Triduo pasquale
Il tempo liturgico, che risplende al centro di tutto l'Anno liturgico del rito romano di forma ordinaria, è denominato Triduo pasquale.[1]
Nei testi liturgici sono quattro le sue denominazioni per esteso:
- Santissimo Triduo del Cristo crocifisso, sepolto e risorto;[2]
- Sacro Triduo pasquale della Passione e Risurrezione del Signore;[3]
- Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, e[4]
- Triduo pasquale della Passione e Risurrezione del Signore.[5]
Comunemente viene chiamato anche Triduo santo o Triduo sacro: si precisa che nell'uso di queste due espressioni esiste anche l'abitudine di premettere l'aggettivo al sostantivo. Queste due espressioni, comunque formulate, secondo alcuni sembrerebbero essere in rapporto di derivazione tra loro ed, esattamente, l'espressione Triduo santo sarebbe derivata dall'altra o comunque sarebbe stata coniata per sostituire l'altra mentre per altri non vi sarebbe rapporto di derivazione in quanto l'espressione Triduo santo è attestata in un certo senso da sant'Agostino per cui essa sarebbe stata semplicemente riaffiancata all'altra che, in realtà, è stata più utilizzata dalla liturgia almeno sino alla riforma di Giovanni XXIII compresa per indicare un periodo liturgico non perfettamente identico a quello che poi diventerà il Triduo Pasquale.
Più semplicemente, quando non vi è possibilità di fraintendimenti si fa riferimento, come nel resto della presente voce, al Triduo pasquale con la sola parola Triduo, che significa tres dies ossia tre giorni, anche se la detta parola, intesa in senso assoluto ossia sganciata da ogni riferimento particolare, è inadatta ad indicare il triduo pasquale perchè troppo generica.
Finalità del Triduo
Nel Triduo si celebrano annualmente gli eventi del Mistero pasquale del Signore Gesù Cristo, ossia l'istituzione dell'Eucarestia, del sacerdozio ministeriale e del comandamento dell'amore fraterno, e la passione, morte, discesa agli inferi, la resurrezione e l'apparizione dello stesso Cristo ai discepoli di Emmaus.
Collocazione del Triduo
Il Triduo si trova collocato tra la Quaresima ed il Tempo Pasquale: si tratta di tre tempi liturgici distinti, per cui il Triduo pasquale non fa parte nè della Quaresima nè del tempo pasquale.
Nonostante la chiara distinzione liturgica, i tre tempi sono tematicamente congiunti poichè la Quaresima è la preparazione al Triduo, ed il tempo pasquale è l'esplicazione dei misteri celebrati nel Triduo.
Nell'ultima partizione della Quaresima, ossia il periodo liturgico di Passione, si innesta la celebrazione della Settimana santa che si conclude contestualmente alla conclusione del Sabato santo, ossia nell'ambito del Triduo. La Settimana Santa è, quindi, una temporalità tematica che viene meglio definita quale unità liturgica a motivo del suo inizio nel tempo liturgico della quaresima e della sua fine nel tempo liturgico del triduo.
La Quaresima cessa prima che inizi il Triduo e tale passaggio avviene nell'ambito dello stesso giorno liturgico del Giovedì santo.
Il Triduo, invece, cessa dopo che è iniziato il tempo pasquale e tale passaggio avviene nell'ambito dello stesso giorno liturgico della Domenica di Pasqua che, quindi, è l'unico giorno liturgico che fa parte quasi contestualmente di due tempi liturgici: in parte del triduo, e per intero del tempo pasquale.
Composizione del Triduo
Allo stato delle norme liturgiche, il Triduo ha una durata temporale equivalente a tre giorni ma esso non corrisponde esattamente a tre giorni poichè si dispiega in quattro giorni solennissimi,[6] ossia:
- nel Giovedì Santo;
- nel Venerdì della Passione del Signore[7] detto anche e più comunemente Venerdì Santo, in cui ricorre la Giornata per i Luoghi Santi conosciuta anche con la denominazione di Giornata mondiale per la Terra Santa;
- nel Sabato Santo, e
- nella Domenica di Pasqua.
Di questi quattro giorni, in realtà, solo il Venerdì ed il Sabato santi fanno parte interamente del triduo in quanto il Giovedì santo e la Domenica di Pasqua non ne fanno parte interamente: precisamente, il Triduo ha inizio con la Celebrazione vespertina del Giovedì Santo e si conclude con la celebrazione vespertina della domenica di Pasqua comprese.[8] Da ciò si evince che la durata temporale effettiva del triduo corrisponde all'incirca a 72 ore, ossia l'equivalente orario di tre giorni: non ostante si dispieghi in quattro giorni, questo tempo liturgico continua ad essere chiamato correttamente con un nome che fa riferimento alla sua durata, ossia tre giorni.
La ragione per cui questo tempo liturgico venne chiamato Triduo risiede, però, nel diverso computo del giorno come effettuato dai cristiani dei primi secoli in continuazione della tradizione biblica per la quale il giorno veniva computato non dalla mezzanotte alla mezzanotte successiva ma dal calar del sole al successivo calar del sole, ossia dal momento vespertino al successivo momento vespertino: in quest'ottica il triduo corrispondeva esattamente a tre giorni anche se la durata dello stesso era identica sia complessiavamente sia nei termini di inizio e fine con quella del triduo attuale[9]per cui, essendo stata la durata del triduo sempre la stessa, è cambiato solo il modo di computare l'inizio e la fine del giorno, e tale cambio di computo ha fatto si che il triduo un tempo corrispondesse a tre giorni mentre ora si dispiega in quattro giorni.
Celebrazioni
Le celebrazioni principali del Triduo sono:
- la Celebrazione Vespertina del Giovedì Santo che normalmente consiste nella Messa vespertina in Coena Domini o, eccezionalmente e solo per coloro che non partecipano alla detta Messa, nella recita dei Vespri del Giovedì Santo;
- la Celebrazione della Passione del Signore del Venerdì Santo che solo da coloro che non vi partecipano è sostituita con la celebrazione dei Vespri del Venerdì Santo;
- la Veglia Pasquale, centro del Triduo, officiata nella sera e/o notte tra il sabato e la Domenica di Pasqua, e che sostituisce la Compieta del Sabato Santo e tiene il posto dell'Ufficio delle Letture della Domenica di Pasqua, fermo restando che la Compieta ed l'Ufficio delle Letture vengono separatamente recitati solo da coloro che non partecipano alla Veglia;
- la Celebrazione delle Lodi nella Domenica di Pasqua, che devono essere dette da tutti;
- la Messa del giorno della Domenica di Pasqua, e
- la Celebrazione Vespertina della Domenica di Pasqua, che consiste o nella sola celebrazione della Messa Vespertina, o nella sola celebrazione dei Vespri, o nella celebrazione di entrambe le azioni liturgiche sia in forma separata che unita.
Di queste celebrazioni, le prime tre sono le celebrazioni peculiari del triduo: la Chiesa cattolica desidera ardentemente che i fedeli partecipino, se possono, sia alle celebrazioni peculiari poichè esse sono il nucleo più profondo della liturgia della Chiesa e perciò sono più importanti delle altre devozioni che pure si accompagnano alla liturgia in questi giorni come le processioni e le Via Crucis, sia alle altre celebrazioni principali in ragione dell'obbligo celebrativo per le lodi, del precetto per la messa di Pasqua, che è anche soddisfatto dalla partecipazione alla Veglia pasquale, e dell'importanza pastorale della celebrazione vespertina di Pasqua.
Caratteristica delle celebrazioni peculiari è che sono organizzate come se fossero un'unica celebrazione liturgica: infatti la Messa in Coena Domini non termina con il saluto, la benedizione ed il congedo, bensì in silenzio; l'azione liturgica del venerdì non comincia con il Segno della Croce ed il saluto ma in silenzio e termina anch'essa senza saluto, con la benedizione invocata ma non impartita e senza congedo e in silenzio; infine la solenne veglia pasquale comincia in silenzio, senza il segno di croce ma con il saluto, e termina finalmente con il saluto, la benedizione ed il congedo finali.
Dal Gloria della messa del Giovedì a quello della Veglia, esclusi, le campane devono stare in liturgico silenzio; anticamente anche gli strumenti musicali dovevano tacere in questo spazio temporale per meglio esprimere il senso penitenziale proprio di questi giorni; per questo molte composizioni di autori antichi per il Venerdì Santo furono scritte per solo coro. Oggi tuttavia è permesso l'uso degli strumenti musicali durante tale spazio temporale anche se solo per sostenere il canto.
Nelle Chiese non parrocchiali possono essere officiate le celebrazioni liturgiche del Triduo purchè le stesse siano limitate ai soli casi di necessità riconosciuti dall'Ordinario in modo che i Presbiteri possano porsi a servizio della comunità parrochiale per qualunque esigenza pastorale come, a solo titolo esemplificativo, la concelebrazione delle azioni liturgiche o l'amministrazione del Sacramento della Riconciliazione. Se nelle Chiese non parrocchiali, limitrofe alla Cattedrale, viene officiata qualche celebrazione liturgica principale del Triduo, ciò avvenga non negli stessi orari in cui celebra il Vescovo.
Nel Triduo sono proibite tutte le Messe dei defunti, comprese le esequiali: in realtà la proibizione si estende anche alle intere giornate del Giovedì Santo e della Domenica di Resurrezione. Eventuali esequie si celebrano senza solennità, mediante le apposite forme rituali che non prevedono la liturgia eucaristica, ed in orario separato dalle azioni liturgiche proprie di questi giorni, specialmente quelle del Triduo.
Precetti
Il 1° precetto generale della Chiesa[10] esige solo la partecipazione alla intera Veglia pasquale o/e alla messa della Domenica di Risurrezione.
Il 2° precetto generale della Chiesa[11] viene particolarmente raccomandato dalla Chiesa cattolica, perchè sia soddisfatto nei giorni del Triduo Pasquale da quei fedeli che non l'hanno ancora compiuto negli ultimi giorni di Quaresima e specialmente negli primi giorni della Settimana Santa, non in ragione del dettato del precetto ma in previsione della ricezione eucaristica specie se in applicazione del 3° precetto generale della Chiesa[12] il quale garantisce "un minimo in ordine alla recezione del Corpo e del Sangue del Signore in collegamento con le feste pasquali, origine e centro della Liturgia cristiana".[13]
In ottemperanza del 4° precetto generale della Chiesa[14] il Venerdì Santo è richiesto a tutti i fedeli con più di 14 anni l'astinenza dalle carni, e ai fedeli tra i 18 e i 60 anni il digiuno pasquale che la Chiesa cattolica considera degno di lode protrarre anche al Sabato Santo, fino alla Veglia Pasquale, pur non facendone un obbligo per i fedeli.[15]
In ottemperanza del 5° precetto generale della Chiesa[16] i fedeli sono invitati a contribuire per i poveri il Giovedì Santo e per i Luoghi santi il Venerdì Santo.
Note
- ^ Tale denominazione gli deriva dal punto 1), lettera A),numero 2,sezione I, Capitolo primo del Commento alla riforma dell'Anno liturgico e del nuovo Calendario, a cura del Consilium per l'esecuzione della Costituzione sulla sacra Liturgia, riprendendo letteralmente una espressione di san'Agostino dove, per la precisione, la parola Cristo è sottointesa.
- ^ Tale denominazione gli deriva dal punto 1), lettera A),numero 2,sezione I, Capitolo primo del Commento alla riforma dell'Anno liturgico e del nuovo Calendario, a cura del Consilium per l'esecuzione della Costituzione sulla sacra Liturgia, riprendendo letteralmente una espressione di san'Agostino dove, per la precisione, la parola Cristo è sottointesa.
- ^ Tale denominazione gli deriva dal n.18 delle Norme Generali sull'anno liturgico e sul calendario.
- ^ Tale denominazione, mutuata dall'espressione citata di Sant'Agostino, gli deriva dal testo dell'Annunzio del giorno della Pasqua come proclamato nella solennità dell'Epifania.
- ^ Tale denominazione gli deriva dal n.19 delle Norme Generali sull'anno liturgico e sul calendario.
- ^ Allo stato delle norme liturgiche, il Triduo è un tempo liturgico e non un giorno liturgico come, del resto, chiarisce il senso etimologico della stessa parola triduo, ossia tre giorni. Chi ritiene che il triduo sia un'unica solennità non considera che, nella disciplina liturgica del'anno liturgico romano di forma ordinaria, la qualifica di solennità è un grado del giorno liturgico e non del tempo liturgico: l'opinione per cui il Triduo sarebbe un'unica solennità è logicamente erronea. Altri, invece, ritengono che il triduo, pur non essendo una solennità, debba essere considerato come una solennità: è evidente che questa opinione è posta in termini di paragone e non di qualificazione e, di per sè, non è erronea ma imprecisa e che, quindi, usata in ambiti non tecnici rischia di ingenerare confusione.
- ^ Tale denominazione gli deriva dal n.20 delle Norme Generali sull'anno liturgico e sul calendario.
- ^ cfr. le Norme Generali per l'ordinamento dell'Anno liturgico e del Calendario, Roma, 1969, n. 19.
- ^ Nell'antichità cristiana il fatto che il triduo corrispondesse esattamente a tre giorni significa che esso era l'insieme del Venerdì Santo, del Sabato santo e della Domenica di Pasqua. L'identità dell'inizio e della fine della durata del triduo primitivo con quello attuale è dovuta al fatto che il primitivo iniziava con l'inizio del venerdì santo, cioè il calar della sera dell'attuale giovedì santo, e terminava con la fine della domenica di pasqua, ossia il calar della sera dell'attuale domenica di pasqua.
- ^ "Partecipa alla Messa la domenica e le altre feste comandate e rimani libero dalle occupazioni del lavoro", Catechismo della Chiesa Cattolica, n° 2042 sulla base del canone 1247 del Codice di Diritto Canonico.
- ^ "Confessa i tuoi peccati almeno una volta all'anno", Catechismo della Chiesa Cattolica, n° 2042 sulla base del canone 989 del Codice di Diritto Canonico.
- ^ "Ricevi il sacramento dell'Eucaristia almeno a Pasqua", Catechismo della Chiesa Cattolica, n° 2042 sulla base del canone 920 del Codice di Diritto Canonico che permette di adempiere il precetto in un altro giorno del tempo pasquale (cioè tra la Veglia Pasquale e la Pentecoste), oppure per giusta causa in altro tempo entro l'anno: in ogni caso è chiaro che va premessa la confessione sacramentale.
- ^ CCC n° 2042
- ^ "In giorni stabiliti dalla Chiesa astieniti dal mangiare carne e osserva il digiuno", Catechismo della Chiesa Cattolica n° 2043 sulla base del canone 1251 e 1252 del Codice di Diritto Canonico.
- ^ cfr. le Norme Generali per l'ordinamento dell'Anno liturgico e del Calendario, Roma, 1969, n. 20.
- ^ "Sovvieni alle necesità materiali della Chiesa secondo le tue possibilità", Catechismo della Chiesa Cattolica n° 2043 sulla base del canone 222 del Codice di Diritto Canonico.