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Paleoligure *būko-

Guido BORGHI Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano bʱūkă- „buco“ e italiano buco „ĭd.“ Estratto da Atti del terzo, quarto, quinto incontro genovese di Studî Vedici e Pāṇiniani (Genova, 26 luglio 2004; 27 luglio 2005; 29 giugno 2006) Organizzazione dei Convegni e direzione degli Atti a cura di Rosa RONZITTI e Guido BORGHI Testi raccolti e redazione del volume a cura di Luca BUSETTO Qu.A.S.A.R. s.r.l. Milano 2006 ISBN 88-87193-08-8 Atti del terzo, quarto e quinto incontro genovese di Studî Vedici e P ṇiniani a cura di Rosa Ronzitti, Guido Borghi, Luca Busetto © 2006 Copyright by Qu.A.S.A.R. s.r.l. Via Santa Sofia, 27 20122 Milano Finito di stampare nel novembre 2006 presso Easy Copying, Milano Indice Premessa .............................................................................................................. V Sezione di linguistica vedica e p ṇiniana Rosa RONZITTI, Derivati primari semplici in *-mo-/*-meh della lingua postvedica (A – DHY -) ................................................................. 3 Carlotta VITI, Lo sviluppo della subordinazione in vedico .................................. 21 Sezione di indologia e indoeuropeistica Davide BERTOCCI, Sulla nozione di ‟radice indeuropea” .................................. 35 Guido BORGHI, Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă„buco“ e italiano buco „ĭd.“ ..................................................... 53 Luca BUSETTO, La codifica della scrittura devanagarica ................................... 117 Alberto DE ANTONI, Romolo il lupo, Ciro il cane ............................................... 145 Igor FORTUNA, Parole significanti ‟scienza medica”, ‟dottore” e ‟farmaco” nelle lingue del subcontinente indiano e del sud-est asiatico .... 247 Alfredo RIZZA, Due protagonisti della mitologia anatolica. Intorno a CTH 321 .................................................................................................... 321 Guido BORGHI Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano bʱūkă- „buco“ e italiano buco „ĭd.“ In un articolo pubblicato su Quaderni di Semantica poco prima del Quarto Incontro dell’Associazione Genovese di Studî Vedici e P ṇiniani, gli organizzatori di quest’ultimo hanno proposto e discusso una comparazione tra l’antico indiano b ūk - m. / n. „buco“ (anche „sorgente; tenebra; tempo“) e il sinonimo italiano buco (Borghi – Ronzitti [2005]). Per un’analisi (dei limiti) della possibilità che buco costituisca l’esito di una serie di ‛prestiti’ o mutuazioni a partire dall’antico indiano b ūk - si rinvia al paragrafo 2.1. dell’articolo citato (Borghi – Ronzitti [2005: 155156]); in questa sede si intende invece specificare due punti impliciti nell’ipotesi che si tratti di un’isoglossa di origine genealogica e risalente alla fase della comunione linguistica indoeuropea preistorica: 1) i sostrati prelatini da cui il termine buco sarebbe stato assunto nelle varietà galloitaliche e italoromanze; 2) l’interpretazione indoeuropea dei temi prelatini cui buco viene ricondotto nel Lessico Etimologico Italiano (Pfister – Crevatin [1998ab], Crevatin – Pfister [1998], Calabrò – Crevatin – Pfister [1998]). 1. I temi *b k -, *b k come relitti celtici, (para)daunî, paleoeuropei e anatolici In Walde – Pokorny [1930: 141] e Walde – Hofmann [³1938: I 538], l’antico indiano b ūk - viene confrontato col latino f uc s f. „esofago, gola, fauci, strettoia, entrata, istmo, abisso, voragine“; Mayrhofer [1963: 511-512] respinge il confronto e preferisce ipotizzare un’origine anaria per b ūk - e i continuanti neoindoarî di *p k -, *p kk - „buca, depressione“ (Mayrhofer [1997-2001: 370-371]). In Borghi – Ronzitti [2005: 170-173], la comparazione tra b ūk - e f uc s viene giustificata sulla base del carattere s ṭ della radice di b ūk - (*b ū- < *b ŭə̯- < *b ŭh  ?-1) e mediante ricorso alla Legge di Thurneysen – Havet per spiegare il vocalismo latino (*b u̯h  ?- k- i ̯-(h ?) s > *b u̯h  ? k i ̯(h ?) s > *f u̯ k i ̯ s > *f u̯ k i ̯ s > f uc s2). 1 Per una spiegazione degli usi grafici del presente articolo cfr. la Nota per la lettura dei simboli e delle abbreviazioni convenzionali a pag. 105. 2 Il singolare făux si presta a essere analizzato come la corrispondente base derivazionale immediata (ossia senza il suffisso secondario *-ĕi ̯-): *b ŏu̯h  ?-ĕk-s > *b ŏu̯h  ?ăks > *fŏu̯ăks > *fău̯ăks > făux (il grado apofonico forte della radice in *b ŏu̯h  ?-ĕk-s sarebbe più adatto a un paradigma acrodinamico [= ad accento acrostatico] *b ŏú ̯h  ?-k-s, genitivo *b ĕú ̯h  ?-k-s, mentre il grado apofonico normale della vocale del suffisso di *b ŏu̯h  ?-ĕk-s sarebbe regolare nel tema debole di un paradigma proterodinamico [= ad accento proterocinetico] *b ĕú ̯h  ?-k-s, genitivo *b h  ?-ĕḱ -s). Le continuazioni romanze presuppongono *FỌ ̄ CĔ- (cfr. Walde – Hofmann [³1938: I 469], Meyer-Lübke [³1935: 280 nº 3225.2]); dato che dalla monottongazione „volgare“ di fău̯cĕm ci si attenderebbe ‡F CĔ-, si è ipotizzato (Borghi – Ronzitti [2005: 172 ]) che *FỌ ̄ CĔ- sia da *fōcēs < *fŏu̯ŏkĕi ̯ĕs < *b ŏu̯ŏkĕi ̯(h ?)ĕs < *b ŏu̯h  ?-ŏk-ĕi ̯-(h ?)ĕs (÷ *b ŏu̯h  ?-ĕk-ĕi ̯-(h ?)ĕs > fău̯cēs). 53 Guido BORGHI In un lungo articolo che recensisce, fra l’altro, Borghi – Ronzitti [2005], Alinei [in st.: 5-6]3, mentre rifiuta l’equazione b ūk - = buco (ossia nega a *b ŭh  -k- l’attribuzione all’indoeuropeo comune)4, accetta di considerare buco come un celtismo geneticamente connesso al latino f uc s nonché al germanico *būk -z (presupposto dal tedesco Bauch „pancia“, v. . g. Kluge – Seebold [² 2002: 96]), che implicitamente ritiene mutuato dal celtico (altrimenti sarebbe da considerare il riflesso di una formazione indoeuropea *b ŭh  - - -, con diverso ampliamento radicale *- anziché *-k-): «[…] it. buco buca nonché le varianti dialettali assimilate o palatalizzate, del tipo sett. bus e centromer. bucio ecc., potrebbero anzitutto essere visti come continuatori diretti, rispettivamente, di buc(c)a e del suo derivato buc(c)ea ‛boccone’. Questi due tipi, dopo essere stati introdotti dai Celti in alta Italia in epoca preromana, sarebbero poi stati latinizzati, probabilmente nella forma a consonante doppia e vocale breve. Buca ‛buco’ sarebbe invece un celtismo degeminato, penetrato di nuovo in latino in epoca probabilmente post-romana, troppo tardi per lasciare tracce nel latino classico. Fin qui avremmo quindi la duplice sequenza celt. *bucca > lat. bucca e celt. *bucca > it. e it. dial. buca, buco, bucio bus ecc. ¶ Per quanto riguarda l’origine IE di bucca e dei suoi affini celtici, suggerirei poi la strada di lat. faux faucis, anch’esso senza etimologia IE (cfr. DELL), ma a mio avviso collegabile a ted. Bauch, ned. buik ecc. ‛ventre’. […]» Al celtico viene perciò attribuito non solo il ‛protoromanzo’ BỤCŲ- / BỤCA- con varianti (interpretato come riflesso di una forma ‛gallobritannica’ molto tarda *buχɵ̆/ *buχɐ̄ < *būkk - / *būkk 5), ma anche il latino bŭcc (< celtico *būkk ?) coi suoi derivati e continuanti romanzi, mentre in Borghi – Ronzitti [2005: 164 ³] si opera 3 Un particolare ringraziamento all’Autore (e Direttore di Quaderni di Semantica) per la gentilezza di aver reso disponibile il proprio lavoro prima della pubblicazione. 4 V. Alinei [in st.: 5]: «[…] Che rilevanza può avere il sanscrito —e la sua interfaccia culturale, tipicamente indiana—, per una famiglia lessicale italiana? Il costo economico di questo accostamento iniziale è iperbolico, rispetto a quello che ci si guadagna. Il principio basilare della teoria della continuità è, prima di ogni altra cosa, un principio geografico. Un collegamento diretto fra buca e sanscrito ignora proprio questo, e contrasta quindi con la base stessa della TCP, che a sua volta si collega a tutto ciò che la ricerca archeologica degli ultimi trent’anni ci ha rivelato, e cioè la fondamentale continuità etnoculturale di ciascuna area geoculturale europea. […]» La risposta alla domanda posta dall'Autore coincide con il principio tradizionale per cui ogni isoglossa tra almeno due lingue indoeuropee non storicamente vicine ha maggiori probabilità di risalire alla fase indoeuropea comune; in questo caso, la rilevanza che il sanscrito ha per la famiglia lessicale cisalpina e italoromanza è di attestare un’isoglossa indoario-romanza (da considerare indoario-celtica), *b h  -k-ŏ-, che di conseguenza risale probabilmente all'indoeuropeo comune (si postula quindi che il lessema sia andato perduto negli assi genetici delle altre classi linguistiche indoeuropee). Un lessema indoeuropeo preistorico dal significato, fra l'altro, di „caverna, abitazione“ (v. nfr ) è persino più comprensibile nella Teoria alineiana della Continuità dal Paleolitico che nelle impostazioni tradizionali della preistoria indoeuropea; l’attestazione in due classi indoeuropee ‛laterali’, celtico e indoario, è interpretabile come norma areale (dunque indizio di antichità indoeuropea, contrapposta alle innovazioni delle altre classi, più centrali) solo in una teoria (come quella alineiana) che consideri la distribuzione geografica delle classi indoeuropee come riflesso diretto di una ‛diaspora’ indoeuropea dal Vicino Oriente nelle due opposte direzioni, europea e asiatica meridionale (per cui le classi più lontane dal Vicino Oriente andrebbero ritenute continuazioni delle prime ondate ‛colonizzatrici’). 5 Nei celtismi romanzi, /Ụ/ può rendere sia */ŭ/ che */ū/, quindi sarebbe pensabile anche un antecedente *b χɵ̆- / *b χɐ̄ < *b kkŏ- / *b kkā. 54 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ una distinzione tra il latino bŭcc < indoeuropeo *bŭd-k ·h  ← √*b u̯d- „gonfiar(si)“ (Pokorny [1959: 99-100]; meno bene bŭcc < *bŭk-u̯ ·h  ← √*b u̯k- „gonfiarsi“, Pokorny [1959: 100], da cui invece *b u̯k- ·h  > latino būc * „bocca“, v. nfr ) e il sinonimo gallico bocca /b kk / „bocca“ (< indoeuropeo *b k-nắ·h  ← √*b k- „becco, bocca“ < „curvatura“ o *g t-k ·h  ← √*g t- „rigonfiamento, rotondità“, Pokorny [1959: 481], v. nfr , § 3.7. e Documentazione etimologica, I.c.). La derivazione di buco / buca dal latino bŭcc , in particolare dalla variante būc (Plaut. Stich. 767 «ăgĕ, iăm nfl b c s [b cc s], n ncĭăm ălĭquĭd su uĭtĕr»), si trova accolta in Migliorini – Duro [1960: 105], con la motivazione «[…] supera in verosimiglianza ogni altra l’ipotesi recente che si deva partire dal latino buca, antica forma, parallela a bucca (è nello Stichus di Pl[a]uto), di cui sarebbe assai naturale il passaggio al senso di « apertura stretta e profonda » (cfr. voce bocca); onde il suo rapporto fonetico con bucca sarebbe identico a quello fra cupa e cuppa (v. voce coppa); anche bocca, nel greco moderno mpũka, è venuto a dire « buco » […]», mentre Battisti – Alessio [1950: 625] identificano buco¹ „fóro, apertura, tana“ con buco² „capacità della nave“ (siciliano buccu „scafo della nave“), catalano buc (> castigliano buque, portoghese buco), dal francone *bûk = tedesco Bauch. L’etimotesi celtica alineiana fonde e riplasma dunque in forma nuova (latino f uc- s < indoeuropeo *b u̯k- ÷ *b ūk- > celtico *būkk (> *būk ) > germanico *bûk, latino bŭcc , * būc > ‛italide’ buca) due connessioni precedentemente proposte per l’italiano buco, buca (buca < būc ÷ bŭcc e buco < *bûk > Bauch) e un termine di confronto per l’antico indiano b ūk - (lat. f uc- s), ma esclude espressamente un legame diretto tra buco e b ūk -. La proposta di Borghi – Ronzitti [2005] considera invece ereditarie tutte le forme (con mutuazione da un asse genetico a un altro solo nel caso dei lessemi neolatini, da sostrati indoeuropei preromanzi): latino f uc- s (+ *F ̣C -) < indoeuropeo (a) *b u̯h  ?- k- i ̯-(h ?) s (risp. (a¹) *b u̯h  ?- k- i ̯-(h ?) s) ÷ (b) *b ŭh  -k- - (> preromanzo *būk - = antico indiano b ūk - „sorgente, buco, tenebra; tempo“) ÷ (c) *b u̯h  ?-n-k - (> *b u̯[h  ?]-n-k -) o (c¹) *b u̯-n²-[h  ?]-k - (> indoario *b ṅk - > gujar t b ōk̃ „buco“) ÷ (eventualmente) (d) *b ŭh  - - -s (germanico *būk -z > tedesco Bauch „pancia“), distinti dalle altre formazioni indoeuropee *b u̯k- ·h  „insieme di gonfiamenti“ (> latino būc * „bocca“), *bŭd-k ·h  „gonfiata“ (> latino bŭcc ) e *b k-nắ·h  , *b k-nŏ-́ s „bocca, becco“ (> gallico bocca /b kk / „bocca“ 6, *b kk -s „becco“ > latino b ccŭs „becco“ 7). Da parte degli stessi autori è poi in preparazione un séguito dello studio, con la proposta di derivare buio, attraverso *būŕ i ̯ -, da un corradicale indoeuropeo (e) *b ŭh  -r- i ̯ - (deaggettivale da *b ŭh  -rŏ-́ ) di (b) *b ŭh  -k - > b ūk - „tenebra, buco, sorgente; tempo“, cfr. còrso bùchio „buio“ < (f.) *b ŭh  -k-l -. Sul piano semantico, la motivazione andrebbe cercata nelle radici cui è stato ricondotto l’antico indiano b ūk - „sorgente, buco, tenebra; tempo“: √*b u̯h  ?- / √*b u̯ h  ?- (più spesso *b ŭh  ?-) „crescere, sorgere, diventare“ (antico indiano V. Delamarre [2001: 69 = ²2003: 80], cfr. īnfrā (§ 3.7. e Documentazione etimologica, I.c.). V. Walde – Hofmann [³1938: I 99], Bolelli [1941: 151], Pokorny [1959: 481], Delamarre [2001: 60 = ²2003: 70], cfr. īnfrā (§ 3.7. e Documentazione etimologica, I.c.). 6 7 55 Guido BORGHI b ắv- -t &c.), da Walde – Pokorny [1930: 141], Pokorny [1959: 147], cfr. Mallory – Adams [1997: 47. 236. 649] («*b uhₓ-») e Rix t l. [²2001: 99] («*b u̯ h -»), oppure √*b u̯ h  ?- „battere“ (cfr. Pokorny [1959: (111-)112]) da Sergio Neri p. Borghi – Ronzitti [2005: 154 . 165 nº 7.] o eventualmente √*b h  u̯k- „cavità?“ (se → *b h  u̯k i ̯(h ?) s > f uc s, b d. 171). Le ultime due radici sono le più adatte al significato di *b ŭh  -kŏ-́ come „buco, sorgente“ (√*b u̯ h  ?- „battere“ anche per „tempo“?) e possono anche giustificare la base «bh (u)» (= *b u̯h  ??) „unterirdische Häuser, wo der eigentliche Wohnraum unter und nur das Dach über der Erde ist“ ricostruita da Meringer [1905-1906: 263] per il greco φ „nascondiglio, tana di animali selvatici“ (< indoeuropeo *b u̯ h  ?-l i ̯-ŏ-́ s), antico islandese ból „luogo di riposo“, anche se normalmente φ < *b u̯ h  ?-l i ̯-ŏ-́ s viene ricondotto a √*b ( )uh  ?/ √*b u̯ h  ?- „crescere, sorgere, diventare“ insieme ai corradicali *b ŭh  ?- l- i ̯-ŏ-́ s (più difficilmente *b u̯ə̥̆  ?-l- i ̯ -s) o *b u̯ h  ?-l i ̯-ŏ-́ s (> *b u̯ l i ̯ŏ-́ s > *b u̯ l i ̯ŏ-́ s) (> antico irlandese baile „villaggio“, Vendryes – Bachellery – Lambert [1980: B-7], de Bernardo Stempel [1999: 227]), *b ŭh  ?-u̯ -m (> nordico antico, sassone antico, anglosassone, alto tedesco antico bû „abitazione“, Falk – Torp [ 1909: 272]), *b u̯h  ?- -s (> nordico antico bǿr „cortile, casa“, b d.), *b u̯ h  ?-t ·h  (> albanese botë „terra, terreno, mondo“, Rix t l. [²2001: 99¹], Pokorny [1959: 148], se non è da un protoalbanese *b u̯t -), cfr. armeno bovk „fornace, piccola forgia, miniera“, latino f u „fossa, buca per farvi cadere le fiere“ (Walde – Pokorny [1930: 141]). Le storie derivazionali risultebbero: (i) nome radicale *b ŏú ̯[h  ?]-s, gen. *b ŭh  ?-ŏś „± cava, caverna; abitazione“ (ii) *b u̯h  ?- k- (tema forte), *b ŭh  -k- (tema debole) (iii) *b ŭh  -k-ŏ-́ (> b ūk -) (v) *b u̯h  ?- k- i ̯-, plurale *b u̯h  ?- k- i ̯-(h ?) s (iv) *b ŭh  ?-k - (*b ŭh  -kŏ-́ ?) (> b ūk -) (> f uc s) „la piccola caverna, piccola abitazione“ (se *-k - è suffisso diminutivo) oppure: √*b h  u̯-k- (radice ampliata?) *b ĕh́  ?u̯·k-s (> *b ắu̯h  ks), genitivo *b h  ?ŭ·k-ŏś (dal nominativo ⇒ *b ŭh  ?·k-ŏś ) nome radicale proterodinamico (= ad accento proterocinetico) (tema del nominativo) *b ĕh́  ?u̯·k- basi derivazionali (tema analogico del genitivo) *b ŭh  ?·k*b ŭh  (?)·k-ŏ-́ > b ūk - *b h  u̯·k- */b h  u̯·k- i ̯-(h ?) s/ (> *b u̯h  k i ̯(h ?) s > f uc s) 56 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ Alla serie dei continuanti del tema indoeuropeo (b) *b ŭh  -k- - (> preromanzo *būk - = antico indiano b ūk -), (b¹) *b ŭh  -k- ·h  (> preromanzo *būk „buca“) è seducente accostare il toponimo frentano Būc (Pl n. n.h. III 106; Mela II 65), ῦ α (Strab. V 242, VI 385), etnico Būc n , tra H st n ŭm e rt n (le altre due città costiere dei Fr nt n ) e identificato con Termoli (Chieti) o con Punta Penna (Vasto [Chieti]). Il toponimo è confrontato da Alessio – de Giovanni [1983: 56-57. 192-193. 244] con i lessemi celtici e germanici *bŭkk -s *bŭkk -z (mutuati anche in galloromanzo), normalmente ritenuti continuanti dell’indoeuropeo *b ŭg̑-nŏ-́ s ← *b ŭg̑- - „capro“; attraverso la comparazione di un altro toponimo di attestazione antica, il nesonimo ύ α (Stĕph. By̆z.) / Būcinna [Bucion c dd.] (Pl n. n. h. III 92), una delle Egadi, gli Autori propongono un’etimologia ‛mediterranea’ preindoeuropea (esplicitabile come ‛mediterraneo’ *bŭḱ k - „capro“ ÷ *būḱ - ÷ *būḱ nn - ÷ *pŭk( )n - „saldo“ ÷ *pŭḱ -) basata sul greco ύ α „saldamente“, υ ( ) „spesso, saldo, forte“ in quanto «privi di chiara etimologia indoeuropea». Nella prospettiva di Alessio, i sostrati preindoeuropei mediterranei si distinguono nei filoni iberico, ‛ligure-siculo-sicano’, euganeo, retico (pregermanico), tirrenico, adriatico, (pre)illirico, egeo e asianico, con estensione fino all’area baltica; sul piano delle corrispondenze fonetiche, i relitti liguri (nonché siculo-sicani) e (pre)illirici si caratterizzerebbero per la presenza di occlusive sonore (/D/) in luogo delle sorde (/T/) della maggioranza degli altri sostrati, mentre i relitti egei presenterebbero sorde aspirate (/T /) e quelli tirrenici fricative sorde (/Þ/)8: l’insediamento di Būc viene quindi attribuito ai P l gn intesi come tribù dei Σ o Σ stanziati tra il Lazio (S gn < α α) e Nŭm n (« Sĭc l s c ndĭtă», Pl n. n.h. III 111) e perciò „Vecchi, Antichi“ (cfr. „ ς“ per i Laconi e Massalioti secondo Strab. VII fr. 2) rispetto ai Fr nt n (Alessio – de Giovanni [1983: 68² ]), il cui nome presenterebbe invece fonetica ‛tirrenica’. Come argomentato nfr (§ 3.6.), il sostrato ‛mediterraneo’, oggi abbastanza trascurato dalla romanistica dopo il successo degli Anni Venti-Trenta e Cinquanta (ma richiamato per spiegare le alternanze /ū/ ~ /ŭ/ ~ / / e /g/ ~ /k/ ~ /kk/ dei temi *b gy- / *būgy- / *b k(k(y))- / *būk(k)- / *pūk- „pungere; perforare“ e *b gy- / *būgy- / *b k(k)(y)- / *būk(k)(y)- „tondeggiante, convesso; concavo“ cui Pfister – Crevatin [1998ab], Crevatin – Pfister [1998] e Calabrò – Crevatin – Pfister [1998] riconducono la famiglia di buco, buca, v. nfr , § 2.), si presta a essere interamente riscritto in termini indoeuropeistici e le serie lessicali mediterranee possono ricevere etimologie indoeuropee secondo la fonetica storica delle lingue documentate nella regione (celtiche, italiche, paleobalcaniche &c.); una scelta di etimologie indoeuropee di lessemi ‛mediterranei’ particolarmente intuitive sul piano della semantica e sempre totalmente regolari a livello storico-fonetico si trova nfr (Documentazione etimologica, III.). I vocaboli —di fatto attestati pressoché sempre in lingue indoeuropee— interpretati come relitti mediterranei perché «privi di etimologia indoeuropea» hanno quindi in realtà almeno due etimologie: una più comparativa che ricostruttiva (in Come si nota, il quadro tende a coincidere con gli esiti delle sonore ‛aspirate’ o fiatate indoeuropee (*/D /), rese da occlusive sonore (/D/) in celtico, paraceltico e nelle lingue paleobalcaniche, da sorde aspirate (/T /) in greco e da fricative sorde (/Þ/) nelle lingue italiche. 8 57 Guido BORGHI genere senza radici), basata sulle corrispondenze ‛mediterranee’ con altri vocaboli indoeuropei ritenuti relitti anarî, e un’altra, più ricostruttiva, basata sulla fonetica storica delle lingue indoeuropee e sulle radici lessicali indoeuropee comuni; data la sicura attestazione indoeuropea delle radici e dei suffissi, l’assoluta regolarità fonetica e morfologica e la trasparenza semantica delle etimologie indoeuropee proposte, dichiarare «privo di etimologia indoeuropea» il lessico ‛mediterraneo’ (com’era d’abitudine dagli Anni Venti/Trenta) rappresenterebbe una presa di posizione talmente severa che, a maggior ragione, andrebbero respinti anche i —pochi— confronti extra-indoeuropei sinora tentati. Anche il greco ύ α „saldamente“, υ ( ) „spesso, saldo, forte“ si spiegano perfettamente con una radice indoeuropea sicura, √*p u̯k-̑ „saldare, consolidare“ (Pokorny 1959: 849]), v. Frisk [²1973: II 622-623]; i temi *bŭkk -s (in realtà *bŭgg -s in celtico) e *bŭkk -z, come già visto, sono normalmente ricondotti all’indoeuropeo *b ŭg̑ -nŏ-́ s ← *b ŭg̑- - „capro“. Il toponimo Būc potrebbe quindi a sua volta ricevere un’etimologia indoeuropea, che la somiglianza formale con il tema preromanzo *būk „buca“ suggerirebbe di cercare nella formazione indoeuropea (b¹) *b ŭh  -k- ·h  . Se il sostantivo indoeuropeo (b) *b ŭh  (?)·k-ŏ-́ (di genere sia naschile che neutro in antico indiano) indica, oltre che il „buco“ („caverna“), anche l’„abitazione“, il tema (b¹) *b ŭh  -k- ·h  è interpretabile come il corrispondente collettivo („insieme di abitazioni“), così come il celtico antico *b n „città“ < *b u̯n < indoeuropeo *b u̯n < *b u̯[h  ?]-n ·h  „insieme di (case) abitate“ è il collettivo di *b u̯[h  ?]-n -m „(oggetto) abitato“ ← √*b u̯h  ?- / √*b u̯ h  ?- „crescere, sorgere, diventare“: il toponimo Būc può quindi continuare il tema (b¹) *b ŭh  -k- ·h  (o eventualmente una forma a grado forte *b u̯[h  ?]-k- ·h  > *B u̯k > latino *B u̯c > Būc ) nel senso di „città“ e non in quello di „buca“. È pur vero che il toponimo si trova nel territorio dei Frentani, il cui stesso nome testimonia un trattamento italico delle occlusive sonore ‛aspirate’ o fiatate indoeuropee: Fr nt n < italico *Fr nt n s < indoeuropeo *B r nt nṓs < *B r nt- h  -nŏ-́ (h ) s plurale di *B r nt- h  -nŏ-́ s, etnico di *B r nt- h  (idronimo?) ← *b r nt-ŏ-́ s „cervo“. Presso le popolazioni sabelliche dell’Italia centrale, lo stesso tema supposto per Būc (*b ŭh  -k- ·h  o *b u̯[h  ?]-k- ·h  ) appare in Fūc nŭs, lb Fūc ns, confrontati da Alessio – de Giovanni [1983: 82] con ῦ α in area paleobalcanica (< ‛mediterraneo’ *b u̯k - ÷ *p u̯k - > ‛tirrenico’ *f u̯k - > italico *F u̯k -; in prospettiva indoeuropea, invece, sarebbe da porre *b u̯k < indoeuropeo occidentale *b u̯[h  ?]k ·h  < *b u̯h  ?-k- ·h  ). Se si vuole considerrare Būc come forma italica ereditaria, bisogna pensare a un antecedente indoeuropeo iniziante per */#b/ o */#g/, per esempio *B u̯k- ·h  „monte < gonfiamento“ (cfr., nella Tavola di Polcevera o S nt nt M nūc rŭm, CIL V, 7749 = I², 584, il monte *Tŭl d < *Tŭ·l- t-h (n-) „(Monte) che ha un rigonfiamento“ ← √*tu̯ l- „gonfiarsi“, v. nfr , Documentazione etimologica, IV.b.) ← √*b u̯k- „gonfiarsi“ (Pokorny [1959: 100]), formalmente indentico all’etimologia *b u̯k- ·h  > latino būc * „bocca“ proposta sŭpr (v. anche nfr , Documentazione etimologica, I.c., tre possibili relitti di sostrato celtico / ligure o anche italico, nº 19. *būkl -, *būkl - „scorza“, nº 20. *būkk - „boccolo“, nº 21. *būkki ̯ - „buccia“). 58 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ Alessio – de Giovanni [1983: 68² ], come visto, hanno attribuito l’insediamento (o il nome) ai P l gn preitalici, caratterizzati dalla resa /b/ di /f/ tirrenico; in prospettiva indoeuropea, si dovrebbe pensare a uno strato in cui */b / è continuato da */b/: il più vicino territorialmente sarebbe il daunio, dello stesso complesso linguistico del messapico, anche se un altro nome geografico attesta una resa delle sonore ‛aspirate’ o fiatate indoeuropee (*/D /) come sonore modali (/D/) in area centroitalica, l’idronimo latino o equo D g nt (> Licenza) < ‛paleoeuropeo’ *D i ̯g nti ̯ < indoeuropeo *D i ̯g̑ -n̥t- ( )·h  (Krahe [1951-1952: 228-230; 1959: 22-23]). Ciò porta all’inquadramento dei sostrati preromanzi che dovrebbero giustificare l’esito fonetico /b/ di */b / indoeuropeo e l’areale geolinguistico di buco. L’equazione buco = b ūk -, infatti, non potrebbe essere più evidente sul piano semantico, ma sul piano formale richiede la mediazione di una componente non ereditaria del lessico neolatino (altrimenti ci si attenderebbe, in italiano, †fuco < latino †fūcŭ-s o †fūcŭ-m oppure, per assurdo, būk - in antico indiano anziché b ūk -). Da un lato, il riferimento al celtico è immediato, poiché a) il celtico è per l’appunto caratterizzato dall’esito */b/ di */b / indoeuropeo, b) le lingue romanze conservano centinaia di relitti del sostrato gallico (alcuni di frequente impiego anche in italiano: cambiare, carro, landa, lastra, segugio, vassallo), c) il termine è attestato in area cisalpina o galloitalica; d’altro lato, si devono rilevare due difficoltà: l’areale geolinguistico si estende ben oltre la Cisalpina (toscano, umbro occidentale e meridionale, romanesco, laziale meridionale, abruzzese, molisano, pugliese settentrionale, salentino, siciliano) e le lingue celtiche non offrono convincenti termini di confronto (il lessema celtico comune per „buco“ è *tŭχsl - „cavo; buco“9 < indoeuropeo *(s)tŭ·k-s-l -; altri celtemi sono: galloromanzo trou, trauc < gallico *tr u̯k - < indoeuropeo *tr u̯h  -k- -; francese creux, galloitalico croeus < gallico *kr s - < indoeuropeo * r s- - / *kr s- -; ligure garbo < paleoligure / celto-ligure *g rb - < indoeuropeo *g rb - -; francoprovenzale borna < gallico *b rn < indoeuropeo *b r[h  ]-n ·h  ; retoromanzo ruosna < celtico *φrŭsn < indoeuropeo *prŭs-n ·h  ). Entrambe le difficoltà si risolvono in parte con la considerazione che, come ogni lingua celtica è caratterizzata, oltre che da una quota di lessico comune a tutta la classe celtica (nonché da isoglosse di estensione indoeuropea), anche da una porzione idiosincratica, così anche il celtico cisalpino doveva possedere formazioni e lessemi tipici; un caso ben noto è il leponzio PRUIA /bruu̯ i ̯ / (< indoeuropeo *b ruu̯ i ̯ < *b rŭh ?-(u̯) i ̯ ·h  ), equato del germanico *brŭ(u̯)u̯i ̯ (> inglese bridge, tedesco Brücke) e solo equabile del gallico *br u̯ (< indoeuropeo *b r u̯ i ̯ < *b r u̯h ?- i ̯ ·h  ), tutti a loro volta sconosciuti al celtico insulare (il cui geosinonimo è *drŭk t -s). Anche nel lessico italoromanzo, oltre che cisalpino, si ritrova uno strato di relitti (bioccolo, branca(re), (im)bratta(re), brenta, brillare, brivido, bronco, bruciare) non confrontabili con lessemi celtici insulari, ma che possono ricevere un’evidente etimologia indoeuropea solo attraverso la mediazione della fonetica storica celtica (non solo per */b/ < */b /), tanto quanto i relitti celtici più sicuri con iniziale */b/ < */b / (brago, brenno), v. nfr , Documentazione etimologica, II. Si È rappresentato anche dal gallico come *t llŏ- „cavo“, cisalpino in Tolmezzo < carnico *T llŏ mĕdi ̯ŏ-n < celtico *T xslŏ mĕdi ̯ŏ-m „(nel) mezzo / centro del buco (o della zona ‟cava”)“. 9 59 Guido BORGHI tratta quindi di lessico indoeuropeo regionale entrato a far parte di solo alcune lingue celtiche. Alcuni elementi di tale lessico regionale sono attribuibili (anche) al ligure preromano. La questione se il paleoligure sia da considerare parte integrante del celtico viene discussa nfr (§ 3.2.); ai fini dell’utilizzabilità del sostrato ligure preromano come possibile intermediario di *būk - < indoeuropeo *b ŭh  k - in italoromanzo è sufficiente dimostrare l’esistenza in paleoligure di una componente sicuramente indoeuropea (v. nfr , Documentazione etimologica, IV.b.-c.) caratterizzata dall’esito */b/ di */b /. L’esito paleoligure */b/ di */b / indoeuropeo è dimostrato dai toponimi (attestati nella Tavola di Polcevera o S nt nt M nūc rŭm, CIL V, 7749 = I², 584) *B r gi ̯ m < *B r- g̑ i ̯ m- ·h  „che ha la neve in conservazione (= perenne)“ o „nevaia“; *Blusti ̯ m ll - < *B lŭdh -t- i ̯ m nhₓ-l - / *B lŭdh -t- i ̯ m lh -n - / *B lŭdh -t- i ̯ m lh -s (s)- „colle gonfio“ o *B lŭs-t- i ̯ m nhₓ-l - / *B lŭs-t- i ̯ m lh -n - / *B lŭs-t- i ̯ m lh -s (s)- „colle bruciato“ o *B lŭhₓ·s-t- i ̯ m nhₓ-l - / *B lŭhₓ·s-t- i ̯ m lh -n - / *B lŭhₓ·s-t- i ̯ m lh -s (s)- „colle battuto“; *B pl < indoeuropeo *B h - pl ̥[h ]- -h (n-) „che ha (in) vista il Castello“; in posizione interna, da *P rk b r / *Pr k b r < *P rk-̑ b r- ·h  / *Pr k-̑ b r- ·h  „(Fiume) portatore di salmoni / trote o zolle“ (v. nfr , Documentazione etimologica, IV.b.). L’ipotesi che *būk - < indoeuropeo *b ŭh  -k - fosse un vocabolo diffuso nelle lingue delle tribù liguri antiche può contribuire a spiegare in parte la diffusione del termine in Toscana (per la questione di quanto le tribù riconosciute dai geografi antichi come liguri si spingessero all’interno del bacino dell’Arno toscano v. nfr , § 3.3.). Per giustificare l’attestazione badiotta del tema *būk - / *būk - è lecito fare riferimento al celtico, che ha esercitato un’azione di adstrato o superstrato in area tirolese (cfr. Anreiter [1996] per la toponomastica), ma si potrebbe anche pensare al locale sostrato preromano indoeuropeo, detto ‛indoeuropeo alpino orientale (o Blocco Alpino Orientale) A’ (Ostalpenindogermanisch A), gruppo ‛retico’ di varietà indoeuropee c ntŭm —‛breonico’, ‛genaunico’, ‛focunatico’, ‛venostano’, ‛isarchico’, ‛anaunico’ &c.— diffuse in tutto l’attuale Tirolo e indistinguibili dalla lingua preromana della Pannonia, con esito */#b -/ > */#b-/ e */ / > */ /, v. Ölberg [1963; 1971], Kühebacher [1971], Anreiter [1997ab; 1999 [2000]; 2001] (diverso invece dall’‛indoeuropeo alpino orientale B’ = Ostalpenindogermanisch B o f-Schicht, prossimo al venetico, con mantenimento di */ / indoeuropeo ed esito */#b -/ > */#f-/, v. Kollmann [1997; 1998]). Tutto il restante areale geolinguistico di buco / buca (toscano centrale e meridionale, umbro occidentale e meridionale, romanesco, laziale meridionale, abruzzese, molisano, pugliese settentrionale, salentino, siciliano) richiede altri sostrati preromanzi. Per il pugliese settentrionale e il salentino, il ricorso al daunio-(peucezio-)messapico non comporta difficoltà; la trasformazione */#b -/ > */#b-/ potrebbe essere addirittura attestata per una formazione corradicale, il toponimo B r ŭm (L u. XL 18, 8 &c.) = (peucezio-)messapico *b o̯rr -n „casa, riparo, forte, baluardo, mercato, stanziamento &c.“ (*b o̯rr < *b u̯ri ̯ , Santoro [1984: 92-95], Pellegrini [1990: 58]) < indoeuropeo *b u̯[h  ?]-r- i ̯ -m (per la suffissazione cfr. 60 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ sŭpr (e) *b ŭh  -r- i ̯ - > *būŕ i ̯ - > buio). Al daunio potrebbe risalire anche il toponimo (pre)frentano Būc , se è da *b ŭh  -k- ·h  o *b u̯[h  ?]-k- ·h  „insieme di abitazioni“ (anziché da *b u̯k- ·h  „monte“) e se non riflette lo stesso strato ‛paleoeuropeo’ centroitalico di D g nt < ‛paleoeuropeo’ *D i ̯g nti ̯ < indoeuropeo *D i ̯g̑ -n̥t- ( )·h  (v. sŭpr ). Quest’ultimo (sub)sostrato sostiene il peso della giustificazione di tutto il resto dell’areale e rappresenta in parte la trascrizione in termini indoeuropeistici del filone mediterraneo ‛ligure-siculo-sicano’ in cui Alessio — sia pure in prospettiva anaria— riuniva le formazioni onomastiche (incluso il toponimo Būc ) e i relitti preromanzi con /b/ corrispondente al ‛tirrenico’ /f/ (v. sŭpr ); è possibile congetturare un legame tra strato paleoeuropeo e sicano (che spiegherebbe forse l’estensione dell’areale alla Sicilia, se non si tratta del riflesso di un’espansione geolinguistica seriore), ma al momento sembrano mancare persino singoli idronimi emblematici come D g nt (tuttavia le più recenti ricerche toponomastiche di Villar (– Prósper) [2005] dimostrano che l’idronimia ‛paleoeuropea’ e l’‟antica onomastica mediterranea” tendono a sovrapporsi in misura notevole). Lo strato paleoeuropeo è, naturalmente, ben attestato anche in Toscana, ma per quest’area e le zone confinanti dell’Umbria la giustificazione di esiti /b/ da */b / indoeuropeo deve tener conto anche della frequentemente ipotizzata componente anatolica del lessico etrusco (Steinbauer [1999: 366-389]): *B C (S) < etrusco *[ˈbuːke] */puke/ < anatolico del I. millennio ( . g. lidio) *puká(a) < protoanatolico *būkŏś < *bŭHkŏś < indoeuropeo *b ŭh ?-kŏ-́ s (oppure lidio *puká(a) < protoanatolico *būkŏś [meno probabilmente *būgŏś ] < indoeuropeo *b ŭh ?-kŏ-́ s )10. L’esito lidio di */#b / indoeuropeo in posizione iniziale è controverso, ma per il contesto fonologico di *b ŭh  -kŏ-́ un esempio sicuro (anche perché riguarda la stessa radice *b u̯ h  ?-) è costituito da buk „o“ (Gusmani [1964: 86-87; 1980: 46]) < *b ŭh  (-…)-k (cfr. Melchert [1994: 345. 365]). In definitiva, l’equazione buco = b ūk - richiede, come giustificazione fonetica e geolinguistica, l’ipotesi che il lessema indoeuropeo *b ŭh  k - (manifestamente presupposto da b ūk -) si sia conservato, oltre che in indoario, anche in celtico (cisalpino), paleoligure, ‛indoeuropeo alpino orientale A’ (almeno in isarchico), ‛paleoeuropeo’ appenninico (e sicano?), daunio-(peucezio-)messapico e forse in anatolico (occidentale); in tutte queste lingue, *b ŭh  k - / *b ŭh  k ·h  > *b ūk - / *b ūk si sarebbe trasformato in *būk - (o *būk -) / *būk : tale sarebbe stata la forma del termine nei sostrati immediatamente preromani, gallico cisalpino, paleoligure, ‛retico’ isarchico, daunio-(peucezio-)messapico, forse in etrusco (entro la componente di origine anatolica), siculo o greco di Sicilia (come relitto sicano?) e in varie tradizioni italiche (dal subsostrato paleoeuropeo). In latino, l’eventuale tema 10 Cfr. Melchert [1994: 67-68 e 73 (sul precoce dileguo, con allungamento di compenso della vocale precedente, delle laringali diverse da */H/ < */h / nel contesto tra vocale e consonante in protoanatolico). 60-61 (per il contesto della lenizione delle occlusive protoanatoliche: dopo vocale lunga accentata oppure tra vocali non accentate). 69 (sul successivo allungamento protoanatolico di vocale breve seguita da */H/ < */h /). 177-178 (sulla limitazione all’eteo dell’abbreviamento delle vocali lunghe non accentate protoanatoliche da brevi seguite da laringale diversa da */H/ < */h /). 345 e 365 (sull’esito lidio /u/ di / / protoanatolico). 356 (sull’assordimento in lidio di */g/ protoanatolico). 369-370 (sul possibile allungamento di /ó/ in sillaba chiusa in lidio)]. 61 Guido BORGHI *būk - (isarchico, daunio-(peucezio-)messapico, paleoeuropeo, anatolico) sarebbe stato conguagliato ai temi in - - della I. declinazione (quindi fuso con *būc femminile „buca“) o, in quanto maschile / neutro, ricondotto ai temi in - - della II. declinazione (quindi *būc -: *būcŭ-s / *būcŭ-m). Questa ipotesi, presentata in Borghi – Ronzitti [2005], si può definire interamente ‟indoeuropeistica” e in gran parte (a eccezione di quanto riguarda i lessemi indoarî, il latino bŭcc / būc * „bocca“ e il germanico *būk -z „ventre“) ‟sostratistica” (‟celto-ligure-reto-tirreno-anatolico-paleoeuropeo-sicano-daunio-peucezio-messapica”). Anche la proposta del Lessico Etimologico Italiano (Pfister – Crevatin [1998ab], Crevatin – Pfister [1998], Calabrò – Crevatin – Pfister [1998]) è ‟sostratistica”, ma non interamente indoeuropeistica (v. nfr , §§ 2. e 3.5.-3.6.). L’etimotesi di Alinei [in st.] è propriamente ‟celto-italide”, ossia si concentra sulla ricezione di una forma celtica (di origine indoeuropea), *būkk > *būk , da parte del latino (bŭcc ) e delle connesse varietà ‛italidi’ = latine preromane continuate nelle attuali lingue romanze (būc e varianti). In precedenza, l’etimologia dal latino bŭcc / būc * „bocca“ (Migliorini – Duro [1960: 105], Devoto [²1968: 56]) lasciava impregiudicata la questione dell’origine di bŭcc (ereditaria o celtica). Battisti – Alessio [1950: 621. 625] derivano buca dal latino * būc per bŭcc „bocca“, considerano invece buco un germanismo (buco¹ „fóro, apertura, tana“ = buco² „capacità della nave“ < francone *bûk „ventre“). Esclusivamente latina era la proposta di Salvioni [19021904-1905: 291-292] (accolta con riserve fonetiche in Meyer-Lübke [³1935: 760 nº e *B C (v. anche Petracco Sicardi 9115]), da u cŭŭs attraverso le fasi *U C [2002: 17-18]). L’etimologia da u cŭŭs è irreprensibile dal punto di vista lessicologico e semantico; il suo lato debole è costituito dalla ricostruzione della fonetica storica. La derivazione dallo h p x plautino būc ha come punti di forza l’economicità di ogni soluzione interna al latino (sia pure intaccata dalla debolezza dell’attestazione del termine) e un’evoluzione semantica del tutto plausibile, anche se la situazione latina non spiega la differenziazione tra i continuanti neolatini di būc (che presuppongono tutti la trasformazione di significato „bocca“ > „buca“) e quelli di bŭcc (rimasti compattamente al significato originario); Alinei [in st.] ipotizza infatti che buca rifletta una seconda mutuazione, postromana, dal celtico. L’equazione buco = b ūk vanta il massimo livello di perspicuità semantica (identità totale tra i comparandi), mentre per giustificare la fonetica storica in rapporto all’areale geolinguistico fa riferimento a sostrati a volte sicuri, altre volte solo ipotetici. Il Lessico Etimologico Italiano introduce nella questione un grande numero di temi, la cui articolazione semantica si lascia ordinare in uno schema coerente, ma che presentano dal lato formale una serie di difficoltà spiegate con il ricorso a sostrati a volte plausibili, altre volte controversi e oggetto di grandi discussioni. 2. Le ‛varianti’ di *b k - come relitti celtici, venetici, italici (paleoeuropei, anatolici) I quattro lemmi cui buco viene ricondotto nel Lessico Etimologico Italiano (LEI) comprendono diciotto temi, *b k(k)- / *būk(k)- / *pūk- „pungere; perforare“ (Pfister – Crevatin [1998a]), *b k(k)- / *būk(k)- „tondeggiante, convesso; concavo“ (Pfister 62 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ – Crevatin [1998b]), *b kky- / *b gy- / *būgy- „pungere; perforare“ (Crevatin – Pfister [1998]), *b k(k)y- / *b gy-; *būk(k)y- / *būgy- „corpo di forma tondeggiante, concavo; cavità“ (Calabrò – Crevatin – Pfister [1998]), in realtà ventitré (con due alternative aggiuntive), v. nfr (Documentazione etimologica, I.a.). Ciascuno di questi 23 o 25 temi ricostruiti dagli Autori dei quattro lemmi citati del LEI o comunque richiesti dai materiali ivi raccolti può ricevere una o più etimologie indoeuropee, v. nfr (Documentazione etimologica, I.b.-c.). Come avviene normalmente, il procedimento di ricostruzione retrospettiva (a ritroso nella diacronia) aumenta il numero di varianti, poiché di regola le fasi più antiche sono caratterizzate da opposizioni fonematiche (in coppie minime) che successivamente sono state neutralizzate (per esempio indoeuropeo *b k- - ~ *bh  k- - > celtico / italico *b k -; indoeuropeo *b u̯[h  ?]-s-i ̯ - ~ (*b u̯h  ?-s-i ̯ - >) *b u̯[h  ?]-s-i ̯ - > gallico *b u̯si ̯ -); in ogni caso, le radici indoeuropee da cui gli antecedenti ricostruiti possono derivare secondo le regolari procedure morfologiche ammontano complessivamente a tredici, se si tiene conto di tutte le alternative possibili, o solamente a otto, numero minimo indispensabile per giustificare tutte le forme. Dei 25 temi protoromanzi, 22 si spiegano attraverso la fonetica storica celtica o italica (o entrambe), in 18 casi conformemente alla principale lingua di sostrato preromano genealogicamente indoeuropea che le fonti antiche testimoniano per l’area di volta in volta interessata (v. nfr , Documentazione etimologica, I.b.), mentre negli altri quattro casi bisogna postulare che il sostrato coinvolto non sia quello principale (nello specifico, quello etrusco o quello italico, a seconda della zona), ma la lingua —che si suppone indoeuropea e (para)celtica come quella dei Liguri Marittimi (per l’indoeuropeità e [i limiti del]la celticità del paleoligure cfr. nfr , § 3.2.)— dei σ ῖ che, secondo l’autorevole testimonianza di Polibio (II 16, 1), «[…] σ […] […] σ ς Ἀ ώ ᾱ […]». Solo per il tema *būk -, *būk - (tema nº 7.) e le due varianti *būgi ̯ -, *būdi ̯ (tema nº 9.) si deve postulare che, oltre al sostrato celtico cisalpino e paleoligure, l’isoglossa dei rispettivi antecedenti preromani includesse non già le lingue italiche (escluse per ragioni storico-fonetiche), bensì le tradizioni linguistiche dell’Italia antica nelle quali il fonema indoeuropeo */#b / fosse continuato, in posizione iniziale di parola, da */#b/ (un antecedente indoeuropeo con */#b / per il tema nº 9. si impone per immediatezza semantica —*būgi ̯ - „concavo“ ← indoeuropeo √*b u̯g - „piegare“— e infatti è postulato da Pfister – Crevatin [1998b: 570]11). Per *būk -, *būk - (come visto sŭpr , 1.) l’ipotesi di sostrato può fare riferimento, fra l’altro, al ‛Blocco Alpino Orientale’ e al complesso daunio-peucezio-messapico (in ciò confortata dall’attestazione antica del toponimo frentano —ma di fonetica non italica— Būc poco più a Nord del limite dell’area daunia storica) in conformità alla diffusione areale del termine. Così pure è evidente la connessione del tema nº 11/1. con la radice indoeuropea √*b ĕu̯s- „gonfiarsi“ (Pokorny [1959: 100-101]): *b ĕu̯s-i ̯ŏ- / *b ŏu̯s-i ̯ŏ- „gonfio“ > „rotondità“ > „convessità (naturale)“ > „concavità (naturale)“ (p. e. un tronco vuoto), v. Pfister – Crevatin [1998b: 570-571], Calabrò – Crevatin – Pfister [1998: 798]. 11 63 Guido BORGHI Per i temi *būgi ̯ - < *b u̯g -i ̯ - / *b u̯g -i ̯ - e *būdi ̯ - < *b u̯d -i ̯ - / *b u̯d -i ̯ - entrambi i sostrati (alpino orientale e daunio-peucezio-messapico) sono invece esclusi, poiché la fonetica storica di questi prevede, in luogo di (*/ u̯/) > */ u̯/ (indispensabile per avere poi in latino / u̯/ > /ū/), l’esito */ u̯/) > */ u̯/ (> messapico ao ), che non può giustificare il vocalismo delle forme romanze; se non si ammette una diffusione seriore (romanza, latina o nell’ultima fase prelatina) del tipo lessicale in questione, occorre postulare l’intermediazione di filoni (più che specifiche lingue) bensì verosimilmente esistiti nell’Italia antica, ma della cui fonetica storica sono tuttora discussi alcuni particolari rilevanti per il caso in esame: lo strato ‛paleoeuropeo’ individuato nell’idronimia laziale da Krahe [1951-1952: 228-230; 1959: 22-23] e la sempre discussa componente anatolica del lessico etrusco (Steinbauer [1999: 366-389]). Secondo la versione tradizionale della teoria idronimica ‛antico-europea’, anche in questo strato si avrebbe l’esito */ / di */ / indoeuropeo (quindi */ u̯/ < */ u̯/, che costituirebbe un impedimento analogo a quello dato dalla fonetica storica messapica e del ‛Blocco Alpino Orientale’); a un esame accurato, tuttavia, si può osservare che nessun idronimo ‛antico-europeo’ richiede imprescindibilmente tale esito se non laddove la fonetica storica della lingua indoeuropea locale lo conosce (così in germanico, baltico, slavo, pannonico, illirico &c.), quindi nel caso del filone idronimico appenninico caratterizzato dalla resa delle occlusive sonore fiatate indoeuropee (*/D /) come sonore modali (/D/) non sussiste l’obbligo di ipotizzare */ / > */ / e di conseguenza restano possibili (anche se non dimostrate) le trafile *b u̯g -i ̯ - > *b u̯gi ̯ - e *b u̯d -i ̯ - > *b u̯di ̯ -. Per quanto riguarda l’ipotetica componente anatolica dell’etrusco, l’applicazione al caso dei temi *būgi ̯ - < *b u̯g -i ̯ - / *b u̯g -i ̯ - e *būdi ̯ - < *b u̯d -i ̯ - / *b u̯d -i ̯ - non comporterebbe difficoltà storico-fonetiche, poiché i dittonghi */ u̯/ e */ u̯/ avrebbero subìto monottongazione già in fase protoanatolica tarda (quindi indoeuropeo *b u̯g -i ̯ - / *b u̯g -i ̯ - > tardo protoanatolico *būgi ̯ -; *b u̯d -i ̯ / *b u̯d -i ̯ - > tardo protoanatolico *būdi ̯ -); successivamente, si sarebbe avuta una trasformazione di */- -/ in */- -/, la sincope (in anatolico del I. millennio, per esempio in lidio) della vocale tematica e un probabile assordimento fonologico dell’occlusiva sonora iniziale (che tuttavia in etrusco sarebbe stata realizzata come sonora, cfr. Devine [1974] e Valeri [1991 (1992)]), dopodiché il tema sarebbe stato integrato in latino nella classe dei nomi in -i ̯ - (come avviene nelle mutuazioni dalle lingue italiche che presentano sincope della vocale tematica). Se dunque la diffusione areale del tema 9. (*būgi ̯ -, *būdi ̯ -) non è dovuta a espansione in epoca latina o successiva, le stesse attribuzioni ai sostrati preromani ipotizzate per il tema 7. (*būk -, *būk -), in particolare quelle allo strato idronimico paleoeuropeo e alla componente anatolica dell’etrusco, sono sufficienti a giustificare la distribuzione geolinguistica italica peninsulare non spiegabile per mezzo del celtico alpino e cisalpino e del paleoligure. Per il resto, come si ricava nfr dalla Documentazione etimologica I.b., i 23 + 2 temi protoromanzi trattati da Pfister – Crevatin [1998ab], Crevatin – Pfister [1998] e Calabrò – Crevatin – Pfister [1998] presentano un quadro areale e permettono una 64 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ ricostruzione etimologica interamente compatibili con la loro attribuzione al celtico o al paleoligure (etimi nn. 1.-4. [celtici ‛ pt m iūr ’], 5.-6. [liguri], 7. [celtico e ligure oltre che alpino orientale, daunio-peucezio-messapico, forse ‛paleoeuropeo’ appenninico, sicano, anatolico], 8. [ligure], 9. [celtico e ligure oltre che forse ‛paleoeuropeo’ appenninico e anatolico], 10.-12. [celtici ‛ pt m iūr ’], 13.-14. [(italo-)celtici e liguri], 15.-17. [liguri?], 18. [celtico ‛ pt m iūr ’], 19.-22. [liguri?]), al venetico (etimi nn. 11.-12. e 14., sempre come isoglosse con l’italo-celtico) e alle lingue italiche (etimi nn. 11.-12., 14. [isoglosse col venetico e col celtico], 15. [se non ligure], 23. [solo italico]). La proposta contenuta in Borghi – Ronzitti [2005: 164-168] si riassume quindi a) nella ricostruzione di ventisette celtemi regionali (tra celtico ‛ pt m iūr ’ e paleoligure), di cui otto inclusi in isoglosse italo-celtiche (tre forse estese anche al venetico), e un lessema esclusivamente italico, denotanti nel complesso oggetti tondeggianti, convessi, concavi o appuntiti; b) tutti e ventotto i lessemi vengono giustificati sulla base del lessico indoeuropeo e della fonetica storica dall’indoeuropeo preistorico al celtico e alle lingue italiche; c) almeno ventidue dei ventisette celtemi sarebbero sopravvissuti nelle varietà galloitaliche e romanze alpine e, attraverso il paleoligure (temi nn. 6., 8., 13., 15.17., 19.-22.), in toscano e umbro occidentale, mentre i tre lessemi venetici persisterebbero in veneto e da quattro a nove lessemi italici nelle altre varietà italoromanze; due temi (7., già discusso sŭpr , e 9.) continuerebbero, nella Penisola Italica, voci di sostrati ipotetici (lo strato idronimico paleoeuropeo e la componente anatolica dell’etrusco); uno di questi (7., v. sŭpr , § 1.) risalirebbe in Puglia verosimilmente al sostrato daunio-peucezio-messapico (e, molto ipoteticamente, in Sicilia al sostrato sicano?). 3. Discussioni critiche Tale proposta può incontrare sette tipi di critica: i) in relazione all’elevato numero di celtemi (e antecedenti indoeuropei) ricostruiti; ii) in relazione all’inquadramento del paleoligure nel celtico; iii) in relazione all’ipotesi che voci toscane risalgano al paleoligure; iv) in relazione ai due sostrati più ipotetici (lo strato idronimico paleoeuropeo e la componente anatolica dell’etrusco); v) per la contrapposizione alle proposte etimologiche interne alla storia linguistica latino-romanza; vi) per la contrapposizione alle proposte etimologiche che si riferiscono a sostrati non indoeuropei; vii) per la sufficientemente alta quantità complessiva di spiegazioni ipotetiche concorrenti che si sono accumulate per buco da Salvioni [1902-1904-1905: 291-292] a oggi. 65 Guido BORGHI 3.1. Quantità dei celtemi postulati Il primo tipo di critica può sottolineare che il numero di ricostruzioni è troppo elevato in generale (sarebbe quindi preferibile postulare meno recostrutti)12 oppure che viene sopravvalutata la ricostruzione del celtico antico (non ci sarebbero elementi sufficienti per giustificare una simile ricchezza lessicale in una tradizione linguistica frammentariamente attestata). Il numero assoluto di ricostruzioni (ventisette celtemi; l’unico transponato esclusivamente italico è abbastanza modesto per non sollevare altrettante critiche) è conseguenza dell’elevato numero di temi ‛protoromanzi’ —venticinque— raccolti nei quattro lemmi del Lessico Etimologico Italiano (Pfister – Crevatin [1998ab], Crevatin – Pfister [1998], Calabrò – Crevatin – Pfister [1998]); se i venticinque temi protoromanzi non sono immediatamente riducibili a una quantità minore, per ragioni soprattutto storico-fonetiche e in parte semantiche, ciò costituisce una difficoltà —ammesso che la si voglia considerare tale— anzitutto per la romanistica, al cui àmbito i temi appartengono in prima istanza: la possibilità di una riduzione del numero di temi senza uscire dal paradigma della romanistica richiede l’ammissione di postulati aggiuntivi (talvolta d h c) e se l’indoeuropeistica o la celtologia non sono in grado di offrire in alternativa una brillante soluzione unitaria, ma, anzi, aumentano di qualche unità il numero degli etimi (quasi inevitabilmente, data l’esistenza di lessemi omofoni o di antecedenti passibili di dare il medesimo esito storico-fonetico), ciò può forse risultare deludente, ma non si può considerare scorretto sul piano del metodo etimologico. La critica secondo cui le ricostruzioni sono troppe non in assoluto, ma in quanto attribuite al celtico induce a introdurre una distinzione nei criterî di attribuzione di celticità. Da un lato, un lessema (per esempio romanzo, come nei casi in esame) può essere attribuito al celtico se è attestato nelle lingue celtiche storicamente documentate, purché non si tratti di una evidente mutuazione da altre tradizioni linguistiche note (a volte quest’ultima condizione non è verificabile, per cui, anziché di celticità del termine, è più prudente parlare di isoglossa tra celtico e —nell’esempio in questione— una parte delle lingue romanze, senza impegnarsi a dover precisare l’origine dell’isoglossa). D’altro lato, è perfettamente concepibile che le lingue celtiche storicamente documentate non attestino o abbiano perduto o non abbiano mai posseduto il lessema in esame e che, ciononostante, quest’ultimo sia realmente un celtema; in tal caso, la celticità può essere indiziata da ragioni areali (il fatto che il lessema sia attestato più o meno esclusivamente —se non altro in origine— in varietà che sono o sono state in contatto con lingue celtiche, per esempio in lingue romanze a sostrato anche o solo celtico), ma meglio ancora può esserlo per ragioni storico-fonetiche, se la parola indagata si presta a un’etimologia indoeuropea che, oltre a essere semanticamente accettabile, si giustifichi sul piano fonistorico solo (o anche) 12 Cfr. Alinei [in st.: 5]: «[…] nel loro quadro gli Autori non mancano di introdurre anche delle forme ricostruite intermedie, celtiche per evidenti ragioni storico-fonetiche, che dovrebbero poi permettere il collegamento con il sanscrito. Ma la loro proposta è di una complessità e astrusità tale che a mala pena si lascia riassumere: partendo dai quattro (!) etimi proposti dal LEI, sui quali mi riservo di fare commenti in altra sede, si arriva a ben 23 temi, che poi in varia maniera si lasciano ricondurre, attraverso il celtico, ad alcune radici PIE, alle quali infine si può riallacciare il sanscrito bhūka-. […]». 66 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ attraverso le stesse trasformazioni che differenziano in diacronia il celtico dal suo antecedente indoeuropeo. Applicata alla questione etimologica dei venticinque temi discussi, tale distinzione mostra che, dei ventisette celtemi ipoteticamente ricostruiti, sette (nn. 1., 3., 6., 11/1.-2., 14., 18.) potrebbero essere alla base di formazioni onomastiche galliche, sei (nn. 2., 3., 5.-6., 14. b s, 18.) risultano omofoni ma semanticamente e geneticamente diversi da celtemi ben attestati (quindi, se mai sono esistiti nella diacronia delle lingue celtiche documentate, sarebbero scomparsi a causa di tale omofonia), mentre diciotto (nn. 4., 7.-9., 9. b s, 10., 12/1.-3., 15., 20.-21., 22/2., meno cogentemente i nn. 13., 16.-17., 19., 22/1.) vengono attribuiti al celtico essenzialmente per ragioni etimologico-fonistoriche (i nn. 1.-5., 10., 11/2., 12/1., 18. anche per ragioni areali). Si tratta quindi di lessico regionale o ‛dialettale’ (sia entro l’àmbito della celticità sia in quello, ancor più vasto, dell’Indoeuropa), specializzatosi con tale semantica solo presso alcune tribù indoeuropee, la maggior parte delle quali, in prosieguo di tempo, avrebbe preso parte alle isoglosse linguistiche (in particolare storico-fonetiche) che identificano il celtico (antico), mentre altre avrebbero preso parte alle isoglosse che identificano l’italico. In questa prospettiva, il fatto che si possano ricostruire altri sei celtemi col significato di „buco“ (goidelico, britannico e gallico —anche cisalpino— *tŭχsl - „cavo; buco“ < indoeuropeo *(s)tŭ·k-s-l -; galloromanzo trou, trauc < gallico *tr u̯k - < indoeuropeo *tr u̯h  -k- -; francese creux, galloitalico croeus < gallico *kr s - < indoeuropeo * r s- - / *kr s- -; ligure garbo < paleoligure / celto-ligure *g rb - < indoeuropeo *g rb - -; francoprovenzale borna < gallico *b rn < indoeuropeo *b r[h  ]-n ·h  ; retoromanzo ruosna < celtico *φrŭsn < indoeuropeo *prŭs-n ·h  ) oltre agli undici etimi qui proposti con tale significato (nn. 1. *b k - < indoeuropeo *b k- - / *bh  k- -, 2. *b kk - < indoeuropeo *b k-nŏ-́ / *bh  k-nŏ-́ , 3.-4. *b gi ̯ -, *b gi ̯ < indoeuropeo *b g-i ̯ -, *b g-i ̯ ·h  , 5. *b gl - < indoeuropeo *b g-l -, 6. *b di ̯ - < indoeuropeo *b d -i ̯ -, 7. *būk -, *būk - < indoeuropeo *b ŭh  k -, *b ŭh  k ·h  , 9. *b u̯gi ̯ - < indoeuropeo *b u̯g -i ̯ -, 9. b s *b u̯di ̯ - < indoeuropeo *b u̯d -i ̯ - / *b u̯d-i ̯ -, 10. *b u̯gl - < indoeuropeo *b u̯g -l -, 11/2. *b u̯si ̯ - < indoeuropeo *b u̯s-i ̯ -) può costituire un indizio che effettivamente il lessico celtico antico (continentale) si caratterizzasse per una ricca variazione diatopica. Se invece si preferisce riservare l’etichetta di ‟celtico” esclusivamente al materiale linguistico attestato nelle lingue celtiche storiche (se non addirittura alle sole isoglosse panceltiche), allora diventa consigliabile trovare una denominazione convenzionale apposita per i relitti preromani di areale europeo sudoccidentale ed etimo indoeuropeo che implicano trasformazioni storico-fonetiche identiche a quelle che caratterizzano la diacronia dall’indoeuropeo preistorico al celtico antico. A questo punto la questione diviene essenzialmente terminologica; finché non esiste una denominazione convenzionale del genere, si continuerà in questo e altri lavori a usare l’etichetta di ‟celtico”, con la consapevolezza che l’aspetto fondamentale delle proposte etimologiche (ricostruzione di antecedenti indoeuropei attraverso una fonetica storica precisa, diversa da quella latina e uguale a quella celtica) rimane invariato. 67 Guido BORGHI 3.2. Il paleoligure come lingua indoeuropea (para)celtica Una denominazione che in passato è stata usata, fra l’altro, anche per indicare uno strato indoeuropeo occidentale diverso e marginale rispetto al celtico, ma negli ultimi anni è stata rivisitata in prospettiva sempre più convergente col celtico è l’etnico e glottonimo (paleo)ligure. Mentre in Borghi – Ronzitti [2005: 168 § 2.4.ii. n. e nota 73] è stato impiegato con parsimonia forse eccessiva, nel presente lavoro vi si fa abbondante ricorso, soprattutto per giustificare relitti di sostrato celtico in toscano e umbro occidentale, con il presupposto che la lingua dei Liguri preromani (appunto il paleoligure) appartenesse alla famiglia indoeuropea e in particolare —sia pur limitatamente alle aree non marginali né isolate— alla classe celtica13. È ben noto che, per il paleoligure, la documentazione linguistica diretta manca del tutto; le testimonianze indirette si raggruppano in tre categorie: – glosse, ossia vocaboli riportati, con indicazione del significato, da autori di opere in altra lingua (latino o greco antico); – parole liguri dialettali moderne che non appartengono al lessico ereditario (latino) né provengono da altre lingue con cui il latino o, in séguito, le stesse parlate liguri neolatine hanno avuto contatti (greco, ebraico, gotico, longobardo, francone, arabo, provenzale, francese, castigliano ecc.); – nomi proprî (prevalentemente di località o di altre realtà geografiche), attestati in area ligure in epoca antica o anche solo nel Medioevo o addirittura più tardi, non spiegabili per mezzo del lessico latino o neolatino né con quello di altre lingue che hanno esercitato influenza sulla Liguria (greco, gotico, longobardo, francone). Dall’analisi di tale documentazione indiretta sono sorte due ipotesi contrapposte di classificazione linguistica genealogica delle parlate liguri preromane o prelatine: da un lato, l’accostamento del paleoligure al basco e alle lingue caucasiche settentrionali; dall’altro, l’inquadramento del paleoligure nella famiglia indoeuropea e, negli ultimi decenni, specificamente nella classe celtica. In realtà, la prima ipotesi si articola più precisamente in una distinzione di due fasi cronologiche: l’idioma primitivo avrebbe fatto parte del c nt nŭŭm linguistico basco-nordcaucasico (detto oggi ‛macrocaucasico’, con inclusione del pittico, dell’iberico, del balearico, del paleosardo, dell’etrusco, del retico, del nordpiceno, del cretese minoico, dell’eteociprio, del attico, del urrico e del sumerico, fino al burušaski e al ket o enisejano), tuttavia nel corso del I. millennio a.C. avrebbe subìto un processo di indoeuropeizzazione, specialmente per influsso delle lingue celtiche antiche continentali. D’altra parte, la seconda ipotesi, che classifica il ligure antico come tradizione linguistica pienamente ed esclusivamente indoeuropea e in particolare lo avvicina al celtico, aggiunge la precisazione che non si tratta comunque di una lingua celtica a pieno titolo, ma di un insieme di dialetti indoeuropei che hanno preso parte ad alcuni fenomeni linguistici celtici senza tuttavia presentare la totalità delle caratteristiche 13 Anche Calabrò – Crevatin – Pfister [1998: 801] attribuiscono il tema nº 6., /bozzo/ „pozzanghera“ (lunigiano, toscano, còrso cismontano), al ligure preromano; non è tuttavia sicuro che intendano con ciò una lingua indoeuropea (nel contesto si potrebbe pensare anche a una lingua non indoeuropea). 68 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ celtiche (rimane molto discusso se il paleoligure conoscesse, oltre appunto ad alcune isoglosse celtiche, anche innovazioni sconosciute al celtico). In ogni caso, così come confermato dagli scrittori classici, i Liguri antichi e quindi presumibilmente anche la loro lingua (o le loro lingue) non si possono identificare con i Galli, che hanno rappresentato lo strato etnico e linguistico più tipicamente celtico in area padana e alpina. Nell’ultimo decennio è stata avanzata un’ipotesi generale sulla preistoria linguistica europea, la Teoria della Continuità, secondo la cui formulazione classica (Alinei [1996; 2000]) tutte le varietà linguistiche attuali, incluse anche e soprattutto quelle liguri, costituirebbero la continuazione diretta delle lingue dei primi uomini anatomicamente moderni che hanno colonizzato le singole regioni del continente. In questo caso, di conseguenza, non esisterebbe differenza tra Liguri preromani o prelatini e Liguri moderni (neolatini), in quanto i primi non sarebbero prelatini ma, al contrario, latinofoni e solamente preromani in senso stretto, cioè abitanti sul posto fin da prima (35 millennî prima!) della conquista romana nel I. secolo a.C., mentre i secondi non sarebbero neolatini, ma latini appunto preromani. Gli elementi celtici riscontrabili nella documentazione sarebbero il portato di un influsso culturale —e in parte linguistico— celtico, anch’esso anteriore alla conquista romana. In tutte e tre le ipotesi si rileva una sostanziale concordia di vedute sul fatto che gli antichi Liguri abitassero la regione fin dal primo popolamento dell’Europa da parte della specie umana attuale (35-40 millennî orsono) e inoltre su un particolare legame tra Liguri e Celti nella fase immediatamente anteriore alla conquista romana. Il punto di massimo disaccordo riguarda invece la lingua più antica (dal primo popolamento al I. millennio a.C.): per la prima ipotesi si tratterebbe di parte della famiglia macrocaucasica, per la seconda ipotesi di parte dell’indoeuropeo preistorico o di dialetti sviluppatisi dall’indoeuropeo preistorico, per la terza ipotesi di dialetti latini (diversi dal latino di Roma) giunti sul posto quando l’indoeuropeo comune si era già differenziato in varî assi genetici, tra cui appunto il latino preistorico. Recentemente, nell’àmbito dell’ipotesi indoeuropea e celtica, sono state proposte nuove etimologie paleoliguri indoeuropee per i toponimi Alba, Ventimiglia, Taggia, Arma, Oneglia, Alassio, Loano, Borgio, Verezzi, Varigotti, Bergeggi, Savona, Albisola, Voltri, Pegli, Mele, Tortona, Libarna, Borlasca, Genova, Bargagli, Nervi, Sori, Recco, Camogli, Rapallo, Lavagna, Sestri (Levante), Deiva, Varese, Lerici, Luni e per i nomi dei fiumi Varo, Roja, Nervia, Arroscia, Neva, Centa, Varenna, Entella, Vara, Magra, Taro, Trebbia, Chiavenna, Iria, Bormida, Tànaro, Bodinco (Po) (v. nfr , Documentazione etimologica IV.c.) nonché per tutti i nomi geografici menzionati nella S nt nt M nūc rŭm (v. nfr , Documentazione etimologica IV.b.); per esempio il nome dell’Appennino, / p nn n -s/ „giogaia“ (Petracco Sicardi [1981: 34-35]) < * p- sn- n -s < *h p- s·n- ·h  n· -s „che è relativo (*- -h n- -, v. Olsen [1999: 470]) / che ha (*- -h n- -, v. Olsen [1999: 388]) alla ramificazione“ ← *h p- s-̥, *h p- s-n-( s) „giuntura“ ← √*h p- „congiungersi, essere adatto“ (Pokorny [1959: 50-51], Rix t l. [²2001: 269]). Lo stesso nome dei Liguri, attestato in varie regioni dell’Europa antica, può ricevere etimologie indoeuropee: latino L gŭr s < paleoligure *L gŭs s < indoeuropeo 69 Guido BORGHI *L g̑ -ŭs- s „che hanno legato“ (ossia promotori di una confederazione di tribù), nominativo maschile plurale (*- s) del participio passato attivo (suffisso primario *-ŭs-) della radice √*l i ̯ - „legare“ (oppure, in alternativa o in concomitanza, dalla radice √*l i ̯ - „fango“ attraverso il nome di una pianura alluvionale nella Gallia Narbonese detta appunto Ligoira, quindi da *L g̑-ŭs- i ̯ h  ; in quest’ultimo caso il nome sarebbe stato esteso a tutti i Liguri da parte dei Greci di Marsiglia). Ogni Comune della Riviera può rappresentare la continuazione di una comunità paleoligure: anche nomi dal suffisso latino come Arenzano (col tipico suffisso -i nŭm) si prestano a essere interpretati come latinizzazioni di nomi etnico-territoriali preromani, nel caso specifico la g ns degli r nt , che probabilmente non era giunta da altri luoghi dell’Impero Romano, bensì rappresentava la popolazione paleoligure locale, il cui nome presuppone un antecedente indoeuropeo perfettamente analizzabile, *h r- nt- i ̯ -h s „Coloro che parlano ad alta voce“, nominativo maschile plurale (*-h s) del participio presente attivo (suffisso *- nt- i ̯ -) della radice √*h r- „parlare ad alta voce“. All’interno delle proposte etimologiche raccolte nfr (Documentazione etimologica IV.b-c.) si possono notare due strati in opposizione ‛privativa’: alcuni nomi conservano inalterato il fonema indoeuropeo */p/ (innegabilmente *P rk b r / *Pr k b r < *P rk-̑ b r- ·h  / *Pr k-̑ b r- ·h  „(Fiume) portatore di salmoni / trote o zolle“; secondo l’etimologia anche * p nn n -s < indoeuropeo *H p- s-n- h  -n -s „Giogo; che ha / appartiene all’articolazione“, *B pl < indoeuropeo *B h - pl ̥[h ]- -h (n-) „che ha (in) vista il Castello“, *P li ̯ i ̯ < indoeuropeo *P lh -i ̯ -h s „Quelli del Castello“, *U̯ ndŭ p l -s < *U̯ ·n²·d-ŭ pl ̥h - -s „che apporta (acqua) chiara“), altri invece ne presentano il dileguo come in celtico comune (* nt m li ̯ i ̯ < indoeuropeo *P nt(-h )- m l[h ]-i ̯ -h s „Quelli dei colli di ̆ ́ u̯n i ̯ < indoeuropeo *P ·n²·g̑- h  -m[h ]n -h s „Quelli che si passaggio“, *Ing dipingono (tatuano)“, *L u̯ ni ̯ < indoeuropeo *L̥h ?u̯h  - pn̥-i ̯ ·h  „Palude d’acqua“, *D rt n < indoeuropeo *D r-t p n- ·h  „Fiume (dal corso) trattenuto, palude“) e anche *R pp ll -s < indoeuropeo *Rh̥ p-nŏ ́ h l ̥-n -s „Curva nell’avanzamento (lungo la costa)“ mostra un trattamento che, sia pure con discussioni e critiche, è stato ipotizzato per il celtico preistorico; non diagnostica è la trasformazione di */k/ indoeuropeo in */p/ paleoligure (*Pr nn kk -s < indoeuropeo *Ku̯r s-n k-nŏ-́ s „(Monte) caratterizzato dal suono (fruscìo) delle fronde degli alberi“), compatibile sia con la conservazione di */p/ indoeuropeo (come in sabellico e greco) che con il suo dileguo (come in celtico, purché il dileguo o la deocclusivizzazione di */p/ indoeuropeo sia anteriore a */k/ > */p/). L’interpretazione più economica di tale situazione è che le tribù paleoliguri partecipassero in misura diversa alle isoglosse celtiche: il dileguo di */p/ indoeuropeo —conforme alla fonetica storica celtica— ricorre nei nomi di grandi popolazioni ( nt m l , ng un ) e di importanti centri costieri (Lavagna) o della pianura sul versante padano (D rt n ), mentre i casi di conservazione di */p/ si concentrano nel territorio dei U tur , agglomerato di tribù di aspetto più arcaico rispetto ai G nŭ t s e alle grandi confederazioni. Il territorio linguistico paleoligure era quindi verosimilmente attraversato dall’isoglos- 70 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ sa celtica più famosa, in modo tale che una parte dei Paleoliguri può essere definita celtica ‛ pt m iūr ’ e un’altra parte, più marginale o isolata, ‛paraceltica’. 3.3. Utilizzo del paleoligure come sostrato celtico del toscano Come riportato sŭpr (§ 2.), Polibio (II 16, 1) scrive che i «[…] σ ῖ […] σ […] […] σ ς Ἀ ώ ᾱ […]». Data la fonte, la notizia risulta della massima affidabilità che ci si può attendere da un Autore antico, anche se, naturalmente, è doveroso chiedersi a che tipo di criterî di attribuzione etnica si rifacessero gli informatori di Polibio (comparazione di aspetti della cultura materiale come l’abbigliamento; alleanze militari, anfizionie religiose con relativi miti di parentela tra tribù; interpretazione modernizzante di fonti romane o greche precedenti); la notizia non garantisce che i Liguri dell’Entroterra tirrenico parlassero varietà linguistiche affini a quelle dei loro omonimi della Riviera né tantomeno fornisce indicazioni sull’appartenenza genealogica (indoeuropea o, specificamente, celtica) di tali lingue. D’altra parte, l’ipotesi della presenza di filoni linguisticamente celtici anche in aree —come l’Etruria appenninica settentrionale— non qualificate dalle fonti antiche come celtiche renderebbe ragione di attestazioni toponomastiche di aspetto tipicamente gallico come, nel caso in esame, il composto υ α ύ (Ptol. Geogr. III 1, 48) = υ ῖ α (lat. B tŭr g * < celt. *B tŭ r g „quella dei re del mondo“), localizzato nella media Valle dell’Arno (Montevarchi [Arezzo])14. In qualunque rapporto fossero con i σ ῖ menzionati da Polibio i responsabili del conio del toponimo υ α, l’attestazione di quest’ultimo rappresenta un indizio molto prezioso a favore dell’ipotesi che anche nel lessico toscano si possano conservare relitti di sostrato celtico. È importante sottolineare che, su questo specifico punto pr m f c di difficoltà areale, le soluzioni proposte in Borghi – Ronzitti [2005: 165-166] sono le stesse già accolte nel Lessico Etimologico Italiano (Pfister – Crevatin [1998b: 570-571], Calabrò – Crevatin – Pfister [1998: 798]); nel grande Dizionario non è possibile affrontare in dettaglio questioni relative ai sostrati indoeuropei preromanzi, ma in ogni caso la difficoltà, se è poi veramente tale, non è stata introdotta da Borghi – Ronzitti [2005]: è il prezzo da pagare —invero assai modesto, perché fortunatamente la ‛stranezza’ areale si può spiegare— per accogliere connessioni etimologiche semanticamente evidenti (le radici indoeuropee √*b u̯g - „piegare“ e √*b u̯s- „gonfiarsi“ per temi che significano „convesso“ e „concavo“) e formalmente suggestive (piuttosto, si può affermare che la proposta di una nuova comparazione formalmente parallela e semanticamente inattaccabile come «b ūk - „buco“ ≡ *būk - „buco“» contribuisce a charire i termini della questione e a individuare nel c nt nŭŭm celtico-paleoligure il principale sostrato preromanzo mediatore tra l’indoeuropeo *b ŭh  k - > *b ūk - e l’italoromanzo buco, insieme al (para)daunio del toponimo frentano Būc ). 14 Suggestivo è anche —se correttamente attestato e se antico— il toponimo Brancolano (Firenze) < celtico *Br ṅk (ɸ)l n -n „piano di mano“ (o *Br ṅk (ɸ)l n -n „pieno di mano“) < indoeuropeo *b rn̥ - pl ̥h -n -m / *u̯r( )ṅk- pl ̥h -n -m (o risp. *b rn̥ - pl( )h -n -m / *u̯r( )ṅk- pl( )h -n -m). 71 Guido BORGHI 3.4. I due sostrati più ipotetici: paleoeuropeo e componente anatolica dell’etrusco In Borghi – Ronzitti [2005: 168] e nel presente articolo si è fatto ricorso alle teorie dell’esistenza di uno strato idronimico paleoeuropeo in area appenninica (caratterizzato dalla trasformazione delle occlusive sonore fiatate indoeuropee in sonore modali, in particolare */b / > */b/, */d / > */d/, */g̑ / > */g/) e di una componente anatolica in etrusco (v. sŭpr , §§ 1.-2.). Il ricorso a queste teorie è stato reso necessario dal fatto che i temi 7. (*būk -, *būk -) e 9. (*būgi ̯ -, *būdi ̯ -), i cui etimi presuppongono l’esito */b/ (devotianamente ‛antiitalico’) di */b / indoeuropeo (già richiesto dalle etimologie indoeuropee di Pfister – Crevatin [1998b: 570-571] e Calabrò – Crevatin – Pfister [1998: 798]), comprendono nel proprio areale geolinguistico territorî peninsulari appenninici per i quali non si possono postulare sostrati paleoliguri inquadrabili nella celticità (come invece è possibile, più a Nord, per parte del bacino dell’Arno) né sostrati preromani connessi al complesso daunio-peucezio-messapico (come invece si può pensare per il toponimo Būc sulla costa del territorio dei Frentani, di lingua sabellica; v. sŭpr , § 1.). Anche in questo caso, l’elemento decisivo per poter mantenere l’ipotesi della presenza, in piena area italica, di un filone indoeuropeo con */b/ < */b / è costituito da un toponimo, il citato idronimo laziale Licenza < latino D g nt < ‛paleoeuropeo’ *D i ̯g nti ̯ < indoeuropeo *D i ̯g̑ -n̥t- ( )·h  (Krahe [1951-1952: 228-230; 1959: 22-23]). Il quadro etnico-linguistico è stato ricostruito dallo stesso Krahe, che ha ipotizzato per la preistoria europea recente un panorama di *t u̯t s < *t u̯(ə̯)tāś < *t u̯(h  )tắh  s tardoindoeuropee centro-occidentali col tempo confluite nella costituzione delle unità (secondarie) celtica, germanica, italica &c.: alcune *t u̯tāś avrebbero preso parte all’isoglossa */b / > */b/, */d / > */d/, */ / > */g/ &c., altre all’isoglossa */b / > */φ/, */d / > */ /, */g̑ / > */χ/ &c.; la maggior parte delle prime sarebbe confluita nel celtico (o nel germanico &c.), la maggior parte delle seconde nell’italico o venetico, ma almeno una delle prime sarebbe stata assorbita dai Latini (o dagli equ ) lasciando come traccia l’idronimo D g nt , così come alcune delle seconde risultano indiziabili in ambiente ligure (F rt r „Bisagno“ < indoeuropeo *B r-t r „portatore“) altrimenti caratterizzato da */b / > */b/ (*B r gi ̯ m , *Blusti ̯ m ll -, *B pl , *P rk b r / *Pr k b r , v. sŭpr , § 1.). 3.5. Le critiche dal punto di vista romanistico Tutte le proposte etimologiche avanzate in Borghi – Ronzitti [2005], incluse quelle che riguardano lessemi di attestazione romanza (pressoché la totalità, a esclusione di b ūk - antico indiano —con gli equabili neoindoarî— e f uc s latino), sono state elaborate nella più scrupolosa osservanza —oltre che del lessico e della morfologia derivazionale dell’indoeuropeo ricostruito— delle leggi fonetiche, sia quelle che regolano le trasformazioni dall’indoeuropeo preistorico alle lingue storiche (antico indiano, latino, celtico e altri sostrati preromanzi) sia quelle che descrivono la trasformazione del latino nelle diverse varietà romanze. La conseguenza di tale osservanza è stata che i diciotto (in realtà venticinque) temi ‛protoromanzi’ raccolti dalla redazione etimologica del Lessico Etimologico Italiano in quattro lemmi, *b k(k)- / *būk(k)- / *pūk- „pungere; perforare“ (Pfister – Crevatin [1998a]), 72 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ *b k(k)- / *būk(k)- „tondeggiante, convesso; concavo“ (Pfister – Crevatin [1998b]), *b kky- / *b gy- / *būgy- „pungere; perforare“ (Crevatin – Pfister [1998]), *b k(k)y- / *b gy-; *būk(k)y- / *būgy- „corpo di forma tondeggiante, concavo; cavità“ (Calabrò – Crevatin – Pfister [1998]), implicitamente uniti in due soli significati („pungere; perforare“ ~ „tondeggiante, convesso; concavo“)15, sono stati invece distribuiti tra i continuanti di un superiore numero di radici (indoeuropee), da un minimo di otto a un massimo di tredici16. Dato che la proposta ‛unificatrice’ (quella del Lessico Etimologico Italiano) non si basa esclusivamente sulle leggi fonetiche (romanze), in quanto fa ricorso all’argomento per cui i diversi temi presentano una comune struttura semantica (e di conseguenza inducono a cercare in fenomeni interlinguistici le cause delle irregolarità fonetiche), mentre dall’altro lato la proposta ‛foneticista’ (quella di Borghi – Ronzitti [2005: 159-161. 164-169]) produce comunque un risultato positivo (che venticinque temi possano risalire a otto o tredici radici diverse anziché a due o quattro non è contrario alla normalità dei fatti linguistici osservabili), la contrapposizione tra le due proposte si sposta dal piano delle singole etimologie a quello delle impostazioni generali (con la precisazione che tale contrapposizione è solo teorica, tra Borghi – Ronzitti [2005 ll. cc.] ed eventuali ipotesi totalmente ‛interne’ alla romanistica, non invece tra i lemmi del Lessico Etimologico Italiano e Borghi – Ronzitti [2005 ll. cc.], perché già il LEI suggerisce un’origine di sostrato e propone tre radici indoeuropee incluse tra le tredici di Borghi – Ronzitti [164-168]; la differenza tra le due trattazioni riguarda piuttosto il ricorso —presente nel LEI, assente in Borghi – Ronzitti [2005]— a strati non indoeuropei, per cui v. nfr , § 3.6.). La possibilità di una spiegazione tutta interna al paradigma romanistico richiede —oltre al fatto di partire da un etimo latino, in questo caso bŭcc (non importa se a sua volta ereditario— quindi distinto dal gallico bocca /b kk / „bocca“, v. Borghi – Ronzitti [2005: 164 ³] —o mutuato dal celtico, come preferisce Alinei [in st.]) con la sua eventuale variante plautina būc * (v. sŭpr , § 1.)17— che si postulino dinami15 Le etimologie effettivamente proposte sono tuttavia più numerose e comprendono anche tre radici indoeuropee coincidenti con quelle postulate in Borghi – Ronzitti [2005: 165-166], v. nfr (nota successiva alla presente). 16 Almeno tre di queste radici coincidono con etimologie proposte nel Lessico Etimologico Italiano: (nº 9.) indoeuropeo √*b ĕu̯g - „piegare“ (Pokorny [1959: 152-153]) → *b ĕu̯g -i ̯ŏ- / *b ŏu̯g -i ̯ŏ- (± „cavità“?) > *bŏu̯gi ̯ŏ- > protoromanzo *b gi ̯ŏ- „buco“ (Pfister – Crevatin [1998b: 570], Calabrò – Crevatin – Pfister [1998: 798]); (nº 11/1.) indoeuropeo √*b ĕu̯s- „gonfiarsi“ (Pokorny [1959: 100-101]) → *b ĕu̯s-i ̯ŏ- / *b ŏu̯s-i ̯ŏ- „gonfio“ > „rotondità“ > „convessità (naturale)“ > „concavità (naturale)“ (p. e. un tronco vuoto) (Pfister – Crevatin [1998b: 570-571], Calabrò – Crevatin – Pfister [1998: 798]); (nº 12/2.) indoeuropeo √*b ĕg- „rompere“ (Pokorny [1959: 114-115]) → *b ŏg-ă·h  > celtico *bŏgā > protoromanzo (alpino) *bŏgă (> bova „canale“, cfr. Pfister – Crevatin [1998b: 571]). 17 L’ipotetica (contro)proposta interamente romanistica qui immaginata serve a illustrare la contrapposizione di due visioni opposte dell’etimologia romanza e perciò deve essere quanto più possibile priva di concessioni alla teoria del sostrato, cosicché possa fungere da modello coerente. Al di fuori di questa contrapposizione di teorie, è naturalmente più che lecito pensare a un’origine da uno o più sostrati preromanzi (ossia senza coinvolgimento del latino, se non in poche regioni di latinizzazione tardorepubblicana o imperiale) anziché prelatini in senso stretto (nel caso di una mutuazione del latino b ccă dal gallico si avrebbe invero piuttosto un’azione di adstrato); si tratterebbe poi, nel merito della discussione, di chairire le ragioni di congetturare solo una o due (o poche di più) sopravvivenze di sostrato invece che ventotto (le 73 Guido BORGHI che interlinguistiche tra varietà romanze, in modo da rendere ragione delle oscillazioni fonologiche /ū/ ~ /ŭ/ ~ / / (o, in termini protoromanzi centro-occidentali, /ụ/ ~ /ọ/ ~ / /) e /g/ ~ /k/ ~ /kk/: per esempio, le forme con / / si potebbero spiegare come mutuazioni da varietà romanze (come l’emiliano-romagnolo) in cui /ū/ risulta / /, mentre l’alternanza /g/ ~ /k/ ~ /kk/ si presterebbe a venire ricondotta all’esito parallelo /-g-/ ~ /-k-/ (reto-cisalpino) ≅ /-k-/ ~ /-kk-/ (toscano e italoromanzo centrale e meridionale) di /-k-/ ~ /-kk-/ latino nella coppia di varianti būc * ~ bŭcc (che a loro volta giustificherebbero la vicenda /ū/ ~ /ŭ/ all’origine di quella tra /ụ/ e /ọ/); la presenza facoltativa di un suffisso latino - ŭ-(s), - -, - ŭ-(m) (> *-jŭ-, *-ja) sarebbe all’origine di eventuali rimanenti ‛geminazioni’ (allungamenti consonantici) e delle palatalizzazioni. Dal punto di vista della quantità di congetture su dinamiche interlinguistiche, le due posizioni (‛sostratistica’ e ‛romanistica’) si equivalgono complessivamente: in un caso si ipotizza che ventotto lessemi (esistenti se non altro come potenzialità di sistema in indoeuropeo —ossia costituiti da radici indoeuropee attestabili, in regolare combinazione con suffissi indoeuropei produttivi— e dunque passibili di essere stati continuati in lingue indoeuropee storiche, sia pur scomparse) di sostrati preromanzi di esistenza certa (o, in due casi, solo verosimile; non semplicemente ‟possibile”, perché sono richiesti da elementi linguistici di sicura documentazione) siano sopravvissuti in varietà regionali di latino e nelle continuazioni romanze di queste ultime; nell’altro caso si ipotizza che la famiglia di un unico lessema latino (o naturalizzato tale), bŭcc / būc * (→ *bŭcc- ŭ-(s), *bŭcc- -, *bŭcc- ŭ-(m) / *būc- ŭ-(s), *būc- -, *būc- ŭ-(m)), sia stata continuata da un lato (per quanto concerne bŭcc „bocca“) in gran parte degli idiomi romanzi, dall’altro (per quanto riguarda būc *, i suoi derivati e quelli di bŭcc , tutti passati ai significati di „concavo > convesso > appuntito“) in un numero più ristretto di varietà italoromanze e reto-cisalpine, da ciascuna delle quali si sarebbe poi secondariamente diffusa di nuovo, anche superando i confini tra gruppi dialettali, col risultato di produrre una varietà di venticinque temi formalmente distinti. Entrambe le teorie, ‛sostratistica’ e ‛romanistica’, sono quindi costruite su un numero equivalente di ipotesi e sono entrambe corrette; nessuna delle due può da sola costituire un argomento contro la validità dell’altra, perciò l’eventuale critica a Borghi – Ronzitti [2005: 155-169] (teoria ‛sostratistica’) in nome della teoria ‛romanistica’ non è sufficiente. Una seconda impostazione esclusivamente interna alla romanistica sarebbe costituita dalla ricerca di leggi fonetiche molto specifiche, atte a derivare i ventotto temi romanzi dalla ristretta famiglia derivazionale latina (bŭcc /) būc * → *bŭcc- ŭ-(s), *bŭcc- -, *bŭcc- ŭ-(m) / *būc- ŭ-(s), *būc- -, *būc- ŭ-(m). Il limite delle leggi fonetiche molto specifiche, che possono arrivare a essere rappresentate da un solo esempio, è che non devono avere controesempî all’interno dello stesso sistema (o, in prospettiva diversa e in parte più precisa: all’interno della stessa componente genetiragioni a favore della ricostruzione di ventotto lessemi di sostrato sono, come anticipato s prā, la combinazione delle esigenze della fonetica storica romanza e delle possibilità offerte dal lessico e dalla morfologia dell’indoeuropeo preistorico attraverso la fonetica storica dei sostrati accertati o —in un paio di casi— solo congetturabili per le varietà italoromanze e reto-cisalpine). 74 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ ca della lingua, per esempio all’interno della componente ereditaria di una lingua neolatina). Applicata al caso dei venticinque (23 + 2) temi compresi nei quattro lemmi in esame del Lessico Etimologico Italiano ed enucleati in Borghi – Ronzitti [2005: 159-161] nonché nfr (Documentazione etimologica I.a.), un’impostazione del genere (per esempio: «nella varietà romanza X, /ŭ/ > /ọ/ diventa / / dopo /#b/ e prima di /kj/ + vocale») non riuscirebbe a evitare controesempî se non ricorrendo ( d h c, dato che qui non sarebbe per ipotesi; a meno che ciò venga considerato appunto il risultato scientifico —la conclusione inevitabile— dell’applicazione coerente del metodo) alla congettura che un certo numero di temi debba in parte la propria attuale distribuzione geolinguistica a fenomeni di diffusione secondaria, relativamente recente. Saremmo quindi nella stessa situazione analizzata nei capoversi precedenti: una soluzione interamente romanistica ‛interna’, basata sull’ipotesi di mutuazioni interlinguistiche medioevali o moderne, altrettanto —ma non più— corretta della teoria ‛sostratistica’ sostenuta in Borghi – Ronzitti [2005: 155-169] e quindi non utilizzabile da sola come critica contro quest’ultima. In tema di ‛leggi fonetiche’ e romanistica, va sottolineato che la celebre affermazione antineogrammatica secondo cui «ogni parola ha la propria storia» si realizza, nell’etimologia romanza, in almeno due modi. In generale, con riferimento a Belardi [1990], se un patrimonio lessicale è costituito da sememi monoblocco (ossia non ulteriormente analizzabili in unità di prima articolazione) sufficientemente lunghi (concretamente, più lunghi di radici lessematiche ‛trilittere’), le trasformazioni fonetiche che può subire in diacronia tendono a essere anche molto circostanziate, legate a contesti fonologici molto specifici: il caso estremo sarebbe costituito da una ‛legge’ secondo cui la trasformazione in diacronia della realizzazione fonetica di un fonema varierebbe a seconda dell’intera catena fonica che precede e che segue tale fonema all’interno di ciascun differente segno linguistico (‛parola’ o addirittura segno-frase)18; in relazione a */būk -/ e varianti, ciò coinciderebbe con il caso analizzato nel capoverso precedente. Più tipica della storia linguistica esterna delle lingue romanze è invece la seconda realizzazione dell’etimologia come storia delle singole parole. La maggior parte delle varietà neolatine centro-occidentali è infatti stata esposta, oltre che al contatto con adstrati e superstrati di altra classe o addirittura altra famiglia genealogica, all’interazione con acroletti neolatini sociolinguisticamente forti quali i volgari interregionali dei Regni Romano-Germanici, il provenzale, le regionali, i volgari illustri delle Repubbliche Marinare e dei grandi Comuni e Signorie, le varie forme di lingua franca, il catalano, il toscano (fiorentino), il castigliano, il francese, oltre naturalmente al mediolatino ecclesiastico, al latino umanistico &c. In tutti questi casi, la fonetica storica che ha interessato ciascuna parola non risulta tanto articolata 18 Una situazione del genere non è esclusiva delle lingue romanze, poiché si ritrova, entro la famiglia indoeuropea, nell’evoluzione diacronica di ogni lingua che si sia allontanata dal tipo a segno analitico o modulare o internamente articolato che la ricostruzione comparativa induce ad attribuire all’indoeuropeo preistorico; cfr. īnfrā (§ 3.6.) la legge fonetica proposta da Van Windekens [1976: 25 § 60; 29 § 71]) per cui indoeuropeo tardo */ā/, */ə̥/̆ > tocario A /a/ = B /o/ nel contesto fonologico specifico «dopo /r/ e prima di /c/» (= «{*/ā/, */ə̥/̆ } → A /a/, B /o/ / r_c»). 75 Guido BORGHI a seconda dei contesti fonologici, quanto piuttosto riflette una particolare ricezione e combinazione delle fonologie delle lingue neolatine con cui la varietà di attestazione della parola è stata in contatto. In questa prospettiva, il caso estremo si avrebbe se ogni singola parola fosse il prodotto di una particolare successione di influssi di superstrato non riscontrabile in forma esattamente uguale per nessun’altra parola: tale caso tuttavia è chiaramente impossibile, dato che le combinazioni possibili dei varî influssi di superstrato e adstrato sono complessivamente di molto inferiori al numero delle parole di una singola lingua. In riferimento a */būk -/ e varianti, si tornerebbe ancora una volta all’ipotesi romanistica ‛interna’ presa in considerazione sŭpr , fondata su mutuazioni interlinguistiche, anche in questo caso ricostruite sulla base dei trattamenti storico-fonetici, ma integrate con giustificazioni tratte dalla storia sociolinguistica esterna dei volgari italiani, padani &c.: in confronto con l’ipotesi sostratistica preromanza di Borghi – Ronzitti [2005: 155-169], l’ipotesi romanistica ‛interna’ interlinguistica e sociolinguisticamente rivisitata si presenta più attraente, in quanto si muove in àmbiti storici ben conosciuti e perciò interessanti, ma, tra le due ipotesi, il rapporto in termini di economicità (inversamente proporzionale al carico di congetture) rimane comunque invariato, perché una congettura circostanziata —ma pur sempre ipotetica— a proposito di un periodo ben documentato non è più economica di una congettura generica —purché possibile— a proposito di un periodo poco conosciuto. 3.6. Confronto con ipotesi in direzione non indoeuropea Se l’ipotesi sostratistica preromanza indoeuropea e l’ipotesi romanistica interna risultano equivalenti (e quindi l’esistenza della seconda non può costituire un argomento contro la liceità della prima), in rapporto ad altre ipotesi sostratistiche quella indoeuropea (‛celtico-italico-messapico-paleoeuropeo-anatolica’) presenta un vantaggio teorico tale che non solo rende le ipotesi non indoeuropee insufficienti a costituire di per sé stesse un argomento critico, ma riduce drasticamente l’applicabilità di queste ultime al caso in esame. Le ragioni per attribuire la famiglia lessicale in esame a uno strato linguistico non indoeuropeo si possono riassumere in tre considerazioni: a) le alternanze vocaliche e consonantiche tra i temi raccolti nei quattro lemmi citati del Lessico Etimologico Italiano non si spiegano con la fonologia di alcuna lingua indoeuropea attestata nell’area; b) il toponimo Būc è stato confrontato con lessemi (dalla semantica toponomasticamente plausibile) che presentano a loro volta alternanze non spiegabili all’interno dell’indoeuropeistica; c) l’antico indiano b ūk - e le corrispondenti forme neoindoarie —gujar t b k „buco“ e b ōk̃ „ d.“, n p l b w ṅ „spaccatura, fenditura“, mar ṭ b ōk̃ „cavità“ e b ōg̃ ḷ „cavo, sciolto“ (Turner [1966: 549 nº 9624. «1. *bʰōkka- ‛hollow’. 2. *bʰōṅka-². 3. *bʰōṅga-»])— sono stati connessi da Turner [1966: b d. e 476 nº 8391] e Mayrhofer [1997-2001: 370-371] con i continuanti neoindoarî in sorda e sorda aspirata ( . g. hind p k „depressione, buco“) di *p k -, *p kk - &c. „buca, depressione“ (Turner [1966: 476 nº 8391; 1985: 68 nº 8391]), che di nuovo presen- 76 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ tano alternanze non spiegabili attraverso le leggi fonetiche indoarie, indoiraniche o indoeuropee. Come si può notare, tutte e tre le considerazioni presuppongono che i confronti di volta in volta istituiti siano accettati; u c u rs , i confronti proposti potrebbero essere respinti appunto perché le corrispondenze non sono regolari. Dal dilemma si può uscire se si tiene presente che le corrispondenze vengono bensì osservate e stabilite in base all’evidenza dei confronti (in altri termini: sono i confronti evidenti a determinare l’inventario delle corrispondenze), ma tali confronti devono superare, per consistenza numerica (anche se non elevata, ma almeno superiore a una sola coppia) e precisione semantica, l’intorno probabilistico individuato da Ringe [1992] al di sopra del quale le possibilità che le coincidenze formali e semantiche non siano casuali sono maggiori delle possibilità che tali coincidenze lo siano. Così, per esempio, le tre coppie di lessemi costituite da tocario orientale (A) p car = occidentale (B) p cer „padre“, tocario A m car = B m cer „madre“ e tocario A pracar = B procer „fratello“ presentano una sufficiente regolarità di corrispondenze con le sequenze comparative in base a cui sono stati ricostruiti gli antecedenti indoeuropei *pə̥̆  tḗr „padre“, *mắh  t r o *m h  tḗr „madre“ e rispettivamente *b rắh  t r „fratello“ perché si possa affermare con sicurezza che i citati nomi di parentela tocarî rappresentano una componente genetica indoeuropea (ereditaria o prodotto di mutuazione, cfr. Holzer [1996]) nel lessico tocario; grazie a tale evidenza comparativa si stabiliscono le corrispondenze regolari e le loro eventuali limitazioni secondo il contesto fonologico. La principale difficoltà riguarda la differenza di esito nel vocalismo tra il tocario orientale (A) pracar = occidentale (B) procer „fratello“ < indoeuropeo *b rắh  t r „fratello“, da un lato, e il tocario orientale (A) m car = occidentale (B) m cer „madre“ < indoeuropeo *mắh  tḗr dall’altro (senza che la posizione dell’accento possa spiegare la differenza di esito tra indoeuropeo tardo */ / > tocario A /a/ = B /o/ in pracar = procer < *b rắh  t r e indoeuropeo tardo */ / > tocario AB / / in m car = m cer < *mắh  tḗr)19. Van Windekens [1976: 387, v. anche 25 § 60; 29 § 71]) ha proposto, sulla base di simili esiti di */ə̥/̆ (= schwa pr mŭm, diverso da */ö /, schwa s cŭndŭm), la legge fonetica per cui indoeuropeo tardo */ /, */ə̥/̆ > tocario A /a/ = B /o/ nel contesto fonologico specifico «dopo /r/ e prima di /c/» (= «{*/ /, */ə̥/̆ } → A /a/, B /o/ / r_c»). In alternativa si presume che A m car B m cer „madre“ riflettano un rimodellamento prototocario del vocalismo per analogia sull’antecedente di A p car B p cer „padre“ (regolari da *pə̥̆  tḗr indoeuropeo): in A pracar B procer „fratello“ < indoeuropeo *b rắh  t r si avrebbe allora tocario A /a/ = B /o/ < indoeuropeo tardo */ / per evoluzione incondizionata (Hilmarsson [1986: 9. 11], Ringe [1996: 7. 97-98. 106. 110. 129. 130. 153]) o per ‟arrotondamento reciproco” con la vocale della sillaba finale (Adams [1988: 21; 1999: 421-422]). Una volta stabilite le corrispondenze regolari sulla base dei confronti immediatamente evidenti, tutti gli altri confronti —anche non evidenti, ossia con una semantica meno precisa— che presentano le medesime corrispondenze possono essere considerati come riflesso della stessa componente genetica cui sono dovuti i con19 Dato che */ / indoeuropeo ha esito /a/, non si può ricondurre A pracar B procer a un’ipotetica variante apofonica *b rŏh  tēr dell’indoeuropeo *b rắh  tēr „fratello“. 77 Guido BORGHI fronti immediatamente evidenti; qualunque altro confronto, se presenta corrispondenze diverse da quelle regolari, va considerato come riflesso di un’altra componente genetica se si tratta di confronto ‟immediatamente evidente” (se possibile confortato da una serie di paralleli), altrimenti come convergenza casuale. La vicinanza formale e semantica non è un criterio decisivo per fondare una comparazione, come mostrato per esempio dalla casualità della convergenza tra il latino gr ssŭs (< indoeuropeo *gr s-(t-)s -s „spesso; acerbo“ o *gr tə̥ₓ̆ t ŏ-́ s „intrecciato, annodato, spesso“, Walde – Hofmann [²1938: I 623]) e il tedesco groß (< germanico *gr u̯t -z < indoeuropeo *gr u̯[hₓ]d- -s „grezzo“, Kluge – Seebold [² 2002: 375, cfr. 373]); all’interno di uno stesso sistema, l’esistenza di varianti irregolari costituisce una difficoltà, come nel caso del latino gr ssŭs rispetto a cr ssŭs (< indoeuropeo *k̥hₓt-tŏ-́ s „raggomitolato, intrecciato“, Walde – Hofmann [²1938: I 285(-286)]), ma non basta a dimostrare l’origine alloglotta dei lessemi in esame. Come argomentato al § 1., il confronto tra l’antico indiano b ūk - e l’italoromanzo buco unisce la (almeno parziale) identità semantica e vicinanza formale con il conforto (mancante al confronto groß ÷ gr ssŭs) di una serie di altre corrispondenze parallele tra lessemi italoromanzi inizianti per /b/ e antecedenti indoeuropei (indipendentemente ricostruiti) con /b / iniziale (v. nfr , Documentazione etimologica II.): si tratta quindi del riflesso di una componente genetica dell’italoromanzo (celtica, paleoligure &c.) diversa da quella ereditaria latina. Nel caso dei punti a)-c) elencati sŭpr , le alternanze /ū/ ~ /ŭ/ ~ / / e /g/ ~ /k/ ~ /kk/ dei temi *b gy- / *būgy- / *b k(k(y))- / *būk(k)- / *pūk- „pungere; perforare“ e *b gy- / *būgy- / *b k(k)(y)- / *būk(k)(y)- „tondeggiante, convesso; concavo“ vengono imputate dal Lessico Etimologico Italiano (Pfister – Crevatin [1998ab], Crevatin – Pfister [1998], Calabrò – Crevatin – Pfister [1998]) a un sostrato in apparenza non indoeuropeo; i toponimi Būc e ύ α vengono confrontati con *bŭkk „spesso, saldo, forte“ (Alessio – de Gio„caprone“ e ύ α „saldamente“, υ ( ) vanni [1983: 56-57. 192-193. 244]) e perciò attribuiti al filone ligure-siculo-sicano del sostrato mediterraneo non indoeuropeo, con alternanze /ū/ ~ /ŭ/ e /k/ ~ /kk/; l’antico indiano b ūk -, mar ṭh b ōk̃ „cavità“, b ōg̃ ḷ „cavo, sciolto“, gujar t b k, b ōk̃ „buco“, n p l b w ṅ „spaccatura, fenditura“ &c. vengono connessi con *p k -, *p kk - „buca, depressione“, hind p k „depressione, buco“ &c. e ritenuti di origine anaria per le alternanze /ū/ ~ / / ~ /õ/ e /g/ ~ /k/ ~ /kk/ (Turner [1966: 549 nº 9624. e 476 nº 8391], Mayrhofer [1997-2001: 370-371]). Si tratta quindi di un’ipotesi parallela a quella avanzata per b ūk - ÷ buco: vicinanza formale, parziale identità semantica, richiamo a casi paralleli con le medesime corrispondenze (le alternanze ‛mediterranee’ in Occidente e anarie in India), quindi ascrizione a una componente non ereditaria, in questo addirittura non indoeuropea (anche se finora non risulta che sia stato proposto di riunire in unica serie ‛indomediterranea’ non indoeuropea sia la famiglia anaria di b ūk - / *b ṅk - / *p kk - / *p k - sia quelle ‛mediterranee’ non indoeuropee di *bŭkk - / *būk - / *pŭk - nonché di *b gy- / *būgy- / *b k(k)(y)- / *būk(k)(y)- / *pūk-). A questo punto, la contrapposizione tra le proposte etimologiche indoeuropee (in direzione ereditaria per quanto riguarda l’indoario, sostratistica celto-ligure- 78 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ -messapica &c. per quanto riguarda le varietà romanze) e quelle non indoeuropee (per brevità chiamate qui ‛indomediterranee’) non risulta più un’opposizione tra primato delle leggi fonetiche e primato della semantica del confronto, ma una concorrenza tra attribuzioni alternative a componenti genetiche diverse (in un caso sempre indoeuropee, nell’altro caso sempre non indoeuropee). Come affermato fra l’altro in Borghi – Ronzitti [2005: 155 ], «se un lessema è attestato in due lingue non geneticamente connesse, può essere stato mutuato dall’una all’altra o viceversa[, d]i solito […] dalla lingua di maggior prestigio a quella di minor prestigio […]». Un criterio discriminante può essere rappresentato dalla motivazione etimologica, poiché ci si attende che il lessema condiviso risulti motivabile nel sistema della lingua di partenza (ed eventualmente non motivabile in quello di arrivo, a meno che siano intervenute reinterpretazioni paretimologiche); per tale motivo, le trattazioni dei sostrati preindoeuropei hanno costantemente insistito sull’assenza di etimologia indoeuropea per i termini indagati. Invero, la casistica prevede una serie di eventualità: 1) il lessema è motivato in una sola delle due (o più) lingue (non geneticamente connesse) che prendono parte all’isoglossa (1a: nella lingua non indoeuropea; 1b: in indoeuropeo): verosimilmente, l’origine del termine è da cercare nelle lingua in cui quest’ultimo risulta motivato; 2) il lessema appare motivato in entrambe le lingue: in tal caso, il criterio della motivazione non si applica, a meno che altri indizî permettano di riconoscere in quale delle due lingue ha avuto luogo la paretimologia (2a: nella lingua indoeuropea; 2b: in quella non indoeuropea); 3) il lessema non risulta motivato in nessuna lingua: la motivazione potrebbe essere andata perduta (3a) oppure potrebbe trattarsi di una mutuazione da una terza lingua (3b). Come si vede, il criterio ‛preindoeuropeistico’ della mancanza di etimologia indoeuropea è da un lato troppo severo, in quanto esclude il caso 2a., dall’altro troppo semplice, perché non prevede il caso 3a. Ad ogni modo, per quanto riguarda la serie b ūk - ÷ (Būc - ÷) buco ci troveremmo nel caso 1b. (il termine risulta motivato in indoeuropeo e non nel sostrato preindoeuropeo) o al massimo nel caso 2. (il termine risulta motivato in entrambe le lingue, senza possibilità di determinare in quale delle due ha avuto luogo la paretimologia) se fossero attestati termini (evidentemente connessi) di lingue non indoeuropee; dato che, al contrario, i riscontri anarî vengono solo accennati per le forme *p k -, *p kk - „buca, depressione“ (Mayrhofer [19972001: 371]: «[…] ta[miḻ] poku ‛to make a hole’, pokkai ‛little hole’, tel[ugu] bokka ‛hole’ […]») e sono totalmente assenti in tutti gli altri casi, è inevitabile concludere che non siamo in presenza di una chiara isoglossa tra lingue non geneticamente apparentate (come di regola avviene per le serie indomediterranee), bensì di un’isoglossa interna alla famiglia indoeuropea20. Quanto affermato nel testo vale per b kă-, *b ōkkă-, *b ōṅkă-², *b ōṅgă-; la serie *pōkă-, *p ōkkă&c., invece, può bensì rappresentare —forse— un’isoglossa indoario-dr̃viḍica (ma apparentemente non indomediterranea), con la precisazione che il punto di diffusione resta indeterminato (indoario, dr̃viḍico o da una terza famiglia, in sèguito scomparsa). 20 79 Guido BORGHI Naturalmente, il semplice fatto che le attestazioni dei termini in esame siano interne alla famiglia indoeuropea non è una prova dell’origine ereditaria dell’isoglossa (altrimenti sarebbe incoerente sostenere che buco e gli altri temi romanzi citati siano di origine non latina). A parte l’argomento dell’irregolarità delle corrispondenze (che, come visto, è ambiguo e può essere rovesciato), il criterio della mancanza di etimologia indoeuropea potrebbe costituire un indizio di origine non indoeuropea; si tratta solo di una possibilità, finché non si trova un sistema linguistico che permetta di fondare positivamente un’ipotesi etimologica concreta, purtuttavia l’indizio sarebbe già abbastanza forte se risultasse effettivamente impossibile formulare in modo corretto alcuna ipotesi etimologica indoeuropea. Di certo, comunque, questo non è il caso di b ūk - < *b ŭhₓk - > buco e delle altre etimologie indoeuropee proposte in Borghi – Ronzitti [2005], che non si limitano ad appoggiarsi al fatto di riguardare esclusivamente lessemi attestati solo in lingue indoeuropee, bensì fanno riferimento a radici indoeuropee e regole di formazione di parola (o —meglio— di sintagmi modulari, nel caso dell’indoeuropeo preistorico ricostruito) già note in precedenza e indipendentemente dalla questione in esame, rispettano in dettaglio tutte le leggi fonetiche conosciute (senza lasciare punti non spiegati e senza neppure avanzare nuove proposte, tantomeno d h c) e postulano, per giustificare l’origine delle forme romanze, dinamiche interlinguistiche di persistenza lessicale nelle varietà di latino locale da sostrati preromanzi ben noti e attestati (celtico, messapico) o —nel peggiore dei casi (‛paleoeuropeo’, componente anatolica dell’etrusco)— fortemente richiesti dalla documentazione; in aggiunta, le stesse etimologie indoeuropee rientrano in un quadro ricostruttivo in grado di spiegare con i medesimi postulati (origine indoeuropea attraverso sostrati preromanzi), senza residui e secondo lo stesso rigore di metodo, anche tutte le altre numerose famiglie lessicali romanze in precedenza attribuite —pur senza indicazione di chiari riscontri anarî— a sostrati ‛mediterranei’ non indoeuropei (v. . g. nfr , Documentazione etimologica, III.). Di fronte a ciò, le attribuzioni dei temi b ūk - / *b ṅk - / *p kk - / *p k -, *bŭkk - / *būk - / *pŭk - e *b gy- / *būgy- / *b k(k)(y)- / *būk(k)(y)- / *pūk- a sostrati ‛indomediterranei’ anarî non presentano alcuna connessione evidente con lessemi di lingue non indoeuropee né quindi fanno riferimento a radici estranee all’indoeuropeo, bensì sempre a radici la cui anarietà è indiziata soltanto dall’argomento ambiguo e controvertibile delle irregolarità nelle corrispondenze fonetiche; non riguardano neppure, in nessun caso, lessemi di cui sia impossibile formulare un’etimologia indoeuropea (anzi, nel caso specifico le etimologie indoeuropee risultano totalmente conformi a tutti i requisiti di correttezza); al livello di analisi della morfologia lessicale, fanno ricorso a regole di formazione di parola completamente identiche a quelle accertate per il sistema indoeuropeo; postulano sempre sostrati non documentati; evidentemente non possono neppure aspirare a fornire, con i proprî postulati, una spiegazione alternativa coerente (una linguistica ‛indomediterranea’ sostitutiva di tutta l’indoeuropeistica) per tutti gli altri materiali (l’intero c rpŭs della documentazione delle lingue indoeuropee) su cui è fondata l’ipotesi concorrente (quella di Borghi – Ronzitti [2005]); si limitano pertanto a mettere a confronto, per ragioni soprattutto semantiche, la serie b ūk - / *b ṅk -, 80 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ *būk - e *būk(k)(y)- con i diversi temi *b k(k)(y)-, *b gy-, *būgy-, *bŭkk -, *pŭk / *pūk- / *p k - e *p kk -, giustificandone i rapporti formali sulla base dell’individuazione di identiche corrispondenze fonetiche (‛(indo)mediterranee’) in altri confronti —precedentemente riconosciuti— tra lessemi di cui era stata dichiarata la refrattarietà a qualsiasi etimologia indoeuropea. Dato che tali corrispondenze fonetiche sono, almeno in parte, effettivamente osservabili nella serie indomediterranea sinora più rigorosamente dimostrata (v. Belardi [1954]), ne consegue che le ipotesi etimologiche indomediterranee proposte o proponibili per i lessemi oggetto delle presenti note possono avere, per quanto riguarda la regolarità a livello fonologico, un valore paragonabile a quello delle ipotesi etimologiche indoeuropee qui sostenute per i medesimi lessemi; sono indistinguibili da queste ultime per quanto riguarda il livello morfologico derivazionale; sono invece incontrovertibilmente meno rigorose delle ipotesi indoeuropee per quanto riguarda tutti gli altri aspetti (appartenenza genealogica delle lingue da cui è tratta la documentazione; affidabilità delle radici lessicali di riferimento; grado di attestazione dei sostrati presupposti; capacità di fornire spiegazioni alternative coerenti di tutto il restante materiale su cui si fonda l’ipotesi concorrente). 3.7. Grado di ‛evidenza’ dell’etimologia b kă- < *b h k - > buco Belardi [1999: 2] ha scritto: «La linguistica glottologica indoeuropea, pervenuta com’è a questo scorcio di secolo, non è più nella sua fase sorgiva. Le etimologie evidenti sono state già tutte acclarate. È su quelle per niente affatto evidenti che talvolta si discute ancora. […] ¶ Il fattore tempo, dagli inizi della glottologia indoeuropea ad oggi, comincia adesso a svolgere un ruolo diacritico che in passato non gli poteva competere: il fatto stesso che, lungo il decorso del tempo, su certe questioni etimologiche le proposte di spiegazione si vadano continuamente accumulando, finendo per smentirsi ed elidersi a vicenda, è la prova indiretta di una verità della quale occorre prendere atto: tali questioni non si prestano a un gioco serio, a meno che gli stessi termini del gioco non cambino radicalmente. ¶ Se agli albori e nei tempi verdi dell’indoeuropeistica poteva sembrare legittimo portare avanti tentativi a base di pure ipotesi, tanto era allora importante guardarsi intorno, saggiare la consistenza del terreno e tentare comunque ogni percorso, oggi, acquisita una certa maturità, non sembrerebbe più ragionevole moltiplicare all’infinito i tentativi, a meno che, s’intende, non venga scoperto un nuovo dato oggettivo di conoscenza, in base al quale reimpostare ex novo il problema, ed avviare, quindi, il discorso verso prospettive prima impensate e suggerire nuove conclusioni. ¶ Nella scienza conviene essere sempre disponibili a rivedere le proprie posizioni quando si acquisisca un dato che per la sola sua presenza metta in crisi l’organizzazione dei dati noti in precedenza, operata da una teoria del passato. Nel campo dell’etimologia indoeuropea genealogica, però, non c’è da attendersi che possano venire alla nostra conoscenza grandi quantità di dati oggettivi nuovi. Lo scopribile è stato già quasi tutto scoperto. Solo alcune aree linguistiche non sono state ancora esplorate a dovere, o per difficoltà oggettive (per esempio, varie aree del settore iranico, neopersiano compreso) o perché sono aree di più recente accessione (ittito, tocario, varie lingue residuali). ¶ Si potrebbe dire, in sostanza, che nelle ricerche indoeuropeistiche di etimologia il fattore tempo (t) sta diventando una funzione essenziale per la valutazione della verisimiglianza/inverisimiglianza di una data spiegazione etimologica ipotetica (H) in sé stessa, secondo che tale spiegazione resti perennemente salda e ferma, senza concorrenti, nella 81 Guido BORGHI opinione comune degli studiosi, i quali non trovino motivo di respingerla o di sostituirla con altra, ovvero che questa spiegazione venga a far parte, con altre in concorrenza, di una quantità (Q) di spiegazioni divenuta notevole. ¶ Nell’indoeuropeistica l’ormai avvenuto incremento consistente del fattore t (oltre centocinquanta anni di rinnovate ricerche) fa scadere di valore H, quando Q di H, relativo ad un unico tema-oggetto, sia grande e le sue unità numeriche continuino ad apparire incessantemente lungo tutto il crescere del valore del fattore t, senza che il loro moltiplicarsi sia legittimato da un mutamento del quadro degli elementi oggettivi di giudizio. […]» La citazione è tratta da un capitolo il cui contesto è chiaramente fissato dal titolo: «Il caso del nome dei Centauri: uno ῆ inesauribile di etimologie improbabili»; non riguarda dunque, propriamente, né l’etimologia romanza in generale né tantomeno alcuno dei singoli lessemi connessi alla questione dell’origine di buco, tuttavia le considerazioni generali espresse si prestano a essere applicate al caso di una discussione che, dalla proposta di Salvioni [1902-1904-1905: 291-292] (buco < *B C < *U C < u cŭŭs) a oggi, ha visto la contrapposizione di due tesi latine (la precedente e quella di būc ≅ bŭcc ), una sostratistica parzialmente in direzione non indoeuropea (nel Lessico Etimologico Italiano) e una sostratistica interamente indoeuropea (Borghi – Ronzitti [2005]), quest’ultima al contempo intesa a riasserire con nuovi argomenti l’origine indoeuropea di b ūk - (in opposizione alla tesi anaria), inclusa la sua connessione —precedentemente proposta e poi abbandonata— con f uc s. A tutta prima, infatti i cento e più anni di t (1905-2006) sembrano «far scadere di valore H» (= Borghi – Ronzitti [2005]) in quanto «Q di H, relativo a [due] temi-oggetto» (buco e b ūk -), continua a crescere (cfr. Alinei [in st.]) «senza che […] il quadro degli elementi oggettivi di giudizio» sia sostanzialmente mutato. Per smentire questa impressione, occorre mostrare a) che i 101 anni di t hanno, nelle discussioni di sostratistica preromanza, un valore inferiore a quello loro proprio nella media degli studî indoeuropeistici, b) che la crescita di Q è ancora al di sotto del livello richiesto dal tema-oggetto e c) che il quadro degli elementi di giudizio è, sia pur di poco, mutato quanto basta per impostare di nuovo la questione. a) È innegabile che, nella media degli studî indoeuropeistici, la diminuzione del peso proporzionale della disciplina all’interno della linguistica sia stata ampiamente controbilanciata dal grande aumento del numero assoluto di studiosi, di modo che effettivamente il fattore t è divenuto rilevante nell’inquadramento delle questioni etimologiche (anche se bisogna tener presente che, se da un lato le etimologie ‟immediatamente evidenti” sono in gran parte già acclarate, dall’altro la maggior parte del lavoro di sistemazione della materia —dizionarî etimologici di alcune lingue, integrazione dei dizionarî onomasiologici, sinossi del lessico per classi genealogiche, repertorî completi delle procedure di formazione di sintagmi modulari— deve essere ancora svolta21). Tuttavia, l’aumento assoluto dei romanisti è giunto solo 21 Lo studio delle lingue indoeuropee scoperte nel XX. secolo ha come conseguenza anche il riconoscimento di nuove radici preistoriche, per esempio *dĕu̯p- „legare“ (quindi diversa dall’omofona *dĕu̯p- „rumore, colpo sordo“, Walde – Pokorny [1930: 781-782], Pokorny [1959: 221-222]) per l’equazione tra l’ittito tu-up-ra- (hăpăx, KUB 60, n. 157 = Bo 2490 II 11') „legato“ o un tipo di „male“ non meglio precisato (Tischler [1994: 453]) = /tūṕ răs/ (< indoeuropeo *dŏú ̯p-rŏ-s / *dŏú ̯p-rŏ-s) o /t prāś / (< indoeuropeo *dŏu̯p-rŏ-́ s / *d p-rŏ-́ s) e il tedesco Zauber „magia“ < protogermanico *tău̯ƀră-z, *tău̯fră-z 82 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ di recente a combinarsi con l’aumento assoluto degli indoeuropeisti, specialmente —al Lessico Etimologico Italiano— nella persona di Uwe Schmidt; in precedenza, la massima figura di romanista, sostratista e indoeuropeista è stata per decenni quella di Johannes Hubschmid, ma, per il resto, la stessa consultazione dei repertorî etimologici del celtico comune (come Stokes – Bezzenberger [1894])22 e dell’indoeuropeo preistorico (Walde – Pokorny [1927-1930], Pokorny [1959-1969], Mann [19841987†])23 pubblicati prima dell’attuale iperbolica fioritura sembrava non rientrare nell’orizzonte del lavoro etimologico romanistico (lessicale e toponomastico), a eccezione delle pur approfondite trattazioni del sostrato gallico dal punto di vista della linguistica romanza (da Thurneysen [1870] a Billy [1995], . g. Müller [1986]). b) Ogni lessema romanzo non fornito di etimo evidente (anzitutto latino, ma anche greco o germanico o celtico comune o slavo o arabo &c.) richiede che vengano poste a confronto le migliori ipotesi in direzione latina, greca, germanica, celtica, slava, araba &c.; la quantità Q deve quindi comprendere almeno un’ipotesi in ciascuna di queste direzioni, perciò Q di H nel caso di buco è attualmente molto bassa (Falk – Torp [ 1909: 151], Kluge – Mitzka [¹ 1960: 877]) < indoeuropeo *dŏu̯prŏ-́ s „legatore“ / *dŏú ̯prŏ-s „legamento“ (o un tipo di male *dŏu̯p-rŏ- ← *d(ĕ)up-rŏ-). Nuove radici indoeuropee possono essere richieste anche dal riesame di lessemi già noti: così √*bĕk- „± pungere“ oppure „curvatura“ → *bĕk-nŏ-́ s, *bŏk-nắ·h  „becco, bocca“ > gallico *bĕkkŏ-s „becco“ (Bolelli [1941: 151], Delamarre [2001: 60 = ²2003: 70], cfr. Pokorny [1959: 481]; > latino bĕcc s „becco“, Walde – Hofmann [³1938: I 99]) e gallico bocca /bŏkkā/ „bocca“ (Delamarre [2001: 69 = ²2003: 80]), v. īnfrā (Documentazione etimologica, I.c.); così forse anche √*b ĕh  u̯k- „cavità?“ → *b ăh  u̯kĕi ̯(h ?)ĕs (> latino făucēs), *b h  k-ŏ- / *b h  k-ă·h  (> preromanzo *b kŏ- / *b kā „buco, buca“, tema nº 7.) e *b h  k-n-ŏ-́ (> paleoligure *b kkŏ- > italoromanzo bucco „bucato“, tema nº 8.), v. ĭbīdĕm e s prā, § 1. 22 Per quanto ha attinenza con i temi raccolti in Pfister – Crevatin [1998ab], Crevatin – Pfister [1998] e Calabrò – Crevatin – Pfister [1998], l’onomastica celtica antica continentale attesta elementi che si prestano a confronti formalmente ineccepibili e semanticamente interessanti. L’oronimo (Pt l. Geogr. II 11, 5), se celtico (Holder [1904: 535-536]), può avere come secondo elemento un lessema celtico *bŏkŏ- „punta“ (< indoeuropeo *bŏk-ŏ- / *bh  ŏk-ŏ- ← √*bĕk- „pungere“? / √*bh  ĕk- „battere, pungere“, Pokorny [1959: 93]), da cui deriverebbe anche il tema protoromanzo nº 1. della serie qui in esame, *bŏkŏ- (> lombardo boeugh „buco“), oppure un omofono lessema celtico *bŏkŏ- „gonfiamento“ (cfr. Monard [2000 / 2001: 50]; < indoeuropeo *bŏk-ŏ- ← √*bĕk- „arcuato“?) > „ciottolo“ > tema nº 14. *bŏkŏ- („ciottolo“). ❧ L’idronimo francese Buisin < Busia (Holder [1907: 1009]) può contenere un lessema celtico *bŏusi ̯ŏ- (< indoeuropeo *b ĕu̯s-i ̯ŏ- / *b ŏu̯s-i ̯ŏ- ← √*b ĕu̯s- „gonfiarsi“, Pokorny [1959: 100-101]) che costituirebbe l’antecedente del tema nº 11. *b si ̯ŏ- (> lombardo bus). ❧ L’idronimo paleoligure B d ncŭs „Po“ (Pl n. n.h. III 1, 22), confrontato col celtico (gallico) *b di ̯ - „giallo“ (Hubschmied [1939: 214-215], per il colore delle acque del Po; *b di ̯ - > irlandese antico buide, v. Stokes – Bezzenberger [1894: 176], Vendryes – Bachellery – Lambert [1980: B-113]), potrebbe essere motivato anche dal paleoligure (nonché paleoeuropeo idronimico) *bŏdi ̯ŏ- „relativo a uno scavo, erosione“ (< indoeuropeo *b ŏd -i ̯ŏ- ← √*b ĕd - „pungere, scavare“, Pokorny [1959: 113-114]) ricostruito per il tema nº 6. *bŏdi ̯ŏ- (> toscano bozzo „pozzanghera“) o da un ipotetico celtico *bŏdi ̯ā „(acqua) caratterizzata da gonfiamento“ (< indoeuropeo *bŏd-i ̯ă·h  ← √*bĕd- „gonfiar(si)“, Pokorny [1959: 96]) ricostruito per il tema nº 18. *bŏdi ̯ă- (> lombardo alpino bògia „sasso“, „pancia“, „recipiente“, „gruppo di persone“). ❧ L’elemento *bŏgi ̯ŏ-, ben attestato nell’onomastica celtica antica, rappresenta sicuramente il celtema *bŏgi ̯ŏ- „distruttore“ (Delamarre [2001: 70 = ²2003: 81-82]) negli antroponimi leponzî e gallici cisalpini, ma in altre formazioni potrebbe riflettere un omofono *b gi ̯ - „buco“ (< indoeuropeo *b ŏg-i ̯ŏ← √*b ĕg- „rompere“, Pokorny [1959: 114-115]) all’origine del tema nº 3. *bŏgi ̯ŏ- (> lombardo occidentale boeugg „buco“). 23 Etimologie indoeuropee di relitti preromanzi sono invece normali per quanto riguarda i sostrati di area retica (Jokl [1946]; Anreiter [2000]) e il dacio (Reichenkron [1966]). 83 Guido BORGHI (tre ipotesi complessive tra latino e celtico —dato che l’etimo bŭcc può essere contato per entrambi— e una germanica; nessuna ipotesi greca, slava o araba). Se la fonetica storica permettesse di ricostruire più antecedenti ugualmente possibili, la quantità minima di Q richiesta dal tema-oggetto aumenterebbe ulteriormente; nel caso di buco / buca, tuttavia, l’antecedente protoromanzo è pressoché unico (BỤCŲ- / BỤCA-; B C < *U C < u cŭŭs è irregolare) e ciò rende ancor più circoscritta la ricerca dell’etimo. c) È abbastanza consueto che una nuova proposta etimologica istituisca un confronto in precedenza non considerato (in questo caso quello tra buco e b ūk -), dunque ciò non è sufficiente a rappresentare un mutamento del quadro degli elementi oggettivi di giudizio. Lo stesso sviluppo della teoria laringalistica dell’indoeuropeo —la quale potrebbe invece essere considerata un effettivo mutamento del quadro degli elementi di giudizio24— non ha rilevanza per l’etimologia buco < *b ŭhₓk - > b ūk -, perché la laringale in *b ŭhₓk -, in quanto non ulteriormente determinata come */h / o */h / o */h / o */h / (solo per ragioni etimologiche si specifica *b ŭhₓk come *b ŭh  ?k - ← √*b u̯ h  ?-), equivale del tutto al fonema */ə/, già largamente impiegato nella ricostruzione ottocentesca dell’indoeuropeo: il confronto tra b ūk < *b ŭə̯-k - e f uc s < *f u̯ k i ̯ s < *f u̯ k i ̯ s < *b u̯ə-( )k- i ̯- s avrebbe potuto pertanto essere dimostrato (a parte la riconduzione del suffisso - k- alla ‛colorazione’ di - k- da parte della laringale finale della radice √*b u̯h  ?- ÷ √*b u̯h  ?-: *b u̯h  ? k i ̯(h ?) s < *b u̯h  ?- k- i ̯-(h ?) s) già dalla prima formulazione, anch’essa largamente prelaringalistica, della Legge di Thurneysen – Havet. L’individuazione della componente indoeuropea (o addirittura celtica) del paleoligure, la dimostrazione della celticità del leponzio (prima ritenuto ligure non indoeuropeo) e soprattutto il grande sviluppo della linguistica anatolica (ricordata infatti a tale proposito da Belardi [1999: 2 cit.]) e il circolo virtuoso instauratosi in rapporto con la ricostruzione dell’indoeuropeo (mentre in precedenza le lingue ‛asianiche’ rappresentavano la documentazione più ricca di temi ‛mediterranei’), con conseguenze — fra l’altro— sulla questione genealogica dell’etrusco (lo studio del quale, in connessione con la sostratistica preromanza, era anch’esso stato all’origine della linguistica ‛mediterraneistica’), hanno invece mutato in profondità il quadro di riferimento delle discussioni sui sostrati prelatini e preromanzi25 e quindi, sia pur indirettamente, L’alternanza ritenuta ‛mediterranea’ tra occlusiva sorda e sonora (/k/ e /g/) in *kălā / *gālā „sasso“ si può spiegare in prospettiva indoeuropea laringalistica (attraverso la fonetica storica celtica): *kălā / *gālā < *kə̥l̆ -ā ́ / *gōl-ā < *kə̥̆ l-ắh  / *gōl-ăh  < *kh ōl-ăh  ← √*kh ĕl- (√*kăl-) „duro“. Anche il vocalismo di *mălgā „pascolo alpino; casa con stalla“ può essere spiegato con un antecedente *mölg̑ -ā ́ < *h  ml ̥g̑ -ắh  ← √*h  mĕlg̑ - „fare il latte“ (Rix ĕt ăl. [²2001: 279]) (senza quindi dover ricorrere all’ipotesi di un sostrato indoeuropeo caratterizzato dalla trasformazione ‛anticeltica’ —ossia incompatibile con gli sviluppi celtici— */ŏ/ > */ă/: √*mĕlg̑ - → *mŏlgā > *mălgā) solo grazie al contesto di quattro consonanti (con occlusiva sonora modale finale, cfr. Schrijver [2005: 143-144]), ottenibile appunto con la laringale iniziale attestata dal continuante greco (ἀ ). 25 Cfr. per esempio l’equabilità tra l’ittito appešša(r), appešnaš „parte del corpo“ (Rieken [1999: 387]) < *h ăp-ĕs-̥, *h ăp-ĕs-n-(ŏs) „giuntura“ ← √*h ăp- „congiungersi, essere adatto“ (Pokorny [1959: 5051], Rix ĕt ăl. [²2001: 269]) e il derivato sul medesimo tema indoeuropeo (*h ăp-ĕs-n- →) *h ăp-ĕs·n-ĭ·h / n·ŏ-s „che è relativo (*-ĭ-h n-ŏ-) / che ha (*-ĭ-h n-ŏ-) la ramificazione“ > indoeuropeo tardo *ăp-ĕsn-īnŏ-s „giogaia“ > paleoligure /Ăpĕnnīnŏ-s/. 24 84 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ contribuito alla trasformazione del confronto tra b ūk - e buco in etimologia ‟immediatamente evidente”: di fronte all’identità semantica, quella formale implica l’attribuzione di *būk - a una componente non ereditaria dell’italoromanzo, nella quale il fonema indoeuropeo */b / abbia avuto come esito */b/, dunque al celtico (accertato come componente non ereditaria delle lingue romanze almeno da Thurneysen [1870]), al paleoligure appenninico (la cui componente indoeuropea è risultata incontestabile dopo Petracco Sicardi [1959] e Devoto [1962]), al daunio-peucezio-messapico, allo strato idronimico paleoeuropeo in area centroappenninica (Krahe [1951-1952: 228-230; 1959: 22-23]) e alla componente anatolica dell’etrusco (per la quale è imprescindibile, in un quadro aggiornato dell’anatolistica indoeuropea oltre che dell’etruscologia, Steinbauer [1999: 366-389]); solo grazie al completamento della giustificazione areale in termini sostratistici l’equazione b ūk - = buco ha potuto essere presentata entro un quadro protostorico plausibile e venire quindi valorizzata come isoglossa indoeuropea tra indoario e varietà indoeuropee di area mediterranea. 85 Guido BORGHI Documentazione etimologica I.a. Temi prelatini trattati in Pfister – Crevatin [1998ab], Crevatin – Pfister [1998], Calabrò – Crevatin – Pfister [1998] 1) *b k - > lombardo boeugh [ˈbøːk] „buco“ &c. (gallo-italico e toscano, Pfister – Crevatin [1998a: 499-500]); 2) *b kk - > lombardo orientale bòccol bòcul [ˈb k l] „pertugio“ &c. (gallo-italico e ladino veneto, b d. 497-499); 3) *b gi ̯ - > lombardo occidentale boeugg [ˈbøʧ] „buco“ &c. (gallo-italico, ladino veneto, veneto [centro-settentrionale e veneziano con Grado] e, separatamente, nell’area del Trasimeno, Crevatin – Pfister [1998: 579-589]); 4) *b gi ̯ - > lombardo alpino boeugia bögia [ˈbøːʤ ] „buca, pozzanghera, recipiente“ &c. (gallo-italico, ladino centrale e veneto, Calabrò – Crevatin – Pfister [1998: 744-747]); 5) *b gl - > ligure bögiu [ˈbœʤu] „buco“ (Crevatin – Pfister [1998: 583]); 6) *b di ̯ - > toscano bozzo „pozzanghera“ &c. (lunigiano, toscano, còrso cismontano, Calabrò – Crevatin – Pfister [1998: 757-758]); 7) *būk - > toscano buco „buco (artificiale)“, buca &c. (antico o marginale in gallo-italico; badiotto; toscano, umbro occidentale e meridionale, romanesco, laziale meridionale, abruzzese, molisano, pugliese settentrionale, salentino, siciliano, Pfister – Crevatin [1998a: 501-541]); *būk - > toscano buco „pozzo, pozza“ &c. (incluso in un lemma diverso dal precedente), *būk - > toscano buca „buca (naturale)“ (toscano, umbro settentrionale, marchigiano settentrionale, romagnolo e istriano, Pfister – Crevatin [1998b: 569-570]); 8) *būkk - > umbro occidentale bucco „poroso“ (per il resto pugliese centro-settentrionale, napoletano, lucano nordorientale e salentino settentrionale, ma formalmente difficoltoso, Pfister – Crevatin [1998a: 500-501]); 9) *būgi ̯ - (o *būdi ̯ -) > toscano bugio „buco“ &c. (gallo-italico, ladino anaunico, dolomitico e veneto, veneto, bisiacco, istroveneto; toscano, còrso, italoromanzo centromeridionale e meridionale26, Crevatin – Pfister [1998: 589-649]; Calabrò – Crevatin – Pfister [1998: 783-786]); 10) *būgl - > savonese bügiu [ˈbyʤu], lombardo occidentale (Galliate [Novara]) bug [ˈbyːʧ] „buco“ (Crevatin – Pfister [1998: 614]); 26 Le forme salentine e calabresi meridionali in Crevatin – Pfister [1998: 616] riflettono il tema 11. *b si ̯ŏ-; se non sono mutuazioni relativamente tarde (per la conservazione di /#b/ protoromanzo), vanno riferite all’etimo 11/1 (italico *bŏusi ̯ŏ- < indoeuropeo *bĕu̯s-i ̯ŏ- / *bŏu̯s-i ̯ŏ-) „concavità (naturale)“ (p. e. un tronco vuoto) < „convessità (naturale)“ < „rotondità“ < „gonfio“ (Pfister – Crevatin [1998b: 570], Calabrò – Crevatin – Pfister [1998: 798]) ← √*b ĕu̯s- „gonfiarsi“ (Pokorny [1959: 100-101]). In Borghi – Ronzitti [2005: 160, nº 9., ll. 3-4] bisogna quindi espungere l’attribuzione «salentino, calabrese meridionale» (i temi 9. e 11. sono trattati in forma sistematicamente unificata da Crevatin – Pfister [1998] e, data l’impostazione semantico-derivazionale dell’articolo, non è agevole ricavarne un quadro geolinguistico): l’espunzione è importante perché elimina le uniche attestazioni areali non conciliabili con la fonetica storica richiesta dai sostrati preromani per giustificare gli etimi proposti in Borghi – Ronzitti [2005: 164-168], v. s prā § 2. e īnfrā, Documentazione etimologica I.b. 86 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ 11) *būsi ̯ - > lombardo bus [ˈbyːz], veneto buso, centromeridionale vuscio „buco“ &c. (gallo-italico, ladino anaunico, dolomitico e veneto, veneto, bisiacco, istroveneto; toscano, còrso, italoromanzo centromeridionale e meridionale, salentino, calabrese meridionale, b d. 589-649); 12) *b k - > alpino bòva „canale“ &c. (lombardo spec. alpino e trentino, ladino anaunico, dolomitico e veneto, trentino veneto, veneto e istroveneto; punti isolati in Emilia occidentale e Lunigiana, Pfister – Crevatin [1998b: 557-563]); 13) *b k(k)i ̯ - > toscano bòccio „spina“ &c. (lombardo occidentale e alpino, piemontese, emiliano occidentale, ligure, lunigiano, toscano, Crevatin – Pfister [1998: 573-579]); 14) *b k(k) - „ciottolo“ > toscano bòcco „grossa noce“, bòccolo &c. (gallo-italico, ladino centrale, veneto, bisiacco, istroveneto, toscano, centro-meridionale, meridionale, siciliano, Pfister – Crevatin [1998b: 545-557]); 15) *b kl - > toscano bocchia „ciottolo, palla“ &c. (prevalentemente lunigiano e garfagnino; un’attestazione veneziana, cfr. Calabrò – Crevatin – Pfister [1998: 741-742]); 16) *b k(k)i ̯ - > toscano boccia „boccia“ &c. (Calabrò – Crevatin – Pfister [1998: 654-713]); 17) *b ti ̯ - > toscano bozza „rotondità“ &c. ( b d. 713-741); 18) *b di ̯ - > lombardo alpino bògia „sasso“, „pancia“, „recipiente“, „gruppo di persone“, toscano „macchia sulla pelle“ &c. (gallo-italico, ladino centrale, veneto, toscano, b d. 742-744; 747-758); 19) *būkl -, *būkl - > toscano bucchio, bucchia „scorza“ &c. ( b d. 775-778); 20) *būkk - > italiano centrale bùccolo „bòccolo“ &c. (v. Pfister – Crevatin [1998b: 563-564]); 21) *būkki ̯ - > toscano buccia „buccia“ &c. (Calabrò – Crevatin – Pfister [1998: 759-775]); 22) *būgi ̯ - (o *būdi ̯ -) > toscano buzzo „ventre“ &c. ( b d. 779-783. 787-797); 23) *pūk - > puca „pungiglione, spina“ &c. (meridionale [non estremo]; laziale meridionale e romanesco, Pfister – Crevatin [1998a: 541]). I.b. Etimologie indoeuropee degli stessi temi, ordinati per aree e per sostrati preromani ipotizzati Due temi sono attestati dalle Alpi alla Sicilia; dato che le evoluzioni storico-fonetiche postulate caratterizzano sia le lingue italiche che quelle celtiche, è legittimo ipotizzare che si tratti di un’isoglossa ‛italo-celtica’: • 14) protoromanzo *b k - („ciottolo“) < celtico (oronimico) / italico *b k - < indoeuropeo *b k- - ← √*b k- „arcuato“? • 14b s) protoromanzo *b kk - („ciottolo“) < celtico / italico *b kk - < indoeuropeo *g t-k - ← √*g t- „gonfiar(si)“ (Pokorny [1959: 481]) oppure, solo attraverso la mediazione del celtico *b kk -, dall’indoeuropeo *b k-nŏ-́ ← √*b k„arcuato“ (la stessa radice del nº precedente). 87 Guido BORGHI Un terzo tema risulta diffuso su un’area che comprende tutto l’italoromanzo (inclusa la Corsica, ma esclusa la Sicilia) e l’intera Cisalpina; se la radice indoeuropea cui viene ricondotto presentava in posizione iniziale il fonema */#b/, si può ipotizzare anche in questo caso che si tratti di un’isoglossa ‛celto-italica’ (se, invece, la radice indoeuropea iniziava per */#b /, allora si ha la stessa situazione del tema successivo, nº 7.): • 11/1) protoromanzo *būsi ̯ - (> lombardo bus, veneto buso, centromeridionale vuscio „buco“) < celtico (idronimico) / venetico, italico *b usi ̯ - < indoeuropeo *b u̯s-i ̯ - / *b u̯s-i ̯ - (o solo *b u̯s-i ̯ - / *b u̯s-i ̯ - se non celtico) „concavità (naturale)“ ( . g. un tronco vuoto) < „convessità (naturale)“ < „rotondità“ < „gonfio“ (Pfister – Crevatin [1998b: 570], Calabrò – Crevatin – Pfister [1998: 798]) ← √*b u̯s- „gonfiarsi“ (Pokorny [1959: 100-101]). Il tema che costituisce il principale oggetto del presente articolo presenta un areale spiegabile, nella prospettiva etimologica considerata (da una radice indoeuropea con */#b / iniziale), solo attraverso l’ipotesi di un’isoglossa celto-daunio-messapico-indoaria, verosimilmente estesa anche al sostrato preromano alpino orientale, allo strato ‛paleoeuropeo’ in Italia centrale e forse anche al sicano e all’anatolico; altrettanto vale per i due etimi possibili per il tema nº 9. (di areale coincidente in larga misura col precedente, nº 11/1.): • 7) protoromanzo *būk - (> toscano buco „buco“, „pozzo, pozza“), *būk - (> toscano buca „buca“) < (protoanatolico?), (sicano?), messapico, daunio, ‛paleoeuropeo’ appenninico, preromano alpino orientale, celtico (gallico, ligure) *būk - / celtico (gallico, carnico?) *būk < indoeuropeo *b ŭh  k - / *b ŭh  k ·h  ← √*b u̯ h  - „divenire“ / √*b h  u̯k- „cavità?“; • 9) protoromanzo*būgi ̯ - (> toscano bugio „buco“) < (protoanatolico *būgi ̯ - < *b u̯gi ̯ -?), (sicano?), ‛paleoeuropeo’ appenninico, celtico (gallico, carnico, ‛orobico’, ligure) *b u̯gi ̯ - < indoeuropeo *b u̯g -i ̯ - / *b u̯g -i ̯ - (± „cavità“?) ← √*b u̯g - „piegare“ (Pokorny [1959: 152-153]); • 9b s) protoromanzo *būdi ̯ - („buco“) < (protoanatolico *būdi ̯ - < *b u̯di ̯ -?), (sicano?), ‛paleoeuropeo’ appenninico, celtico (gallico, carnico, ‛orobico’, ligure) *b u̯di ̯ - (con omofoni) < indoeuropeo *b u̯d -i ̯ - / *b u̯d -i ̯ - ← √*b u̯d - „scavare“ (Pokorny [1959: 174]). Se alla base del tema alpino bòva „canale“ si ricostruisce una sequenza *b k -, la fonetica storica permette di pensare sia a un’origine celtica che a una venetica: • 12/1) protoromanzo (alpino)*b k - (> alpino bòva „canale“) < celtico o italico (venetico?) *b k < indoeuropeo *b k- ·h  ← √*b k- „pungere“? / *bh  k- ·h  ← √*bh  k- „battere, pungere“ (Pokorny [1959: 93]). Per la medesima ragione, le stesse possibilità si hanno per il seguente tema, il cui areale, tuttavia, induce a propendere per l’ipotesi di un’origine celtica: 88 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ • 1) protoromanzo (galloitalico)*b k - (> lombardo boeugh „buco“) < celtico o italico *b k - < indoeuropeo *b k- - / *bh  k- - ← √*b k- „pungere“? / √*bh  k- „battere, pungere“ (Pokorny [1959: 93]). Il gruppo più numeroso di temi richiede, per areale (galloitalico o alpino) e per fonetica storica implicata dalla proposta etimologica (/#b/ < indoeuropeo */#b /), di ipotizzare una mediazione da parte di sostrati celtici: • 2) protoromanzo (galloitalico)*b kk - (> lombardo orientale bòccol „pertugio“) < celtico *b kk - (sostituito in celtico insulare per omofonie) < indoeuropeo *b k-nŏ-́ / *bh  k-nŏ-́ ← √*b k- „pungere“? / √*bh  k- „battere, pungere“ (Pokorny [1959: 93]); • 3) protoromanzo (galloitalico)*b gi ̯ - (> lombardo occidentale boeugg „buco“) < celtico *b gi ̯ - (con omofoni) < indoeuropeo *b g-i ̯ - ← √*b g- „rompere“ (Pokorny [1959: 114-115]); • 4) protoromanzo (galloitalico)*b gi ̯ - (> lombardo alpino boeugia „buca, pozzanghera, recipiente“) < celtico *b gi ̯ < indoeuropeo *b g-i ̯ ·h  ← √*b g„rompere“ (Pokorny [1959: 114-115]); • 10) protoromanzo (galloitalico)*būgl - (> savonese bügiu, lombardo occidentale bug „buco“) < celtico *b u̯gl - < indoeuropeo *b u̯g -l - / *b u̯g -l - (± „cavità“?) ← √*b u̯g - „piegare“ (Pokorny [1959: 152-153]); • 11/2) protoromanzo*būsi ̯ - (> lombardo bus) < celtico *b udsi ̯ - < indoeuropeo *b u̯[h  ?]·d-s-i ̯ - / *b u̯[h  ?]·d-s-i ̯ - ← √*b u̯h  ?-d- „colpire“ (Pokorny [1959: 112], v. Hubschmid [1970: 117-118])27; • 12/2) protoromanzo (alpino)*b g (> alpino bòva „canale“) < celtico *b g < indoeuropeo *b g- ·h  ← √*b g- „rompere“ (Pokorny [1959: 114-115]); • 12/3) protoromanzo (alpino)*b u „scoscendimento, smottamento, caverna“ < celtico *b u < indoeuropeo *b u̯h  - ·h  ← √*b u̯h  -, √*b u̯ h  - „abitare, essere abitualmente in un luogo“ < „crescere, nascere, divenire“ (Pokorny [1959: 146-150], Mallory – Adams [1997: 47. 236. 649], Rix t l. [²2001: 98-99]), cfr. *b ŭh  ?-k -; • 18) protoromanzo (galloitalico)*b di ̯ - (> lombardo alpino bògia „sasso“, „pancia“, „recipiente“, „gruppo di persone“) < celtico *b di ̯ < indoeuropeo *b d-i ̯ ·h  ← √*b d- „gonfiar(si)“ (Pokorny [1959: 96]). Per le stesse ragioni fonetiche e analoghe ragioni areali (diffusione su territorî che in epoca preromana erano sicuramente o probabilmente abitati da popolazioni di 27 La distribuzione geolinguistica attuale di *b si ̯ŏ-, complementare con quella di *b h  ?-kŏ-, suggerisce anche l’ipotesi che si possa trattare di una formazione corradicale da *b u̯ĕh  ?- „crescere, sorgere, diventare“ (Rix ĕt ăl. [²2001: 99]; v. s prā, § 1.): celtico *bŏu̯si ̯ŏ- < indoeuropeo *b ŏu̯[h  ?]-s-i ̯ŏ- o *b ĕu̯[h  ?]-s-i ̯ŏ- oppure celtico *b si ̯ŏ- < indoeuropeo *b h  ?-s-i ̯ŏ-, in tutti e tre i casi da un tema in -s*b ĕú ̯h  ?-ŏs (neutro, proterodinamico / proterocinetico, base derivazionale *b h  ?-ĕś -) o meglio ancora *b ĕú ̯h  ?-ōs (animato, anfidinamico / anficinetico, base derivazionale *b h  ?-s-) se non anche *b ēú ̯h  ?-ŏs (neutro, acrodinamico / acrostatico, base derivazionale *b ĕu̯h  ?-(ĕ)s-) con funzione di nōmĕn r āctăe o nōmĕn lŏcī (cfr. Stüber [2002: 199-211. 217-248]) ← √*b ĕu̯h  ?- in Schwebeablaut (qui „tema I“) con √*b u̯ĕh  ?-. 89 Guido BORGHI lingua paleoligure), i seguenti due temi si spiegano preferibilmente come lessemi liguri preromani (cfr. Calabrò – Crevatin – Pfister [1998: 801] per il nº 6.): • 5) protoromanzo*b gl - (> ligure bögiu „buco“) < paleoligure, celtico *b gl < indoeuropeo *b g-l - ← √*b g- „rompere“ (Pokorny [1959: 114-115]); • 6) protoromanzo*b di ̯ - (> toscano bozzo „pozzanghera“; lunigiano, còrso cismontano) < celtico (ligure) *b di ̯ - < indoeuropeo *b d -i ̯ - ← √*b d „pungere, scavare“ (Pokorny [1959: 113-114]). Due temi risultano di areale interpretabile come paleoligure, mentre la fonetica storica implicata dall’ipotesi etimologica (/#b/ < indoeuropeo */#b/) lascia aperta, oltre alla possibilità di una trafila celtica (ligure), anche quella di un’origine italica: • 13) protoromanzo*b k(k)i ̯ - (> toscano bòccio „spina“ e galloitalico) < celtico (antroponimico; ligure?) o italico *b ki ̯ - < indoeuropeo *b k-i ̯ - ← √*b k„pungere“? / *bh  k-i ̯ - ← √*bh  k- „battere, pungere“ (Pokorny [1959: 93]); • 15) protoromanzo*b kl - (> lunigiano, garfagnino bocchia „ciottolo, palla“) < celtico (ligure?) o italico *b kl < indoeuropeo *b k-l ·h  ← √*b k- „arcuato“ oppure < celtico *b tl / italico *b kl < *b tl < indoeuropeo *g t-l ·h  ← √*g t- „gonfiar(si)“ (Pokorny [1959: 481]); Quattro temi presentano un areale toscano o umbro occidentale, ma implicano — per le etimologie proposte— trasformazioni storico-fonetiche celtiche (/#b/ < indoeuropeo */#b / e la discussa geminazione di sequenze formate da occlusiva + nasale alveolare + vocale accentata); una situazione del genere si può spiegare attraverso l’ipotesi che si tratti di lessemi di sostrato risalenti alle lingue di tribù paleoliguri insediate nel bacino dell’Arno, fino al Casentino (cfr. Pol. II 16, 1): • 8) protoromanzo*būkk - (> umbro occidentale bucco „bucato“) < celtico (ligure) *būkk - (casuentino?) < indoeuropeo *b ŭh  k-nŏ-́ ← √*b u̯ h  - „divenire“ (cfr. nº 7.) / √*b h  u̯k- „cavità?“ (in teoria sarebbe anche possibile derivare *būkk - da un antecedente —celtico?— *b u̯kk - < indoeuropeo *b eu̯[h  ]k-nŏ-́ o *b u̯[h  ]k-nŏ-́ , da una delle medesime due radici); • 20) protoromanzo *būkk - (> italiano centrale bùccolo „bòccolo“) < celtico (ligure? Anche gallico) *b u̯kk - < indoeuropeo *b u̯k-nŏ-́ / *b u̯k-nŏ-́ ← √*b u̯k- „gonfiarsi“ (Pokorny [1959: 100]); • 21) protoromanzo *būkki ̯ - (> toscano buccia „buccia“) < celtico (ligure?) *b u̯kki ̯ < indoeuropeo *b u̯k-n-ıĭ ́ ̯ ·h  / *b u̯k-n-ıĭ ́ ̯ ·h  ← √*b u̯k- „gonfiarsi“ (Pokorny [1959: 100]); • 22/2) protoromanzo*būgi ̯ - / *būdi ̯ - (> toscano buzzo „ventre“ &c.) < celtico (ligure?) *b u̯gi ̯ - < indoeuropeo *b u̯g -i ̯ - / *b u̯g -i ̯ - ← √*b u̯g „piegare“ (Pokorny [1959: 152-153]). Un gruppo numeroso è costituito da temi di area toscana l’etimo dei quali non esclude né un’origine (para)celtica (in tal caso ligure) né un’origine italica (in altri termini, per questi temi sono possibili tre ipotesi: italo-celtica, italica, celtica ‛ligure’): 90 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ • • • • 16) protoromanzo *b k(k)i ̯ - (> toscano boccia „boccia“) < celtico (ligure?) o italico *b ki ̯ < indoeuropeo *b k-i ̯ ·h  (o celtico *b kk i ̯ < indoeuropeo *b k-n-ıĭ ́ ̯ ·h  ) ← √*b k- „arcuato“ oppure < celtico / italico *b kk i ̯ < indoeuropeo *g t-k- i ̯ ·h  ← √*g t- „gonfiar(si)“ (Pokorny [1959: 481]); 17) protoromanzo *b ti ̯ - (> toscano bozza „rotondità“) < celtico (ligure?) o italico *b ti ̯ < indoeuropeo *g t-i ̯ ·h  ← √*g t- „gonfiar(si)“ (Pokorny [1959: 481]); 19) protoromanzo *būkl -, *būkl - (> toscano bucchio, bucchia „scorza“) < celtico (ligure?) o italico *b u̯kl -, *b u̯kl < indoeuropeo *b u̯k-l - / *b u̯k-l -, *b u̯k-l ·h  / *b u̯k-l ·h  ← √*b u̯k- „gonfiarsi“ (Pokorny [1959: 100]); 22/1) protoromanzo*būgi ̯ - / *būdi ̯ - (> toscano buzzo „ventre“ &c.) < celtico (ligure?) o italico *b u̯di ̯ - / *b u̯di ̯ - < indoeuropeo *b u̯d-i ̯ - ← √*b u̯d„gonfiar(si)“ (Pokorny [1959: 99-100]). Un solo tema —l’unico a occlusiva iniziale sorda— viene interpretato con un’etimologia che implica una fonetica storica non celtica (conservazione immutata di */#p/, che tuttavia si riscontra notoriamente anche in aree paleoliguri non costiere) e, per ragioni areali, si presenta molto verosimilmente come un relitto del sostrato italico: • 23) protoitaloromanzo*pūk - (> meridionale puca „pungiglione, spina“) < italico *p u̯k < indoeuropeo *p u̯k-̑ ·h  / *p u̯k-̑ ·h  ← √*p u̯k-̑ „pungere“ (Pokorny [1959: 828]). In totale si hanno perciò tre o quattro temi che possono rappresentare isoglosse ‛italo-celtiche’ di ampia diffusione (13., 14., 14 b s., forse 11/1.) e altri tre o quattro ristretti all’area toscana (16., 17., 19., forse 22/1.); un relitto solo italico (23.); uno di attrbuzione incerta tra venetico e celtico (12/1.); da sei a nove probabili celtemi ‛ pt m iūr ’ (1., 2., 3., 4., 10., 18.; forse 11/2. e 12/2. o 12/3.); due paleoligurismi probabili (5., 6.), uno possibile (altrimenti italicismo: 15.) e tre o quattro richiesti più dalla fonetica storica implicita nell’etimologia proposta che dall’areale (8., 20., 21., forse 22/2.). Gli unici temi che, per la propria più vasta diffusione areale, obbligano a postulare un’isoglossa non limitata al solo àmbito celtico e paraceltico, ma contemporaneamente escludono una mediazione italica o venetica, sono il nº 7. (*būk -, *būk -) e le due varianti del nº 9. (*būgi ̯ -, *būdi ̯ -). I.c. Le stesse etimologie, ordinate per radici • • Da√*b d- „gonfiar(si)“ (Pokorny [1959: 96]): 18) indoeuropeo *b d-i ̯ ·h  > celtico *b di ̯ > protoromanzo (galloitalico) *b di ̯ - (> lombardo alpino bògia „sasso“, „pancia“, „recipiente“, „gruppo di persone“). Da√*b k- „arcuato“28: La radice √*bĕk- („± pungere“ oppure „curvatura“ > „becco, bocca“) non è presente in Pokorny [1959] e potrebbe essere √*gĕk- (meno verosimilmente √*b ĕk-, perché costituirebbe un caso pressoché unico di 28 91 Guido BORGHI 14) indoeuropeo *b k- - > celtico (oronimico) / italico *b k - > protoromanzo *b k - („ciottolo“); 14 b s) indoeuropeo *b k-nŏ-́ > celtico *b kk - > protoromanzo *b kk - („ciottolo“); 15) indoeuropeo *b k-l ·h  > celtico (ligure?) o italico *b kl > protoromanzo *b kl - (> lunigiano, garfagnino bocchia „ciottolo, palla“); 16/1) indoeuropeo *b k-i ̯ ·h  > celtico (ligure?) o italico *b ki ̯ (o indoeuropeo *b k-n-ıĭ ́ ̯ ·h  > celtico *b kk i ̯ ) > protoromanzo *b k(k)i ̯ - (> toscano boccia „boccia“). • Da√*b k- „pungere“29 (?) o √*bh  k- „battere, pungere“ (Pokorny [1959: 93]): 1) indoeuropeo *b k- - / *bh  k- - > celtico o italico *b k - > protoromanzo (galloitalico) *b k - (> lombardo boeugh „buco“); 2) indoeuropeo *b k-nŏ-́ / *bh  k-nŏ-́ > celtico *b kk - (sostituito in celtico insulare per omofonie) > protoromanzo (galloitalico) *b kk - (> lombardo orientale bòccol „pertugio“); 12/1) indoeuropeo *b k- ·h  / *bh  k- ·h  > celtico o italico (venetico?) *b k > protoromanzo (alpino) *b k - (> alpino bòva „canale“)30; 13) indoeuropeo *b k-i ̯ - / *bh  k-i ̯ - > celtico (antroponimico; ligure?) o italico *b ki ̯ - > protoromanzo *b k(k)i ̯ - (> toscano bòccio „spina“). • Da√*b u̯d- „gonfiar(si)“ (Pokorny [1959: 99-100]): 22/1) indoeuropeo *b u̯d-i ̯ - > celtico (ligure?) o italico *b u̯di ̯ - / *b u̯di ̯ - > protoromanzo *būgi ̯ - / *būdi ̯ - (> toscano buzzo „ventre“ &c.). • Da√*b u̯k- „gonfiarsi“ (Pokorny [1959: 100]): 19) indoeuropeo *b u̯k-l - / *b u̯k-l -, *b u̯k-l ·h  / *b u̯k-l ·h  > celtico (ligure?) o italico *b u̯kl -, *b u̯kl > protoromanzo *būkl -, *būkl - (> toscano bucchio, bucchia „scorza“); 20) indoeuropeo *b u̯k-nŏ-́ / *b u̯k-nŏ-́ > celtico (anche gallico) *b u̯kk - (ligure?) > protoromanzo *būkk - (> italiano centrale bùccolo „bòccolo“); 21) indoeuropeo *b u̯k-n-ıĭ ́ ̯ ·h  / *b u̯k-n-ıĭ ́ ̯ ·h  > celtico (ligure?) *b u̯kki ̯ > protoromanzo *būkki ̯ - (> toscano buccia „buccia“). radice in cui un’occlusiva sonora fiatata (*/b /) e una sorda (*/k/) sono entrambe contigue al punto di inserzione della vocale apofonica; √*b ŏ - in Pokorny [1959: 162] non basta a costituire un parallelo, perché potrebbe rappresentare √*b h ĕ -); viene postulata per dare ragione del gallico bocca /bŏkkā/ „bocca“ (Delamarre [2001: 69 = ²2003: 80]) in apofonia con il latino bĕcc s „becco“ (Walde – Hofmann [³1938: I 99]) < gallico *bĕkkŏ-s „becco“ (Bolelli [1941: 151], Delamarre [2001: 60 = ²2003: 70]; cfr. Pokorny [1959: 481]) < indoeuropeo *bĕk-nŏ-́ s, a meno che *bĕkkŏ-s continui un prototipo indoeuropeo *gĕt-kŏ-s ← √*gĕt- „rigonfiamento, rotondità“ (Pokorny [1959: 481]; ≠ 2. √*gĕt- „parlare“, Pokorny [1959: 480-481]). 29 Cfr. s prā a proposito della radice √*bĕk- („± pungere“ oppure „curvatura“ > „becco, bocca“). 30 Cfr. tuttavia īnfrā, indoeuropeo √*b ĕg- „rompere“ (Pokorny [1959: 114-115]) → *b ŏg-ă·h  > celtico *bŏgā > *bŏgă (cfr. Pfister – Crevatin [1998b: 571]) > bova oppure indoeuropeo √*b ĕu̯h  -, √*b u̯ĕh  „abitare, essere abitualmente in un luogo“ (una delle radici ipotizzate per *b h  ?-kŏ-) → *b ŏu̯h  -ă·h  > preromano *bŏuā > protoromanzo (alpino) *bŏuă > bova. 92 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ • Da√*b d - „pungere, scavare“ (Pokorny [1959: 113-114]): 6) indoeuropeo *b d -i ̯ - > celtico (ligure) *b di ̯ - > protoromanzo *b di ̯ - (> toscano bozzo „pozzanghera“). • Da√*b g- „rompere“ (Pokorny [1959: 114-115]): 3) indoeuropeo *b g-i ̯ - > celtico *b gi ̯ - (con omofoni) > protoromanzo (galloitalico) *b gi ̯ - (> lombardo occidentale boeugg „buco“); 4) indoeuropeo *b g-i ̯ ·h  > celtico *b gi ̯ > protoromanzo (galloitalico) *b gi ̯ - (> lombardo alpino boeugia „buca, pozzanghera, recipiente“); 5) indoeuropeo *b g-l - > celtico *b gl - > paleoligure *b gl - (> ligure bögiu „buco“); 12/2) indoeuropeo *b g- ·h  > celtico *b g > protoromanzo (alpino) *b g (> bova „canale“, cfr. Pfister – Crevatin [1998b: 571]). • Da√*b u̯d - „scavare“ (Pokorny [1959: 174]): 9 b s) indoeuropeo *b u̯d -i ̯ - / *b u̯d -i ̯ - > (protoanatolico?), (sicano?), ‛paleoeuropeo’ appenninico, celtico (gallico, carnico, ‛orobico’, ligure) *b u̯di ̯ (con omofoni) > protoromanzo *būdi ̯ - („buco“). • Da √*b u̯g - „piegare“ (Pokorny [1959: 152-153], cfr. Pfister – Crevatin [1998b: 570] e Calabrò – Crevatin – Pfister [1998: 798]): 9) indoeuropeo *b u̯g -i ̯ - / *b u̯g -i ̯ - (± „cavità“?) > (protoanatolico?), (sicano?), ‛paleoeuropeo’ appenninico, celtico (gallico, carnico, ‛orobico’, ligure) *b u̯gi ̯ - > protoromanzo *būgi ̯ - (> toscano bugio „buco“); 10) indoeuropeo *b u̯g -l - / *b u̯g -l - (± „cavità“?) > celtico *b u̯gl - > protoromanzo (galloitalico) *būgl - (> savonese bügiu, lombardo occidentale bug „buco“); 22/2) indoeuropeo *b u̯g -i ̯ - / *b u̯g -i ̯ - > celtico (ligure?) *b u̯gi ̯ -. • Da √*b u̯h  ?-d- „colpire“ (Pokorny [1959: 112], v. Hubschmid [1970: 117118]): 11/2) indoeuropeo *b u̯[h  ?]·d-s-i ̯ - / *b u̯[h  ?]·d-s-i ̯ - > celtico *b udsi ̯ > protoromanzo *būsi ̯ - (> lombardo bus). • Da √*b u̯s- „gonfiarsi“ (Pokorny [1959: 100-101], cfr. Crevatin – Pfister [1998b: 571]): 11/1) indoeuropeo *b u̯s-i ̯ - / *b u̯s-i ̯ - (o solo *b u̯s-i ̯ - / *b u̯s-i ̯ - se non celtico) „gonfio“ > „rotondità“ > „convessità (naturale)“ > „concavità (naturale)“ ( . g. un tronco vuoto) (Pfister – Crevatin [1998b: 570], Calabrò – Crevatin – Pfister [1998: 798]) > celtico (gallico idronimico) / venetico, italico *b usi ̯ - > protoromanzo *būsi ̯ - (> lombardo bus, veneto buso, centromeridionale vuscio „buco“). • Da√*b u̯ h  - „abitare, essere abitualmente in un luogo“ < „crescere, nascere, divenire“ (Pokorny [1959: 146-150], Mallory – Adams [1997: 47. 236. 649], Rix 93 Guido BORGHI • • • • t l. [²2001: 98-99]) o da √*b h  u̯k- „cavità?“ (se → *b h  u̯k i ̯(h ?) s > f uc s): 7) indoeuropeo *b ŭh  k - / *b ŭh  k ·h  > (protoanatolico?), (sicano?), messapico, daunio, ‛paleoeuropeo’ appenninico, preromano alpino orientale, celtico (gallico, ligure) *būk - / celtico (gallico, carnico?) *būk > protoromanzo *būk - (> toscano buco „buco“, „pozzo, pozza“), *būk - (> toscano buca „buca“); 8) indoeuropeo *b ŭh  k-nŏ-́ > celtico (ligure) *būkk - (casuentino?) > protoromanzo *būkk - (> umbro occidentale bucco „bucato“) (in teoria sarebbe anche possibile derivare *būkk - da un antecedente —celtico?— *b u̯kk - > *b eu̯[h  ]k-nŏ-́ o *b u̯[h  ]k-nŏ-́ ); da√*b u̯h  ?- in Schwebeablaut (qui ‛tema I’) con *b u̯ h  ?- „crescere, sorgere, diventare“ (Rix t l. [²2001: 99]) → *b ēú ̯h  ?- s (neutro, acrodinamico / acrostatico, base derivazionale *b u̯h  ?-( )s-) o *b ĕú h̯  ?- s (animato, anfidinamico / anficinetico, base derivazionale *b ŭh  ?-s-) o *b ĕú h̯  ?- s (neutro, proterodinamico / proterocinetico, base derivazionale *b ŭh  ?-ĕś -) tema in -s- con funzione di n m n r ct e o n m n l c (cfr. Stüber [2002: 199-211. 217-248]) → indoeuropeo *b u̯[h  ?]-s-i ̯ - o *b u̯h  ?-s-i ̯ - > *b u̯[h  ?]-s-i ̯ - > celtico *b u̯si ̯ - oppure *b ŭh  ?-s-i ̯ - > celtico *būsi ̯ - > protoromanzo *būsi ̯ - (in distribuzione geolinguistica complementare con quella del corradicale *būk - < *b ŭh  ?-k -)? da√*b u̯h  -, √*b u̯ h  - „abitare, essere abitualmente in un luogo“: indoeuropeo *b u̯h  - ·h  > preromano (celtico) *b u > protoromanzo (alpino) *b u „scoscendimento, smottamento, caverna“ (v. 12.)? Da√*g t- „gonfiar(si)“ (Pokorny [1959: 481]): 14 b s / 2) indoeuropeo *g t-k - > celtico (ligure?) / italico *b kk - > protoromanzo *b kk - („ciottolo“); 15/2) indoeuropeo *g t-l ·h  > celtico (ligure?) *b tl / italico *b tl > *b kl > protoromanzo *b kl - (> lunigiano, garfagnino bocchia „ciottolo, palla“); 16/2) indoeuropeo *g t-k-ĭi ̯ ·h  > celtico (ligure?) / italico *b kk i ̯ > protoromanzo *b k(k)i ̯ - (> toscano boccia „boccia“); 17) indoeuropeo *g t-i ̯ ·h  > celtico (ligure?) o italico *b ti ̯ > protoromanzo *b ti ̯ - (> toscano bozza „rotondità“). Da√*p u̯k-̑ „pungere“ (Pokorny [1959: 828]): 23) indoeuropeo *p u̯k-̑ ·h  / *p u̯k-̑ ·h  > italico *p u̯k > protoitaloromanzo *pūk - (> meridionale puca „pungiglione, spina“). II. Etimologie indoeuropee con fonetica storica celtica di temi italoromanzi con #/b°/ iniziale • biòcco-lo < preromano *bl kk -s? < indoeuropeo *b l k-̑ k -s ← √*b l k-̑ „fiocco di lana“ (Pokorny [1959: 161] «√*b lok-»), cfr. *b l k-̑ k -s > latino fl ccŭ-s > italiano fiocco; 94 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ • • • • • • • • • • bórra, burrone < gallico *b rr s, *b rr , *b rr n „grosso, grande, vasto“ &c. < indoeuropeo *b r-s- - (Pokorny [1959: 109]); brago „fango“ (Meyer-Lübke [³1935: 111 nº 1258a]) < gallico, celtico *br g „putrido“ < indoeuropeo *b ̥h g̑- - ← √*b r h g̑- „odorare“ (Pokorny [1959: 163]), cfr. *b rə̥̆ ́ g̑·n -h (n-) „che ha l’odorato“ > germanico *br kk (n) > antico altotedesco braccho „cane da caccia, bracco“; branca „mano“ (Meyer-Lübke [³1935: 113 nº 1271]) < gallico *br ṅk < celtico *brṅ̥k < indoeuropeo *b rn̥ - ·h  ← √*b r n - „portare“ (Pokorny [1959: 168]) oppure branca < gallico *br ṅk < celtico *brṅ̥k < indoeuropeo *brn̥ - ·h  ← √*br n -) „includere, restringere“ (cfr. Pokorny [1959: 103]); bratta „fango“ (Meyer-Lübke [³1935: 114 nº 1279]) < preromano *bratt „fango“ < celtico *brattā ́ < indoeuropeo *b ̥h ·t -nắ·h  ← *b rĕh́ -t ·h , *b rĕh́ -t -t ← √*b rh - „bollire, ribollire, mettere in movimento“ (Pokorny [1959: 132-133]), cfr. indoeuropeo *b rĕh́ ·t -m -s (> germanico *ƀrǣ þm -z > antico altotedesco brâdam „vapore, fumo“) ÷ *b rĕh́ ·t - -s m. (> germanico *ƀrǣ þ -z > anglosassone brǣð > inglese breath „respiro“); brenno „crusca“ < gallico, celtico *br nn -s < indoeuropeo *b rĕś -n -s ← √*b r s- „scoppiare, frantumare; esplodere, crepitare“ (Pokorny [1959: 169]) o *b rĕń ̑k-̑ n -s ← √*b r (n̑)k-̑ „andare in rovina“ (Pokorny [1959: 168]); brenta „secchio“ < preromano *br nt „recipiente di legno con due manici alti a forma di corna“ < indoeuropeo *b r ntắ·h  ÷ *b r ntŏ-́ s „cervo“ (Pokorny [1959: 168-169]); brillare ‛esplodere’ < gallico *br ll - < indoeuropeo *b r s-lŏ-́ (← √*b r s‛scoppiare’, Pokorny [1959: 169]); brìvido < preromano *br u̯ d - < celtico (ligure?) *br u̯ d - < indoeuropeo *b rıhₓ-u̯ ̆ ́ - d - ← √*b r i ̯hₓ- „tagliare“ (Pokorny [1959: 166-167]), cfr. bréva < preromano *br u̯ „vento da Nord“ (Meyer-Lübke [³1935: 115 nº 1289a]) < celtico *br i ̯u̯ < indoeuropeo *b rĕí hₓ-u̯ ̯ ·h  ; brónco „tronco, nodo, sporgenza“ (Meyer-Lübke [³1935: 120 nº 1337]) < preromano *br ṅk - < indoeuropeo *b r ṅk- -s ← √*b r ṅk- „sporgere; spigolo“ (Pokorny [1959: 167]); bruciare < rom. *brūsi ̯ r „bruciare (pungere, cuocere)“ (> italoromanzo, provenzale; → derivato > antico francese, provenzale, guascone, catalano, balearico), „piovigginare“ (> engadinese; → derivato > francese, francoprovenzale, provenzale, guascone; lombardo) ← romanzo *brūsi ̯ „vento da Nord“ (> bregagliotto, engadinese) < gallico *brūs i ̯ < indoeuropeo *b rŭ‧hₓ‧s- i ̯ ‧h  ← ³√*b r u̯(-hₓ)-s- „borbottare, ribollire“ / ²√*b r u̯(-hₓ)-s- „rompere, spaccare, sbriciolare“ (Pokorny [1959: 171-172]). Più dubbie: • baita (romanzo alpino) < (para)celtico *b kt < indoeuropeo *b ə̥k̆ (̑ þ)-tā ́ < *b h̥ (t)k-̑ tắ·h  ) „riscaldata“ ← √*b h (t)k-̑ (= *b k-̑ , Pokorny [1959: 162]); 95 Guido BORGHI • • • • babbo „padre“ e galloitalico babbi(o), genovese baggio „rospo“ (Meyer-Lübke [³1935: 67 nº 852.2]) < celtico *b bb -, *b bb - < indoeuropeo *b gnŏ-́ (< *b g-u̯n-ŏ-́ ), *b gnıĭ ́ ̯ - (< *b g-u̯n-ıĭ ́ ̯ -) ÷ *b ắg- -s „Dio“ ← √*b g- „ricevere come quota“ (Pokorny [1959: 107], Rix t l. [²2001: 65]); bello (oltre a < *du̯ n -l -s) < gallico /b ll -/ „splendente“ < indoeuropeo *b l·n²·h - - (← √*b lh - „splendere“, Pokorny [1959: 118-120]); bravo (accanto alla proposta osca di Rix [1995], v. Untermann [2000: 151]) < gallico *br u̯ - < indoeuropeo *b r u̯(h  )-ŏ-́ (← √*b r u̯(h  )- „muoversi con violenza, ribollire“, Pokorny [1959: 143-145]); brutto (oltre a < brūtŭ-s) < *brụktọ- < gallico *brŭkt - „scompiglio“ < indoeuropeo *b rŭk-t - (Mann [1984-1987: 107]) ← √*b r u̯-k- ÷ √*b r u̯(h  )- „muoversi con violenza, ribollire“ (Pokorny [1959: 143-145]). III. Etimologie indoeuropee (con fonetica storica celtica) di temi ‛mediterranei’ • • • • • • • • • • • • • • • • • • * rn „letto incavato di fiume“ < *p̥-nā ́ < *p̥-nắh  ← √*p r- „passare un corso d’acqua“; *b kk „bacca“ < *bə̥k̆ -nā ́ < *bə̥̆  k-nắh  ← √*b h  k- (√*bak-) „pungere“; *br u̯ „vento che fa tremare“ < *b rĕí [ə̯ ̯ ]-u̯ < *b rĕí h̯ x-u̯ h  ← √*b r i ̯hx(√*b r i ̯ə-) „tagliare“; *fr u̯s(s) „rosa“ < *spr u̯tˢt < *spr u̯h  dᶻ-t h  ← √*spr h  u̯d- (√*spr u̯d-) „germogliare“; *g nd „luogo ghiaioso“ < *g n̥d -ā ́ < *g n̥d -ắh  ← √*g nd - „macinare; qualcosa di piccolo, un pezzettino“; *g rb - „terreno incolto“ < *görb-(n)ŏ-́ < *g̥b-(n)ŏ-́ ← √*g rb- (√*g rb-) „essere raggrinzito“; *g rr „sasso“ < *g̑ ̥s-ā ́ < *g̑ ̥s-ắh  ← √*g̑ rs- „essere duro“; *g u̯ „fossato“ < *g̑ u̯- o *g̑ āú -̯ < *g̑ u̯- h  ← √*g̑ u̯- „versare“ o *g̑ ắh (/ )u̯- h  ← √*g̑ h (/ )u̯- (√*g̑ au-̯ ) „spalancarsi“; *gr m „intreccio“ < *g r m- < *g r m- h  ← √*g r m- „tritare“; *gr u̯ „greto“ < *g̑ rāú -̯ < *g̑ rắh  u̯- h  ← √*g̑ r h  u̯- (√*g̑ rau-̯ ) „sfregare su qualcosa, strofinare“; *k l / *g l „sasso“ < *kə̥l̆ -ā ́ / *g l- < *kə̥̆ l-ắh  / *g l- h  < *kh l- h  ← √*kh l- (√*k l-) „duro“; *k rr „sasso“ < *(s)k̥s-ā ́ < *(s)k̥s-ắh  ← √*(s)k rs- „essere duro“; *ki ̯ŭsk - „truogolo“ < *k -ŭsk - ← *k - „qui“ + √*u̯ sk- „mangiare lautamente“; *kr pp „sasso“ < *k̥ə̯p-nā ́ < *k̥h p-nắh  ← √*kr h p- (√*kr ə̯p-) „forte, saldo“; *kūkk „punta“ < *kūk-nā ́ < *kŭhxk-nắh  ← √*k u̯(hx)k- (√*kĕu̯k-) „piegare, curvare, inarcare“; *kŭsp - „zoccolo di legno“ *[s]kŭ-sku̯- - ← √*sk u̯- „ricoprire, avvolgere“; *m g „fragola“ < *(s)mə̥ğ -ā ́ / *mə̥ğ -ā ́ < *(s)mə̥̆ g -ắh  ← √*(s)m h g (√*(s)m ə̯g -) „aver sapore di“ / *(h  )mə̥̆ g -ắh  ← √*(h  )m h g (√*m ə̯g -) „piacere, benevolo“; *m l „altura“ < *ml ̥-ā ́ < *ml ̥h -ắh  ← √*m lh - (√*m lə-) „risaltare; altura“; 96 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ • • • • • *m lg „pascolo alpino; casa con stalla“ < *mölg̑-ā ́ < *h  ml ̥g̑-ắh  ← √*h  m lg̑- (√*m lg̑-) „fare il latte“; *m r „slavina provocata dall’acqua“ < *m̥-ā ́ < *m̥h -ắh  ← √*m rh (√*m rə-) „colpire violentemente, sminuzzare“; *r kk „pietra appuntita“ < *r k-nā ́ < *h r k-nắh  ← √*h r k- (√*r k-) „lacerare, spaccare, scorticare“; *sk nd „spelta“ < *skn̥d-ā ́ < *skn̥d-ắh  ← √*sk nd- „staccare fendendo; pelle scorticata, squama, corteccia“; *ts pp-(ū) „calpestare“ < *st p-nṓ < *st p-nŏh́ ← √*st p- „puntellare, pestare i piedi“. IV.a. Lessico paleoligure I vocaboli paleoliguri attestati come glosse e in autori antichi sono caratteristicamente designazioni di pietre (*k rr - / *k rr- r - „pietra“, *l p (d)-s „pietra“), di piante (* r u̯ - „pino“, *(s) si ̯ „segale“, *s m r - „seme dell’olmo giallo“, *s li ̯ŭnk „Valeriana celtica“, *b t -s „ortensia“), di animali mediterranei (*g nn -s „mulo“, *l b r (d)-s „lepre“) e di popoli (* mbr n- (< *h  m̥ b r- n-), nel nome del popolo degli Ambroni; *b l r -s „fuggitivo“31, nel nome delle Baleari; *s gŭnn- s „mercanti“ e tribù presso Marsiglia). Di attribuzione incerta al paleoligure sono le glosse *p lt r -n „stagno“, *p nn „roccia“, *d lkl -n / *d lkl „falce“, *l gŭri ̯ -n „ambra gialla“, *l gŭst k , *l gŭstr -n „ligustre“, *kŭkn -s (nel nome del mitico re Cy̆cnŭs), *m strūk „pelle di montone“, *mŭsm n-, *mŭsr n- „muflone“. Tra le parole latine e neolatine (liguri moderne) che possono risalire al lessico paleoligure si riconoscono gli stessi campi di significato (realtà geomorfologiche e minerali; vegetali e termini agricoli; animali) con l’aggiunta di alcuni nomi di strumenti e mestieri. Realtà geomorfologiche e minerali: *k ri ̯ - „pietra, roccia“, *k nt - „pietra“, *l b( )- „blocco di pietra“, *p l „pietra (piatta?)“ (*p l - „pietra sepolcrale“), *k nt l -n „pietra sepolcrale“, *b lm - „grotta scavata nel sasso“, *g nd - „rovinio di sassi“, *b k -, *b kk - „gola di montagna“ (sard.), *ts tt - / *tš tt - „fosso, avvallamento“, *b rb - / *b rm - „fango“, *l nd n - „palude“, *rŭgi ̯ - „roggia“, *n u̯i ̯ - „pianura tra i monti“; vegetali e termini agricoli: *b t -s „finocchio marino“, *r d r -n „regina dei prati (Sp r e ŭlm r )“, *s li ̯ŭnk - „Valeriana celtica“, *u̯ rb sk -n „tasso barbasso“, * u̯ d n- „verbasco“, *g br st - „ligustro, pianta delle capre“, *ŭn d n- „frutto del corbezzolo“; *l brŭsk - „vite“, *b l sk - „vite che cresce sull’altura rocciosa“, *rŭmp -s „sostegno delle viti“, *u̯ dŭb - „falcetto per tagliare i tralci della vite“, *k sp - „grappolo“ (cors.); * mpŭ „lampone“, *kl di ̯ - „paglia di segale“, * r nk - „specie di spelta“, * si ̯ - „segale“, *b tŭsk - „residui di cera dopo la spremitura del miele“; *k st n - „quercia, albero, legno“, * pŭl -s „oppio, specie di Paleocòrso α α * „profugo“ (Whatmough [1933: 161-162]) < celtico *bălărŏ-s < indoeuropeo *b ĕlh -rŏ-́ s ← √*b ĕlh - „urlare, piangere“. 31 97 Guido BORGHI acero“, *p rkŭ -„quercia“, *g rr k - „leccio“, * r u̯ k l -s „pinastro“, *p d -s „p c “, *l r k-s „larice“, *kr p - „abete bianco“; animali: *l d sk - „zecca“, *trūk nt -s „un pesciolino d’acqua dolce“, * tt l -s „storione“, *l bŭrn -n „avorniello“, *l ng -, *l ngūr -s „lucertola“, *kr ks nt -s „rospo“, *d rb n- „talpa“, *d mm - „camoscio, antilope, gazzella“, *k m k-s „camoscio“, *g br - „capra“, *s gūsi ̯ -s „segugio“, *p t nk -s „specie di segugio“, *m nn -s „cavallino“; strumenti e mestieri: *b k , *b kk „guscio, barca, truogolo“, *b kk „vaso, botte, conca“, *b si ̯ „piatto / vaso di legno“, *kr s - „cavo“ (agg.), *k rb nt „carro a due ruote“, *ploks n -n (*ploks n -n, *ploks m -n) „cassone del carro“, *m t r -s (*m t r -s) „giavellotto“, *k s m n- „uno che segue, partigiano“, *b kk - „piccolo, giovane“, *s gŭnn - „commerciante“. Tra i vocaboli paleoliguri attestati nell’onomastica vanno ricordati: *b rm „caldo, sorgente calda“ (< indoeuropeo *g r-m - o *b r-m -), * u̯ nt -s „fonte“ (< indoeuropeo *h  u̯- nt -s), *bŭdn - „fondo“ (< indoeuropeo *b ŭd -nŏ-́ ), *m l - „pietra“, *k i ̯ „valore, gemma“, *b ll( )- „scintilla“ (< indoeuropeo *b l ̥-n -), *l m -? „olmo“, *g nŭ- „ginocchio“ (< indoeuropeo *g̑ nŭ-), *l gŭr- / *l gŭs- „ligure“, *b rs - „veloce“ (< indoeuropeo *b rs -), *r ud - „rosso“ (< indoeuropeo *r ud -), *tr - „tre“, *u̯ n-i ̯ (*u̯ n- i ̯ ) „caccio“ (vb.), *u̯ sŭl -s (tema toponomastico, nel nome del Monviso). La massima concentrazione di nomi di luogo paleoliguri (dai quali si possono ricavare ulteriori lessemi) si ha in due iscrizioni latine, una di età repubblicana (Tavola di Polcevera o S nt nt M nūc rŭm) e l’altra di età imperiale (T bŭl l m nt r di Velleia). Dai nomi geografici attestati nella S nt nt M nūc rŭm si ricavano i vocaboli *b rg( )- „riva“ (< indoeuropeo *b rg̑ -), *g( )i ̯ m( ) „neve“ (< indoeuropeo *g̑ i ̯ m- h  ), *l m-ŭr- -s „caverna“, * k „torrente“ (< indoeuropeo *h  ( )k h  ), *i ̯ u̯ - „biada“ (< indoeuropeo *i ̯ u̯ -), * p nn n -s „alpeggio estivo“, *b pl - „cima“, *tŭll - „cima rotonda“, *p rn - „quercia“ (< indoeuropeo *p rk-n -), *l br - „lepre“, *blŭst - „sorgiva“ < „gonfiamento“ (< indoeuropeo *b lŭd -t -), *kl ks - „risuonare“ (< indoeuropeo *kl g-s -), *p rk - „solco“ (< indoeuropeo *p̥k -) oppure *p rk - „salmone“, *u̯ n - „vigna“, *k st-el(l) - „fortificazione“, *u̯ nd - „pregiato“, *p l „pietra“, *n u̯i ̯ - „nuovo“, *k pt „avvallamento“, *l ng - „lungo“. Dai nomi di luogo attestati nella T bŭl l m nt r di Velleia si ricavano i vocaboli *b tŭ- „argilla“ (< indoeuropeo *g tŭ-), *b u̯ - „vivo, vivente“ (< indoeuropeo *g h u̯ -), *bl nd - „rossiccio“ (< indoeuropeo *b l nd -), *d b( )l - „debbio“ (< indoeuropeo *d g - „bruciare“), *i ̯ŭ(u̯) n- „giovane“ (< indoeuropeo *h  i ̯ŭ-h n-), *l uk - „bianco“, *m ll -s „colle“, *l br - „scivoloso“ (< indoeuropeo *sl b-r -), *lŭb - / *l ub - „amabile“ (< indoeuropeo *lŭb - / *l ub -), *r ud - „rosso“ (< indoeuropeo *h r ud -), *n ti ̯ - „brillante, pulito“ (< indoeuropeo *n hₓt i ̯ -), * nni ̯ - „inferiore“ (< indoeuropeo *h n -i ̯ -). 98 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ IV.b. Etimologie indoeuropee di toponimi attestati nella Tavola di Polcevera o Sĕntĕntĭă Mĭn cĭ r m (CIL V, 7749 = I², 584) Toponimo paleoligure Antecedente indoeuropeo Radici indoeuropee *Mānĭ kĕlŏ- *Măh -nĭ kĕl-ŏ- „Promontorio del Ruscello“ √*măh - „essere umido“ √*kĕl- „sporgere“ *Ēdŏ-s *Ēdĭ-s *H ēd-ŏ-s *H ēd-ĭ-s „Riserva di cibo“ √*h ĕd- „mangiare“ *Lĕm rĭ-s *Lĕmhₓ- -rĭ-s „(Fiume) che inghiotte o rumoroso“ √*lĕmhₓ- „inghiottire; voce“ *Kŏmbĕrānĕā *Kŏm-b ĕr-ăh  -nĕ-i ̯ă·h  „Confluenza“ *kŏm „con“ √*b ĕr- „portare“ *Kăe̯ptĭi ̯ĕmā *Kə̥̆  p-t·i ̯ŏ i ̯ĕm-ă·h  „(Convalle) che unisce strettamente“ √*kĕh  p- „stringere“ √*i ̯ĕm- „unire“ *U̯ ĭnd pălĭ-s *U̯ ĭ·n²·d- pl ̥h -ĭ-s „che apporta (acqua) chiara“ √*u̯ĕi ̯d- „vedere“ √*plĕh - „riempire“ *Nĕu̯i ̯āskā *Nĕu̯-i ̯ăh  -skă̑ ·h  „(Fiume) dei terreni nuovi“ *nĕu̯- „ora, nuovo“ *Pŏrkŏ bĕrā *Pŏrk-̑ ŏ b ĕr-ă·h  „(Fiume) portatore di salmoni o zolle“ *Prŏkŏ bĕrā *Prŏk-̑ ŏ b ĕr-ă·h  „(Fiume) portatore di trote“ *U̯ īnĕlāskā *U̯ īnĕlĕskā *U̯ ĭh -nĕ-lăh  -skă̑ ·h  *U̯ ĭh -nĕ-lĕ-skă̑ ·h  „Fiume delle vigne“ √*u̯ĕi ̯h - „avvolgersi“ (Ălĭān s ←) *Ăli ̯ŏi ̯ *H  ăl-i ̯ŏ-h ĕs „Altri, Stranieri“ √*h  ăl- „(far) crescere“ *Ăpĕnnīnŏ-s *H ăp-ĕs-n-ĭh  -nŏ-s „Giogo; che ha / appartiene all’articolazione“ √*h ăp- „congiungersi, essere adatto“ → *h ăp-ĕs-̥ „articolazione“ (genitivo *h ăp-ĕs-n-ŏs) *Bŏplō *B h -ŏ pl ̥[h ]-ŏ-h ō(n-) „che ha √*b ăh - „apparire“ (in) vista il Castello“ √*plĕh - „riempire“ *I̯ŏu̯ēntĭi ̯ō *I̯ŏu̯-ĕi ̯ĕ-nt-ĭi ̯[ŏ]-ō(n-) „il (monte di) Confine, separazione“ 99 √*pĕrk-̑ „essere variopinto“ √*b ĕr- „portare“ √*prĕk-̑ „essere variopinto“ √*i ̯ĕu̯- „far separare, dividere“ Guido BORGHI Toponimo paleoligure Antecedente indoeuropeo Radici indoeuropee *Bĕrĭ gi ̯ĕmā *B ĕr-ĭ g̑ ĭi ̯ĕm-ă·h  „Che ha la neve in conservazione (= perenne)“ oppure „nevaia“ *T lĕdō *T ·l-ĕt-h ō(n-) „(Monte) che ha √*tu̯ĕl- „gonfiarsi“ un rigonfiamento“ *U̯ ĕrăglāskā *H  u̯ĕrh -ŏ h ăg̑-lăh  -skă̑ ·h  „(Fiume) caratterizzato da spruzzi (cascate?)“ *T lĕlāskā *Prĕnnĭkkŏ-s *Blusti ̯ĕ mĕllŏ-s √*b ĕr- „portare“ √*g̑ i ̯ĕm- „neve“ √*h  u̯ĕrh - „spruzzare“ √*h ăg̑- „condurre“ *T l-ĕlăh  -skă̑ ·h  „(Fiume) del √*tu̯ĕl- „gonfiarsi“ piccolo rigonfiamento“ *Ku̯rĕs-nŏ ĭk-nŏ-́ s „(Monte) caratterizzato dal suono (fruscìo) delle fronde degli alberi“ √*ku̯rĕs- „boscaglia“ √*i ̯ĕk- „risuonare, parlare“ *B l dh -t-ĭi ̯ŏ mĕnhₓ-lŏ- / *B l dh -t-ĭi ̯ŏ mĕlh -nŏ- / *B l dh -t-ĭi ̯ŏ mĕlh -sŏ(s)„Colle gonfio“ *B l s-t-ĭi ̯ŏ mĕnhₓ-lŏ- / *B l s-t-ĭi ̯ŏ mĕlh -nŏ- / *B l s-t-ĭi ̯ŏ mĕlh -sŏ(s)„Colle bruciato“ *B l hₓ·s-t-ĭi ̯ŏ mĕnhₓ-lŏ- / *B l hₓ·s-t-ĭi ̯ŏ mĕlh -nŏ- / *B l hₓ·s-t-ĭi ̯ŏ mĕlh -sŏ(s)„Colle battuto“ √*b lĕu̯dh - „gonfiarsi“ √*mĕnhₓ- „sporgere, elevarsi“ √*mĕlh - „colle“ √*b lĕu̯s- „bruciare“ — — √*b lĕu̯hₓ·s- „battere“ — — *Lĕbrĭi ̯ĕ mĕllŏ-s *Lĕb (h )rĭ-i ̯ŏ mĕnhₓ-lŏ- / *Lĕb (h )rĭ-i ̯ŏ mĕlh -nŏ- / *Lĕb (h )rĭ-i ̯ŏ mĕlh -sŏ(s)„Colle delle lepri“ *lĕb (h )rĭ- „lepre“ < „che ha il labbro spaccato“ ← √*lĕb- „pendere flaccidamente“ √*(h )rĕi ̯- „spaccare“ *Klăksĕlŏ- *Kl ̥h  g-s-ĕlŏ- „(Monte) risonante“ √*kĕlh  g- „risuonare, gridare“ *Ĕnĭ sĕkā *H ĕn-ĭ sĕk-ă·h  „(Fiume) che taglia dentro“ *h ĕn- „dentro“ √*sĕk- „tagliare“ 100 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ IV.c. Etimologie indoeuropee di nomi geografici paleoliguri Nome paleoligure Lĭg rēs < *Lĭg sĕs Antecedente indoeuropeo Radici indoeuropee √*lĕi ̯ - „legare“ *Lĭ - s-ĕs „Che hanno legato“ (promotori di una confederazione di tribù) o „Che abitano nelle paludi“ √*lĕi ̯ - „fango“ Var < *U̯ ārŏ-s *H  u̯ăh  -rŏ-s „Fiume“ √*h  u̯ăh  - „acqua“ Roja < *R t bā *H r -t b h -ă·h  „(Acqua, fiume) che appare scavato, precipitato“ √*h rĕu̯- „scavare“ √*b ăh - „apparire“ Alba (Ventimiglia, *H  ăl( )b (h -)ă·h  „la BianAlbenga, Albisola) < ca“ o „Che appare alta“ *Ălbā √*h  ăl- „crescere“ √*b ăh - „apparire“ Ĭntĕmĕlĭī < *Ĭntĭ mĕli ̯ŏi ̯ *Pĕnt(-h )-ĭ mĕl[h ]-i ̯ŏ-h ĕs „Quelli dei colli di passaggio“ √*pĕnt- „andare“ √*mĕlh - „colle“ Nervia < *Nĕru̯ĭi ̯ā *(S)nĕr-u̯-ĭi ̯ă·h  „(l’Acqua, il fiume) dello stretto“ √*(s)nĕr- „girare intorno > stringere“ (Valle)crosia < *Krŏsā *rŏs-ă·h  „(Valle) cava“ √* rĕs- „curvato“, √*krĕs- „grattare“ → * rŏs-ŏ-s „buco“ Taggia < *Tău̯i ̯ā *Tə̥̆  [i ̯]-u̯-ĭi ̯ă·́ h  „Scioglimenti“ √*tăh  i ̯- „sciogliersi“ Arma < *Ărmā *H ̥-mă·h  „Caverna, riparo“ √*h ĕr- „pervenire, capitare in“ Oneglia < * nĕli ̯ā dial. Ineja < * nĕli ̯ā *H (-h  )-nĕ-lĭ-i ̯ă·h  „Territorî del piccolo (fiume) torrentizio“ √*h ĕu̯(-h  )- „mancare“ Alassio < *Ălăstrā *H ĕlh  -s-tră·h  „Ginestra“ („*ginestreto, dove per avanzare bisogna spingere“) √*h ĕlh  - „spingere“ ̆́ nŏi ̯ *Pĭ·n²·g̑ -ăh  -m[h ]nŏ-h ĕs Ĭngău̯nī < *Ingău̯ „Quelli che si dipingono (tatuano)“ √*pĕi ̯g̑- „dipingere, incidere“ Centa < *Kĕntā * ĕnt-ă·h  „Punta“ √*kĕ̑ nt- „pungere“ Neva < *Nĕu̯i ̯ā *Nĕu̯-i ̯ă·h  „la Nuova“ √*nĕu̯- „ora, adesso“ → *nĕu̯-i ̯ŏ-s „nuovo“ 101 Guido BORGHI Nome paleoligure Antecedente indoeuropeo Radici indoeuropee Arroscia < *Ărr ău̯kĭi ̯ā *H ̥s-ŏ h ău̯k-ĭi ̯ă·h  „(Acqua) impetuosa, scorrente“ √*h ĕrs- „impetuoso“ √*h ău̯k- „scorrere“ Sàlea < *Săll ărā *Sh l ̥-nŏ h  ărh -ă·h  „Campi (di colore) grigio scuro“ √*sh ĕl- „grigio scuro“ √*h  ărh - „arare“ Loano < *Lŏgĕnĕs *Lŏg -(ĕ)n-ĕs „Leggeri, Agili“ √*lĕg - „leggero, agile“ -ĭi ̯ŏ-(h Bòrgio < *Bŏrgĭi ̯ŏ(i ̯) *B ŏrg̑ ĕs) „Quelli della protezione“ √*b ĕrg̑ - „alto; proteggere“ Verezzi < *U̯ ĕlĕti ̯ŏ(i ̯) *U̯ ĕl-ĕt-i ̯ŏ-(h ĕs) „Quelli della visione“ √*u̯ĕl- „vedere“ Bergeggi < *Bĕrgĭdi ̯ŏi ̯ *B ĕrg̑ -ĭ-di ̯ŏ-h ĕs „Quelli del monte / della protezione“ √*b ĕrg̑ - „alto; proteggere“ Varigotti < *U̯ ārĭi ̯ŏ kŏttŏi ̯ *H u̯ōs-rĭ-i ̯ŏ kŏt-nŏ-́ h ĕs „Che hanno una curva a levante“ √*h u̯ōs(-rĭ)- „aurora > levante“ √*kĕt- „piegare“ (→ *kŏt-nŏ-́ „vecchio“) Savona < *Său̯ō *Sh ău̯-ōn „Palude“ √*sh ău̯- „liquido“ (Albisola < Ălbă Dŏcĭlĭă) ← *Dŏcĭlĭī < *Dŏklĭi ̯ŏi ̯ *Dŏk-̑ l-ĭi ̯ŏ-h ĕs „i Riccioluti“ √*dĕk-̑ „sfilacciare“ (Arenzano < *Ărĕntĭān m) ← *Ărĕntĭī < *Ărĕntĭi ̯ŏi ̯ *H  ăr-ĕnt-ĭi ̯ŏ-h ĕs „Quelli che parlano a voce alta“ √*h  ăr- „parlare ad alta voce“ Mele < *Mĕlŏ-s *Mĕlh -ŏ-s „Colle“ √*mĕlh - „colle“ Voltri < *U̯ ŏltrĭi ̯ŏi ̯ *U̯ ŏl-tr-ĭi ̯ŏ-h √*u̯ĕl- „girare, curvare“ Pegli < *Pĕli ̯ŏi ̯ *Pĕlh -i ̯ŏ-h ĕs „Quelli del Castello“ √*plĕh - „riempire“ → *pl ̥h - „castello“ Genova < *Gĕnŏu̯ā * ĕnh  -ŏu̯-ă·h  „Luogo degli √*g̑ĕnh - „(far) nascere“ Indigeni / del ginocchio (= √*g̑ĕnh - „piegare“ → piega della costa) / della bocca *g̑ ĕnh - - „ginocchio / (del fiume) (mandibola >) bocca“ Bargagli < *Bārgālĕi ̯ŏi ̯ *B ōrg̑ -ŏ h  ŏl-ĕi ̯ŏ-h ĕs „(Discendenti) da quelli che si nutrivano sulle montagne“ ĕs „Quelli della svolta (della linea di costa)“ 102 √*b ĕrg̑ - „alto, proteggere“ √*h  ĕl- „nutrire“ Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ Nome paleoligure Antecedente indoeuropeo Radici indoeuropee (oppure) *Bārgālĕi ̯ŏi ̯ *B ōrg̑ -ŏ hₓŏh -lĕi ̯hₓ-ŏ-h ĕs √*b ĕrg̑ - „alto, proteg„Che hanno dimora sulle mongere“ tagne“ *hₓĕŏh -lĕi ̯hₓ-ŏ-s „dimora“ ← *hₓĕŏh - „qui“ + √*lĕi ̯hₓ- „nascondersi“ Nervi < *Nĕru̯ĭi ̯ŏi ̯ *(S)nĕr-u̯-ĭi ̯ŏ-h ĕs „Quelli del restringimento“ (tra i monti e la costa) √*(s)nĕr- „girare intorno > stringere“ Sori < *Său̯rĭi ̯ŏi ̯ *Sh ău̯-r-ĭi ̯ŏ-h ĕs „Quelli del (fiume) paludoso“ √*sh ău̯- „liquido“ Recco < *Rĕu̯kŏ-m (non *Rĭkkŏ-m) *Rĕu̯k-ŏ-m „il Rumore“ (*H rĭ -nŏ-́ m „Asticella“) √*rĕu̯k- „rumoreggiare“ (√*h rĕi ̯ (h )- „rompere; graffiare“) Camogli < *Kăm lĭi ̯ŏi ̯ * m̥ h  - l-ĭi ̯ŏ-h ĕs „Eroi“ √*kĕ̑ mh  - „sforzarsi“ Rapallo < *Răpp ăllŏ-s *Rh̥ p-nŏ ́ h l ̥-nŏ-s „Curva nell’avanzamento (lungo la costa)“ √*rĕh p- „avanzare strisciando“ √*h ĕl- „piegare“ Chiàvari < *Klādā u̯ărī *Kl(o)h  d -ŏ h  u̯ə̥̆  ·r-ĭ·h  / *Klăh d -ŏ h  u̯ə̥̆  ·r-ĭ·h  „Il cui fiume (è) un canale“ √*klĕh  d - „scavare“ √*h  u̯ĕh  -r- „acqua“ √*klăh d - „battere > scavare“ Entella < *Ēntĕllā *H ēnt-ĕs-lă·h  „Intreccio (di rami di fiume), confluenza“ √*h ĕnt- „intrecciare, ordire un tessuto“ Lavagna < *Lău̯ ăni ̯ā *L̥h ?u̯h  -ŏ pn̥-i ̯ă·h  „Palude d’acqua“ √*lh ?ĕu̯h  - „lavare“; √*pĕn- „umido; fango, palude, acqua“ Sestri (Levante) < *Sĕgĕstā *Sĕg̑ -ĕs-tă·h  „la Vittoriosa“ √*sĕg̑ - „impadronirsi con la forza, vincere, possedere“ Moneglia < *M n ĭli ̯ā *M [h ]-nŏ ́ ıl̥̆ ̯[hₓ]-i ̯ă·h  „Che ha dissodamenti irrigati“ √*mĕu̯h - „bagnare“ √*i ̯ĕlhₓ- „dissodare“ Deiva < *Dēu̯ā *Dĕí ̯u̯-ă·h  „la Dea“ √*di ̯ĕu̯- „splendere“ → *dĕi ̯u̯-ŏ-́ s „dio“, f. *dĕi ̯u̯-ắ·h  103 Guido BORGHI Nome paleoligure Antecedente indoeuropeo Radici indoeuropee Varese < *U̯ ārĭsi ̯ŏ-m *H  u̯ăh  -r-ĭsi ̯-ŏ-́ m „(Territorio) che ha liquidità“ √*h  u̯ăh  -r- „acqua“ Vara < *U̯ ārā *H  u̯ăh  -ră·h  „Fiume“ √*h  u̯ăh  -r- „acqua“ Magra < *Makrā *Mə̥̆ ́  k-̑ ră·h  „la grande (Acqua, Fiume)“ √*mĕh  k-̑ „esser grande“ Lérici < *Ĕrĭkē *H ĕŕ ·ĭhₓ-h -ēh -s „Elevazione (naturale)“ √*h ĕr·ĕi ̯hₓ- „elevarsi“ Luni < *Lŏu̯nā *Lŏu̯-nă·h  „Palude“ √*lĕu̯- „essere sporco“ Taro < *Tărŏ-s *T̥h -ŏ-s „(Fiume) dall’attraversamento“ √*tĕrh - „attraversare“ Trebbia < *Trĕbi ̯ā *Trĕb-i ̯ă·h  (Fiume) dei luoghi abitati“ √*trĕb- „abitare“ Tidone < *Tītō *Tĭh -t-ōn „(Corso d’acqua) soggetto a evaporazione, secca“ √*tĕi ̯h - „scaldarsi“ (Voghera) < *Ĭri ̯ā *H ĭ-r-ĭi ̯ă·h  „(Fiume) che va“ √*h ĕi ̯- „andare“ Tortona < *Dĕrtōnā *D ĕr-tŏ pŏn-ă·h  „Fiume (dal corso) trattenuto, palude“ √*d ĕr- „(trat)tenere“ √*pĕn- „fiume“ Scrivia < *Skrĭu̯ĭi ̯ā *Skrĭ-u̯-ĭi ̯ă·h  „(Fiume) caratterizzato da curve“ √*skrĕi ̯- „curvare“ *Bŏr-lăh  -skă̑ ·h  „Territorî vicini alla palude“ √*bĕr- „palude“ Ovada < * bāgā *ŭb̥ -ŏ h  g̑-ă·h  „Rocca“ < „*comando del sinecismo (*ŭb̥ -ắ·h  )“ √*u̯ĕb - „intrecciare“ √*h  ăg̑- „condurre“ Caryst m < *Kār stŏ-m *Kăh  -r- s-tŏ-m „Territorio √*kăh  - „amare“ (del popolo) di coloro che hanno avuto caro“ / *K̥hₓ- s-kŏ-m „Territorio (del √*kĕrhₓ- „esser duro“ popolo) di coloro che sono stati duri“ Borlasca < *Bŏrlāskā Carusc m < *Kăr skŏ-m Bòrmida < *Bŏrmĭdā *B ŏr[h ]-mĭ-d h -ă·h  „(Fiume) con ribollimento“ √*b ĕrh - „ribollire“ √*d ĕh - „porre“ Tànaro < *Tănărŏ-s *(S)tĕń ə̥̆  -rŏ-s „(Fiume) rumoroso“ √*(s)tĕnh  - „risuonare“ 104 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ Nota per la lettura dei simboli e delle abbreviazioni convenzionali L’asterisco preposto contraddistingue i reconstrutti (parole non attestate, ma che la comparazione richiede di postulare: «*b ŭh  ?-kŏ-») e i transponati (retroproiezioni storico-fonetiche di formazioni attestate da una sola lingua: «*b u̯h  ?- k- i ̯-(h ?) s > *f c s → *FỌ ̄ C -»); l’asterisco posposto (come in «būc *») indica che la parola non è attestata al caso citato (nominativo). La doppia croce ‡ indica una forma ‛controfattuale’ ( . g., nella nota 2, «‡F CĔ-»). Le trasformazioni in diacronia sono contrassegnate da < e > ; le frecce singole ← e → indicano derivazioni morfologiche in sincronia («*b ŭh  ?-kŏ- ← √*b u̯ h  ?-»), mentre quelle doppie ⇐ e ⇒ segnalano trasformazioni analogiche («genitivo *b h  ?ŭ·k-ŏś ⇒ *b ŭh  ?·k-ŏś » per analogia sul nominativo *b ăú ̯h  ks) o mutuazioni interlinguistiche (spesso dal sostrato preromano al latino locale). Gli elementi di un medesimo paradigma morfologico (flessionale o derivazionale) sono separati dal segno ÷ («*b ŭh  -k-ŏ- ÷ *b ŭh  -k- ·h  »); per le geovarianti e gli allotropi si usa ≅ («būc ≅ bŭcc »); per le opposizioni (semantiche o fonologiche) è impiegato ~ («*b k- - ~ *bh  k- -»). La divisione tra elementi di composto è indicata con (come in «*Bĕrĭ gi ̯ĕmā»); il trattino - divide i costituenti morfologici nelle parole (nei sintagmi modulari indoeuropei, separa i singoli moduli: *b ŭh  ?-kŏ-), mentre il punto mediano · segnala i confini di derivazione più antica all’interno di una formazione complessa ( . g. «*h ăp-ĕs·n-ĭ·h  n·ŏ-s ← *h ăp-ĕs-n- + *-ĭ-h n-ŏ-»). Le radici sono precedute dal simbolo √ («√*b u̯ h  ?- „crescere, sorgere, diventare“»); un numero in apice preposto alla radice corrisponde al numero dal quale è contraddistinta all’interno di un gruppo di radici omofone nel repertorio da cui è tratta (come ²√*b r u̯(-hₓ)-s- „rompere, spaccare, sbriciolare“ e ³√*b r u̯(-hₓ)-s- „borbottare, ribollire“ = «2. bhreu-s-» e «3. bhreus, bhrŭs-» in Pokorny [1959: 171-172]), così come il numero in apice posposto distingue gli omofoni ( . g. buco¹ „fóro, apertura, tana“ e buco² „capacità della nave“ secondo Battisti – Alessio [1950: 625]). Il punto interrogativo in apice ? segnala che il fonema precedente è di ricostruzione dubbia (così la ‛laringale’ */h  / in √*b u̯h  ?-d- „colpire“); in pedice ? invece significa che la qualità della ‛laringale’ precedente è ipotetica (come */h  / in *b ŭh  ?-kŏ-; la laringale totalmente indeterminata è */hₓ/, come in √*b r i ̯hₓ- „tagliare“). Le ricostruzioni alternative di un fonema sono separate da una barra obliqua *hₓĕŏh - „qui“ = *hₓĕh - e/o *hₓŏh -; */h  / = */h / o */h /; */h  / = */h / o */h /.  : Per le lingue ricostruite e, di norma, per il latino, tutte le vocali recano l’indicazione della quantità; se la forma può regolarmente avere sia vocale lunga che breve, entrambe le quantità sono segnate (cfr. «*b ruu̯ i ̯ »); se la quantità è molto incerta o controversa e le due quantità sono incompatibili all’interno di una sola etimologia, non si trova alcun diacritico (cfr. *ploks n -n, Carystŭm). Inoltre, anche i e u in funzione consonantica del latino e del protoromanzo non presentano alcun diacritico («da u cŭŭs attraverso le fasi *U C e *B C »). Un numero in apice all’interno di reconstrutto o transponato segnala la posizione di eventuali infissi (in «*b u̯-n²-[h  ?]-k -», l’infisso *-n- si trova in seconda posizione, ossia tra (il nucleo del)la prima e (il nucleo del)la seconda sillaba. Lo schwa ( nd g rm n cŭm) sĕcŭndŭm, che si inserisce non fonologicamente in gruppi di consonanti divenute contigue (di solito in gradi apofonici zero), è scritto ö («*mölg̑ -ā»́ ). Dopo sillaba pesante (con vocale lunga o chiusa da coda pluriconsonantica), le sequenze di semiconsonante + vocale (come il suffisso *-i ̯ŏ-) vengono precedute da un elemento vocalico 105 Guido BORGHI in origine non fonologico (Legge di Sievers – Edgerton), scritto in apice: *b ŭh  -r- i ̯ -, *B ŏrg̑ -ĭi ̯ŏ-(h ĕs). Per indicare l’asillabicità si usa il segno di breve ruotato sottoscritto ̯ , per la sillabicità il circello sottoscritto  . Nelle ricostruzioni laringalistiche, il fonema schwa */ə/ (in indoeuropeo sempre breve) figura solo se sillabico (trascritto qui in modo sovraspecificato con ə̥̆̆ ), mentre nella fase dell’indoeuropeo tardo può essere anche asillabico (*/ə̯/) o, specialmente in finale di radice, ambivalente a seconda del contesto potenziale (e perciò segnato senza diacritici, . g. «√*m rə-»). Per quanto riguarda le sonanti indoeuropee, */l/, */m/, */n/, */r/ sono fornite di diacritico solo se sillabiche (*/l ̥/, */m̥ /, */n̥/, */̥/; in indoeuropeo tardo possono essere anche lunghe: */l/,̥̄ */m̥̄ /, */n̥̄/, */̥̄/). Per */i/ e */u/ invece è segnato il diacritico sottoscritto ̯ quando sono asillabiche (*/i ̯/, */u̯/), mentre in funzione vocalica presentano l’indicazione della quantità (*/ /, */ŭ/; in indoeuropeo tardo possono essere anche lunghe: */ /, */ū/); inoltre, in casi particolari, recano un ulteriore diacritico di sillabicità (*/ı/,̥̆ */ŭ̥/): ciò avviene quando rappresentano fonologicamente il grado apofonico zero di radici del tipo √CI̯ C-, con apofonia s mpr s r ṇ - ( . g. «*ŭ̥b -ắ·h  „sinecismo“ ← √*u̯ĕb - „intrecciare“), e specialmente quando l’attribuzione di sillabicità è complicata da concomitante dileguo di elementi sonantici come le ‛laringali’ ( . g.  ıl̥̆ ̯[hₓ]-i ̯ă·h  in «*M [h ]-nŏ ́ ıl̥̆ ̯[hₓ]-i ̯ă·h  „Che ha dissodamenti irrigati“ di contro a *i ̯l ̥hₓ-ắ·h  „dissodamenti“ ← √*i ̯ĕlhₓ- „dissodare“»; eccezionalmente, in quest’ultimo caso, si inserisce il diacritico ̯ in */l/ asillabico). Le sonore fiatate (o ‛aspirate’) indoeuropee e indoarie sono indicate con il simbolo della sonora semplice seguito dal carattere modificatore , che ne indica la precisa fonazione (come in b ūk -); le sonore ‛preglottalizzate’ (implosive), evolute in sonore semplici nella fase tarda dell’indoeuropeo, sono segnate con il simbolo della sonora semplice preceduto da un apostrofo modificatore rovesciato  , la cui grazia verso il basso richiama l’abbassamento della glottide presente in questi suoni ( . g. √*g rb- (√*g rb-) „essere raggrinzito“ → *g̥b-(n)ŏ-́ > *görb-(n)ŏ-́ ). Le parentesi quadre nei reconstrutti significano che il fonema contenuto è soggetto a elisione (quindi */b u̯n[h  ?]k s/ = *[b u̯ŋk s]). Le parentesi tonde nei reconstrutti indicano opzionalità (il contenuto può sussistere o no: «*b u̯h  ?- k- i ̯-(h ?) s» = «*b u̯h  ?- k- i ̯- s e/o *b u̯h  ?- k- i ̯-h ? s»; √*b u̯g - „piegare“ = √*b u̯g- o √*b u̯g -) o incertezza (come nel caso particolare del diacritico di palatalità  parentesizzato  : */ / = */k̑/ o */k/; */ / = */g̑ / o */g/). I significati sono compresi tra virgolette doppie tedesche „ “ («„crescere, sorgere, diventare“»); le citazioni letterali (con indicazione della fonte) tra virgolette doppie a caporale « » (anche per singole forme: «bh (u)», Meringer [1905-1906: 263]; all’interno dei caporali viene riprodotto mimeticamente —salvo lo specifico carattere grafico— il testo di partenza); le espressioni riportate (genericamente tratte dalla bibliografia corrente) tra virgolette doppie simmetriche ‟ ” ( . g. «etimologie ‟immediatamente evidenti”»), le espressioni mitigate tra virgolette singole simmetriche ‛ ’ («sostrato ‛mediterraneo’», «strato ‛paleoeuropeo’», «sonore ‛aspirate’», «fonetica ‛tirrenica’» &c.). Nelle citazioni e in bibliografia, il numero in apice preposto all’anno di pubblicazione indica l’edizione (successiva alla prima: «Rix t l. [²2001]»), quello posposto al numero di pagina si riferisce alla nota a piè di pagina («Alessio – de Giovanni [1983: 68² ]»). Il segno di paragrafo ¶ indica che nel testo citato si va a capo. Le omissioni («[…]») e le inserzioni in citazione sono tra parentesi quadre; il passaggio dal tondo al corsivo (o u c u rs ) per un solo carattere in una parola avverte che la citazione è stata adattata alla grammatica del contesto in cui compare (oppure emendata), . g. «Q di H, relativo a [due] temi-oggetto» è trasformato da «Q di H, relativo a un tema-oggetto» del testo di partenza. 106 Note aggiuntive sulla comparazione di antico indiano b kă-„buco“ e italiano buco „ĭd.“ BIBLIOGRAFIA ADAMS, Douglas Q[uentin]. 1988 Tocharian Historical Phonology and Morphology (American Oriental Series · Volume 71 · Editor-in-Chief Ernest Bender · Editors Paul W. Kroll, David I. Owen, Jeanette A. 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Herausgeber und Redaktionssitz: Univ.-Prof. 107 Guido BORGHI Heinz-Dieter Pohl, Institut für Sprachwissenschaft, Universität Klagenfurt; © Wien, Edition Präsens, 1999 [2000] [96 S.], ISSN 1028-1495), S. 5-11. 2001 Die vorrömischen Namen Pannoniens (Archaeolingua · Edited by Erzsébet Jerem und Wolfgang Meid · Series Minor 16 · Publiziert in Kooperation mit Innsbrucker Beiträge zur Kulturwissenschaft), Budapest, Archaeolingua Alapítvány [Textverarbeitung und Herstelllung der Druckvorlage durch den Autor. Druck: Akaprint Budapest], 2001 [316 S.], HU-ISSN 1216-6847, ISBN 963 8046 39 2. BATTISTI, Carlo – ALESSIO, Giovanni. 1950 Dizionario Etimologico Italiano (Redattore: Emidio DE FELICE; consulente tipografico: Filippo TEDESCHI), Volume primo ~ A-Ca, Firenze, Università degli Studi (Istituto di Glottologia) / G. Barbèra, Editore, 1950 [XXXII, 818 p.]. 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