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L'Europa Nel Primo Dopoguerra.
L'Europa Nel Primo Dopoguerra.
L'Europa Nel Primo Dopoguerra.
La pacificazione impossibile.
La contraddittoria ricerca di un nuovo equilibrio: i 14 punti di Wilson.
La Grande Guerra si era conclusa in un enorme disastro: morirono 9 milioni di uomini, crollarono 4 imperi (russo, tedesco, austro-ungarico, ottomano),
l'assetto geopolitico europeo era cambiato completamente. Le trattative di pace iniziarono nei pressi di Parigi nel gennaio 1919, e vi parteciparono SOLO i
paesi vincitori; i trattati furono cinque (Versailles, Saint-Germain, Trianon, Neuilly, Sèvres). Durante la guerra la parola d'ordine di Lenin era “Pace senza
annessioni e senza indennità”, ciò era approvato dai socialisti europei e anche dai paesi belligeranti. Così il presidente americano Wilson, pressato dal
pacifismo europeo, presentò 14 punti su cui doveva basarsi il ristabilimento degli equilibri internazionali. Fra le varie cose Wilson prevedeva:
➢ Soppressione delle barriere economiche fra gli stati e libertà di navigazione in tutti i mari, attuazione di un disarmo generale . Soprattutto
bisognava seguire il principio di autodeterminazione delle nazionalità (così che nascessero nuovi stati dagli imperi frantumati).
L'equilibrio fra i nuovi stati doveva poi essere garantito da un organismo internazionale → Società delle Nazioni.
Gli obbiettivi della Gran Bretagna e della Francia.
Le potenze europee vincitrici avevano però posizioni piuttosto distanti da quelle wilsoniane, miravano infatti a trarre i massimi vantaggi dai paesi
sconfitti. La Francia, con l'armistizio di Rèthondes, aveva imposto alla Germania la consegna ai vincitori di tutti gli armamenti, del materiale ferroviario
di tutte le colonie; e la restituzione dell'oro sottratto ai paesi invasi. La consegna della flotta e delle colonie da parte della Germania incontrava
l'obbiettivo inglese di eliminare la concorrenza commerciale. La posizione di Clemenceau era più intransigente, mirava a distruggere tutto ciò che la
Germania aveva fatto dal 1870 (anno della sconfitta francese); la linea così dura della Francia rifletteva le paure della Francia stessa derivanti dalle
invasioni tedesche prima nella guerra del 1870 e poi nella Grande Guerra. Ad ogni modo l'obbiettivo francese era quello di diventare il cardine delle
relazioni internazionali.
Il trattato di Versailles: l'annientamento della Germania.
Le condizioni di pace del trattato di Versailles furono durissime per la Germania:
• I confini tedeschi furono ridimensionati (Alsazia e Lorena furono restituite alla Francia, varie regioni occupate dagli alleati, altre cedute a
Belgio, Danimarca, Polonia e Cecoslovacchia), la Germania avrebbe dovuto pagare 132 miliardi di marchi oro in trent'anni alla Francia.
La linea di Clemenceau, che inizialmente sembrava avere successo, non riuscì a garantire l'ordine europeo, ma anzi aveva posto le basi per un successivo e
forte contrasto con la Germania. Nonostante tutto l'Europa costituiva ancora il cardine degli equilibri internazionale, mentre gli Stati Uniti preferirono
rimanere isolazionisti, e ciò fu dimostrato dal fatto che non entrarono a far parte della Società delle Nazioni, promossa dallo stesso presidente Wilson.
Il trattato di Saint-Germain: la spartizione dell'impero austroungarico.
La spartizione dell'impero austro-ungarico fu decisa a Saint-Germain e a Trianon. L'Austria, considerata responsabile del confitto insieme alla Germania,
fu punita duramente: l'impero fu smembrato e ridotto ad un'entità poco più che regionale. Tutto il resto dell'impero fu spartito fra Italia,
Cecoslovacchia, Polonia, Jugoslavia, Romania. La creazione di questi nuovi stati contribuì a minacciare la stabilità europea, lo stesso primo ministro
inglese aveva timore al pensiero di una Germania umiliata e forte, circondata da tanti piccoli stati con popolazione in parte tedesca che voleva
ricongiungersi alla madrepatria. Inoltre il principio di autodeterminazione dei popoli portava altri problemi: all'interno dei nuovi piccoli stati c'erano
comunque delle minoranze che volevano una propria nazione.
Il riassetto dei confini italiani.
L'Italia partecipò alle conferenze di pace come vincitore, ma con un ruolo minore. La delegazione italiana, guidata dal presidente del consiglio Vittorio
Emanuele Orlando e dal ministro degli esteri Sonnino, aveva intenzione di ottenere tutti i territori menzionati nel patto di Londra. La maggior parte di
questi territori si trovava nell'ex impero austro-ungarico, dove ora era nata (senza previsioni) la Jugoslavia, quindi i territori che sarebbero dovuti
andare all'Italia erano in parte compresi dalla Jugoslavia, formata secondo il principio di autodeterminazione delle nazionalità. A questo punto l'Italia
rivendicava comunque le proprie annessioni, andando contro il principio di autodeterminazione dei popoli, poiché i confini si sarebbero dovuti scegliere in
base alla nazionalità, ma nella Jugoslavia c'erano sia italiani che croati e sloveni. In questo contesto la città di Fiume espresse la volontà di entrare a far
parte del Regno d'Italia, e ci riuscì grazie ad un plebiscito; ma Fiume non era menzionata nel patto di Londra, così i primi ministri francese e
inglese ebbero un appiglio per mettere in discussione tale patto. L'Italia per protesta abbandonò la conferenza, ma il presidente americano fu
irremovibile sulla cessione dei territori jugoslavi, tanto era sicuro che l'Italia non fosse abbastanza forte e che avesse bisogno degli USA economicamente.
Poco dopo la delegazione italiana tornò alla conferenza senza ottenere nulla di quanto chiesto. Ciò fece nascere il sentimento in Italia della “vittoria
mutilata”.
Il trattato di Sèvres: la spartizione dell'ex impero ottomano.
Il trattato di Sèvres regolò la spartizione dell'impero ottomano che venne smembrato e ridotto ad una striscia di terra comprendente Costantinopoli
e l'Anatolia settentrionale. Parte dei territori ex ottomani diventarono stati indipendenti, altre parti invece furono affidate a Francia e Inghilterra secondo
il sistema dei mandati (cioè in attesa dell'indipendenza di questi popoli l'amministrazione del loro stato veniva affidata ad altre potenze). Nel trattato di
Sèvres l'obbiettivo che muoveva le potenze era quello di ampliare la propria area di dominio coloniale. Tale strategia non teneva conto però delle
forti spinte nazionalistiche, turche e arabe, che aprirono vari conflitti.