Piero Vettori

Si mettono a confronto il volgarizzamento della «Poetica» di Lodovico Castelvetro (Vienna, 1570) e i «Petri Victorii Commentarii in primum librum Arsitotelis De Arte Poetarum», un'opera di riferimento per chi traduceva o commentava il trattato aristotelico nella seconda metà del Cinquecento. Alla «Poetica vulgarizzata e sposta» del filologo modenese, inoltre, si affianca  «Il libro della Poetica tradotto di greco da Alessandro Piccolomini» (Siena, 1572), la prima traduzione eseguita dal senese, il quale di solito ricorreva ai compendi o alle parafrasi nella resa volgare dei trattati filosofici antichi. S'ipotizza, quindi, che la traduzione piccolominiana fosse pensata come una risposta critica e nel contempo costruttiva all'opera del Castelvetro.

Dell'attività dedicata al volgare nell'Accademia degli Alterati di Firenze (1569-1634) rimane una trattazione ragionata intorno al lessico, ovvero alla struttura e alla formazione delle parole antiche e moderne in toscano, fittamente corredata da esempi delle opere di Dante, Petrarca, Boccaccio e Giovanni Villani, ma anche del «Novellino» nonché dalle citazioni tratte dai «buoni libri a mano» di altri testi trecenteschi. Quest’opera linguistica di mano di Francesco Bonciani (l'accademico Aspro) conservata nella Biblioteca Riccardiana testimonia le ricerche intorno al fiorentino antico condotte dai giovani Alterati alla scuola di Vincenzo Borghini, ancor prima dei lavori di Lionardo Salviati e degli Accademici della Crusca.

M. Curnis, L'Ificrate di Aristotele, in Aristotele citatore o la riappropriazione da parte della filosofia dei discorsi di sapere anteriori / Aristote citateur
ou la réappropriation par la philosophie des discours de savoir antérieurs
a cura di Elisabetta Berardi, Maria Paola Castiglioni, Marie-Laurence Desclos, Paola Dolcetti, Edizioni dell'Orso, Alessandria 2020, pp. 307-327.

Nel saggio si analizzano alcuni passi delle «Lectiones» e dei «Commentari»  vettoriani al trattato di retorica di Demetrio (pseudo-) Falereo, in cui il filologo fiorentino commenta la lingua, le metafore e le fonti della «Commedia»; anche per difendere l'opera dantesca dalle critiche rivolte alla lingua del poema da Giovanni della Casa nel «Galateo».

The paper detects the events of the collation of the famous codex “Bembinus” of Terence (now Vat. lat. 3226) made by Angelo Poliziano in 1491 on the margins of an incunabulum conserved in Florence (BNC, BR 97) and acquired by Pier Vettori after his death. The use of this collation by Vettori to recover variants of the ancient ms. emerges clearly in his printed works and in the margins of his books now in Munich. In particular, further evidence of the interest of Vettori has been identified in his unpublished notes (now BSB, Clm 805), which are illustrated in detail. The study contributes to shed light on the fortune of Bembine in the sixteenth century and on the history of Terentian textual criticism.

This paper examines a facet in the long history of Italian Renaissance humanism: how later historians of philology understood Renaissance humanists. These later recon-siderations framed the legacies of Italian Renaissance humanism, at times by asking whether the primary contribution of humanism was philosophical or philological. Philologists-especially from nineteenth-century Germany in the generations before Voigt and Burckhardt-wrote about Renaissance humanists by employing prosopog-raphy and bio-bibliographic models. Rather than studying humanists and their works for their own merits, the authors of these histories sought to legitimize their own disciplinary identities by recognizing them as intellectual ancestors. Their writings, in turn, helped lay the foundation for later scholarship on Italian Renaissance humanism and defined, in particular, how later twentieth-century historians of philology and scholarship understood the Italian Renaissance.

Nelle indagini di storia della lingua italiana del Cinquecento si osserva che lo storico processo del lento ma deciso affermarsi di un modello linguistico unitario s’intreccia con il volgarizzamento e la riscrittura della letteratura antica di ogni ramo dello scibile. Questo ‘acclimatamento’ in volgare delle materie, che vanno dalla filosofia naturale a quella morale, dalla poetica alla musica, dalla matematica alle arti meccaniche, avviene non soltanto grazie alla traduzione diretta delle opere greche e latine, ma soprattutto in virtù di un innesto del pensiero filosofico, come di quello scientifico-tecnico, nelle nuove teorie espresse nella trattatistica cinquecentesca. E se nel Duecento il volgare della prosa d’arte traeva modelli di un’elegante finitura formale e retorica dagli esempi mediolatini e classici, l'italiano della scrittura argomentativa nel secolo sedicesimo ricerca e sperimenta forme testuali e moduli linguistici che possano restituire appieno i concetti, «il vero delle cose», delle «auctoritates» in ogni disciplina, di Aristotele «in primis».
In questo intervento mi propongo di illustrare alcune delle questioni scaturite dalle ricerche dedicate alla nuova prosa e alla formazione del lessico sia scientifico (in particolare, della logica) sia tecnico (musicale, drammaturgico), così come al ruolo della cultura accademica nel volgarizzamento del sapere nel Cinquecento.

This volume studies the teaching of Aristotle's "Nicomachean Ethics" (the standard textbook for moral philosophy) in the universities of Renaissance Italy. Special attention is given to how university commentaries on this text reflect developments in educational theory and practice and in humanist Aristotelianism. Case studies are taken from the universities of Florence-Pisa, Padua, Bologna and Rome (including the Collegio Romano), although material on Pavia is also included.

The files below contain: the Table of Contents of the book; the Introduction; and Chapter 5 on the University of Florence, including Niccolò Tignosi and Donato Acciaiuoli.

The essay aims to investigate the subject of visuality in 16th century’s theoretical reflection on the short story, through an analysis of the notion of evidentia or enàrgheia in works like Galateo, Cortegiano, Dialogo dei giuochi of Girolamo Bargagli and the Lezione sopra il comporre della novelle of Francesco Bonciani. It reveals the existence of a network of cross-references, that lead back to rhetorical models at the center of the contemporary theoretical discussion, including in particular the De elocutione of pseudo-Demetrius of Phalerum, in the commentary of Piero Vettori.

Il volume raccoglie le osservazioni sul lessico tecnico della musica e del teatro del Cinquecento, attestato dalle traduzioni manoscritte di alcuni trattati greci: «Onomasticon» di Polluce, i «Problemi musicali» («Probl. XIX»), attribuiti ad Aristotele e altri testi più brevi. Le traduzioni, eseguite dal fonetista fiorentino Giorgio Bartoli (1534-1583), forniscono materiali per l'allestimento di un glossario ragionato che costituisce il nucleo centrale del volume.

In base ai documenti manoscritti, conservati nelle principali biblioteche fiorentine, si delineano la storia e il ruolo di un'accademia privata fiorentina, quella degli Alterati, fondata nel 1569 da Tommaso del Nero, che vide la partecipazione dei letterati di spicco (Bernardo Davanzati, Filippo Sassetti, Francesco Bonciani, Giovanni de' Bardi, Giulio Del Bene, Lorenzo Giacomini, Giovanbattista Strozzi il Giovane, Alessandro Rinuccini, Scipione Ammirato), quasi tutti discepoli e amici di Piero Vettori e Vincenzio Borghini. Nel cenacolo, che influenzò l'attività della Camerata de' Bardi, si discusse di poetica e di lingua volgare e i suoi esponenti presero parte alle polemiche intorno alla «Commedia» dantesca e al poema di Torquato Tasso. Si mette in rilievo l'impegno degli Alterati a favore della lingua volgare, in consonanza con le idee di Vincenzio Borghini; l'impegno realizzato nelle traduzioni dei classici (il Tacito del Davanzati "in primis"), nei progetti dei trattati di lingua, nelle edizioni dei testi volgari antichi, nonché nella difesa dell'opera del Tasso contro l'Accademia della Crusca.

Il saggio mette in discussione l'attribuzione, fatta da Bernard Weinberg, del volgarizzamento manoscritto della "Poetica" di Aristotele (1573) a Lorenzo Giacomini. L'esecuzione della traduzione, conservata nel codice Ashb 531 della Biblioteca Medicea Laurenziana, viene ora assegnata al fonetista fiorentino, Giorgio Bartoli, che per quasi vent'anni aveva accompagnato e guidato negli studi il giovane Giacomini, stendendo materialmente anche sotto dettatura di questi i suoi lavori di traduttore di opere greche. Il testo volgarizzato della "Poetica", senza firma, è di mano del Bartoli e fa parte del codice che raccoglie i suoi scritti autografi, compresa la trascrizione delle lezioni accademiche di Agnolo Segni e il volgarizzamento del trattato di Demetrio (pseudo)Falereo del Giacomini (1572ca), ma questi due ultimi, debitamente firmati dallo stesso Bartoli a loro nome. Nel saggio si espongono diversi argomenti a sostegno della paternità di Giorgio Bartoli, che all'epoca studiava l'opera aristotelica, fonte basilare anche per i suoi studi di fonetica; e l'elemento considerato decisivo per l'attribuzione è la datazione segnata in calce al testo ashburnhamiano, il 28 agosto 1573, in considerazione del fatto che Giacomini, impegnato negli affari della casa mercantile di famiglia ad Ancona, non era tornato a Firenze dal 1572.

Aristote définit la vraisemblance au chapitre 9 de la Poétique, dans un passage célèbre où il oppose la poésie à l’histoire. La poésie traite du général, et non du particulier, la poésie ne décrit pas ce qui a eu lieu, mais ce qui pourrait avoir lieu.
Lors de la réception renaissante de la Poétique en Europe, ce passage a attiré l’attention des traducteurs et des commentateurs. Si la première réception s’en est tenue à une compréhension littérale de ce passage, à partir des années 1570 ce texte a été l’objet de manipulations importantes, comme en témoignent les lectures qu’en font notamment Giraldi Cinzio, Chapelain, Rapin et Sidney. Dans leurs textes, la poésie ne représente pas les choses telles qu’elles pourraient être, mais telles qu’elles devraient être. Il s’agira d’expliquer les raisons de ce changement et d’en comprendre les conséquences sur les productions poétiques du temps. Mon hypothèse est que l’émergence et la pratique de la censure, à partir des années 1570, affecte la compréhension de la Poétique et que les censeurs se servent de l’analyse des commentateurs pour réguler et contrôler la production poétique, afin de restreindre le spectre du représentable, puisque la poésie n’exprime plus « ce qui pourrait être » mais seulement ce qui « devrait être » selon les principes de la morale. Je chercherai à comprendre en quoi cette compréhension de la vraisemblance affecte, dans la longue durée, la pratique littéraire et la lecture de la Poétique.

«La letteratura italiana a Congresso. Bilanci e prospettive del decennale (1996-2006)». Atti del Congresso Annuale, Capitolo (Monopoli) 13-16 settembre 2006, a cura di Raffaele Cavalluzzi, Wanda De Nunzio, Grazia Distaso, Pasquale Guaragnella, Lecce, Pensa Multimedia, 2008, vol. II, pp. 351-359, - ISBN/ISSN: 9788882325831

Formed intellectually by Pier Vettori, Vincenzio Borghini was able to freely make use of vast cultural experience, and could embrace the most disparate disciplines and studious pursuits. The proof that his evolution was broad comes to us from the precious information we have about his library. Born of a nucleus of classical authors, Greek as well as Latin, this library grew in response to the intellectual interests of the learned Benedectine monk. As the pages of the Filza Rinuccini 22,13 confirm, this library represents the proof of Borghini's unceasing comparison and contrast of diverse as well as related subjects - a process that led this thinker to continually rewrite his own early drafts of work.

Cet article analyse les notions de « modèle » et de « héros » dans la Florence républicaine de la Renaissance, qui est marquée à la fin du xve siècle par le début des guerres d’Italie et l’interprétation qu’en donne le prédicateur dominicain Savonarole.
Le premier moment, reposant sur l’étude des « livres de famille », illustre comment l’éducation politique des jeunes gens s’inscrit dans le temps long de la succession des générations. Parés de toutes les vertus, les ancêtres sont présentés par les pères de famille comme de véritables héros que les jeunes générations sont invitées à imiter.
Mais la prédication savonarolienne bouleverse cet ordre établi. Fustigeant les péchés comme les mauvaises habitudes politiques des vieux, Savonarole donne une nouvelle définition de la sagesse, qui n’est plus conférée par l’âge mais par l’amour du « bien vivre » qu’incarnent les premiers chrétiens et les saints. S’il constate avec regret que trop de Florentins refusent de suivre les traces des saints, il se réjouit en revanche que les enfants et les adolescents se détournent de l’exemple de leurs ancêtres. Ce sont donc désormais les fanciulli qui montrent, d’après lui, la voie à suivre.
Tout est ainsi prêt pour qu’au début du xvie siècle, au moment où l’état de guerre incessant impose de prendre en compte le présent plutôt que le temps long de la modélisation, la figure du jeune héros se substitue à celle du vieillard modèle. Les jeunes gens apparaissent en effet comme les sauveurs de la cité, en particulier pendant le siège de Florence par les troupes espagnoles.
Cette analyse souligne par conséquent que si la notion de « modèle » est stable, celle de « héros » suit au contraire les variations de l’histoire.

This paper reconstructs the diplomatic mission of Giovanni Corsi and Agostino Vespucci in Spain (1513-1516), studies the composition of the latter's De situ totius Hispaniae by means of its original manuscript, BAV Ott. lat. 2104, and sheds light on the reception of the work.

Si tratta della prima edizione del volgarizzamento della «Poetica» aristotelica, approntato da Giorgio Bartoli (1534-1583), l’accademico fiorentino e l’autore del trattato di fonetica “Degli elementi del parlar toscano”, edito postumo nel 1584 a cura dell’amico Lorenzo Giacomini. Il testo qui edito è tratto dal codice Ashb. 531 (II, ff. 1r-38r) della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze. Dal confronto della traduzione di Giorgio Bartoli con la versione latina della «Poetica» eseguita da Piero Vettori e con quelle volgari coeve di Ludovico Castelvetro e Alessandro Piccolomini emergono, da un lato, una notevole autonomia del fonetista fiorentino quanto all’adattamento in volgare dei termini specifici greci e, dall’altro, una sua fedele adesione al metodo seguito da Piero Vettori nella resa dell’ordito sintattico dell’opera originale.

Si tratta della prima edizione completa delle lettere manoscritte, conservate nella Biblioteca Riccardiana di Firenze (Ricc. 2438bis III), che l'accademico e fonetista fiorentino Giorgio Bartoli scrisse fra il 1568 e 1583 all'amico Lorenzo Giacomini (1552, Ancona - 1598, Firenze). L'epistolario ha un primo ed evidente interesse nel documentare l'impiego di una grafia parzialmente ortofonica da parte di uno di più innovativi studiosi cinquecenteschi della fonetica, l'autore del trattato «Degli elementi del parlar toscano» (1584) e continuatore del pensiero linguistico di Benedetto Varchi. Oltre agli aspetti storico-linguistici che propone all'attenzione, la raccolta epistolare consente di mettere in luce la formazione e la personalità di Giorgio Bartoli e i termini del suo sodalizio con un altro letterato ben rappresentativo dell'ambiente accademico fiorentino del secondo Cinquecento, quale fu Lorenzo Giacomini. In «Appendice» si pubblicano altri testi autografi, in gran parte inediti, di Giorgio Bartoli, fra cui la sua lettera «sul tradurre» a Marino Bobali del 1576ca. E oltre all'«Introduzione», che illustra l'ambiente letterario dell'epoca, il volume contiene altri capitoli: gli «Appunti linguistici» che mettono a fuoco l'uso del volgare fiorentino («argenteo»), e i «Personaggi dell'epistolario», contenenti notizie sugli uomini di lettere, sui mercanti e sui politici che si affacciano nelle carte dell'epistolario.

In Michel Plaisance, L’ Accademia e il suo Principe. Cultura e politica a Firenze al tempo di Cosimo I e di Francesco de’ Medici. L’ Académie et le Prince. Culture et politique à Florence au temps de Côme Ier et de François de Médicis, Manziana, Vecchiarelli, 2004, pp. 311-324, n° ISBN 88-8247-124-1. Publié d’abord dans les actes du colloque L’exil et l’exclusion dans la culture italienne, Publications de l’Université de Provence, 1991, pp. 67-76.

Eliana Carrara (p. 305-316), qui reconnaît à Robortello un vif intérêt pour
les arts figuratifs ainsi que pour les monuments (il a publié en 1548 une
Laconici seu sudationis explicatio, dans laquelle il procède à une description
minutieuse et érudite des thermes romains), analyse un bref passage des
Explicationes, dans lequel l’humaniste fait remarquer que le peintre peut
dépasser les limites de l’unité d’action parce que, selon lui, il peut recourir
à des particulae d’une action cependant unique, notamment par le biais
des couleurs. Robortello participe ainsi à la réflexion et aux débats qui, en
Italie puis en France, s’organisent autour de cette problématique, peut-être
parce qu’il a en mémoire des peintures qu’il a pu voir (cf. leur analyse dans
l’article) ou encore parce qu’il a eu connaissance des notes manuscrites de
Léonard de Vinci, réunies plus tard pour constituer son Traité de peinture.