IL PATRIARCATO UCRAINO
TRA MOSCA E COSTANTINOPOLI
“Incoronazione della Vergine Maria” (1440-1441), Beato Angelico, particolare
La recente decisione del Patriarcato di Costantinopoli (11 ottobre 2018) di
proclamare come capo della costituenda “Chiesa ortodossa ucraina
autocefala” il già scomunicato prete Filarete (qui la dichiarazione di
condanna
del
Patriarcato
di
Mosca:
https://mospat.ru/en/2018/10/15/news165263/) ha suscitato numerose
polemiche nel mondo ortodosso, e grande preoccupazione perché è dal
1054 – data dello scisma tra Chiesa cattolica d’Occidente e Chiesa
ortodossa d’Oriente – che non si assisteva ad una separazione che
coinvolgesse anche il mondo ortodosso.
In particolare, al Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo viene contestata
da parte del Patriarcato di Mosca (che da solo rappresenta circa la metà dei
fedeli dell’ortodossia) la decisione di riammettere alla comunione
ecclesiale due preti e già gerarchi dell’ortodossia scomunicati alcuni
decenni fa, e proprio per decisioni di esito scismatico (e cioè Filarete
Denysenko, che nel 1992 aveva fondato una “Chiesa ortodossa Ucraina” di
un auto-nominato “Patriarcato di Kiev”, e il prete Macario, anch’egli
scomunicato per aver ricostituito nel 1990 – negli anni di crollo dell’URSS
- la “Chiesa ortodossa autocefala ucraina”, già fondata nel 1921 e sospesa
durante il periodo sovietico).
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Ad entrambi il patriarca Bartolomeo ha tolto la scomunica, senza che siano
venuti meno però i motivi per cui essa era stata comminata (e cioè lo
scisma, ovvero la costituzione di Chiese autonome rispetto ai Patriarcati di
appartenenza) e per far ciò ha contravvenuto anche ad un’altra regola
interna al mondo ortodosso, e cioè la competenza territoriale che il
Patriarcato di Mosca ha sul territorio dell’Ucraina, che gli deriva da un
accordo del 1686 mai revocato e quindi tuttora vigente.
Questa decisione, che Mosca ha ritenuto essere gravissima tanto da aver
essa stessa sospeso i propri rapporti formali con il Patriarcato di
Costantinopoli, mette in crisi il rapporto di “primazia” che la sede di
Istanbul/Costantinopoli ha dall’anno 381, da quando cioè è “sede
primaziale” tra le quattro (e prima cinque) antiche sedi patriarcali (cioè di
più antico insediamento tra i centri di coordinamento cristiani) e cioè
Costantinopoli, Antiochia, Gerusalemme ed Alessandria, oltre a Roma che
di fatto è diventata successivamente, tra le altre sue caratteristiche, la sede
di un ipotetico “Patriarcato d’Occidente”.
La situazione attuale è di stallo, o di annullamento, delle relazioni interortodosse, poiché il Patriarcato di Mosca non riconosce più alla sede di
Costantinopoli il ruolo di coordinatrice efficace e “super partes”
all’interno dell’ortodossia, poiché non solo essa sarebbe incorsa nella
grave colpa di fomentare un nuovo scisma – un pericolo molto sentito nel
mondo ortodosso, poiché tale è la situazione (insieme all’accusa reciproca
di “eresia”) che intercorre tra i cattolici e gli ortodossi fin dai tempi della
“grande divisione” del 1054 - ma avrebbe anche invaso il territorio di
competenza amministrativo-ecclesiastica di Mosca, poiché di questa è la
giurisdizione sul territorio ucraino.
La recente crisi politica sorta tra il Paese di Kiev e la Russia è molto
probabilmente dietro il tentativo sia di rompere l’unità dell’ortodossa sia di
creare una “Chiesa ortodossa unificata ucraina”, che è stata di fatto
proclamata come “autocefala” (cioè autonoma, auto-fondantesi) su
impulso però del “primus inter pares” che è il Patriarca di Costantinopoli,
che invece dovrebbe supervisionare sulla correttezza e il rispetto delle
sfere di influenza.
Questa decisione di costituire la “Chiesa ucraina unificata autocefala”
infatti è stata presa su pressioni dell’attuale presidente ucraino Petro
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Poroshenko
(http://www.asianews.it/notizie-it/Patriarcato-di-Kiev,-ilrischio-di-un-nuovo-scisma-in-Europa-43808.html), salito al potere nel
2014 dopo un ‘colpo di Stato’ de facto che ha esautorato il governo
precedente, tra rivolte e massacri, e instaurato un governo filo-occidentale
e filo-Ue/Nato che ha iniziato, parallelamente e ai confini della Russia,
un’opera di de-russificazione della cultura e delle caratteristiche socioeconomiche del Paese fino a mostrare chiari intenti bellicisti verso Mosca,
tanto che una parte della popolazione ucraina ha deciso di resistere e di
costituire compagini statali indipendenti, come le due Repubbliche
autonome di Doneck e Lugansk, dove è tuttora in corso una “guerra civile”
tra miliziani e mercenari filo-ucraini e soldati locali appoggiati dalla
Russia, mentre in Crimea, penisola che storicamente ha fatto sempre parte
della Russia e che solo recentemente nel 1954 è stata ceduta all’Ucraina
ma nell’ambito dell’Unione Sovietica, si è tenuto nel 2014 un referendum
autonomista che ha sancito con una schiacciante maggioranza (più del
97% dei voti) l’adesione alla Federazione Russa, di cui ora fa parte e con
cui recentemente è stata collegata anche territorialmente per mezzo di un
ponte terrestre.
La decisione di creare questa “Chiesa ortodossa autocefala” ucraina è il
frutto anche degli storici legami tra il Patriarcato di Costantinopoli e il
Dipartimento di Stato (il “Ministero degli esteri”) degli Stati Uniti, che
datano almeno al periodo della cosiddetta “guerra fredda”, che ha opposto
gli Usa all’Unione Sovietica.
Questi rapporti sono stati ricostruiti di recente dal think tank russo
“Russian Institute for Strategic Studies” in un lavoro del sacerdote Pavel
Valerievich
Ermilov
(qui
il
file
in
pdf:
https://riss.ru/images/pdf/journal/2016/3/14.pdf).
Recentemente, inoltre, diversi interventi di funzionari del governo Usa
(riportati in un articolo di commento sul sito della Chiesa ortodossa russa,
http://pravoslavie.ru/116704.html)
hanno
confermato
l’appoggio
dell’amministrazione statunitense alle azioni filo-ucraine (e anti-russe) del
Patriarcato di Costantinopoli.
Si segnala in particolare un comunicato della portavoce del Dipartimento
di Stato, Heather Noyert, datata 25 settembre 2018 in cui si manifesta
sostegno al Patriarca ecumenico Bartolomeo affinché si costituisca una
“Chiesa autocefala soltanto ucraina” (http://interfax-religion.ru/?
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act=news&div=70791) e una dichiarazione del rappresentante speciale del
Dipartimento di Stato americano, Kurt Volker, del 12 ottobre 2018 (https://
www.unian.ua/politics/10295892-volker-ssha-pidtrimuyut-pragnennyaukrajinciv-do-vlasnoji-yedinoji-pomisnoji-cerkvi.html).
Anche il segretario di Stato Usa Mike Pompeo si è detto favorevole al
processo di costituzione della “Chiesa Ucraina Autocefala” lodando
l'iniziativa in tal senso del Patriarca di Costantinopoli, come riporta il sito
di informazione ortodossa “Russian Faith” (https://russian-faith.com/news/
us-secretary-state-sides-with-religious-fringe-group-backs-ukrainianautocephaly-n1800).
A maggio scorso (http://www.asianews.it/notizie-it/Patriarcato-di-Kiev,-ilrischio-di-un-nuovo-scisma-in-Europa-43808.html) il "patriarca in
pectore" Filaret Denysenko è stato ospite del Parlamento europeo, dove ha
tenuto una conferenza sulla necessità che l'Ucraina si doti di una propria
"chiesa autonoma" e che si possa accelerare il processo di avvicinamento
del Paese di Kiev alle istituzioni europee, che egli ritiene essere la sede
dell'attuale cultura cristiana che egli vorrebbe far rivivere in Ucraina,
contro le tendenze russo-file e di tradizione slava, da lui ritenuti una
"copertura ideologica" atta a giustificare le attuali “mire espansionistiche”
della Russia di Putin.
Questa situazione determina l’attuale situazione di difficoltà all’interno del
mondo ortodosso.
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