Il conte di Montecristo

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Il conte di Montecristo
Titolo originaleLe Comte de Monte-Cristo
AutoreAlexandre Dumas (padre)
1ª ed. originale1846
Genereromanzo
Sottogenereromanzo d'appendice
Lingua originalefrancese
AmbientazioneFrancia, Italia e isole del Mediterraneo (1815-1838)
ProtagonistiEdmond Dantès
AntagonistiFernand Mondego, Gérard de Villefort, Danglars
Altri personaggiFaria, Mercédès Herrera, Albert de Morcerf, Franz d'Epinay, Pierre Morrel, Maximilien Morrel, Julia Morrel, Hermine Danglars, Eugénie Danglars, Noirtier de Villefort, Héloise de Villefort, Valentine de Villefort, Édouard de Villefort, Luigi Vampa, Gaspard Caderousse, Benedetto/Andrea Cavalcanti, Haydée

Il conte di Montecristo (Le Comte de Monte-Cristo) è uno dei più famosi romanzi d'appendice attribuiti ad Alexandre Dumas[1]. Considerata la sua opera migliore insieme alla trilogia dei moschettieri (comprendente I tre moschettieri, Vent'anni dopo, Il visconte di Bragelonne), fu completata nel 1844 e pubblicata nei due anni successivi come una serie in 18 parti.

La storia è ambientata in Italia, in Francia e nelle isole del Mediterraneo, durante gli anni tra il 1815 ed il 1838 (dalla fine del regno di Napoleone I al regno di Luigi Filippo). I principali temi trattati riguardano la giustizia, la vendetta, il perdono e la misericordia.

Trama

Da marinaio a prigioniero

Lo sbarco

24 febbraio 1815: Edmond Dantès, marinaio diciannovenne a bordo della nave mercantile Pharaon, ritorna a casa a Marsiglia. All'arrivo incontra il suo armatore, il signor Pierre Morrel, a cui comunica la morte del precedente capitano ed amico Leclérc. Nonostante il momento di lutto, Morrel fa capire a Edmond che il ruolo del defunto sarà presto suo, essendo onesto e bravo, cosa che aveva già dimostrato a bordo del Pharaon durante il viaggio, capitanando la nave in quanto secondo. Spinto dalle insinuazioni dettate dal feroce odio di Danglars, scrivano della nave, Morrel domanda a Dantès perché aveva fatto fermare la nave all'isola d'Elba. Edmond racconta come dovesse consegnare un plico al gran Maresciallo Bertrand, eseguendo le ultime volontà del capitano Leclérc, e come in quell'occasione avesse scambiato due parole con Napoleone. Come si verrà a sapere in seguito, poi, durante l'incontro con il gran Maresciallo Edmond riceve l'ordine di portare una lettera confidenziale ad un uomo a Parigi, con l'assicurazione che il suo contenuto è inoffensivo. Morrel è soddisfatto della risposta, anche se teme, e glielo riferisce, che gli incontri fatti sull'isola potrebbero causare dei guai al giovane. Riconfermando nuovamente la promessa del suo prossimo incarico di capitano, Morrel lascia che Edmond torni a terra per incontrare il padre Louis e la sua futura sposa, la catalana Mercédès.

Il ritorno a casa

La prima visita di Edmond è per il vecchio padre, che ritrova dimagrito e senza soldi nella sua piccola camera: infatti l'anziano si era incaricato di saldare il debito con il vicino di casa Gaspard Caderousse, e le finanze rimaste gli erano bastate appena per sopravvivere. Edmond rimprovera affettuosamente il padre, gli offre subito i pochi beni che ha "contrabbandato" oltre la dogana (piccole quantità di caffè, tabacco e altri generi di conforto) e gli mostra i soldi guadagnati con il viaggio, assicurandolo che con essi e i futuri compensi da capitano non vi saranno più problemi economici. In quel momento entra il sarto Caderousse, che nonostante i complimenti affettuosi a Edmond, non riesce a celare del tutto l'invidia del benessere del vicino e la cupidigia per i denari che gli vede in possesso.

Una volta che Dantès esce per recarsi ai Catalani, il villaggio spagnolo, e riabbracciare l'amata Mercédès, Caderousse e Danglars si incontrano, e parlando mostrano il loro odio per Edmond, augurandosi di tutto cuore che la sua fortuna termini al più presto.

Nel contempo Edmond si è recato ai Catalani dove incontra Mercédès e suo cugino Fernand Mondego (pure lui catalano), il quale non riesce a trattenere la sua rabbia verso il francese che ha rubato il cuore della sua amata. Mercédès, infatti, ha respinto di nuovo la sua richiesta di matrimonio, ribadendo la fortissima amicizia che li lega, ma negando di amare altri fuorché Dantès.

Mentre i due innamorati passeggiano lungo il promontorio, tre uomini si incontrano; le fortune del protagonista, infatti, non passano inosservate a tre "amici" di Dantès che stavano bevendo nelle vicinanze, all'osteria della Riserva: il pescatore Fernand, a cui ha sottratto l'amore di Mercédès, l'invidioso Caderousse e Danglars, che farebbe di tutto affinché il comando del Pharaon non andasse all'odiato Edmond.

La lettera

Mentre Edmond e Mercédès si allontanano, Danglars stuzzica il giovane Fernand sul matrimonio tra i due, mentre Caderousse, alticcio, segue la conversazione con vago interesse. Danglars nasconde ai due amici la sua invidia per la promozione a capitano di Dantès, sottolineando il fatto di non voler fare del male al suo futuro superiore, ma di essere dispiaciuto per la situazione di Mondego. Così i due, quasi per scherzo, arrivano a concludere che la soluzione migliore sarebbe mandare Edmond in prigione per lungo tempo, allontanandolo così da Mercédès senza ucciderlo. Sempre con fare scherzoso Danglars, a conoscenza del fatto che all'Elba Edmond avesse ricevuto una lettera da recapitare in Francia, si fa portare carta e penna e scrive, con la sinistra per modificare la propria calligrafia, una lettera anonima che denuncia Edmond come agente bonapartista.

«Il signor procuratore del re è avvisato, da un amico del trono e della religione, che tale Edmond Dantès, comandante in seconda del Pharaon, giunto stamani da Smirne dopo aver toccato Napoli e Portoferraio, è stato incaricato da Murat di consegnare una lettera per l'usurpatore, e dall'usurpatore di consegnarne un'altra per il comitato bonapartista di Parigi.
Si avrà la prova del suo crimine arrestandolo, perché si troverà tale lettera o su di lui o in casa di suo padre o nella sua cabina a bordo del Pharaon.[2]»

Una volta scritta, Danglars si rivolge ai due compari: Caderousse, nonostante il vino, si rende conto dell'atto infame che potrebbe essere la spedizione della lettera, al che Danglars gli ripete che nemmeno lui vuole male a Dantès, e spiegazza il foglio gettandolo in un angolo. Poco dopo i tre si separano, Danglars e Caderousse tornano a Marsiglia; Mondego invece fa finta di tornare ai Catalani mentre, dopo aver raccattato da terra il foglio, si reca in città per spedirlo. Danglars voltandosi e vedendo le mosse del giovane catalano si rende conto che il suo piano è ormai avviato. Adesso deve solo aspettare l'evolversi della situazione.

L'arresto

Il giorno seguente Edmond e Mercédès tengono il loro pranzo di fidanzamento all'osteria della Riserva, e alla presenza di amici e parenti, tra cui il vecchio Dantès, Fernand, Caderousse, Morrel e Danglars, annunciano, con sorpresa (e sgomento per Mondego) che si sposeranno il pomeriggio stesso. Mentre la coppia e il seguito sta per partire per dirigersi al Palazzo della città per essere uniti in matrimonio, un commissario e quattro soldati traggono in arresto Edmond. Se da una parte Mercédès e Louis Dantès sono sconvolti, Danglars e Fernand vedono realizzarsi i loro intenti (Morrel lo nomina capitano finché la faccenda non si risolverà); il solo Caderousse è sinceramente preoccupato della situazione e sulle prime vorrebbe spiegare tutto, ma Danglars lo fa desistere.

Villefort e l'interrogatorio

La lettera spedita da Fernand era stata, infatti, consegnata al sostituto procuratore del re e magistrato pubblico Gérard de Villefort. Costui, a soli ventisette anni, era giunto ad un importante posto nella magistratura, e stava, con sua grande felicità, per sposare Renata, erede dei Marchesi di S. Méran, ricchi e molto legati alla monarchia (quindi particolarmente severi verso i bonapartisti). L'unico suo motivo di preoccupazione è il padre, Noirtier, ex membro del governo napoleonico e bonapartista, che era stato quasi rinnegato dal figlio per preservarsi la carriera e i rapporti con la famiglia della fidanzata (aveva addirittura mutato il nome da Noirtier a Villefort). Ed è proprio durante il pranzo di fidanzamento tra Renata e Gérard, che Villefort deve assentarsi per interrogare Edmond. Nonostante il Marchese e la Marchesa di S. Méran ricordino al futuro genero di tenere un atteggiamento non indulgente, il giovane (rispondendo alla richiesta della fidanzata) si reca ben disposto, nei limiti del possibile, all'interrogatorio.

Dopo aver incontrato Morrel, che cerca di mettere una buona parola sul giovane agli arresti, Villefort inizia a interrogare Dantès: è subito colpito dalla sincerità del giovane, dalla sua onestà e, comprendendo la sua situazione e la certa innocenza, cerca di fare il prima possibile per risolvere il problema. Villefort comunica quindi ad Edmond che se gli avesse reso la lettera che avrebbe dovuto consegnare a Parigi sarebbe stato libero; ma una volta avutala tra le mani rimane sgomento: il destinatario è suo padre!

Villefort cade nello sconforto; benché riconosca l'innocenza di Edmond e sia sul punto di rilasciarlo, sa che il legame tra il padre e il possibile complotto, se scoperto, potrebbe portare ad una speculazione mortale per la sua carriera e l'imminente matrimonio. Per seppellire questo segreto Villefort decide che vi è un'unica via, benché a discapito del povero Dantès, l'unico a conoscenza del destinatario della lettera e, forse, del contenuto. Villefort rassicura Edmond sulla sua situazione, promettendogli a breve la libertà, anche se dovrà trattenerlo ancora un poco al Palazzo di Giustizia. Detto ciò brucia la lettera diretta al padre e convince il giovane a non parlarne più, assicurandogli in questo caso la sicura salvezza; Edmond, credendo che l'uomo davanti a lui si stia adoperando con ogni mezzo per la sua scarcerazione, giura di fare ciò che gli è stato consigliato. Villefort fa così condurre nella prigione del Palazzo di Giustizia Dantès, e poi comincia a mettere in atto il piano che potrà salvarlo dalla catastrofe che pochi minuti prima si prospettava davanti a lui.

La prigionia di Dantès

Il Castello d'If

Verso le dieci di sera del 1º marzo Edmond viene prelevato dalla prigione e portato al porto, dove un battello lo porta verso il Castello d'If, terribile prigione su una roccia in mezzo al mare. Edmond durante il viaggio è inizialmente ottimista sul suo destino, ma una volta venuto a sapere la meta del viaggio cade nello sconforto: arrivato al castello è rinchiuso in una cella. Il giorno seguente domanda al suo carceriere informazioni sulla sua condizione; per la disperazione arriva a minacciarlo se non gli darà una mano, e per pronta risposta viene rinchiuso nelle segrete:

«La porta si richiuse, e Dantès avanzò con le mani in avanti finché sentì il muro; allora si sedette in un angolo e rimase immobile, mentre i suoi occhi, abituandosi all'oscurità, cominciavano a distinguere gli oggetti.
Il carceriere aveva ragione: mancava davvero poco che Dantès diventasse pazzo.[3]»

Villefort alle Tuileries

Intanto a Marsiglia Villefort rientra in casa del Marchese di Saint-Méran e, dopo aver ricevuto una lettera che gli permetteva di essere ricevuto dal re, si congeda dalla fidanzata e dai suoi genitori, e si prepara per andare a Parigi. Prima di prendere la carrozza incontra però Mercédès, che gli chiede notizie sul fidanzato, senza ottenere nulla; l'incontro con la catalana colpisce Villefort, che per qualche minuto è indeciso sul da farsi, capendo la proporzione del suo misfatto, poi però non arretra e parte per Parigi.

Villefort giunge all'ufficio di gabinetto di Luigi XVIII al Palazzo delle Tuileries il 4 marzo, mentre il sovrano sta analizzando la situazione di Napoleone, che si teme possa compiere qualche azione per andarsene dall'Isola d'Elba e destabilizzare la situazione francese. Villefort riferisce al re di aver arrestato un bonapartista legato ad una pericolosissima cospirazione, che avrebbe portato in quei giorni alla fuga di Bonaparte dall'Elba e alla sua discesa in qualche zona dell'Italia e della Francia. Proprio mentre Luigi XVIII rassicura il giovane magistrato sulla poca pericolosità di un'azione del genere, entra nella sala il Ministro della polizia comunicando al sovrano che Napoleone ha lasciato l'Elba il 26 febbraio, ed è sbarcato in Francia (iniziavano quelli che passeranno alla storia come i "Cento giorni") dove ha trovato subito uomini e sostegno popolare. Il re, incollerito ancora di più sapendo che Napoleone marcia verso Parigi, comincia a rimproverare aspramente il Ministro, facendogli notare anche come Villefort, semplice magistrato di provincia, fosse maggiormente informato di lui. Durante la discussione Villefort apprende con orrore che un uomo la cui descrizione corrisponde a quella del padre, il signor Noirtier, è accusato dell'omicidio, ai margini di una riunione bonapartista in data 5 febbraio, del generale Flaviano Quesnel d'Epinay. Con lo sconforto dovuto alla paura che il padre possa essere catturato, Villefort lascia poco dopo le Tuileries, non prima che Luigi XVIII gli consegni la croce della Legion d'onore.

Rientrato in albergo, Villefort riceve inaspettatamente la visita del padre, con cui ha modo di parlare degli ultimi eventi: la lettera che doveva ricevere da Leclerc, la ricerca dell'assassino di Epinay, e l'imminente arrivo nella capitale di Napoleone. Una volta rassicurato il figlio che in caso di un ritorno al potere di Bonaparte la sua persona sarà salvaguardata, Noirtier si separa da Gérard de Villefort (non prima di essersi cambiato d'aspetto per non essere riconosciuto e catturato da chi, certo, lo stava seguendo).

Il ritorno di Napoleone e la seconda Restaurazione

Il 20 marzo 1815 Napoleone entra trionfalmente a Parigi: sotto il suo secondo e breve regno Villefort riesce comunque a conservare la sua posizione grazie all'influenza del padre, di nuovo alla corte dell'Imperatore. Un giorno riceve la visita di Morrel che, avvalendosi del prestigio acquistato in seguito al mutamento della situazione politica, cerca di far liberare Dantès. Villefort si rende conto che accontentando l'armatore sarebbe finito, quindi gli fa scrivere una petizione al Ministro della giustizia, garantendogli il suo appoggio, in cui si sottolineano i meriti di Edmond come agente bonapartista, in modo che leggendola il ministro avrebbe dovuto scarcerarlo. In realtà però Villefort non inoltra il documento, bensì lo tiene pronto nel caso in cui la monarchia torni, per avvalorare il provvedimento nei confronti di Dantès.

Come da molti previsto, poco tempo dopo Napoleone viene sconfitto (a Waterloo), e Luigi XVIII ritorna re di Francia: a questo punto il destino di Dantès è più che mai segnato; Morrel non è più nei favori del regime, mentre dal canto suo Villefort gode di grande fiducia da parte del sovrano, e non deve preoccuparsi dell'innocente rinchiuso al Castello d'If.

Nello stesso periodo Danglars si reca in Spagna per lavorare come commesso presso un banchiere, mentre Caderousse e Fernand (che spera al ritorno di sposare Mercédès) sono coscritti. Il padre di Edmond dopo la seconda caduta di Napoleone perde ogni speranza e muore poco tempo dopo.

Fuga dalla prigione

Durante un'ispezione nella prigione, in data 30 luglio 1816, Edmond chiede disperatamente ad un funzionario di poter affrontare un regolare processo, cosa finora negatagli: l'ispettore, tale signor de Boville, colpito dalle parole del giovane, controllerà nel registro di consegna la situazione del detenuto "numero 34":

«Edmond Dantès – Bonapartista accanito: ha preso parte attiva al ritorno dall'isola d'Elba.
Da tenersi segregato, sotto la più stretta sorveglianza.[4]»

Questa nota, scritta da Villefort in un periodo successivo all'arresto di Edmond, tronca sul nascere ogni possibile iniziativa in suo favore, data la gravità dell'accusa. Durante l'ispezione il lettore fa la conoscenza di Faria, prigioniero numero 27, che dice di essere a conoscenza di un grande tesoro (appartenente alla famiglia Spada) di cui offrirebbe una parte a chi lo liberasse. Nemmeno questo ispettore però crede a Faria che, deluso, torna nel buio della sua cella alle prese con i suoi ragionamenti.

L'incontro con Faria

Il tempo passa, e Dantès diventa sempre più afflitto: ogni giorno che passa la sua speranza di uscire dal castello d'If si attenua; a ciò si aggiunge la solitudine a cui è sottoposto nelle segrete. Edmond arriva a pregare intensamente Dio affinché venga rilasciato, ma la sua è solo "una fede passeggera", a cui segue una rabbia incontenibile verso gli uomini e verso lo stesso Dio. Gli anni passano, il desiderio di suicidio cresce; decide infine di farla finita, e inizia a gettare via il cibo, con l'intenzione di lasciarsi morire di fame. Tuttavia, quando ormai il suo corpo sta per abbandonarlo, sente scavare sotto il pavimento. Spera sia opera di un prigioniero e questo gli dà speranza.

Edmond abbandona così il suo proposito suicida e comincia anch'egli a scavare per facilitare l'opera del prigioniero: dopo poco tempo riesce a scambiare alcune parole con l'uomo, convincendolo per il suo bene a raggiungerlo nella cella per parlare comodamente. Ecco che dal pavimento della prigione esce l'abate Faria:

«Era un uomo di bassa statura, con i capelli incanutiti più dalla prigionia che dall'età, uno sguardo penetrante nascosto sotto folte sopracciglia grigie, la barba ancora nera e lunga fino al petto: la magrezza del volto solcato da rughe profonde e i lineamenti marcati rivelavano un uomo più abituato a esercitare le sue facoltà morali che le forze fisiche.[5]»

Faria, numero 27, è imprigionato nel castello d'If fin dal 1811, e ormai da molti anni stava scavando un tunnel che lo doveva condurre fuori dalla prigione, permettendogli di fuggire a nuoto verso una delle isole lì vicino. Purtroppo i calcoli erano sbagliati e quindi il prigioniero finisce nella cella di Edmond, con grande disperazione.

Faria e Dantès

Fin dal primo incontro Edmond è colpito dalla figura di Faria: dotato di una tenacia e di una astuzia fuori dal comune, era riuscito a progettare ed eseguire il complesso piano di fuga, con pazienza in tanti anni. Ciò risolleva le speranze del giovane e lo convince a non arrendersi. Faria, con il quale Dantès instaurerà un'amicizia profonda, gli mostra il suo arsenale di oggetti utilizzati per l'evasione, il trattato filosofico che ha scritto (con mille arguzie), gli narra della sua enorme cultura datagli dalla lettura assidua di classici nel periodo precedente alla prigione. Il giovane marinaio, impressionato dal sapere del vecchio, gli racconta allora la sua storia, nella speranza che quell'uomo straordinario trovi le cause delle peripezie che lo hanno portato al castello d'If. In pochissimo tempo, sfruttando il suo ingegno e alcune conoscenze personali, Faria ricostruisce il complotto che ha portato alla rovina il suo amico, compreso il ruolo di Gérard de Villefort. È in seguito a questa atroce scoperta che Dantès giura che, una volta uscito, la vendetta sarebbe caduta terribile e inesorabile su coloro che lo avevano privato di tutto ciò che aveva caro al mondo.

In seguito Faria, su desiderio di Dantès, lo istruisce in varie materie, dall'economia, alla matematica, alle lingue straniere ed alla filosofia.

Il secondo tentativo di fuga

Faria elabora un secondo piano di fuga, per il quale i due passano ore a scavare un tunnel: dopo quindici mesi di lavoro tutto è pronto, ma il vecchio Faria viene colto sotto gli occhi di Edmond da un attacco apoplettico che lo rende infermo. Dantès si rifiuta di fuggire senza l'amico, il quale si convince del tutto della bontà d'animo del giovane, e della devozione che nutre per lui. Sentendo prossimo un terzo attacco, che lo ucciderebbe, Faria confida a Dantès la posizione di un grande tesoro, appartenuto alla famiglia Spada (egli era stato segretario dell'ultimo discendente della casata), nascosto sull'isola di Montecristo. Inizialmente Edmond crede, come tutti, che sia una fandonia, ma la vista di un documento che indica la posizione del tesoro, oltre al rispetto per Faria, lo convince sulla veridicità del racconto.

Faria fa imparare a memoria a Dantès l'ubicazione del tesoro, in modo che, quando uscirà, con o senza lui, possa venirne in possesso.

L'evasione

Una notte Dantès viene destato dagli urli di Faria: giunto nella sua cella vede che sta per essere preso da un terzo attacco apoplettico. Dopo aver ricordato a Edmond del tesoro di Montecristo, e prima di essere colpito dalla crisi vera e propria, dà l'addio all'amico:

««Oh! eccola... viene... è finita... la vista si annebbia... la mente si offusca... La vostra mano, Dantès!... addio!... addio!»
E sollevandosi in uno sforzo estremo nel quale raccolse tutte le sue forze:
«Montecristo! – disse, – non dimenticate Montecristo!».
E ricadde sul letto.[6]»

Una volta finito l'attacco Edmond spera che, come la volta precedente, la somministrazione di una medicina risvegli Faria, ma invece non funziona, confermando la morte del suo caro amico e maestro. Quando il carceriere si accorge di quello che è successo al "prigioniero 27" avverte il Governatore, che predispone la sepoltura per la sera. Dantès, ritrovatosi di nuovo solo, perde ogni speranza di uscire dalla prigione, ma poi la vista dell'amico defunto gli suggerisce un piano: si sostituisce al corpo di Faria nel sacco che ne contiene le spoglie e attende l'arrivo dei becchini, tenendo a portata di mano un coltello. Essi non si accorgono dello scambio, portano il sacco fuori dalla prigione e, legatogli una pietra ai piedi, lo gettano nel mare, il "cimitero" del Castello d'If. Per quanto sorpreso Dantès, che pensava di essere sepolto sotto terra, con il coltello riesce faticosamente a uscire dal sacco e tagliare la corda alle gambe, risalendo in superficie appena in tempo per non affogare.

Di nuovo marinaio

Vedendo che il mare minaccia tempesta Edmond si dirige a nuoto all'isola di Tiboulen, dove aspetta un momento migliore per riprendere la fuga; il mattino dopo avvista una tartana genovese, la Giovane Amelia, si tuffa in mare e appoggiato a una tavola di legno riesce a raggiungere l'imbarcazione. Il naviglio, con a bordo contrabbandieri, accoglie Dantès, che riesce a entrare nell'equipaggio grazie alla sua bravura. Edmond, il 28 febbraio 1829, è finalmente libero:

«Erano passati 14 anni, giorno dopo giorno, da quando Dantès era stato arrestato.
Era entrato a 19 anni nel castello d'If, ne usciva a 33.[7]»

Giunto a Livorno, dopo pochi giorni Edmond riparte per varie spedizioni, acquistando la fiducia di tutta la ciurma della Giovane Amelia e in particolare del giovane corso Jacopo. Durante questo periodo Dantès si rende sempre più conto di come la sua lunga esperienza in prigione lo abbia cambiato: sia fisicamente, dandogli vigore fisico e aspetto "vampiresco", sia mentalmente, dandogli una profondità e una ampiezza di conoscenza molto più grandi, e pure socialmente, dal momento che ora possiede un'immensa ricchezza. Tuttavia il cambiamento più grande è psicologico: da giovane idealista è diventato un uomo intenso, vicino all'ossessione per i suoi propositi di ripagare in natura ciò che hanno fatto a lui, vendicandosi.

Il tesoro degli Spada

L'isola di Montecristo

Edmond coglie al volo l'occasione di una spedizione di contrabbando in cui si fa scalo all'isola di Montecristo per cercare il tesoro indicato da Faria. Durante la sosta nell'isola Edmond cerca il tesoro e, una volta trovata traccia sicura del luogo dove è conservato, fa finta di farsi male cadendo da una sporgenza, in modo da essere lasciato per qualche giorno libero sull'isola per cercare il tesoro. Dopo affannose ricerche, finalmente Edmond trova l'apertura che dava accesso a un sotterraneo, all'interno del quale rinviene un baule, il favoloso tesoro di Guido Spada:

«Il forziere era diviso in tre scomparti.
Nel primo brillavano fulgidi scudi d'oro dai riflessi giallastri.
Nel secondo, lingotti mal bruniti e disposti in buon ordine, che avevano dell'oro solo il peso e il valore.
Nel terzo infine, pieno a metà, Edmond sollevò manciate di diamanti, perle, rubini che, ricadendo gli uni sugli altri come cascate scintillanti, facevano il rumore della grandine sui vetri.[8]»

La ricompensa

Il ritorno a Marsiglia e l'incontro con Caderousse

Quando la Giovane Amelia ritorna in Italia, Dantès ha con sé alcune gemme con le quali si procura grandi liquidità: acquista così due barche, una per Jacopo (con la quale deve recarsi a Marsiglia per avere informazioni su coloro che amava), ed uno yacht per se stesso con il quale prelevare indisturbato il tesoro dall'isola di Montecristo.

Saputo della morte del padre e della scomparsa dell'amata Mercédès, Dantès torna a Marsiglia per ottenere ulteriori informazioni su di essi e sui responsabili del complotto di cui è stato vittima, e preparare così la sua vendetta. Si reca perciò all'albergo del Ponte di Gard, gestito, con scarso successo, da Gaspard Caderousse, a cui si presenta sotto la falsa identità dell'abate Busoni.

Edmond racconta al suo vecchio vicino di casa che Dantès, in punto di morte, aveva affidato all'abate la missione di regalare un preziosissimo diamante, equamente diviso, al padre Louis, a Mercédès, a Fernand Mondego, a Danglars ed allo stesso Caderousse. I due cominciano così a parlare: Caderousse, sia per il desiderio di avere più parti possibili del preziosissimo diamante, sia per render onore al vero, racconta all'abate la storia del complotto, oltre che i destini degli altri quattro destinatari del lascito di Dantès.

Vinte le resistenze della moglie, la Carconta, e le personali paure di una vendetta da parte di Danglars e Fernand, diventati grandi e potenti personalità, Caderousse comincia il suo racconto. Il vecchio Louis Dantès, distrutto dal dolore, si era chiuso nella solitudine della sua camera, rifiutando di vedere chicchessia o di essere aiutato economicamente, fino, secondo il parere di Caderousse, a morire di fame. L'albergatore racconta poi per filo e per segno la storia del complotto.

Dopo aver ascoltato con dolore e odio la verità che già Faria gli aveva raccontato in prigione, l'abate Busoni continua a interrogare Caderousse, scoprendo che tutti coloro che lo hanno denunciato hanno avuto fortuna. Danglars, con speculazioni e fortunati investimenti, è milionario, il più ricco banchiere di Parigi oltre che barone; Fernand Mondego, riverito come eroe di guerra, è divenuto conte e Pari di Francia (deputato), ed ha sposato Mercédès, dalla quale ha avuto un figlio: Albert. Invece Pierre Morrel, ex armatore del Pharaon, dopo l'imprigionamento di Edmond ha subìto una serie di rovesci ed ora è sull'orlo del fallimento.

Alla fine l'abate si accomiata da Caderousse donandogli il diamante: l'albergatore in fondo è già stato punito in qualche modo (la sua vita familiare ed economica non sono certo rosee), ed il suo ruolo nel complotto è stato marginale: è giusto che abbia una possibilità di redenzione (anche se l'avidità dell'uomo lo potrebbe portare alla rovina).

Nell'ufficio di de Boville

Il giorno dopo Dantès si presenta, sotto le sembianze dell'inglese Lord Wilmore (primo commesso della casa Thomson e French di Roma) dal sindaco di Marsiglia, dal quale apprende che Pierre Morrel, per quanto onesto e probo, è sull'orlo della bancarotta ed ha un grosso debito con il signor de Boville. Edmond si reca quindi nell'ufficio di de Boville, che altri non era che l'ispettore cui Dantès aveva chiesto aiuto quando era rinchiuso al Castello d'If. De Boville conferma di dover ricevere duecentomila franchi da Morrel, ma di riporre poche speranze sul pagamento dato che il Pharaon non è ancora giunto in porto, e che senza i soldi del suo carico Morrel non potrà pagarlo. Lord Wilmore compra il credito da de Boville, e chiede un favore all'uomo, che ricopriva ancora l'incarico di ispettore delle prigioni: poter vedere i registri delle prigioni, con la scusa di consultare le note su Faria. Riesce anche a venire a sapere, con sua grande gioia, che la sua fuga dal Castello d'If è stata archiviata con la sua dichiarazione di morte. Nei registri Dantès trova la denuncia scritta da Danglars, di cui si appropria; scopre inoltre l'inganno tessuto da Villefort, come Faria aveva intuito, e come lui stesso, divenuto adesso Procuratore del Re, avesse sfruttato (dopo la caduta definitiva di Napoleone) la petizione di Morrel per evitare che Dantès uscisse di prigione.

La salvezza di Morrel

Dantès entra in casa Morrel sotto le mentite spoglie di Lord Wilmore, e scopre che la famiglia è ormai impoverita: due soli impiegati rimangono, Coclite, fedele contabile della famiglia, ed il giovane Emmanuel Herbault, innamorato della figlia dell'armatore, Julie. La casa è ormai spoglia e pervasa da un'aria di tristezza. Mentre Morrel e Wilmore discorrono, giunge all'armatore la terribile notizia dell'affondamento del Pharaon, che sancisce di fatto la bancarotta della Morrel e Figlio.

Morrel si comporta comunque molto bene nei confronti dell'equipaggio sopravvissuto, anche se è costretto a licenziarli. Quando però Morrel rimane solo con il presunto inviato della Thomson e French scopre che quest'ultimo, rimasto suo unico creditore avendo rilevato i suoi debiti da de Bouville, ha deciso di offrigli una dilazione del pagamento di tre mesi.

Nei successivi tre mesi Morrel riesce, con fatica, a pagare tutte le cambiali e le spese previste in quel periodo, per quanto la fiducia dell'ambiente commerciale nei suoi confronti sia crollata e ad ogni fine del mese ci si aspetti il fallimento della casa. Morrel è sempre più depresso e preoccupato, non sa che Dantès, in nome di tutto quello che l'armatore aveva fatto per lui, della sua onestà verso amici e dipendenti, della sua lealtà, si sta preparando a tirarlo fuori dai guai, nascondendo la sua vera identità dietro lo pseudonimo di "Sinbad il marinaio". Morrel, come ultima risorsa, decide di chiedere un prestito a Danglars, anche in nome dei loro vecchi rapporti, ma il rifiuto del banchiere è un colpo durissimo alle speranza dell'uomo.

La situazione economica della casa Morrel e figlio ha le ore contate in vista della fatidica data del 5 settembre, quando Lord Wilmore verrà a riscuotere i 287.500 franchi che Pierre Morrel, nonostante gli sforzi, non ha. Anche Coclite è disperato perché conosce la situazione dei registri e la scadenza prossima della dilazione, mentre Julie Morrel e la madre richiamano a casa Maximilien, primogenito, per affrontare la situazione, e il giovane, brillante come il padre e con una sicura carriera militare, si precipita a Marsiglia. Nel momento in cui il giovane varca la porta di casa un messaggero consegna a Julie un biglietto (il cui arrivo a Julie era stato preannunciato alla prima visita di Lord Wilmore), in cui la si invita, per il bene del padre, a recarsi in un certo luogo per ritirare una borsetta. Intanto Maximilien, appresa la gravità della situazione, si precipita dal padre, che trova indaffarato negli ultimi preparativi per suicidarsi. Pierre Morrel spiega che questa è l'unica soluzione rimastagli: solo il sangue avrebbe lavato il disonore della bancarotta. Egli ha fatto tutto ciò che era in suo potere, si è comportato sempre onestamente, non ha niente da rimproverarsi, ma ormai la situazione era compromessa. Il figlio in un primo momento vuole darsi la morte con il padre, ma poi viene convinto che rimanendo alla guida della casa potrà, forse, risollevare le sorti della Morrel e Figlio. Maximilien lascia così il padre, che attende solo l'annuncio dell'arrivo di Lord Wilmore per spararsi. Mentre le lancette scorrono inesorabili, la voce piena di gioia della figlia Julie interrompe i suoi pensieri; la giovane porta al padre una borsa e gli mostra ciò che vi è dentro:

«Da una parte c'era la cambiale di duecentottantasettemilacinquecento franchi, quietanzata; dall'altra c'era un diamante della grandezza di una nocciola, con queste tre parole scritte su un biglietto di pergamena: «Dote di Julie».[9]»

Morrel non si rende conto ancora di quello che sta accadendo, quando un annuncio giunge dalle scale: il Pharaon giunge in porto! Incredulo Morrel si precipita al porto, dove nello stupore di migliaia di persone, arriva una nave recante la scritta "Pharaon: Morrel e Figlio di Marsiglia", con a bordo la ciurma del Pharaon andato perduto ed un ricco carico nelle stive.

La famiglia Morrel passa così dal dolore alla gioia, mentre in disparte Sinbad il marinaio, alias Edmond Dantès, assiste alla scena per poi salpare sul suo yacht, dove Jacopo lo attende.

Chi doveva è stato ricompensato, adesso è il momento della vendetta:

«E ora – disse l'uomo sconosciuto – addio bontà, umanità, riconoscenza... Addio a tutti i sentimenti che allargano il cuore!... Mi sono sostituito alla Provvidenza per ricompensare i buoni... che il Dio vendicatore mi ceda il suo posto per punire i malvagi![10]»

Franz d'Epinay e Sinbad il marinaio

Il romanzo riprende a narrare facendo un salto temporale in avanti di dieci anni dagli eventi narrati, anni che Dantès trascorre viaggiando, soprattutto in Oriente, per raccogliere tutte le informazioni necessarie alla sua vendetta.

Primi mesi dell'anno 1838: il barone Franz d'Epinay e il visconte Alberto de Morcerf (figlio di Mercédès e Fernand Mondego, conte de Morcerf) stabiliscono di passare il carnevale a Roma: poiché manca ancora del tempo a tale data, Franz compie alcuni viaggi nelle isole del Mar Tirreno, ed infine sbarca a Montecristo. Qui incontra Dantès, che si presenta a lui come Sinbad il marinaio, in compagnia di alcuni banditi; Dantès lo invita a cena nella sua lussuosissima grotta, in un'atmosfera da Mille e una notte, con il muto servitore Alì, raffinatissima tappezzeria, hashish e piatti prelibati. I due parlano: Sinbad descrive se stesso come un filantropo molto particolare che non disdegna di dare una mano a coloro che sono in difficoltà. Così si descrive:

«Io! Conduco la vita più felice che conosca, una vera vita da pascià; sono il re del creato: se mi piace un luogo, mi fermo; se mi annoio, riparto; sono libero come un uccello, come lui ho le ali; le persone che ho intorno mi obbediscono a un solo cenno. Di tanto in tanto mi diverto a prendermi gioco della giustizia umana sottraendole un bandito che sta cercando, un criminale che insegue. Poi, ho una mia giustizia personale, bassa e alta, senza proroghe né appello, che condanna o assolve, e che dipende soltanto da me.[11]»

Al mattino Franz non trova più colui che lo aveva ospitato, solo scorge il suo yacht allontanarsi all'orizzonte.

Le peripezie romane

A Roma Franz e Albert si incontrano e alloggiano all'albergo Londra, in attesa dell'inizio del carnevale; dopo aver visitato la Basilica di San Pietro, i due vogliono ammirare il Colosseo, ma il proprietario dell'albergo li mette in guardia dai briganti che infestano le strade nei pressi del monumento. Tra essi c'è il temibile Luigi Vampa, alla cui storia i due giovani si mostrano interessati, cosicché l'albergatore gliela narra. Con sua gran sorpresa Franz scopre come Vampa in gioventù avesse incontrato Sinbad il marinaio, proprio colui che gli aveva fatto da anfitrione a Montecristo. Finito il racconto Franz ed Albert si recano in visita al Colosseo: qui Franz assiste inavvertitamente all'incontro tra Luigi Vampa e Sinbad, dove quest'ultimo promette di salvare dal patibolo un amico del brigante, sfruttando le sue conoscenze. La sera successiva Franz e Albert si recano a teatro, e mentre assistono alla Parisina d'Este di Donizetti, lo sguardo di Franz è attratto da una giovane e bellissima donna dai lineamenti greci, seduta in un palco: alle sue spalle, nell'ombra, si trovava Sinbad il marinaio. Durante i preparativi per il carnevale i due giovani fanno la conoscenza del misterioso ed enormemente ricco e aristocratico Conte di Montecristo, così si faceva chiamare Sinbad il marinaio. Il Conte diventa loro amico, aiutandoli a passare con spensieratezza il carnevale romano, offrendo loro cene e passaggi in carrozza. La sera stessa in cui si chiude il carnevale, Albert si reca ad incontrare una donna che durante i giorni passati aveva dimostrato interesse per lui, sperando in un'avventura a lieto fine. Purtroppo per lui la donna era Teresa, compagna di Luigi Vampa, che in occasione dell'incontro lo fa rapire, e manda la richiesta di riscatto a Franz:

««Caro amico, appena ricevuta la presente abbiate la compiacenza di prendere dal mio portafogli, che troverete nel cassetto quadrato del secrétaire, la lettera di credito: se non bastasse, unite la vostra. Correte da Torlonia, ritirate subito quattromila piastre e consegnatele al latore della lettera. È urgente che questa somma mi sia inviata senza alcun ritardo.
Non insisto ulteriormente, contando su di voi come voi potreste contare su di me.
Il vostro amico,

Albert di Moncerf
P.S. I believe now the italian banditi.»
Sotto queste righe erano scritte da una mano sconosciuta le seguenti parole italiane:
«Se alle sei della mattina le quattromila piastre non sono nelle mie mani, alle sette il conte Alberto avia cessato di vivere.
Luigi Vampa»[12]»

Il giovane barone d'Epinay, non riuscendo a raggranellare la somma richiesta, chiede aiuto al Conte di Montecristo, che sapeva in buoni rapporti con il bandito avendo assistito all'incontro fra i due al Colosseo. Informatosi dal messaggero che aveva consegnato la richiesta di riscatto, lo stesso salvato da Dantès dal patibolo, il Conte di Montecristo si reca insieme a Franz nelle catacombe di San Sebastiano, dove si rifugiava Vampa con la sua banda. Là riesce facilmente ad ottenere la liberazione del giovane Morcerf.

L'indomani, poiché Albert deve tornare a Parigi, Dantès si accomiata dai due giovani, chiedendo ad Albert un favore: quando verrà a Parigi gradirebbe essere introdotto alle alte personalità della città, dato che laggiù non era conosciuto. Albert accetta con entusiasmo la proposta, e dà appuntamento al Conte per il 21 maggio di quell'anno nella sua dimora.

Vendetta

La colazione in casa de Morcerf

21 maggio 1838: quasi dieci anni dopo il suo ritorno a Marsiglia, Dantès inizia a mettere in atto il suo piano di vendetta. Con la solita falsa identità del Conte di Montecristo, si trasferisce a Parigi. Il primo evento mondano è la mattina stessa, a colazione da Albert de Morcerf, assieme a Lucien Debray, il signor Beauchamp, il signor Château-Renaud e Maximilien Morrel. Durante il pasto Dantès riesce a tessere i primi buoni rapporti con gli altri commensali, sfruttando, adesso come in seguito, la sua notevole cultura (arte, chimica, storia...) e la sua abilità retorica. Riesce inoltre ad ottenere preziose informazioni, quali il prossimo matrimonio del giovane de Morcerf con la figlia di Danglars, Eugenie, e la già avvenuta unione tra Emmanuel Herbault e Julie Morrel.

Rimasto solo con il Conte, Albert lo introduce ai due genitori, Fernand Mondego e Mercédès: mentre la catalana sembra riconoscere Edmond, Mondego no, anzi ne ha un'ottima impressione, anche grazie alle lusinghe che il Conte gli fa.

Il racconto di Bertuccio

Edmond si reca insieme al suo intendente corso, Giovanni Bertuccio, nella casa che ha acquistato ad Auteuil: qui il servitore è preso dal panico. Così, costretto dal Conte a raccontare il perché del suo terrore, inizia una lunga storia. Siamo nel 1815: il fratello di Bertuccio parte per la guerra; dopo Waterloo rimane senza soldi, così Bertuccio parte dalla Corsica e si reca a Nîmes per aiutarlo, ma al suo arrivo scopre che è stato assassinato. Si rivolge perciò al procuratore del re della città, Gérard de Villefort, che si era fatto trasferire da Marsiglia dopo i fatti che ben conosciamo; il magistrato si rifiuta di aiutare Bertuccio a fare giustizia, sostenendo che l'uccisione di un soldato bonapartista da parte dei sostenitori del re è cosa normalissima data la situazione. Infuriato dall'atteggiamento di Villefort, Bertuccio promette che lo ucciderà. Un giorno, il 27 settembre 1817, Villefort si reca in una casa di Auteuil (la stessa acquistata da Dantès) per incontrare una donna (che scopriremo essere la moglie di Danglars, all'epoca però sposata con un certo barone Louis de Nargonne), con cui aveva una storia e da cui stava per avere un figlio: mentre Villefort esce di casa per sotterrare una cassetta in giardino, Bertuccio esce dal nascondiglio e lo pugnala. Poi, aperta la cassetta, vede che dentro vi è un bambino: Villefort stava infatti seppellendo suo figlio che credeva fosse nato morto, ma Bertuccio riesce a rianimarlo e, mentre fugge, lo lascia ad un ospizio.

Tornato in Corsica dalla cognata, Bertuccio le racconta tutta la storia, ed ella decide di riprendersi il figlio di Villefort per allevarlo come fosse suo (sotto il nome di Benedetto), mentre Bertuccio riprende la sua occupazione di contrabbandiere. Un giorno il carico di contrabbando viene intercettato dai doganieri, e Bertuccio fugge nei pressi dell'albergo del Ponte di Gard, gestito da Caderousse. È la sera del 3 giugno 1829: Caderousse è appena venuto in possesso, tramite l'abate Busoni/Edmond Dantès, del diamante e ha fatto venire a casa sua un gioielliere per venderlo. Bertuccio assiste alla vendita del diamante, che però scontenta la cupidigia di Caderousse e della moglie. Costretto dal maltempo a passare la notte nell'albergo, il gioielliere viene assassinato e la moglie di Caderousse, la Carconta, viene uccisa, nella colluttazione, da un colpo di pistola. L'albergatore fugge all'arrivo dei gendarmi, che invece trovano Bertuccio e lo arrestano per l'assassinio.

Bertuccio racconta tutta la verità, ma sarà solo l'intervento dell'abate Busoni che, avvalorando la sua storia, permetterà la cattura di Caderousse. Dantès, nel ruolo del religioso, raccoglie la confessione dei crimini del corso, e decide di farlo entrare al servizio del Conte di Montecristo. La storia prosegue: Benedetto, ormai adolescente, è un ragazzo cattivo, presuntuoso e avido, che tormenta la cognata di Bertuccio, approfittando dell'assenza di quest'ultimo, con richieste di denaro. L'autorità della povera donna non vale alcunché, perché Benedetto è a conoscenza che i due corsi non sono i suoi veri genitori. All'ennesimo rifiuto di fronte alle continue richieste di soldi, Benedetto si reca nottetempo con due compari in casa e tortura la donna per ottenere il denaro; durante la lotta l'abitazione prende fuoco, i tre fuggono con il denaro e lasciano bruciare la poverina dentro la casa. Al ritorno dalla prigione Bertuccio trova la cognata morta e Benedetto sparito; distrutto, decide di entrare al servizio del Conte.

Finita la storia, il Conte consola Bertuccio: la verità ha fatto sparire i suoi dubbi su di lui, mentre le informazioni che ha appreso dal terribile racconto serviranno di certo per la vendetta.

Gli incontri con Danglars e Villefort

Montecristo incontra Danglars, divenuto un ricchissimo banchiere: Dantès stupisce il barone con la sua parlantina; in seguito i due discutono sulla richiesta ricevuta da Danglars dell'apertura di un credito illimitato sulla sua casa in favore del Conte. All'inizio Danglars è restio, ma la ricchezza apparentemente infinita del Conte, assieme al voler mantenere il suo prestigio, gli fanno cambiare idea. Il conte riesce ad estendere il suo credito fino a 6 milioni di franchi. Dopo aver discusso d'affari Danglars presenta ad Edmond la moglie, Hermine, in compagnia di Lucien Debray (suo amante), i quali, come tutti, rimangono stupiti dall'uomo.

Un incidente a cavallo, abilmente orchestrato da Edmond, permette al Conte di Montecristo di guadagnare la riconoscenza di Héloise de Villefort, moglie del procuratore del re, e madre del secondo figlio di Gérard, lo scalmanato Édouard. Ben presto quindi Gérard de Villefort si presenta in casa del Conte di Montecristo: i due iniziano a parlare di filosofia e Dantès asserisce di essere investito di una specie di "missione divina", stupendo il magistrato, non preparato ad una situazione del genere:

«Io sono uno di quegli esseri eccezionali, sì, signore, e credo che fino a oggi nessun uomo si sia trovato in una condizione simile alla mia. [...] Il mio regno è grande come il mondo [...]: io sono cosmopolita. Nessun paese può dire di avermi visto nascere. Dio solo sa quale contrada mi vedrà morire. Adotto tutti i costumi, parlo tutte le lingue. [...] Dunque capirete che non essendo di nessun paese, non chiedendo protezione a nessun governo, non riconoscendo nessun uomo per mio fratello, non uno solo degli scrupoli che fermano i potenti, non uno solo degli ostacoli che paralizzano i deboli, può fermarmi o paralizzarmi. Ho soltanto due avversari, non dirò due vincitori perché riesco a sottometterli con un po' di tenacia: la distanza e il tempo. Il terzo, e il più terribile, è la mia condizione di uomo mortale. Soltanto questa può fermarmi nel cammino che percorro, e prima che abbia raggiunto il mio obiettivo; tutto il resto, l'ho calcolato. I cosiddetti capricci della fortuna, cioè la rovina, l'imprevisto, l'eventualità, li ho tutti previsti; e se qualcosa può colpirmi, niente può abbattermi. A meno che non muoia, sarò sempre ciò che sono.[13]»

Dopo l'incontro con Villefort, Dantès si reca nella casa della famiglia Morrel, per vedere come erano andate le cose in seguito alla salvezza della Morrel e Figlio ad opera di Sinbad il marinaio: Julie Herbault ed Emmanuel Herbault sono felicemente sposati; il signor Morrel è morto lasciando l'azienda con ottimi bilanci, anche se poi il genero e la figlia l'hanno venduta; infine Maximilien Morrel ha un'ottima posizione nell'esercito ed è innamorato di Valentine de Villefort che, pur ricambiandolo, è promessa (per ferrea volontà del padre Gérard) al barone Franz d'Epinay. La povera giovane non ha amici, il padre non la considera, mentre la matrigna Héloise è invidiosa del fatto che erediterà un grande patrimonio a discapito del figlio Édouard. Unica sua consolazione è la presenza del nonno, Noirtier de Villefort, rimasto però muto e paralizzato in seguito a un colpo apoplettico.

Cattivi investimenti e fantasmi del passato

Nei primi giorni a Parigi il Conte di Montecristo è riuscito a fare colpo sull'alta società, e si è facilmente procurato le informazioni necessarie sui suoi nemici. Dopo aver conquistato la fiducia di Gérard de Villefort e della moglie, dopo aver stretto l'accordo con Danglars, essersi guadagnato la riconoscenza della consorte, e dopo aver intessuto buoni rapporti con i Morcerf ed i Morrel, Dantès può proseguire nel suo piano di vendetta.

Durante un incontro con la signora Villefort, Edmond le fornisce la ricetta di un potente veleno che non lascia tracce, a cui la donna sembrava molto interessata. Intanto la situazione in casa Villefort si evolve: il vecchio Noirtier, pur di non far sposare Valentine a Franz, provvede, nel suo testamento, a diseredare la nipote nel caso che le nozze si celebrino. Gérard però è inflessibile e prosegue nell'intento di voler maritare i due, con grande dispiacere della moglie.

Nel contempo Edmond assolda un italiano ed un giovane, che altri non è che Benedetto, figlio di Gérard de Villefort e Hermine Danglars. Per i due, dietro compenso, il Conte crea le false identità del maggiore Bartolomeo Cavalcanti e del figlio Andrea, sostenuti economicamente, nella loro finzione, dallo stesso Conte.

Dantès organizza poi un ricevimento nella casa di Auteuil invitando Morrel, i Danglars, i Villefort ed i Cavalcanti. Durante la serata riesce ad instillare il germe della paura in Villefort e nella signora Danglars, riferendo tra l'altro di aver trovato nel giardino il cadavere di un neonato. Villefort però aveva già scoperto da diversi anni che il figlio era sopravvissuto, anche se ne aveva perso le tracce: dunque il Conte di Montecristo non era una figura amica, bensì celava un segreto obiettivo, che il magistrato si impegna a scoprire. Purtroppo per lui gli incontri parigini con l'abate Busoni e Lord Wilmore (in entrambi i casi Edmond abilmente camuffato) non gli forniscono informazioni utili.

Nella stessa sera della festa ad Auteuil Andrea Cavalcanti viene fermato per strada da Caderousse, che aveva riconosciuto in lui l'ex compagno di carcere Benedetto e coglieva l'occasione per ricattarlo. Come facevano i due a conoscersi? Dumas ci spiega che al tempo del processo istruito contro Caderousse per l'omicidio del gioielliere, viene riconosciuto come esecutore materiale del delitto la moglie Carconta, rimasta poi uccisa nella lotta. Caderousse viene condannato ai lavori forzati a vita. Trasferito al carcere di Tolone, lì conosce Benedetto, un prigioniero che diventa suo compagno di catena. Edmond Dantès sa molto bene che la libertà di Benedetto è necessaria per la piena riuscita del suo piano di vendetta. Così, travestito da Lord Wilmore, consegna una lima ai due prigionieri che prontamente usano per segare la catena e fuggire poi a nuoto (in questo modo Dantès concede l'ennesima possibilità di riscatto a Caderousse).

Intanto Dantès manipola, con astuti stratagemmi, il mercato azionario e inizia un'opera di distruzione del patrimonio di Danglars. Preoccupato per le sue finanze, Danglars medita di far sposare Eugénie (in realtà già promessa ad Albert de Morcerf) ad Andrea Cavalcanti che, a dire del Conte, è portatore di una ingente fortuna famigliare. Edmond inoltre afferma di aver udito alcune voci poco chiare su presunte malefatte compiute da Fernand, il conte de Morcerf, quando prestava servizio in Grecia, spingendo così Danglars a fare ricerche su questo evento. Inoltre il crollo economico incrina ancora di più la relazione tra Danglars e la moglie, a cui il banchiere rinfaccia anche la relazione con Debray.

I dubbi su Morcerf ed il terzo avvelenamento

Mentre Villefort non riesce a capacitarsi del perché il Conte di Montecristo voglia rovinare la sua posizione con la storia del figlio illegittimo avuto da Hermine Danglars, giunge a casa Villefort la signora di S. Méran. I marchesi di S. Méran erano giunti a Parigi da Marsiglia per concludere il matrimonio della nipote Valentine con Franz d'Epinay, ma durante il viaggio il marchese era morto. A poche ore dalla firma del contratto matrimoniale, quando Valentine e Maximilien Morrel già si preparavano alla fuga insieme per non essere separati, la signora di S. Méran muore, in circostanze simili al marito. Stavolta però il signor d'Avrigny, il medico di famiglia che era in casa Villefort, comunica a Gérard i suoi forti sospetti sulla tesi dell'avvelenamento. In seguito ai funerali dei S. Méran, Villefort cerca di concludere al più presto il contratto di matrimonio di Valentine, ma un nuovo colpo di scena sconvolge i suoi piani. Il signor Noirtier rende nota, alla presenza di Franz, Gérard, Valentine e altri, il resoconto della riunione bonapartista del 5 febbraio 1815, quella che seguì la morte del generale d'Epinay, il padre di Franz. Dal documento si evince come il generale fosse stato ucciso in duello dal presidente del comitato bonapartista; su precisa domanda di Franz, Noirtier conferma di essere lui l'assassino: a quel punto è Franz a rinunciare al matrimonio con Valentine.

Intanto il signor Danglars è sempre più propenso a dare in sposa Eugénie ad Andrea Cavalcanti. Rompe così l'accordo con Morcerf, causando la rabbia di Fernand su cui, come riferisce a Montecristo, ha ricevuto infauste notizie a proposito di un affare a Giannina, in Grecia. Albert stesso viene a conoscenza della storia: Dantès gli presenta infatti Haydée, che gli narra la storia della caduta (e morte) del padre, il pascià Alì-Tebelen di Giannina, grazie al tradimento di un ufficiale francese in cui il padre aveva riposto grande fiducia. Il Conte di Montecristo fa omettere però il nome di Morcerf nel racconto della giovane greca, lasciando il dubbio in Albert. In quelle ore appare sul giornale gestito da Beauchamp un trafiletto:

«Ci scrivono da Giannina.
Siamo venuti a conoscenza di un avvenimento finora ignorato o almeno inedito: le fortezze che difendevano la città furono vendute ai turchi da un ufficiale francese nel quale il visir Alì Tebelen aveva riposto tutta la sua fiducia, e che si chiamava Fernand.[14]»

Albert, infuriato, sfida a duello Beauchamp per difendere l'onore del padre, ma il giornalista prende tempo in attesa di avere maggiori informazioni sull'accaduto.

In casa Villefort la situazione è mutata nuovamente: dopo la confessione di Noirtier dell'omicidio del padre di Franz e il progetto di matrimonio fallito, Valentine viene reinserita nel testamento del nonno. Valentine è nuovamente destinata ad ereditare l'intera fortuna di suo nonno e dei genitori della madre (la famiglia Saint-Méran). Héloise, che cerca fortuna per suo figlio Édouard, non perde tempo. Dopo aver avvelenato mortalmente i Saint-Méran, cerca di assassinare Nortier (per far ereditare tutto a Valentine e poi ucciderla lasciando il patrimonio a suo figlio), ma il suo servo beve accidentalmente il veleno e muore. L'omicidio però viene scoperto dal dottore, il signor d'Avrigny, che spiega a Villefort la situazione, incolpando la figlia Valentine: il magistrato, sconvolto, supplica l'uomo di tenere nascosto il triplice assassinio ancora per qualche tempo.

La fine di Caderousse

Uscito dalla casa di Danglars, dopo aver ottenuto dal banchiere la sicurezza sul matrimonio con Eugénie, Andrea Cavalcanti/Benedetto viene a sapere che Caderousse lo vuole vedere: i due parlano a lungo, e Gaspard, avido, gli dice che i soldi che gli dava mensilmente non sono più sufficienti. Caderousse ha saputo inoltre del suo prossimo matrimonio con Eugénie Danglars, e quindi sa che può alzare il tiro nelle sue richieste di denaro. Andrea gli racconta di essere convinto che il suo vero padre sia il Conte di Montecristo, che lo mantiene come Andrea Cavalcanti, dopo averlo affidato al maggiore Cavalcanti di cui non è figlio. Caderousse è assai interessato alla fortuna del Conte, e si fa descrivere la casa dove alloggia, chiaramente per compiervi un furto. La sera del giorno successivo Caderousse penetra in casa di Montecristo, che però è là presente assieme al servitore muto Alì, avvisato da un biglietto anonimo (scritto ovviamente da Benedetto). Edmond, sotto le mentite spoglie dell'abate Busoni, coglie il ladro in flagrante. Caderousse chiede pietà a Edmond, che gli rimprovera di aver sempre seguito la via sbagliata tutte le volte che la fortuna lo aveva tratto dai guai: sia dopo il regalo del diamante da parte di Busoni sia dopo la liberazione (ad opera di Lord Wilmore) dalla prigione, Caderousse si era dato ad azioni criminali. Alla fine Edmond lascia andare il ladro, sapendo che probabilmente sarebbe caduto vittima di un attentato da parte di Benedetto, che stava appostato fuori casa. Appena uscito dalla villa, infatti, Caderousse viene pugnalato dal giovane. Dantès soccorre Caderousse in fin di vita, riesce a fargli firmare la denuncia contro Benedetto, e un istante prima che spiri gli rivela la sua vera identità, ottenendo il sincero pentimento da parte del malfattore.

Il processo a Mondego

Beauchamp, di ritorno da Giannina, si reca a casa di Albert con un documento che provava il tradimento del padre:

«Albert aprì il foglio: era un attestato in cui quattro notabili di Giannina dichiaravano che il colonnello Fernand Mondego, colonnello istruttore al servizio del visir Alì Tebelen, aveva ceduto il castello di Giannina dietro un compenso di duemila borse.
Le firme erano legalizzate dal console.[15]»

Albert cade nello sconforto, ma Beauchamp, in nome della loro amicizia, promette di tenere il segreto su ciò che ha scoperto e permette all'amico di bruciare il foglio, unica prova.

Albert e il Conte di Montecristo partono per un breve periodo lontano da Parigi, in Normandia, ma il loro soggiorno viene interrotto dalla notizia della pubblicazione dello scandalo; su un giornale si leggeva infatti:

«Quell'ufficiale francese al servizio di Alì, pascià di Giannina, di cui parlava tre settimane fa il giornale «L'Impartial», e che non solo vendette ai turchi i castelli di Giannina ma per di più vendette loro il suo benefattore, si chiamava effettivamente Fernand in quell'epoca, come ha scritto il nostro onorevole collega; in seguito aggiunse al suo nome di battesimo un titolo nobiliare e un nome di terra.
Oggi si chiama signor conte di Moncerf ed è membro della Camera dei pari.[16]»

Albert si precipita a Parigi a casa di Beauchamp, e l'amico gli narra gli ultimi avvenimenti: il dossier su Morcerf era stato portato alla redazione di un importante giornale da un uomo venuto da Giannina, il quale aveva fatto intendere di essere pronto a rivolgersi ad un'altra testata in caso di rifiuto di pubblicazione. La notizia si era sparsa velocemente, arrivando alla Camera dei pari dove, in presenza del conte Morcerf, era stato chiesto ed ottenuto un processo per stabilire la verità. Il racconto di Beauchamp prosegue: la sera stessa il processo ha inizio e Fernand tesse un'apologia che, grazie alla sua parlantina, riesce a convincere molti membri della commissione, già ben disposti in suo favore. Quando ormai la situazione sembra volgere al meglio per Morcerf, una lettera che annuncia una testimonianza diretta dei fatti viene posta all'attenzione del presidente della commissione. La commissione decide di ascoltare la testimonianza. Haydée, con sgomento di Morcerf, si presenta alla commissione, portando prove inconfutabili della sua identità regale. Inizia poi a raccontare la sua storia, partendo dal tradimento di Fernand, l'uccisione del padre, la sua vendita e quella di sua madre come schiave, fino al momento in cui venne comprata dal Conte di Montecristo al mercato degli schiavi di Costantinopoli. Nonostante Fernand si rifiuti di riconoscere Haydée, lei accusa davanti alla commissione il conte de Morcerf, reo di assassinio, tradimento e menzogna. Messo alle strette, Mondego si rifiuta di rispondere e scappa via dalla sala come un pazzo. Viene emessa dunque la sentenza:

««Signori – disse il presidente quando fu ristabilito il silenzio, – ritenete il conte di Moncerf colpevole di fellonia, di tradimento e di indegnità?»
«Sì» risposero con voce unanime tutti i membri della commissione d'inchiesta.[17]»

I Morcerf contro Montecristo

Terminato il racconto, Albert desidera compiere vendetta contro colui cha ha scatenato questo inferno contro il padre: su indicazione di Beauchamp si reca da Danglars, il quale gli dice di aver chiesto informazioni su Morcerf a Giannina in seguito ad un dubbio instillatogli dal Conte di Montecristo. Allora Albert raggiunge il conte all'Opéra, lo incolpa per la rovina di suo padre e pubblicamente lo sfida a duello per il mattino successivo: la rabbia di Albert si scontra con la placidità del Conte, sicuro della vittoria e ben intenzionato ad uccidere il giovane, fino a poche ore prima suo amico. Mercédès, che ha seguito il figlio a teatro, si reca segretamente a casa del Conte di Montecristo e, affrontandolo come Edmond Dantès (era l'unica ad averlo riconosciuto), gli chiede di risparmiare Albert, in nome di quell'amore che un tempo li legava. Durante questo colloquio Edmond le rivela la verità sul suo arresto e sull'imprigionamento, le spiega che il suo compito adesso è vendicarsi per quei quattordici anni di prigione, di dolore e di sofferenze. Ma alla fine il Conte cede davanti alle richieste di colei che ha tanto amato: affronterà dunque Albert in duello, ma con l'intento di farsi uccidere. Edmond prepara tutto, scrive il testamento, dice addio a Haydée, si congeda da amici e servitori. Il mattino dopo, sul campo del duello e alla presenza di testimoni, inaspettatamente Albert si scusa pubblicamente con il Conte; Mercédès infatti, per salvare la vita ad Edmond, aveva rivelato tutta la verità al figlio.

Albert e Mercédès progettano poi di abbandonare la loro casa e di partire per ricostruirsi una vita. Mentre i due stanno facendo i preparativi per la partenza, il conte Morcerf, ormai caduto in disgrazia, si reca da Montecristo per affrontarlo. I due parlano, ed Edmond si rivela a Morcerf come Dantès: sconvolto, Fernand fugge via ma, arrivato alla sua casa, vede il figlio e la moglie che se ne vanno senza un saluto. Distrutto per la perdita di tutto ciò che aveva, Fernand si spara. Albert e Mercédès decidono di rifiutare l'eredità loro spettante (che viene donata in beneficenza) e si risolvono di alloggiare per qualche giorno in un piccolo albergo, poi decidono il da farsi: Albert partirà per l'Africa come soldato affinché possa ricostruire il suo onore sotto il nome di Herrera (il cognome da nubile di sua madre), mentre Mercédès tornerà ad una vita solitaria a Marsiglia nella casa del vecchio padre di Edmond Dantès, donatale da quest'ultimo.

Un matrimonio all'aria

Nello stesso periodo Héloise cerca di concludere il suo piano diabolico: tenta di uccidere Valentine, facendo in modo che Édouard riceva tutta l'eredità. Durante una visita a casa di Morrel la giovane viene presa dagli stessi attacchi che il veleno della signora Villefort procurava. Morrel si precipita da Montecristo, mentre Villefort va a chiedere aiuto al dottore d'Avrigny. Edmond dice a Morrel di essere a conoscenza del dramma mortale che colpisce la famiglia Villefort, e di esserne indifferente; quando però vede la disperazione del giovane e viene a sapere del suo amore per Valentine, lo assicura che farà di tutto per risolvere la situazione. Intanto a casa Villefort ci sono buone notizie: Valentine è ancora viva. Come Noirtier fa capire a d'Avrigny, egli da tempo aveva intuito che avrebbero avvelenato la nipote, e fino a quel momento era riuscito a salvarla dandole ogni giorno un poco della sostanza mortale, neutralizzandone così parzialmente gli effetti.

Intanto Danglars è sull'orlo della rovina, l'unico modo per uscirne è dare in sposa Eugénie ad Andrea Cavalcanti, anche se la giovane non vuole, noncurante della distruzione del benessere della famiglia (anche se sa che la madre ha raggranellato abbastanza per tirare avanti). Infatti tutto quello che rimane a Danglars è una buona reputazione e 5.500.000 franchi, di cui 5.000.000 da rendere a degli ospizi. Per questo motivo Danglars vuole dare la figlia in moglie al "principe" Cavalcanti: la dote in denaro che avrebbe ricevuto avrebbe di certo risollevato le sue finanze. Dietro alle pressanti richieste del padre, Eugénie accetta di sposare Cavalcanti, o almeno così gli fa credere. Qualche giorno dopo gran parte della Parigi che conta è a casa Danglars per assistere alla firma del contratto di matrimonio tra Eugénie ed il principe Andrea Cavalcanti. Al suo arrivo nella casa il Conte di Montecristo racconta, mentre i preparativi per il contratto stanno per essere ultimati, che aveva fornito al Procuratore Villefort delle nuove prove sull'omicidio di Caderousse; sentendo questa notizia Andrea Cavalcanti si dilegua (verrà però catturato la mattina dopo). Pochi istanti dopo i gendarmi irrompono in casa Danglars per arrestare Andrea, ovvero Benedetto, spiegando che si tratta di forzato fuggito dalla galera, ora accusato dell'omicidio di Caderousse. Approfittando della confusione generale Eugénie, assieme alla sua amante lesbica d'Armilly, fugge via dalla Francia in panni maschili per vivere finalmente secondo i suoi desideri.

In una sera Danglars è rovinato: ha perso la figlia e il matrimonio che doveva risollevare le sue finanze.

Il funerale e il fallimento

La signora Danglars si reca da Villefort per chiedergli se poteva rinviare il processo di Benedetto/Andrea Cavalcanti, per poter aver tempo di risistemare la situazione famigliare, ma il procuratore del re è inamovibile.

Montecristo affitta (sotto le mentite spoglie dell'abate Busoni) una casa confinante con quella dei Villefort e sorveglia la stanza di Valentine, impedendo più volte che Héloise de Villefort la avveleni: si introduce infatti nella stanza e sostituisce le bevande mortali con sostanze benefiche. Una notte Edmond si rivela a Valentine, le fa scoprire l'identità del suo assassino e la rassicura sul fatto che presto tutti i problemi saranno risolti. Poi fa bere alla giovane una mistura che la fa cadere in un coma indotto: in questo modo tutti, compresa Héloise, credono che sia morta. La notizia della morte getta nella disperazione Morrel, Noirtier e Villefort; Morrel, disperato, chiede a gran voce che Villefort trovi l'assassino. Noirtier rivela al figlio l'identità dell'omicida (Héloise): Gérard, scioccato, chiede tre giorni di silenzio a Morrel e d'Avrigny, entro i quali avrà punito il colpevole. Intanto le esequie della morta Valentine vengono affidate all'abate Busoni: in questo modo Edmond può proseguire con il suo piano.

Mentre si svolge il funerale di Valentine, il Conte di Montecristo si reca da Danglars e gli chiede cinque milioni in ossequio al loro accordo: il Conte aveva infatti presso Danglars un credito di sei milioni di franchi e, avendone in precedenza presi novecentomila, poteva in qualsiasi momento chiederne il resto. La reputazione di Danglars è così destinata ad essere rovinata: è costretto a venire meno alla richiesta del Conte oppure a quella degli ospizi; sceglie di pagare il Conte fornendo il denaro (cinque assegni da un milione di franchi l'uno) in cambio di una ricevuta generale di sei milioni con il quale il loro conto è regolato. Danglars quindi fugge a Roma per riscuotere (dalla casa Thomson e French) la lettera di credito in contanti e poter vivere in maniera agiata ma necessariamente anonima con i cinque milioni che avrebbe dovuto rendere agli ospizi.

La rovina di Villefort

Edmond incontra Morrel dopo il funerale di Valentine e gli impedisce di suicidarsi: rivelatosi a lui come il salvatore di suo padre e come Edmond Dantès, gli chiede un mese di tempo per sistemare le cose, promettendogli che al termine di quel periodo non si opporrà al suo intento suicida, anzi lo aiuterà.

Intanto il processo di Benedetto/Andrea si avvicina: in un colloquio in prigione Bertuccio gli rivela l'identità del vero padre. Arriva intanto il giorno fatidico, in cui Gérard de Villefort ha giurato di farla pagare all'assassino di Valentine. Villefort ha un confronto con Héloise: come un giudice elenca le accuse dei quattro omicidi, mentre la moglie attonita, non risponde. Alla fine, con fare terribile e risoluto, il procuratore pone davanti alla moglie due soluzioni per fare giustizia: o il processo e l'esecuzione pubblica, che disonorerebbe tutta la famiglia, o il suicidio tramite il suo stesso terribile veleno. Detto questo Villefort lascia la moglie per recarsi al processo di Andrea.

Di fronte alla Corte d'assise e alle molte persone che erano venute ad assistere, il processo ha inizio: Villefort legge l'atto d'accusa, conciso ed eloquente, già pronosticando la sentenza. Quando gli è data la parola, Andrea rivela che è in realtà il figlio di Villefort salvato dopo che questi lo aveva seppellito vivo, nella famosa notte tra il 27 settembre e il 28 settembre 1817, nella casa d'Auteuil. Villefort, sorpreso e distrutto dalla rivelazione di quel terribile segreto, ammette la sua colpa e se ne va dal tribunale. Villefort, con il dolore e la disperazione nel cuore, si ricorda allora di ciò che aveva detto alla moglie poche ore prima e, sentendosi colpevole quanto lei, decide di fermarne il suicidio. Il suo progetto è di fuggire dalla Francia, e farsi una nuova vita, finalmente felice. Ma, tornato a casa, Gérard trova la moglie Héloise che spira pochi istanti dopo averlo visto; cerca disperatamente il figlio Édouard ma lo trova senza vita, con un foglio sul petto:

«Sapete bene che ero una madre affettuosa, poiché fu per mio figlio che mi resi criminale!
Una buona madre non se ne va senza suo figlio![18]»

Disperato, ed in cerca di conforto, Villefort si precipita a casa del padre: il vecchio Noirtier è in compagnia dell'abate Busoni; quest'ultimo si toglie il travestimento e si mostra a Villefort come Edmond Dantès. Dantès si confronta con Villefort che, impazzito dal dolore, gli mostra la moglie ed il figlio morti:

««Guarda, Edmond Dantès! – disse mostrando al conte i cadaveri di sua moglie e di suo figlio, – guarda! sei ben vendicato?»
Montecristo impallidì a quello spaventoso spettacolo; capì di aver oltrepassato i diritti della vendetta; capì che ora non poteva più dire: "Dio è per me e con me".[19]»

Dantès cerca di riportare in vita Édouard, ma fallisce. Distrutto dallo spettacolo di morte lasciato in casa Villefort (che si chiude con la pazzia di Gérard), Edmond prende con sé Morrel e assieme lasciano Parigi.

Redenzione

L'addio a Mercédès

A Marsiglia, mentre Morrel va a trovare la tomba del padre, Edmond incontra Mercédès (che aveva appena salutato il figlio Albert in partenza per l'Africa) nella casa del vecchio Louis Dantès. I due parlano a lungo: Mercédès non odia l'uomo che ha davanti, ma anzi rimprovera sé stessa per le scelte sbagliate che ha fatto e per non aver avuto fede in Dio quando era il momento. Alla fine, le strade dei due, un tempo giovani e felicemente innamorati, si dividono: la catalana resterà a Marsiglia, pregando per il figlio Albert (in missione con gli spahis in Africa) e vivendo pensando ai momenti felici passati con Edmond Dantès prima della prigionia. Edmond poi parte, per completare i suoi piani.

I dubbi e il passato

La morte inaspettata, e di certo non voluta, del figlio di Villefort, Édouard, fa sorgere in Edmond Dantès una serie di dubbi sulla sua opera di "giustiziere divino". È vero che nei sei mesi trascorsi a Parigi egli è riuscito a compiere quasi del tutto la sua vendetta, ma nel suo cuore sente che qualcosa non va:

«Giunto all'apice della sua vendetta per l'erto e tortuoso sentiero che aveva seguito, aveva visto dall'altro versante della montagna l'abisso del dubbio.[20]»

Le incertezze lo portano, così, ad un viaggio nel passato: si reca al Castello d'If, che ormai non è più una prigione, bensì una sorta di museo aperto ai turisti. Qui visita la sua vecchia cella e quella dell'amico Faria. Disperatamente in cerca di un segno che possa cancellare ogni dubbio e rimorso, Dantès riesce a venire in possesso del trattato filosofico che il vecchio scienziato italiano aveva scritto durante la sua prigionia. L'epigrafe del manoscritto recitava:

«Tu strapperai i denti al drago, tu calpesterai i leoni, ha detto il Signore.[21]»

Tali parole rincuorano Edmond, che vi vede una conferma della giustizia per ciò che aveva fatto ai suoi nemici, e del carattere divino che aveva dato alla sua missione di vendetta.

Danglars e Dantès

Mentre il Conte di Montecristo si allontana da Marsiglia, Danglars giunge a Roma: subito si reca alla casa Thomson e French, dove si fa dare una lettera da cui risulta essere possessore di un credito di cinque milioni di franchi. Intenzione del banchiere è passare da Venezia, riscuotere una parte del denaro, poi recarsi a Vienna per stabilirvisi. Partita da Roma, la carrozza viene però intercettata da Luigi Vampa e la sua banda, avvisati per tempo dal Conte di Montecristo. Ricondotto nelle campagne romane, Danglars viene portato alle catacombe di San Sebastiano e rinchiuso nella stessa cella in cui era stato rinchiuso anni addietro Albert de Morcerf. La prigionia di Danglars risulta subito molto particolare: ad ogni richiesta di cibo o bevande, questi gli vengono serviti celermente e sono di grande qualità, ma col difetto di avere un prezzo esorbitante, che Danglars, pur a malincuore, paga con assegni al portatore. Ben presto però il banchiere si stanca dello "scherzo", e domanda di parlare con il capo: Vampa allora gli chiede, in cambio della libertà, cinque milioni di franchi. Danglars rifiuta. Ma col passare dei giorni la fame e la sete diventano insopportabili, così il banchiere cede, tanto che, nel giro di meno di due settimane, non gli rimangono che cinquantamila franchi. Invece di spendere tale cifra, egli la conserva, sperando di essere liberato prima di morire di stenti, e poter così sopravvivere con quei denari.

Alla fine, esausto, ridotto ad uno straccio, reso disperato dalla fame, Danglars supplica Vampa, pronto a cedere anche quegli ultimi soldi che gli restava in cambio non già della libertà ma della vita; in quel momento giunge il Conte di Montecristo che, ottenuto il sincero pentimento del banchiere, lo perdona. Poi, svelatagli la sua identità, gli lascia i cinquantamila franchi, mentre i cinque milioni vengono restituiti agli ospizi. Infine il Conte dà ordine a Vampa di rifocillare bene Danglars, e poi di rendergli la libertà.

Una nuova vita

È il 5 ottobre 1838. Maximilien Morrel, sempre sconvolto per la perdita di Valentine, approda sull'isola di Montecristo, dove il Conte lo aspetta: la scadenza del mese è finalmente arrivata, e l'ora della morte del giovane Morrel si avvicina. Il Conte lo fa accomodare nel suo palazzo sotterraneo: qui gli fa ingerire dell'hashish, e fa entrare Valentine. Morrel, sotto l'effetto della droga, vedendo l'amata defunta crede di essere morto. Intanto Dantès affida Haydée a Valentina, chiedendole di proteggerla e di comportarsi con lei come una sorella. Egli, infatti, ora che la sua missione era definitivamente compiuta, ha intenzione di partire solo, ma Haydée, anche lei lì presente, si oppone alla partenza e gli schiude il suo cuore: la giovane greca offre ad Edmond un nuovo amore ed una nuova vita, che forse Edmond sente di meritarsi.

Finito l'effetto della droga, Maximilien si sveglia e Valentine gli rivela come sia stata salvata dal Conte di Montecristo (dal tentativo di avvelenamento da parte della matrigna), e di come sia stata portata lì, dopo il finto funerale, in attesa di ricongiungersi con lui.

L'indomani Montecristo e Haydée lasciano insieme l'isola. Prima di partire, Edmond lascia al servo Jacopo una lettera da consegnare a Maximilien e Valentine, in cui tra l'altro il Conte li rende eredi di parte della sua immensa fortuna:

«Mio caro Maximilien,
c'è una feluca per voi all'ancora. Jacopo vi condurrà a Livorno, dove il signor Noirtier attende sua nipote, che vuol benedire prima che vi segua all'altare. Tutto ciò che si trova in questa grotta, amico mio, la casa degli Champs-Elysées e il mio piccolo castello di Le Tréport sono il regalo di nozze che Edmond Dantès offre al figlio del suo padrone Morrel. [...]
Dite all'angelo che veglierà sulla vostra vita, Morrel, di pregare qualche volta per un uomo che, come Satana, si è creduto per un attimo uguale a Dio [...]
Quanto a voi, Morrel, ecco il motivo segreto della mia condotta nei vostri confronti: in questo mondo non ci sono né felicità né infelicità, esiste solo il confronto tra una condizione e l'altra, ecco tutto. Solo chi abbia provato l'estremo dolore è in grado di percepire l'estrema felicità. Bisogna aver voluto morire, Maximilien, per sapere quanto è bello vivere.
Vivete dunque e siate felici, figli cari del mio cuore, e non dimenticate mai che, fino al giorno in cui Dio si degnerà di svelare all'uomo l'avvenire, tutta la saggezza umana consisterà in queste due parole:
Attendere e sperare!

Il vostro amico
Edmond Dantès
Conte di Montecristo[22]»

Personaggi

Edmond Dantès e i suoi travestimenti

  • Edmond Dantès — Edmond è il protagonista della storia, durante la quale assume molteplici travestimenti per portare a termine l'elaborato piano di vendetta nei confronti di coloro che hanno provocato la sua rovina. Inizialmente Edmond è un esperto marinaio, ottimo fidanzato della bella catalana Mercédès, e futuro capitano della nave mercantile Pharaon. Dopo gli anni di prigionia diventa il Conte di Montecristo, nome preso da un'isola di cui è diventato proprietario dopo avervi trovato il tesoro indicato dallo scienziato Faria. Sotto questa nascosta identità compirà la sua elaborata vendetta.
  • Conte di Montecristo — La persona in cui Edmond cambia la sua identità per compiere la vendetta è un nobile italiano, la cui ricchezza va di pari passo solo con l'aura di mistero che lo circonda. Secondo il passato costruito da Edmond per il suo alter ego, dietro l'identità del Conte di Montecristo si celerebbe il signor Zaccone, figlio di un ricco armatore maltese, che vive nell'agio di una ricca rendita, e che ha acquistato il titolo di "conte", assieme all'isola di Montecristo, per diletto. Egli avrebbe fatto la guerra nella marina, e poi si sarebbe dedicato a notevoli opere di carità, sfruttando le sue enormi ricchezze. Il Conte appare come una persona gentile ed educata, sebbene restia a dare eccessive confidenze. Per quanto circondato da un alone di mistero, il Conte ha molte conoscenze, è assai colto, ha viaggiato per il mondo, è amante degli agi più raffinati, ed è capace di stupire con la sua eloquenza e con le sue stravaganze.
  • Lord Wilmore — Un nobile inglese interpretato da Edmond per compiere buone azioni e atti di generosità. Questo personaggio è l'esatto opposto del Conte di Montecristo e durante il romanzo si suppone che i due siano rivali.

«Era un uomo piuttosto alto, aveva le basette rade e rosse, la pelle bianca, ed i capelli biondi grigiastri; era vestito con tutta la eccentricità inglese, cioè, un abito turchino coi bottoni d'oro e col colletto alto e imbottito, un gilè di cachemire bianco, ed un pantalone di nanchino, tre pollici troppo corto, ma a cui i sottopiedi della stessa stoffa impedivano di risalire fino alle ginocchia

«Indossava un costume tunisino, vale a dire una calotta rossa con una lunga nappa di seta turchina, una veste di panno nero tutta ricamata d'oro, pantaloni color sangue di bue larghi e gonfi, le ghette dello stesso colore orlate d'oro come la veste, ed i pianelli gialli, una magnifica sciarpa di cachemire gli cingeva la vita al disopra dei fianchi, e un piccolo cangiar acuto e ricurvo passava dentro la cintura.

Quantunque di un pallore quasi livido, quest'uomo aveva una fisionomia molto bella: gli occhi erano vivi e penetranti, il naso dritto [...] i denti bianchi come perle spiccavano mirabilmente sotto i baffi neri.»

  • Abate Busoni — L'identità che usa Edmond in altre circostanze per la presunta autorità religiosa.

I servitori del Conte

  • Bertuccio — Intendente e braccio destro del Conte, stimato da quest'ultimo poiché in grado di eseguire al meglio ogni ordine che riceve. Bertuccio, prima di conoscere il Conte, dichiara vendetta a Gérard de Villefort per non aver aperto alcuna indagine sull'assassinio di suo fratello; convinto di averlo ucciso, gli salva il figlio illegittimo che Villefort ha avuto da Hermine Danglars e che crescerà, assieme alla cognata, con il nome Benedetto. Nel corso dell'opera Benedetto reciterà il ruolo di Andrea Cavalcanti.
  • Haydée — Principessa greca, salvata dalla schiavitù da Edmond e, al termine della vendetta del Conte, sua futura sposa. Haydée era figlia di Alì-Tebelen, Pascià di Giannina. Quando era ancora molto piccola il padre viene rovesciato dall'acerrimo nemico generale Kourchid, grazie al tradimento di Fernand Mondego. Ridotta in schiavitù assieme alla madre, dopo la morte di questa viene comprata dal Conte al mercato degli schiavi a Costantinopoli. Anche se lei è considerata una schiava, il Conte la tratta con il massimo rispetto. Questa donna greca è innamorata follemente del Conte, che però la considera troppo giovane per lui. Durante il processo di Fernand Mondego rivelerà la sua vera identità e porterà le prove per farlo condannare. Alla fine del romanzo Edmond capisce l'amore della donna per lui, e decide di partire con lei per farsi una nuova vita, possibilmente felice.

«La bellezza del viso era da beltà greca in tutta la purezza del tipo, coi grandi occhi neri vellutati, la fronte di marmo, il naso dritto, le labbra di corallo, e i denti di perle. E in questa graziosa donna il fiore della gioventù appariva in tutto il suo splendore e profumo. Haydée poteva avere diciannove o venti anni.»

  • Alì — Il fedele servitore del Conte di Montecristo. Egli è muto e totalmente dedito al suo padrone per avergli salvato la vita in Tunisia, dove era stato condannato - a causa di una sua "lussuriosa" incursione nell'harem del Bey - a subire la mutilazione prima della lingua, poi delle mani e infine della testa. Quel che Alì non sa è che Dantès aveva atteso a bella posta che la lingua gli venisse mozzata prima di offrirsi di riscattarlo, in modo da potersi avvalere di un servitore muto. Alì è un abilissimo domatore di cavalli.

««[...] non ha stipendio, non è un domestico, è uno schiavo, è il mio cane; se non facesse il suo dovere, non lo caccerei, ma lo ammazzerei!.» [...]
Alì ascoltò, sorrise, si avvicinò al padrone, mise un ginocchio a terra e gli baciò rispettosamente la mano.»

  • Baptistin — Servitore del Conte.
  • JacopoMarinaio conosciuto da Edmond a bordo della tartana genovese Giovane Amelia che lo trae in salvo durante la sua fuga dal Castello d'If. Diventa, in seguito, il capitano dello yacht del Conte.

La famiglia Morcerf

  • Mercédès Herrera Mondego — Fidanzata di Edmond all'inizio dell'opera. In seguito sposerà suo cugino Fernand quando Edmond viene creduto morto in prigione. Lei non ama Fernand, ma lo considera suo fidato amico. Dopo la rovina del marito torna a Marsiglia e vivrà nella casa del padre di Dantès.
  • Fernand Mondego — Più tardi conosciuto come conte de Morcerf. Lui è innamorato di Mercédès e farebbe qualsiasi cosa per averla. Infatti, con l'aiuto di Danglars, progetta l'accusa contro Edmond. Dopo l'incarcerazione di Dantès parte per la guerra: durante le sue campagne militari guadagna denaro e reputazione. Una volta tornato in Francia con il titolo di conte sposa Mercédès. Diventato membro della Camera dei Pari, la sua vita viene rovinata dal processo che lo vede imputato per il tradimento, mentre era ufficiale in Grecia, del Pascià Alì-Tebelen, grazie anche alla decisiva testimonianza di Haydée. Quando scopre che la moglie e il figlio lo hanno abbandonato, si suicida.
  • Albert de Morcerf — Figlio di Mercédès e Fernand. Conosce il Conte a Roma (quando è in compagnia di Franz d'Epinay) durante il carnevale. Qui vive un'esperienza di rapimento e prigionia ad opera del bandito Luigi Vampa. Viene liberato dal Conte di Montecristo, grazie alla lealtà ed il rispetto che Vampa ha nei suoi confronti. Tornato in Francia, Albert viene costretto dal padre a sposare Eugenie Danglars, che però non ama. Quando il barone Danglars scopre il tradimento di Fernand a Giannina, fa saltare il matrimonio, preferendo dare la figlia in sposa ad Andrea Cavalcanti. Albert diventa grande amico di Dantès, finché egli non causa la rovina del padre: a quel punto sfida pubblicamente il Conte a duello, anche se poi gli porgerà - altrettanto pubblicamente - le sue scuse, grazie alle rivelazioni che la madre gli fa sull'identità reale del Conte e sulle giustificate motivazioni del suo comportamento. Alla fine del romanzo abbandonerà Fernand e partirà come soldato negli Spahis per l'Africa, per potersi ricostruire una nuova vita con il nome Herrera.

La famiglia Danglars

  • Barone Danglars — Inizialmente è lo scrivano di bordo della nave dove lavora Edmond, del quale è geloso perché l'armatore della nave, Pierre Morrel, lo vuole nominare capitano. Dopo aver incastrato il protagonista, viene promosso capitano della nave Pharaon. Dopo poco tempo abbandona l'incarico e si trasferisce in Spagna dove lavora presso un banchiere. In seguito ad una serie di speculazioni ed investimenti (in cui dimostra un'indiscussa abilità), diventa milionario. Acquistato il titolo di barone torna in Francia, dove ben presto diventa il più ricco banchiere di Parigi.

«Davvero quest'uomo è una laida creatura. Come mai, dalla prima volta che lo vedono, non riconoscono il serpente dalla fronte schiacciata, l'avvoltoio dal cranio rotondeggiante, lo sperviero dal becco acuto?»

  • Hermione Danglars — Moglie del barone Danglars. In gioventù, mentre il primo marito (il barone Louis de Nargonne) era assente, ha una relazione con Gérard de Villefort, dalla quale nasce il figlio Benedetto, creduto morto alla nascita, ma in realtà salvato e allevato da Bertuccio. Nel frattempo, prima della nascita del figlio, rimane vedova. Già abbastanza ricca prima di sposare il barone Danglars, con l'aiuto di Lucien Debray (ben informato sugli eventi politici in quanto lavora al Ministero degli Interni), amico e amante, riesce a mettere da parte un milione di franchi investendo il denaro del marito.
  • Eugenie Danglars — Figlia dei Danglars, con animo d'artista, è promessa sposa prima ad Albert de Morcerf, poi ad Andrea Cavalcanti. Ma lei non ama nessuno dei due: è infatti uno spirito libero, non desidera il matrimonio, sogna una vita sola, magari dedicata all'arte del canto e della musica. Alla fine riesce a realizzare il suo sogno: scappa di casa assieme ad un'amica approfittando della confusione creatasi per l'arresto di Andrea Cavalcanti, lo stesso giorno in cui i due dovevano firmare il contratto di matrimonio.

«Eugenie Danglars era bella, ma [...] di una bellezza un poco sostenuta. I capelli erano di un bel nero, ma nell'ondulazione si notava una specie di ritrosia al pettine; gli occhi, neri come i capelli, sotto magnifiche sopracciglia, che non avevano che un difetto, quello cioè di aggrottarsi qualche volta, erano particolarmente notevoli per una espressione di fermezza rara in una donna; il naso aveva quelle proporzioni esatte che un bravo scultore darebbe alla statua di Giunone, soltanto la bocca era un po' grande, ma con bei denti che davano risalto alle labbra, il cui carminio troppo vivo spiccava sul pallore del viso; infine, un neo nero posto all'angolo della bocca, e più largo del naturale, finiva col dare a questa fisionomia un'indole risoluta [...] Era [...] una Diana cacciatrice, ma con qualche cosa di più fermo e di più maschio nella sua bellezza.»

La famiglia Villefort

  • Gérard de Villefort — Sostituto Procuratore del re e, in seguito, Procuratore del re. Figlio di un bonapartista (il signor Noirtier), arriva a rinnegare il padre (e a cambiare cognome in Villefort) per garantire la sua fedeltà alla monarchia ed entrare così nelle grazie del re e di tutto l'entourage monarchico, compresa la famiglia Saint-Méran (importante e nobile famiglia di cui vuole sposare la giovane discendente, Renata). È inoltre il responsabile materiale dell'incarcerazione di Edmond: pur riconoscendo la sua innocenza, Villefort si vede costretto ad incastrarlo per salvare la sua posizione e la vita del padre; Dantès, infatti, era l'unico testimone di una lettera destinata al signor Noirtier in cui si annunciava l'imminente ritorno di Napoleone (e quindi il suo indiscusso e attivo legame con l'usurpatore, appellativo con cui i filomonarchici chiamavano Napoleone); se quella lettera fosse finita in mani sbagliate, il padre sarebbe stato condannato a morte e lui avrebbe perduto per sempre quella posizione di rilievo presso il re così faticosamente conquistata.
    Morta Renata (da cui aveva avuto una figlia, Valentine), Villefort si risposa in seconde nozze con una donna di nome Héloise, da cui nascerà il figlio Édouard. Ha pure una relazione con la signora Danglars (anche se all'epoca della relazione lei era sposata con un certo barone de Nargonne), da cui nasce il figlio illegittimo Benedetto (che, creduto morto, verrà seppellito in giardino). Quando Héloise, la sua seconda moglie, avvelena gli eredi del patrimonio di famiglia affinché il figlio Édouard diventi erede universale (non solo da parte di padre, ma anche da parte della sorellastra), Villefort scopertala, la spinge al suicidio. Ma lei deciderà di portare con sé anche suo figlio. Quelle due perdite, assieme a quella della primogenita Valentine, alla scoperta che il figlio illegittimo (Benedetto) è un assassino e che dietro all'identità del Conte di Montecristo si nasconde Edmond Dantès, spingeranno Villefort alla pazzia.
  • Valentine de Villefort — Figlia di Gérard de Villefort e Renata di Saint-Méran. Innamorata di Maximilien Morrel, è promessa, per volontà del padre, al barone Franz d'Epinay; vive isolata dal resto della famiglia, per l'indifferenza del padre e l'odio della matrigna Héloise. Unica vera compagnia familiare è costituita dal nonno Noirtier, che però è muto e paralizzato, e comunica con la nipote con i soli occhi. È proprio il nonno che fa di tutto per impedire il matrimonio della nipote con d'Epinay: predispone nel suo testamento che nel caso questa unione avvenisse, Valentine verrebbe diseredata. Poi, poiché il figlio Gérard persiste nell'intento di matrimonio, rivela che è lui l'assassino del padre di Franz: a quel punto il giovane d'Epinay rompe l'accordo di matrimonio. Rimasta unica erede della famiglia dopo gli omicidi dei marchesi di Saint-Méran, Valentine viene avvelenata da Héloise, la matrigna, ma grazie a Noirtier (che, dandole un poco della stessa sostanza mortale da lui assunta, la abitua al veleno neutralizzandolo parzialmente) l'attacco non le è fatale, per quanto la costringa a letto. Il Conte di Montecristo le dà una sostanza che la fa cadere in coma, inducendo tutti a crederla morta, in modo da poterla salvare dalla matrigna. Dopo il finto funerale, il Conte la porterà sull'isola di Montecristo in attesa dell'arrivo dell'amato Maximilien Morrel, che finalmente potrà sposare.
  • Noirtier de Villefort — Padre di Gérard e nonno di Valentine: attivo bonapartista durante la rivoluzione, uccide il generale d'Epinay. Durante i Cento giorni torna alla corte di Napoleone. Dopo essere stato colpito da un attacco apoplettico diviene muto e paralizzato, e capace solo di comunicare con la nipote (a cui è legatissimo) ed il figlio attraverso il linguaggio degli occhi. Per salvare Valentine dal matrimonio forzato con Franz d'Epinay riesce a dettare il testamento, dando i suoi beni ai poveri (di fatto diseredando la nipote) nel caso in cui ella sposi il barone. Dal momento che il figlio Gérard continua a voler dare in sposa Valentine a Franz, Noirtier rivela di aver ucciso in duello il generale d'Epinay, padre del giovane, che a quel punto rompe il contratto di matrimonio. Scampa per caso al progetto di avvelenamento da parte di Héloise (solo perché il suo medico - il signor d'Avrigny - gli fa assumere ogni giorno un po' di veleno per contrastare la malattia) e, resosi conto del piano della donna, riesce a salvare Valentine dal successivo tentativo di omicidio, abituandola a piccole dosi giornaliere del veleno.
  • Héloise de Villefort — Seconda moglie di Gérard. Pensa solo a proteggere suo figlio Édouard, e combatte per assicurargli una generosa eredità. Odia profondamente Valentine, destinata ad ereditare il patrimonio della famiglia. Per evitare ciò mette in atto un diabolico piano: prima avvelena i due marchesi di Saint-Méran, rendendo la giovane unica erede, poi tenta, senza successo, di fare lo stesso con il vecchio Noirtier e con la stessa Valentine. Convinta di averla uccisa, viene scoperta dal marito, che le impone una scelta: o il processo pubblico e il patibolo (assieme allo scandalo e il disonore che sarebbe caduto sulla famiglia), oppure il suicidio tramite il suo terribile veleno. Héloise opta per il suicidio, portando con sé l'amatissimo figlio Édouard.
  • Édouard de Villefort — Unico figlio maschio legittimo di Villefort, viene avvelenato dalla madre quando ella, scoperta dal marito colpevole di quattro omicidi, decide di togliersi la vita.

«Era piccolo, gracile, bianco di pelle come i bambini rossi, ad onta di una foresta di capelli neri, ribelli ad ogni acconciatura, che ne copriva la fronte rotondeggiante, e cadendo sulle spalle ne contornava il viso, e raddoppiava la vivacità degli occhi pieni di furba malizia e di giovanile cattiveria; la bocca appena ritornata vermiglia, era sottile nelle labbra, e larga nell'apertura: i lineamenti di questo ragazzino di otto anni, dimostravano un'età almeno di dodici.»

  • Benedetto alias Andrea Cavalcanti — Figlio illegittimo di Villefort ed Hermine Danglars, salvato da sicura morte da Bertuccio, viene cresciuto dal còrso e da sua cognata Assunta. Malvagio e avido fin da piccolo, assieme a due compagni tortura la madre adottiva per ottenere del denaro: nella confusione la casa prende fuoco, i tre giovani fuggono con i soldi, lasciando morire la donna tra le fiamme. Conduce una vita criminale, finché non si ritrova in cella (nella prigione di Tolone) assieme a Gaspard Caderousse: grazie all'intervento di Lord Wilmore/Edmond Dantès i due fuggono. Benedetto ritorna a Parigi sotto il nome di Andrea Cavalcanti: crede che il suo vero padre sia il Conte di Montecristo, che quest'ultimo lo abbia fatto riconoscere dal maggiore Cavalcanti e che lo mantenga. In questo periodo conosce Eugenie Danglars e instaura buoni rapporti con il padre di lei, riuscendo a convincerlo a dargli in sposa la figlia; è lo stesso Conte di Montecristo a elogiare le ricchezze e la nobile discendenza del Conte (in seguito chiamato anche "principe") Andrea. Nel frattempo Caderousse lo scopre e lo ricatta; l'ex compagno di cella però non si accontenta e si fa descrivere la villa di Montecristo per poterla svaligiare. Andrea/Benedetto allora manda un messaggio anonimo al Conte per avvisarlo: la sera del furto si apposta fuori dalla casa e, quando Caderousse esce, risparmiato da Edmond, lo pugnala a morte. Il giorno del suo matrimonio con Eugenie Danglars i gendarmi vengono a prenderlo per arrestarlo: la sua fuga dura un solo giorno. In prigione Bertuccio gli svela l'identità del vero padre (Gérard de Villefort), che lui riferisce pubblicamente durante il processo, scioccando il procuratore.

La famiglia Morrel e dipendenti

  • Pierre Morrel — Armatore della nave Pharaon su cui lavorava Edmond all'inizio del romanzo. Uomo d'affari onesto, si fida di Edmond e gli propone di diventare capitano della nave. Dopo che Edmond viene arrestato, cerca in tutti i modi di aiutarlo, ma, essendo il protagonista accusato di bonapartismo, la cosa diventa impossibile. Negli anni dal 1825 e 1830 subisce gravi perdite e solo grazie a Sinbad il Marinaio (ovvero Edmond Dantès) risolleva i suoi affari.
  • Maximilien Morrel — Figlio di Pierre, capitano nel reggimento degli Spahis e ufficiale della Legion d'Onore. Maximilien conosce il Conte di Montecristo a Parigi, in occasione di una colazione a casa di un amico comune, Albert de Morcerf. Riconoscendo in lui l'onestà del suo antico armatore, il Conte gli si affeziona come fosse suo figlio. Il cuore del giovane Morrel arde per Valentine de Villefort, la quale lo ricambia, ma i due devono incontrarsi in segreto, essendo la giovane promessa a Franz d'Epinay. Quando Valentine muore, almeno così crede, cade nella disperazione e decide di uccidersi: il Conte (di cui si fidava ciecamente) però lo fa desistere dal proposito, promettendogli di aiutarlo se accetterà di ritardare di un mese la propria fine. Alla scadenza del periodo prefissato, sull'isola di Montecristo, Edmond gli fa incontrare l'amata Valentine, che adesso potrà sposare.
  • Julie Herbault — Figlia di Pierre, sposata con Emmanuel Herbault.
  • Emmanuel Herbault — Marito di Julie, ha lavorato per lungo tempo alla Morrel & Figlio come contabile: è genero di Pierre e cognato di Maximilien.
  • Coclite — Fedele e scrupoloso commesso della casa Morrel e Figlio.

I marchesi di Saint-Méran

  • Marchesi di Saint-Méran — Genitori di Renata, fedeli monarchici, avversi ai bonapartisti e non disposti a mischiare la loro nobiltà con persone di classe sociale diversa dalla loro. Danno in sposa la figlia Renata a Gérard de Villefort, e poi cercano di maritare la nipote Valentine, loro unica erede, con il nobile barone Franz d'Epinay. Entrambi i marchesi vengono avvelenati a morte dalla signora Villefort, per rendere Valentine unica erede del patrimonio.
  • Renata di Saint-Méran — Figlia ed unica erede dei marchesi di Saint-Méran, sposa Gérard de Villefort: il matrimonio è coronato dalla nascita di Valentine, ma qualche anno dopo Renata muore.

Altri personaggi importanti

  • FariaScienziato italiano, in giovinezza fu precettore dei figli del Conte Spada, grazie al quale venne a conoscenza dell'immenso tesoro di famiglia. Mentre è imprigionato nel Castello d'If, nel tentativo di scavare un tunnel che, secondo i piani, doveva condurlo fuori dal castello, sbuca invece nella cella di Edmond Dantès, con il quale stringe amicizia. Diventato come un padre per Edmond, insegna al giovane le lingue e le scienze, e gli rivela il suo tesoro nascosto sull'isola di Montecristo. Muore in prigione colpito da un letale attacco apoplettico. Edmond riesce a fuggire di galera sostituendosi al suo cadavere.
  • Luigi VampaBandito italiano e amico del Conte di Montecristo, aiuterà quest'ultimo nel suo piano di vendetta.
    Nato da una famiglia di pastori, ben presto mette in evidenza un'intelligenza fuori dal comune, ed il conte della zona si prende cura di lui insegnandogli a leggere e a scrivere. Comincia inoltre ad intagliare piccoli oggetti destinati ai venditori di giocattoli; con il ricavato compra regali alla sua cara amica, la contadina Teresa, la sola che riesce a tenere a bada lo spirito ardente e burbero del giovane. A soli diciassette anni Luigi Vampa aveva fama di essere il più bravo contadino dei dintorni, oltre che un eccellente tiratore con il suo fucile. Nel medesimo periodo una banda di briganti si nascondeva sui monti vicini, guidata dal celebre Cucumetto, tanto audace quanto brutale; un giorno, mentre erano soli, Teresa e Luigi salvano la vita al capobandito, nascondendolo ai gendarmi. Un giorno Vampa incontra Sinbad il marinaio (Edmond Dantès) che, persa la strada, lo ferma per chiedergli indicazioni. Tornato dove aveva lasciato Teresa, Vampa vede che è stata rapita: scorto il rapitore, lo uccide con un colpo di fucile; egli era Cucumetto, che si era invaghito della giovane la prima volta che l'aveva vista. A quel punto Vampa prende con sé Teresa e si unisce ai banditi, facendosi eleggere loro capitano: il brigantaggio permetterà a Luigi di garantire a Teresa, invidiosa della bella vita della nobiltà della zona, una vita lussuosa, seppur pericolosa. Il Conte di Montecristo ha occasione di aiutarlo in diverse situazioni, e questo gli permette di avere una sincera riconoscenza da parte del bandito, che gli si mette a completa disposizione. Durante il carnevale romano, rapisce Albert de Morcerf, ma quando scopre che era amico del Conte, lo libera immediatamente. Analogamente rapisce, questa volta su ordine di Montecristo, il banchiere Danglars, quando questi si reca a Roma per riscuotere il credito, e lo libera solo quando il piano di vendetta di Edmond si conclude.

«[...] è un bandito, vicino al quale i Decesaris e i Gasperoni sono specie di chierichetti

  • Gaspard CaderousseSarto e vicino di casa del padre di Edmond, partecipa - da ubriaco - al piano per incastrare Dantès. Dopo aver fallito come sarto, gestisce un albergo a Ponte di Gard e collabora con dei contrabbandieri. Caderousse è il primo, fra i vecchi "conoscenti" di Dantès, ad essere rintracciato e ricontattato dal giovane marinaio dopo la fuga dalla prigione, e lo fa presentandoglisi sotto le mentite spoglie dell'abate Busoni. L'abate gli racconta come sia stato mandato dal giovane Dantès (essendo stato il suo confessore prima della prematura "morte") con l'incarico di scoprire la verità sulla sua ingiusta incarcerazione, e per dividere il valore di un enorme diamante da cinquantamila franchi (che aveva con sé) tra le uniche persone che lo avevano sinceramente amato: il padre, la fidanzata e i suoi tre migliori amici (Danglars, Fernand e lo stesso Caderousse). Il vecchio Gaspard, allora, inizia a raccontare come andarono veramente le cose all'epoca dell'arresto di Dantès, raccontando anche quello che fecero e riuscirono a diventare quelle persone "care" al marinaio, sottolineando come solo lui sia stato veramente amico di Edmond e, di certo, l'unico ad avere bisogno del diamante (essendo gli altri diventati molto ricchi). L'abate/Dantès, allora, decide di consegnare il diamante interamente a Caderousse. Ma la cupidigia di questo e della moglie Carconta è insaziabile e porterà all'omicidio del gioielliere a cui avevano venduto la gemma, in modo da tenere per sé non solo il denaro corrispondente al valore del diamante, ma conservando pure la pietra preziosa. Arrestato parecchio tempo dopo, Caderousse viene rinchiuso in galera per complicità con la moglie, riconosciuta come colpevole materiale dell'omicidio. Liberato da Lord Wilmore (Edmond), che voleva far evadere il suo compagno di cella, Benedetto (figlio di Gérard de Villefort e della signora Danglars), Caderousse diventa un criminale. A Parigi ritrova Benedetto, che all'epoca si faceva chiamare Andrea Cavalcanti, e lo ricatta in cambio del suo silenzio: ma i soldi ben presto non gli sono più sufficienti, così decide di compiere una rapina nella villa del Conte di Montecristo. Dantès viene però avvertito da Andrea (tramite un biglietto "anonimo"); così, travestito da abate Busoni, lo coglie in flagrante per poi lasciarlo andare, sapendo che fuori c'è Benedetto che lo aspetta. Poco dopo, infatti, i gridi di Caderousse, pugnalato a morte dall'ex compagno di cella, richiamano Edmond: durante l'agonia Dantès riesce a fargli firmare la denuncia contro Benedetto e, rivelatosi a lui come Edmond Dantès, ne ottiene il sincero pentimento.
    Questo personaggio è differente dagli altri autori della congiura, perché ha partecipato ad essa senza volerlo (era ubriaco), ma è troppo vigliacco (in quanto coinvolto, seppur involontariamente) per raccontare la verità. Edmond gli darà più volte la possibilità di redimersi dai suoi peccati, ma egli, mal consigliato e trascinato dalla cupidigia, dalla pigrizia e dall'orgoglio, continua a compiere malefatte.

«[...] alto, secco e nerboruto, vero tipo meridionale, cogli occhi infossati e vivaci, col naso a becco d'aquila e i denti bianchi come quelli di un animale carnivoro.»

  • Louis Dantès — Padre di Edmond, è molto affezionato al figlio. Durante la prigionia di Edmond rimane senza soldi, ma l'orgoglio lo costringe a lasciarsi morire di fame piuttosto che chiedere aiuto e denunciare così la sua indigenza.
  • Barone Franz Quesnel d'Epinay — Figlio del generale d'Epinay (ucciso in duello nel 1815 da Noirtier de Villefort), è grande amico di Albert de Morcerf. Conosce Dantès, sotto l'identità di Sinbad il marinaio, durante una sosta all'isola di Montecristo, poi lo ritrova durante i festeggiamenti del carnevale a Roma, assieme ad Albert. Promesso sposo, anche se non innamorato, di Valentine de Villefort, il suo matrimonio salta quando Noirtier, nonno della giovane, gli svela di essere stato lui ad uccidere il padre.

Personaggi minori

  • Lucien Debray — Segretario del Ministro degli Interni. Amico di Albert de Morcerf, confidente e amante della signora Danglars. Debray è inoltre in affari con la signora Danglars: questa, infatti, incomincia ad investire (dietro suggerimento di Lucien) parte del denaro del marito, ottenendo ottimi rendimenti da spartire con il suo amante. Così, Debray diventa milionario, mentre la signora Danglars può vivere agiatamente nonostante la bancarotta e l'annessa fuga del marito.
  • BeauchampGiornalista amico di Albert de Morcerf: scopre per primo il segreto di Fernand Mondego e del suo tradimento del pascià Alì-Tebelen, ma non diffonde la notizia in nome dell'amicizia con Albert.
  • Barone de Château-Renaud — Altro amico di Albert de Morcerf: Maximilien Morrel gli salvò la vita in Africa.

Capitoli

Evita il testo nascosto nelle voci# L'arrivo a Marsiglia

  1. Padre e figlio
  2. I Catalani
  3. Il complotto
  4. Il pranzo di fidanzamento
  5. Il sostituto del Procuratore del Re
  6. L'interrogatorio
  7. Il Castello d'If
  8. La sera del fidanzamento
  9. Il gabinetto delle Tuileries
  10. Il lupo di Corsica
  11. Padre e figlio
  12. I cento giorni
  13. I due prigionieri
  14. Il numero 34 e il numero 27
  15. Lo scienziato
  16. La cella dello scienziato
  17. Il tesoro
  18. Il terzo attacco
  19. Il cimitero del Castello d'If
  20. L'isola di Tiboulen
  21. I contrabbandieri
  22. L'isola di Montecristo
  23. L'abbagliamento
  24. Lo sconosciuto
  25. L'albergo del Ponte di Gard
  26. Il racconto
  27. I registri delle prigioni
  28. La casa Morrel
  29. Il 5 settembre
  30. L'Italia e Sinbad il marinaio
  31. Risveglio
  32. I briganti
  33. Le apparizioni
  34. Il patibolo
  35. Il carnevale di Roma
  36. Le catacombe di S. Sebastiano
  37. Il convegno
  38. La colazione
  39. La presentazione
  40. Bertuccio
  41. La casa di Auteil
  42. La vendetta
  43. Pioggia di sangue
  44. Il credito illimitato
  45. La pariglia grigio-pomellata
  46. Ideologia
  47. Haydée
  48. La famiglia Morrel
  49. Piramo e Tisbe
  50. Tossicologia
  51. Roberto il Diavolo
  52. Rialzo e ribasso dei fondi
  53. Il maggiore Cavalcanti
  54. Andrea Cavalcanti
  55. Il recinto di trifoglio
  56. Il signor Noirtier Villefort
  57. Il testamento
  58. Il telegrafo
  59. Mezzo di liberare un giardiniere dai ghiri che gli mangiano le pesche
  60. I fantasmi
  61. Il pranzo
  62. Il mendico
  63. Scena coniugale
  64. Disegni di matrimonio
  65. L'ufficio del Procuratore del Re
  66. Un ballo in estate
  67. Le informazioni
  68. La festa del ballo
  69. Il pane e il sale
  70. La signora di Saint-Méran
  71. La promessa
  72. La tomba della famiglia Villefort
  73. Processo verbale
  74. Progressi del signor Cavalcanti figlio
  75. Haydée
  76. Ci scrivono da Giannina
  77. La limonata
  78. L'accusa
  79. La stanza del fornaio in ritiro
  80. Rottura
  81. Giustizia di Dio
  82. Beauchamp
  83. Viaggio
  84. Il giudizio
  85. La sfida
  86. L'insulto
  87. La notte
  88. L'incontro
  89. Madre e figlio
  90. Suicidio
  91. Valentina
  92. Confessione
  93. Padre e figlia
  94. Contratto di nozze
  95. La strada del Belgio
  96. L'osteria della Campana e della Bottiglia
  97. La legge
  98. L'apparizione
  99. Locusta
  100. Valentina
  101. Massimiliano
  102. La firma di Danglars
  103. Il cimitero Lachaise
  104. La separazione
  105. La fossa dei leoni
  106. Il giudice
  107. Le assise
  108. L'atto d'accusa
  109. L'espiazione
  110. La partenza
  111. La casa dei viali di Meillan
  112. Il passato
  113. Peppino
  114. La carta di Luigi Vampa
  115. Il perdono
  116. Il 5 ottobre


Tagli e censure

La traduzione italiana attualmente più diffusa de Il conte di Montecristo, ossia quella a opera di un tale «Emilio Franceschini», più volte pubblicata da Mondadori e BUR, presenta numerosi tagli e censure.

Questo succede, ad esempio, ogniqualvolta un personaggio venga paragonato a un dio. Così, nel capitolo 31 («L'Italia e Sinbad il marinaio»), Edmond Dantès non si presenta a Franz come le roi de la création («il re della creazione»), né poco più avanti, nel capitolo 33 («Banditi romani»), Luigi Vampa appare beau, fier et puissant comme un dieu («bello, fiero e potente come un dio»), bensì soltanto «bello, superbo e potente». Inoltre, nella traduzione di Franceschini, risultano mancare intere frasi o paragrafi. Si veda, ad esempio, il finale del succitato capitolo 31:

(FR)

«Alors ce fut une volupté sans trêve, un amour sans repos comme celui que promettait le Prophète à ses élus. Alors toutes ces bouches de pierre se firent vivantes, toutes ces poitrines se firent chaudes, au point que pour Franz, subissant pour la première fois l'empire du haschich, cet amour était presque une douleur, cette volupté presque une torture, lorsqu'il sentait passer sur sa bouche altérée les lèvres de ces statues, souples et froides comme les anneaux d'une couleuvre; mais plus ses bras tentaient de repousser cet amour inconnu, plus ses sens subissaient le charme de ce songe mystérieux, si bien qu'après une lutte pour laquelle on eût donné son âme, il s'abandonna sans réserve et finit par retomber haletant, brûlé de fatigue, épuisé de volupté, sous les baisers de ces maîtresses de marbre et sous les enchantements de ce rêve inouï.»

(IT)

«Allora, per Franz che subiva la prima volta l'effetto dell'hashish, fu una voluttà, un amore come quello che prometteva il Vecchio della Montagna ai suoi seguaci.»

Anche il finale del capitolo 40 («La presentazione») risulta incompleto, seppure in misura minore:

(FR)

««Décidément», dit-il, «les hommes ne sont pas égaux; il faudra que je prie mon père de développer ce théorème à la Chambre haute.»»

(IT)

««Davvero» disse, «gli uomini non sono tutti eguali.»»

Di portata decisamente maggiore è lo stravolgimento del capitolo 35, già a partire dal titolo: «La mazzolata» in francese, «Il patibolo» in italiano. La «mazzolat(ur)a» è un tipo di esecuzione pubblica molto cruenta, inflitta ai condannati a morte per mezzo di una mazza percossa sul cranio della vittima. Nell'edizione italiana, l'intera descrizione della mazzolata è sostituita da una più blanda impiccagione:

«I due aiutanti avevano portato a grande stento il paziente ai piedi della scala fatale. Il misero si dibatteva, si contorceva, e puntava i piedi, gettandosi con tutta la persona all'indietro. Uno di quei due tentò d'acquistare qualche vantaggio col salire alcuni scalini dalla sua parte, e tirarlo a sé mentre l'altro lo avrebbe sospinto all'insù. In quell'attimo il carnefice lo afferrò per la vita e lo sollevò da terra. Il misero, senza punto d'appoggio e tirato e sospinto, in un attimo fu sotto al laccio.»

Nel testo originale, la descrizione della mazzolata è molto più cruenta e giustifica la reazione di Franz – che si trova a cadere mezzo svenuto – al turpe spettacolo:

(FR)

«Les deux valets avaient porté le condamné sur l'échafaud, et là, malgré ses efforts, ses morsures, ses cris, ils l'avaient forcé de se mettre à genoux. Pendant ce temps, le bourreau s'était placé de côté et la masse en arrêt; alors, sur un signe, les deux aides s'écartèrent. Le condamné voulut se relever, mais avant qu'il en eût le temps, la masse s'abattit sur sa tempe gauche; on entendit un bruit sourd et mat, le patient tomba comme un bœuf, la face contre terre, puis d'un contre-coup, se retourna sur le dos. Alors le bourreau laissa tomber sa masse, tira le couteau de sa ceinture, d'un seul coup lui ouvrit la gorge et, montant aussitôt sur son ventre, se mit à le pétrir avec ses pieds. A chaque pression, un jet de sang s'élançait du cou du condamné.»

(IT)

«I due aiutanti avevano portato il condannato al patibolo e là, malgrado i suoi sforzi, i suoi morsi, le sue grida, lo avevano costretto a mettersi in ginocchio. Intanto il boia si era messo di lato con la mazza sollevata; poi a un suo cenno i due aiutanti si spostarono. Il condannato volle rialzarsi, ma prima di averne avuto il tempo la mazza si abbatté sulla sua tempia sinistra; si udì un rumore sordo e cupo, il condannato cadde come un bue con la faccia a terra e poi, per il contraccolpo, si rivoltò sulla schiena. Allora il boia lasciò cadere la mazza, prese il coltello dalla cintura e con un colpo solo lo sgozzò. Quindi salitogli sul ventre, si mise a pestarlo con i piedi. A ogni pressione un fiotto di sangue sprizzava dal collo del condannato.»

Significativo è inoltre il taglio che riguarda la spiegazione che Faria dà a Dantès circa i motivi della sua reclusione (capitolo 16 - «Lo scienziato»):

(FR)

«Moi? parce que j'ai rêvé en 1807 le projet que Napoléon a voulu réaliser En 1811; parce que, comme Machiavel, au milieu de tous ces principicales qui faisaient de l'Italie un nid de petits royaumes tyranniques et faibles, j'ai voulu un grand et seul empire, compact et fort: parce que j'ai cru trouver mon César Borgia dans un niais couronné qui a fait semblant de me comprendre pour me mieux trahir. C'était le projet d'Alexandre VI et de Clément VII; il échouera toujours, puisqu'ils l'ont entrepris inutilement et que Napoléon n'a pu l'achever; décidément l'Italie est maudite!»

(IT)

«Perché ho sognato nel 1807 il progetto che Napoleone ha tentato di realizzare nel 1811.»

La figura del traduttore Emilio Franceschini possiede tratti assai incerti. Il suo nome comparve per la prima volta in un'edizione degli Oscar Mondadori del 1984, in tutto simile ad un'anonima traduzione italiana dell'Ottocento pubblicata da Salani. Secondo la ricostruzione effettuata dall'editore Donzelli, Franceschini non sarebbe mai esistito e tale nome di fantasia sarebbe stato impiegato soltanto al fine di firmare la traduzione anonima, che resiste da ormai due secoli.[23]

Nel 2010 e nel 2011 sono state pubblicate due traduzioni (per la prima volta) integrali e senza censure del romanzo: una condotta da Gaia Panfili per Donzelli Editore, l'altra da Lanfranco Binni per Garzanti; entrambe sono state effettuate basandosi sulla edizione critica di Claude Schopp, autorevole studioso di Dumas, pubblicata dall'editore Robert Laffont nel 1993.

Curiosità

Note

  1. ^ Infatti, secondo una diffusa tradizione letteraria partita dalla Francia (in particolare dalla penna di Eugène de Mirecourt), mutuata in Italia e oggetto di una nota polemica fra Dumas e Francesco De Sanctis, il vero autore dell'opera sarebbe stato Pier Angelo Fiorentino. Cfr. B. Croce, Alessandro Dumas a Napoli, in Uomini e cose della vecchia Italia, s. II, Laterza, Bari 1927, specie pp. 360-362, che la ritenne comunque una leggenda, tenendo conto anche della congrua smentita dello scrittore francese. Il tema è ricordato da ultimo nell'articolo di L. Croci, La vera storia del Conte di Montecristo, in «Il Giornale» del 09 luglio 2010
  2. ^ Alexandre Dumas, Il conte di Montecristo, traduzione di Lanfranco Binni, Garzanti, Milano, 2011, p. 33.
  3. ^ Ivi, p. 78.
  4. ^ Ivi, p. 126.
  5. ^ Ivi, p. 144.
  6. ^ Ivi, pp. 187-8.
  7. ^ Ivi, p. 208.
  8. ^ Ivi, p. 233.
  9. ^ Ivi, p. 298.
  10. ^ Ivi, p. 300. Il passo in cui Edmond nomina la «Provvidenza» e «Dio vendicatore» è censurato nella maggioranza delle traduzioni italiane.
  11. ^ Ivi, p. 318. Anche in questo caso, il riferimento al «re del creato» è censurato in molte traduzioni.
  12. ^ Ivi, pp. 418-9.
  13. ^ Ivi, p. 558.
  14. ^ Ivi, pp. 892-3.
  15. ^ Ivi, p. 959.
  16. ^ Ivi, p. 973.
  17. ^ Ivi, p. 987.
  18. ^ Ivi, p. 1215.
  19. ^ Ivi, p. 1217.
  20. ^ Ivi, p. 1231.
  21. ^ Ivi, p. 1239.
  22. ^ Ivi, pp. 1280-1.
  23. ^ Mario Baudino, Il fantasma di Montecristo, in La Stampa, 24 giugno 2010. URL consultato il 26 aprile 2012.

Adattamenti cinematografici, televisivi e teatrali

Adattamento a fumetti statunitense del romanzo (Classic Comics n.3)

Edizioni

  • Alexandre Dumas, Il conte di Montecristo, I ed., Donzelli Editore, 2010. ISBN 88-6036-403-5

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