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SECONDA UNITA’ TEMATICA

Ch. Baudelaire (1821-1867) e i poeti scapigliati (Italia postunitaria, anni sessanta


dell’Ottocento): la ridefinizione del ruolo dell’intellettuale di fronte alla modernità all’insegna
dell’antiromanticismo (prima modalità di reazione)
PARTE B: la Scapigliatura

In questa unità tematica ci soffermeremo su una prima modalità di reazione all’irruzione


travolgente della modernità, di cui sono emblema, in contesti diversi e con esiti letterari e artistici
differenti, Ch. Baudelaire (1821-1867) e gli Scapigliati, un gruppo di poeti, di artisti, di intellettuali
“ribelli” o “bohemien” che negli sessanta dell’Ottocento danno vita nell’Italia postunitaria a una
tendenza culturale che esaspera il conflitto tra artista e società, già presente nella cultura
romantica.
La Scapigliatura
a)-b) NON UN MOVIMENTO, MA UNA TENDENZA “RIBELLE” CHE ACCOMUNA INTELLETTUALI
ARTISTI DELL’ITALIA POSTUNITARIA (AREA LOMBARDO-PIEMONTESE). Con il termine
Scapigliatura (equivalente del francese bohème, che designa una condotta di vita “zingaresca”,
sregolata, fuori dai parametri normali della società borghese, una vita di totale libertà, nomade e
disordinata) si individua una tendenza “ribelle”, di rifiuto della cultura del passato, che accomuna
diversi poeti e artisti che operano negli anni sessanta dell’Ottocento nel clima postrisorgimentale
dell’Italia, che ha appena conseguito l’unità nazionale, un clima statico, fermo in cui si sono
definitivamente spenti l’entusiasmo e la spinta energica al rinnovamento che aveva animato le
lotte risorgimentali. La Scapigliatura non è un movimento unitario (come sarà invece il Futurismo
nei primi del Novecento): troppo diversi sono gli atteggiamenti di vita, le scelte stilistiche e le
posizioni politico-sociali (dagli anarchici ai repubblicani ai conservatori). Tutti i maggiori esponenti
appartengono tuttavia alle nuove generazioni di intellettuali, che, pur facendo parte integrante
della borghesia, ne contestano il conformismo e la logica del profitto, ormai estesa anche al
mercato “culturale” (arte, libri, giornali). Tutti condividono dunque un generico ribellismo,
un’esigenza di rompere i ponti con gli schemi costituiti, siano essi modelli artistici o di vita.
c) IL LEGAME CON LA CULTURA ROMANTICA: IL RECUPERO DEGLI ASPETTI IRRAZIONALI E
FANTASTICI DEL ROMANTICISMO EUROPEO CHE IL ROMANTICISMO ITALIANO AVEVA
TRASCURATO
Come nel caso di Baudelaire, anche gli Scapigliati sono legati a doppio filo alla cultura romantica: in
essi si acuisce infatti, assumendo forme estreme e spesso violente, il conflitto tra artista e società,
che era uno degli aspetti costitutivi della sensibilità romantica. Un conflitto che, fatta eccezione
per U. Foscolo, in Italia non si era mai manifestato in maniera evidente, poiché il Romanticismo
italiano rappresenta la “leva” culturale, ideologica e letteraria del Risorgimento, per cui l’artista, il
poeta e l’intellettuale, di fatto, si fanno portavoce delle istanze di riscatto nazionale assumendo il
ruolo di “guida della nazione” (si pensi soltanto a Manzoni, ma anche a Mameli e a tutti i poeti
risorgimentali). Una volta esaurito il fervore del Risorgimento e con esso il ruolo culturale degli
intellettuali, affiora anche in Italia in maniera prepotente il dissidio tra l’artista e la società cui dà
voce la Scapigliatura. Inoltre questa “avanguardia” mancata recupera tutta una serie di temi
romantici, che la letteratura italiana del primo Ottocento (intrisa di realismo alla Manzoni e
pervasa dalla funzione pedagogica assegnata alla letteratura) aveva trascurato: l’irrazionale, il
fantastico, il macabro, l’orrore, la dimensione del sogno ecc. Fondamentale per comprendere
l’opera degli Scapigliati è avere presente il loro legame con alcuni scrittori del primo Ottocento,
che erano stati sostanzialmente ignorati dalla cultura romantica italiana. Si tratta di autori che
operano nella dimensione del fantastico e comunque attenti al lato irrazionale della personalità
umana, come – per citare uno tra i tanti – Edgard Allan Poe e soprattutto Charles Baudelaire, il
vero punto di riferimento degli Scapigliati. Al moderatismo della tradizione italiana (rappresentata
dall’opera di A. Manzoni) essi contrappongono quindi il recupero delle grandi tematiche
irrazionalistiche, fantastiche e “nere” del Romanticismo europeo, dando voce alla perdita dei
grandi valori ideali attraverso una sensibilità morbosa, impegnata a scandagliare la vita psichica
dell’individuo nei suoi più nascosti recessi. L’interesse per il “diverso” e anche il mostruoso si
concretizza nella predilezione per i motivi della malattia, della follia, del contrasto tra realtà e
illusione.
D) ATTEGGIAMENTO AMBIVALENTE NEI CONFRONTI DELLA MODERNITA’ E DELLE SUE
TRASFORMAZIONI
Rispetto alla modernità e a tutte le sue trasformazioni, gli Scapigliati assumono un atteggiamento
ambivalente (basti pensare alla poesia La strada ferrata di E. Praga): da una parte rifiutano la logica
del mondo moderno, fondato sugli interessi economici e la produttività come unico metro di
giudizio per ogni azione umana. Essi rivendicano il valore puro dell’arte contro la logica dell’utile e
dell’interesse, cercando di mettere a nudo le contraddizioni del mondo moderno e mostrandone
apertamente le miserie e le brutture. Alla la bruttura del presente e alla prosaicità del moderno
essi rivendicano la bellezza pura dell’arte, all’artificiosità della vita urbana l’autenticità della Natura
e dei sentimenti; b) dall’altra, però, consapevoli che tali ideali appartengono al passato e non sono
recuperabili, si rassegnano a rappresentare “il vero”, la realtà prosaica e misera della vita cittadina
anche nei suoi aspetti più violenti e brutali senza alcun intento pedagogico o morale.

Il manifesto teorico della Scapigliatura: E. Praga, Preludio da Penombre (1864)

La lettura dei versi di E. Praga ci consente, ancora una volta, di impostare una riflessione generale
sul modo con cui gli Scapigliati, come Baudelaire, reagiscono alla modernità dirompente, al mutato
scenario storico-sociale che relega ai margini chi, come l’artista e il poeta, non produce un bene
utile ma coltiva soltanto la bellezza inutile dell’arte e della poesia senza piegarla al gusto mediocre
del pubblico borghese.
a) In primo luogo ridefiniscono il proprio ruolo in polemica con la tradizione dei poeti romantici,
in primis A. Manzoni, simbolo di una letteratura impegnata, fondata sulla rappresentazione del
vero, cioè della realtà e finalizzata a un utile morale e pedagogico (nel caso di Manzoni gli ideali
religiosi ma anche tutte le aspirazioni e gli ideali di cui si era nutrita la generazione dei poeti
risorgimentali): nella civiltà moderna, ogni valore, ogni tradizione del passato ha perso il suo
significato (Cristo è rimorto);
b) in secondo luogo ridefiniscono la funzione della poesia: 1) cantare la noia, cioè l’angoscia
esistenziale e la tensione verso l’ideale, l’aspirazione frustrata verso l’azzurro (l’ideale); 2) cantare
la degradazione, la discesa nel male (i sette peccati capitali) ma anche l’aspirazione all’ideale, la
capacità del poeta di elevarsi al di sopra delle miserie della vita moderna; 3) cantare il vero, non
quello di Manzoni (il vero dal quale si può, anzi si deve trarre un insegnamento, una morale o
comunque un sistema di valori di riferimento, religiosi e non solo), ma il vero della vita moderna,
senza mistificarlo, senza comunicare false certezze consolanti (gli ideali e i valori dei romantici per
es.) mascherate da verità (per es. la visione provvidenziale che permea la storia dei Promessi
sposi); rappresentare il vero significa parlare della vita squallida e misera dei sobborghi proletari
nella città, della frenesia della vita moderna, di un’arte sempre più asservita all’utile e ai gusti
mediocri della borghesia.
c) LA DIFFERENZA RISPETTO A BAUDELAIRE.
Rispetto a Baudelaire, tuttavia, gli Scapigliati, dal punto di vista formale, rimangono ancora
saldamente ancorati alle modalità espressive e stilistiche della poesia romantica (lessico, struttura
sono tradizionali: Pascoli e D’Annunzio iniziano invece a scardinare l’impianto ottocentesco della
poesia italiana, seguendo la lezione di Baudelaire e dei poeti simbolisti francesi); anche dal punto
di vista dei contenuti, essi non fanno altro che portare alle estreme conseguenze il conflitto tra
l’artista e la società tipico del Romanticismo, senza elaborare, di fatto, una poetica originale e
innovativa come quello delle Corrispondenze di Baudelaire.

PERCHE’ LA SCAPIGLIATURA è UN’AVANGUARDIA MANCATA?


Per comprendere meglio sotto quali aspetti la Scapigliatura è un’avanguardia mancata, prendiamo
in considerazione un’avanguardia “riuscita”, anzi l’avanguardia più avanguardista – passi il gioco di
parole – in assoluto, o meglio un movimento d’avanguardia estremo, il Dadaismo, che in fatto di
rottura con il passo e trasformazione radicale dei linguaggi espressivi dell’arte supera decisamente
le altre avanguardie storiche sviluppatesi in tutta Europa nei primi quindici anni del Novecento (in
primis il Ffuturismo).
a) Già il nome “Dada” incarna lo spirito provocatore e dissacrante del movimento fondato nel
1916, a Zurigo dal poeta di origine rumena Tristan Tzara, e diffusosi poi soprattutto in Francia.
“Dada” è infatti un nonsense, una parola che “non significa nulla”, e, come afferma il fondatore nel
Manifesto del Dadaismo, è stata scelta a caso sfogliando il dizionario: “dada” è una voce
onomatopeica che non ha alcun significato se non quello di riprodurre “la lallazione di un infante”
(il primissimo “linguaggio” dei neonati dai sette mesi fino all’espressione completa della parola
dotata di senso; es. “ba ba ba”, “la la la”, “ma ma ma”). Pertanto, la scelta del nome è
strettamente legata a una concezione dissacrante dell’arte, di un’arte fondata sul non-senso,
programmaticamente priva di significato ed espressione di un’assoluta spontaneità espressiva;
b) se poi leggiamo “Per fare una poesia dadaista”, un passo tratto dal Manifesto del Dadaismo,
abbiamo una dimostrazione concreta degli intenti e dello spirito “dada” in fatto di poesia, spirito
che supera di gran lunga l’esperienza futurista (il Manifesto del Futurismo risale al 1909), di per sé
già molto dissacratoria ed estremista.
L’intento fondamentale è dissacrare, cioè banalizzare, i procedimenti artistici e “l’alta cultura”, in
una parola mettere in discussione, contestare e demolire l’idea che l’opera d’arte – poesia,
quadro, romanzo, opera musicale - è il frutto di un’ispirazione particolare che deriva anche dal
possesso di un certo bagaglio culturale. Secondo i dadaisti, creare una poesia è come eseguire in
maniera puntuale le istruzioni di una ricetta di cucina, il che non ha nulla a che vedere con l’atto
creativo del poetare tradizionale. La tecnica consiste infatti nel “prendere, ritagliare, agitare,
copiare”, basata sulla casualità assoluta, il cui esito sarà comunque positivo: “La poesia vi
somiglierà”, perché è l’espressione della totale spontaneità di chi l’ha creata. Per scrivere versi,
non sono necessarie la conoscenza e la padronanza della tecnica (lessico, metrica), non è
fondamentale essere “artigiani della parola” e riconoscersi debitori nei confronti di una tradizione
consolidata di regole e di convenzioni, né tantomeno avere una sensibilità particolare: basta
affidarsi alla spontaneità assoluta e al caso, prescindere dalle regole e addirittura utilizzare come
fonte di ispirazione materiale destinato al cestino della spazzatura, come un vecchio giornale.

Il Dadaismo sotto questi aspetti è un’avanguardia compiuta, perché il rifiuto categorico della
cultura e dell’arte tradizionali si configura come rottura netta con il passato, senza possibilità di
conciliazione o di “sopravvivenze” del passato stesso nell’arte e nella poesia moderna: queste
vengono negate, destrutturate, svuotate e dissacrate in nome della totale anarchia espressiva. In
una poesia dadaista non troviamo né metrica, né rime, né tantomeno un linguaggio codificato
dalla tradizione, come accade invece nelle poesie di E. Praga che abbiamo letto e nelle opere degli
Scapigliati in generale. La Scapigliatura è dunque, a tutti gli effetti, un’avanguardia mancata,
perché, pur rifiutando il passato, di fatto resta ancorata ad esso nelle forme espressive e non è in
grado di elaborare un linguaggio autenticamente nuovo, capace di far “saltare” la tradizione (come
invece faranno le avanguardie storiche del primo Novecento, di cui abbiamo avuto un primo
assaggio con il Dadaismo).

Più precisamente, la Scapigliatura può definirsi un’avanguardia mancata, perché, pur avendo tutte
le potenzialità di rottura con il passato proprie dei movimenti artistico-culturali che rispondono a
tale definizione (avanguardia è propriamente un termine militare che indica il gruppo di soldati
che deve “sfondare” le linee nemiche aprendo il varco al resto dell’esercito), tuttavia non porta a
pieno compimento la sua azione dirompente: per es., pur distaccandosi polemicamente dalla
tradizione poetica italiana, non elaborano una lingua poetica originale e nuova come faranno
invece i poeti del Decadentismo (in primis Pascoli) o ancor meglio i Futuristi; la parola poetica degli
Scapigliati è ancora alle forme linguistiche e metriche del Romanticismo più “trito” (vale a dire più
usurato, più comune: si pensi ancora una volta alla lingua poetica di E. Praga), non si spinge oltre
come fa invece Baudelaire nei Fiori del male, rompendo il legame razionale tra la parola e il
significato codificato (es. profumi freschi come carne di bimbo: attribuire ai profumi la freschezza
della “carne” dei bimbi significa andare oltre le convenzioni linguistiche).

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