anche involontarie pedine dei conlitti tra le potenze occidentali e il sultano per
il controllo del mercato europeo delle spezie. Sulla base di un ampissimo corpus
di testi, il lavoro di Saletti ripercorre (in qualche caso, ridisegna) le alterne vicende
della Custodia di Terra Santa dalla fondazione alla conquista ottomana del vicino
Storie e linguaggi – 17
trocenteschi nella letteratura, nell’iconograia e nell’architettura europee. Sotto la
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Beatrice Saletti
I francescanI In TerrasanTa
(1291-1517)
STORIE E LINGUAGGI
Collana diretta da Franco Cardini e Paolo Trovato
I francescani in Terrasanta
(1291-1517)
STORIE E LINGUAGGI
Direttori
Franco Cardini, Istituto Italiano di Scienze Umane, Firenze
Paolo Trovato, Università di Ferrara
Comitato scientiico
Angela Maria Andrisano, Università di Ferrara
Olivier Bivort, Università di Ca’ Foscari, Venezia
José Enrique Ruiz Domenec, Universidad Autónoma de Barcelona
Andrea Giardina, Scuola Normale Superiore di Pisa
Loretta Innocenti, Università di Ca’ Foscari, Venezia
Brian Richardson, University of Leeds
Francisco Rico, Universidad Autónoma de Barcelona
Marco Tarchi, Università di Firenze
‘Storie e linguaggi’ è una collana sottoposta a peer-review
‘Storie e linguaggi’ is a Peer-Reviewed Series
Beatrice Saletti
I francescani in Terrasanta
(1291-1517)
Proprietà letteraria riservata
© libreriauniversitaria.it edizioni
Webster srl, Padova, Italy
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento
totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microilm e le copie fotostatiche)
sono riservati per tutti i Paesi.
Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, distribuita o trasmessa in
qualsivoglia forma senza l’ autorizzazione scritta dell’ Editore, a eccezione di brevi citazioni
incorporate in recensioni o per altri usi non commerciali permessi dalla legge
sul copyright. Per richieste di permessi contattare in forma scritta l’ Editore
al seguente indirizzo:
redazione@libreriauniversitaria.it
ISBN: 978-88-6292-751-2
Prima edizione: giugno 2016
Il nostro indirizzo internet è:
www.libreriauniversitaria.it
Per segnalazioni di errori o suggerimenti relativi a questo volume potete contattare:
Webster srl
Via Stefano Breda, 26
Tel.: +39 049 76651
Fax: +39 049 7665200
35010 - Limena PD
redazione@libreriauniversitaria.it
Composizione tipograica
Sabon (Jan Tschichold, 1967), interni
Oregon (Luke Owens, 2004), copertina
Sommario
Introduzione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
Bibliograia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
Fonti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
Studi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
I. Dopo la caduta di Acri. La Terrasanta senza clero franco . . . . . 39
1. Prima della disfatta: tracce di francescani nel Regno crociato. . .
2. Dopo il 1291: il nuovo quadro normativo per i cristiani in Terrasanta
3. La diplomazia europea e i tentativi di reinsediare clero latino . .
4. Le testimonianze di pellegrini e viaggiatori (1320-1332) . . . . .
39
47
49
54
II. Il primo Trecento. Il ritorno dei Latini . . . . . . . . . . . . . . 69
1. I Minori tra il 1333 e il 1348: miti di fondazione e resoconti
dei pellegrini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2. Monte Sion . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3. Il Santo Sepolcro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4. Betlemme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5. La tomba della Vergine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
69
74
84
87
88
III. Il pieno e tardo Trecento. L’assestamento . . . . . . . . . . . . 93
1. Dalle strutture ricettive private al coinvolgimento dei Minori
(1345-1375) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93
Sommario
2. Governo della Custodia, gestione dei pellegrini e nuove
acquisizioni immobiliari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112
3. Il servizio di linea Venezia-Giaffa . . . . . . . . . . . . . . . . . 131
4. I Minori e le altre confessioni cristiane a Gerusalemme:
uno sguardo d’insieme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135
IV. Il Quattrocento: un secolo
travagliato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141
1. La logistica del pellegrinaggio nel Quattrocento: un servizio
“chiavi in mano”. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141
2. Il ruolo delle indulgenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153
3. Ricatti dei sultani, mecenatismo europeo e contrasti interreligiosi 162
V. Tra due ere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 183
1. Dopo la caduta di Costantinopoli. Nuovi equilibri . . . . . . . . 183
2. La tutela dei pellegrini in tempo di guerra . . . . . . . . . . . . 192
3. Gli Ottomani in Siria. La ine di un’epoca . . . . . . . . . . . . 201
Indice dei luoghi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 207
Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213
[6]
Introduzione
Space is a process of becoming
Doreen Massey, Power-geometries
and the politics of space-time
Più di dieci anni fa, quando ho iniziato a studiare il pellegrinaggio in
Terrasanta1 di Meliaduse d’Este, ho trovato grandi dificoltà nell’allestire
il commento della mia edizione.2 Benché mi fossi munita di una serie di
guide, e tra il 2006 e il 2007 avessi vissuto qualche mese a Gerusalemme,
i resoconti dei pellegrini – non solo quello di Meliaduse, che visitò Gerusalemme nel 1440, ma tutti quelli che via via mi procuravo, cercando di
chiarirmi le idee – raccontavano una Terrasanta che non riuscivo a individuare, nemmeno recandomi di persona nei luoghi descritti. Sembrava che
i pellegrini cristiani avessero davanti agli occhi non uno spazio isico reale
ma scenari tratti direttamente dalle pagine della Bibbia, e i riferimenti
alla materialità del paesaggio erano limitatissimi o del tutto assenti.
Ecco un esempio concreto, che ricavo appunto dal viaggio di Meliaduse:
Venere a dì 23 de setembrio, da poi deto il vespero a monte Syon, tolto
delgi axini a victura, montiamo suxo et andamo verso Bethelem con lo
Guardiano et li soi frati. Et da Jerusalem a Bethelem sonno milgia 6 de
1
2
Faccio uso del termine «Terrasanta», in sé piuttosto ambiguo, nell’accezione ristretta
che aveva nelle guide di pellegrinaggio tre e quattrocentesche. Questa era costituita da
una striscia di territorio da Giaffa al mar Morto, avente come limite il iume Giordano a
nord-est, e Betlemme a sud (i pellegrini che visitavano la tomba dei patriarchi a Hebron
erano una sparuta minoranza, ossia coloro che si stavano dirigendo al ben più impegnativo pellegrinaggio verso il monastero di S. Caterina nel Sinai). Mi servo invece della graia
scissa «Terra Santa» nel caso di formule canoniche come Custodia di Terra Santa e simili.
Saletti 2009.
Introduzione
le nostre. Et a mezo il chamino et in mezo la via publica e communa si
è uno pozo; e lì drito si è lo loco in ciello dove la stella apparse a li tri
Magi […]. Et in quelo loco si è indulgentia de septe anni et septe quarantene. Et quella stella li conduseno poi a Bethelem.3
Notiamo da subito che il pellegrino, ospite dei frati minori presso il convento del monte Sion, compie la sua escursione a Betlemme sotto la guida
del Guardiano di Terrasanta e di un numericamente non precisato gruppetto di frati. L’adorazione dei magi, nelle sacre scritture, compare soltanto
in Mt. 2, 1-12, e Matteo non accenna ad alcun pozzo. Tra i testi cristiani a
grande diffusione è il Liber Miraculorum di Gregorio di Tours a narrare,
sullo scorcio del VI secolo, di un pozzo a Betlemme. La Vergine vi avrebbe
attinto acqua, e per miracolo i puri di cuore vi continuerebbero a scorgere,
rispecchiata nell’acqua, la stella apparsa durante l’epifania:
Est autem in Bethleem puteus magnus, de quo Maria gloriosa aquam
fertur hausisse: ubi saepius aspicientibus miraculum illustre monstratur, id est stella ibi mundis corde, quae apparuit magis, ostenditur. Venientibus devotis ac recumbentibus super os putei, operiuntur linteo
capita eorum.4
Il passo ci permette di sollevare una questione fondamentale. Noi,
oggi, tendiamo ad accogliere le dichiarazioni dei pellegrini con un atteggiamento non problematico; re Magi, stella, Betlemme e tanti altri
sono elementi, perlomeno nell’Europa cristiana, familiari a chiunque sin
dall’infanzia. In realtà ogni dettaglio che riguarda i luoghi santi è frutto
di un percorso secolare, e soprattutto non lineare né univoco. Le vicende
dei Magi, ossia il loro numero, la loro identità, la loro religione, nonché
la durata del loro viaggio, e tanti altri aspetti legati alle loro igure e al
loro ruolo, dapprima nel vangelo di Matteo e quindi nella tradizione
cristiana, costituiscono invece un complicato problema storiograico, che
è stato ed è tuttora indagato pure in termini astronomici quanto alla
natura della stella, alla sua provenienza, alla plausibilità scientiica dell’evento e alla sua essenza (miracolosa, naturale o puramente metaforica).5
3
Don Messore (1440), pp. 82-83 (corsivi miei).
4
S. Gregorii episcopi Turoniensi, Libri Miraculorum, I.1, in PL, LXXI.
5
Trexler 1997; Kidger 1999; Cardini 2000; Molnar 2000; Panaino 2012.
[8]
Introduzione
Concentriamoci ora sul pozzo. Il Liber Miraculorum lo colloca a Betlemme, non a metà strada. Altri pellegrini invece, secondo una tradizione
che si differenziò dallo spunto di Gregorio di Tours (ad esempio l’Omiliario di Aimone di Auxerre e quindi gli Otia imperialia di Gervasio di
Tilsbury), raccontano che il pozzo aveva accolto la stella dopo l’arrivo
dei Magi.6
Nella storia della topograia santa luoghi ed eventi tendono a moltiplicarsi. Un pellegrino del 1335, Jacopo da Verona, non associa la stella ad
alcun pozzo e non indica nessun pozzo a metà strada tra Gerusalemme e
Betlemme, ma segnala a Betlemme due pozzi: uno all’interno della basilica (dove la Vergine attinse l’acqua prima del parto)7 e uno, di memoria
veterotestamentaria, della cui acqua desiderava bere il re David quando
si trovava nella grotta di Adullàm (2Samuele, 23,15-16). Altri, diversamente, collegano il pozzo tra Gerusalemme e Betlemme alla visione della
stella, e durante la prima epoca crociata c’era chi riteneva (ad esempio,
l’inglese Saewulf) che la stella fosse caduta dentro un pozzo a Betlemme,
e che questo pozzo fosse ormai inglobato all’interno della basilica della
Natività. E la casistica potrebbe continuare a lungo.
I pellegrini medievali non distinguono tra vangeli canonici, apocrii,
leggende. Dopo cinquecento anni, è a volte impossibile recuperare l’ambito di provenienza di una leggenda sul Cristo o sulla Vergine. Ciò non
signiica che non valga la pena di tentare; anche risultati parziali e incerti
possono dirci molto. Perché se è vero, e ne abbiamo testimonianza, che
alcuni pellegrini sono eruditi e possiedono sui luoghi santi idee abbastanza precise, che si sono formate studiando i testi sacri e i loro commenti, è vero pure che, di regola, sul posto c’è sempre qualcuno che narra
una leggenda ai pellegrini, e indica loro i luoghi che occorre visitare. Quel
qualcuno, dalla metà del Trecento, sono i frati minori.
È banale considerare che, nei secoli, i cristiani hanno mutuato leggende
e tradizioni da altre religioni, e ciò ha avuto ricadute anche sui luoghi ri-
6
«Sunt qui dicunt stellam Magorum suo completo ministerio in puteum cecidisse Bethlehemicum et illic eam intro videri autumant»: Gervasio di Tilsbury, Otia imperialia, I.5.
7
Jacopo da Verona (1335) p. 61. Un rinomato pozzo della Vergine è a Nazareth, secondo
l’apocrifo Protovangelo di Giacomo (XI,1). Quanto al pozzo dove avrebbe bevuto la Vergine nei pressi di Betlemme, non se ne trova traccia nei cosiddetti Vangeli dell’infanzia.
Una fonte, fatta scaturire dal Cristo infante per fare bere la Madre, è ricordata durante
la fuga in Egitto della Sacra Famiglia – ma a tre giorni di cammino da Betlemme – nel
Vangelo dello Pseudo-Matteo (Pseudo-Mattheus, XX,2).
[9]
Introduzione
tenuti santi. Ad esempio è soltanto in epoca crociata, non prima né dopo,
che a Gerusalemme, all’estremità sud-est di quella che è oggi la spianata
delle moschee, i pellegrini cristiani europei visitavano un luogo santo
chiamato Balneum Christi, in cui era collocato un reperto di epoca romana identiicato come la culla del Cristo infante. La tradizione cristiana
vede il Cristo nascere a Betlemme per poi fuggire, con la Sacra Famiglia,
in Egitto, e recarsi a Gerusalemme solo molto più tardi. È il Corano che
colloca la nascita del Cristo a Gerusalemme, dove, come gli angeli annunciarono a Maria, Gesù avrebbe parlato agli uomini dalla culla.8 Con
la conquista crociata e sino alla riconquista del Saladino (1099-1187) la
moschea, eretta sul luogo della culla di Gesù, venne convertita in chiesa:
ai pellegrini cristiani – come ai musulmani prima di loro – veniva mostrata dalle guide la reliquia della culla del Cristo.9 Dove c’è la culla di un
neonato, una vasca per lavarlo non deve essere lontana: il pellegrino Theodericus (1160 ca) scrive infatti della chiesa del ‘presepe’ o ‘del bagno’.10
Nel 1187 Gerusalemme ritornò islamica e ogni traccia dell’utilizzo cristiano dell’ediicio venne obliterata. Dopo la caduta di Acri del 1291 e la
deinitiva dissoluzione del regno crociato, mentre i pellegrini musulmani
continuarono a visitarlo, i resoconti odeporici cristiani non avrebbero più
trattato di culle né del balneum. Un breve testo databile all’ultimo quarto
del Duecento e tramandato dal ms. Arundel 507 della British Library, la
cosiddetta Summa stacionum et dedicacionum, mostra che il riferimento
al luogo era diventato pressoché incomprensibile: si era perso il ricordo
del temporaneo sincretismo tra leggende musulmane e cristiane, tanto
che il redattore del manoscritto, se non lo stesso estensore del brano,
si vide costretto a fare riferimento all’unica traccia nota di un bagno in
relazione al Cristo, il Battesimo, tralasciando il non piccolo dettaglio che
il far coincidere il balneum con il luogo del battesimo implicava uno spostamento del letto del iume Giordano entro le mura di Gerusalemme.11
8
9
Q 3:46; 19:27-33.
Boas 2001, p. 228. Descrizioni dell’oggetto, presumibilmente parte di un sarcofago di
epoca romana, in Pringle 1993 -2009, III, 314.
10 «Ad Balneum sive ad Presepe domini Salvatoris dicitur, pervenitur. Ibi cune domini
Christi versus orientem in edito muro ante quandam fenestram honoriice disposite cernuntur, ad meridiem vero concha lapidea grandis in terra posita videtur, in qua balneorum
usus infans ipse habuisse dinoscitur, ad aquilonalem vero partem lectus domine nostre, in
quo dum ilium suum lactaret decubuisse[t], ostenditur»: Theodericus (1172 ca), p. 166.
11
«Deinde ad balneum Cristi ubi beatus Iohannes Baptista dominum Iesum in lumine
[ 10 ]
Introduzione
Ma che relazione hanno il pozzo della stella o il sarcofago romano
dell’ arām con il tema della memoria dei luoghi santi? Un legame strettissimo, in verità. Perché da un secolo all’altro i pellegrini si appropriano
– nelle medesime località, e persino (posto che restino in piedi e che non
subiscano drastici cambi di destinazione d’uso) nei medesimi ediici –
di memorie diverse. Una ricognizione su oltre 130 resoconti di pellegrinaggio europei scritti in lingue diverse, dal IV al XVI secolo, rivela che,
prima dell’epoca crociata, nessun pellegrino associa la stella a un pozzo
a metà strada tra Gerusalemme e Betlemme. Eppure una fonte era oggetto di pellegrinaggio già dai primi secoli dell’era cristiana, in omaggio
al punto dove la Vergine, secondo l’apocrifo Protovangelo di Giacomo,
scese dall’asina sentendosi prossima a partorire. Ignoro quando venisse
scavato un pozzo, ma una chiesa nominata Katisma venne eretta nella
seconda metà del V secolo proprio per onorare tale ricordo mariano.12 I
luoghi santi, insomma, nascono e muoiono, oppure modiicano nel tempo
le ragioni della propria santità; in questo caso, nel medesimo luogo prima
è ricordata una sosta della Vergine, poi l’apparizione della stella.
Solo un’attenta e sistematica procedura di comparazione svela al lettore questa sequenza di invenzioni e sparizioni di luoghi santi, tra le quali
la vicenda del pozzo è solo un esempio dei tantissimi che si potrebbero
fare.13 Pare un paradosso, ma la memoria legata all’individuazione dei
luoghi santi è tanto più modiicabile, elastica, mutabile di segno, quanto
più i testi sacri a fondamento delle loro rispettive coordinate geograiche
e spaziali sono considerati canonizzati e inalterabili.
Consideriamo ora un’altra caratteristica dei testi di viaggio tardo
medievali, alla quale avevo accennato all’inizio: la Terrasanta che restituiscono è più immaginaria che reale. Ma questa “immaginazione” è il
risultato di percorsi standardizzati. E non solo perché a Gerusalemme
tra Tre- e Quattrocento i pellegrini cristiani visitano i medesimi luoghi:
abbiamo già potuto notare che questa affermazione, di fondo, è errata o
quantomeno riduttiva. Il punto è che i pellegrini cristiani sembrano avere
Iordanis baptizavit, ubi spiritus sanctus descendit in columbina specie super eum, et vox
patris audita est: “hic est ilius etc”»: Ms. Arundel 507, c. 21v (= ed. Saletti 2012, p. 286).
Sull’argomento, rimando a Romanini-Saletti 2012, pp. 81-84.
12
Baldi 1935 (1982), pp. 95-96; Maraval 20042, pp. 271-272.
13 Mi permetto di rinviare, in proposito, a un mio saggio sulla Sacra Famiglia in Egitto
(Saletti 2014).
[ 11 ]
Introduzione
davanti agli occhi scenari tratti direttamente dalle pagine della Bibbia.
Solo alcuni scenari, però, tra i tanti. Da cosa dipende, questa uniformità?
Chi o cosa sta alla base della selezione della memoria?
Propongo un piccolo lorilegio di passi, tratti da resoconti di pellegrinaggio scritti dal tardo Trecento al tardo Quattrocento da devoti inglesi,
francesi, tedeschi e italiani. Alcuni sono ecclesiastici, altri laici; alcuni
sono nobili, altri mercanti o uomini d’armi:
[1384-1385] Prima trovamo la < casa > del ricco […] alla quale casa
stette il povero e mendico Lazzaro […]. Di poi si truova dove al tempo della passione di Cristo fu posta la santissima croce a Simone Cireneo. Di poi si truova dove la Vergine Maria scontrò il suo igliuolo
[…], e in quello luogo fece fare santa Lena […] una bellissima e divota
chiesa e fecela chiamare Santa Maria dello Spasimo.14
[1392] Domum divitis qui micas panis Lazaro denegavit. Item ubi
angariaverunt Symonem Cireneum tollere crucem post Ihesum. Item
ubi beata Virgo obviavit Ihesus crucem portanti.15
[1419-20] Premier, le meson du mauvés riche qui les migues du pain
de sa table ne veullent donner à pouvre Lazare […], le lieu où Siméon
[…] fut prié que yl aidaist à pourter le croix à Jhésus Crist; et en ce
lieu se tourne devers les illes de Jhérusalem, leux disant que ne plouracent point sur luy mes sus elles et sus leurs enfans […].16
[1431] Truovasi la chasa di quello richo […] che non volse dare delle
briciole al Lazaro povaro […]. Qui presso […] si truova una incrociata […]. In questo proprio luogo, quegli chani g<i>uderi preseno et
sforsorono Simone Cireneo che veniva di villa […]. Ancho in questo
proprio luogo, si volse el dolcie Yhesu a quelle donne di Yerusalem
et dixe: “non piagnete sopra di me, ma piagnete sopra di voi et de’
vostri igl<i>uoli” […]. Per questa via alta fu facta una bella chiesa
[…] sancta Maria del Plasmo.17
14
Frescobaldi (1384-1385), p. 167.
15
Brygg (1392), p. 383.
16
Caumont (1419-1420), pp. 63-64.
17
Mariano da Siena (1431), p. 87.
[ 12 ]
Introduzione
[1450] Item binnen der stat van Jherusalem steet des Rickemans huis
die den armen lazaren menschen die brocken van synre taeffelen niet
geven enwolde. Item die stede, daer Symon Cirenensis onsen heer holp
syn swaer cruis dragen, unde doer onse heer spraek totten vroukens
[…]. Item twee witte steen, daer stent onse lieve Frouwe amechten,
doen sy oer lieff Kindt sach soe yemmerlicken bereydt unde dat swair
cruis draghen.18
[1458] Primo, la casa di quello richo lo quale negò le fragmente del
pane a Sancto Lazaro […]. Poy […] è lo locho nel quale a Cristo […] fu
tolta la croce di spalla et data a Simone […], et tolta che gli fu, Cristo
se volse verso le donne di Ierusalem […] e dissigli: “Filie Ierusalem…”.
Contiguo […] c’è lo loco ove spasmò la gloriosa Vergene Maria.19
[1458] Primo ad orientem […] venitur ad domum divitis qui negavit
micas Lazaro. Parum abhinc venitur ad trivium, ubi angariaverunt
Symonem Syreneum Judei ut tollerent crucem Jhesu: inibi est locus
ubi Jhesus dixit mulieribus, Filie Jerusalem, nolite lere super me, etc
[…]; item […] locus in quo beata virgo Maria sincopizavit […]; ibi
fuit ecclesia que appellabatur a Christianis sancta Maria de Spata
[corr. Spa(smo)].20
[1461] Exhinc progredientes pusillum, ante domum divitis negantis
micas Lazaro pertransivimus. Deinde venimus ad trivium unum; illic
Judei angariaverunt Symonem. Exhinc […], locus est in qua Virgo
Maria beata obviavit Salvatori eunti immolatum, ibique est ecclesia
diruta, que dicitur Maria Sancta in Espasmo.21
[1464] Aprés hom troba á ma dreta la casa del malnat rich lo qual
denegá almoyna al sant Latzer […]. Aqui tantost ha una plassa ahont
afronten tres carrés: è en aquest loch fou logat Simon Ciraneu que
ajudás á portar la creu á Jhesús […]; è aqui dix jhesús, filie Jherusalem nolite lere super me, etc. […]. Aprés anant un petit pus avant, es
lo loch unt la mare de Deu aprés de hun [*]22
18
Johann von Cleve (1450-1451), p. 133.
19
Sanseverino (1458-1459), p. 55.
20
Wey (1458, 1462), pp. 60-61.
21
Rochechouart (1461), p. 242.
22
Oliver (1464), pp. 17-18. Con l’asterisco si indica una lacuna del ms.
[ 13 ]
Introduzione
[1486] La casa de quello richone Epulone, qual negete le miche dil pane
al vulneroso Lazaro […]. G’è lo Trivio dove li Iudei per angaria feceno
che Simone cireneo, venendo de villa, portò la croce di l’affanato Christo, dove che […] si volse et disse: “Filiae Iherusalem, nolite lere super
me sed super vos et ilios vestros”. Qui apresso a ditta casa è lo loco
unde lo spasmo sopravene a la Madona […]. In questo loco da’ christiani fu ediicata uno tempio nominato Sancta Maria dal Spasmo.23
[1494] Darnach komen wir zu des reichen manns haus, der dem armen Lasarus die prosen von seinem dischs nit geben wollt. Darnach
komen wir zu sant Maria Madalena haus […]. Darnach komen wir
[…] an die stat, da vil andechtiger frawen gestanden sein […]. Und
der herr Jesus spracht zu in: “Ir thöchter von Jerusalem, ir solt nit
yber mich wainen” […]. Darnach komen wir mer an ain eck in ainer
gassen, da ist die stat, da unser herr Jesus von anmächt nidersanck
unter dem kreytz, und die Juden, die zwungen ein peyrlein genant
Sinomen Cireneum […].24
Notiamo senza troppa fatica che autori di ambienti culturali e geograici eterogenei si servono di puntuali citazioni bibliche in modo uniforme.
Un modo che deinirei ‘eterodiretto’. Utilizzo questo termine, volutamente forte, perché non troveremmo una simile omogeneità afiancando
testi anteriori alla metà del XIV secolo.
Come è noto, grazie alla solidità degli accordi commerciali e diplomatici tra i sovrani europei e il soldano d’Egitto, nel tardo Trecento più
armatori veneziani offrirono un autentico servizio di linea, che collegava
Venezia e Giaffa, allo scopo di trasportare i pellegrini di tutta Europa. E
i pellegrini, perlomeno a partire dalla metà del Trecento, in Terrasanta
poterono contare sulla presenza dei frati minori, che sino al 1847 (con
il breve pontiicio Nulla celebrior) furono gli unici esponenti del clero
latino ai quali fossero stati consentiti insediamenti stabili. Dato che in Palestina i frati minori agivano nei confronti dei cristiani europei in condizioni, per così dire, di monopolio, possiamo senz’altro individuarli come i
principali diffusori di una nuova memoria dei luoghi santi, un bagaglio di
informazioni che a loro volta i pellegrini avrebbero ricondotto in Europa
al termine del loro viaggio.25
23
Antonio da Crema (1486), p. 97.
24
Anonym (1494), p. 438.
25
L’argomento, naturalmente, sarà trattato in forma più distesa nel terzo capitolo.
[ 14 ]
Introduzione
Per i pellegrini, e per chi avrebbe letto i loro diari di viaggio, la funzione
dei frati della Custodia è talmente ovvia da essere citata solo en passant,
quasi di sfuggita: il iorentino Giorgio Gucci, pellegrino nel 1384, scrive
per esempio: «Cominciamo a fare le cerche ordinatamente, secondo l’usanza de’ pellegrini che in quello luogo vanno; le quali ci sono mostrate
da’ Frati minori e da più divote donne che continovo come povere pellegrine in Gerusalem stanno».26 I testi dei pellegrini prima dell’insediamento francescano, invece, non sono standardizzati o, se lo sono, lo sono
piuttosto per la ‘vischiosità’ che contraddistingue un’ampia parte della
letteratura medievale (dove opere in prevalenza anonime vengono continuate, rimaneggiate, aggiornate o inserite parzialmente in altre opere
dedicate al medesimo argomento), piuttosto che dall’impostazione programmatica da parte degli organizzatori dell’“esperienza-pellegrinaggio”.
Un’altra differenza di fondo impossibile da tacere, e che permette di
distinguere tra i racconti odeporici prima e dopo l’organizzazione francescana delle cerche, è l’attenzione verso le indulgenze. Obiettivo principale
del viaggio, secondo quanto emerge dai resoconti tardotre- e quattrocenteschi, è lucrare indulgenze. I pellegrini acquistavano o trascrivevono
elenchi di indulgenze, scrivevano di averne maneggiati e utilizzati durante
i pellegrinaggi, e speciicando che i contenuti degli Indulgenziari (elenchi
di indulgenze luogo per luogo) erano illustrati dai frati durante le visite
ai luoghi in questione.27 Ad esempio il nobile Philippe de Voisins scrive,
dopo aver citato le case di Pilato, di Erode e della Veronica: «les pardons
et oresons desdicts lieux se continent au libre qu’on prent a Venise en
allant au voiaige».28 Nei testi del tardo Trecento e del Quattrocento la
26
Gucci (1384-1385), p. 288.
27 Sono per l’appunto tratti da Indulgenziari tutti i brani dell’elenco sopra. Nei resoconti
dei pellegrini si fa spesso riferimento a testi acquistati, o comunque procurati per compiere al meglio le visite ai luoghi dove avvennero episodi santi. Gli Indulgenziari elencavano numerosissimi eventi connessi a determinati e circoscritti punti, al’interno di ediici
o all’aperto, contrassegnati da pietre o elementi naturali (un albero, un corso d’acqua, un
pozzo…), e non se ne trova traccia prima dell’avvento dei frati minori nel XIV secolo.
Trattandosi di oggetti d’uso, l’usura e la dispersione di tale materiale è stata elevatissima;
se ne sono conservati comunque in un discreto numero, trascritti in miscellanee sulla
Terrasanta o in diari di viaggio. Ad esempio Rinuccini (1474-1475), pp. 116-125, ne
copia uno durante il suo viaggio in mare; un anonimo ne ha premesso uno alla sua copia
del viaggio di Jacopo da Verona (nel ms. già Phillips 6650, ora a Minneapolis, del 1424).
28 Di nuovo, trattando della sua visita al Santo Sepolcro: «demurarent en ladicte eglise
toute la nuict, suivans les saintz lieux en disant oresons, ainsin que se countient audict livre
[ 15 ]
Introduzione
Terrasanta risulta una sorta di percorso a tappe dove l’interesse del fedele
si concretizza nell’accumulo di indulgenze ottenibili in svariati ma ben
precisi luoghi; a volte il pellegrino ottiene un’indulgenza singola, a volte
le indulgenze sono 3 o 4 nello stesso ediicio o perimetro.
Non mi soffermo qui su un altro aspetto del problema, cioè il modo in
cui, in corrispondenza dell’avvento francescano, si modiicò la geograia
dei luoghi santi. Mi limito ad accennare al fatto che, come aveva intutito
già Sylvia Schein, una maggiore sensibilità nei confronti dei ricordi neotestamentari e specialmente mariani (che risultarono moltiplicati) venne
compensata da una contestuale contrazione dei ricordi veterotestamentari.29 Con il presente lavoro desidero invece entrare nel vivo della questione degli insediamenti francescani: come si costituirono verso la metà
del XIV secolo e come vennero a evolversi durante il permanere del regno
mamelucco. In merito esiste una sorta di vulgata storiograica e i contenuti
di questa vulgata costituiscono un argomento molto vicino, ma in certa misura distinto, dal come e dal quando tale vulgata si è andata a costituire. Il
quadro degli studi è carente: mancano inanco gli strumenti per affrontare
questioni fondamentali, e per tale motivo il valore che contiene il lavoro
presentato qui risiede più nelle domande che riuscirà a sollevare, che in
quelle cui riuscirà a dare risposta. A cosa è dovuta una simile situazione?
Per chi fosse digiuno della questione propongo questi esempi: nel
Quattrocento l’archimandrita russo Grethenios, riferendosi alla basilica
del Santo Sepolcro, si riferisce a cristiani di confessioni diverse dalle sue
come “tre volte maledetti” (gli Armeni), o “maledetti eretici” (i Latini).30
Di contro, il frate minore tedesco Paulus Walther deiniva i monaci greci
come fetentes maxime.31
Nel Quattrocento acredini, e più spesso conlittualità feroci, compaiono più tra i sacerdoti che tra i laici. Tali conlittualità, purtroppo, si
mantengono attuali nei secoli: mesi fa mi lamentavo con un autorevole
de pellerinaige», e, riguardo alla casa del sacerdote Anna e al luogo della decapitazione di
san Giacomo, de Voisins taglia corto rimandando il lettore al libro, la notorietà del quale gli
consente di non dilungarsi troppo («la ou saint Jacques feust decapité, et en d’autres pellerinaiges contenus audict livre de pellerinaige»): De Voisins (1490), pp. 30, 31, 32.
29 Schein 1982. Mi permetto di rimandare a una monograia sull’argomento, ricavata dalla
mia tesi di dottorato discussa ormai nel 2012 (L’invenzione dei luoghi santi e la politica
delle indulgenze in Terrasanta) e inalmente prossima alla pubblicazione: Saletti in stampa.
30
Grethenios (1400 ca), rispettivamente alle pp. 170 e 173.
31
Walther (1482-1484), p. 131.
[ 16 ]
Introduzione
collega e amico dell’impossibilità di poter consultare un manoscritto
composto nel tardo Quattrocento da frate Cristoforo da Varese nel convento francescano del Monte Sion e tuttora conservato nell’Archivio
della Custodia di Terra Santa. Si tratta del codice più antico dell’Archivio,
contenente una raccolta di bolle pontiicie e l’opera De Privilegiis Terrae
Sanctae. È da circa 8 anni che tento invano. L’amico, tutt’altro che disinformato sulle vicende della Custodia, confermò i miei sospetti che il
motivo di tale ostruzionismo fosse il timore che scoprissi qualcosa di peggiorativo riguardo allo Statu Quo, informazioni che avrebbero potuto
danneggiare i francescani a vantaggio di rappresentanti di altre Chiese.
Confrontandomi con altri colleghi, sono venuta a conoscenza del fatto
che anche loro hanno subito analoghe restrizioni per quanto attiene a
materiale antico custodito presso l’Archivio.
È evidente che tali condizioni di ricerca, ovvero l’inaccessibilità di
molti documenti vergati centinaia di anni or sono, limitano drammaticamente la possibilità di comprendere un aspetto tanto importante della
storia di Gerusalemme, e, dunque, del passato dell’intera Cristianità. Un
passato che forse anche per questo resta fonte di contrasti accesissimi.
Limiti personali (la mia ignoranza delle lingue araba, armena, copta,
amarica e siriana, ad esempio) mi impediscono di tentare una fruizione
diretta di documenti appartenenti a confessioni cristiane di rito orientale. Ipotizzo tuttavia che se i documenti conservati dalle Chiese Armena,
Greco ortodossa o Etiope, per analoghi motivi di diritti sui luoghi santi,
vengono custoditi con gelosia equiparabile a quella manifestata a oggi
dai frati minori della Custodia, nemmeno la più impeccabile competenza
linguistica potrebbe valere a rendere meno oscuro il rapporto tra luoghi e
Chiese, perché fonti decisive continuerebbero a restare inattingibili.
Nonostante ostacoli di tali proporzioni, è comunque stupefacente il
disinteresse sinora dimostrato dalla comunità scientiica, e in particolar
modo dagli storici medievisti, nei confronti di questo tema. Anche soltanto afiancando resoconti di pellegrini, cronache arabe, lettere inviate
dai frati della Custodia a governanti italiani, scaturiscono svariati interrogativi e discrepanze rispetto alla lettura in qui proposta del ruolo dei
frati minori nel gestire il luoghi santi. Un autentico rompicapo rappresentano le pertinenze oggetto dello Statu Quo, ossia i santuari di Betlemme,
della tomba della Vergine e, soprattutto, quelli all’interno del Santo Sepolcro. Per tale motivo la mia scelta metodologica rispetto a diritti e
pertinenze è di partire dalle testimonianze dei pellegrini, limitandomi a
formulare domande e, in alcuni casi, ipotesi. Avverto pertanto che il pre-
[ 17 ]
Introduzione
sente contributo non si propone di ricostruire un quadro completo dei
santuari e dei diritti spettanti ai frati minori, ma di suggerire piuttosto
spunti di ricerca che tengano conto della complessità del contesto, della
necessità di un’ottica comparativa e del confronto tra tipologie diverse di
fonti. Anche per questo ho deciso di sottoutilizzare, in questa sede, testi
prodotti da francescani della Custodia, quali il Trattato di Terra Santa e
dell’Oriente di Francesco Suriano o la più tarda Elucidatio Terrae Sancte
di Francesco Quaresmi, nonostante sia innegabile che contengano innumerevoli informazioni utilissime. Per l’impossibilità di consultare il manoscritto, e perché le indulgenze rappresentano qui solo un argomento a
ianco di numerosi altri, cito raramente pure il Bullarium Terrae Sancte
e il De Privilegiis Terrae Sanctae, cioè due sezioni del già citato manoscritto redatto da Cristoforo da Varese presso la Custodia di Terra Santa
e ivi conservato, che troveranno più spazio in un mio lavoro di prossima
pubblicazione sulle indulgenze di Terrasanta. In questa fase degli studi, a
mio parere, cercare di porre gli interrogativi giusti può risultare più fruttuoso di formulare ipotesi senza aver prima recuperato, dal segreto degli
archivi, i documenti atti ad avvalorarle.
L’Introduzione e le pagine 69-91 del cap. II sono state originariamente presentate
(in una forma più colloquiale) durante la giornata di studi Shaping Christian
Memories and Identities: The Franciscans in the Levant, 13th-16th century svoltasi a Roma, presso il Koninklijk Nederlands Instituut, il 9 dicembre 2014, per
conluire in Saletti 2015b.
[ 18 ]
Bibliografia
Sigle utilizzate per gli archivi
ASCTGer = Archivio Storico della Custodia di Terra Santa di Gerusalemme
ASMi = Archivio di Stato di Milano
ASV = Archivio Segreto Vaticano
ASVe = Archivio di Stato di Venezia
Fonti
Adorno (1470-1471) = Anselmi Adournes Itinerarium Terrae Sanctae, in Itinéraire
d’Anselme Adorno en Terre Sainte (1470-1471), texte édité, traduit et annoté
par Jacques Heers et Georgette de Groer, Paris, Éditions du Centre National
de la Recherche Scientiique, 1978, pp. 26-493.
Affagart (1533) = Relation de Terre sainte (1533-1534) par Grefin Affagart,
publiée, avec une introducion et des notes par Jules Chavanon, Paris, Librairie
Victor Lecoffre, 1902.
Anglure (1395-1396) = Le saint voyage de Jherusalem du seigneur d’Anglure,
publié par François Bonnardot & Auguste Longnon, Paris, Librairie de Firmin
Didot et C., 1878, pp. 1-102.
Anonym (1494) = Eine Pilgerfahrt in das heilige Land im Jahre 1494,
herausgegeben von Theodor Schön, «Mitteilungen des Instituts für
österreichische Geschichtsforschung», XIII, 1892, pp. 438-469 (ora in:
Die Reise eines niederaideligen anonymus ins Heilige Land im Jahre 1494,
herausgegeben von Gerhard Fouquet, Frankfurt am Main, P. Lang, 2007).
Anonyme (1419 ca) = Anonyme, Les voyaiges et pardons qui sont en Jherusalem
et en la Terre Sainte, in Henri Moranvillé, Un pèlerinage en Terre Sainte et au
Sinaï au XVe siècle, «Bibliothèque de l’École des Chartes», LXVI (1905), pp.
70-106: 76-106.
STORIE E LINGUAGGI
Collana diretta da Franco Cardini e Paolo Trovato
Volumi pubblicati
1. Fabio Romanini, Beatrice Saletti. I Pelrinages communes, i Pardouns de Acre e la
crisi del regno crociato. Storia e testi/The Pelrinages communes, the Pardouns de
Acre and the Crisis in the Crusader Kingdom. History and Texts.
2. Tiziana Iannello. Sho-gun, ko-mo-jin e rangakusha. Le Compagnie delle Indie e
l’apertura del Giappone alla tecnologia occidentale nei secoli XVII-XVIII.
3. Elisabetta Tonello, Paolo Trovato (a cura di). Nuove prospettive sulla tradizione della «Commedia». Seconda serie (2008-2013).
4. Gloria Larini (a cura di). Controversie. Dispute letterarie, storiche, religiose
dall’Antichità al Rinascimento.
5. Paolo Pepe (a cura di). Henry Fielding, Il Finto Dottore ovvero La Muta
risanata.
6. Mirko Volpi. «Sua Maestà è una pornograia!». Italiano popolare, giornalismo
e lingua della politica tra la Grande Guerra e il referendum del 1946.
7. Paolo Trovato. Everything You Always Wanted to Know about Lachmann’s
Method. A Non-Standard Handbook of Genealogical Textual Criticism in the
Age of Post-Structuralism, Cladistics, and Copy-Text.
8. Federico Della Corte. Come ombre vivaci sullo sfondo. Studio su La bella di
Lodi di Alberto Arbasino.
9. Loris De Nardi. Oltre il cerimoniale dei Viceré. Le dinamiche istituzionali nella
Sicilia barocca.
10. Mirko Tavoni. Storia della lingua italiana. Il Quattrocento.
11. Andrea Bocchi. Il glossario di Cristiano da Camerino.
12. Gianfranco Folena. Culture e lingue nel Veneto medievale.
13. Franco Cardini. La bottega del professore.
14. Leonardo Bellomo. Ritmo, metro e sintassi nella lirica di Lorenzo de’ Medici.
15. Loris Zanatta. I sogni imperiali di Perón. Ascesa e crollo della politica estera
peronista.
16. Alessandra Zangrandi. Stile e racconto nelle lettere di Ippolito Nievo.
17. Beatrice Saletti. I francescani in Terrasanta (1291-1517).
Stampato da Logo srl
Via Marco Polo, 8 – Borgoricco (PD)
www.logosrl.com
BEATRICE SALETTI, già ricercatrice presso l’Università telematica eCampus e
dottore di ricerca in “Storia dei centri, delle vie e della cultura dei pellegrinaggi
nel Medioevo” a Lecce, è attualmente dottoranda in storia medievale (interateneo
Trieste-Udine). Tra i suoi lavori, le edizioni, con introduzione e commento continuo,
del Viagio del Sancto Sepolcro facto per lo illustro misere Milliaduxe estense (ISIME,
2009) e – con Fabio Romanini – di due guide crociate della Terrasanta in anglonormanno, i Pelrinages communes e i Pardouns de Acre (libreriauniversitaria.it, 2012).
Ha pubblicato inoltre Luoghi di culto della Traspadana ferrarese. Attraverso le visite
pastorali e il carteggio del vescovo Leni, 1611-1627 (Comunicarte, 2002) e (sempre
per libreriauniversitaria.it, 2015) La successione di Leonello d’Este e altri studi sul
Quattrocento ferrarese.
ISBN 978-88-6292-751-2
€ 18,90
Storie e linguaggi – 17
Nel 1847, quando con la bolla Nulla celebrior papa Pio IX ripristinò a Gerusalemme
la sede del Patriarcato Latino (declassato a patriarcato titolare dal 1295), venne a
cessare una sorta di monopolio spirituale. Dalla prima metà del Trecento i francescani erano infatti i soli membri della Chiesa Romana ai quali i Mamelucchi avevano consentito di risiedere stabilmente in Terrasanta; e in virtù di questa prerogativa
svolsero per secoli un ruolo fondamentale. Unici intermediari tra i pellegrini “franchi” (cioè occidentali) e il sacro, i frati rifondarono la memoria dei luoghi santi palestinesi, che si sarebbe diffusa attraverso i resoconti di pellegrinaggio tre- e quattrocenteschi nella letteratura, nell’iconograia e nell’architettura europee. Sotto la
dominazione mamelucca, che si sarebbe conclusa nel 1517, i francescani furono
anche involontarie pedine dei conlitti tra le potenze occidentali e il sultano per
il controllo del mercato europeo delle spezie. Sulla base di un ampissimo corpus
di testi, il lavoro di Saletti ripercorre (in qualche caso, ridisegna) le alterne vicende
della Custodia di Terra Santa dalla fondazione alla conquista ottomana del vicino
Oriente.
Beatrice Saletti