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LAGIOIA

Per ragionare, dopo la lettura, intorno a questo poderoso romanzo (non fiction novel) bisognerà partire dagli interventi di Domenico Starnone (che lo innalza e complica, inserendolo nella linea che da T. Capote porta ad E. Carrère) e di Walter Siti (" un magnifico paesaggio di Roma in nero e marciume"). Anche se, per me, la sezione del 'coro' degli amici che, sgomenti con ipocrisia e complici del contesto, discutono dell'omicidio, rende bene quel cicaleccio, anche social, che riavvolge le nostre esistenze. Va da sé che la bellezza scrittoria riprende nella descrizione dei due giorni dell'assurdo (Camus? ma il tutto è diverso) assassinio, che spegne tre vite di questa generazione, nata dopo il 1985, e con cui condividiamo la degradazione della storia europea, perché ovunque ci appartiene il tema della crisi della biosfera, degli effetti della globalizzazione tecno-economica, dell'incertezza nella percezione del futuro e l'incapacità di gestire l'ardore erotico canalizzandolo in forme di socializzazione. E qui riparte la discussione su città e borghi dell'Appennino; su come riportare equilibrio fra il senso della comunità e il sudato individualismo per cui ognuno vuole consumare il massimo dell'eros nel mentre il nichilismo e la pervasività della Tecnologia rende inattuale e vano ogni sistema morale religioso ed anche filosofico. Lagioia si appiglia a Simone Weil: "Il senso di colpa si combatte solo con la pratica della virtù"(p.447), la quale, certo, fin dai Greci, era senso della 'misura', eudaimonia, rinuncia, astensione dal compiere il Male (che è il vero protagonista di questa intricata storia documentaria, ritenuta quasi di possessione e magia). Salvo forse scoprire che proprio il senso di 'colpa' si è attenuato o è scomparso nei comportamenti di una generazione il cui vitalismo è irrelato, privo di punti di riferimenti, tanto più che i figli sono degli illustri sconosciuti per i genitori, alieni viventi in un mondo parallelo, sfiancati dal lavoro e flagellati dalle crisi intramatrimoniali. La letteratura continua ad inscenare le forme della lotta fra Armonia e Discordia. Eros, spinta al desiderio di confusione, promuovendo forze di associazione, agisce spesso in maniera inseparabile con Thanatos, con forme istintuali di distruzione, conflitto e disintegrazione, come dimostrano le vicende dei tre romani, in cui la ricerca di amicizia e di ruolo sociale si mescola con le frustrazioni, la predazione ed una conflittualità che si associa al bisogno di amore. E all'amore di e con Marta sono dedicate pagine intriganti. Per indicare una via d'uscita, da questo mondo sotterraneo alla storia che fluisce nella superficie della megalopoli infettante, Lagioia fa ricorso al 'libro dell'incontro', agli esperimenti di giustizia riparativa tra vittime e responsabili del terrorismo, agli incontri fra le parti coinvolte al fine di fermare quel circolo fra male e solitudine in cui i sopravvissuti a queste vicende negative rischiano di restare irretiti e suggerisce anche la riparazione emotiva che avviene con la visita ai cimiteri, all'opposta città dei morti, lì a Prima Porta, con la recita di qualche preghiera e la pratica sistemazione di fiori, scacciando le zanzare, tutti questi che sembrano atti restaurativi se non proprio gesti di un sacro rituale. E il tutto mentre scende una placida sera estiva, frutto di quegli ignorati ma operosi movimenti di rotazione terrestre, ' la gigantesca macchina che ci fa nascere e ci riduce in polvere'rotazione che viene imitata nella sublime danza dei dervisci-. E la narrazione si chiude con l'inizio, col Colosseo, 'eredità del mondo', visto dall'aereo del pedofilo turista olandese che, anche lui, lascia Roma con un senso di contentezza marcia, perché il saldo gli sembra positivo e la" città ti regalava molto di più di quello che chiedeva in cambio". Cosa fare con e per questi giovani? Come uscire da queste ombre e dall'incertezza della notte? Confessiamolo: lo ignoriamo. La letteratura è intrigante anche per le forme che vi assume l' esposizione linguistica e per lo scenario immaginativo che fornisce alle nostre interrogazioni. Ecco i bivi: libertà e desiderio di potere sull'altro come sopraffazione; quale città intendiamo edificare; quale natura umana ci contraddistingue e in cosa sia modificabile, se è vero che l'artificio (il contratto, il patto che fonda lo stato) consente il superamento della 'ferinitas' e l'avvio di una 'societas' governata da leggi relazionali e razionali, per quanto è possibile.

NICOLA LAGIOIA: LA CITTA’ DEI VIVI (Einaudi) ROMA E NOI, FRA DROGA, SESSO E VIOLENZA di ANTONIO LOTIERZO Per ragionare, dopo la lettura, intorno a questo poderoso romanzo (non fiction novel) bisognerà partire dagli interventi di Domenico Starnone (che lo innalza e complica, inserendolo nella linea che da T. Capote porta ad E. Carrère) e di Walter Siti ( “ un magnifico paesaggio di Roma in nero e marciume”). Anche se, per me, la sezione del ‘coro’ degli amici che, sgomenti con ipocrisia e complici del contesto, discutono dell’omicidio, rende bene quel cicaleccio, anche social, che riavvolge le nostre esistenze. Va da sé che la bellezza scrittoria riprende nella descrizione dei due giorni dell’assurdo (Camus? ma il tutto è diverso ) assassinio, che spegne tre vite di questa generazione, nata dopo il 1985, e con cui condividiamo la degradazione della storia europea, perché ovunque ci appartiene il tema della crisi della biosfera, degli effetti della globalizzazione tecno-economica, dell’incertezza nella percezione del futuro e l’incapacità di gestire l’ardore erotico canalizzandolo in forme di socializzazione. E qui riparte la discussione su città e borghi dell’Appennino; su come riportare equilibrio fra il senso della comunità e il sudato individualismo per cui ognuno vuole consumare il massimo dell’eros nel mentre il nichilismo e la pervasività della Tecnologia rende inattuale e vano ogni sistema morale religioso ed anche filosofico. Lagioia si appiglia a Simone Weil: ”Il senso di colpa si combatte solo con la pratica della virtù”(p.447), la quale, certo, fin dai Greci, era senso della ‘misura’, eudaimonia, rinuncia, astensione dal compiere il Male ( che è il vero protagonista di questa intricata storia documentaria, ritenuta quasi di possessione e magia). Salvo forse scoprire che proprio il senso di ‘colpa’ si è attenuato o è scomparso nei comportamenti di una generazione il cui vitalismo è irrelato, privo di punti di riferimenti, tanto più che i figli sono degli illustri sconosciuti per i genitori, alieni viventi in un mondo parallelo, sfiancati dal lavoro e flagellati dalle crisi intramatrimoniali. La letteratura continua ad inscenare le forme della lotta fra Armonia e Discordia. Eros, spinta al desiderio di confusione, promuovendo forze di associazione, agisce spesso in maniera inseparabile con Thanatos, con forme istintuali di distruzione, conflitto e disintegrazione, come dimostrano le vicende dei tre romani, in cui la ricerca di amicizia e di ruolo sociale si mescola con le frustrazioni, la predazione ed una conflittualità che si associa al bisogno di amore. E all’amore di e con Marta sono dedicate pagine intriganti. Per indicare una via d’uscita, da questo mondo sotterraneo alla storia che fluisce nella superficie della megalopoli infettante, Lagioia fa ricorso al ‘libro dell’incontro’, agli esperimenti di giustizia riparativa tra vittime e responsabili del terrorismo, agli incontri fra le parti coinvolte al fine di fermare quel circolo fra male e solitudine in cui i sopravvissuti a queste vicende negative rischiano di restare irretiti e suggerisce anche la riparazione emotiva che avviene con la visita ai cimiteri, all’opposta città dei morti, lì a Prima Porta, con la recita di qualche preghiera e la pratica sistemazione di fiori, scacciando le zanzare, tutti questi che sembrano atti restaurativi se non proprio gesti di un sacro rituale. E il tutto mentre scende una placida sera estiva, frutto di quegli ignorati ma operosi movimenti di rotazione terrestre, ‘ la gigantesca macchina che ci fa nascere e ci riduce in polvere’ – rotazione che viene imitata nella sublime danza dei dervisci -. E la narrazione si chiude con l’inizio, col Colosseo, ‘eredità del mondo’, visto dall’aereo del pedofilo turista olandese che, anche lui, lascia Roma con un senso di contentezza marcia, perché il saldo gli sembra positivo e la” città ti regalava molto di più di quello che chiedeva in cambio”. Cosa fare con e per questi giovani? Come uscire da queste ombre e dall’incertezza della notte? Confessiamolo: lo ignoriamo. La letteratura è intrigante anche per le forme che vi assume l’ esposizione linguistica e per lo scenario immaginativo che fornisce alle nostre interrogazioni. Ecco i bivi: libertà e desiderio di potere sull’altro come sopraffazione; quale città intendiamo edificare; quale natura umana ci contraddistingue e in cosa sia modificabile, se è vero che l’artificio ( il contratto, il patto che fonda lo stato ) consente il superamento della ‘ferinitas’ e l’avvio di una ‘societas’ governata da leggi relazionali e razionali, per quanto è possibile.