Nothing Special   »   [go: up one dir, main page]

Academia.eduAcademia.edu

TROIA

I.N.A.F. – Istituto Nazionale di Astrofisica Osservatorio Astronomico di Brera, Milano. La vicenda della guerra di Troia ha affascinato l’uomo fin dal momento in cui Omero ne narrò alcuni eventi, relativi al decimo anno di combattimento, nell’Iliade, mentre il problema della sua storicità è divenuto oggetto di dibattito solo con il sorgere della moderna critica delle fonti storiche, dalla fine del XVIII secolo, in poi. ! Gli scavi compiuti a Troia da Heinrich Schliemann tra il 1870 e il 1890, da Wilhelm Dorpfeld nel 1893 e 1894 e dall’americano Carl William Blegen dal 1932 al 1938 hanno contribuito a tener desto e ad approfondire ulteriormente l’interesse riguardo la possibile storicità o meno dell’opera omerica. La ripresa degli scavi da parte di Manfred Korfmann nel 1988 ha riportato nuovamente all’attualità il sito, lungo 150 metri e largo 200, posto a 37 metri di quota, sulle rive del fiume Scamandro, in Anatolia. Pochi altri temi della storia antica sono divenuti terreno di studio delle più diverse discipline antichistiche e umanistiche come la guerra di Troia, attirando anche una grande quantità di speculazioni, non sempre eseguite su basi scientifiche. Dalla filologia classica alla storia antica, dall’archeologia classica, alla protostoria, dagli studi indoeuropei all’ittitologia, ciascuna ha fatto la sua parte e ora da poco tempo anche l’archeoastronomia ha potuto dare il suo valido contributo. " # $%%% & ' (%% & La guerra di Troia, non è altro che un mito o una saga e un racconto la cui origine e il cui sviluppo risposero ai più disparati interessi del tempo in cui furono redatte le opere che ne narravano le vicende le quali trattava principalmente delle imprese di guerra di eroi e divinità e i cui eventi erano collocati in un lontanissimo passato, il quale era sentito come grandioso. La moderna indagine relativa alla guerra di Troia, si è in genere preoccupata di dimostrare o di negare la storicità della narrazione omerica, in tal modo, però, hanno avuto origine nuovi miti, nuove ricostruzioni più o meno ideali, alimentate dai sentimenti e dagli interessi personali degli studiosi moderni e molto spesso risultano essere ben lontane dalla realtà storica degli eventi. Secondo il mito, la guerra di Troia fu un fatto storico, realmente accaduto verso la fine della tarda età del Bronzo, quindi nel XIII o nel XII secolo a.C., che si svolse, almeno a grandi linee, così come è narrato nella saga, e nell’interpretazione più comune, significherebbe che Troia venne conquistata da Greci di provenienza micenea. ' ! ) *+ , Un altro mito, molto diffuso anche ai giorni nostri, prevede che l’attività di scavo degli archeologi non sia legata alla metodologia critica propria delle scienze umane e costituisca di per sé un modo sicuro per confermare o per smentire la storicità delle saghe, a seconda che i reperti che vengono dissotterrati sembrino confermare o meno quanto raccontato, nei testi antichi. La perentorietà dei risultati dell’archeologia, il valore probante, immediato e inequivocabile dei reperti riportati alla luce durante gli scavi viene spesso contrapposto all’analisi critica delle fonti da parte dello storico, tentando in questo modo di supportare la storicità dei miti. Lo stesso fatto è accaduto in relazione agli scavi della mitica città di Priamo e tali opinioni vennero generalmente sostenute anche dagli archeologi che eseguirono gli scavi a Troia, primo fra tutti, Heinrich Schliemann, nella seconda metà del ‘800. Le presunte “prove” archeologiche hanno fatto guadagnare all’idea della storicità della guerra di Troia, un crescente credito non solo tra il pubblico dei semplici appassionati, ma anche nel mondo scientifico. È questo un fenomeno analogo a quanto sta avvenendo da alcuni anni nel caso delle piramidi egizie, dove una certa “archeoastronomia” di dubbio valore scientifico, tenta di collocarle cronologicamente ad epoche impassibilmente molto più remote di quanto l’archeologia abbia permesso di stabilire e a prevedere una loro funzione astronomica come facente parte di un imponente disegno cosmico che collegherebbe la maggioranza dei grandi monumenti antichi distribuiti sul pianeta. Questo modo di procedere, nel caso di Troia, poteva contare, a suo tempo, sul consenso di un’ampia parte dell’opinione pubblica, e lo spiegamento dei mezzi di comunicazione riguardo le attività di scavo intraprese sulla collina di Hisarlik, contribuì in maniera rilevante a diffondere l’idea della storicità dell’Iliade e ancora oggi taluni ricercatori che hanno intrapreso scavi sul sito nelle vicinanze della collina di Hisarlik nutrono la segreta speranza di scoprire qualche reperto che fornisca la prova inequivocabile della storicità del mito omerico. Il problema della storicità della guerra di Troia è stato affrontato, dal punto di vista filologico, antichistico e archeologico, sulla base di un esame interdisciplinare e complessivo di tutti i dati disponibili e solo in questo modo è potenzialmente possibile formulare una risposta alla questione. I metodi d’indagine propri della filologia classica e della storia antica, costantemente perfezionati fino a oggi, nonchè un approfondito riesame critico, alla luce dei criteri dell’indagine archeologica, dei dati rivelati finora dalle campagne di scavo, hanno costituito la base per comprendere le complesse vicende della città fortificata posta presso le rive del fiume Scamandro. Ora anche l’archeoastronomia è chiamata a fare la sua parte analizzando accuratamente le orientazioni degli edifici e quelle degli assi delle porte praticate nelle grandi mura della città fortificata, e comunque tutto ciò che gli scavi archeologici hanno messo in evidenza, strato dopo strato, epoca dopo epoca, cultura dopo cultura, dal Neolitico in poi, rispetto alle direzioni astronomiche fondamentali, e a discutere i risultati ottenuti, alla luce del bagaglio culturale tipico dell’astronomia greca, ittita, ma anche delle popolazioni Protohatte che risiedevano in quella zona prima del 2000 a.C. quando gli Ittiti e i Luvi arrivarono in Anatolia, scendendo da nord lungo il Caucaso, e della simbologia mistica ad essa connessa, prestando molta attenzione alla possibile esistenza di simbologia o criteri di orientazione tipicamente non greci. ! , # ! Ne dal punto di vista filologico, ne da quello dell’indagine storica e archeologica, è possibile parlare di un “nucleo storico” della saga omerica. Il fondamento della saga stessa non è da ricercare in eventi, più o meno corrispondenti a quelli narrati da Omero, avvenuti nella tarda età del Bronzo, ma probabilmente in un episodio successivo, sviluppatosi in modo assai diverso dalla vicenda omerica e di portata molto più limitata, svoltosi in circostanze simili in altre località dell’Asia Minore nordDDoccidentale nei primi tempi della storia greca: l’insediamento a Troia di Greci provenienti dalla Grecia centrale, i quali portarono con loro usi costumi e tradizioni culturali, ivi compreso un bagaglio di tradizioni simboliche ed astronomiche. Fra i tanti strati che testimoniano le diverse ricostruzioni di Troia dopo ogni distruzione avvenuta nei secoli, le fasi Troia VI (1700D1300 a.C.) e Troia VIIDa (XIII secolo a.C.) non furono il teatro di famose imprese militari, come spesso è stato scritto, tanto che la stratigrafia riferita a tali epoche è spesso designata con il nome di “Troia omerica”, ma tali imprese si svolsero piuttosto nel quadro di un lento processo di infiltrazione di coloni greci, passato inosservato, che iniziò dopo la fine dell’ultima fase dell’età del Bronzo, corrispondente allo strato Troia VIIDb 2, risalente all’XI secolo a.C. - L’archeologia ha dimostrato che Troia VI fu distrutta da un terremoto, mentre la VII invece venne effettivamente distrutta in seguito ad un conflitto militare, ma di portata ben diversa dalla grande guerra decennale di cui l’Iliade descrive solamente 51 giorni. Solo nel corso di questi eventi, e in seguito al verificarsi di particolari condizioni, iniziò a svilupparsi la celeberrima saga che Omero codificò nell’Iliade. L’elaborazione di questo mito, destinato a diventare una pietra miliare del nostro patrimonio culturale, è informata fin dai suoi inizi dallo spirito greco di un’epoca molto successiva rispetto all’ambientazione dei fatti che sono narrati in esso. I fattori che contribuirono alla sua costituzione iniziarono ad agire solamente nel momento in cui i Greci si insediarono a Troia, nell’XI e X secolo a.C., già dopo che l’impero Ittita era andato in frantumi sotto la spinta dei Popoli del Mare; d’altra parte l’epica della guerra di Troia sarebbe inconcepibile se fosse scissa dai primi sviluppi della cultura greca nell’Asia Minore occidentale e nelle isole antistanti la costa del mare Egeo. ! ' Al fine di cercare di farsi un’idea precisa sul corso degli eventi si deve considerare che l’Iliade di Omero, il capolavoro poetico che si pone all’inizio della storia della letteratura occidentale, è storicamente assai più recente degli avvenimenti di cui tratta. L’Iliade fu composta solo intorno al 750 a.C., e anche se un qualche avvenimento reale, svoltosi nell’XI o nel X a.C. secolo, può aver costituito la base di partenza della tradizione mitica, non vi era nulla di più estraneo al creatore di questo poema epico che la ricostruzione degli eventi avvenuti circa mezzo millennio prima, quindi l’atmosfera culturale di riferimento dell’opera che narra della guerra di Troia è quasi esclusivamente quella dei tempi di Omero, cioè dell’VIII secolo a.C. Omero visse per un certo periodo presso le corti principesche della Troade, sembrerebbe quindi abbastanza normale che egli sia riuscito ad ambientare il suo racconto epico con buona precisione nel quadro geografico locale, nelle strade della città e nei suoi dintorni. ! ' L’Iliade è un grande racconto epico fissato in forma scritta, in versi chiamati esametri, dal poeta Omero alla fine della sua vita; l’opera è stata certamente preceduta da alcune versioni più antiche e differenti della medesima materia poetica, redatte dallo stesso Omero, mentre solamente una sezione cioè il cosiddetto “Catalogo delle navi”, dal quale apprendiamo i luoghi di provenienza dei greci messisi in viaggio per Troia, potrebbe aver fatto parte, già in forma scritta anche se abbreviata, di uno di questi racconti epici anteriori. A loro volta tali prime versioni vennero precedute da saghe ancora più antiche, il cui contenuto fu rielaborato da Omero. E’ probabile che, contemporaneamente a lui, altri poeti abbiano composto poemi epici su Troia, del tutto differenti per contenuto, che possono aver offerto diversi stimoli a Omero per la redazione della sua opera e allo stesso modo, sembra che egli abbia ripreso alcuni motivi da composizioni a lui note, ma che affrontavano tematiche del tutto diverse. Questi modelli erano costituiti da componimenti poetici noti sia in forma orale che in forma scritta e redatti in esametri. La tradizione accolta da Omero, le sue versioni precedenti e l’integrazione dei materiali e dei motivi tratti dall’epica a lui contemporanea, come anche una certa confusione che è tipica e comune a tutti i grandi racconti epici, considerato che l’Iliade è composta da 15693 esametri, possono aver causato le numerose e non trascurabili incongruenze e contraddizioni che si riscontrano nell’opera. Nonostante questo la narrazione epica della guerra di Troia può essere considerata un’opera originale, intenzionalmente coerente sia nei suoi contenuti che nel suo stile, ma solamente un testo mitico. Dobbiamo anche ricordare che non tutto il testo dell’Iliade, così come è giunto fino a noi, è “omerico”, infatti il X libro, che narra dell’episodio di spionaggio del troiano Dolone, fu aggiunto solo nel VII o nel VI secolo a.C., quindi almeno cento anni dopo la redazione del testo omerico e vi sono buoni motivi per ritenere che nel racconto siano entrate anche altre e più brevi aggiunte di epoca posteriore. Il tema dell’Iliade, del resto, non è costituito dall’intera guerra di Troia, ma unicamente da un episodio occorso nel decimo anno del conflitto cioè “l’ira di Achille”, con le gravi conseguenze che essa ebbe per greci e troiani, durato peraltro solamente 51 giorni. L’eroe, offeso nel suo onore, si ritirò dalla lotta quando il comandante supremo dell’esercito greco, Agamennone, gli sottrasse la sua preda di guerra, la bella schiava Briseide. Nel prosieguo dell’Iliade i greci rischiano la disfatta fino a quando Achille, dopo la morte del suo migliore amico, Patroclo, torna sulla propria decisione, scende nuovamente in campo e uccide in duello il più grande degli eroi troiani, Ettore. Omero conosceva numerosi avvenimenti precedenti e successivi all’”ira di Achille”, come emerge da diversi accenni più o meno casuali, che si possono rilevare nell’Iliade, ad esempio all’episodio del rapimento di Elena da parte di Paride, causa della guerra, o allo stratagemma del cavallo di legno, escogitato da Odisseo, che ne segnò la fine. L’Odissea è cronologicamente successiva all’Iliade e anche in questo caso si tratta di un grande poema epico, redatto verso il 730D720 a.C., che ha come tema le peregrinazioni e il ritorno in patria di Odisseo, con le peripezie politiche e umane collegate a questa vicenda. L’Odissea contiene numerosi accenni a fatti occorsi dopo gli eventi narrati nell’Iliade, tra i quali la presa di Troia da parte dei Greci. Il poema venne forse composto da un figlio o da un discepolo di Omero, rimasto anonimo che noto come “il Poeta dell’Odissea”. Nel corso del VII e del VI secolo a.C. diversi poemi epici, più brevi e meno complessi dell’Iliade e dell’Odissea, furono redatti da autori non identificabili con sicurezza: si tratta delle Ciprie, che narrano degli eventi che precedettero l’”ira di Achille”, dell’Etiopide, la quale descrive avvenimenti legati all’ira di Aiace Telamonio, fino al suo suicidio, della Distruzione di Ilio, che comprende il racconto della presa di Troia, dei Ritorni o Nostoi, che raccontano appunto dei viaggi di ritorno degli eroi greci, e della Piccola Iliade, che deve essere stata un compendio in forma epica di tutta la saga troiana; purtroppo queste opere sono note solo in frammenti o sotto forma di rapidi riassunti eseguiti dagli autori classici posteriori. Nell’antichità, i temi della guerra di Troia e delle vicende ad essa connesse non furono trattati e rielaborati soltanto nel Iliade, nell’Odissea e nelle opere minori; questa materia ispirò anche il genio creativo di Eschilo, Sofocle ed Euripide, rappresentanti della tragedia attica durante il V secolo a.C., come anche del “secondo Omero”, il poeta Virgilio operante in epoca augustea, tra il 30 e il 20 a.C. circa. Come Virgilio composero i loro poemi in latino anche Ditti nel IV secolo d.C. e Darete nel V secolo d.C., dai quali traggono origine racconti in forma romanzesca dell’intera vicenda della guerra di Troia. L’elenco non esaurisce certo il numero di coloro che trassero spunto dalla straordinaria materia offerta dalla saga troiana per le loro opere; questi autori, dai più antichi, fra i quali lo stesso Omero, ai più recenti, presentano tuttavia un elemento in comune: i contenuti che essi utilizzarono furono sempre adattati, mutati e subordinati agli interessi propri di ogni singolo poeta e a quelli del suo ambiente culturale, quindi a nessuno di tali testi si può attribuire il valore di prova di un qualche evento storico realmente accaduto. Dopo questo inquadramento storico e archeologico è ora possibile passare a descrivere i risultati dell’indagine archeoastronomica. Gli scavi archeologici iniziati da Heinrich Schliemann nel 1870 e proseguiti con varie interruzioni fino ai giorni nostri durante i quali sono ancora in corso hanno permesso di mettere in evidenza l’esistenza di 9 strati principali corrispondenti a 9 distinte città che sono state costruite una sopra l’altra, spianando quella preesistente, e che ebbero ciascuna la loro distinta ed indipendente evoluzione. Totalmente, considerando anche le sottofasi delle nove principali, gli archeologi dispongono di 40 strati. La distribuzione spaziale degli edifici che hanno fatto parte delle 9 città è stata ricostruita abbastanza bene dagli archeologi, soprattutto tedeschi, i quali ora sono in grado di fornire all’indagine archeoastronomica dettagliatissime planimetrie redatte con elevata precisione di almeno 4 fasi fondamentali, che possono fornire interessanti notizie dal punto di vista archeoastronomico, di cui le fasi più antiche, non greche, mostrano essere quelle più interessanti e ricche di risultati. Esse sono: Troia I che si sviluppò dal 2920 a.C. fino al 2450 a.C., quindi durante la prima età del Bronzo, poi Troia II che ebbe il suo sviluppo tra il 2600 a.C. e il 2450 a.C., quindi Troia VI, VIa e VII che si sviluppò tra il 1700 a.C. e il 1250 a.C. e corrisponderebbe in teoria alla “Troia omerica” e per ultima le Toia VIII, IX e X che si svilupparono tra il 700 a.C. e il 500 d.C. e che corrispondono alla occupazione romana, soprattutto la fase IX e la fase X (bizantina) che si stesero dal 85 a.C circa in poi. Iniziamo con il prendere in esame la città corrispondente alla fase I, gli scavi della quale corrispondono alle strutture che sono collocabili cronologicamente tra il 2920 a.C. e il 2800 a.C., quindi alla prima età del Bronzo, in quella zona. Già la Troia I mostra essere una città fortificata munita di una robusta cinta muraria a struttura poligonale interrotta da tre porte d’accesso. Le sue dimensioni sono ridotte, circa 80 metri di diametro, quindi si tratta poco più di un villaggio fortificato in cui viveva una popolazioni appartenente alla cultura dei Protohatti che abitavano l’Anatolia in quel periodo. All’interno sono state rilevate le tracce di 7 edifici di cui 6 allineati lungo la direzione estDovest, con gli ingressi posti sul lato occidentale. e uno, periferico, orientato in direzione nordDsud; tra questi è presente un “megaron” di 16 metri di lunghezza, cioè un’abitazione a pianta rettangolare ad atrio aperto e un ambiente principale che probabilmente era l’abitazione di chi governava la città. L’insediamento corrispondente a Troia I venne distrutto da un violento incendio. I rilievi planimetrici ottenuti da Manfred Korfmann e Dietrich Manssperger dell’Università di Tubingen sono estremamente accurati e hanno permesso di eseguire l’indagine archeoastronomica. La mappa topografica dei dintorni di Troia che è stata utilizzata nella presente indagine è stata quella redatta da T. Spratt nel 1839 e aggiornata da W. Dorpfeld nel 1894 in quanto è molto accurata e riferisce molto bene della situazione nel periodo in cui H. Schliemann eseguì gli scavi. Ricordiamo anche che il famoso tesoro che egli attribuì a Priamo, appartiene invece a questo antico insediamento. Prendiamo inizialmente in esame le tre porte d’accesso alla cinta muraria. La porta denominata P1 è accuratamente allineata lungo una direzione orientata a 80° di azimut astronomico, nel senso della direzione di uscita dalla città. Un osservatore posto all’interno della cinta muraria poteva osservare, nella terza decade di Marzo (Calendario Giuliano), della stella Capella, lungo la valle del fiume Simoenta, durante tutto il periodo in cui tale stella rimaneva visibile, dalla sua levata eliaca in poi, ma anche la levata della stella Altair lungo piu o meno la stessa valle. Dalla parte opposta invece, cioè verso l’interno della città, lungo l’asse della porta P1 potevano essere viste tramontare Betelgeuse, Antares e Aldebaran, all’orizzonte naturale locale. La porta P2 risulta ellineata molto accuratamente lungo la direzione del meridiano astronomico locale e l’uscita dalla città avveniva esattamente in direzione sud astronomica, cioè quella di culminazione superiore degli astri. Nella direzione Nord, ricordiamo che la stella più vicina al polo nord celeste, a quell’epoca era Thuban, cioè Alpha Draconis. La porta P3 risulta allineata lungo una direzione che è consistente con il tramonto lunare lunistiziale quando la declinazione della Luna era pari a D=(De+i), ma i “targets” stellari risultano di interesse ben maggiore, infatti lungo quella direzione era vista tramontare la Cintura di Orione dietro le alture poste presso Jeni Kioi. La direzione opposta mostra di essere ben correlata con il punto di levata di Aldebaran, dietro le alture nei pressi di Halil Heli, sul Simoenta, che dalla fine di Aprile, data della sua levata eliaca, era visibile lungo l’asse della porta P3 verso l’interno della città. Le porte risultano quindi disposte secondo direzioni astronomicamente importanti, probabilmente per ragioni simboliche che però, per ora, ci rimangono completamente sconosciute. Le porte d’accesso potrebbero essere state casualmente allineate solamente con un livello di probabilità pari allo 0.8% ciascuna, mentre tutte e tre assieme mostrano un livello di probabilità di casualità pari a 1 su 1,7 milioni. Dobbiamo ora occuparci degli edifici allineati lungo la linea estDovest; in questo caso è più opportuno eseguire l’analisi globale delle loro orientazioni considerato che a parte uno di essi (denominato 102 dagli archeologi) gli altri sono appoggiati l’uno contro l’altro. Il risultato dell’analisi statistica mostra che l’azimut medio campionario di orientazione dei loro assi vale 86° +/D 2°, mentre quello vero è compreso tra 80°,6 e 91°,4 g con un livello di probabilità pari al 95%. La distribuzione pertinente è una “t” di Student con 5 gradi di libertà. Il “target” astronomico più probabile risulta essere quindi il punto di levata della stella Procione all’orizzonte naturale locale, visibile dalla data della levata eliaca in poi che avveniva alla metà di Giugno, poco a nord della direzione verso Hisarlik, ma tenendo conto dell’ampiezza dell’intervallo di confidenza rilevato, si può tranquillamente accettare anche la direzione di levata di Altair, all’orizzonte naturale locale e anche una possibile correlazione con la levata del Sole agli equinozi, rispettivamente il 15 Aprile (primavera) e il 16 Ottobre (autunno), all’orizzonte naturale locale, praticamente dietro Hisarlik, ma il “target” solare risulta essere decisamente meno probabile di quelli stellari. Dal punto di vista statistico, la probabilità che un edificio possa essere stato allineato casualmente verso la direzione media rilevata è il 2.9% e la probabilità di rilevare casualmente la configurazione spaziale messa in evidenza dagli scavi archeologici è 1 su 9 milioni. La conclusione a questo punto è ovvia e cioè Troia I fu edificata tenendo anche conto di alcune direzioni astronomicamente importanti, codificate sia nell’orientazione degli edifici sia nella disposizione delle porte di accesso alla città fortificata, la posizione delle quali non risulta determinata dai particolari orografici del luogo dove la città fu edificata. Prendiamo ora in esame la città corrispondente alla fase II, successiva, gli scavi hanno mostrato che le strutture venute alla luce sono collocabili cronologicamente tra il 2600 a.C. e il 2450 a.C., e che corrispondono alla cosiddetta “Cultura Marinara di Troia”, nuovamente collocabili entro la prima età del Bronzo. La città di fase II è stata completamente ricostruita dopo la distruzione di quella corrispondente alla fase I. Anche Troia II mostra essere una piccola città fortificata munita di una robusta cinta muraria a struttura poligonale, che delimita uno spazio di circa una volta e mezza maggiore di quello delimitato dalla cinta muraria di Troia I, che ne delimita l’acropoli. Le sue dimensioni sono, questa volta, intorno ai 120 metri di diametro, ma comunque anche in questo caso la città, in realtà, risulta essere poco più di un villaggio fortificato con gli edifici coperti da tetti di paglia. Gli archeologi hanno rilevato, entro le mura, la presenza di alcuni “megara” tra i quali, il più ampio doveva essere il palazzo occupato dal re. Le ultime due sottofasi di Troia II vennero entrambe distrutte da incendi; da queste ultime due fasi dovrebbero provenire gli oggetti preziosi rinvenuti da H. Schliemann durante i suoi scavi, quindi molto più antichi della cosiddetta “Troia omerica”. Ora la città possiede anche una seconda cinta muraria più esterna che delimita la cosiddetta città bassa, ma le tre porte d’accesso alle mura della città bassa sono esattamente allineate con gli stessi azimut di quelle praticate nella cinta muraria che delimita l’acropoli. Nelle mura sono praticate tre porte d’accesso, due delle quali sono monumentali e sono munite di rampe. All’interno dell’acropoli sono state rilevate le tracce di svariati edifici di cui 7 tutti paralleli e allineati lungo la direzione che va da nordDovest a sudDest e 2 allineati sulla direttrice che va da nordDest a sudDovest. I loro ingressi sono praticati nella parete rivolta a sudDest, mentre i due edifici ortogonali mostrano l’ingresso posto sul lato nordDest. Il passaggio dalla fase I alla fase II oltre alla ricostruzione e all’ampliamento mostra un completo stravolgimento dei criteri di orientazione sia degli assi delle porte d’accesso sia che di quelli degli edifici. Analogamente a quanto è stato fatto nel caso di Troia I, iniziamo l’analisi dalla disposizione delle porte d’accesso all’acropoli, con le relative rampe. La porta P1 ubicata sul lato sudDest delle mura è disposta in modo che la rampa d’accesso sia sghemba rispetto alla normale alla cinta muraria e questo fatto indica chiaramente la deliberata volontà di orientare la porta verso un ben determinata direzione indipendentemente dall’andamento della cinta muraria in cui essa è praticata. L’analisi archeoastronomica mostra senza ombra di dubbio che la direzione dell’asse della porta e della rampa ad essa collegata, è consistente con il punto di levata delle stelle della Croce del Sud (in particolare la stella Acrux), a quei tempi visibile dall’Anatolia, all’orizzonte naturale locale, che corrisponde alle colline che circondano la sinuosa valle dello Scamandro. Dalla parte opposta tale direzione è connessa con il punto di tramonto della stella Arcturus all’orizzonte astronomico locale rappresentato dal profilo del mare verso lo stretto dei Dardanelli. Prendiamo ora in esame la porta sudDoccidentale (P2), il suo asse, come quello della rampa ad essa associata, è allineato verso il punto di tramonto della stella Toliman (α Centauri), dietro le alture su cui è posto il villaggio di Yerkasil. La terza porta, quella ubicata ad est e non monumentalizzata, risulta allineata verso il punto di tramonto delle stelle della Cintura di Orione, all’orizzonte naturale locale nella direzione di Jeni Kioi. Dalla parte opposta, verso l’interno della città, l’asse della porta risulta allineato verso il punto di levata di Spica lungo la valle del fiume Simoenta in direzione di Halil Eli. Occupiamoci ora degli edifici che sono stati messi in evidenza all’interno della cinta muraria dell’acropoli. Anche in questo caso, come era avvenuto nel caso di Troia I, è stata eseguita l’analisi globale del gruppo di 7 edifici la cui orientazione era concorde verso una medesima direzione. L’azimut medio campionario di orientazione dei loro assi è risultato essere pari a 144° ± 1°, mentre l’ampiezza dell’intervallo di confidenza, calcolato assumendo una distribuzione “t” di Student con 6 gradi di libertà e un livello di probabilità pari al 95%, è risultata andare da 141°,6 e 146°,8, comprendendo i punti di levata delle stelle della costellazione della Croce del Sud, a quei tempi ben visibile dalla Troade, lungo la valle dello Scamandro. Nella direzione opposta era possibile vedere il tramonto di Vega all’orizzonte naturale locale coincidente con il profilo del mare Egeo. L’orientazione dei 7 edifici è decisamente concorde con quella dell’asse della porta P1 verso la levata della Croce del Sud. Rimangono ora da analizzare i due edifici allineati in direzione nordestDDsudovest i quali risultano allineati verso il punto di tramonto della Luna al lunistizio estremo inferiore in cui la declinazione dell’astro è pari a D=(DeDi) e che si verifica ogni 18.61 anni solari tropici, ma anche con il punto di tramonto del Sole al solstizio d’inverno, all’orizzonte naturale locale corrispondente al contrafforte del Besik Yassi Tepe, fenomeno che avveniva il 9 Gennaio del calendario giuliano. Dalla parte opposta, tale direzione è concorde con il punto di levata della stella Deneb che, a quell’epoca, era visibile dalla fine di Novembre in poi lungo la valle in cui scorre uno degli affluente del Simoenta. Di fatto sembrerebbe che Troia II fu progettata sulla base di un criterio astronomico che dava molta importanza al punto di levata delle stelle della Croce del Sud all’orizzonte naturale locale. L’analisi statistica ci dice chiaramente che la probabilità di rilevare i 7 edifici allineati, secondo la direzione rilevata, solamente a causa di qualche ragione casuale, vale solamente 1 su 10 miliardi e in più va considerata la concorde orientazione della porta sudDorientale. La probabilità di orientazione casuale dei due edifici disposti in senso nordestDsudovest vale 1 su 14400, dimostrando che in ogni caso la disposizione degli edifici di Troia II non fu casuale, ma fu decisa sulla base di un criterio ben definito e molto probabilmente astronomicamente significativo. Lo stesso va detto anche per l’ubicazione e l’orientazione delle porte d’accesso le quali potrebbero essere state casualmente allineate solamente con un livello di probabilità pari allo 0.8% ciascuna, mentre tutte e tre assieme mostrano un livello di probabilità di casualità pari a 1 su 1,7 milioni. Dopo la fase II la città subì altre distruzioni e ricostruzioni, ma senza ampliamenti, anzi la fase III, che si stese tra il 2350 a.C. e il 2200 a.C. corrispose ad un infittimento dell’insediamento entro l’acropoli e contemporaneamente un progressivo cadere in rovina delle mura che circondavano la città bassa, mentre per il resto la struttura rimase pressoché la stessa di quella della fase II. La fase IV, successiva che si stese dal 2200 a.C. fino al 1900 a.C. vide la completa distruzione della città bassa e la concentrazione degli edifici esclusivamente nell’acropoli. L’espansione iniziò di nuovo durante la fase V che si stese dal 1900 a.C. al 1700 a.C., ma fu durante la fase VI, tra il 1700 a.C. e il 1200 a.C. e la fase VII che si stese tra il 1150 e il 950 a.C., che la città ebbe il suo massimo sviluppo. La fase VI/VIIa rappresenta la cosiddetta “Troia omerica” cioè il periodo in fu ambientato il mito descritto nell’Iliade. Le fasi III, IV, e V non hanno restituito strutture archeologicamente sicure e tanto evidenti da poter essere affidabilmente studiate dal punti di vista archeoastronomico, mentre la fase VI ha restituito un’imponente cinta muraria che circondava l’acropoli e una seconda cinta muraria circondante la città bassa ai piedi della quale dovrebbero essere avvenuti, secondo il mito, gli avvenimenti narrati da Omero. . /. 0 La struttura di Troia VI/VIIDa mostra un’acropoli fortificata all’esterno della quale si stende la città bassa la cui struttura risulta abbastanza caotica. Le uniche direzioni ben definite, negli assi viari, sono le strade che collegano le porte praticate nelle mura della città bassa con quelle della cinta muraria che circonda l’acropoli e sono esattamente allineate, le une con le altre. Anche nell’acropoli gli edifici si presentano disposti in maniera abbastanza disordinata e senza una determinata orientazione evidente, ma tendono ad allinearsi seguendo il profilo delle mura. Dal punto di vista archeoastronomico non rimane che studiare la disposizione delle 5 porte d’accesso che si aprono nell’imponente cinta muraria che fortificava l’acropoli. Le planimetrie utilizzate sono state, in questo caso, oltre alle consuete, molto accurate di Korfman e Mannsperger, anche quella dell’americano D. F. Easton la quale mostra anche i dettagli del segmento settentrionale della struttura muraria. Iniziamo dalla porta P1 posta ad est, la quale mostra un allineamento, nella direzione che va dall’interno all’esterno della città, accuratamente disposto verso il punto di levata della stella Rigel e più in generale verso il settore dell’orizzonte naturale locale in cui era visto levarsi Orione e, poco tempo dopo, anche Sirio. Dalla parte opposta, cioè verso l’interno della città, è il punto di tramonto della stella Regolo ad essere accuratamente correlato con l’asse della porta P1. La porta meridionale (P2) mostra invece di essere allineata verso il punto di levata delle stelle della costellazione della Croce del Sud, all’orizzonte naturale locale lungo la valle dello Scamandro. La porta sudDoccidentale (P3) risulta molto ben allineata, uscendo dalla cittadella fortificata, lungo la direzione del tramonto del Sole al solstizio d’inverno, che a quell’epoca si verificava il 3 Gennaio del calendario giuliano, dietro il contrafforte del Besik Yassi Tepe, mentre dalla parte opposta, verso l’interno della città, l’asse della porta P3 risulta consistente con la levata del Sole al solstizio d’estate lungo la valle di un affluente del fiume Simoenta, fenomeno che avveniva il 7 Luglio. La porta P4, quella più occidentale, risulta allineata verso il punto di tramonto delle stelle della Cintura di Orione e anche di Antares, all’orizzonte naturale locale in direzione di Jeni Kioi. Dalla parte opposta, verso l’interno dell’acropoli, poteva essere osservata la levata di Aldebaran, dalla metà di maggio in poi, lungo la valle del Simoenta. Rimane ora la porta P5, la più fortificata di tutte, che si apriva sul lato nordDest delle mura e che era formata da uno stretto pertugio che si apriva in direzione sud, anche in questo caso in direzione del punto di levata delle stelle della Croce del Sud all’orizzonte naturale locale lungo la valle del fiume Scamandro. Dal punto di vista statistico è possibile calcolare che le porte d’accesso potrebbero essere state casualmente allineate lungo le direzioni rilevate con un livello di probabilità pari allo 0.8% ciascuna, mentre tutte e cinque insieme mostrano un livello di probabilità di casualità pari a 1 su 41,5 milioni. . /1 Le fase VIII corrisponde al periodo che va dal 700 a.C. allo 85 a.C., mentre la fase IX corrisponde al periodo che si stende dallo 85 a.C. al 500 d.C. Si tratta ormai della Ilium romana la cui struttura urbana è completamente rinnovata rispetto allo stile tipico delle fasi precedenti. Dal punto di vista archeoastronomico, l’organizzazione della struttura urbana è definita dalla centuriazione che prevede che esistano due direzioni topografiche di riferimento: il Cardo e il Decumano, che dovevano essere, almeno in teoria, allineate secondo le direzioni astronomiche fondamentali, in particolare il Kardo doveva essere parallelo al meridiano astronomico locale e il decumano doveva essere parallelo alla linea equinoziale. Di fatto gli studi eseguiti lungo tutta l’estensione dell’impero romano hanno mostrato che è esistita una certa libertà di orientazione del reticolato CardoDDecumano, da parte dei “Gromatici Veteres” che erano coloro che, utilizzando la “Groma”, definivano le direzioni di riferimento e frazionavano le terre. Tale libertà di orientazione fece si che le centuriazioni fossero spesso allineate in modo da deviare sensibilmente dalle linee nordDsud ed estDovest astronomiche, e altri fenomeni astronomici localmente visibili, quali la levata di talune stelle luminose, furono utilizzati come base di riferimento per l’orientazione della centuriazione. Anche a Troia successe la stessa cosa e la centuriazione di Ilium, perfettamente rilevabile dagli scavi archeologici, risulta allineata con ottima precisione con il Decumano massimo orientato verso il punto di levata della stella Spica all’orizzonte naturale locale materializzato dalle alture poste tra Hisarlik e Chiblak. Questo portava a far deviare il Cardo massimo di 8°,7 a est della linea del meridiano astronomico locale, valore tutto sommato simile all’entità delle deviazioni generalmente rilevate nel caso di molte altre città romane sparse lungo il territorio dell’impero. 2 Le strutture che sono venute alla luce durante gli scavi archeologici sono principalmente due anfiteatri: l’Odeion il più grande e il Bouleuterion, il più piccolo con la loro tipica forma semicircolare, perfettamente allineati lungo le linee fondamentali della centuriazione, come lo sono tutti gli edifici tipici di questa fase, esclusi due e cioè il tempio di Athena, il quale mostra una deviazione tale per cui risulta allineato verso il punto di levata del Sole agli equinozi dietro un’altura di 209 metri di quota denominata e dalla parte opposta verso il suo punto di tramonto dietro i contrafforti del Demetrios Tepe, e un grosso fabbricato che gli archeologi tedeschi hanno denominato con la sigla DCA, il quale risulta allineato verso il punto di levata del Sole al solstizio d’inverno. La Ilium romana, non mostra di più dal punto di vista archeoastronomico, successivamente, la fase X è quella bizantina che fu sede episcopale durante l’alto medioevo, ancora meno interessante. A questo punto, dopo aver sommariamente descritto i risultati dell’indagine archeoastronomica, bisogna tirare qualche conclusione. Il fatto archeastronomicamente più importante sembra essere il brusco passaggio dalla fase I alla fase II che corrisponde ad uno stravolgimento radicale dei criteri di orientazione astronomica. In entrambe le fasi appare evidente una notevole cura nell’allineare gli edifici secondo alcune linee stellari significative, seppur molto diverse da una fase all’altra. È estremamente probabile che le due fasi corrispondano a popolazioni caratterizzate da aspetti culturali profondamente diversi, come anche l’archeologia sembra confermare bene. In entrambi a casi comunque dovrebbe trattarsi di Protohatti in quanto il periodo storico coperto dalle fasi I e II è quello antecedente al 2000 a.C., epoca in cui in Anatolia si stabilirono le popolazioni degli Ittiti e dei Luvi. Nelle epoche successive Troia rimase un avamposto dell’impero Ittita, almeno fino al 1200 a.C. quando quest’ultimo si frantumò sotto gli attacchi dei Popoli del Mare. I criteri stellari di orientazione che sono emersi dall’analisi archeoastronomica di Troia I e II potrebbero considerarsi tipici delle popolazioni protohatte precedenti al 2000 a.C.? Questa è una domanda a cui è molto difficile rispondere in quanto non è detto che le orientazioni astronomiche rilevate nelle fasi I e II di Troia siano così significative in questo contesto da essere ritenute un caso generale nella cultura astronomica e simbolica dei Protohatti, di cui peraltro si conosce molto poco, ma certamente anche in questo caso l’archeoastronomia ha contribuito, come è avvenuto in molti altri casi, ad aumentare il nostro bagaglio di conoscenze relativamente ad una popolazione antica ancora molto poco nota. Alcune di queste orientazioni, come l’allineamento di una porte verso il punto di levata delle stelle della Croce del Sud, vengono mantenute anche nelle fasi successive, in particolare durante la fase VI/VIIa, cioè la Ilion di Omero, che per il resto, dal punto di vista archeoastronomico, si dimostra ben poco interessante, e spariscono completamente nella Ilium romana, dove prevalgono i criteri tipici della centuriazione.