(Incredibles 2 di Brad Bird, 2018)
Qualcuno ha già definito Gli Incredibili 2 il più bel film di supereroi dell'ultimo decennio; se prendiamo il genere nella sua accezione più classica e pura questa affermazione può facilmente considerarsi veritiera. Siamo lontani dall'action costruito solo su scontri tra super esseri, sfoggio di poteri e minacce più o meno planetarie; nel sequel diretto da Brad Bird c'è principalmente quella che è la dimensione familiare dei Parr con tutte le difficoltà e i problemi che ne conseguono, sia per gli adulti che per i bambini. Infatti, se proprio un parallelo si vuole fare con qualche controparte cartacea a fumetti, il gruppo dei Parr può essere paragonato ai bistrattati (dal Cinema) Fantastici Quattro, spesso definiti la "prima famiglia" di casa Marvel. Non a caso uno degli avversari che si intravedono nel primo Incredibles e che torna anche nell'incipit di questo secondo capitolo è il Minatore, villain chiaramente ispirato all'Uomo Talpa, tra i primissimi nemici storici dei Fantastici Quattro.
Si riprende da dove ci eravamo lasciati ben quattordici anni fa, con la famiglia di supereroi che ha appena salvato la città, la figlia adolescente Violetta in attesa del suo primo appuntamento con il compagno di scuola Tony, il piccolo Jack Jack che all'insaputa dei genitori manifesta i suoi primi, sconfinati e terrificanti poteri. Purtroppo per i Parr la legge dice che i supereroi sono ancora al bando, l'utilizzo dei loro poteri ancora illegale. Tutto questo, unito ai danni provocati in città dall'ultimo scontro tra i super eroi e il Minatore, porta a un nuovo attacco verso quelli che dovrebbero essere considerati i difensori dei cittadini; i Parr sono costretti così a rendersi latitanti e trasferirsi in uno squallido motel. A peggiorare la situazione la scelta di Bob Parr, il famoso Mr. Incredible, di far cancellare dalla mente del giovane Tony il ricordo di Violetta per preservarne l'identità segreta scoperta casualmente dal ragazzo. Le speranze dei super e della famiglia Parr sono riposte nei facoltosi Deavor: Winston e sua sorella Evelyn, eredi dell'impero DevTech, autori di un piano mediatico per rilanciare l'immagine dei super eroi e cambiare la legge che impedisce loro di agire. Per farlo puntano tutto su Elastigirl, figura caparbia ma anche rassicurante, scatenando un poco le invidie del marito Mr. Incredible.
Il primo livello di lettura del film, immediato e divertente, è la trama supereroica, piena di trovate visive di classe come l'inseguimento al treno da parte di Elastigirl con un uso della motocicletta a dir poco originale, tradizionale e nel pieno rispetto dei topoi del genere. A corredo c'è il comparto comico ad opera del piccolo e irresistibile (in tutti i sensi) Jack Jack, che si esibisce anche in un memorabile scontro con un procione, e della stilista Edna. Si conferma quello che personalmente già mi aveva colpito favorevolmente nel primo capitolo, cioè la splendida ambientazione retrò che richiama gli anni 60 e l'epoca dell'esplosione dei più famosi fumetti Marvel, il regista Brad Bird seleziona inquadrature e virtuali movimenti di macchina che permettono allo spettatore di calarsi nell'ambiente con grande soddisfazione, ottima la resa di tutto il lavoro tecnico effettuato per la creazione del film. E questa è soltanto la superficie.
Su un secondo livello, più percepibile a un occhio adulto, abbiamo diversi temi di grande interesse. Come sempre più spesso accade, nella vita come al Cinema, c'è la donna che soverchia l'uomo anche professionalmente andando a scatenare le piccole (meschine?) invidie del maschio alfa, e facendone emergere le insicurezze, questioni delicate che vanno a scombussolare assetti familiari e status quo; sicuramente un tema attuale sul quale anche un cartone animato può farci riflettere. Più leggera, e comunque veritiera, la fotografia di un padre in estrema difficoltà nella gestione di un bebè, di un figlio in età scolare e di una bambina adolescente, situazione di per sé già esplosiva, se ci mettiamo anche i poteri dei pargoli più l'incazzatura della figlia che è stata rimossa dalla vita del suo potenziale fidanzatino a causa del padre... beh, la frittata è bella che pronta. Anche su questo versante le situazioni divertenti si accumulano una sull'altra. Per finire, da non sottovalutare il messaggio che lancia il villain di turno, l'Ipnotizzaschermi, che ci mette di fronte a una realtà dalla quale non siamo certo immuni. Accusa infatti i suoi concittadini di aver bisogno di eroi per vivere una vita tranquilla, protetta, di riflesso, una vita dove le emozioni risiedono nella finzione, nei rapporti virtuali, dove i rischi sono preclusi insieme però anche a quello di emozionante e di veramente bello la vita potrebbe offrirci: esperienze, viaggi, nuovi rapporti interpersonali, avventure, amori; tutte cose per le quali si potrebbero dare delle musate su superfici molto dure ma che arricchirebbero di molto le nostre vite. Anche il punto di vista del cattivo qui non è condannabile.
Alla fine abbiamo aspettato i Parr per quasi tre lustri, al contrario di ciò che accadeva per altri sequel ben più spompi, questa volta ne è valsa davvero la pena.
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martedì 13 novembre 2018
lunedì 7 novembre 2011
IL GIGANTE DI FERRO
(The iron giant, di Brad Bird, 1999)
Tra i film d'animazione arrivati sugli italici schermi sicuramente questo Il gigante di ferro non è tra i più celebri. Non di meno la regia di questo titolo è a cura di Brad Bird che, per i meno informati, ha firmato anche le regie de Gli incredibili e di Ratatouille, pellicole che si sono aggiudicate entrambe il premio Oscar.
Nel 1999 usciva per la Warner Bros questo film d'animazione realizzato ancora con tecniche tradizionali, tratto da un libro di Ted Hughes, che narra una storia semplice ad altezza di bambino basata su tòpoi ormai collaudati, e forse anche abusati, del racconto per ragazzi. Eppure queste situazioni ormai classiche funzionano ancora bene declinate nelle più svariate forme di intrattenimento.
L'accettazione del diverso, l'errata convinzione che tutto quel che non è come noi sia pericoloso, l'amicizia tra il fanciullo e l'essere altro (che sia un mostro, un animale, una creatura mitica o, come in questo caso, un gigante di ferro), la ricerca dell'accettazione da parte di quest'ultimo, etc..., etc...
Proprio in questi giorni mi è capitato di leggere la breve storia a fumetti di David Mazzuchelli intitolata Big Man che si basa sugli stessi assunti utilizzati ne Il gigante di ferro. Se anche un autore come Mazzuchelli che ha dato un grande contributo alla rilettura del genere supereroico (Devil: Born Again, Batman: Year One) e considerato ormai un punto fermo del fumetto d'autore (Città di vetro) lavora ancora su queste basi qualcosa di valido da sfruttare narrativamente dovrà pur esserci.
Torniamo a noi. Hogarth, un ragazzino che abita in un piccolo paese di provincia, si imbatte in alcuni strani eventi. Qualcosa ha distrutto vari oggetti metallici lasciando una scia che porta dritto alla centrale elettrica nel bosco. Qui Hogarth si imbatterà per la prima volta nel robot gigante del titolo. Un episodio particolare farà nascere l'amicizia tra il bimbo e questo strano essere. Nel frattempo in paese cominciano a correre strane voci. Siamo nel 1957, clima da guerra fredda, il rappresentante del governo non tarda ad arrivare. L'ispettore Mansley cercherà di scoprire quanto più possibile sul gigante ritenendolo ovviamente una minaccia.
Dal suo canto il grande robot, concepito inizialmente come un arma, cercherà di affrancarsi da questa sua natura cercando di aiutare gli altri. Avete visto qualcosa di più classico e all'apparenza scontato di tutto ciò?
Il film però funziona, ci si affeziona soprattutto al rapporto tra gigante e bambino, per i più piccoli ci saranno momenti commoventi e la giusta tensione, per i più grandi e smaliziati un'oretta di divertimento come una volta. Secondo me può bastare.
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