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A. Rocco, La tomba del martire Novaziano a Roma, VETERA CHRISTIANORUM 2008, vol. 45, pp. 323-341

Vetera Christianorum 45, 2008, 149-167 Anita ROCCO La tomba del martire Novaziano In un cimitero ipogeo anonimo al I miglio della via Tiburtina a Roma 1 si conserva la tomba, più volte decorata nel corso del tempo e successivamente aperta e svuotata 2, di un martire ignoto alle fonti agiografiche e topografiche antiche, 1 F. Fornari, Stagione degli scavi 1926-27. Relazione su esplorazioni diverse. Via Tiburtina, Rivista di Archeologia Cristiana, 3, 1927, 31-42; F. Fornari, Relazione circa una nuova regione cimiteriale a S. Lorenzo, Rivista di Archeologia Cristiana, 5, 1929, 179-239; E. Josi, Cimitero alla sinistra della via Tiburtina al viale Regina Margherita, Rivista di Archeologia Cristiana, 10, 1933, 187-233; E. Josi, Cimitero alla sinistra della via Tiburtina al viale Regina Margherita. II, Rivista di Archeologia Cristiana, 11, 1934, 7-47, 203-247; E. Josi, Le più notevoli scoperte avvenute in questi ultimi anni nelle catacombe romane, Atti del III Congresso Internazionale di Archeologia Cristiana (Ravenna, 25-30 settembre 1932), Roma 1934, 311-312; E. Josi, Relazione delle adunanze della Società dei cultori di archeologia cristiana: adunanza dell’11 marzo 1934, Rivista di Archeologia Cristiana, 12, 1935, 173; P. Styger Die römischen Katakomben, Berlin 1933, 189-195; P. Styger, Römische Märtyrergrüfte, I, Berlin 1935, 194-198, A. Ferrua, Novatiano beatissimo martyri, La Civiltà Cattolica, 95, 1944, 232-239; U.M. Fasola, P. Testini, I cimiteri cristiani, Atti del IX Congresso Internazionale di Archeologia Cristiana (Roma, 21-27 settembre 1975), I, Città del Vaticano 1978, 109-110 e U.M. Fasola, Introduzione alla discussione, Atti del IX Congresso Internazionale di Archeologia Cristiana (Roma, 21-27 settembre 1975), I, Città del Vaticano 1978, 190-194; A. Rocco, La più antica regione della catacomba di Novaziano: problemi storici e topografici, in V. Fiocchi Nicolai, J. Guyon (cur.), Origine delle catacombe romane. Atti della giornata tematica dei Seminari di Archeologia Cristiana (Roma - 21 marzo 2005), Città del Vaticano 2006, 215-236. Brevi riferimenti alla catacomba anche in G. de Angelis D’Ossat, La geologia e le catacombe romane, I, Roma 1930, 157-160; O. Marucchi, Le catacombe romane (opera postuma a cura di E. Josi), Roma 1932, 688; G.P. Kirsch, Le catacombe romane, Roma 1933, 132-135; L.C. Mohlberg, Osservazioni storico-critiche sulla iscrizione tombale di Novaziano, Ephemerides Liturgicae , 51, 1937, 242-249; C. Cecchelli, Monumenti cristiano-eretici di Roma, Roma 1944, 157-162; F. Fornari, V. Santa Maria Scrinari, Le catacombe di Novaziano e la necropoli romana, Roma 1973; A.P. Frutaz, s.v. “Novaziano, cimitero detto di”, Enciclopedia Cattolica, VIII, Città del Vaticano 1952, 1974-1976. Le sigle delle gallerie sono tratte dalla pianta pubblicata in Inscriptiones christiane urbis Romae septimo saeculo antiquiores. Nova series, IX, edd. A. Silvagni, A. Ferrua, D. Mazzoleni, C. Carletti, Romae, In Civitate Vaticana 1922, VII, 480. Agli ambienti non numerati da Ferrua perché privi di iscrizioni sono state assegnate nuove sigle rispettando il criterio da lui adottato di divisione in tre regioni denominate da Ovest ad Est 150 ANITA ROCCO Fig. 1 - Iscrizione posta da Gaudentius al martire Novaziano (archivio PCAS). il cui nome è registrato in un’iscrizione dipinta a minio sulla fronte: Novatiano beatissimo/ marturi Gaudentius diac(onus)/ fec[it] (fig. 1) 3. 1. Il monumento contenitore Il cimitero si impianta in un’area del suburbio romano connotata in senso funerario sin dal II secolo a.C. 4. I dati archeologici non consentono di stabilire se nell’immediato sopratterra dell’insediamento funerario esistesse un sepolcreto subdiale ad esso legato. Le dimensioni e la forma dello spazio occupato nel sottosuolo dall’area primitiva si possono, tuttavia, ricondurre ad un possedimento sub divo a partire del quale, poco prima della metà del III secolo 5, è stata avviata l’escavazione dell’insediamento ipogeo, con la realizzazione di un impianto di gallerie disposte ‘a spina di pesce’ (Zweigsystem) a partire dalla matrice N, perpendicolare alla galleria con la scala di accesso, la cui estensione si presenta noO, N ed M: si tratta dei cubicoli Oa ed Mc e delle gallerie O11-012, N11-N12, M19-M25, nonché della scala di accesso al I piano Ms. 2 Sulla scoperta Josi, Cimitero I cit., 216-217. 3 ICUR VII, 20334. 4 Fornari, Santa Maria Scrinari, Le catacombe di Novaziano cit.; V. Santa Maria Scrinari, Il mausoleo romano dell’Istituto di Medicina Legale su viale Regina Elena, Romana Gens, 78, 1989, 23-25. 5 L’origine dell’insediamento funerario può essere fissata all’incirca nel ventennio tra il 230 ed il 250, grazie alla presenza di saldi elementi di datazione. In particolare cinque iscrizioni datate in situ, tre delle quali del 266 che si leggono sui loculi delle gallerie N4, O3 ed O, e due del 270, sui loculi delle gallerie N3 ed O3 (rispettivamente ICUR VII, 20335 nella galleria N4, 20336 nella O3 e 20337 nella O, 20338 nella N3, 20339 nella O3). Anche il rinvenimento di monete ancora a posto nelle gallerie O, M ed M4 sembra confermare questa datazione. Rispettivamente una moneta di Severina Augusta, moglie di Aureliano (270-275) (Josi, Cimitero I cit., 223), una di Probo (276-282) ed un medaglione di Alessandro Severo (222-235). Fuori posto è stato rinvenuto un bronzo di Numeriano (283-284) (Fornari, Relazione circa una nuova regione cit., 206, 222, 211 rispettivamente). LA TOMBA DEL MARTIRE NOVAZIANO 151 Fig. 2 - Planimetria della catacomba di Novaziano con ricostruzione dell’evoluzione del nucleo più antico (PCAS-Ufficio Tecnico-Anno 1987, rilievo n. 24, tav. n. 4, modificata). tevole sin da principio 6. Ad un momento immediatamente successivo, sempre nell’ambito del III secolo, si può fissare lo scavo di una prima espansione che riproduce l’impianto ‘a spina di pesce’ a partire dalla galleria M (fig. 2). L’altezza delle gallerie più antiche fa ipotizzare che si sia tentato di approfondire il loro suolo. Tuttavia, la risalita continua di acqua dalla falda acquifera sotterranea rende necessario lo scavo di nuove gallerie in zone asciutte e il riporto della terra asportata negli ambulacri della zona antica centrale per isolare lo strato fangoso. Numerosi indizi fanno propendere per una datazione degli ampliamenti a partire dal periodo successivo alla pace della Chiesa 7. In questa fase il cimitero Un calcolo approssimativo delle sepolture accolte nell’area primitiva consente di ricostruire la presenza di circa un migliaio di inumazioni. È dunque innegabile che il cimitero sia stato progettato per accogliere i membri di una comunità di discreta consistenza: del resto nessuna delle strutture della catacomba, in special modo per la prima fase, può essere ricondotta ad un insediamento funerario di tipo familiare. In questo caso non trova quindi conferma la teoria di E. Rebillard il quale, mettendo in dubbio che i cimiteri ipogei nascano per iniziativa dell’autorità ecclesiastica al fine di ospitare gli appartenenti alla comunità cristiana, ritiene che essi abbiano sistematicamente origine da nuclei privati familiari. E. Rebillard, L’Église de Rome et le développement des catacombes. À propos de l’origine des cimitière chrétiens, Melanges Ecole francaise de Rome, 109, 1997, 741-763; E. Rebillard, Religione et sépulture. L’Église, les vivants et les morts dans l’Antiquité tardive, Paris 2003, 11-24. 7 Elementi di datazione per gli ampliamenti sono fornita dal gruppo omogeneo di sarcofagi conservati nel cubicolo Ma e datati al primo terzo del IV secolo (F.W. Deichmann, G. Bovini, H. Brandenburg, Repertorium der christlich-antiken Sarkophage. Erster Band. Rom und Ostia, Wiesbaden 1967, nn. 662-668, taff. 100-101); dalla presenza in situ nel cubicolo Mb dell’iscrizione 6 152 ANITA ROCCO si espande probabilmente fino ad occupare anche il piano superiore, al quale si accede tramite la scala Ms, ormai completamente perduto, ma le cui caratteristiche sembrano assimilabili a quelle delle nuove gallerie. Dal nuovo piano di calpestio raggiunto ormai ovunque nascono altri ambulacri i cui acFig. 3 - Acquerello ricostruttivo della tomba del martire Nocessi, dopo l’asportazione vaziano (Styger, Römischen Märtyrergrüfte cit., taf. VIII). degli interri durante gli scavi moderni, sono rimasti impraticabili perché troppo alti 8. 2. La sepoltura martiriale La sepoltura si apre nella parete settentrionale della galleria N5, a poco meno di un metro dall’incrocio con la galleria matrice N, in un punto centrale dell’area più antica e regolare della catacomba. Essa si presenta come una cassa sormontata da un arco in muratura (fig. 3). Si deve a Josi la prima descrizione e l’inquadramento della tomba nel tipo ‘a mensa’ 9, ripreso da tutti gli studiosi successivi. L’analisi diretta delle strutture consente tuttavia di smentire questa interpretazione e di presentare una nuova ipotesi di scansione cronologica degli interventi di monumentalizzazione del sepolcro venerato (fig. 4-6). Nella sua fase più antica alla quale è possibile risalire, la tomba si presentava come una cassa parallelepipeda (cm 165 x 35 x 30 circa) tagliata nel tufo per tre lati e foderata all’interno da lastre marmoree, tuttora in situ solo sui due lati corti e sul fondo, allettate in uno strato di malta terrosa mista a frammenti di laterizi. Il lato lungo frontale della cassa è costituito da un parapetto in opera mista di tufelli e mattoni, rivestita da uno strato di intonaco bianco, sulla cui faccia a vista di Equitius datata al 321 o al 324 (ICUR VII, 20340) e nella parete est del tratto finale della galleria M10 di un’iscrizione ‘a nastro’, attribuita da Ferrua al 346 (ICUR VII, 20342). 8 Si tratta dei segmenti finali delle gallerie O2, O5, O6; dei piccoli ambulacri O4, O12, O13, N13, M13, M23 e del gruppo costituito dalle gallerie Y, Z, M6 e dal cubicolo Md. 9 Giornale di scavo (Archivio PCAS) III, 117; Josi, Cimitero I cit., 213-217. LA TOMBA DEL MARTIRE NOVAZIANO 153 Fig. 4 - Prospetto della tomba con indicazione delle fasi (dis. D. Lentini - A. Rocco - V. Acquafredda). 154 ANITA ROCCO Fig. 5 - Sezione longitudinale della tomba (dis. D. Lentini - A. Rocco - V. Acquafredda). una cornice, costituita da una fascia dipinta in rosso, delimita lo specchio epigrafico in cui è tracciata a pennello in rosso l’iscrizione dedicatoria di Gaudentius. Nella parte sottostante l’iscrizione, laddove finisce la muratura del parapetto e presumibilmente fino al piano di calpestio, era stesa un’intonacatura rossa, oggi visibile solo in parte, che con ogni probabilità rivestiva la parete di tufo. La cassa era sormontata da un arco (cm 160 x 110 circa) in muratura, anch’essa a ricorsi di tufelli e mattoni, di cui si conservano la parete di fondo e parte delle spallette laterali, con tracce evidenti dello strato di preparazione del rivestimento marmoreo, del quale sono state ritrovate alcune lastre nelle terre di riempimento 10. La muratura del parapetto si lega in più punti con la malta che costituisce lo strato di preparazione del rivestimento marmoreo della parte interna della cassa e con la muratura dell’arco, indicando chiaramente la contestualità della messa in opera (fig. 7). L’apparecchiatura muraria a ricorsi irregolari e irregolarmente alternati di tufelli e mattoni utilizzata nel parapetto e nella fodera del nicchione (fig. 8), è infatti identica, e trova confronti con altre strutture in muratura pre- Fig. 6 - Sezione trasversale della tomba (dis. D. Lentini - A. Rocco - V. Acquafredda). 10 Giornale di scavo cit., III, 117. LA TOMBA DEL MARTIRE NOVAZIANO Fig. 7 - Vista dall’alto della tomba, pianta del fondo e sezione longitudinale della cassa (foto A. Rocco - dis. D. Lentini - A. Rocco V. Acquafredda). Fig. 8 - Muratura dell’arco (foto A. Rocco). 155 156 ANITA ROCCO Fig. 9 - Dettagli di murature nella catacomba: a all’angolo tra la galleria N e la N3; b galleria M7; c cubicolo Ma (foto A. Rocco a, archivio PCAS b e c). senti nella catacomba, come gli arconi di rinforzo nella galleria M7 (fig. 9a) ed i muretti di delimitazione di alcune tombe terragne nel cubicolo Mb (fig. 9b), databili nel IV secolo avanzato. Un’opera muraria completamente diversa, a ricorsi regolari di mattoni, è visibile all’incrocio tra le gallerie N e N3, frutto di un intervento di restauro e di rinforzo delle pareti tufacee (fig. 9c). Dal momento che essa arriva fino al piano più antico di calpestio della galleria, si può agevolmente datare nell’ambito del III o al massimo degli inizi del IV secolo. La struttura così descritta non può, dunque, essere datata prima della seconda metà del IV secolo, quando si può ragionevolmente ipotizzare che sia stata progettata e realizzata per conto del diacono Gaudentius. Probabilmente contestualmente a questa sistemazione si apre uno stretto lucernario nella volta per illuminare la sepoltura. Quale fosse la situazione prima dell’intervento di Gaudenzio non è possibile ricostruirlo, né in positivo, se cioè esistesse già la tomba del martire in altre forme, né in negativo, ipotizzando la presenza di una semplice pila di loculi. L’assenza di strutture preesistenti non può essere dimostrata dai 100 cm circa di tufo privo di sepolture dall’angolo con la galleria N alla tomba di Novaziano 11 dal momento che anche nelle gallerie N3 ed N4, i loculi non partono immediatamente dopo l’incrocio, che, come è noto, è un punto staticamente compromesso ed in genere riservato a sepolture infantili. Per quanto riguarda lo spazio sottostante al parapetto in muratura, il fatto che esso sia completamente coperto dallo spesso strato di malta che si sovrappone all’intonacatura rossa, impedisce 11 Ferrua, Novatiano beatissimo cit., 236. LA TOMBA DEL MARTIRE NOVAZIANO 157 Fig. 10 - Rilievo e ricostruzione del prospetto del sepolcro di Gennaro nella spelunca magna della catacomba di Pretestato (Tolotti, Ricerca cit., figg. 25 e 29). di comprenderne la natura, anche se con ogni probabilità si tratta di una parete di tufo, e di stabilire se vi fossero o meno dei loculi rimasti poi nascosti 12. È difficile inquadrare la tomba, così descritta, in uno dei tipi comunemente usati negli insediamenti funerari ipogei romani. Essa appare una forma ibrida tra l’arcosolio, dal quale si distingue per le dimensioni ridotte della cassa, e la tomba ‘a mensa’, rispetto alla quale presenta uno sviluppo della nicchia significativamente anomalo. Tuttavia l’assetto dato da Gaudenzio potrebbe acquisire maggiore significato nel confronto con la sistemazione damasiana della tomba di Gennaro nella spelunca magna della catacomba di Pretestato (fig. 10). Già Ferrua ha messo in evidenza la dipendenza testuale dell’iscrizione fatta realizzare da Gaudenzio in onore di Novaziano con quella posta da Damaso in onore di Gennaro 13. Un forte elemento di distinzione è costituito dalla tecnica esecutiva scelta da Gaudenzio, la pittura in rosso su intonaco bianco, una tecnica del tutto particolare, che trova pochissimi confronti negli altri insediamenti romani e che vede nel cimitero della via Tiburtina un utilizzo intensivo, quasi sistematico. La scelta potrebbe es12 Un sondaggio praticato nel fondo della tomba da ignoti dimostra l’assenza di loculi per almeno un metro. 13 Ferrua, Novatiano beatissimo cit., 237. 158 ANITA ROCCO sere motivata da una volontà ‘conservatrice’ rispetto alle tradizioni artigianali del cimitero, ma non si può escludere che l’iscrizione abbia avuto una funzione temporanea, dal momento che la sua obliterazione, mediante l’apposizione successiva di una grande lastra marmorea, sembra essere avvenuta in tempi relativamente brevi. Anche dal punto di vista più strettamente monumentale si possono notare alcune affinità con l’intervento di Damaso sulla tomba di Gennaro. Quest’ultima è stata individuata da F. Tolotti in uno dei quattro loculi che si aprono in un pila della parete settentrionale della spelunca magna, pila che, a differenza delle altre presenti sullo stesso fianco, non viene obliterata dalla fodera muraria che monumentalizza gran parte della galleria 14. Il corpo del diacono Gennaro è sepolto molto probabilmente nel secondo loculo dal basso della pila, interessato da una sequenza di interventi monumentali. Già nella sua fase originaria questa sepoltura parietale presenta caratteristiche peculiari: il piano è ribassato e l’imboccatura è arretrata rispetto alla parete. La sistemazione damasiana comporta l’apertura nella fodera muraria che riveste tutta la parete della spelunca di un arco a tutto sesto, definito nel settore inferiore da un parapetto in muratura, strutturalmente legato all’arco. L’intera struttura doveva presentare un rivestimento marmoreo, di cui restano le tracce in negativo nello strato di malta 15. L’arco era inquadrato da colonne di porfido che dovevano sorreggere una trabeazione. Tutti gli spazi orizzontali erano chiusi: tra la lunetta dell’arco e la trabeazione probabilmente era infissa una lastra in marmo traforato; tra l’architrave e l’imboccatura del loculo venerato una lastra chiusa; in corrispondenza del loculo un’altra transenna per consentire di conservare la visibilità del sepolcro. La parte sottostante, che si configura quasi come un parapetto, doveva invece essere rivestita dall’iscrizione damasiana, che per la stringatezza del suo testo rappresenta un caso unico nel repertorio degli epitaffi composti dal papa, tanto da far supporre che accanto ad essa vi fosse una seconda lastra con un vero e proprio epigramma poi dispersa 16. Gli elementi in comune tra le due sistemazioni monumentali sono molteplici: l’arco in muratura, che rappresenta un caso unico tra gli interventi damasiani che di solito prevedono la creazione di pseudocibori; la presenza nella parte in14 Si ripropone la ricostruzione di F. Tolotti (Ricerca dei luoghi venerati nella Spelunca Magna di Pretestato, Rivista di Archeologia Cristiana, 56, 1977, 58-71). Vd. anche L. Spera, Il complesso di Pretestato sulla via Appia. Storia topografica e monumentale di un insediamento funerario paleocristiano nel suburbio di Roma, (Roma sotterranea cristiana 12), Città del Vaticano 2004, 192199. 15 Il rivestimento si estendeva anche per cm 160 ad ovest dell’arco e per cm 450 ad est. 16 Spera, Il complesso di Pretestato cit., 198, n. 1298. LA TOMBA DEL MARTIRE NOVAZIANO 159 feriore di un parapetto costituito da un blocco unico, e che presso la tomba di Novaziano sarà poi sostituito da una iscrizione marmorea nella stessa posizione di quella damasiana in onore del martire Gennaro; il rivestimento marmoreo e l’estendersi della monumentalizzazione anche al di fuori dello spazio occupato dalla sepoltura, in un caso con il rivestimento marmoreo, nell’altro con la stesura di intonaco. Innegabili sono però anche le differenze legate alla diversa disponibilità di spazi – si rammenta che la galleria in cui si apre la tomba di Novaziano è larga meno di un metro (cm 80 circa) – e ad una presumibile minore disponibilità di mezzi. Il fatto, poi, che in quest’ultima sistemazione, lo spazio compreso tra l’iscrizione dipinta e la sommità dell’arco sia aperto potrebbe dipendere dalla sistematica spoliazione degli elementi marmorei subìta dal monumento. Non si può escludere, come del resto non è possibile affermarlo con certezza, che in origine fossero presenti anche qui delle lastre traforate o altre sistemazioni simili. La tomba del martire Novaziano conosce in seguito altri interventi documentabili archeologicamente. Uno strato di malta si sovrappone all’intonaco della parte superiore del parapetto coprendo in parte la fascia rossa che costituisce la cornice dell’iscrizione, che viene ripresa e completata utilizzando una tonalità diversa di colore. Nella malta vengono infisse, senza ulteriore preparazione, delle tessere musive in pasta vitrea, in piccola parte ancora in situ, ma di cui rimangono per lo più impronte presso la bordura rossa superiore. L’intervento potrebbe legarsi alla sistemazione di una lastra posta a chiudere verticalmente il prospetto; oppure, potrebbe indicare che ad un certo punto la cassa sia stata aperta sollevando la lastra di chiusura in piano. Non molto tempo dopo, un ulteriore intervento porta all’obliterazione dell’iscrizione e della sottostante parte dipinta in rosso, mediante la stesura di uno spesso strato di malta di preparazione per l’alloggiamento di una lastra marmorea, che con ogni probabilità recava una nuova iscrizione dedicatoria. La lastra arrivava fino al piano di calpestio dove era inserita nella scanalatura di un elemento marmoreo, rinzeppato a destra con un parallelepipedo lapideo per raggiungere la lunghezza complessiva del parapetto. Secondo la testimonianza di Josi, in questo punto viene creata una ‘massicciata’, di cui non è stato possibile verificare l’esistenza, ma che si può ipotizzare fosse funzionale a fissare l’elemento marmoreo. Il piano in cui questa struttura è messa in opera è, con ogni probabilità, lo stesso della frequentazione al momento dell’intervento di Gaudenzio: infatti la cornice marmorea sembra essere stata incassata nel punto terminale del parapetto. Bisogna quindi ipotizzare che l’intervento sia avvenuto in una fase avanzata della vita della catacomba, quando era già avviato 160 ANITA ROCCO il processo di riempimento delle gallerie del nucleo centrale con terra di riporto proveniente dalle nuove regioni 17. L’individuazione del piano è agevolata tra l’altro dalla presenza della galleria N13, attualmente ‘sospesa’, nata come un vero e proprio retrosanctos accanto alla tomba del martire. A questa sistemazione appartiene anche la messa in opera di un pilastrino (cm 90 x 20 ca.) in pietra o marmo rivestito di intonaco bianco, poggiante in parte sull’elemento marmoreo scanalato in parte sulla zeppa, sulla cui sommità è installata una lastra in marmo ora rotta che probabilmente costituiva una piccola mensola. La sequenza di interventi di monumentalizzazione della tomba va collocata in un ambito cronologico molto ristretto tra la sistemazione di Gaudentius, da collocare verso la fine del IV secolo per l’evidente dipendenza dall’azione di Damaso presso la tomba di Gennaro, ed i primi decenni del V secolo, quando la catacomba, cessato lo sfruttamento funerario, è abbandonata, non prima di aver asportato i resti del martire Novaziano e gli elementi marmorei della decorazione del suo sepolcro. 3. L’identificazione del martire La scoperta di una sepoltura martiriale in un cimitero, sconosciuto agli antichi documenti topografici e liturgici, ha dato vita ad un vivace dibattito, la cosiddetta ‘questione novazianea’, sull’identificazione del martire con l’omonimo scismatico antipapa di Cornelio, proposta in prima istanza da P. Styger 18, alla quale si contrappone l’ipotesi avanzata dallo stesso scopritore E. Josi 19, che riconosce in Novaziano un martire della persecuzione dioclezianea della cui esistenza si conserva traccia nei latercoli del Martyrologium Hieronymianum del 27 e del 29 giugno 20. Rocco, La più antica regione cit., 226. Styger, Die römischen cit., 189-195 e Styger, Römischen Märtyrergrüfte cit., 194-198; Mohlberg, Osservazioni storico-critiche cit., 242-249; C. Cecchelli, Monumenti cristiano-eretici di Roma, Roma 1944, 157-162; Ferrua, Novatiano beatissimo cit., 232-239; A. Amore, I martiri di Roma, Roma 1975, 92-94; R. Giordani, Novatiano beatissimo marturi Gaudentius Diaconus fecit, contributo all’identificazione del martire Novaziano della catacomba anonima sulla via Tiburtina, Rivista di Archeologia Cristiana, 69, 1992, 233-258. 19 Josi, Cimitero I cit.; Josi, Le più notevoli scoperte cit., 311-312 e Josi, Relazione delle adunanze cit., 173; Kirsch, Le catacombe cit., 132-135; H. Delehaye, Contributions récentes à l’hagiographie de Rome et d’Afrique, Analecta Bollandiana, 54, 1936, 265-268. 20 Martyrologium Hieronymianum ad fidem codicum adiectis prolegomenis, ed. I.B. de RossiL. Duchesne = AA. SS. Nov. II, 1, Bruxellis 189 (= MH), 83-85; Commentarius perpetuus in Martyrologium Hyieronimianum, in Acta Sanctorum, Novembris, II, pars posterior, Bruxelles 1931, 338-342. 17 18 LA TOMBA DEL MARTIRE NOVAZIANO 161 La difficoltà di dirimere la querelle appare chiara già a H. Delehaye, che ritiene non ci siano argomenti sufficienti per confermare l’ipotesi della coincidenza tra il martire e lo scismatico e che entrambi i riferimenti a un martire Novaziano nel Martyrologium Hieronymianum siano a tal punto confusi, da non poter nemmeno essere collegati con certezza alla città di Roma 21. Le due notizie del Martyrologium Hieronymianum sono, infatti, molto problematiche: al 27 giugno (V kalendas iulias) un Novaziano compare in una lunga lista di martiri introdotta da un riferimento alla Spagna 22; al 29 giugno (III kalendas iulias) dopo aver ricordato il natale apostolorum Petri et Pauli, il codice Epternacense aggiunge ‘et aliorum martyrum DCCCCLXXVIIII item Romae Novatiani’, mentre il Bernense ed il Wissenburgense riportano ‘in eadem urbe Aurelia Sanctorum Nevatiani et aliorum DCCCCLXXVII’. Nel Commentarium perpetuum H. Delehaye spiega la divergenza nel numero dei martiri, 979 o 977, come un errore di copiatura da collegare alla notizia del 22 giugno che fa riferimento a due gruppi di 879 e 889 martiri di Antiochia o Alessandria 23. Mohlberg ritiene invece che i numeri 979 e 977 delle due lectiones possano nascondere una dipendenza letteraria diretta con la notizia del 27 giugno relativa alla sepoltura dei sette figli di Symphorosa al IX miglio della via Tiburtina. Originariamente, dunque, il riferimento a Novaziano doveva seguire quello a Symphorosa ed ai suoi figli, ai quali sarebbe accomunato dalla sepolura sulla medesima via consolare Tiburtina. Inoltre, secondo lo studioso tedesco, poiché Quentin ritiene che la notizia del 27 giugno facesse parte dell’archetipo del Martyrologium, si può datare il suo inserimento nel calendario romano agli inizi del IV secolo 24. Tra i rilievi mossi contro l’identificazione del martire con il presbitero romano che nel 251 in opposizione a Cornelio si fece consacrare vescovo di Roma dando vita al primo scisma storicamente accertato della Chiesa 25, vi è l’assenza Delehaye, Contributions récentes cit., 266-268. MH, 83: ‘Romae via Tiburtina miliario VIIII Crispi Cristiani Felicis Spinellae et septem germanorum. Cordobae in Spanis Criscentis Iuliani Remisi Prutiviae Iustinae Stattei Eugeni Novatiani Clementis Marcellini Felicis Venusti Zilli Marcelli Italicae Laeli Capitonis Tinni Tunachi et in insula Poa translatio corporis sancti Fiorenti’. 23 MH, 81; Commentarium, 343. 24 Mohlberg, Osservazioni storico-critiche cit., 244. 25 Notizie sulla vita di Novaziano in V. Loi, Novaziano. La trinità. Introduzione, testo critico, traduzione, commento, glossario e indici, Torino 1975, 4-13 e in M. Simonetti, s.v. “Novaziano, antipapa”, Enciclopedia dei Papi, I, Roma 2000, 273-278, ai quali si rimanda per la bibliografia precedente. 26 M. Simonetti, L’età antica, Enciclopedia dei Papi, I, Roma 2000, 15. 21 22 del titolo di episcopus dall’iscrizione di Gaudentius, prevedibile per il capo indiscusso di una comunità rigorista ed elitaria alternativa a quella ufficiale, universalista e popolare, di Callisto e Cornelio 26. La sua giustificazione, secondo Ferrua, va ricercata nella natura tipologica del titulus, non un vero e proprio epitaffio, ma un’iscrizione dedicatoria legata ai lavori di ristrutturazione ed abbellimento realizzati dal presbitero presso la tomba 27. Scarso credito ha riscontrato la ricostruzione del Mohlberg che giustifica la mancanza del titolo vescovile nell’iscrizione di Gaudentius, datata sulla scia di Delehaye al III secolo, con una riconciliazione di Novaziano con la Chiesa cattolica dopo la morte attraverso il martirio 28. Anche A. Amore ritiene possibile che Novaziano prima della morte si sia pentito e sia tornato in seno alla chiesa cattolica. L’ipotesi si basa su una originale interpretazione del carme damasiano in onore di Ippolito 29: Damaso, riferendo informazioni apprese da altri, avrebbe invertito i ruoli di Novaziano ed Ippolito sostenendo che il secondo fosse discepolo del primo e che durante una persecuzione sarebbe tornato alla comunità ufficiale. Questa interpretazione legittimerebbe anche il titolo di martyr, dal momento che la morte eroica sarebbe Ferrua, Novatiano beatissimo cit., 234. Mohlberg, Osservazioni storico-critiche cit., 247-249. Lo studioso per rafforzare l’ipotesi della identificazione tra il martire del cimitero romano e lo scismatico, sottolinea come i novazianisti non siano mai stati considerati veri e propri eretici, e per questo non dovrebbe essergli stato vietato il culto del loro fondatore. Del resto l’atteggiamento della Chiesa e dello Stato nei confronti degli scismatici, per tutto il IV secolo, è improntato alla tolleranza ed anche la documentazione storica, molto sfavorevole verso la persona di Novaziano, si mostra accomodante verso i suoi seguaci. Ulteriore testimonianza di questa temperie favorevole è, per Mohlberg, l’episodio che vede Simmaco rifugiarsi presso il capo della Chiesa novazianista Leonzio che ne ottiene la grazia presso Teodosio (Socr., h.e. 5,16). Il vescovo Leonzio potrebbe identificarsi secondo Mohlberg con il vescovo e martire Leo, citato nel Martyrologium Hieronymianum al 14 marzo, di cui si sarebbe conservata memoria sulla via Tiburtina (MH, 143) a sua volta da identificare con l’ottuagenario Leo a cui è dedicato un carme pseudodamasiano (Epigrammata Damasiana, (A. Ferrua cur), Città del Vaticano 1942 = ED, 67). All’iniziativa di Leontius/Leo si legherebbe, per il Mohlberg, la costruzione di una basilica in onore di Novaziano nel sopratterra del cimitero, identificata con un casale individuato da Fornari presso l’ingresso alla catacomba (Fornari, Relazione circa una nuova regione cit., 182-184). La costruzione della basilica andrebbe collocata tra il 326, anno dell’editto di Costantino che consente ai novazianisti di possedere chiese e cimiteri (Cod. Theod. 16,5), ed il 354, anno di composizione della Depositio martyrum che registra il furto delle reliquie di Silano dal cimitero di Massimo sulla via Salaria, che sarebbero state deposte proprio in questo luogo. Nella basilica poco dopo sarebbero state traslate anche le reliquie di Novaziano, come dimostrerebbe il fatto che la tomba è stata trovata aperta. 29 ED, 35: «Hippolytus fertur premerent cum iussa tyranni / presbyter in scisma semper mansisse Novati./ Tempore quo gladius secuit pia viscera matris, / devotus Christo peteret cum regna piorum,/ quaesisset populus ubinam procedere posset, / catholicam dixisse fidem sequerentur ut omnes / sic noster meruit confessus martyr ut esset / Haec audita refert Damasus probat omnia Christus». 27 28 LA TOMBA DEL MARTIRE NOVAZIANO 163 giunta dopo la riconciliazione con la Chiesa ufficiale. L’errore di Damaso sarebbe giustificato dalla distanza temporale dagli avvenimenti narrati, circa cento anni, dal ricorso ad una tradizione orale, e dalla vicinanza tra i sepolcri dei due protagonisti. Tuttavia la menzione di Novaziano nel carme damasiano può essere spiegata diversamente, ipotizzando il ritorno a Roma di Ippolito dall’esilio in Sardegna e la sua momentanea adesione allo scisma di Novaziano, dal quale si sarebbe allontanato per ritornare alla Chiesa ufficiale 30. Le notizie sulla vita di Novaziano dopo lo scisma sono scarse e poco attendibili, ma è opinione comunemente accettata che egli sia morto martire, mentre si trovava in esilio fuori Roma, intorno alla metà del 258, durante la persecuzione di Valeriano 31. Ferrua ritiene probabile che la traslazione del suo corpo nel cimitero della via Tiburtina sia avvenuta qualche anno più tardi, intorno al 260, alla fine della persecuzione. In quell’occasione la tomba sarebbe stata tagliata nella parete di tufo ancora intatta, con dimensioni ridotte e quindi adatte ad accogliere i resti di una traslazione 32. Secondo la ricostruzione di P. Styger, invece, nella galleria in cui fu deposto 30 Nel 235, Ponziano, legittimo vescovo di Roma ed Ippolito, scismatico, sono esiliati in Sardegna, dove Ponziano rinuncia al suo incarico (discinctus est). Secondo il Liber Pontificalis Ponziano muore sulla stessa isola il 30 ottobre a causa delle torture inflittegli; il suo corpo è trasportato dal vescovo Fabiano per mare e deposto nel cimitero di Callisto nel 236 o nel 237 (Le Liber Pontificalis. Texte, introduction et commentaire, L. Duchesne (cur.), I, Paris 1886, 63-64). Diversamente le fonti non parlano esplicitamente della morte di Ippolito, ma la Depositio martyrum registra sotto la stessa data del 13 agosto la deposizione di Ponziano nel cimitero della via Appia e quella di Ippolito presso la via Tiburtina (Valentini, Zucchetti, Codice topografico cit., II, 24). Questa notizia viene interpretata come l’indicazione della data in cui i corpi di entrambi i personaggi sono stati traslati dalla Sardegna: tuttavia, se così fosse, sarebbe difficile spiegare il perché le reliquie non siano state seppellite nello stesso cimitero. La data indicata dalla Depositio martyrum potrebbe quindi indicare la semplice contemporaneità della celebrazione del dies natalis del martire (P. Testini, Di alcune testimonianze relative a Ippolito, Ricerche su Ippolito, Roma 1977, 45-65, in partic. 51), dettata da casualità (vd. il caso di Fabiano sepolto a Callisto e Sebastiano in catacumbas, morti rispettivamente durante la persecuzione di Decio e sotto Diocleziano e ricordati nella Depositio Martyrum il 20 gennaio, Valentini, Zucchetti, Codice topografico cit., II, 17) oppure dalla volontà di accomunare i due personaggi nel ricordo presso i fedeli, con una iniziativa posteriore, secondo un procedimento già ipotizzato per le figure di Cornelio e Cipriano, accomunati dalla lotta antinovazianista ed entrambi celebrati il 14 settembre (L. Reekmans, La tombe du pape Corneille et sa region cémétériale, Città del Vaticano 1964, 203-211). Questa interpretazione permetterebbe di superare l’ostacolo creato dalla menzione di Novaziano nel carme damasiano, che costringe a collocare la morte di Ippolito molto dopo il 235, anno della deportazione secondo il Catalogus Liberianus, e di ipotizzare il ritorno a Roma di Ippolito dopo qualche tempo, la sua adesione nel 251 allo scisma di Novaziano, un suo distacco e la morte eroica, forse durante la persecuzione di Valeriano (M. Simonetti, La riflessione dottrinale a Roma nei primi secoli, L. Pani Ermini (cur.), Christiana Loca. Lo spazio cristiano nelle Roma del I millennio, Roma 2000, 77). 31 Socr., H.E., IV, 28 (PG 67, col. 540B); Phot., Bibliot., Cod. 182, 208 (PG 103, coll. 534, 678). 32 Ferrua, Novatiano beatissimo cit., 237. Novaziano, già intorno al 260, sarebbero stati tumulati alcuni defunti in una pila di loculi sovrapposti, distrutta successivamente per far posto al sepolcro per il martire 33. Una terza ipotesi è stata proposta da R. Giordani: le spoglie del martire, trattenute per molto tempo lontano da Roma a causa delle lungaggini delle pratiche per il rimpatrio delle salme che richiedevano anche l’autorizzazione imperiale 34, sarebbero state deposte nel sepolcro, approntato preventivamente in un punto centrale della catacomba, in attesa che giungessero a Roma 35. La revisione dei dati monumentali relativi alla tomba martiriale, pur avendo portato a risultati significativi, non consente di ricostruire il primitivo assetto del tratto di parete della galleria N5 occupato dalla tomba. L’installazione della struttura attualmente visibile nella seconda metà del IV secolo ha comportato infatti il taglio della porzione di tufo in cui non si può escludere si aprisse una comunissima pila di loculi regolari, uno dei quali avrebbe potuto accogliere la sepoltura di Novaziano anche prima dell’intervento di Gaudentius, che lo avrebbe poi profondamente trasformato. Del resto nessuna delle tombe martiriali ad oggi note mostra nella sua fase d’impianto una simile cura nella realizzazione, trattandosi per lo più di loculi privi di qualsiasi ornamento, ad eccezione di poche sepolture papali 36. Styger, Die römischen cit., 194-195. Giordani, Novatiano beatissimo cit., 247. 35 Giordani, Novatiano beatissimo cit., 248. Ulteriore conferma dell’identificazione del Novaziano della via Tiburtina con lo scismatico sarebbe fornita, secondo Giordani, da alcune considerazioni di carattere storico: la Chiesa di Roma avrebbe contrapposto alla presenza di un martire, autore e protagonista di uno scisma, in termini polemici e pressoché nello stesso luogo, un campione della fede, il diacono Lorenzo, morto anch’egli durante la persecuzione di Valeriano, pochi giorni dopo Sisto II e gli altri sei diaconi, sepolti sull’Appia (Amore, I martiri cit., 140-142). Per questo motivo il culto di Lorenzo avrebbe avuto un grandissimo seguito e sarebbe stato incentivato dalla costruzione della grande basilica cimiteriale costantiniana e successivamente dall’erezione di una serie di chiese devozionali dedicate ad alcuni dei suoi colleghi nel collegio diaconale. Giordani, Novatiano beatissimo cit., 249-251. Già Reekmans (L. Reekmans, L’implantation monumentale chrétienne dans la zone suburbaine de Rome du IVe au IXe siècle, Rivista di Archeologia Cristiana, 44, 1968, 196) aveva evidenziato come la via Tiburtina apparisse a quel tempo interamente dedicata ai diaconi martiri. 36 L. Reekmans, Les cryptes des martyrs romains. État de la recherche, Atti del IX Congresso Internazionale di Archeologia Cristiana (Roma, 21-27 settembre 1975), Roma 1978, 310; D. Nuzzo, Tipologia sepolcrale delle catacombe romane: i cimiteri ipogei delle vie Ostiense, Ardeatina e Appia, Oxford 2000, 198. Tra questi casi, particolarmente interessante – anche alla luce della recentissima revisione proposta da R. Giordani (R. Giordani, Sul problema dell’età della traslazione a Roma delle spoglie di papa Cornelio, Vetera Christianorum, 42, 2005, 251-273) – risulta il confronto con la tomba di Cornelio nel cimitero di Callisto le cui dimensioni, simili a quelle della tomba di Novaziano, sono ritenute indizio della traslazione del corpo del pontefice. La tomba ‘a mensa’, anch’essa dotata di un parapetto in muratura, è interamente rivestita di intonaco. Essa si apre sulla parete di fondo del cubicolo L della regione cd. di Lucina. La sepoltura, 33 34 LA TOMBA DEL MARTIRE NOVAZIANO 165 Alcune osservazioni di carattere topografico potrebbero corroborare l’ipotesi di una traslazione tarda del corpo: la centralità della tomba martiriale rispetto non solo all’area primitiva ma anche a tutto il resto della catacomba e l’assenza di installazioni legate alla devozione martiriale prima del IV secolo, quando si apre a fianco della tomba, tagliando in parte una pila di loculi, la piccola galleria/retrosanctos N13 e si installa il cubicolo familiare Ma, posto in asse con l’ambulacro che contiene la tomba del martire. Dal punto di vista agiografico se da un lato non stupirebbe l’assenza del riferimento ad uno scismatico come Novaziano nelle Depositiones, può essere significativa la sua menzione in alcuni latercoli del Martyrologium Hieronymianum, che indicherebbe la presa d’atto della sua esistenza intorno al V secolo 37. Certo è che il cimitero della via Tiburtina cessò di essere frequentato in concomitanza con la campagna lanciata da Innocenzo I (401-417) e Celestino I (422-432) contro i novazianisti 38. Giordani ipotizza che in quest’occasione sia stata eseguita la traslazione delle reliquie del martire, probabilmente a Costantinopoli, dove i seguaci di Novaziano continuarono a godere della libertà 39. Ulteriore testimonianza dell’abbandono precoce della catacomba è la sua mancata menzione nell’Index coemeteriorum vetus, nei documenti di Monza e soprattutto negli Itinerari della prima metà del VII secolo 40. L’abbandono del cimitero decorata sin dalla fase di impianto, avrebbe accolto le spoglie di Cornelio, morto in esilio nel 253, a seguito della traslazione, avvenuta secondo Reekmans (Reekmans, L’implantation monumentale cit., 208-210) durante il pontificato del suo successore Stefano I (254-257). Giordani nella sua ricostruzione propone una serie di argomenti per posporre la data della traslazione al IV secolo: innanzitutto la scelta del luogo sepolcrale diverso dalla Cripta dei Papi, che pure accoglieva le spoglie dei suoi predecessori e che doveva avere ancora spazi liberi se vi furono seppelliti successivamente ancora Stefano, Sisto, Dionigi, Felice ed Eutichiano; la monumentalità del sepolcro sin dalla fase d’impianto, che esula dalla prassi del III secolo; la redazione in latino dell’epitaffio, diversamente da quelli della cripta dei papi, ma anche da quello di Gaio, morto nel 296, tutti in lingua greca. Inoltre, la mancata menzione della tomba nella depositio martyrum e nella depositio episcoporum, testimonierebbe che, almeno fino al 354, anno della loro redazione, il corpo di Cornelio non era ancora stato traslato. La traslazione dunque sarebbe avvenuta durante l’età damasiana, come parte del programma di consolidamento dell’autorità e del primato di Roma che qualifica la politica religiosa del pontefice (C. Carletti, s.v. Damaso I, santo, Enciclopedia dei Papi, I, 2000, 349-372). Le riflessioni di Giordani inducono a riflettere sulla possibilità, alla luce della ricostruzione cronologica dei dati monumentali della tomba di Novaziano qui proposta, che anche la traslazione delle reliquie dello scismatico, se è da identificare con il martire sepolto, sia avvenuta nello stesso frangente temporale, o più probabilmente poco tempo dopo, quasi in conseguenza di quella di Cornelio, il suo principale avversario. 37 MH, 83-85. 38 Socrat., h.e. 7, 9. 39 Giordani, Novatiano beatissimo cit., 252. 40 Per i testi delle opere cfr. R. Valentini - G. Zucchetti, Codice topografico della città di Roma, I-IV, Roma 1940-1953. 166 ANITA ROCCO è fissato al V secolo, in base all’assenza di materiali più recenti 41, in coincidenza con il fenomeno di cessazione dell’utilizzo sepolcrale di tutti gli insediamenti cimiteriali comunitari romani, un fenomeno tanto generalizzato da aver fatto ipotizzare a V. Fiocchi Nicolai una direttiva in questo senso partita dalle più alte cariche gerarchiche della Chiesa 42. Tuttavia un elemento di significativa diversificazione della catacomba di Novaziano risiede nel fatto che l’abbandono non riguarda soltanto le gallerie cimiteriali ma anche la sepoltura martiriale. Del resto pur presentando caratteristiche simili a quelle degli altri nuclei originari delle catacombe romane, si evidenziano in questo insediamento alcune peculiarità sia nella distribuzione e nell’organizzazione degli spazi sepolcrali, sia nella realizzazione degli epitaffi ad essi legati. Ad una lettura anche superficiale della pianta del cimitero emerge chiaramente la programmatica assenza, nella regione più antica, di cubicoli ed arcosoli. Benché questa sia una delle caratteristiche distintive delle prime aree comunitarie, tuttavia nella maggior parte di esse si individuano, seppur raramente, sepolcri più monumentali, quali nicchie per sarcofagi e tombe ‘a mensa’, ed ambienti esclusivi, a volte riccamente decorati, sicuramente legati ad una committenza più elevata 43. Anche la prassi epigrafica della regione primitiva della catacomba presenta dei caratteri di originalità rispetto a quella degli altri cimiteri comunitari coevi, sia nella tecnica esecutiva con l’ampia diffusione di iscrizioni dipinte a minio sulla malta bianca che riveste i laterizi posti a chiusura dei loculi che nel formulario con l’anomala incidenza della indicazione della depositio, la data di morte/sepoltura 44. Alcuni elementi di originalità si ripropongono anche al di fuori dei limiti dell’area primitiva: la generalizzata uniformità degli spazi sepolcrali si può riscontrare anche nelle espansioni di IV secolo, dove a parte sporadiche presenze, rappresentate da quattro cubicoli e alcuni arcosoli 45, comunque improntate alla estrema semplicità delle forme, l’unica significativa eccezione è rappresentata dal cubicolo Ma. Le peculiarità tipologiche ed epigrafiche di questo insediamento sono difficilmente spiegabili, anche se si può generalmente rilevare, durante tutto l’arco Fornari, Relazione circa una nuova regione cit., 186-187 e Josi 1935, 173. V. Fiocchi Nicolai, Strutture funerarie ed edifici di culto paleocristiani di Roma dal IV al VI secolo, Città del Vaticano 2001, 92. 43 Vd. i cubicoli dei sacramenti nell’area I del cimitero di Callisto, l’ipogeo del Buon Pastore della catacomba di Domitilla, l’area Gb di quella di Pretestato (Fiocchi Nicolai, Strutture funerarie cit., 27-28). 44 Cfr. Rocco, La più antica regione cit., 231-234. 45 Si tratta dei cubicoli Mb, Mc, Md ed Oa e degli arcosoli rinvenuti nelle gallerie periferiche O4, O6, M6, M10, M14 ed M15 e nei cubicoli Mb ed Md. 41 42 LA TOMBA DEL MARTIRE NOVAZIANO 167 temporale di uso dell’insediamento, una fruizione ‘popolare’ che determina scelte epigrafiche e sepolcrali economicamente molto accessibili. Su qualsiasi riflessione conclusiva, soprattutto sul piano epigrafico, pesa l’impossibilità di istituire confronti con campioni analoghi, dettata sia dalla carenza di studi analitici sui singoli gruppi di iscrizioni dei contesti più antichi delle catacombe, sia dalla difficoltà di individuare monumenti che si conservino nelle stesse eccezionali condizioni. Certo è molto suggestiva l’ipotesi che le peculiarità analizzate siano il riflesso materiale dell’appartenenza da parte dei fruitori del cimitero ad un una comunità ‘parallela’ a quella ‘ufficiale’, come doveva configurarsi quella dei seguaci di Novaziano, non allineata ad una prassi comunitaria, le cui linee guida, peraltro, sembrano essere suggerite/imposte dalla gerarchia ecclesiastica 46. Alla luce di tutte le considerazioni esposte, l’identificazione del martire sepolto nel cimitero con lo scismatico Novaziano, pur non potendo essere affermata con certezza, acquisisce ulteriore credito. Si pone inevitabilmente il problema della gestione dell’insediamento funerario comunitario: è possibile che la tomba venerata dell’iniziatore di uno scisma che si fa nominare vescovo in contrapposizione a quello della maggioranza della comunità romana sia posta in un cimitero ‘ufficiale’ o bisogna ipotizzare una gestione diretta da parte della comunità novazianista? E in questo caso, essa si può riconoscere sin dalla fondazione o soltanto a partire dal momento dell’installazione della tomba? Poiché la ricostruzione dello sviluppo topografico del cimitero ha consentito di datare la fondazione del primitivo impianto ad almeno un decennio prima della metà del III secolo, e quindi anche della stessa nascita della comunità dei seguaci di Novaziano dopo lo strappo con la Chiesa di Cornelio nel 251, si può ipotizzare che esso sia stato acquistato o comunque sia entrato in possesso dei Novazianisti solo in un secondo momento, non necessariamente da riconoscere nella deposizione del martire nella galleria N5, che, come si è visto, non è possibile datare con certezza. Si spiegherebbero così le peculiarità tipologiche ed epigrafiche riscontrate come sintomi di una estraneità a quelle direttive, che si ipotizza fossero imposte dalla gerarchia ecclesiastica, nella prassi insediativa ed epigrafica dei cimiteri comunitari collettivi coevi, un disallineamento che sembra si possa riconoscere già nel III secolo e che fa ipotizzare che il cimitero sia stato acquisito dai Novazianisti poco tempo dopo lo scisma 47. 46 C. Carletti, L’arca di Noé: ovvero la chiesa di Callisto e l’uniformità della ‘morte scritta’, Antiquité Tardive, 9, 2001, 97-102. 47 Di parere opposto è Rebillard (L’Église de Rome cit., 755-756), che ritiene indimostrabile il possesso della catacomba da parte della comunità novazianista nel III secolo alla luce del fatto che a quell’epoca, a suo parere, non esistevano neanche cimiteri gestiti dalla Chiesa ‘ufficiale’.