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Dispense Marketing

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CONCETTI E STRUMENTI DI MARKETING (GRANDINETTI)

Il rapporto tra produzione e consumo in una prospettiva storica

La trasformazione del marketing in disciplina autonoma nella prima metà degli


anni ’60 viene vista da molti come una “rivoluzione copernicana”.
In realtà il m. management é solo il traguardo di un percorso evolutivo articolato in tre
macro-fasi:

• Orientamento alla produzione


• Orientamento alla vendita
• Approccio di m. management

Il mondo della produzione artigianale

1984: il parlamentare Ellis acquista un’automobile presso Panhard et Lavassor. Essi erano
ancora degli artigiani (metodi di produzione limitatamente riproducibili, alti costi per unità
di prodotto, bassi volumi di produzione, possibilità di personalizzazione). Non era infatti
possibile costruire due auto identiche, in quanto i pezzi non risultavano intercambiabili a
causa delle tecnologie disponibili per realizzarli.

Possiamo distinguere due principali tipi di artigianato: quello di lusso e l’artigianato “dei
poveri” (coltellinaio, fabbro di paese, ciabattino, fornaio, macellaio). L’attuale “artigianato
industriale” ha un suo antenato in quel fenomeno che gli storici chiamano
“protoindustrializzazione”. Si tratta della disseminazione in aree rurali di attività
manifatturiere organizzate su base domestica, ma orientate verso mercati sovraregionali
attraverso l’intermediazione di mercanti. Questi mercanti-imprenditori fornivano agli
artigiani le materie prime e vendevano i loro prodotti sul mercato, gestendo dunque la
domanda”.

L’artigianato è ancora oggi una realtà esistente e presenta le seguenti caratteristiche:

• Conoscenza prevalentemente empirico-manuale impiegata nella produzione


• Limitato grado di meccanizzazione
• Qualità e flessibilità come vantaggio competitivo

La rivoluzione industriale

Una delle questioni più dibattute è se il processo di industrializzazione sia stato guidato
dalla domanda oppure dall’offerta, ossia dai mutamenti delle tecnologie di produzione.
Sicuramente c’è stata una compartecipazione, ma la rivoluzione tecnologica ha avuto
sicuramente un ruolo preponderante. Si viene a creare una feconda interazione tra scienza e
tecnologia: la tecnologia è in grado di assimilare rapidamente i principi derivanti dalla
scienza, mentre quest’ultima integra le macchine nel suo ciclo di scoperta e validazione
delle teorie.
Il modo di produzione industriale consiste nella “razionalizzazione delle operazioni
necessarie alla produzione di beni attraverso l’uso di macchine alimentate da energia
artificiale e progettate per replicare operazioni specializzate”. Le innovazioni sostanziali
riguardano:

• L’artificializzazione dell’energia (elimina il vincolo di prossimità delle fonti)


• L’introduzione di macchine specializzate (aumenta la produttività e riduce la probabilità
di errori)
• La standardizzazione dei prodotti e delle macchine (porta all’abbattimento dei costi di
produzione)

L’effetto collaterale è la riduzione di flessibilità e personalizzazione. Nella fase iniziale


della rivoluzione industriale, comunque, la compressione della varietà rimane “latente”
poiché coinvolge quei beni destinati ad essere ulteriormente trasformati. Nel processo
inarrestabile che segue, tuttavia, la frattura tra produzione e consumo diviene evidente, in
quanto la varietà di espressione della domanda, assecondata dall’artigianato, rappresenta per
la produzione industriale un dato residuale da superare.

La produzione di massa ed il primato degli Stati Uniti

Il processo di industrializzazione subisce una brusca accelerazione nel passaggio alla


seconda metà dell’800, con il coinvolgimento di Europa e USA dopo la lunga egemonia
inglese. Si entra nella fase della produzione di massa ed è proprio a cavallo dei due secoli
che viene costruita negli USA l’impostazione originaria di marketing.

Importanti innovazioni tecnologiche della metà dell’800:

• Sostituzione del ferro con l’acciaio


• Perfetta intercambiabilità delle componenti
• Sostituzione dell’energia termica con quella elettrica (permette di superare i vincoli
strutturali della macchina a vapore + trasferibilità nello spazio senza perdite notevoli
e facile convertibilità)

La produzione di massa prevede da un lato la ricomposizione di cicli produttivi complessi


(es. automobile) in un’unica fabbrica, dall’altro la parcellizzazione del ciclo produttivo in
fasi meccaniche distinte e la loro integrazione in un sistema omogeneo (=
standardizzazione). Al contempo questa standardizzazione assume in parte una
connotazione interna all’impresa e le imprese si diversificano quindi l’una dall’altra.
Gli Stati Uniti divengono il primo paese industriale al mondo: alla base vi è la creazione di
un mercato nazionale enorme, sia per la crescita demografica sostenuta anche dai flussi
migratori, sia per lo sviluppo delle infrastrutture e delle tecnologie di trasporto e
comunicazione (ferrovie, telegrafo, telegrafo ecc). L’espansione dei mercati si intreccia agli
sviluppi tecnologici nel favorire la nascita delle grandi economie di scala.
Si conseguono economie di scala quando il costo medio
unitario di produzione (somma di tutti i costi fissi e variabili /
quantità di output) diminuisce all’aumentare del volume di
produzione. Si considerano costi fissi quelli che non variano al
variare della quantità di output (es. investimento sugli impianti).
La loro esistenza segnala che una
maggiore dimensione
dell’impianto consente un uso più efficiente delle risorse
coinvolte nel processo produttivo.

=/=

Economie di saturazione: sono dovute al fatto che, dato un


certo impianto, il costo medio unitario diminuisce all’aumentare
della quantità prodotta perché i costi fissi si ripartiscono su un
numero maggiore di prodotti.

I due concetti vanno però di pari passo: se in presenza di


economie di scala, sussiste una mancata economia di
saturazione, significa che l’impresa non è capace di sfruttare le
potenziali economie di scala.
Il concetto di economia di scala colloca il problema dei costi di
produzione nel “lungo periodo” durante il quale programmi
possono essere riformulati ed entra in gioco il processo
tecnologico.

=/=

Economie di esperienza: si conseguono economie di


esperienza quando il costo medio unitario diminuisce con il
protrarsi dell’attività produttiva a seguito della capacità
dell’impresa di apportare miglioramenti (learning by doing). Le
curve di esperienza fanno riferimento all’esperienza cumulata e
non al tempo cronologico: infatti l’esperienza viene
capitalizzata in modo accelerato durante la fase iniziale del
ciclo di vita di un prodotto. Le economie di esperienza
permettono di ottenere dei margini più elevati a fronte di
maggiori volumi di prodotto realizzato e venduto nel tempo. Per
questo vengono anche denominate economie di scala
dinamiche. Nella pratica non è facile tracciare una netta
distinzione tra le due.

Oltre il mito dell’orientamento alla produzione (Production era)


A partire da un articolo di Keith del 1960 si è diffuso tra gli studiosi di marketing l’opinione
che, tra 1870 e 1930, nelle imprese industriali abbia prevalso un orientamento alla
produzione di beni standardizzati che “si vendevano da soli”. Questo automatismo viene
fatto discendere dalla condizione che caratterizzava quel periodo, con la domanda che
eccedeva l’offerta grazie alla crescita del reddito pro capite e dunque del potere d’acquisto.
La tesi risulta eccessivamente semplicistica, ma contiene certamente un certo nucleo di
verità. Emblematico è il caso dell’automobile. Contestualmente, esistendo ampi spazi di
domanda potenziale da sfruttare, nascono nuovi prodotti: dentifricio, corn flakes, chewing
gum, macchine fotografiche, cose che nessuno aveva mai realizzato in modo artigianale e
che fornirono la base per nuove abitudini.

Ciò non significa tuttavia che siano mancate le crisi recessive e le fluttuazioni della
domanda, che furono però contrastate dalla manovra delle scorte. Ciò evidenzia già come
l’era della produzione non abbia certo rappresentato un’era senza marketing. Le imprese
ebbero infatti a che fare con due principali problemi nella gestione del collegamento tra
produzione e consumo:

1. Comunicare i prodotti con la duplice finalità di informare della loro esistenza e “creare”
consumatori
2. Garantire il flusso fisico dei beni facendoli pervenire dove e quando essi lo
richiedevano

1. É in particolare modo dalla prima fondamentale esigenza che prende avvio il percorso del
marketing. Dunque non è del tutto vero che l’offerta ha generato da sé la propria domanda:
la fase emergente della produzione di massa ha comunque richiesto un sacco di lavoro.
Emblematica è la campagna promozionale di Procter&Gamble per un nuovo prodotto che,
così come tanti altri, ha contribuito a modificare in profondità le abitudini della società
americana.

[ Margarina vegetale di Procter&Gamble:

La margarina vegetale Cisco fu lanciata nel 1912, avvalendosi di un’agenzia


pubblicitaria esterna che testò i prodotti nelle varie città diversificando i piani di
promozione, per poi avviare una campagna nazionale che presentava il prodotto
come qualcosa di del tutto nuovo e ideale per le esigenze della casalinga
americana, unendo a questo dimostrazioni porta a porta e corsi di cucina appositi.
Il nuovo prodotto fu altresì oggetto di una lunga sperimentazione e fu poi offerto
in omaggio a cuochi professionisti per un’ulteriore prova.
La segmentazione del mercato fu poi particolarmente originale perché vennero
affiancate alla versione standardizzata una serie di variazioni come la margarina
per carrozze ristorante o quella rivolta alla popolazione ebraica, recante
sull’etichetta la dichiarazione del rabbino riguardo la conformità del prodotto a
particolari norme religiose.
Tutto ciò contribuì a creare un nuovo consumatore. ]

2. Il fatto che molte merci risultavano nuove ai consumatori richiedeva anche un’adeguata
preparazione dei negozianti. Si sviluppò in modo notevole il grossissimo specializzato ed
emersero nuove forme di vendita al dettaglio, a partire dai grandi magazzini. Il canale
grossista-dettagliante non risultò però molto efficiente in questa prima fase.
Un impegno diretto nei canali distributivi fu assunto invece da produttori di merci
deperibili, di beni confezionati semideperibili (es. sigarette o cereali) e di beni complessi
(es. macchine da cucire o da scrivere).
Alcune imprese cominciarono poi sviluppare la marca come fattore distintivo del prodotto,
spostando la figura di driver del processo d’acquisto nella figura del consumatore ed
attenuando di conseguenza l’influenza del grossista sul dettagliante e di questo sul
consumatore.

Il marketing delle origini non dovette invece preoccuparsi più di tanto della varietà
intersoggettiva delle preferenze dei consumatori, al di là di ripartizioni consolidate come
maschile e femminile per l’abbigliamento. Dominò la logica del “prendere o lasciare” (Ford
T) o più in generale del creare prodotti adatti a tutti i gusti.
Queste considerazioni generali vanno però inquadrate in un’ottica più dinamica, soprattutto
sul finire della production era, in relazione a due fenomeni:

- Alcuni produttori intuirono già da allora il vantaggio della segmentazione, creando così
le prime linee articolate in fasce di prezzo (es. General Motors, gamma completa di
automobili differenziate per qualità e prezzo. Fu una strategia anti-modello T che tuttavia
si basava sul presupposto che le differenze riguardavano solo gli attributi superficiali,
così da poter sfruttare comunque al massimo le economie di scala.

- Quando in un mercato/prodotto relativamente nuovo entrano nuovi produttori oltre al


first come, diviene necessario, le preferenze dei consumatori si distribuiscono su una
pluralità di prodotti e nasce dunque la necessità da parte dei produttori di differenziare la
propria offerta

Orientamento alla vendita (sales era)

Per tutti gli anni venti le imprese americane furono ossessionate dal rischio di saturazione
dei mercati e da una possibile entrata in una fase di sovrapproduzione strutturale. Ciò fu
dovuto soprattutto all’intensificarsi della concorrenza tra produttori.
Keith rappresenta questa tensione come un periodo intermedio tra orientamento alla
produzione ed orientamento al marketing: la sales era, collocabile negli Usa tra il periodo
della Grande Depressione e gli anni ’50.
Con l’orientamento alla vendita le imprese cominciano ad utilizzare il Communication mix,
prima tra tutte la pubblicità. L’investimento massiccio in pubblicità si rivelò un formidabile
supporto per la differenziazione dei prodotti. Il rilievo della pubblicità dipende anche dalla
sua versatilità (cinema, radio, televisione, quotidiani, riviste, affissioni..). In effetti è difficile
interpretare lo sviluppo dei mass media senza tenere conto del forte impulso derivante dalle
esigenze comunicative della produzione di massa.
La televisione, comparsa nel 1936 in Inghilterra e gestita dallo Stato in tutta Europa, negli
Usa seguì un modello di gestione privata, alimentato dalla pubblicità.
In questo periodo il marketing assunse un assetto più articolato a seguito di:

• Sviluppo di estese reti di vendita, dirette e non


• Comparsa di grandi catene di negozi e nuove forme distributive, in
particolare il supermercato (anni ’30)
• Le gamme di prodotto assumono una configurazione più ampia e
diversificata
• Si assiste allo sviluppo delle multinazionali (periodo d’oro delle
“multinazionali”)

In questo periodo si cerca di perseguire anche economie di scopo

Si ottengono economie di scopo quando il costo totale


della produzione congiunta di due o più beni è minore della
somma dei costi totali sostenuti producendoli separatamente.
Essa permette l’utilizzo di risorse che rimarrebbero sottoutilizzate
nel caso di produzione disgiunta. Inoltre le conoscenze produttive
e di marketing sviluppate per un certo prodotto e l’immagine
conquistata possono risultare utili anche per altri prodotti.

Si assiste poi al passaggio alle cosiddette forme di standardizzazione relativa, che incorpora
la strategia di diversificazione e consiste nella realizzazione di prodotti con la medesima
funzione d’uso, ma orientati a tipi di consumatori differenti.
La standardizzazione, sia assoluta che relativa, non ha rappresentato un’esigenza
avvertita solo dal mercato dell’offerta. Essa trova un fattore motivante nello
stesso processo di formazione delle aspettative dei consumatori. I
beni omogenei (auto, frigo…), “beni di cittadinanza”, divengono simboli di
appartenenza al ceto sociale emergente.
Il marketing management: una rivoluzione copernicana

Solo nella fase di maturità della produzione di massa viene completata la costruzione di una
moderna concezione di marketing. Con quest’ultimo passaggio, la funzione di collegamento
con il mercato assume un’identità precisa.
Negli Usa l’approccio di m. management vede i primi sforzi di sistemazione teorica nel
periodo compreso tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60. A ciò hanno contribuito vari
autori (appunti).

L’evoluzione del marketing corrisponde ad una necessità ineludibile per lo sviluppo della
grande impresa industriale che impone la realizzazione di elevati volumi produttivi
(economie di scala e di esperienza), la diversificazione delle gamme (economie di scopo) e
dei mercati geografici (economie di localizzazione e multinazionali) e la capacità di
stabilizzare l’ambiente competitivo sviluppando piani a lungo termine. Il tratto comune a
questi processi è l’elevata quantità di informazioni che esse incorporano.
Con il procedere della produzione di massa la domanda diventa più esigente e meno
standardizzabile, la competizione sempre più fitta, dinamica e complessa e la presenza di
aree di insoddisfazione della domanda rappresenta un fenomeno da monitorare. Il
consumatore non è più il destinatario di un flusso univoco, ma il punto di partenza e insieme
di arrivo di un circuito.
Dovendo garantire un efficace presidio informativo del mercato, il marketing non può più
operare come appendice subordinata della produzione, ma acquista una relativa autonomia.
Kotler sintetizza tale “rivoluzione” in questi termini: “l’impresa orientata al marketing non
deve tentare di vendere tutto ciò che produce, ma deve produrre ciò che può vendere”.
Esso assume la configurazione di un processo manageriale, un’attività pianificata con dei
contenuti normativi, che si articola in fasi distinte:

- Analisi delle opportunità di mercato


- Ricerca e selezione dei target
- Formulazione delle strategie di marketing
- Pianificazione delle azioni di marketing
- Organizzazione, attuazione e controllo delle azioni di marketing

Tale processo richiede la gestione integrata delle quattro leve di marketing.

Sul piano organizzativo, il marketing subisce un processo di progressiva strutturazione.


Kotler ne descrive così i differenti stadi evolutivi:

- A capo della funzione di marketing c’è ancora il responsabile delle vendite

- Piano piano che il marketing diviene una funzione sempre più necessaria, si passa ad uno
stadio successivo nel quale viene reso autonomo. Marketing e vendite divengono due
funzioni separate che dovrebbero cooperare, ma che entrano invece spesso in rotta di
collisione.

- Stadio più evoluto in cui il direttore di marketing viene posto alla testa della struttura
organizzativa, assumendosi anche la responsabilità delle diverse sottofunzioni, vendite
incluse

- Alcuni riconoscono un ulteriore stadio nella riorganizzazione di attività e prodotti in


funzione dei segmenti di mercato e dunque di tipologie omogenee di bisogni dei
clienti. Spesso queste varianti di riprogettazione hanno anticipato la suddivisione in
Asa o il modello di organizzazione multidivisionale (ad esempio in aree
geografiche).

Con il crescere della complessità che il marketing deve gestire, il principale vantaggio insito
nella sua funzione -la semplicità- perde di efficacia.
Nelle imprese divisionalizzate si aggiunge il problema di individuare le attività di marketing
che vanno mantenute presso la direzione generale dell’impresa, separandole dalle attività
che invece si distribuiscono tra le strutture divisionali.
Il sistema informativo di marketing: interfaccia cognitiva tra impresa e mercato

Tale interfaccia è fondamentale per ridurre i rischi connessi agli investimenti in capacità
produttiva.

Un sistema informativo di marketing (SIM) include diversi sottosistemi collegati ed


integrati:

- Il sistema delle rivelazioni interne centrato sul ciclo ordine-spedizione-


fatturazione

- Il sistema di marketing intelligence che raccoglie ed elabora le


informazioni sull’ambiente come l’indagine annuale ISTAT sui
consumi delle famiglie

- Le ricerche di marketing su specifici problemi

- I sistemi di supporto alle decisioni di marketing (MDSS)

CRONOLOGIA ESSENZIALE DEI PRINCIPALI EVENTI COMUNICATIVI


DELLA SOCIETÀ (ABRUZZESE)

Sono i concetti che fanno da sfondo ad a una corretta interpretazione dei media.

Prima fase: le origini della modernità (1750-1850)

Per rintracciare le origini delle organizzazioni sociali della contemporaneità dobbiamo fare
riferimento a due grandi mutamenti che segnano la storia dell’Occidente e le imprimono
un’accelerazione determinante: l’invenzione della stampa (1) e la rivoluzione industriale
(2).

1. Partiamo quindi dall’analisi del Rinascimento, della Riforma Protestante e della


Controriforma con particolare riguardo alle loro forme espressive. In questo periodo si
verificarono in concomitanza recupero del mondo classico e scoperta del “Nuovo
Mondo”, la nuova frontiera dei vecchi regimi europei. La stampa può essere
considerata la prima opera di astrazione della cultura dal suo contesto immediato,
capace di agire in modo decisivo sulle trasformazioni sociali e portare
all’emancipazione dell’opinione pubblica borghese. Anzi, è proprio grazie alla stampa
che nasce “l’opinione pubblica” intesa come sfera di relazioni da cui emergono regole e
modelli di democrazia ancora oggi esistenti.

2. Tra XVIII e XIX sec. la rivoluzione industriale genera, con i suoi fenomeni di
urbanizzazione e di migrazione interna alle nazioni, quella realtà storica nuova che è la
metropoli e la folla metropolitana, entrambi portatori di una nuova linguistica. In
secondo luogo la r.i. opera un radicale intervento di ristrutturazione dello spazio e del
tempo tramite mezzi di trasporto e di comunicazione innovativi. Si ha una progressiva
familiarizzazione con le protesi di cui l’uomo si serve per manipolare il proprio
ambiente e dunque anche un’interiorizzazione del bisogno di tecnologia. Ovviamente
tutta la storia è una storia di tecnologie e tuttavia l’800 ha reso questo ciclo più
complesso, denso e rapido. Infine nella società industriale si compie un processo di
“estetizzazione della merce” nel quale i confini tra arte e merce diventano
indistinguibili, tanto che si parla anche di “industria culturale”. Uno snodo
fondamentale, da questo punto di vista, sono le Esposizioni Universale, vero e proprio
condensato dei prodotti del capitalismo industriale in cui prendono corpo le ideologie
della tv e della pubblicità contemporanea.

I processi di metropolizzazione ed industrializzazione sono dunque alla base dell’evolversi


della comunicazione di massa. Tutti i processi dell’industria culturale matura hanno tratto
nutrimento da questo evolversi di tecnologie e trasformazione sociale e linguistica.

1770 -> Data convenzionale inizio R.I.

1793 -> Invenzione telegrafo meccanico

1804 -> Prima ferrovia pubblica


1814 -> Locomotiva a vapore
1825 -> Prima ferrovia pubblica a trazione meccanica (Scozia)

1827 -> Niepce inventa la fotografia

1833 -> Nasce il NY Sun, primo giornale di massa

1837 -> Telegrafo elettrico di Morse

1839 -> Prima linea ferroviaria italiana (Napoli-Portici)

1847 -> Primi esperimenti illuminazione elettrica in Inghilterra

1848 -> Manifesto del Partito Comunista di Marx e Engels


Seconda fase: la cultura di massa (1850-1950)

La metropoli, giunta al culmine della sua esperienza collettiva, sviluppa media


“spettacolari” e ‘industria culturale di massa arriva alla sua massima strutturazione.

Possiamo dividere questo periodo in due fasi, che per certi versi si susseguono e per altri si
intrecciano:

1. Periodo di traduzione (1850-1930): si fa carico di pubblicizzare tutte le precedenti


esperienze culturali. La cultura diviene dunque di massa (es. penny press,
collezionismo, riproduzione fotografica…), si diffonde il romanzo che tratta di
letteratura popolare e l’illustrazione tramite stampa periodica e fumetto.

3. Introduzione di nuove tecnologie di comunicazione: cinema, radio, televisione,


telefono. Esse costituiscono un netto salto di forme espressive e trasformano chi ne
fruisce in una dimensione sensoriale sino ad allora impensabile.

La cultura di massa costituisce un enorme archivio di figure e simboli. Una ricostruzione


completa delle sue forme è estremamente difficile e ancora non pienamente realizzata,
tuttavia il suo valore vitale è stato quello di rilettura simbolica dei fenomeni della modernità
industriale: trasformazione dello spazio e del tempo, assunzione di un pieno valore estetico
della merce, accelerazione dello sviluppo tecnologico, definizione di un nuovo soggetto
collettivo nello scenario metropolitano.

I media audiovisivi si sono contraddistinti subito come mezzo di massa e vero e proprio
contraltare simbolico dell’esperienza urbana (soprattutto cinema). La radio e la tv invece
localizzano il consumo culturale nella sfera domestica: l’esperienza di aggregazione
metropolitana vive già qui un momento di rottura e riconversione verso nuove dimensioni di
“privatizzazione” dell’esperienza sociale. La crisi della società di massa è vicina e lo
rivelano fratture politiche di portata inaudita, concentrate al culmine della civiltà industriale
del ‘900: la Prima Guerra Mondiale, il nazismo, l’olocausto, lo stalinismo, la Seconda
Guerra Mondiale, la Bomba Atomica che portano alla ribalta alcuni fenomeni culturali come
la svolta del pensiero scientifico in un sapere instabile e relativo. A questi eventi se ne
aggiungono altri altrettanto catastrofici che emergono nella fase successiva (AIDS, degrado
ambientale, fame nel mondo, terrorismo, guerre “permanenti”)

1851 -> Esposizione universale di Londra


1855 -> Apertura dei primi grandi magazzini a Parigi

1857 -> Studi di Meucci sul telefono

1859 -> “Sull’origine della specie” (Darwin)

1866 -> Invenzione macchina da scrivere

1877 -> Motore a combustione interna (dopo quello a 4 tempi)


1878 -> Lampadina elettrica di Edison
Primo centralino

1883 -> Motore a scoppio

1888 -> Kodak, prima macchina fotografica per dilettanti

1892 -> I fratelli Lumiere inventano il cinema


1895 -> A Parigi apre il primo cinematografo

1896 -> Marconi mette a punto la comunicazione radiofonica

1905 -> Relatività

1910 -> In Italia lo Stato ha il monopolio della radio


Ford inizia la produzione in serie delle automobili
1913 -> A Detroit Ford mette a punto la catena di montaggio

1920 -> Nasce la RCA (Radio Corporation of America)

1925 -> In Italia prima autostrada del mondo

1926 -> Nasce la BBC, radio pubblica inglese

1927 -> Primo film sonoro


1928 -> La Disney crea Topolino
1929 -> Premio Oscar per i migliori film dell’anno precedente
1930 -> Tv negli USA

1933 -> Il Terzo Reich instituisce il Ministero della propaganda

1936 -> Pubblicazione della teoria generale dell’economia di Keynes


“Tempi moderni” di Chaplin
1937 -> Nasce Cinecittà

1942 -> Voice of America inizia l’azione di propaganda radiofonica Usa


Al MIT viene realizzato il primo calcolatore analogico elettronico

1944 -> L’EIAR diventa RAI (Radio Audizioni Italia)

1945 -> ENIAC, primo calcolatore esclusivamente elettronico


Von Neuman concetto di macchina

1948 -> Pubblicazione 1984


Cibernetica di Wiener

1949 -> 45 giri


Teoria matematica dell’informazione
Terza fase: l’immaginario individuale (1950-2000)

Se ricerchiamo le tracce di una rottura che faccia da spartiacque tra la fase di massa della
cultura occidentale moderna e quella disarticolata della cultura contemporanea, possiamo
trovarla nella transizione verso l’economia postindustriale. L’economia postindustriale può
essere considerata come il fondamento dell’immaginario post-moderno in cui insistono i
nuovi media (tv a pagamento e internet), dopo il momento di passaggio che la tv generalista
aveva costituito facendo da cerniera tra la dimensione pubblica e quella privata dello spazio
domestico. L’immaginario post-moderno prevede una progressiva deviazione dal paradigma
moderno fondato sull’identità collettiva ed un avvicinamento all’ “immaginario individuale”
(già nella dimensione del consumo es. walkman, computer, videogiochi ecc).
Si tratta di un processo di destrutturazione che ha avviato dinamiche di globalizzazione
molto diverse dalle logiche dell’imperialismo culturale.
In particolare si parla di “glocal”, commistione tra “globalizzazione” e “localizzazione”, che
va ben oltre le dinamiche dello slogan “no global”. Alla fase post-industriale corrisponde
anche la crisi della metropoli che lascia lentamente posto a luoghi abitativi periferici.
Parallelamente si è realizzato uno slittamento lessicale da termini come “società industriale”
e “società dello spettacolo” (ancora molto legati al contesto della produzione) verso il
termine “società dell’informazione”, sospeso tra le due dimensioni dei mass media e dei
personal media. Questo termine mette in evidenza una prospettiva post-industriale in cui le
aggregazioni sociali tendono ad orientarsi più in base alla condivisione di codici culturali
che alle vecchie stratificazioni di classe.
In questo quadro la divisione tra tempo di lavoro e tempo libero (che i mass media
riempivano) entra in cortocircuito, approssimandosi sempre di più verso un unico tempo
sociale: a seconda dell’interpretazione ideologica o solo tempo libero o solo tempo di
lavoro.

Questa realtà in divenire, nel rovesciamento di interessi e valori che presuppone, viene
spesso definita “post-moderna”, proprio per marcare una possibile alterità rispetto alla
modernità. Alcuni, centrandosi principalmente sui cambiamenti tecnologici, parlano di post-
umano.

In questo frangente i media vengono profondamente trasformati da una nuova, grande


innovazione tecnologica: il digitale. Ciò dimostra come la comunicazione scriva la storia del
mondo a cui appartiene, la registri e la faccia sua.

1954 -> Negli Usa compare la prima radio portatile a transitor


1956 -> Videoregistratore negli Usa

1957 -> Sputnik (URSS), primo satellite artificiale

1958 -> Iniziano gli esperimenti della rete Arpanet, che poi diventerà Internet

1962 -> Prima trasmissione televisiva in mondovisione


La IBM costruisce i primi elaboratori a circuiti integrati

1967 -> Iniziano le trasmissioni televisive a colori


“Paradigma della comunicazione umana”(scuola di Palo Alto)

1969 -> Sbarco sulla luna


Esce “2001 Odissea nello spazio” di Kubrick

1972 -> Nixon si dimette dopo lo scadalo Watergate (operazioni di spionaggio compiute
contro il partito democratico)

1973 -> Fine guerra del Vietnam grazie anche alla mobilitazione dei media e dell’opinione
pubblica statunitense

1974 -> In Italia alcune sentenze incrinano il monopolio della Rai


1975 -> La riforma della RAI sottomette l’emittenza televisiva pubblica al controllo del
Parlamento

1976 -> Steve Jobs costruisce l’Apple, primo computer da scrivania con schermo e tastiera

1978 -> Berlusconi fonda TeleMilano che diverrà Canale5

1981 -> L’IBM immette sul mercato il primo personal computer


1982 -> Viene creato il TCP/IP

1984 -> Dopo aver rilevato Italia 1, Berlusconi acquista Rai4 = duopolio sistema televisivo
italiano

1985 -> Viene creato il CD-ROM

1986 -> In Italia iniziano i rilevamenti Auditel

1991 -> Guerra del Golfo come evento mediale

1992 -> Nasce il WWW

1998 -> Negli Usa si diffondono i DVD, sistema di registrazione digitale


PREZZO, COSTI E VALORE (FIOCCA)

Il prezzo rappresenta la sintesi economicamente rilevabile del valore che si è costruito con
le politiche di prodotto/servizio, distribuzione e comunicazione.

Nei manuali di marketing alcune volte viene spiegata come ultima leva, altre volte
successivamente al prodotto.
Nel primo caso si parte dal presupposto che le politiche di marketing generano una serie di
costi che costituiscono un punto di riferimento fondamentale per la definizione del prezzo
(insieme a valore percepito dal cliente e confronto con la concorrenza).
Nel secondo caso, si considera il prezzo l’espressione economicamente tangibile e
monetaria del sacrificio che il cliente deve sopportare per acquisire e utilizzare i valori insiti
nei beni che acquista e di conseguenza il prezzo dovrebbe essere la diretta conseguenza
delle politiche di marketing adottate per il prodotto. Tale prospettiva non sminuisce il valore
delle altre leve di marketing ma le pone in relativa subordinazione.

Valore

Il valore viene qui inteso nelle sue tre componenti fondamentali: valore costruito, valore
percepito e valore trasferito.
Ogni costruzione di valore non ha infatti senso se il mercato non la conosce, non la
comprende e non l’apprezza. Il valore percepito è fondamentale perché costituisce il punto
di riferimento della volontà del cliente di sopportare un sacrificio economico. Valore
costruito (e dunque la sua onerosità in termini di costi) e percepito (disponibilità a pagare un
determinato prezzo) rappresentano due punti di riferimento delle politiche di prezzo, ossia
rispettivamente la soglia minima e la soglia massima.
Il concetto di valore trasferito si colloca tra il minimo e il massimo ed è la rappresentazione
economica degli sforzi di reciproco adattamento.

Nel processo di formulazione del prezzo confluiscono altre due dimensioni fondamentali: la
concorrenza (1) e gli obiettivi di marketing dell’impresa (2).

1. Da un lato il prezzo è condizionato dalla situazione competitiva e da situazioni di price


e non price competition, dall’altro “il prezzo è una componente fondamentale
dell’impresa.. dalla quale sfuggire”. Lo stesso marketing nasce come superamento della
price competition nel momento in cui le imprese si sono rese conto della necessità di
operare secondo una logica di differenziazione che le allontanasse dal confronto di
prezzo.

3. Quanto detto precedentemente non vale quando l’impresa abbia deciso di intraprendere
una strategia basata sulla leadership dei costi (strategie low cost). Vediamo quindi
come gli obiettivi di marketing che l’azienda si è posta incidano sulle strategie di costo.
Il valore per il cliente

La percezione del valore è di per sé instabile poiché è soggetta all’interazione con variabili
esterne ed interne. E’ in generale un elemento soggettivo, relativo, dinamico e
multidimensionale, in quanto composto da un insieme molto ampio ed eterogeneo di fattori
che vengono sintetizzati con le parole “benefici” e “costi”. Si tratta ovviamente di
misurazioni soggette ad incertezza perché basate su valutazioni spesso soggettive dei
manager.

V=BxP/CxO

Dove:
• B = benefici
• P = performance
• C = costi
• O = onerosità in relazione ai vari componenti di costo (in primis il prezzo)

Ai fini della definizione del prezzo si tratta di tradurre in termini economici le percezioni dei
benefici e dei costi. Successivamente si individuano le caratteristiche tecniche e funzionali
che generano i benefici e i costi e si quantificano in termini economici e monetari.

Il limite maggiore è la natura composita ed articolata del valore per il cliente (elementi
tangibili, ma anche fattori intangibili, simbolici, di status, di natura imitativa).
Al prezzo si devono poi aggiungere costi di manutenzione, sostituzione e gestione (non per i
beni deperibili).

Costi e valore per l’impresa

Se il prodotto non copre tutti i costi, esso è ovviamente in perdita. Il problema della
misurazione dei costi è relativamente più facile -anche se non elementare-, perché si basa su
dati misurabili interni all’impresa. Il calcolo risulta facile solo in caso di imprese
monoprodotto che operano in un solo mercato, in tutti gli altri casi vi sono numerosi costi
comuni, spesso di difficile attribuzione.
Sono principalmente due i problemi importanti nell’orientare le decisioni di prezzo ai costi:

1. Non è semplice definire i binomi prezzi/quantità vendibili, a causa dell’elasticità o


meno della domanda
4. Attribuzione dei costi comuni complessivi
Quest’ultimi possono essere suddivisi secondo tre metodologie:

- Imputazione analitica dei costi comuni: comporta un notevole sforzo analitico per
individuare la suddivisione matematica dei costi
- Imputazione uniforme dei costi comuni: suppone che si diversifichino in modo
uniforme tra i prodotti in relazione, per esempio, ai costi diretti

- Imputazione in base a determinati criteri: es. caricare i prodotti a maggior margine di


una quota più consistente di costi comuni (molto più arbitrario)

Nonostante tutte queste limitazioni, l’orientamento ai costi è il più utilizzato dalle imprese.

Breakeven analysis

L’analisi dei costi permette anche di suddividerli in costi fissi e variabili. Così facendo si
possono calcolare per ogni prodotto i margini di contribuzione (differenza tra prezzo di
vendita e costo variabile) che rappresentano un riferimento fondamentale per le politiche di
prezzo.

MC = P - CV

Quando: MC = CF si ha il punto di pareggio (breakeven) tra costi e ricavi totali.

La B. Analysis è utile come strumento di verifica del quantitativo di vendite necessario per
un determinato prezzo, ma soprattutto come criterio di definizione del prezzo minimo. Il
rapporto tra un certo prezzo e il quantitativo di vendite necessario per raggiungere il
breakeven dato quel prezzo configura un’area di convenienza.ù

Prezzo, mercato e concorrenza

Tra le forme del mercato, quella che consente maggiori riflessioni riguardo al prezzo è
l’oligopolio. Esso può essere statico o dinamico.

Oligopolio statico: è raro che il prezzo venga utilizzato come strumento concorrenziale, ciò
in virtù del fatto che, in assenza di vere e proprie caratteristiche distintive, qualsiasi
manovra di prezzo può essere facilmente imitata.
Se un’impresa decidesse di ridurre i prezzi e gli altri la seguissero si otterrebbero quote di
mercato invariate, ma un generale abbassamento dei profitti, a vantaggio del consumatore.
L’unica condizione perché un’azienda possa diminuire i prezzi in una condizione del genere
è che si trovi in una miglior condizione di costo.
Se decidesse invece di aumentarli, non verrebbe imitata dalla concorrenza e perderebbe
quota di mercato. L’unica possibilità positiva potrebbe essere di raggiungere accordi (il più
delle volte taciti), a scapito del consumatore.

Oligopolio dinamico: qui il prezzo può essere considerato un’importante leva competitiva,
soprattutto quando accompagnato da differenziazione dell’offerta (es. mercati di nicchia). Si
vengono infatti a definire condizioni di premium price che derivano di solito dalla notorietà
delle marche e servizi annessi. Il cliente acquista non solo il prodotto, ma anche la garanzia
della propria soddisfazione, ossia un rischio minore. Il premium price è dunque in buona
misura il compenso per essersi costruiti la fiducia del cliente.

La differenziazione deve essere ovviamente apprezzata dai clienti e l’impresa dovrebbe


essere in grado di stimare, anche a livello monetario, il valore non solo del prodotto, ma
anche delle singole componenti.
Tramite l’individuazione dei fattori di differenziazione concorrenziale, l’impresa può anche
decidere se assumere un atteggiamento da leader di mercato o da semplice imitatore.

La centralità della dimensione concorrenziale nelle politiche di prezzo delle imprese si


osserva in modo particolare nei loro quattro tipi di condotte:

1. Condotta cooperativa: è la tipica situazione dei settori oligopolistici nei quali prevale
un orientamento di non price competition, poiché la concorrenza di prezzo genererebbe
una situazione negativa per tutte le imprese.

4. Condotta di adattamento: l’impresa cede agli altri il compito di definire le politiche


di prezzo (follower)

5. Condotta opportunistica: utilizzo del prezzo come dinamica concorrenziale senza


tuttavia l’intento di attivare una guerra dei prezzi. In questo caso si possono praticare
sconti, facilitazioni di pagamento ecc. senza modificare i prezzi di listino.

6. Condotta offensiva: a volte pur di ottenere i risultati di quota, l’azienda sopporta un


periodo di minore redditività che verrà compensato nel lungo periodo.

Adattamento e dinamica dei prezzi nel tempo e nello spazio

Tutte le variabili di marketing necessitano di adattamenti alle condizioni di mercato e


dell’impresa, ma il prezzo è sicuramente la variabile più trasparente e oggetto di
comparazione.
La diversità dei prezzi praticati può riguardare due situazioni specifiche:

- Lancio di un nuovo prodotto: molto spesso la conoscenza del mercato, dei costi ecc
sono piuttosto limitate. In questo caso l’analisi di valore per il cliente rappresenta un
ottimo punto di partenza. Da tale analisi l’impresa può indirizzare il proprio prodotto
verso un prezzo di scrematura o di penetrazione.

-> Prezzo di scrematura: prezzo relativamente elevato diretto ad un segmento specifico.


Consigliabile in virtù di un forte grado di differenziazione, di un mercato particolarmente
elastico al prezzo o quando sussistono significative barriere in entrata

-> Prezzo di penetrazione: sviluppo della quota di mercato a scapito di margini di profitto
unitario (più contenuti)
- Politiche di discriminazione dei prezzi: si verificano nel caso in cui l’impresa applichi
a prodotti sostanzialmente uguali prezzi diversi, in virtù di:

• Destinazione del prodotto/servizio: diretto ai consumatori o agli acquirenti


industriali (es. energia elettrica)
• Volumi d’acquisto: non sempre le politiche di sconto dei volumi rispecchiano
gli effettivi risparmi di costo. Se ciò non avviene ci troviamo davanti ad un
caso di discriminazione di prezzo.
• Modalità di pagamento: si ha discriminazione del prezzo quando i risparmi
ottenuti dai minori oneri finanziari non corrispondono ai prezzi praticati.
• Libera scelta dell’acquirente: es. buisness class o economy

In ogni caso si ha questa condizione quando le differenze di prezzi non corrispondono a


quelle di costi.

Vi è poi il target pricing, derivante dal target costing. Le pratiche di t.p. sono tipiche del
B2B dove il cliente ha un forte potere contrattuale e può chiedere ai fornitori di ridurre
progressivamente i prezzi in virtù della capacità di ridurre i costi agendo su economie di
scala. Rappresenta sia una testimonianza di potere contrattuale che di condivisione di
obiettivi comuni.

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