Inquisizione

La fantasia popolare è stata sempre affascinata dalla possibilità che tra le pagine di antichi manoscritti si celassero arcani segreti, la cui rivelazione potesse conferire poteri occulti. Libri costati enormi sacrifici, che erano stati per i loro autori una ragione di vita e, al tempo stesso, la fonte di mille pericoli. La “Magia Naturalis” di Giovan Battista Della Porta fu uno dei testi più diffusi fra XVI e XVII secolo. Attorno ad esso ruotò per decenni un ampio dibattito, che spaziava dalla magia alla scienza, dalla filosofia alla teologia.

Popular imagination has always been fascinated by the possibility that arcane secrets were hidden among the pages of ancient manuscripts, the revelation of which could confer occult powers. Books that required enormous sacrifices, which had been a reason for living for their authors and, at the same time, the source of a thousand dangers. Giovan Battista Della Porta's “Magia Naturalis” was one of the most widespread texts between the 16th and 17th centuries. A wide debate revolved around it for decades, ranging from magic to science, from philosophy to theology.

Dopo aver pubblicato nelle proprie collane, nel 2018, la prima edizione critica del trattato sarpiano Sopra l’Officio dell’Inquisizione, l’Istituto Veneto ha voluto dedicare una giornata di studi a Paolo Sarpi nel quarto centenario della pubblicazione dell’Istoria del concilio tridentino (Londra 1619). Questo volume raccoglie le relazioni presentate all’incontro e pone al centro le due grandi opere – nelle quali il servita veneziano aveva ricostruito, da angolature profondamente differenti, l’affermazione del centralismo pon- tificio e della Chiesa della Controriforma –, ripercorrendone la genesi e le scelte alla luce di nuove fonti e delle più recenti acquisizioni storiogra- fiche. Fa inoltre il punto sulla circolazione manoscritta e a stampa degli scritti di Sarpi, destinata a svolgersi a lungo lontano dall’Italia, orientata dai settori anticuriali del ceto patrizio veneziano e dalle vicende politico- religiose europee.

The beginning of the Seventeenth Century in Sardinia, as in the rest of Europe, was a period of great uncertainty; there were still present the aftermaths of the religious fights of the Sixteenth Century and Spain had saw succeded to Charles V a series of monarchs who probably were not able to manage such a vast territory which numbered colonies from the New World and from half Europe, and who prefered to delegate their powers to councillors and validos ; Sardinia’s situation was chaotic, the Inquisition oft en had ministers who took care more of their interests than of those of the instituition they rappresented and who frequently made deals with the Island’s criminals in order to mantain their power, ignoring the abuses which their friends committed or even facilitating them. Juan Estevan Manca and Pirella banditi’s affair is included in that hazy corruption and false accuses picture about Seventeenth Century Sardinia.

Keywords: Sardinia; Inquisition; Seventeenth Century.

Il tema centrale di questa tesi è il rapporto tra storiografia e conoscenza delle fonti nelle
ricostruzioni della vicenda processuale di Giordano Bruno compiute da autori italiani.
Nell’affrontare quest’argomento, si è operata una macro-divisione della tesi in due parti: la
prima riassume la vita e le vicissitudini del filosofo nolano, la seconda si occupa
prettamente dei documenti processuali bruniani.
Alla base di questo testo vi è la curiosità ispirata dal mito di Giordano Bruno. Una
figura che ha da sempre diviso in due posizioni fortemente antitetiche che chiunque,
nell’affrontare questa personalità di non facile interpretazione, ha riscontrato. Da una parte
troviamo gli storici filo-cattolici, che hanno sempre parlato del nolano come di un eretico,
apostata, irreligioso e blasfemo, pronti a difendere l’operato dell’Inquisizione giustificato
in chiave storicistica; essi, inoltre, hanno dato una valutazione negativa della filosofia
bruniana, che hanno considerato caotica, confusa e di difficile comprensione. Dall’altra
parte troviamo invece gli anticlericali, che hanno elevato Bruno sia a eroe della libertà del
pensiero laico, sia a martire giustiziato da un’istituzione spietata che non aveva, al tempo,
compreso e accettato lo sviluppo della società che avrebbe prodotto inevitabili
cambiamenti culturali e (a partire dall’avanzamento scientifico e il progressivo sostituirsi
della scienza con la religione come portatrice della verità). La tesi è nata da questa
curiosità e si è basata su indagini più equilibrate condotte da studiosi, soprattutto storici e
giuristi, che affrontarono, e tutt’oggi affrontano, il caso Bruno senza attribuire
necessariamente al nolano delle caratteristiche etico-morali, politiche, religiose e culturali
che non gli appartenevano e soffermandosi sul valore della sua personalità all’interno del
contesto storico e culturale dell’epoca.

Con la condanna di frate Dolcino, suppliziato e bruciato in pubblico il 1° giugno 1307 a Vercelli, Rainerio degli Avogadro e papa Clemente V intendono scoraggiare gli adepti della sua setta di eretici, diventata sempre più pericolosa per gli equilibri religiosi e politici del Trecento. Come spesso accade, però, l’eco di un ̓espiazione crudele contribuisce alla diffusione di diversi racconti che a volte, con dinamiche poco chiare, trasformano il personaggio in mito e le sue gesta in leggenda.

In una chiesa di un monastero di clarisse del ducato di Urbino, nel marzo del 1601, il pittore Giorgio Picchi, in accordo con i sindaci e alcune suore, tenta di distruggere gli affreschi dello stimato Giustino Episcopi, artista della generazione precedente, con la promessa di pitture più allegre e più belle. Interrogato dal tribunale ecclesiastico, Picchi viene accusato di aver violato la clausura e di aver tentato di sostituire delle immagini sacre senza le autorizzazioni previste. I sostenitori lo difesero appellandosi alla convenienza di sostituire le immagini delle sibille con più appropriate figure di santi. Il processo Picchi-Episcopi, come il celebre interrogatorio a Veronese del 1573, è un’indagine sulla pittura sacra dopo il Concilio, sulla condotta del pittore, sui soggetti e sulla maniera di rappresentarli. Attraverso documenti inediti e un confronto con la precettistica del tempo, il contributo, perseguendo un auspicio che fu di Paolo Prodi, intende offrire nuove riflessioni sull’applicazione dei decreti tridentini nelle diocesi particolari. In March 1601, in a church of a monastery of Clarisse in the Duchy of Urbino, the painter Giorgio Picchi, with the support of the mayors and some of the nuns of the convent, tried to destroy the frescoes of the esteemed Giustino Episcopi, an artist of the previous generation. Although Picchi had promised to make more cheerful and beautiful paintings, he was accused for having violated the enclosure and for having tried to replace sacred images without the required authorizations. Some witnesses defended him, appealing to the convenience of replacing the images of the sibyls with more appropriate figures of saints. The Picchi-Episcopi trial, together with the famous interrogation to Veronese in 1573, is not only an investigation on sacred painting after the Council in general, but also on the painter’s behavior, on the paintings’ subjects and on the way of representing them. Through unpublished documents and a comparison with the literature of the time, the essay, pursuing a suggestion by Paolo Prodi, intends to offer new reflections on the application of the Tridentine decrees in the particular dioceses.

Tesi di Laurea Magistrale divisa in due parti: nella prima viene presentato un quadro generale sull'Inquisizione Spagnola, nella seconda si delinea il suo ruolo in Sardegna con particolare attenzione all'ispezione del tribunale di Sassari da parte di Juan Bautista Rincon de Ribadeneyra nel 1613-14; è presente un'appendice documentaria con le trascrizioni di alcuni passi relativi al resoconto dell'ispettore inquisitorio.

La prima parte di questa ricostruzione storica si incentra sul tema dell'originalità dell'esperienza di Valdo di Lione, il fondatore del valdismo, un tratto importante da sottolineare per comprendere quali siano state le vicende, ed in un certo senso, anche le fortune che hanno distinto i valdesi da tutti gli altri movimenti eterodossi che si svilupparono nel basso Medioevo; la novità di questa esperienza, come vedremo, sarà la colonna sui cui poggerà la sua ampia diffusione nella penisola italiana, essendo esso capace di amalgamarsi alla perfezione con l'esperienza dei Comuni; infine l'incontro con la Riforma, con l'esperienza ginevrina di Giovanni Calvino, che se da un lato segna l'inizio di una tradizione sinodale - con il sinodo di Chanforan del 1532 - che persiste, all'interno della Chiesa valdese, sino ai nostri giorni, dall'altro, invece, indica il momento in cui il valdismo abbandona completamente qualsiasi tratto tipico dei movimenti eterodossi medievali - ad esempio la pratica nicodemitica - per diventare ufficialmente un popolo-Chiesa di stampo protestante.
Nella seconda parte della ricostruzione, invece, mi sono posto essenzialmente due obiettivi. Il primo è stato quello di cercare di ricostruire una topografia delle comunità valdesi nell'Italia dell'epoca, al fine di comprendere quali siano state le ragioni di un movimento migratorio così consistente verso l'Italia del Sud, in particolare verso l'attuale provincia di Cosenza, la Calabria e il territorio della Capitanata, in Puglia, dove ancora oggi persistono comunità franco-provenzali. Il secondo obiettivo, invece, è stato quello di riportare alla luce le vicende che hanno visto come protagonisti quei borghi pugliesi nel loro rapporto con l'Inquisizione romana nel periodo del Concilio tridentino.

"«Caedite eos! Novit enim Dominus qui sunt Eius»...

...è il 22 luglio 1209 e la piana di Beziers è occupata da un esercito, che inalbera come insegna la Santa Croce, che sta assediando la città.
Ma se seguono la Croce...sono Crociati... ma non dovrebbero essere Outremer a combattere gli infedeli? Che ci fanno in terra di Francia?
La più cruenta, la più lunga, la più brutale e forse la meno conosciuta delle Crociate, però, non fu combattuta Outremer  bensì in Europa e le fiamme dei roghi della Santa Inquisizione si levarono alte per contrastare l'eresia catara!"

Vien sempre da chiedersi da che parte sta Dio nel momento in cui alcune delle Sue creature ne sterminano altre, ieri come oggi...
La storia è scritta con il sangue, e quella della chiesa cattolica non fa eccezione. Lo sterminio dei catari fa parte di una delle peggiori pagine scritte dalla Chiesa nei confronti di altri esseri umani. Ed è verso la fine del XII secolo,  la Chiesa organizzò e diresse uno spaventoso genocidio, 20 anni di guerra e 100 anni di Inquisizione per eliminare tutti gli eretici. Solo tra i catari, la stima delle vittime si aggira intorno al milione.

(to obtain a copy of this paper, please contact me by mail)

This paper deals with the Muslim slave presence within the “Bagno” of Livorno in the 17th century, placing a particular emphasis on aspects of everyday life and relationships with the city’s inhabitants. Through the analysis of inquisition records relating to magical practices held by the Archiepiscopal Archives of Pisa, it has come to light that a number of Christians had recourse to the magical arts of the “Turks”. Through the detailed descriptions provided in these documents it has been possible to ascertain that such practices were, in fact, in accordance with North African Islamic tradition. This phenomenon appears to both confirm the ideological association of the “Infidels” with the demonic world, while at the same time representing a medium for cultural exchange between the two shores of the Mediterranean.

Cesare Santus, Il “turco” e l’inquisitore. Schiavi musulmani e processi per magia nel Bagno di Livorno (XVII secolo).

L’articolo prende in esame la presenza di schiavi musulmani all’interno del Bagno di Livorno nel XVII secolo, soffermandosi sulla loro esistenza quotidiana ed in particolare sulle relazioni da essi intrattenute con gli abitanti della città. L’analisi di alcuni processi inquisitoriali conservati presso l’Archivio arcivescovile di Pisa ha portato ad evidenziare l’esistenza di casi in cui clienti cristiani ricorrevano alle arti magiche dei “turchi”, dettagliatamente descritte e perciò confrontabili con la tradizione islamica nordafricana. Questo fenomeno si dimostra allo stesso tempo frutto di un’ideologia che associava gli infedeli al mondo demoniaco ma anche uno dei canali attraverso cui si esercitava il confronto culturale tra le due sponde del Mediterraneo.

This article seeks to understand how the category of auctor damnatus or primae classis was constituted at Rome in the middle of the sixteenth century, what its implications and consequences were for Roman censorial policy, and how the Spanish Inquisition handled this concept. The Inquisition did not adopt it, either as a category or as a structural principle, until 1612, with the promulgation of the Index of Bernardo de Sandoval. This adoption, first, had important consequences for the system of control of reading, leaving its material marks on the covers and title pages of thousands of printed volumes. Secondly, it offers us a privileged viewpoint from which to examine the (deliberate) inconsistencies of the Spanish Inquisition, and the conflicts and contradictions between the Roman system of prohibition and the expurgatory policy of the Spanish Monarchy.
Cet article se propose d’examiner la manière dont se constitue la catégorie d’auctor damnatus ou primae classis à Rome au milieu du XVIe siècle, les implications et les conséquences de l’utilisation de ce concept sur la politique censoriale romaine, ainsi que le traitement accordé à cette idée par l’Inquisition espagnole, qui ne l’a pas adoptée -ni comme catégorie ni comme principe structurel- jusqu’en 1612, c'est-à-dire jusqu’à la promulgation de l’index de Bernardo de Sandoval. Cette adoption eut des répercussions importantes sur le système de surveillance de la lecture, elle laissa des traces matérielles sur la couverture et les pages de garde de milliers d’imprimés et fournit un point d’observation privilégié pour percevoir les inconsistances (délibérées) de l’Inquisition espagnole ainsi que les conflits et les contradictions entre le système prohibitif romain et la politique expurgatoire de la monarchie hispanique.
Este artículo se propone examinar cómo se conforma la categoría de auctor damnatus o primae classis en Roma, a mediados del siglo XVI, cuáles son las implicaciones y consecuencias del uso de este concepto en la política censoria romana, y cuál el tratamiento que dispensó a esta idea la inquisición española, que no la adoptó, ni como categoría ni como principio estructural, hasta 1612, es decir, hasta la promulgación del índice de Bernardo de Sandoval. Tal adopción tuvo efectos importantes en el sistema de vigilancia de la lectura, dejó huellas materiales en la cubierta y hojas de guarda de millares de impresos y ofrece un punto de observación privilegiado para percibir las (deliberadas) inconsistencias de la Inquisición española y los conflictos y contradicciones entre el sistema prohibitorio romano y la política expurgatoria de la monarquía hispánica.

State, Church and Inquisition in the Kingdom of Naples in an unpublished report by Bartolommeo Capasso for Pasquale Stanislao Mancini _____________________________________________________________________________________________________________________
Between 1876 and 1878, Pasquale Stanislao Mancini, in that period Minister of Grace, Justice and Ecclesiastical Affairs in the Depretis Government, promoted an ambitious research project to find documentation in Italian archives on the relations between the State and the Church in pre-unification Italy. In the Minister’s intentions, this investigation had to lead to the publication of eight series of volumes containing the most significant unpublished and rare documents on the subject. Partially realized in the following years, the ministerial initiative availed of the collaboration of eminent Italian researchers and archivists, among them also the Neapolitan Bartolommeo Capasso, who elaborated an interesting historical-archival report on the Inquisition in the Kingdom of Naples, using mostly documents, subsequently destroyed, of the City Historical Archive of Naples.
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Tra il 1876 e il 1878, Pasquale Stanislao Mancini, allora ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti nel Governo Depretis, diede impulso a un ambizioso progetto di ricerca per reperire negli archivi italiani documentazione sulle relazioni tra Stato e Chiesa nell’Italia preunitaria. Tale indagine, nelle intenzioni del ministro, doveva condurre alla pubblicazione di otto serie di volumi contenenti i più significativi documenti inediti e rari sull’argomento. Realizzatasi poi solo parzialmente negli anni successivi, l’iniziativa ministeriale si avvalse della collaborazione di eminenti studiosi e archivisti italiani, tra i quali anche il napoletano Bartolommeo Capasso, che elaborò una interessante relazione storico-archivistica sulle vicende dell’Inquisizione nel Regno di Napoli, utilizzando soprattutto documenti, poi andati distrutti, dell’Archivio Storico Municipale partenopeo.

LA VIOLENZA IN ROMAGNA
DALLO STATO DELLA CHIESA ALLO STATO UNITARIO

Relatori: Elide Casali,  Dino Mengozzi, Carlo De Maria.

“Società a tipo di violenza”. In questi termini, in uno dei suoi saggi, il filosofo e sociologo Guglielmo Ferrero si era espresso in modo icastico con riferimento al mondo romagnolo di fine Ottocento, inaugurando una linea interpretativa di difficile collocazione.
Le sue parole verranno riprese, non senza un certo distacco, da Emilio Rosetti nella sua opera più nota: La Romagna. Geografia e storia.

Il convegno organizzato dalla Fondazione Rosetti intende proporre un’approfondita analisi in merito a una categoria interpretativa che ha caratterizzato la rappresentazione e autorappresentazione della cultura romagnola.
L’espressione “società a tipo di violenza” sottintende, infatti, un’estesa pervasività della violenza, che caratterizzava le relazioni umane in modo complessivo, dalla politica alla prassi quotidiana, ai rapporti economici, fino alle feste da ballo. Una verifica del passato, senza veli o preclusioni, che può aiutare a comprendere anche la realtà odierna e fornire compiuti strumenti di indagine.

Este artigo tem como objetivo contribuir para o melhor conhecimento das estruturas eclesiásticas e inquisitoriais no mundo português, sobretudo na América. O foco dessa investigação é perceber a relação estabelecida entre os tribunais eclesiástico e inquisitorial, com o fito de demonstrar alguns aspectos dessa colaboração nos mais diferentes lugares e tempos, além de suas particularidades. Para isso, analisamos seus regimentos e os colocamos em relação com os diferentes casos e processos a fim de perceber com mais afinco as idiossincrasias de cada tribunal.

This article aims to contribute to a better knowledge of ecclesiastical and inquisitorial structures in the Portuguese world, especially in the America. The focus of this research is to understand the relationship between the ecclesiastical and
inquisitorial tribunals, with a view to demonstrating some  spects of collaboration in many different places and times, in addition to its peculiarities. For this, we analyze their Regiments and put them in relation with the different cases and processes in order to perceive the harder the idiosyncrasies of each Court.

Os críticos da ação inquisitorial em Portugal fizeram uso de panfletos, memoriais ou mesmo de sua voz para forjar, posto que sem intenção, uma imagem literária do Santo Ofício que foi amplamente utilizada por diversos de seus adversários, sejam eles cristãos-novos ou velhos. Fato de monta, estes escritos ganhavam certa unidade dentro de uma diversidade de personagens que ocupavam lugares díspares ou mesmo tinham intenções diversas com suas palavras. Assim, no conjunto, chamaremos – malgrado a imprecisão do termo – de literatura anti-inquisitorial estes escritos, embora a maior parte dos autores fosse crítico apenas do procedimento e dos estilos e não tiveram a intenção de levar a termo o Tribunal. Assim, esta investigação lança luz sobre a gestação e consolidação de um pensamento crítico acerca do Santo Ofício luso, tendo como principal objetivo analisar o processo de transformação jurídico-teológico do ato de criticar os procedimentos do Santo Ofício em pecado contra toda a igreja católica, assumindo, a partir daí, a forma de um crime.
THE HOLY OFFICE ACTS WITH MALICE AND KNAVERY, [...] ARRESTS PEOPLE FOR LOVE OF MONEY”: Criticism and critics processed by the Portuguese Inquisition (1605-1750)

Il 17 febbraio 1600 moriva sul rogo Giordano Bruno, il frate-filosofo che cercò la verità a costo di scontrarsi con l'autorità della Chiesa. Oggi è il simbolo della libertà di pensiero.
https://www.focus.it/mondo-focus/focus-storia-e-speciali/focus-storia/140

L’indagine condotta su alcuni personaggi finora rimasti nell’ombra, ma che ebbero un peso notevole, se non determinante, sul destino del filosofo, permette di ricostruire il complotto ordito dall’Inquisizione Cattolica per arrivare a mettere le mani su Giordano Bruno. La minuziosa e circostanziata ricostruzione dei fatti  si integra perfettamente con altre recenti ricerche dello stesso genere.

Come è noto, l’Opera di Albert Camus si gioca tutta all’intero della dimensione del “pensiero meridiano”, come evidenziano diversi Lavori pubblicati in occasione del centesimo della nascita dell’autore nato a Mondovi, in Algeria e morto nel 1960 a Villeblevin, in Francia, in un fatale incidente automobilistico. Un segno, quello del pensiero meridiano, che caratterizza tutta la riflessione di Camus, non solo infatti lo si ritrova nell’opera della maturità (una maturità intellettuale che non si è potuta intersecare con quella biologica) L’uomo in rivolta (L’Homme révolté, 1951) in cui l’ultimo capitolo è interamente dedicato a questo tema, ma affiora con decisione anche nell’opera che lo fece conoscere al grande pubblico Il mito di Sisifo (Le Myhte de Sisyphe, 1942) e si prepara fin dalle prime riflessioni del giovane franco-algerino che inizia ad affacciarsi alla vita intellettuale. 
Il proposito di queste pagine, un secolo dopo la sua nascita, è quello di fissare i punti chiave del suo pensiero, mostrando come tra questi ed alcuni importanti pensatori del Novecento siano presenti degli stupefacenti parallelismi, che aspettano ancora di essere percorsi sino in fondo.

ERETICOPEDIA, s. v. Du Pouget, Bertrand [Bertrando del Poggetto]
http://www.ereticopedia.org/bertrand-du-pouget
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600
[incartamento su un inquisitore di Dante]
Bertrand du Pouget o du Poujet (Castelnau-Montratier 1280 ca.-Villeneuve-lès-Avignon 1352), italianizzato in Bertrando del Poggetto, è stato un cardinale, legato pontificio e dottore in diritto canonico.
Sommario:
Biografia;
La campagna d'Italia;
Signore di Bologna e Rettore di Romagna;
L'inquisitore di Dante;
Il ritiro ad Avignone;
Bibliografia;
Links.

Esse artigo tem como objetivo compreender o processo que culminou nas suspensões do Santo Ofício português, entre os anos de 1674 e 1681. Os cristãos-novos produziram diversos documentos em Roma que invalidavam a ação do Santo Ofício lusitano, qualificando-o como arbitrário, interesseiro nos bens materiais e injusto. Os inquisidores, por sua vez, responderam cada queixa afirmando sua autonomia face ao papado e explicando os pormenores de sua prática jurídica. O local dessa disputa fora a própria Congregação do Santo Ofício romano, na qual mediaram seus cardeais e o próprio papa. Nesse sentido, serão analisadas as diversas correspondências, os opúsculos produzidos e os textos oficiais fomentados nessa lide que vicejou como um pedido de misericórdia (perdão) e terminou com a exigência de justiça pelos réus do famigerado Tribunal da Inquisição.

This paper aims to clarify the process that resulted in the suspension of the Portuguese Inquisition from 1674 to 1681. The New Christians produced several documents in Rome that invalidated the action of the Portuguese Holy Office, calling it arbitrary and only interested in keeping the confiscated wealth of defendants. In turn, the inquisitors answered every complaint asserting their independence from the papacy and explaining the details of their legal procedure. The contention was unfolded at the Supreme Sacred Congregation of the Roman and Universal Inquisition in which acted cardinals and the pope himself. In this sense, will be examined the exchange of letters, booklets, official papers and other documents produced in the heat of the dispute that had begun and flourished as a plea for mercy (forgiveness) and ended as a call for justice by the victims of the infamous tribunal.
http://dx.doi.org/10.14198/RHM2015.33.02

Tinti, Giacomo - Fra Giacomo Tinti da Lodi, dell'ordine dei frati predicatori, ricoprì la carica di inquisitore di Modena per più di un ventennio dal 1626 al maggio 1647, data della sua morte, in uno dei periodi più delicati del consolidarsi dell'azione del Sant'Uffizio modenese nel braccio di ferro che lo contrapponeva ai duchi della casa d'Este dopo la devoluzione di Ferrara al Pontefice (1598). Promuove processi contro degli ebrei per il possesso di libri proibiti all'Indice, e riesce a far chiudere anche a Modena gli ebrei nel ghetto, che fu istituito nel 1638 dal Duca Francesco I d'Este in pieno centro della città.