https://italianoascuola.unibo.it
Italiano a scuola, 3 (2021), pp. 491-494
ISSN 2704-8128
https://doi.org/10.6092/issn.2704-8128/13027
Recensione di Ilaria Fiorentini, Chiara Gianollo e
Nicola Grandi (a cura di), La classe plurilingue,
Bologna, Bononia University Press, 2020
ELEONORA ZUCCHINI
ELEONORA ZUCCHINI (eleonora.zucchini2@unibo.it) è dottoranda presso l’Università
di Bologna. I suoi interessi di ricerca riguardano l’italiano scritto in ambiente
scolastico e i fenomeni di ristandardizzazione della lingua italiana.
Il volume La classe plurilingue a cura di Ilaria Fiorentini, Chiara Gianollo
e Nicola Grandi ha l’obiettivo di fornire agli insegnanti delle scuole italiane
uno strumento per affrontare le sfide e cogliere le opportunità offerte dalla
presenza di allievi plurilingui.
A questo scopo, il volume offre a lettrici e lettori una descrizione, breve
ma dettagliata, delle lingue straniere più presenti nelle classi italiane. Inoltre
spiega, nell’introduzione dei curatori, perché essere consapevoli delle caratteristiche di base delle lingue che fanno parte del repertorio degli alunni
plurilingui è importante quando si progetta l’attività didattica. Questo è
certamente vero nel caso di alunni di recente immigrazione, che non hanno
avuto contatti con la lingua italiana durante l’infanzia e che hanno bisogno di
«interventi personalizzati e particolarmente consapevoli della lingua della
famiglia d’origine» (p. 10). È forse meno scontato quanto sia importante nel
caso degli alunni nati in Italia da genitori immigrati, che hanno frequentato
sin dai primi anni la scuola in lingua italiana. In questo caso, gli interventi
della scuola, volti a potenziare le competenze linguistiche in lingua italiana,
potranno coinvolgere tutta la classe, beneficiando anche coloro che
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condividono le stesse difficoltà degli alunni dai repertori plurilingui, anche se
per motivi differenti.
Il capitolo introduttivo al volume ci indica, inoltre, che i vantaggi di
valorizzare il plurilinguismo a scuola non si limitano a riguardare la sfera
della competenza linguistica in sé. La lingua d’origine, quella parlata dalla
propria famiglia, è una parte fondamentale della propria identità personale,
ed è per questo che il potenziamento della lingua italiana non deve avvenire a
suo discapito. Le lingue, perché siano mantenute, hanno bisogno di essere
riconosciute e di avere una funzione sociale e, in un ambiente in cui la lingua
predominante è l’italiano, rischiano di scomparire, portandosi via una parte
dell’identità personale di chi le parla. È sotto l’impulso delle Dieci tesi per
l’educazione linguistica democratica (GISCEL 1975) che la scuola si fa carico
del compito di valorizzare le origini culturali e linguistiche degli alunni.
Confrontare le lingue straniere presenti nel repertorio degli alunni con
l'italiano rappresenta un'occasione per spostare l'attenzione sulla lingua
italiana e costruire insieme ai bambini una grammatica che scaturisca
dall’osservazione del loro modo di parlare e scrivere. Oltre a ciò, a partire
dalle riflessioni sul repertorio “multiplo” degli alunni con origini straniere, i
bambini monolingui si renderanno conto a loro volta di non esserlo
veramente, ma di utilizzare un italiano diverso a seconda delle situazioni e di
sentire italiani diversi nelle diverse aree del paese.
In fine, i curatori ci suggeriscono che potrà essere interessante approfondire la storia e l’origine geografica delle lingue straniere presenti nella
classe plurilingue, in modo che la valorizzazione delle lingue stesse non sia
limitata all’ora di italiano. È per questo che gli autori delle descrizioni delle
lingue prese in esame offrono anche brevi excursus storico-geografici.
Il terzo paragrafo del capitolo 1 introduce alcuni principi che governano
l’apprendimento linguistico delle lingue seconde. È forse spontaneo credere
che la distanza fra la propria madre lingua e la lingua straniera che stiamo
imparando sia l'unico motivo per il quale l'apprendimento è facile o difficile,
rapido o lento. In realtà, le lingue sono uno strumento fatto per rispondere ai
nostri bisogni comunicativi ed è per questo che chi ne ha la necessità, ed è
quindi motivato ad imparare una lingua straniera, lo farà in maniera rapida.
L’impatto della prima lingua sul percorso di apprendimento è molto inferiore
rispetto al grado di motivazione e non è sempre detto che l’apprendimento di
una lingua simile alla propria sia più facile. Infatti, chi impara una lingua
simile alla propria trasferisce più facilmente strutture della propria L1
quando parla o scrive in lingua straniera, cosa che può rallentare il percorso
di apprendimento.
Tuttavia, non bisogna escludere del tutto la distanza strutturale fra due
lingue dall’insieme dei fattori che influiscono sull’apprendimento. È qui che la
lettura del volume La classe plurilingue ci aiuta a comprendere in che modo
essa ci permette di capire le difficoltà degli apprendenti. È basilare, in questo
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senso, il concetto di marcatezza, complesso ma illustrato in maniera chiara
dai curatori del volume. Le lingue del mondo presentano elementi linguistici
caratterizzati da diversi gradi di marcatezza: gli elementi con più morfemi
sono più marcati dal punto di vista strutturale rispetto a quelli con meno
morfemi; gli elementi con una flessione più regolare sono meno marcati dal
punto di vista flessivo; gli elementi che si possono trovare in più contesti
sono meno marcati dal punto di vista distribuzionale. In generale, i tratti
meno marcati sono più frequenti e spesso vengono imparati per primi dagli
apprendenti, che tendono a sovraestenderli.
Il concetto di marcatezza può essere anche relativo: due lingue diverse
possono esprimere la stessa categoria grammaticale in maniera più o meno
marcata. È qui che è importante conoscere la struttura della lingua d’origine
degli apprendenti, e le differenze con l’italiano, per predire e spiegare le loro
difficoltà. Per i parlanti di una lingua sarà più complesso apprendere le categorie grammaticali che la lingua straniera esprime in maniera più marcata
rispetto a quanto fa la propria madrelingua.
È a questo proposito che i capitoli successivi del volume possono essere
di supporto agli insegnanti di classi plurilingui quando si progettano
interventi di potenziamento. Tuttavia, è fondamentale anche saper applicare
il concetto di marcatezza alla lingua italiana.
I capitoli da 2 a 17 del volume, come già anticipato, forniscono al lettore
una descrizione sintetica ma dettagliata delle lingue madri della maggioranza
degli alunni plurilingui che frequentano scuole italiane. Oltre alle descrizioni,
i lettori potranno usufruire di materiali didattici disponibili sul sito
dell’editore e approfondire ulteriormente i temi trattati grazie alle
indicazioni bibliografiche presenti alla fine di ciascun capitolo.
Le lingue prese in considerazione sono il rumeno, l’albanese, le lingue
slave, la lingua romanì, le lingue parlate in India (in particolare, urdu e tamil),
il tagalog, il cinese, l’arabo, l’amarico, il somalo, le lingue dell’Africa subsahariana (fra cui le varietà di francese e inglese) e lo spagnolo dell’America
Latina.
Le descrizioni delle lingue sopraelencate offrono a lettori e lettrici una
conoscenza di base del loro funzionamento, adatta agli obiettivi del volume:
comprendere la causa delle difficoltà degli allievi plurilingui e progettare
interventi didattici. Le descrizioni sono esaustive, perché vengono toccati
tutti gli aspetti delle lingue in questione: fonetica, morfosintassi, lessico,
sistema di scrittura e linguaggio del corpo. Inoltre, gli autori si soffermano in
maniera particolare sui punti di maggiore distanza con la lingua italiana,
evidenziandoli in maniera esplicita. Il linguaggio impiegato dagli autori dei
capitoli dedicati alle diverse lingue è chiaro, privo di eccessivi tecnicismi che,
quando presenti, vengono chiariti. Ciò permette di raggiungere lo scopo che i
curatori si propongono sin dalle prime pagine: fare in modo che il libro sia
uno strumento utile non solo per i docenti di italiano, o di lingue straniere,
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ma anche per gli insegnanti di storia, geografia, scienze, matematica, perché
la valorizzazione del plurilinguismo possa avere luogo anche nelle loro ore.
Come ho già sottolineato, i capitoli dedicati alle singole lingue o gruppi di
lingue contengono anche brevi excursus storico-geografici che trattano
dell’origine delle lingue, della loro posizione all’interno delle rispettive
famiglie linguistiche e della loro diffusione sul territorio. Questo è a mio
parere particolarmente significativo, forse quanto la descrizione delle caratteristiche linguistiche in sé per sé. Infatti, conoscere almeno superficialmente
la cultura di origine degli allievi plurilingui aiuterà gli insegnanti a comprendere alcuni modi di fare degli alunni stessi e delle loro famiglie.
L’integrazione nella società d’arrivo, in questo caso nella società italiana, non
passa infatti solamente attraverso la comunicazione verbale, ma anche
attraverso gli usi e il modo di vedere la realtà. Conoscere la cultura di origine
permetterà agli insegnanti di accogliere nel migliore dei modi gli alunni con
retroterra differenti. Inoltre, conoscere la composizione culturale e
linguistica dei paesi d’origine può essere un arricchimento per chi appartiene
a una realtà come l’Italia, in cui, nonostante i diversi dialetti regionali e le
diverse lingue minoritarie, la lingua veicolare è una sola. Infatti, in altre
situazioni, lingua e confini nazionali non coincidono in maniera altrettanto
precisa.
In conclusione, credo che il volume La classe plurilingue sia uno
strumento efficace per rispondere alle sfide poste dal plurilinguismo nelle
classi italiane, oltre che una lettura piacevole e arricchente. È per questo che
credo che il pubblico a cui è rivolto possa andare anche al di là dei docenti di
scuola, e interessare anche molte altre figure professionale che hanno a che
fare quotidianamente con la società multiculturale che caratterizza il nostro
paese.
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