rami’, se non *BNryx†-C-s ‘branco < insieme di
[animali] portati [al pascolo]’), esiste anche la radice indoeuropea
[*brãõk- ‘racchiudere’ (POKORNY 1959: 103) su cui si sarebbe potuto formare un toponimo *Brõ§
k-ã-s *‘± restringimento, strettoia’ (con motivazione
analoga a Nervesa, cfr. WnfrO) > preromano (venetico o celtico) *BrNõkã-s
> latino *BrNncÚs > romanzo Branco. Si potrebbe anche ipotizzare che l’attuale coppia sintoponimica Zero Branco, pur di ufficialità solo recente (1866),
possa continuare (con parziale reinterpretazione, ma invariato nella sostanza)
un composto preromano (venetico o celtico) *ô6rüõCsbrNõkã-n < indoeuropeo *Häßõ8hãé•çè-r-üõCsbèrd√
k-}-m ‘(territorio) che ha rami del (fiume) impetuoso (dal flusso intenso)’ / *Häßõ8hãé•çè-r-üõCsbNryxk-C-m ‘insieme di rami del
(fiume) impetuoso’ o *Häßõ8hãé•çè-r-üõC{bNryx†-C-s ‘branco < insieme di (animali) portati (al pascolo) sul (fiume) impetuoso’ (tutti e tre di trafila solo celtica) o rispettivamente *Häßõ8hãé•çè-r-üõC{brõ§
k-ã-s *‘Restringimento, strettoia
del (fiume) impetuoso’ (valido in entrambe le ipotesi, celtica e venetica).
Nervesa [naikvelza] (Treviso), 1273, 1138 Narvisia, Nervisia, 994-996
Nervesia (O LIVIERI >1961 [1962]: 7, da un gentilizio *Nervisius ricostruito
sugli antroponimi Nerva e Nervinus) si confronta con l’idronimo ligure Nervia < *NàrhügO < *(S)nàr-h-ügN·hHrJ ‘(l’Acqua) della strettoia’ o *(s)nàr-h-ügã-s
(p *(S)nàr-h-ügã-às > B*CNàrhügW, etnonimo gallico, HOLDER 1904: 726-36,
cfr. Nervi [Genova]; non compresi in DELAMARRE =2001, >2003) o *(s)nàrh-ã-s ‘stretto’ (> germanico *nàrhN-z > inglese narrow) o >[*(s)nàr- ‘girare
49
ACHLEITNER 1901: 8 interpreta Brancolino di Nogaredo come ‘piccolo branco o gruppo di
persone’, da branco, ricondotto (attraverso ‘mano’ p brancata ‘manciata, quantità’), a branca ‘zampa’ (MEYER-LÜBKE ?1935: 113 n° 1271) < latino branc8 ‘zampa’ (WALDE / H OFMANN ?1938: I, 114, MEYER-LÜBKE ?1935: 113 n° 1271), verosimilmente prelatino (cfr.,
con altra etimologia, KURY3OWICZ 1925: 206), che può sia rappresentare un’accezione del
medesimo lessema citato (gallico *brNõkO < indoeuropeo *bèrd√
kO < *bèrd√
k-NñhHrJ
o [*bèràõk- ‘sporgere; spigolo’) sia riflettere altre radici, attraverso il gallico *brNõkO < celtico
*brd√
kO < indoeuropeo *bBèCrd√
kO < *bBèCrd√
k-N·hHrJ o [*bèràn√
m- ‘portare’ (POKORNY 1959:
168) o [*bràn√
k- ‘includere, restringere’ (cfr. POKORNY 1959: 103); anche per branco si potrebbe ricostruire direttamente un celtico *brNõkã- < *bNryx†-C- ‘insieme di (oggetti) portati’.
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Tăruīsŭs (> Treviso) e l’astionimo anatolico (KUR URU)TA-RU-(Ú-)I-ŠA
intorno > stringere’ (POKORNY 1959: 975-77; RIX / KÜMMEL ;t 8l. *2001:
454 ne distinguono un’altra radice, [*nàrhê- ‘tuffarsi’) e si può perciò interpretare come un derivato terziario su una forma di comparativo indoeuropeo
*(s)nàr-h-ügãs- ‘più stretto’ p *(S)nàr-h-âs-gN·hHrJ ‘(territorî) del (punto) più
stretto’ (in corrispondenza dei rilievi su entrambe le sponde del[la] Piave, come a *Nàrhügã-às > Nervi di Genova si restringe lo spazio fra la montagna e la
riva del mare) > *NàrhâsgO > venetico (o celtico) *NàrhâsgO > latino NàrhâsâN.
Giàvera (Treviso) / Iàvera, Iàvara (CAPPELLO / TAGLIAVINI 1981: 242)
< 994 Glavera, iuxta fluuium Glauram (DTI 305), anche idronimo e oronimo, si presta anzitutto al confronto col gallese glaw ‘pioggia’ (THOMAS /
BEVAN 1968-1987: 1406), maschile, plur. -ogydd, glaw(i)au, antico cornico
glau ‘pluuia’ (CAMPANILE 1973: 49 respinge la connessione con j8l{- ‘acqua’
[MONIER-WILLIAMS 1899: 414] in quanto «non indoeuropeo»), mediobretone glau, glaw (DESHAYES 2003: 274) < celtico *glOhgÚ- < indoeuropeo
*nè`h½-hgÚ- o [*nèàlh½- ‘liquido’ (p *nèTlh½-NñhHrJ > *nèTlO ‘vino’):50 in tal caso
si partirebbe da un antecedente indoeuropeo *ıè`h½-h-àrNñhHrJ *‘± (zona) umida’ > *ıèÛhàrO > preromano (celtico o venetico) *GlOhàrO > latino *GlOhàrN > Glavera > Giàvera. D’altro lato, la geomorfologia del sito abitato richiama l’oronimo francese Glavenas (cima appiattita, 1045 m, Yssingeaux [HauteLoire], c. 1025 podium de Glavenas DAUZAT † / DESLANDES / ROSTAING
1978: 149, cfr. 152) 51 < gallico, celtico *Gl6ú;n6küõC- < ie. *GNíú;n6küõC< *GNìhê-ú;n-8áhã•ç-k-üõC- f h*gN;lhê- ‘lisciare’ (b*ch*gN;l- POKORNY 1959:
432) oppure composto gallico/celtico *Gl6ú;n8küõC- < *GNíú;n[C]¶8küõC< *GNìhê-ú;n-C¶hã•ç8†-üõC- f *gNìhê-ú;n-C- ‘appiattito’ (f h*gN;lhê- ‘lisciare’)
+ *hã•ç8†-üõC- ‘cima, punta’ (?) f h*hã•ç;†- ‘essere/ diventare/rendere acuto’
(P OKORNY 1959: 18-22, MALLORY / ADAMS 1997: 288, 418, 510, RIX /
KÜMMEL ;t 8l. *2001: 261): la ricostruzione differirebbe solo per il fonema
50
51
In alternativa: celtico *glOhgÚ- < indoeuropeo *nèlYshügÚ- < *nè[h∏
G]l-ãshHrJh-üg-Ú- (dileguo di
laringale in composto) o *nè©Gl-ã- (o [*nèyhGl- ‘liquido’ p *nèyhGl-NñhHrJ > *nèTlO ‘vino’,
POKORNY 1959: 434) + *hHrJh-üg-Ú- o [*hJ˚àh- (p [*hJ˚hàr-hG- ‘innaffiare, aspergere, inumidire, bagnare’ = D[*Nh(à)-, [*Nhàd-, [*Nhàr-) più che *[*hHNhhG- (=<[*Nh(T)-, [*NhT(g)-,
h*ú:-; g h*hãú;hä- ‘soffiare del vento’), cfr. POKORNY 1959: 78-84, 1165, SCHRIJVER 1995:
324, 336=, MALLORY / ADAMS 1997: 72, 477, 643, RIX / KÜMMEL àt Nl. >2001: 287, 291.
Cfr. l’idronimo Glaven [glævnF
, glelvnF
] (Norfolk, 1586 Glowie, Glow, 1577 Glowy, Glow, Glouius, EKWALL 1928: 174-75; soli 50 m di dislivello su 17 km), se non connesso a Gloucester
(1205 Glouchæstre, Gleochæstre, 1093 Gloweceastre, 1086 Glowecestre, 804 ad Gleawecestre, c.
800 Cair Gloui, EKWALL ^1960: 199), Gl:úGm (il cui territorio come cClAn?8 romana è stato
preso ai DCbFnn=*, RIVET / SMITH 1979: 339-40) < britannico *gl:úC-n ‘chiaro’ < celtico
*gl;õúC-n (HOLDER 1896: 2026) o con monottongazione tarda da *gl8õúC-n (RIVET / SMITH
1979: 368-69 con bibliogr.)? Diverso dal germ. *klYhY ‘propaggine’, PFEIFER B2004: 663-64.
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iniziale indoeuropeo, *Gè`h½-h-àrNñhHrJ *‘± (territorî) lisci’ > *GèÛhàrO > preromano (celtico o venetico) *GlOhàrO > latino *GlOhàrN > Glavera > Giàvera (in
origine diverso da Giàvera [idronimo] < *ıè`h½-h-àrNñhHrJ *‘± [zona] umida’).
Busta (frazione di Montebelluna e vicolo nel capoluogo [Treviso], dove
collega il punto più alto del centro, S. Andrea, col Sile) < latino *BFst8 può
rappresentare l’esito sia di un nome preromano (venetico o celtico) *BFst6
< indoeuropeo *BFst6 < *BGhês-t8hã•ç ‘rigonfiamento’ (il «colle più alto»)
f h*b;ú-hê-s- ‘gonfiarsi’, cfr. ted. P(f)ausback ‘uomo dalle guance tonde’ (la
radice è attestata in latino, germanico, greco, indoario – tutti diagnostici per
*/b/ – nonché in celtico, baltico e slavo; la base ampliata è celto-germanoslavo-illiro-greca, POKORNY 1959, [98-]101[-2]) sia, per la confluenza nel
latino *BFst8 di un eventuale arcaico *Bãhst8, della variante apofonica a grado forte della radice, per tramite del venetico o celtico *Bãhst6 < indoeuropeo *Bãhst6 < *Bãh[hê]s-t8·hã•ç ‘rigonfiamento’ (lo stesso tedesco P(f)ausback
è ambiguo in tal senso). La seconda ricostruzione trova riscontro nel toponimo tolemaico X_Ékl_ (G;Agr. III 1, 76; la variante X_mÅl_, graficamente
prossima, è incompatibile con la fonologia messapica a causa del fonema /C/)
= latino *B8úst8 < messapico *B8úst6 < indoeuropeo *BCúst6 < *BCú[hê]st8·hã•ç ‘rigonfiamento’ (inteso come tutto il territorio di Parabita [Lecce] e
motivato dal suo rilievo più alto, con grotte), le cui coordinate longitudinali
sono 15? a Est dell’allineamento GYQKRPN-WMYRLPN-HXOJNRPN (WILBERG
1838: 186-187, MÜLLER 1883: 363) o 15? a Ovest di quest’ultimo (NOBBE
1898: 154).52 Non si hanno particolari indizi per preferire a questo confron52
X_Ékl_ è dunque ben più a Occidente di Vaste, che rappresenta di certo il pliniano Basta
(n. h. III 11, 100, 105), attestato sul posto (KRAHE 1929b: 8, 152, 158, 163; PARLANGÈLI
1960: 277-78; SANTORO 1984: 82) anche in messapico (basta; bassta[---], MLM 1 Bas, 24
Bas = DE SIMONE / MARCHESINI 2002: I, 113-15, 133, II, 57) < messapico à*âB6st6
(= latino f6st8, v. già – anche se in prospettiva mediterranea – ALESSIO 1962: 101) < indoeuropeo *BN6st6 < *BN8hã•ç-s-t8hã•ç ‘consacrata/(luoghi) consacrati’ f h*bN8hã•ç- ‘dire’ (POKORNY 1959: 105-6; MALLORY / ADAMS 1997: 539; RIX / KÜMMEL ;t 8l?= *2001: 69-70);
in messapico il dittongo */8ú/ (scritto <ao>) risulta mantenuto (cfr. baoEtas <baoxtas> da
Alezio, PARLANGÈLI 1960: 276; MLM 8 Al = DE SIMONE / MARCHESINI 2002: I, 46, II, 56),
in opposizione morfofonologica (apofonica) con */G/ <o> (cfr. KRAHE 1929a: 116-17,
1929c: 93), per cui HAAS 1962: 173-74 (espressamente in relazione a Basta) ha ascritto l’ipotetica monottongazione */8ú/ > /a/ al latino volgare, anche se ne esistono possibili riscontri in testi messapici, ma sempre – come in tutto il resto della documentazione a parte X_Ékl_ ÷ Basta (KRAHE 1931: 17-18) – in sillabe prima dell’accento: ne consegue che il fenomeno, per poter aver agito su Basta, implica che quest’ultima fosse una variante ossitona in
opposizione a X_Ékl_, dunque che i due toponimi non possono comunque essere del tutto
identici. In unione alle considerazioni topografiche accennate sGpr6 e al fatto che nemmeno
per il resto l’elenco toponimico di Plinio e quello di Tolomeo coincidono, è inevitabile re-
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Tăruīsŭs (> Treviso) e l’astionimo anatolico (KUR URU)TA-RU-(Ú-)I-ŠA
to quello (che implicherebbe la celticità di Busta) con Busto Arsizio (Varese) e
Busto Garolfo (Milano) < latino *BFstGm < *BCústGm < celtico *BCússtC-n
‘stalla, luogo dei buoi’ (HUBSCHMID 1964) < *BCússtC-m (= celtiberico
<PouDTom> alla quarta riga della facciata A della prima tavola di bronzo scoperta nel sito archeologico di Contrebia Belaisca, sull’altura oggi detta Cabezo
de las Minas presso Botorrita, 20 chilometri a Sud-Ovest di Sarragoza, in
Aragona; v. UNTERMANN / WODTKO 1997: [561-]572[-73]) < indoeuropeo *GûCú¶stMC-m < *GûCú[hå]¶sthã-C-m f *gûCú[hå]- ‘mucca, bue’ (P OKORNY 1959: 482-83, MALLORY / ADAMS 1997: 47, 134-35, 242, 268, 305, 525,
592, 648) + *sthã-C- ‘luogo’ f h*st;hã- ‘stare’ (POKORNY 1959: 1004-10).
Biàdene (Montebelluna [Treviso]) è nel 1159 Blaten, 1014 Bladino, 9811025 Pladano, Platano (OLIVIERI >1961 [1962]: 150, con bibliografia e qualifica di possibile derivato di PlNuâs nonché segnalazione del riscontro con
l’altotedesco Bladen/Pladen = Sappada [Belluno], che in DTI 605 è appunto
ricondotto all’esonimo medio-altotedesco Plat del[la] Piave): qualsiasi opinione si abbia dell’etimologia di Valdobbiàdene (Treviso) (PJ}l. DYKc.
Hâst. LNng. II 13 Duplauilis, v. DTI 681 con bibliografia), le attestazioni di
Biàdene richiamano il tema galloromanzo meridionale (con riscontri in Catalogna) mblátanu-n ‘platano’ (VON WARTBURG † 1988: 36-37 s. h. «platJnus»), che HUBSCHMID 1977: 610, recensendo lo studio di PERUZZI 1973
sui miceneismi (con sonorizzazione dell’occlusiva iniziale) in latino, ha ricondotto, attraverso il gallico, al greco (±∞Ÿµßºæ≥ <pl{t8nCs> ‘platano’) di
Marsiglia («massaliot. *blátanos», con sonorizzazione /#b-/ < /#p-/ analoga a
quella /#p-/ > /#b-/ dal miceneo al [proto]latino), ma che si dà il caso corrisponda esattamente all’antecedente celtico *blOtànC-s (o *blOtàngC-s) del gallese blodyn ‘fiore’ (singolativo di blodau, THOMAS / BEVAN 1950-1967: 288)
o *blOtG-s (> >blawd ‘fioritura’, T HOMAS / BEVAN 1950-1967: 284) < indoeuropeo *bèÛtÚ-s / *bèlYtÚ-s < *bè`hI-tÚ-s o risp. *bèlãhI-tÚ-s < *bèlàhI-tÚ-s
o [*bèlàhI- ‘fiorire’ (POKORNY 1959: 122, MATASOVIE 2009: 67-68); nel
toponimo, ammessa comunque una mediazione altotedesca (medioaltotedesca in caso di regressione /#p-/ > /#b-/, altrimenti per la Seconda Mutazione
vocare seriamente in dubbio il conguaglio di X_Ékl_ e Basta. Rimane la possibilità che si
tratti di formazioni corradicali in variazione di accento, ma il caso parallelo – benché non direttamente sovrapponibile (a causa dell’incertezza sull’esito messapico di */gû/) – di Busto
(Arsizio) (< celtico *Bãhsstã-n ‘stalla, luogo dei buoi’ < indoeuropeo *GjãhssthH-ã-m, v. =nfr6 nel testo) e Bosto (< celtico *BCstC-m < indoeuropeo *GûCstC-m > antico altotedesco quast
‘ciuffo di foglie’, POKORNY 1959: 480), entrambi in provincia di Varese (distanti un percorso di 25,2 km, simile ai 27,4 km fra Parabita e Vaste), impone di prendere in considerazione due etimi distinti anche per X_Ékl_ (< *BCú[hê]s-t8·hã•ç) e B6st8 (< *BN8hã•ç-s-t8hã•ç).
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Consonantica [longobardica?] se /#b-/ è primario), se si accetta l’etimologia
celtica bisogna pensare a una corrente linguistica preromana (da Nord se
proveniente dai Carni; in alternativa, dal Bacino del[la] Brenta o in ultima
analisi dalla Cispadana) oppure alla diffusione secondo dinamiche geolinguistiche di un relitto di sostrato gallico (appunto *blOtànC-s) in fase romanza.
Analoghe considerazioni valgono per altri toponimi che presentano /#b-/
< indoeuropeo */#bè-/ secondo la fonologia diacronica celtica: Barcon di Vedelago (escluso per ragioni geomorfologiche barca – almeno in accezione
propria – alla base di Ponte dele [sWc] Barche [Vicenza] &c., OLIVIERI >1961
[1962]: 121-22), come Barco di Susegana (Treviso), più che al bellunese
barch ‘passo’ (÷ veneto vargo, italiano varco, OLIVIERI >1961 [1962]: 11819D?) sembra da ricollegare al ticinese barch ‘ricovero per il bestiame, recinto,
edificio in forma di tettoia, di stalla’, ‘cascinotto per la conservazione del latte’ (cfr. irlandese =barc ‘abbondanza’, QUIN >1983: 65 = B 35?), barca ‘specie di tettoia’, ‘catasta di legna’, (Astano [Ticino: Malcantone], Luino [Varese]) ‘recinto alberato attorno al roccolo’ (SGANZINI [dir.] 1965-1970: 16875) < celtico bNrkO (> medioirlandese barc ‘punta di lancia’, gallese barch f.
‘lancia’) < indoeuropeo *bèYr-kNhHrJ ‘insieme di punte di lancia’ (cfr. BNrcânY
[> Barcellona] < indoeuropeo *BèYr-k[ã]-àn-hGrIYBDC ‘[il *dèÚhEG˚rFH-nã-m /
*dèÚhEG˚rFH-nãs ‘recinto’] che ha le lance’ [= fatto di lance] / ‘che ha la Punta’ [il
Mont Tàber?] o *BèYr-k[ã]-àn-YBDC ‘la Punta per antonomasia’ con due suffissi individualizzanti?) o [*bèàr- ‘sporgere in alto’ (POKORNY 1959: 108-9 [*bèNr-).
Anche Brenton di Altivole (Treviso) è sospetto di rappresentare l’impiego
microtoponimico di un lessema che del sostrato potrebbe avere, in questo
caso, solo l’etimologia in quanto appellativo (veneto brentón ‘cisterna’ < preromano *brànt[ < indoeuropeo *bèrànt¯BDC < *bèràntã-hGrIYBDC ‘che ha [manici] cornuti’ o *bèràntã- ‘corn[ut]o’ p *bèràntNhHrJ ‘cornuta’ > *bèràntO > celtico *bràntO ± ‘anfora’ > romanzo brenta ‘secchia’), mentre più a Occidente e
soprattutto come ramo del(la) Brenta potrebbe continuare un idronimo preromano (celtico) *BrântYnã-s < *BrWntãsíãnã-s < indoeuropeo *BNr:nt-ãs
pãn-ã-s ‘fiume relativo al margine (del territorio)’ (vbΩ
ddèâ- di *bNr;nt-8hã•ç
‘margine’, cfr. sGpr6 l’etimologia di Brenta e O LIVIERI >1961 [1962]: 147).
Brioni di Altivole è ancora più ambiguo, perché, oltre a poter riflettere un
cognome anziché un appellativo, è – come i toponimi Brione più a Ovest
(Trento, Brescia, Sondrio, Ticino, Varese, Torino; anche Briona [Novara]) –
di etimo incerto fra il (longobard[ic]o?) braida ‘radura’ < germanico *brNgRY
‘ampia’ < indoeuropeo *bNrCõt´ < *bNrCõt{·hã•ç, KROONEN 2013: 73) e i
composti gallici *BrâgYnã-s, *BrâgYnO < celtico *Bbgãsíãnã-s, *BbgãsíãnO
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700
Tăruīsŭs (> Treviso) e l’astionimo anatolico (KUR URU)TA-RU-(Ú-)I-ŠA
< indoeuropeo *Bèbnè-ãspãn-ã-s ‘Acqua del monte’, *Bèbnèãspãn-N·hHrJ ‘Fiume
alto’ (o con celtico *br=g6- ‘forza’ < *gûr?hê-g8áhã•ç/*gûrÆhä-g8áhã•ç, P OKORNY
1959: 476-77? L’etimologia più diffusa, dal gallico *Brâgãsd[nã-n ‘recinto sul
monte’ < indoeuropeo *Bèbnè-ãsdèÚhEG˚rFH-nã-m/sdèÚhEG˚rFH-nãs-, è irregolare
per difficoltà fonetiche), v. OLIVIERI >1961: 110, HD. 1965: (101-)102.
In totale, tre (o quattro) nomi (Brenta, Dese – idronimi! – e Martellago,
oltre a Biàdene se non è semplicemente un conio neolatino da un sostratema; Brenton e Brioni non sono affidabili in tal senso) presentano una fonologia diacronica celtica, altri undici hanno equati appellativali celtici (Borbiago
= borblach, Chirignago = cláirinech, Vedelago = fethlach, Limbraga = llifeiriog,
forse Lanzago = leitech e Barco = barc, oltre a Biàdene = blodyn) o sono analizzabili come formati con lessico e suffissi celtici (Rossignago ÷ ruisne, Giàvera ÷ glaw, Varago ÷ VOrÚs, Sovernigo ÷ su- + bernach, forse Morgano ÷ merg,
oltre a Martellago ÷ mawr, tell-ad); per contro, tre o quattro nomi (Spercenigo, Piave – idronimo – e Oderzo, se preromano anche Volpago) mostrano
conservazione di */p/ indoeuropea, Sile può conservare traccia di una trasformazione morfo(fono)logica caratteristica del venetico (*-gã-s > -â-s), mentre
Àsolo, Altino, Zero, Boiago, Busta, Botteniga, Storga, Melma, Lancenigo, Onigo,
Nervesa, forse Branco e, se preromano, Oriago non sono diagnostici ai fini
dell’attribuzione al celtico o al venetico. Poiché da un lato la fonologia più innovativa (celtica, con irreversibile defonologizzazione di */p/) non può precedere la più conservativa (venetica) – ciò che esclude la seriorità del venetico rispetto al celtico – ma dall’altro lato i toponimi di sicura o probabile celticità
sono più numerosi degli omologhi venetici (la cui lingua era in uso all’inizio
della Romanizzazione), è possibile che, invece di una stratificazione diacronica
(immigrazione celtica in area venetica), si abbia qui una diffrazione fonologica
areale (dialettale: centrale venetica, periferica celtica) di un comune fondo
linguistico tardoindoeuropeo (celtovenetico, come l’italoceltico in accezione
non genealogica, ma solo diacronica): il lessico non celtico trova infatti confronti
– spesso esclusivi (a parte Altino e Oderzo) – nelle più varie classi indoeuropee
(germanica per Storga, Nervesa e forse Morgano, baltica per Boiago, Melma e
Lancenigo nonché forse Lanzago, slava per Zero, latina e greca per Botteniga,
messapica per Busta, forse PrKnica per Volpago, indoaria per Dese e Onigo), cosicché fra l’altro si configura come meritevole di considerazione un confronto
anatolico, in alternativa a quello celtico, per Treviso (v. paragrafo seguente).53
53
Non è credibile che nell’NngÚlÚs VànàtYrÚm convergessero migrazioni da tutta l’Indoeuropa
(dai Celti agli Indoarî); la compresenza di isoglosse così diffratte è un indizio che il conio dei
toponimi sia avvenuto in fase indoeuropea comune. Se ciò vale per tutte le altre classi, si
701
RION, XXVI (2020), 2
Guido Borghi
4. Il toponimo anatolico Ta-ru-(ú-)-i-@@a- e la toponomastica
indoeuropea in Anatolia Occidentale (Confederazione di Āššuwa) negli
r
alija I/II
Annali medioittiti di Tudhr
Nella dossografia su TNruWsÚs/TNruWsâÚm non si trova menzione del
celeberrimo toponimo anatolico Ta-ru-i-@a/[T]a-ru-ú-i-@[a] (DEL MONTE /
TISCHLER 1978: 408, STARKE 1997: 455CA), attestato negli Annali medioittiti del Gran Re Tudeali|a I/II, KUB XXIII 12 (XV s. àx.) II 13’/KUB XXIII
11 (XIII s.) II 19’ (né viceversa), spesso identificato con Troia (< greco ¿≤ªÈ„
<TrY{O> < indoeuropeo *Tr~s-âgNhã•ç ‘di Quelli che tremano’; gli antroponimi micenei <to-ro-> /TrYs*/ e <to-ro-ja> /Tr}gO/ attestano l’esistenza di contatti micenei con Troia e la fonologia diacronica che presentano coincide
con quella della componente ereditaria del greco, precedendo la mutuazione
di –∏´¥æ≥ <wpéàsãs>,54 che dunque segue */-s-/ > B*C/-h-/ e, per <∏> /pé/ < */bè/,
è anteriore a quella di √¤¥®æ≥ <Lxsbãs>, con <®> /b/ = /b/ anellenico da */bè/55).
54
55
applica anche al lessico celtico: non portato di un’invasione, ma patrimonio originario condiviso col resto dell’Indoeuropa celtica (come poi anche, nelle aree marginali, la fonologia).
L’equazione fra –∏´¥æ≥ <wpéàsãs> e l’anatolico Abasa- (eteo URUA-pa-a-@a, DEL MONTE /
TISCHLER 1978: 26-27 con bibliografia; proposta da GARSTANG / G URNEY 1959: 88 e accettata da CORNELIUS 1973: 176, 180 e GÜTERBOCK 1983, respinta – a favore di Habesos
[PlPn. n. h. V 28, 100] = Õºµfi∑´∞∞æ≥ <Lnt{péàllãs> in Licia, l’attuale KaT [Antalya] – da FREU
1987: 127, 147, HD. 1989: 106, 128, 152, HD. 1990: 52, 54-55, FORLANINI 1988: 167, POETTO 1993: 57, GURNEY 1997: 135; di nuovo accolta in base all’iscrizione geroglifica di
KARABEL da HAWKINS 1998a: 10=D, HD. 1998b: 1, 22-23 e WAELKENS 2000: 476) presuppone un antecedente comune *HGxbèàsã-s (compatibile con l’anatolico, a differenza
dell’etimologia sostratistica Apa@a o indoeuropeo *hã;bàNâ- ‘acqua, fiume’ di WOUDHUIZEN
2010: 98A@, HD. 2012: 6, 8, 11, HD. 2014: 120, 129, HD. 2017b: 313), i cui unici confronti
indoeuropei possono essere il lessema eteo ap-pu-uz-zi n. ‘sego; grasso animale’ (KLOEKHORST 2008: 195) < indoeuropeo *hGxbè-Ú-tâ (per la fonetica v. MELCHERT 1994: 62) e il
fitonimo celto-(germano-)albano-greco *hGxbè-Ú-rã-s ‘tasso (bot.)’ (POKORNY 1959: 334; v.
anche ALESSIO 1957: 223-27, 229, 234-37, 244-45, 250, 253, 260-61, 262-63, 264) > celtico *àbÚrã-s (DELAMARRE >2003: [159-]160 con bibliografia), forse con riferimento all’impiego congiunto di legno duro di tasso e di sego vegetale – oppure cera o resina – nella costruzione dell’arco lungo gallese e della palla del gioco tradizionale, pure cimrico, del
cnapan (v. THOMAS 1950-1967: 517 per il nome): *HGxbè-às-ã-s ± ‘quello che ha grasso’?
Gli antenati linguistici dei Greci devono aver assunto il toponimo ancora nella forma
tardoindoeuropea *wbèàsãs (ma dopo la fine della defonologizzazione di */s/ intervocalica,
altrimenti suonerebbe †–∏´æ≥ <wpéàãs> > †–∏æ∂≥ <wpéãus>, come √fi©∂´≥ <L{geàs> ‘Liguri’
< *L{gÚsàs > latino LâgÚràs), quelli dei Luvî al più tardi come protoanatolico *’wbàsãs (o anche già come tardoindoeuropeo *wbèàsãs se non addirittura *HGxbèàsãs, in pratica ereditario).
√¤¥®æ≥ <Lxsbãs> può rappresentare un misio *Lx[@]sbûs o protoluvio *Lüî[s]bûs (> luvio
Lazpa- [DEL MONTE / TISCHLER 1978: 245-46, cfr. W OUDHUIZEN 2014: 130] con cata-
RION, XXVI (2020), 2
702
Tăruīsŭs (> Treviso) e l’astionimo anatolico (KUR URU)TA-RU-(Ú-)I-ŠA
La sfida intellettuale della localizzazione delle diciannove località menzionate56 (DEL MONTE / TISCHLER 1978: 1-2, 7, 40, 56, 74, 130-31, 182-83, 210,
228, 252, 295, 303, 310, 440-41, 454, 475, 484-85) – finora disperata, dal
momento che nove (KUR URU?]A-la-at-ra, KUR URUA-da-du-ra, KUR URUòallu-wa, KUR dUR.8AGPa-ôu-ri-na, KUR URUPa-ri-i@-ta, KUR URUPa-@u-ôal-ta,
56
fonesi anatolica di */x/ accentata, prima di due consonanti, in */¾/ – ‘Legge di Fop’ – e trasformazione etea e luvia, cronologicamente posteriore, di */Ä/ indoeuropea [protoanatolica,
protoluvia] in */u/) – comunque per mediazione di una lingua indoeuropea sNtëm (a causa
dell’esito [s] < */@/ o */î/ dall’indoeuropeo */m/) – < protoanatolico *Lxmsb[ô]ãs < indoeuropeo *Lxn-ssbèhHrJ-ã-s ‘quello che ha aspetto di raccolta’ (o [*làn- ‘raccogliere’, POKORNY
1959: 658, cfr. il nome radicale *lvn-s > latino lTx *‘raccolta [di disposizioni]’ > ‘legge’;
[*bèNhHrJ- ‘splendere’). Se il nome della città di Troia fosse stato assunto in una località di
insediamento greco prossima al posto, ci si attenderebbe un trattamento (± *¿≤ª¥fi„ <*TrYs{O>) identico a quello di √¤¥®æ≥ <Lxsbãs>, che invece è appunto assai più recente, dunque
la mutuazione dell’astionimo dev’essere avvenuta prima (perciò probabilmente a distanza).
Onde favorire la massima contestualizzazione, si riporta di séguito il passo degli Annali di
Tudeali|a I/II, KUB XXIII 12 (XV s. àx.) II 4-13’/KUB XXIII 11 (XIII s.) II 13-19’, con la
traduzione di CARRUBA 2007: 37-39:
ma-a-an EG]IR-pa ú-e-ôu-un nu-mu ki-e KUR.KUR dI.A
B II 4’
]URUda-at-tu-9i a-ap-pa ú-e-e[un
URU
14
[KUR
Ma-a-@a URUAr-duì-]uq-qa KUR URUKi-i@-pu-u-wa KUR URUÚ-na-li-ja
B II 5/6’ ]ku-u-ru-ur e-ep-p[ir K]UR URUKi-i9-pu-wa KUR URUÚ-na-li-[ja
--------------------------------------------------------------------------------------15’
KUR URU]Du-úì-ra KUR URUòal-lu-wa KUR URUòu-u-wa-al-lu-@i-ja
B II 7’ ]-x KUR URUDu-ú-ra KUR [ URUdal-lu]wa
16
[-u]n-da KUR URUA-da-du-ra KUR URUPa-ri-i@-ta
B II 8/9’ Q]a-ra-ki-9[a KUR URUD]u-un-t[a
]-x-i9-t[aì
--------------------------------------------------------------------------------------URU
URU
KUR A-aô-ôi-jaì-w]a-a KUR Wa-ar-@i-ja KUR URUKu-ru-up-pí-ja
B II 10/11’ KUR URUA-ae-ei-j]a?-wa-a K[UR
18
KUR URU?]A-la-at-ra KUR dUR.8AGPa-ôu-ri-na KUR URUPa-@u-ôal-ta
B II 11 KUR UR] ULu-x-9a[ U] RUPa-9u-eal-t[a
————————————————————————————
]KUR URUÚ-i-lu-@i-ja KUR URUTa-ru-i-@a
?B II 13’
KUR URUT]a-ru-ú-i-9[a
14
16
18
«“[Quando] poi tornai ad Hattusa, questi paesi
iniziarono ostilità contro di me: il paese di Arduqqa, di Kispuwa, di Unalia.
[di Dura, di Halluwa, di Huwalusija
[di Karikisa, di Dunta, di Adadura e Parista
————————————————————————————
[il paese di Ahhi]jawa ?, il paese (della città) di Warsija, di Kuruppija,
Il paese (della città) di Lu-x-sa, di Alatra, di Pahurina, di Pasuhalta,
————————————————————————————
il paese (della città) di Uilusija, di Tarwisa”»
703
RION, XXVI (2020), 2
Guido Borghi
KUR URUKi-i@-pu-(u-)wa [bâs], KUR URUÚ-na-li-ja, KUR URUWa-ar-@i-ja)
sono h¾pNx làg}mànN (DEL MONTE / TISCHLER 1978: 7, 56, 74, 295, 303,
310, 210, 454, 475), altre quattro (URUAr-duì-]uq-qa, KUR URUKu-ru-up-pí-ja,
KUR UR]ULu-x-9a[, KUR URU]Du-ú-ra) vengono citate altrove solo una volta
(negli Annali di Arnuwanda, KUB XXIII 21 18’, e rispettivamente in KUB
XXIII 21 III 31, KUB XXIII 21 Rs. 31 e KUB XXXVIII 12 III 7, DEL MONTE /
TISCHLER 1978: 40, 228, 252, 441)57 e la discussione su KUR URUA-aô-ôijaì-w]a-a è proverbialmente infinita (DEL MONTE / TISCHLER 1978: 1-2) –
ha forse contribuito a far trascurare l’indagine etimologica, che invece, pur
in assenza di un riscontro topografico, è comunque lecita e possibile.58
• URUAr-duì-]uq-qa < *HJNr(·hGrJ)od-Å-kã- o *hJNr(·hGrJ)od-Å- ÷ *hJ(N)r(·hGrJ)od-N·hHrJ/
*hJ(N)r(·hGrJ)od-ã- > eteo NrdN-, ornitonimo (TISCHLER 1983: 69, PUHVEL 1984: 175-76; non in KLOEKHORST 2008), *hJ(N)r(·hGrJ)od-àgN·hHrJ
> latino NrdàN ‘airone’ (WALDE / HOFMANN ?1938: I, 64, DE VAAN
2008: 52), anche astionimo (LrdàN dei Rutuli, CECI † 1987: 72, DTI 36).
• KUR URUKi-i@-pu-(u-)wa < *ıâs-âsphHErJFÅ-hã- ± ‘sbriciolamento di ghiaia’? Il secondo elemento è identico all’anatolico *p[hN- ‘sbriciolare’ (TISCHLER 2001: 677-79, PUHVEL 2013: 146-47, KLOEKHORST 2008: 684),
corradicale del latino pNhâY ‘batto (il terreno), livello, spiano’ < indoeuropeo *p¢HErJFh-g}ñhH (v. SCHRIJVER 1991: 256, 259, 446; pNhâY < *p[g]NhâgY
< indoeuropeo *pgàhHErJF-Ú-gãñhH o [*pgàhHErJF- ‘battere’ per RIX / KÜMMEL àt Nl. >2001: 481-82); il primo richiama in apparenza l’eteo ki-i@-a-(ri)
‘girare, volgere’ < indoeuropeo [*làgs- (KLOEKHORST 2008: 479-81),
tuttavia un plausibile cãmpNrNndÚm è rappresentato dal tedesco Kies
‘ghiaia’ < medio altotedesco kis (maschile/neutro) < germanico *kâsN-z,
*kâsN-n (FALK / TORP @1909: 44, KROONEN 2013: 289; non compreso
in OREL 2003) se non addirittura *kâsâ-(z) (in tal caso perfetto equato del
primo membro di composizione del toponimo in esame) < indoeuropeo
*n{s-ã-s, *n{s-ã- / *n{s-â- (quest’ultimo in eteo sottoposto ad apocope, v.
KIMBALL 1999: 192) o, ancora, *n{s-ãs- neutro (> germanico *kâsNz, formalmente identico a un maschile ma grammaticalmente neutro e per tale
motivo passibile di diventare ambigenere nel prosieguo della diacronia
dell’asse genetico del tedesco), cui corrisponderebbe in anatolico
*n{s-às- > eteo *k{sâs (per il vocalismo della sillaba finale non accentata v.
57
58
KUR UR] ULu-x-@a[, se da intendere come KUR UR] ULu-u¸-@a, potrebbe corrispondere, almeno dal punto di vista etimologico – con attesa sonorizzazione intervocalica dopo lunga – al
poleonimo eteo reso in ebraico come L≥z (Jdc I, 22; diversamente ZORELL >1960: 392).
Nelle pagine che seguono, i toponimi sono elencati nell’ordine in cui compaiono nel testo eteo.
RION, XXVI (2020), 2
704
Tăruīsŭs (> Treviso) e l’astionimo anatolico (KUR URU)TA-RU-(Ú-)I-ŠA
MELCHERT 1994: 139-40), in composizione *Kâsâssp[(ô)]ÅhN- (< indoeuropeo *ıâs-àssphHErJFÅ-hã-) e, con ectlipsi (œØ≠∞Ë∫Æ≥, àcthlWpsâs, cfr.
MELCHERT 1994: 178), KâsspÅhN- <Ki-i@-pu-(u-)wa>.
• KUR URUÚ-na-li-ja = Oneglia (DTI 328) < *HGÚ(-hHrJ)-nà-lâ-gN·hJ ‘Territorî del piccolo (fiume) torrentizio’ o *hGÚ(-hHrJ)-nã- (> *Çnã- ‘mancante’
> paleoligure *Çnã- = avestico ÇnN- ‘insufficiente, mancante’, BARTHOLOMAE 1904: 1407, cfr. 401) o [*hGàh(-hHrJ)- ‘mancare’, P OKORNY
1959: 345-46 (oppure *HJÚhG-nà-lâ-gN·hJ o [*hJàhhG- ‘correre in aiuto’,
POKORNY 1959: 77-78, RIX / KÜMMEL àt Nl. >2001: 243-44?).
• KUR URU]Du-ú-ra 59 < *DÚhHrJ-rã(s)- ‘forte’ (POKORNY 1959: 219-20,
MALLORY / ADAMS 1997: 356-57) > celtico antico B*Csd[rã(s)- ‘forte’
(HOLDER 1896: 1383-84, assente in MATASOVIE 2009; \ *dèÚr-ã- ‘porta’).
• KUR URUòal-lu-wa60 < *HH(N)lhGrIrJ-Úhã- ‘(giacimento di) stagno’ (lituano álvas ‘stagno’, KURSCHAT 1968: I, 33; è stato connesso all’antico altotedesco elo ‘giallo’ < germanico *àlhN-z < indoeuropeo *hGàlhã-s, FALK /
TORP @1909: 27, v. FRAENKEL 1962: I, 6 s. h. ãlavas, cfr. 9, ma la sillaba
acuta del lituano richiede una radice ÚltâmNe lNrengOlâs, esclusa dal germanico, perché da *hGàlhê-hã-s ci si attenderebbe †*àllhN-z) o ‘alveare’ (latino
Nlhã-s ‘ventre, cavità intestinale, stomaco, utero; alveare; scafo di nave;
scorza di frutto’, normalmente però ricondotto a *hHNhlã- ‘tubo, cavità’,
WALDE / HOFMANN ?1938: I, 34, DE VAAN 2008: 36); può continuare
*HH(N)lhG-ÚhN·hJ ‘(luogo del) macinato’ se il greco Õ∞¤„ è da
*HHNlhG-N·hHrJ epiteto di Atena in Arcadia (P APE / BENSELER 1911: I, 53),
presumibilmente connesso con À∞¤ª ‘macino, trituro’ < *hHNlhG-ã·hH
o [*hHNlhG- (BEEKES / VAN BEEK 2010: I, 65), con fonema iniziale */hH/
(altrimenti con fonema iniziale */hJ/ [v. A-la-at-ra] se Õ∞¤„ è da
*HJNlhG-N·hHrJ e À∞¤ª da *hJNlhG-ã·hH o [*hJNlhG-). Un’ulteriore possibile
ricostruzione per KUR URUòal-lu-wa è *HH(N)lhJ-Úhã- ‘(luogo) cieco’, cfr.
greco À∞ßfl≥ ‘cieco’ se connesso con À∞ŸæµßÆ ‘vago errabondo’ (su cui v.
BEEKES / VAN BEEK 2010: I, 61) nel caso che continui *hH(N)lhJ-ã-mhHâ
o [*hHNlhJ- ‘andare senza un obiettivo’ e non *hH(N)lhH-ã-mhHâ o [*hHNlhH59
60
Normalmente (da FORRER 1929) si identifica Dura con ¿·Îω <Tyº
rrh6> (Tireh), v. FREU
2008: 110, WOUDHUIZEN 2010: 107B<, HD. 2012: 6-7, 11 (comparazione con l’idronimo
lusitanico …æ·≤Ææ≥ e «ligure» DÚrâNs > Dora), HD. 2014: 120, 122, 124, 129 (122?AD ÷ greco
ionico ¿∂ÎϨºæfi <Terrhçn}g>, che tuttavia viene di solito ricondotto a *TÚrsOn}g o tardoindoeuropeo *TGrs6n∂s < indoeuropeo *TÚ-r-sNhHrJ-n}-às ‘[Quelli] delle Torri’).
L’identificazione corrente (da FORRER 1929) è òalluwa = ¬æ∞fl¨ <Kãl}ç> in Lidia (attuale
Kiraz), v. FREU 2008: 110, WOUDHUIZEN 2014: 120, 122-24, 129.
705
RION, XXVI (2020), 2
Guido Borghi
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•
61
(POKORNY 1959: 27-28, RIX / KÜMMEL àt Nl. >2001: 264); À∞ßfl≥ ‘cieco’
è tradizionalmente interpretato come composto negativo con la radice di
∞Ÿª ‘vedere’, cfr. sanscrito epico e classico lNsN-tâ (BEEKES / VAN BEEK
2010: I, 840, MAYRHOFER 1997-2001: 440, cfr. POKORNY 1959: 654,
RIX / KÜMMEL àt Nl. >2001: 397), ma in tal caso dovrebbe essere accentato
†*Ã∞ßæ≥ < *dΩ
slNs-ã-s. Dunque *HH(N)lhGrIrJ-Úhã- ‘stagno’/‘macinato’/‘cieco’.
URU
òu-u-wa-al-lu-@i-ja61 < *HHÅhG-dtslÚ(hGrI)s-gã- = windlos ‘senza venKUR
to’ o [*hHNhhG- = =<[*Nh(T)-, [*NhT(g)-, [*hT- (POKORNY 1959: 81-84)
o [*hHhàhG- ‘soffiare del vento’ (MALLORY / ADAMS 1997: 72, 643-44],
RIX / KÜMMEL àt Nl. >2001: 287) + [*làhhGrI(-s)- ‘tagliare, separare, sciogliere’ (POKORNY 1959: [681-]682, RIX / KÜMMEL àt Nl. >2001: 417).
Q]a-ra-ki-@[a (DEL MONTE / TISCHLER 1978: 182-83) < indoeuropeo
*Kb(hê¸)m-â-sN·hJ o *Kb(hê¸)m-N·hJ (> B*CKNrkO, HAJNAL 2003: 30)
± ‘vecchia’? o [*kàr(hê¸)m-, [*kãr[(hê¸)]m- (si noti la corrispondenza fra cuneiforme <q> e indoeuropeo */k/ da un lato e fra cuneiforme <k>e indoeuropeo */m/ dall'altro) ‘raggrinzirsi, dimagrire’ (POKORNY 1959: 581, RIX
/ KÜMMEL àt Nl. >2001: 581; la laringale, di cui la grafia cuneiforme potrebbe conservare traccia, serve a spiegare la vocale acuta del lituano kár@ti).
KUR URUD]u-un-t/da < *DèÚn-t}- ‘risuonato’ o [*dèhàn- ‘risuonare’
(> antico indiano [dèvNn- ‘risuonare’, MONIER-WILLIAMS 1899: 522,
MAYRHOFER 1986-1992: 801) oppure *DèÚ(hJ)m-t}- ‘soffiato’/‘saltato
in aria’ (> ossetico dunt, polacco dUty, MANN † 1984-1987: 220).
KUR URUA-da-du-ra < *HJNd-ãsdèÚr-ã- ‘Foro legale’, cfr. antico irlandese
ad ‘legge’ (QUIN >1983: 4 = A 26, MATASOVIE 2009: 26), celtico *dÚrã- ‘porta’ (HOLDER 1896: 1390, cfr. 1309, MATASOVIE 2009: 111-12).
KUR URUPa-ri-i@-ta < *Bèrâs-t}- ‘rotto’ / *Bèrâs-t¾·hJ ‘battaglia’ (cfr. antico
irlandese bris(s)id, bres(s) f. ‘battaglia, colpo, sforzo; baccano, strepito,
chiasso, tumulto; capo, eroe; valore, bellezza’, QUIN >1983: 83 = B 179,
85 = B 192-93, VENDRYES / BACHELLERY / LAMBERT 1980 [1981]: 8586); non da *PbhH-{sstNhH- ‘che sta davanti, aiuta‘ (DUNKEL 2014: II,
652), perché ci si attenderebbe †Pa-ar-ri-i@-ta-aô (né da *PbhH-âssthH-¾·hJ).
KUR URUA-aô-ôi-jaì-w]a-a (DEL MONTE / TISCHLER 1978: 1-2; sulla questione v. di recente FISCHER 2010); la base URUA-aô-ôi-ja-a, URUAd-ôi-ja
(DEL MONTE / TISCHLER 1978: 1) è l’equato di ∆‘‰, antico nome della
Colchide e per Stefano Bizantino di Dioscuriade (oggi pëIq <Aqwa>/ Sochumi, Capitale dell’Abchasia), inoltre di un territorio in Tessaglia, della sorDa CORNELIUS 1973: 208 in poi è corrente l’identificazione di òuwalu@iya con ¬æ∞楥ßfi
<KClCss8ío
> (Honaz [Denizli]) in Frigia, v. FREU 2008: 110, WOUDHUIZEN 2014: 120, 124.
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Tăruīsŭs (> Treviso) e l’astionimo anatolico (KUR URU)TA-RU-(Ú-)I-ŠA
gente dell’Assio (ÕΩÆfl≥ <Lxâ}s>)/Vardar in Macedonia e variante di ∆”ßfi‰,
terra di Circe (PAPE / BENSELER 1911: I, 26). L’antecedente presupposto
è *HGrJ¾hH-âgN·hJ (g *HGrJNhH-âg¾hHrJ-hN·hJ); l’unica radice comparabile nei
repertorî indoeuropei è quella del latino OnÚs ‘anello’ < *hHrJàhHrJ-ànã-s
(MALLORY / ADAMS 1997: 486) / *hGàhH-nãs (DE VAAN 2008: 45), quindi
[*hHrJàhHrJ- o [*hGàhH-, che per essere compatibili con l'esito anatolico Aaô-ô° devono esser precisate rispettivamente come [*hJàhH- e [*hGàhH-, perciò (dato che si tratta di ricostruzioni alternative per un'unica radice) appunto
[*/hGrJàhH-/ = [*hGrJNhH- ± ‘essere curvo’. Se l’esito dev’essere *HGrJ¾hH-âgN·hJ
(e non *HGrJ¾hH-gN·hJ, che potrebbe essere scritto †*<A-aô-ja> e in greco
epico risulterebbe †* “¨ <ƪ
J>), la storia derivazionale deve passare per il
tramite di una formazione primaria *hGrJ¾hH-â-s ± ‘curvatura’, di cui
*hGrJNhH-â-(g)}- (> *hGrJNhH-âg}-) ‘relativo a (/ che ha) una curva’ sarebbe il
derivato (aggettivale?) appertinentivo o possessivo e *HGrJ¾hH-âgN·hJ il
corrispondente femminile o collettivo sostantivato (‘quella / insieme [di
territorî] che ha una curva’, caratteristica di immediata evidenza almeno
nel caso dell’andamento della linea di costa presso Dioscuriade/Aqwa).
• KUR URUWa-ar-@i-ja (÷ hNrsN- ‘nebbia’, KLOEKHORST 2008: 971-72)
< *HGhbs-âgã-; come rileva KIMBALL 1999: 349-50, 449-50, la trasformazione *-rs- > eteo *-rr- è accertabile solo dopo vocale breve accentata (OrrN<a-ar-ra-> < *hG}rs-ã- > greco ◊ÎÏæ≥ <}rrhãs> = germanico *NrsN-, cfr.
KLOEKHORST 2008: 199), quindi hNrsN- potrebbe riflettere l’antecedente
*[hGrH]hãrs-}- escluso da KLOEKHORST 2008: 972, perciò il toponimo
KUR URUWa-ar-@i-ja può risalire anche a *[HGrH]hãrs-{gã-/*[HGrH]hãrs-âg}-).
• KUR URUKu-ru-up-pí-ja 62 (cfr. britannico MYns GrNhpâÚs = Bennachie,
Aberdeenshire, RIVET / SMITH 1979: 360-71, con /p/ indoeuropeo?)
< *ˆrÅp-âgã- o [*gràhp- ‘piegare’ (HOLDER 1896: 2040, cfr. POKORNY
1959: 389?) o [*gàr- ‘girare, volgere’ (POKORNY 1959: 385-90?) o
*KrÅp-âgã- o [*kràhp- ‘crosta, incrostarsi’ (POKORNY 1959: 623).
• KUR UR]ULu-uì-9a[: se la lettura è esatta (DEL MONTE / TISCHLER 1978:
252), l’etimologia dev’essere per forza da *LÅhGrI·s-ã- (con lenizione, cfr.
ebraico L≥z?) ± *‘taglio, separazione, stacco’ o [*làhhGrI(-s)- ‘tagliare, separare, sciogliere’ (POKORNY 1959: [681-]682, RIX / KÜMMEL àt Nl.
>2001: 417), perché da un lato la rarissima sequenza <Cu-u-@> /C|s/ (invece di <Cu-ú-@> /C≥s/) richiede un’anafonesi causata da laringale (l’alternativa sarebbe la monottongazione di una sequenza di dittongo + la62
Kurupiya = ¬æ≤∂∑‹ <KCròpMæπ
> per FREU 2008: 110, WOUDHUIZEN 2012: 6 (‘promontorio‘,
cfr. ‘luvio’ Kurunt- o indoeuropeo [*màr(-hG)- ‘testa, corno’?), 12, HD. 2014: 120, 122-24.
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•
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•
ringale + /u/, ma in tal caso ci si attenderebbe piuttosto <Cu-u-u@>), dall’altro solo */hG/ e */hI/, attraverso il fonema protoanatolico */ì/, subirebbero dileguo in eteo nel contesto fra vocale (in questo caso accentata e
quindi allungata) e /s/ (per tutto ciò v. KLOEKHORST 2008: 56, 78, 101).
KUR URU?]A-la-at-ra < *HJ(N)lhG(-x)-trã- ‘luogo della macinazione’, cfr.
*HJ(N)lhG(-x)-tr-âgã-m > LlàtrâÚm / LlNtrâÚm (DTI 14), corradicale del greco Õ∞¤„ (se da *HJNlhG-N·hHrJ) epiteto di Atena in Arcadia (PAPE / BENSELER 1911: I, 53), presumibilmente connesso con À∞¤ª ‘macino, trituro’
< *hJNlhG-ã·hH o [*hJNlhG- (cfr. BEEKES / VAN BEEK 2010: I, 65), con fonema iniziale */hJ/ (altrimenti, se Õ∞¤„ è da *HHNlhG-N·hHrJ e À∞¤ª da
*hHNlhG-ã·hH o [*hHNlhG-, con fonema iniziale */hH/, v. KUR URUòal-lu-wa).
KUR dUR.8AGPa-ôu-ri-na (p¾ôôÚr ‘fuoco’, TISCHLER 2001: 366-70,
PUHVEL 2011: 18-26, KLOEKHORST 2008: 613-14) < *PNhHÚr-â(hG)n-ã- ‘infuocato’ (etimologicamente identico all’italiano gergale purino).
KUR URUPa-@u-ôal-ta < *BèNhHrJ-s-ÚshH(N)l-tã- ‘Alto sul sole’ o *bèNhHrJs-Ú-s (> antico indiano [lessici] bèOsÚ- ‘sole’, MONIER-WILLIAMS 1899: 756,
cfr. [bèOs- ‘splendere’, MAYRHOFER 1992-1996: 262-63) + *hH(N)l-tã- ‘alto’.
KUR URUÚ-i-lu-@i-ja: DEL MONTE / TISCHLER 1978: 484-85 riportano
nello stesso lemma le attestazioni di KUR URUú-i-lu-@a (cinque),
KUR URUú-i-lu-u@-i (due; locativo), KUR URUwiK-lu-@a (tre), KUR wiK-lu@a (h¾pNx), URUwiK-lu-@a (due), KUR URUú-lu-@a (quattro), URUú-lu-@a (h¾pNx). È stato messo in dubbio che si tratti della stessa località di
KUR URUÚ-i-lu-@i-ja; di certo la forma non è identica (Ú-i-lu-@i-ja ha un
evidente suffisso in più rispetto a Ú-i-lu-@a), ma è in ogni caso quanto
mai verosimile che la base derivazionale di Ú-i-lu-@i-ja coincida con Ú-ilu-@a e quindi che sussista identità etimologica, anche nel caso di diversità
del referente. L’alternanza fra Ú-i-lu-@a e Ú-lu-@a può essere interpretata
come sincope oppure come opposizione morfofonologica (apofonica), v.
KIMBALL 1999: 188-90, dato che /e/ in posizione non accentata (soprattutto prima dell’accento) presenta anafonesi in /i/ in tutto l’anatolico attestato nel II millennio a.C. (dunque non in licio e lidio), v. MELCHERT
1994: 101, 139 (eteo), 200, 216 (palaico), 240, 262 (luvio) e KIMBALL
1999: 137-38 (eteo). Poiché la sincope è incerta (inoltre non sarebbe
conciliabile con una radice [*hàl-, perché non si capirebbe per quale ragione si potesse avere da un lato sincope e dall’altro anafonesi, e d’altra
parte una radice [*hàg- spiegherebbe solo il segmento /hâ/, senza il fonema /l/, perciò con più rischio di rappresentare una comparazione dovuta
a coincidenza casuale), mentre l’apofonia è incontestabile, l’analisi più
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Tăruīsŭs (> Treviso) e l’astionimo anatolico (KUR URU)TA-RU-(Ú-)I-ŠA
semplice di /hâlÚsN-/ ÷ /ÚlÚsN-/ è, attraverso una coppia di antecedenti
*hàlÚs¾- ÷ ÚlÚs¾-, dall’indoeuropeo *hàl-Ús-}- ÷ *Úl-Ús-}-, derivato possessivo in *-}- del participio perfetto attivo *hàl-Ús- (*hxl-hYs-) ÷
*Úl-Ús- o ?[*hàl- ‘rinchiudere, nascondere’ (POKORNY 1959: 1138, RIX
/ KÜMMEL àt Nl. >2001: 674) o B[*hàl- ‘(far) girare, rotolare’ (POKORNY
1959: 1140-42, RIX / KÜMMEL àt Nl. >2001: 675),63 meno verosimilmente – perché attestata solo in formazioni di presente tematico –
=[*hàl- ‘vedere, percepire’ (POKORNY 1959: 1136-37, RIX / KÜMMEL àt Nl.
>2001: 675); /hâlÚsâgN-/ sembra implicare un derivato *fàl-Ús-â·hHrJg}- ‘(territorio?) relativo a(l possedimento?) di ciò (la città/lo Stato = *fàlÚs}- > fâlÚsN) che ha quelli che hanno rinchiuso/nascosto o girato’ della
mozione (aggettivale?) *fàl-Ús-{·hHrJ (‘[possedimento] di ciò [la città/lo
Stato?] che ha quelli che hanno rinchiuso/nascosto o girato’) di
*fàl-Ús-}- ‘(città/Stato?) che ha quelli (i *fàlÚs-às) che hanno rinchiuso/
nascosto o girato’. Da fâlÚsâgN- o dal suo immediato antecedente
*fâlÚsâg}-n (< protoanatolico *fàlÚsWg}-m < indoeuropeo *fàlÚsâhHrJg}-m),
attraverso *fâlÚhâg}-n > *fâlÚâg}-n > *fâlhâg}-n > *•Æ∞¶Æyflº > *•Æ∞¶Æflº > eolico *•fi∞¶Ææº, si arriva al toponimo (ionico) ’∫
∞Ææº storicamente attestato.
Come per tutti i toponimi passati in rassegna, anche per Ta-ru(-ú)-i-Ea è
possibile un’etimologia dall’indoeuropeo preistorico, *Tïhä-¥¶?hås-Cs ‘cinzione erosiva’ o *tïhä-¥- ‘che erode’ (o h*t;rhä- ‘erodere’, RIX / KÜMMEL ;t
8l. *2001: 632-33)64 + *?hås-Cs ± ‘cinzione’ (o h*õ;hås- ‘cingere’, RIX / KÜM63
64
Nel quadro di una teoria che considera l’Anatolia raggiunta da una migrazione indoeuropea proveniente dalle steppe a Nord del Mar Caspio e linguisticamente prossima all’idronimia paleoeuropea (perciò distinta dalla classe linguistica anatolica), WOUDHUIZEN 2010:
98A@, 2012: 6-7, 11, 2014: 123-24, 130, 2017a: 128-29, 2017b: 314 deriva Wilu@iya dall’eteo hTllÚ- ‘pascolo’ o indoeuropeo @[*hàl- ‘erba’ (POKORNY 1959: 1139-40, MALLORY / ADAMS 1997: 240; *fTl-Ú-t?-gã-s > —∞·¥Ææ≥ <9lyº
s?Cs>), Tarui@a o indoeuropeo *d}rÚ ‘legno’.
Con lo stesso (primo) elemento sembra formato Tarutina ( dUR.8AG da-ar-ú-te-na, h¾pNx,
DEL MONTE / TISCHLER 1978: 409), forse tuttavia da precisare come *TyrhäCút?hênC-m
(*Tyrhä-Cú¶t?hê-nC-m?) se rappresenta un equato del toponimo ucraino (bessarabico) ŁłÞ×°
−ÐðŽ <Tarútyne>, russo ŁłÞ×°
−ÐðÝ <Tarútino> (tedesco Tarutino, rumeno Tarutina, greco
¡∂≤øµ∂ºß <Téyrátyna>) < protoslavo *T6r≥t=nC < *T∑rFt=nC < protobaltoslavo(-dacomisio)
*T∂r8út=n8[d] < indoeuropeo *TyrCút=nC-m < *TyrhäCút?hênC-m. La parte finale si può analizzare come *tâhG-nã-m e ricondurre alla radice [*tàghG- ‘scaldarsi’ (POKORNY 1959: 105354, RIX / KÜMMEL àt Nl. >2001: 617-18) – la stessa, fra l’altro, dell’idronimo cispadano Tidone < latino *TWtY < prelatino (ligure, celtico) *TWt[ < indoeuropeo *TWtYBDC < *TâhG-t-YBDC
‘soggetto a evaporazione, secca’ – forse meglio che a [*tNhHrJg- ‘sciogliersi’/ >[*tNhHrJ- ‘sciogliersi, fondersi’ (POKORNY 1959: 1053, MALLORY / ADAMS 1997: 378, RIX / KÜMMEL àt
Nl. >2001: 616): *TyrhäCút?hänC-m sarebbe un derivato vïæ
ddN?- (sostantivato) del composto
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Guido Borghi
MEL ;t 8l. *2001: 311); come per [Ar-duì-]uq-qa, Ú-na-li-ja, Du-ú¸-ra, òallu-ha, [A-ae-ei-j]a?-}a-a, Ku-ru-up-pí-ja, A-la-at-ra, anche per Ta-ru(-ú)-i-Ea
l’etimologia è sostenuta dal confronto con uno o più toponimi extraanatolici,
in questo caso appunto T8ru=sGs f. > Treviso, la cui forma alternativa T8ru=s?Gm può a sua volta risalire (anziché al celtico *T8rú-=süõC-n ‘taurino’) a una
mera variante suffissale di *Tïhä-¥¶?hås-Cs più o meno sinonima, *Tïhä-G¶
?hås-üõC-m ‘cinzione erosiva’ (se non è un decomposito *TïhäG=?hås-üõC-m ‘[territorio] di *Tïhä-¥¶?hås-Cs’). In questo quadro, sia l’Anatolia sia l’Occidente
(incluso l’8ngGlGs V;n;tArGm) presentano una toponimia coniata in fase indoeuropea comune, con lessico non ancora del tutto caratterizzato secondo le
specifiche classi (inoltre, sia in Anatolia sia in Cisalpina i toponimi in
*hGßgNhHrJ-tÚ-s [cfr. n. 40] sono di dimostrabile antichità indoeuropea e al confine fra Celti e [Reto]veneti gli etimi in */#B"-/ presentano regolare esito sdoppiato, /#B-/ risp. /#F-/); sul posto, gli Indoeuropei locali sono diventati Luvî,
Lidî &c. in Anatolia, mentre fra le Alpi e l’Adriatico in parte Veneti, in parte
(ai margini) Celti come tante altre tribù più a Occidente fino all’Atlantico.
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significherebbe ‘(Territorio) del (corso d’acqua) soggetto a evaporazione/secca ed erosione’.
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