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domenica 9 febbraio 2014

30,000 chilometri

Porto di Nueva York, anni 1930

Negli anni 1930, un prete cecco di nome Josef Baťka (Pilsen, 1901 – 1979, Sušice) è arrivato al bordo della nave a vapore Normandie a ciò che il suo connazionale Antonín Dvořák ha chiamato non appena una generazione prima il «nuovo mondo». Baťka ha studiato nel Vaticano, e ha viaggiato largamente in Europa e nel Vicino Oriente in qualità di nuncio papale. Inoltre era anche un appassionato e dotato fotografo, che, utilizzando una camera del medio formato che ha reso negativi quadrati di 60 millimetri, ha lasciato una miniera di piccole immagini quadrate, ordinatamente depositate nelle caselle in cui sono state consegnate dallo studio di fotografia.

Queste fotografie dimostrano che, a parte delle sue doti sacerdotali, lui aveva anche un occhio sensibile per l’equilibrio e la forma, che sembra in qualche modo sorprendente nel contesto della fotografia amatoriale. Le sue immagini spesso mostrano un’integrità compositiva che merita la nostra attenzione anche al di là dei meriti del loro contenuto.


Dal punto di vista del contenuto, le immagini di Baťka mostrano il suo fascino con il paesaggio, la natura umana, la tecnologia moderna e la società, e rivelano per noi, con una chiarezza e un senso di straniamento, le traiettorie dei tempi in cambio rapido di quasi un secolo fa, osservate attentamente e con la relativa obiettività di uno straniero. Ma Baťka ha afferrato il senso e la qualità di un tempo scomparso non solo con il suo lavoro fotografico. Le immagini vengono accompagnate da un lungo manoscritto che registra le sue impressioni durante il viaggio in America.

Alcune delle foto mostrano Baťka, un uomo studioso dall’aspetto un po’ grassoccio, calvo, che si avvicina alla mezza età, con le orecchie a sventola e occhiali di gufo. Il suo manoscritto mostra una mano ordinata, con correzioni e vari contrassegni colorati che suggeriscono che forse lo ha preparato per la pubblicazione. In ogni caso, ha preso sul serio la registrazione delle sue osservazioni durante il viaggio.

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Molte fotografie semplicemente registrano quello che doveva essere novità per lui: grandi automobili lucide, aerei, la Luna Park di Nuova York, la Queen Mary, un vero e proprio indiano pellirossa!

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Altri dimostrano una sottile geometria e equilibrio: le montagne dell’ovest, un albero di iucca, le linee moderne del grande Boulder (ora Hoover) Dam, il Grand Canyon, la Monument Valley, Yellowstone. Anche se alcuni di questi sono soggetti popolari dei turisti, nelle mani di Baťka rilevano un’attenta quadratura e una raffinata composizione che prestano alle sue immagini chiarezza formale e atemporaneità.

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Alcune delle sue immagini registrano – sia per abilità o per semplice fortuna – una serie di momenti apparentemente insignificanti, che comunque risuonano fortemente con l’osservatore moderno. Questi quadri perpetuano una realtà e delle situazioni ormai irrimediabilmente perdute. Entriamo nel mondo americano degli 1930 attraverso le immagini realizzate da un visitatore proveniente da un paese lontano, la Cecoslovacchia, che molte delle persone nelle sue immagini potevano né pronunciare né immaginare.

Baťka si rivela di essere anche un antropologo laico. Ci mostra relazioni familiari e professionali tra le persone, codificate nei gesti e ragruppamenti umani messi in scena sul palcoscenico della vita reale. Come i fotografi di strada di più tardi, sapeva come organizzare le scene, con la luce del sole da un angolo fortuito, e quando rilasciare l’otturatore.

batka4 batka4 batka4 batka4 batka4 batka4 batka4 batka4 batka4 batka4 batka4 batka4 batka4 batka4 La maggioranza delle persone nelle foto sono membri delle communità degli immigranti cecchi della Nebraska orientale

Anche i quadri più prosaici si possono essere studiate in cerca di una verità oggettiva, la (problematica) verità del documentario. Ma in altri troviamo anche un senso visivo che eleva alcune di queste immagini amatoriali a un livello più vicino al sublime.

Dopo il suo ritorno in Boemia, Msgr. Baťka ha insegnato teologia nel liceo di Nymburk. Durante l’occupazione tedesca riuscì a fuggire di prigione. Dopo la guerra, il colpo di stato comunista e con la messa da parte e impoverimento della Chiesa, si ritirò nella sua casa di famiglia, dove ha servito come sacerdote in una parrocchia remota, nella vicinanza di Klatovy, nelle montagne della Šumava.

El Paso, Texas o Ciudad Juarez, Mexico, anni 1930

Baťka ha passato la seconda metà della sua vita insieme alla sua sorella molto più giovane, Maria, nella piccola città di Kolinec, nel sud-ovest della Boemia. È morto nel 1979, e sua sorella, che lo aveva curato nella sua vecchiaia, lo seguì nel 2004, lasciando la casa e tutti i loro beni alla chiesa. Durante l’ispezione della proprietà si sono trovate varie scatole contenenti diapositive e negativi di vetro, e stampe fotografiche, insieme al lungo manoscritto sul suo viaggio nel nuovo mondo, che si intitola 30.000 chilometri in treno, nave e automobile.


Per fortuna, tutti questi materiali sono stati salvati, e nel 2008 erano oggetto di una mostra multimediale intitolato «E per questo motivo…» nella Galleria Školská 28 di Praga.

Clicca per il catalogo completo (pdf)

L’autore ringrazia a Miloš Vojtěchovský e Dana Recmanová per le loro ricerche primarie su Josef Baťka, e a Jan Bartoš per le fotografie delle scatole di Baťka. Il catalogo della mostra Baťka è stato progettato dall’autore

martedì 16 luglio 2013

Kit di sopravvivenza


Chiunque è stato ispirato dal post precedente a incamminarsi sulla scia di Bram Stoker e Dracula a Bistritz e al Passo di Borgó, si trova in una situazione di gran lunga migliore dell’ignaro Jonathan Harker. Non solo perché saprà già esattamente che tipo di minaccia dovrà affrontare, ma anche perché potrà acquistare con un semplice click, composto in un unico pacchetto, tutto ciò che è necessario per una facile vittoria su quella minaccia.


I kits ottocenteschi per uccidere vampiri, preparati per chi viaggiava dall’East Coast degli Stati Uniti ai Carpazi transilvani, sono costantemente alla vendita su eBay, e anche presso la prestigiosa casa d’aste Sotheby’s, per circa 10-14 mila dollari. Non è poco, ma il valore della vita è inestimabile.



Il contenuto dei kits è ricco e vario, dall’aglio, acqua santa, candele sacre e crocifisso per espellere i vampiri fino al palo di legno e il pugnale per la resa dei conti finale, e contiene anche tali armi apocrifi, non menzionati nella letteratura sui vampiri, come la pistola con proiettili d’argento, che originalmente serviva come protezione contro i lupi mannari. Il rosario ha un ruolo particolarmente importante, visto che è stato introdotto nella letteratura dallo stesso romanzo Dracula, e il suo primo uso documentato si lega all’Albergo Re d’Ungheria a Bistritz:

Proprio prima che lasciassi l’albergo, la donna è venuta in camera mia e ha preso a blaterare concitatamente: Dovete voi andare? Oh, giovane «Herr», dovete voi proprio andare? Era in uno stato di agitazione tale che sembrava aver dimenticato quel po’ di tedesco che sapeva, al punto che lo mischiava a un’altra lingua che ignoravo completamente: sono riuscito a seguirla solo chiedendole più e più volte di ripetere. Quando ho detto che dovevo partire subito, che avevo importanti affari da sbrigare, ha insistito: Ma voi sapete quale giorno è oggi? Le ho risposto che era il quattro di maggio. Lei ha scosso la testa, e poi: Oh, sì! Io so, io so bene! Ma sapete voi che giorno è questo? Ho replicato che non capivo a che cosa si riferisse, e lei: E’ vigilia di giorno di San Giorgio. E non sapete voi che a mezzanotte in punto forze malefiche di mondo hanno pieno potere? Voi non sapete dove andate, e verso che cosa?

Appariva in così palesi angustie che ho cercato di confortarla, ma invano, e alla fine si è gettata in ginocchio, implorandomi di non partire, di aspettare almeno un giorno o due. Era una situazione ridicola e tuttavia non mi sentivo affatto a mio agio. Comunque, avevo impegni precisi e non potevo tollerare intralci. Ho fatto quindi per sollevarla, dicendole, con tutta la serietà possibile, che la ringraziavo ma che non potevo rinviare il mio appuntamento, e che dovevo andare. Lei allora si è rimessa in piedi, asciugandosi gli occhi, e si è tolta una crocetta che portava al collo, porgendomela. Non sapevo che fare perché, essendo anglicano, mi era stato insegnato a considerare oggetti simili poco meno che idolatrici, e d’altra parte mi sembrava assai poco gentile opporre un rifiuto a una donna anziana animata da così buone intenzioni e nello stato d’animo in cui trovava. Suppongo che essa mi abbia letto il dubbio in viso, perché mi ha messo al collo il rosario cui era appesa la crocetta, dicendo: Per amore di vostra madre, e se n’è andata.



Tuttavia, stranamente, il pacchetto non contiene nessuno specchio, che sarebbe però lo strumento più sicuro per il riconoscimento dei vampiri in incognito.

Coricatomi, ho dormito solo poche ore e, con la sensazione di non poter dormire dell’altro, mi sono alzato. Avevo appeso lo specchietto alla finestra e ho cominciato a radermi. E d’un tratto, mi sono sentito una mano sulla spalla e ho udito la voce del Conte che mi diceva: Buongiorno. Ho sussultato, stupito com’ero di non averlo visto, dal momento che lo specchio rifletteva l’intera stanza alle mie spalle. Nel sobbalzo, m’ero fatto un piccolo taglio ma non l’ho notato subito. Dopo aver riposto al saluto del Conte, ho girato lo specchio per rendermi conto di come non lo avessi notato. Ma questa volta, impossibile l’errore: mi stava vicino, lo vedevo da sopra la spalla, ma nello specchio egli non si rifletteva! Scorgevo l’intera stanza dietro di me, ma in essa non v’era traccia di creatura umana, a parte me. Era sorprendente e, aggiungendosi a tante altre stranezze, non faceva che accrescere quella vaga sensazione di disagio che avevo sempre provato in presenza del Conte; e proprio in quella mi sono accorto che dalla ferita era uscita qualche goccia di sangue, e che questo mi colava sul mento. Ho deposto il rasoio, volgendomi a mezzo alla ricerca di un cerotto. Come il Conte ha scorto il mio volto, eccone gli occhi accendersi di una sorta di demoniaco furore, eccolo fare un gesto, come per afferrarmi alla gola. Mi sono ritratto, e la sua mano ha sfiorato il rosario cui è appeso il crocifisso. Un subitaneo mutamento si è verificato in lui: il furore è scomparso con tanta rapidità, da farmi dubitare che ci fosse stato. Attento mi ha detto attento a non tagliarvi! E’ più pericoloso di quanto non crediate, in questo paese. Quindi, dato di piglio allo specchio, ha soggiunto: E questo dannato oggetto che ha combinato il misfatto. E’ un lurido strumento di umana vanità. Via!. E, aprendo la pesante finestra con uno strattone solo della mano possente, ha lanciato fuori lo specchio che si è andato a frantumarsi in mille pezzi laggiù, sul selciato del cortile.


Mi chiedo da quale periodo derivano questi kits. La maggioranza di essi sono datati al 1840 e il 1850 su eBay, ma come un post di BS Historian scrive, questo è assolutamente impossibile. Il blog MondoSkepto, citato da lui – e purtroppo da allora scomparso – ha pubblicato una dettagliata analisi del contenuto dei kits, e ha sottolineato, che molti dei loro componenti non possono essere precedenti alla fine dell’Ottocento – dunque, alla vampiromania a seguito della pubblicazione del romanzo Dracula (1897). Certo, oggi un kit di quegli anni sarebbe considerato un pezzo da museo, ma allora si sentiva che aggiungere alcuni decenni di più alla sua età fosse necessario alla sua credibilità.


E la vampiromania non è morta. Nel 2005 un certo Michael de Winter si vantava che era lui a inventare, ancora nel 1970, i pseudo-kits per uccidere vampiri, ma questo è altrettanto inverosimile come la loro attribuzione all’Ottocento, visto che simili kits erano certamente preparati già negli anni 50. È plausibile, però, che lui ha fatto la tipografia di quel pseudo-frontispizio senza un libro, che da allora ha ispirato l’attribuzione di un numero di kits al non esistente professor Ernst Blomberg. E l’industria, come è ovvio o si sospetta da alcuni siti, è ancora fiorente.


martedì 5 marzo 2013

Transizione: La bestia

Emmanuel Fremiet (1824-1910): Gorilla che rapisce una donna, seconda versione, 1887 (la prima versione, respinta dal Salon di Parigi: 1858). Nantes, Musée des Beaux-Arts


Caricatura di Homer Davenport contro il «crokerismo» (l’influenza di Richard Croker) che dominava New York, 1898

Affisso del cinema americano Ravished Armenia (1919)

Illustrazione di Aubrey Beardsley (1894-1895) al I delitti della Rue Morgue di Poe (1841)

Journal des Voyages, 31 gennaio 1909. (Un’edizione del 1885 qui, e il suo modello – una delle fonti più importanti della follia delle gorille nell’Ottocento – qui e qui).


«Distrugge questa bestia pazza! Arruolati nell’armata americana!» Manifesto di guerra anti-tedesco anglo-americana, 1917-1918 (La versione australiana di Norman Lindsay del 1918 è qui)

«Distrugge la bestia tedesca!» Foto di Nikolai Khaldogin, Leningrado, blocada, dicembre 1941 – febbraio 1942. L’affisso originale non ha sopravvissuto, ma la sua versione colorata è stata preparata per una ripresa di film nel 2011.

Gino Boccasile: Francobollo fascista con un soldato americano che trascina la Venere di Milo, e lo stesso francobollo su una busta nell’Italia del Nord occupata dai tedeschi, 1944, da qui