STEFANO IAFRATE - DARIA MASTRORILLI
GLI IPOGEI FUNERARI PALEOCRISTIANI
IN LOCALITÀ MONTE VICO (ANAGNI)*
1. Storia degli studi
Nel 1905 Padre Florian Jubaru scoprì, alle pendici di
Monte Vico, nell’odierna proprietà Giudici, circa 5 Km a
nord ovest di Anagni, una catacomba: egli descrisse sommariamente l’avanzato stato di abbandono in cui versava l’ipogeo
e le sue caratteristiche architettoniche1. L’autore annotò inoltre, con qualche errore di trascrizione, l’unica iscrizione conservata, dipinta in rosso, tuttora visibile sull'intonaco che riveste la nicchia a calotta absidata di un arcosolio localizzato in
uno dei diverticoli laterali dell'ipogeo (figg. 58, 59.1, 59.3, b)2,
e riferì dell’esistenza, a circa 100 m di distanza dalla catacomba, delle «vestigia di un antico santuario cristiano»3. Infine,
egli collegò il cimitero cristiano con la presenza, al di sopra
della collina, del Vicus Moricinus, menzionato negli Acta di S.
Pietro, vescovo di Anagni nell’XI secolo4.
* Il paragrafo 1 è di Stefano Iafrate, i paragrafi 2-3 sono di Daria Mastrorilli.
1
F. JUBARU, Anagni. Scoperta di un antico cimitero cristiano, in «Nuovo
Bullettino di archeologia cristiana», XI (1905), pp. 306–308.
2
Infra, pp. 192-193.
3
JUBARU, Anagni, cit., p. 307.
4
AA. SS., Aug., I, p. 236, nota 11; JUBARU, Anagni, cit, pp. 307-308; cfr.
il contributo di Alessandro Vella in questo stesso volume, pp. 163-182.
184 – Stefano Iafrate - Daria Mastrorilli
L’articoletto di Jubaru venne ripreso quasi interamente
da Pietro Zappasodi, nel primo volume della sua opera storica
su Anagni edita nel 19085.
Qualche anno più tardi, nel 1914, nella voce «Monte Vico» del Dictionnaire d’histoire et de géographie ecclésiastiques, Fraikin citò il contributo di Jubaru, accennando alla presenza di
un cimitero cristiano nel territorio anagnino6.
Analogamente, nel 1933, anche Leclercq, nel suo Dictionnaire d'archéologie chrétienne et de liturgie, menzionò testualmente il lavoro di Jubaru7.
Nel 1949, Padre Antonio Ferrua fu avvertito da un confratello, che per caso si trovava a passare nella zona di Vico
Moricino, dell’esistenza di una catacomba. Ferrua si rese conto che si trattava dello stesso ipogeo visto da Padre Jubaru circa cinquant'anni prima. Le ricognizioni effettuate permisero
allo studioso di pubblicare, nel 1958, una descrizione molto
dettagliata delle caratteristiche monumentali dell’ipogeo e la
relativa pianta; la datazione del cimitero fu proposta da Ferrua
sulla base dell’unica iscrizione dipinta superstite, il cui formulario ricorre nei testi epigrafici di IV secolo di alcune catacombe del Lazio8.
Nel 1969 Matilde Mazzolani, nel volume Anagnia della
Forma Italiae, ha ripreso nuovamente in esame la catacomba
precedentemente studiata da Jubaru e Ferrua, facendone una
rapida descrizione e ponendo l’accento sullo stato di abban-
5
P. ZAPPASODI, Anagni attraverso i secoli, I, Veroli 1908, p. 35.
J. FRAIKIN, s.v. Anagni, in «DHGE», II, Parigi 1914, p. 1422.
7
F. CABROL - H. LECLERCQ, s.v. Monte Vico, in «DACL», XI, 2, Parigi
1933, col. 2552.
8
A. FERRUA, Di una piccola catacomba nei pressi di Anagni, in «Bollettino della sezione di Anagni della Società Romana di Storia Patria», III
(1958), pp. 1-10.
6
Gli ipogei funerari paleocristiani in località Monte Vico – 185
dono e di degrado del cimitero; la studiosa ha pubblicato anche una nuova pianta e alcune sezioni dell’ipogeo9.
Nel 1975 Anna Maria Ramieri, in un articolo edito nella
«Rivista di Archeologia Cristiana», ha dato notizia
dell’esistenza di una seconda catacomba, anch’essa ubicata
nella proprietà Giudici, a breve distanza da quella già nota10. Il
ritrovamento fu possibile grazie ad una segnalazione alla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra da parte di P. Zanchi, professore del locale seminario Leoniano, che aveva notato casualmente l’ipogeo. La studiosa ha proposto un’analisi
strutturale e architettonica molto dettagliata della catacomba,
nonostante il grave stato di interramento di quest'ultima, e ne
ha pubblicato una pianta e una sezione11.
Nelle conclusioni dello studio, Anna Maria Ramieri, riconsiderando gli articoli di Jubaru e Ferrua, ha proposto per le
due catacombe, data la loro vicinanza, un collegamento al già
menzionato vicus Moricinus, accogliendo la datazione al IV secolo già proposta dal Ferrua12.
Due anni più tardi, nel 1977, in un contributo riguardante la topografia cristiana in Ciociaria, Letizia Pani Ermini e
Roberto Giordani hanno nuovamente ripreso in esame i due
ipogei di Monte Vico13, soffermandosi sulle sepolture sovrapposte in muratura entro nicchioni già studiate da Ramieri14.
9
M. MAZZOLANI, Anagnia (Forma Italiae. Regio I, 6), Roma 1969, pp.
152- 155.
10
A.M. RAMIERI, Una nuova catacomba scoperta presso Anagni, in
«RAC», LI (1975), pp. 168-178; infra, pp. 198-204.
11
Ibid., p. 171, fig. 2.
12
FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., pp. 9-10; RAMIERI, Una nuova catacomba, cit., pp. 176–178.
13
L. PANI ERMINI - R. GIORDANI, Note di topografia religiosa della Ciociaria in età paleocristiana e altomedievale: una messa a punto, in Atti del convegno “Il
Paleocristiano in Ciociaria”, Fiuggi 8-9 Ottobre 1977, Roma 1978, pp. 77-79.
14
Supra, nota 10.
186 – Stefano Iafrate - Daria Mastrorilli
Nello stesso volume del 1977 è pubblicato lo studio di
Pasquale Testini concernente le origini e lo sviluppo del cristianesimo nel territorio ciociaro: in riferimento alla stretta relazione tra le parrocchie rurali e le comunità raccolte intorno
a vici, pagi e villae, nonché stationes o mansiones, lo studioso ha
menzionato l’edificio di culto che, si è visto, doveva sorgere
nelle vicinanze di Vico Moricino15, ipotizzandone la funzione
di ecclesia baptismalis16.
Un ulteriore lavoro, edito nel 1986, è stato dedicato da
Anna Maria Ramieri alle diocesi di Anagni, Ferentino, Alatri
e Veroli: la studiosa si è soffermata di nuovo sulle due piccole
catacombe di Monte Vico, riconfermando le conclusioni, già
espresse nel 1975, sull’utilizzo delle catacombe – databili al IV
secolo – da parte degli abitanti del Vicus Moricinus17.
2. Il cosiddetto ipogeo X
L’ipogeo funerario denominato X18, come si è visto, fu
individuato nel 1905 da Floriano Jubaru, ma ne fu data
un’illustrazione esaustiva solo nel 1958, da parte di Antonio
Ferrua; quest’ultimo ne rinvenne l'ingresso – lo si è detto –
15
JUBARU, Anagni, cit., p. 307; supra, p. 183.
P. TESTINI, Ecclesiae e territorio. Per una ricerca sulle origini cristiane in
Ciociaria, in Atti del convegno “Il Paleocristiano in Ciociaria”, cit., pp. 137-157.
17
A.M. RAMIERI, La Ciociaria tra tardo antico e alto medioevo: le diocesi di
Anagni, Ferentino, Alatri e Veroli, in Scritti in onore di Filippo Caraffa, Anagni
1986, pp. 83-104. Accenni agli ipogei di Monte Vico sono anche in V.
FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani del Lazio. I. Etruria Meridionale, Città del Vaticano 1988, pp. 364-379; ID., Alle origini della parrocchia rurale nel
Lazio (IV-VI sec.), in PH. PERGOLA (a cura di), Alle origini della parrocchia rurale (IV-VIII sec.). Atti della giornata tematica dei Seminari di Archeologia Cristiana
(École Française de Rome, 19 marzo 1998), Città del Vaticano 1999, pp. 479,
484; ID., La “cristianizzazione”, in S. GATTI - M.R. PICUTI (a cura di), Regio I.
Alatri, Anagni, Capitulum Hernicum, Ferentino, Veroli (Fana, templa et delubra. Corpus dei luoghi di culto dell’Italia antica, I), Roma 2008, pp. 21-22.
18
RAMIERI, Una nuova catacomba, cit., p. 170, nota 4.
16
Gli ipogei funerari paleocristiani in località Monte Vico – 187
grazie alle indicazioni di un suo confratello, che lo aveva casualmente riscoperto nel 194919.
La piccola catacomba si trova in prossimità della Strada
Statale 155r, all'interno dell'attuale proprietà Giudici (fig. 41,
X)20; l’odierno ingresso, evidentemente arretrato rispetto a
quello praticabile nel 1958, immette nella galleria principale
dell'ipogeo (figg. 58, 59.1, A), oggi percorribile per una lunghezza di circa 20 m, lungo la quale si individuano tre delle
quattro corte diramazioni ad essa perpendicolari viste da Ferrua (figg. 58, 59.1, B-D)21, che Jubaru impropriamente definiva cubicula22.
La parte della catacomba attualmente ispezionabile coincide con quella riprodotta nella pianta e nelle sezioni pubblicate da Matilde Mazzolani nel 1969 (fig. 59)23: in quell’anno,
dunque, già non risultavano più accessibili il tratto iniziale
della galleria matrice A, lungo circa 4,50 m, e l’ambulacro ad
esso ortogonale aperto lungo la sua parete sud-est, riprodotti
nella planimetria edita da Ferrua (fig. 58, Aa, E) ed attualmente interrati24.
Lo stato di conservazione della catacomba si presenta oggi, come già agli inizi del Novecento, fortemente compromesso da interventi di spoliazione ascrivibili ad epoca moderna,
che comportarono, come di consueto, la sistematica effrazione
o asportazione delle chiusure dei sepolcri e la dispersione sul
suolo dei loro resti e delle ossa dei defunti25.
19
JUBARU, Anagni, cit., pp. 306-308; FERRUA, Di una piccola catacomba,
cit., pp.1-10; RAMIERI, La Ciociaria, cit., pp. 87-88; cfr. supra, pp. 183-184.
20
Sulla localizzazione dell’ipogeo, cfr. JUBARU, Anagni, cit., p. 307;
FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., p. 1.
21
FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., p. 8.
22
JUBARU, Anagni, cit., p. 307; cfr. FERRUA, Di una piccola catacomba,
cit., p. 2.
23
MAZZOLANI, Anagnia, cit., p. 154, figg. 240-241.
24
Infra, p. 190.
25
JUBARU, Anagni, cit., p. 307; FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., p. 6.
188 – Stefano Iafrate - Daria Mastrorilli
Il tufo in cui è scavato l’ipogeo, diffuso nell’area e particolarmente adatto all’estrazione di pozzolana, è facilmente soggetto a fratture (fig. 60): a tale caratteristica, Ferrua riconduceva sia gli ingenti crolli di grossi blocchi tufacei che tuttora ingombrano il suolo della catacomba (senz’altro ulteriormente
facilitati dall’asportazione delle chiusure dei loculi durante le
moderne violazioni), sia la necessità, da parte degli antichi
frequentatori del cimitero, di riempire di malta le spaccature
prodottesi negli interloculi, come ancora si può osservare in
alcuni punti (fig. 61)26.
L’ingresso originario dell’ipogeo non fu individuato da
Ferrua, che tuttavia non esitava a collocarlo in asse con la galleria principale A, analogamente all’accesso moderno: la volta
di A mostra, a circa 7 m dall’imbocco praticabile nel 1958, un
netto rialzamento di quota, interpretabile come la fuga di una
scala e assecondato, per un tratto di circa 4 m, dall’andamento
leggermente obliquo dei loculi ricavati lungo le pareti dell'ambulacro (figg. 58, 59.1-2, p)27. Lo studioso ipotizzava che la galleria A salisse verso l’ingresso immediatamente a sud-ovest del26
FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., pp. 2-3, 6-7; RAMIERI, Una
nuova catacomba, cit., p. 171; PANI ERMINI - GIORDANI, Note di topografia,
cit., p. 78. Sulle caratteristiche geologiche dell’area, che si distingue per la
presenza di pozzolane, cfr. D. COSENTINO - M. PAROTTO - A. PRATURLON (a
cura di), Lazio (Guide Geologiche Regionali, 5), Milano 2004, pp. 81, 152;
Carta Geologica d’Italia 1:50000, f. 389, Anagni.
27
FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., p. 3. Lo studioso sottolineava
come l’originaria posizione dell’ingresso fosse suggerita non solo
dall’icnografia del piccolo ipogeo, ma anche dal fatto che le diramazioni BD terminano tutte nel tufo, come presumibilmente anche il perduto diverticolo E (infra, p. 190). L’arretramento dell’ingresso moderno rispetto a
quello originario viene sottolineato in PANI ERMINI - GIORDANI, Note di topografia, cit., p. 78: la causa del fatto viene attribuita ad una frana anteriore
alla scoperta della catacomba (cfr. FERRUA, ivi), senza tuttavia rilevare
l’evidente, ulteriore arretramento dell’ingresso attuale rispetto a quello utilizzato da Ferrua, individuabile confrontando le due piante edite nel 1958 e
nel 1969 (supra, p. 187).
Gli ipogei funerari paleocristiani in località Monte Vico – 189
la diramazione B, attraverso tre o quattro gradini, e proseguisse quindi in piano fino alla diramazione E, oltre la quale doveva uscire all’aperto (forse tramite altri scalini), in corrispondenza di un rapido declivio del pendio collinare; a sud delle
gallerie Aa ed E, Ferrua individuò un lacerto di muratura in
«pietre e mattoni», attualmente non più visibile (fig. 58, n),
che ritenne pertinente ad un piccolo recinto di circa 10 x 10
m, posto «a protezione dell'ingresso della catacomba»28.
Per verificare la posizione dell’antico ingresso, lo studioso
effettuò anche un piccolo scavo in corrispondenza del tratto
Aa (immediatamente a sud-ovest dell'ingresso attuale), riportandone in luce, a -3,30 m di profondità rispetto alla volta, il
piano pavimentale, nel quale erano ricavate delle formae; lungo la parete nord-ovest dell'ambulacro, si individuarono loculi
intatti29, contro i quali si addossava «un grande sepolcro a
mensa a due piani alto un metro e largo 0,50» (fig. 58, m)30,
evidentemente una tomba in muratura aggiunta posteriormente31.
Di quanto visto nel corso del sondaggio archeologico effettuato da Ferrua, purtroppo, non rimane oggi alcuna traccia,
28
FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., p. 4.
L’ipotetica presenza di sepolture intatte nel tratto iniziale della galleria matrice era già stata postulata da JUBARU, Anagni, cit., p. 307.
30
FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., p. 3.
31
La costruzione di tombe in muratura a ridosso di pareti già occupate da sepolture scavate nel tufo si riscontra, ad esempio, a Roma nella cosiddetta regione del Buon Pastore della catacomba di Domitilla (PH. PERGOLA, La region dite du Bon Pasteur dans le cimetière de Domitilla sur
l’Ardeatina. Etude topographique de son origine, in «RAC», LI (1975), pp. 77-84,
91, 95-96; D. NUZZO, Tipologia sepolcrale delle catacombe romane. I cimiteri ipogei delle vie Ostiense, Ardeatina e Appia, Oxford 2000, pp. 57-58, 165, 172,
181-182, Aam1, Lm1), in ambito laziale invece nella catacomba di Monte
Stallone a Formello (FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani, I, cit., pp.
102-103), in quella di S. Alessandro al VII miglio della via Nomentana (ID.,
I cimiteri paleocristiani del Lazio. II. Sabina, Città del Vaticano 2009, pp. 263,
468) e, probabilmente, anche nell’ipogeo Y di Monte Vico (infra, p. 203).
29
190 – Stefano Iafrate - Daria Mastrorilli
poiché, si è detto, le gallerie Aa ed E risultano totalmente interrate32, e l’odierno accesso all’ipogeo si trova immediatamente a nord-est di esse (figg. 58, 59.1, 62, I). La diramazione E,
che nel 1958 risultava percorribile per poco più di 3 m, presentava la volta più bassa di circa 1 m rispetto a quella della
galleria Aa, ed era caratterizzata dalla presenza di un grande
arcosolio su ciascuna parete (fig. 58, e1-e2); la sua prosecuzione
(presumibilmente breve, dato il forte avvallamento del terreno
in direzione sud-est, che non avrebbe garantito uno strato di
tufo sufficientemente alto sopra il suo cielo) risultava bloccata
da una frana33.
La galleria matrice A (figg. 58, 59.1-2, 63), larga circa 1,40
m e attualmente percorribile, si diceva, per circa 20 m34, presenta tuttora gran parte del suolo ingombro di blocchi di tufo
distaccatisi dalle pareti, resti di chiusure di loculi e frammenti
ossei35. L’originario livello del suolo, come rilevato nel 1958
nel tratto Aa, era a -3,30 m rispetto alla volta36, quota verificata da Ferrua anche nella diramazione B37; il piano del tratto AI
e delle diramazioni C-D, invece, si trovava a -2,70 m rispetto
alla volta (fig. 59.2-4)38.
Il diverticolo D doveva inizialmente essere lungo circa 4
m, ma sotto i due loculi scavati sulla parete di fondo venne
successivamente realizzato un prolungamento di circa 1,50 m
(figg. 58, 59.1, 59.4, 64, D1); la speculare galleria C, lunga poco più di 3 m, non presenta tracce di utilizzo funerario nel
tratto terminale, rimasto privo di loculi (fig. 65)39.
32
Supra, p. 187.
FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., pp. 3-4.
34
Supra, p. 187.
35
FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., p. 4; supra, pp. 187-188.
36
Supra, p. 189.
37
L’attuale interro lascia visibile la galleria B per un’altezza di circa
2,40 m (fig. 59.3).
38
FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., p. 4.
39
Ibid., p. 7.
33
Gli ipogei funerari paleocristiani in località Monte Vico – 191
Lungo la parete nord-est della corta diramazione B, lunga
circa 3 m, è ricavato un arcosolio con nicchia a calotta absidata40, che presenta il filo dell’arca ad un’altezza di 2,35 m rispetto al piano della galleria (figg. 58, 59.1, 59.3, 67, b)41: la
sua realizzazione deve, pertanto, considerarsi precedente ad un
approfondimento di livello dell’ambulacro. L’arcosolio di analoga tipologia che occupa la parete di fondo del diverticolo è
posizionato a quota inferiore, pertanto dovette essere realizzato successivamente al menzionato approfondimento (figg. 58,
59.1, 59.3, 68, b2); alla stessa fase può presumibilmente ascriversi l’escavazione di un piccolo ambiente circolare di dubbia
funzione (figg. 58, 59.1, 59.3, 69, bI), che Ferrua ipoteticamente considerava come il tentativo di realizzazione di un altro arcosolio, mai portato a termine. La particolare posizione del
vano bI, ricavato nell’angolo tra gli arcosoli b e b2, sembrerebbe rendere difficile questa interpretazione; l’escavazione
dell'ambiente bI deve, in ogni caso, considerarsi precedente alla realizzazione dei loculi l1-l2 sottostanti l’arcosolio b, che
chiaramente lo rispettano (fig. 67). I due arcosoli con nicchia
a calotta absidata che occupano le pareti del diverticolo a, posizionati ad una quota superiore di circa 80 cm rispetto all'arcosolio b2 (figg. 58, 59.1, 66, 68, 70, a1-a2), furono evidentemente anch’essi realizzati successivamente all’approfondimento
del piano pavimentale dell'ambiente Ba42.
Sull’intonaco che riveste la nicchia dell’arcosolio b è tuttora leggibile, sebbene con qualche difficoltà, l’iscrizione di-
40
Per questo genere di arcosolio, ben documentato a Roma e nel Lazio, cfr. NUZZO, Tipologia sepolcrale, cit., pp. 164-165, Aa4; FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani, I, cit., p. 374; ibid., II, cit., p. 468.
41
FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., p. 7; il filo dell’arca è attualmente circa 1,50 m al di sopra dell’interro che interessa la galleria B.
42
Ivi.
192 – Stefano Iafrate - Daria Mastrorilli
pinta in rosso erroneamente trascritta da Jubaru e successivamente documentata da Ferrua (figg. 71-72)43.
Questo il testo dell’epigrafe, che alterna caratteri maiuscoli e
minuscoli: Victorinu(s) hic dor(mit) in pacem44. La formula hic dormit /
dormiunt (in pace), come è noto, risulta ampiamente attestata nel Lazio a partire dal IV secolo45 e ricorre, in particolare, nell’apparato
epigrafico proveniente dalle aree funerarie cristiane di Ostia46, Cen43
JUBARU, Anagni, cit., p. 307; FERRUA, Di una piccola catacomba, cit.,
pp. 7, 9-10; supra, pp. 183-184.
44
Sul cognomen Victorinus, ampiamente attestato a livello epigrafico in
ambito pagano e cristiano, cfr. I. KAJANTO, The Latin Cognomina, Helsinki Helsingfors 1965, p. 278.
45
Sulle diverse attestazioni di tale formula, cfr. ILCV III, pp. 380,
518; V. FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani, I, cit., p. 378; ID., Le catacombe del Lazio. Storia, topografia, caratteri strutturali, in AA.VV., Le catacombe
del Lazio. Ambiente, arte e cultura delle prime comunità cristiane, Padova 2006,
p. 33; sull’immagine della morte come sonno e della tomba come luogo di
riposo, cfr. M.B. OGLE, The Sleep of Death, in «MAAR», XI (1933), pp. 81117 (in particolare, sulle attestazioni epigrafiche, pp. 109-114); R. LATTI2
MORE, Themes in Greek and Latin Epitaphs, Urbana 1962 , pp. 164-165; C.
PIETRI, Christiana respublica. Élements d’une enquête sur le christianisme antique, Roma 1997, pp. 1419, 1454, 1464, 1535; I. KAJANTO, Classical and
Christian. Studies in the Latin Epitaphs of Medieval and Renaissance Rome, Helsinki 1980, p. 31; J. JANSSENS, Vita e morte del cristiano negli epitaffi di Roma
anteriori al sec. VII, Roma 1981, pp. 93-94, 260-264; D. NUZZO, La denominazione della tomba nelle iscrizioni cristiane di Roma. Possibili elementi per la ricostruzione di una identità collettiva, in «VetChr», XLII (2005), pp. 113-114,
133-134. È stato a più riprese sottolineato come le allusioni al sonno e alla
pace assumano, nelle iscrizioni funerarie cristiane, la valenza di espressioni
della certezza e dell’attesa della nuova vita in Cristo (G. SANDERS, Lapides
memores. Païens et chrétiens face à la mort: le témoignage de l’épigraphie funéraire
latine, Faenza 1991, pp. 147, 171, 290, 329).
46
A. MARINUCCI, Ostia. Iscrizioni cristiane inedite o parzialmente edite, in
«RAC», LXVII (1991), p. 81; D. NUZZO, Impiego e reimpiego di materiale epigrafico nella basilica cristiana di Pianabella (Ostia), in «VetChr», XXXIII
(1996), p. 100; EAD., Le iscrizioni, in L. PAROLI (a cura di), Scavi di Ostia. XII.
La basilica cristiana di Pianabella, 1, Roma 1999, pp. 35, 83-85, nn. A 191-
Gli ipogei funerari paleocristiani in località Monte Vico – 193
tumcellae47, Nepi48, Rignano Flaminio49, Bolsena50 e, sulla via Labicana, nei complessi cimiteriali di S. Zotico51 e di S. Ilario ad bivium
presso Valmontone52.
Le osservazioni fatte in relazione agli arcosoli
dell’ambiente Ba e al prolungamento della diramazione D,
unitamente alla notevole altezza delle gallerie53, permisero a
Ferrua di ipotizzare che la catacomba fosse stata scavata, come
di consueto, con un’altezza originaria di circa 2 m, e solo successivamente ne fosse stato approfondito il piano pavimentale;
192, A 194-197, A 199, tavv. 55-57; D. MAZZOLENI, Epigrafi del mondo cristiano antico, Roma 2002, pp. 254-255; D. MASTRORILLI, Considerazioni sul
cimitero paleocristiano di S. Aurea ad Ostia, in «RAC», LXXXIII (2007), pp.
374-376.
47
G.B. DE ROSSI, Il pavimento di Santa Maria in Castello di Corneto - Tarquinia, in «Bullettino di archeologia cristiana», serie II, VI (1875), pp. 104110; ICI, II 11; FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani, I, cit., pp. 31, 36.
48
V. FIOCCHI NICOLAI, Lavori nelle catacombe del Lazio, in «RAC»,
LXII (1986), pp. 244-249, nn. 1-3, 5-6; ID., I cimiteri paleocristiani, I, cit., pp.
251-253; ID., La catacomba di S. Savinilla a Nepi, Città del Vaticano 1992,
pp. 35-38.
49
ICI, IV 7, 10-11; FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani, I, cit., pp.
313, 316, 318; ID., La catacomba di S. Teodora a Rignano Flaminio, Città del
Vaticano 1995, p. 38.
50
ICI, I 58.
51
ICUR, VI 17259, 17261, 17264-17265, 17270, 17272 (con la variante in somno pacis); cfr. D. MASTRORILLI, Le tombe dei martiri Zotico e
Amanzio nella catacomba al X miglio della via Labicana, in «RPAA», LXXXIV
(2011-2012), p. 160.
52
FIOCCHI NICOLAI, Lavori nelle catacombe, cit., pp. 252-254; ID., Iscrizioni dalla catacomba di S. Ilario ad bivium presso Valmontone, in Quaeritur
inventus colitur. Miscellanea in onore di Padre Umberto Maria Fasola, B., I,
Città del Vaticano 1989, pp. 317-320 nn. 15-20, p. 323 n. 27; A.E. FELLE, I
reperti epigrafici del complesso di s. Ilario ad bivium presso Valmontone (Roma),
in «VetChr», XXXVIII (2001), pp. 258 n. 3, pp. 262-263 n. 8, pp. 267-272
nn. 17-19, 21, 23-25, p. 275 n. 34.
53
Supra, pp. 190-191.
194 – Stefano Iafrate - Daria Mastrorilli
di tale approfondimento, tuttavia, egli non individuava tracce
lungo le pareti della galleria A54, che in effetti, per quanto oggi
si può rilevare, non presentano risalti o “gradoni” riconducibili a livelli pavimentali più antichi. L’escavazione della perduta
diramazione E, la volta della quale risultava più bassa di 1 m
rispetto a quella della galleria Aa55, deve considerarsi posteriore
all’approfondimento ed aver quindi costituito un’espansione del
nucleo originario della catacomba.
Per quanto attiene la tipologia sepolcrale, i loculi ricavati
nell’ipogeo sono per lo più monosomi, di grandi dimensioni e
forma regolare (come di consueto nelle regioni più antiche
delle catacombe romane, ma ben più di rado nei cimiteri laziali)56, generalmente disposti in pile di cinque, sebbene la fila inferiore risulti tuttora seminascosta dai detriti che riempiono le
gallerie57. In corrispondenza dell’imboccatura dei loculi, si riscontra pressoché costantemente una risega funzionale
all’alloggiamento delle lastre di chiusura (fig. 73), che dovevano essere quasi esclusivamente fittili, come testimoniato dalla
presenza sul suolo di numerosi frammenti laterizi con incrostazioni di malta (alcuni di essi sono tuttora visibili in situ ai
bordi dei loculi: figg. 63-64)58. Il piano dei sette arcosoli pre54
FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., pp. 7-9.
Supra, p. 190.
56
FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., p. 4; NUZZO, Tipologia sepolcrale, cit., p. 180; FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani, I, cit., pp. 372373; ibid., II, cit., p. 467.
57
FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., pp. 4-5. Lo studioso sottolineava, inoltre, la scarsa presenza di loculi per bambini nella catacomba, che
riteneva elemento degno di nota e presumibile segno di ridotta mortalità
infantile, da lui riscontrato anche nel cimitero di Castelvecchio Subequo
(A. FERRUA, Di una piccola catacomba a Superaequum dei Peligni, in «RAC»,
XXVI (1950), p. 59; A.M. GIUNTELLA et alii, Recenti indagini nella catacomba
di Castelvecchio Subequo (AQ), in «RAC», LXVII (1991), pp. 277-288).
58
FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., p. 5, dove si segnala anche la
presenza di rare impronte di lastre marmoree su alcuni resti di malta, oggi
apparentemente non più individuabili.
55
Gli ipogei funerari paleocristiani in località Monte Vico – 195
senti nella catacomba (figg. 58, 59.1-3, a1-a3, b-b2, e1-e2) doveva anch’esso essere sigillato da lastre fittili fissate con malta,
come riscontrato da Ferrua per il perduto arcosolio e2 e come
tuttora testimoniano i lacerti della chiusura dell’arcosolio b
(fig. 71)59.
Il rinvenimento di numerosi frammenti laterizi rivestiti di
malta e la presenza di una chiusura imbiancata con resti di
iscrizione dipinta in rosso che, all'epoca in buona parte conservata ed ora pressoché distrutta, caratterizzava il primo loculo dall’alto della prima pila lungo la parete nord-est della diramazione D (fig. 74), indussero Ferrua ad ipotizzare che le
chiusure delle tombe fossero rivestite di uno strato di calce,
come attestato, ad esempio, nei cimiteri di Rignano Flaminio,
Nepi, Monte della Casetta, Soriano nel Cimino, Paliano e Castelvecchio Subequo60.
Lungo le pareti delle gallerie si riscontra frequentemente,
come di consueto, la presenza di piccole nicchie per lucerne
(figg. 66, 70, 73); in alcuni punti della galleria A sono presenti
incisioni orizzontali (figg. 58, 59.2, 75, e), probabilmente funzionali all’alloggiamento di piccole mensole marmoree o di
terracotta61.
Riguardo all’afferenza dell’ipogeo, Ferrua accoglieva la
proposta di Jubaru di considerare la catacomba pertinente ad
un insediamento minore situato nel territorio anagnino, pre59
Ivi. Il rinvenimento di frammenti di embrici e coppi fece ipotizzare
allo studioso l’esistenza di sistemi di chiusura degli arcosoli simili a quelli
riscontrabili, ad esempio, nelle catacombe di Chiusi (V. CIPOLLONE, Le catacombe di Chiusi, Città del Vaticano 2000, p. 34).
60
FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., pp. 5-6; ID., Di una piccola catacomba a Superaequum, cit., pp. 60, 81; ID., La catacomba di Paliano, in
«RAC», XXXVI (1960), pp. 7-8; GIUNTELLA et alii, Recenti indagini, cit., p.
258; FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani, I, cit., p. 373.
61
FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., p. 9; per i confronti in area
laziale, cfr. FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani, I, cit., p. 375; ibid., II,
cit., p. 468.
196 – Stefano Iafrate - Daria Mastrorilli
sumibilmente il vicus Moricinus noto dalle fonti62; lo studioso
valorizzava, giustamente, l'importanza del piccolo cimitero in
relazione alla «straordinaria scarsezza di monumenti paleocristiani nel territorio dell'antica Anagnia»63.
Lo sviluppo del piccolo ipogeo sembra ben inquadrabile
(come già ipotizzava Ferrua, anche in base al formulario
dell’unica iscrizione superstite) nell’ambito del IV secolo64:
cronologia, questa, comune alla maggior parte delle catacombe in territorio laziale, generalmente datate, come è noto, tra
IV e V secolo65.
L’icnografia della catacomba è in effetti di un tipo piuttosto frequente nei cimiteri laziali, che trova riscontro, in una
versione ancor più semplificata, anche nell’altro ipogeo di
Monte Vico66: si tratta di un impianto cosiddetto “a spina di
pesce”, che prevede una galleria matrice in asse con l’entrata e
una serie di diramazioni laterali ortogonali che si aprono lungo di essa a intervalli regolari67. Simili sviluppi planimetrici
elementari, che già a partire dal III secolo caratterizzano le regioni più antiche di cimiteri romani come quelli di Novazia62
JUBARU, Anagni, cit., pp. 307-308; FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., p. 10; RAMIERI, Una nuova catacomba, cit., pp. 177-178; supra, p.
183; cfr. il contributo di Alessandro Vella in questo stesso volume, pp. 163182.
63
FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., pp. 1-2.
64
Ibid., pp. 9-10; supra, pp. 184, 192-193. Per una datazione al IV-V
secolo propendono anche RAMIERI, Una nuova catacomba, cit., p. 178; EAD.,
La Ciociaria, cit., pp. 88-89; PANI ERMINI - GIORDANI, Note di topografia, cit.,
p. 79.
65
FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani, I, cit., p. 396; ID., Zum
Stand der Katakombenforschung in Latium, in «RQA», LXXXIX (1994), pp.
212, 219-220; ID., Le catacombe del Lazio, cit., p. 29; ID., I cimiteri paleocristiani, II, cit., pp. 484-486.
66
Infra, p. 203.
67
FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani, I, cit., pp. 365-366; ibid.,
II, p. 466; l’estrema semplicità planimetrica della catacomba è sottolineata
già in FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., p. 2.
Gli ipogei funerari paleocristiani in località Monte Vico – 197
no, di Domitilla, di Panfilo, di Priscilla, dei Ss. Marcellino e
Pietro, di Villa Pamphilj68, si riscontrano frequentemente nei
cimiteri ipogei dell’Etruria meridionale (a Bolsena, a Sorrina
Nova presso Viterbo, a Formello)69 e caratterizzano anche altri
complessi situati nel Lazio meridionale, quali le catacombe di
S. Zotico70 e di S. Ilario ad bivium71 (rispettivamente al X e al
XXX miglio della via Labicana), la catacomba di Paliano72 ed
alcuni settori della catacomba Ad Decimum sulla via Latina73 e
di quella di Generosa sulla via Portuense74. In area sabina, tale
impianto caratterizza la catacomba di S. Restituto a Monterotondo75; è stato recentemente proposto che avesse simile pla68
V. FIOCCHI NICOLAI, Strutture funerarie ed edifici di culto paleocristiani
di Roma dal IV al VI secolo, Città del Vaticano 2001, pp. 24, 28, 40-43; A.
ROCCO, La più antica regione del cimitero di Novaziano: problemi storici e topografici, in V. FIOCCHI NICOLAI - J. GUYON (a cura di), Origine delle catacombe
romane. Atti della giornata tematica dei Seminari di Archeologia Cristiana (Roma 21 marzo 2005), Città del Vaticano 2006, p. 219.
69
FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani, I, cit., p. 365.
70
V. CIPOLLONE - V. FIOCCHI NICOLAI - A. M. NIEDDU - L. SPERA, Catacombe di San Zotico. Indagini 1998-1999, in F. FILIPPI (a cura di), Archeologia
e Giubileo. Gli interventi a Roma e nel Lazio nel Piano per il Grande Giubileo del
2000, Napoli 2001, p. 270; MASTRORILLI, Le tombe dei martiri Zotico e
Amanzio, cit., pp. 158-160.
71
V. FIOCCHI NICOLAI, Scoperta della basilica di S. Ilario «ad bivium»
presso Valmontone, in «RPAA», LXI (1988-1989), p. 74; A. LUTTAZZI, La catacomba di S. Ilario, Colleferro 1984, pp. 10-16; ID., L’identificazione di Colle
Maiorana con la Statio «ad Bivium». Primo rapporto di ricerca: viabilità e topografia del sito, in «Archeologia, uomo, territorio», XV (1996), p. 106; ID., Il
territorio toleriense tra tardoantico e altomedioevo, Colleferro 1999, p. 16.
72
FERRUA, La catacomba di Paliano, cit., pp. 5-18.
73
FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani, I, cit., p. 365; P. DALMIGLIO, La catacomba Ad Decimum della via Latina, Città del Vaticano 2013,
pp. 32-33, tav. 2.
74
G.B. DE ROSSI, La Roma sotterranea cristiana, III, Roma 1877, tav. XLVI.
75
V. FIOCCHI NICOLAI, La catacomba di S. Restituto a Monterotondo
(Roma): un monumento recentemente ritrovato, in «RAC», LXXIV (1998), pp.
86-87; ID., I cimiteri paleocristiani, II, cit., pp. 454-455, nota 2162.
198 – Stefano Iafrate - Daria Mastrorilli
nimetria anche il nucleo originario della catacomba di S. Alessandro al VII miglio della Nomentana76. Questo genere di icnografia, comune nel Lazio a cimiteri ipogei sviluppatisi in relazione a piccoli insediamenti rustici e contenenti, come il nostro, tra le ottanta e le centocinquanta tombe (Paliano, Formello, Monte della Casetta), diviene in altri casi più articolata,
arricchendosi di un numero maggiore di diramazioni e cubicoli e giungendo ad ospitare diverse centinaia di sepolture, laddove le catacombe siano connesse con la presenza di tombe di
martiri o con insediamenti più vasti, quali villaggi o centri legati alla grande viabilità: è il caso di S. Zotico e di S. Ilario ad
bivium, della catacomba Ad Decimum, di S. Alessandro sulla via
Nomentana, di S. Cristina a Bolsena77.
3. Il cosiddetto ipogeo Y
Un secondo ipogeo funerario, denominato Y78 e situato
poco più di 80 m a nord dell’altro, nella stessa proprietà Giudici (fig. 41, Y), è stato casualmente scoperto nel 1970 ed illustrato nel 1975 da Anna Maria Ramieri, che ne ha pubblicato
una planimetria e una sezione (fig. 76)79; una nuova documentazione grafica della piccola catacomba è stata realizzata da
Alessandro Blanco, Daniele Nepi e Alessandro Vella nel corso
di questo studio (figg. 77-80).
La piccola catacomba, scavata nel medesimo tipo di tufo
già descritto per l'ipogeo X80, è attualmente accessibile da
76
FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani, II, cit., pp. 232, 268-269.
Ibid., pp. 412-413, 480-483; Ibid., I, cit., pp. 383-385; FIOCCHI NICOLAI, Zum Stand, cit., pp. 202-206, 220; ID., Le catacombe del Lazio, cit., pp.
22-25.
78
RAMIERI, Una nuova catacomba, cit., p. 170, nota 4.
79
Ibid., pp. 187-188 (la studiosa localizza erroneamente l’ipogeo Y a
400 m di distanza dall’ipogeo X); RAMIERI, La Ciociaria, cit., pp. 88-89; supra, p. 185.
80
Supra, p. 188.
77
Gli ipogei funerari paleocristiani in località Monte Vico – 199
un’apertura alta circa 0,70 m e larga circa 2 m, posta a circa
3,70 m di altezza rispetto al piano di calpestio esterno;
dell’ipogeo, in gran parte distrutto dalle moderne attività di
estrazione di pozzolana, resta una sola galleria lunga circa 8 m
e larga circa 2 m, completamente interrata fino a circa 0,60-1
m dalla volta, che ha conformazione piana (figg. 76A-78, 1)81.
Moderni interventi di violazione hanno provocato lo sfondamento pressoché sistematico delle chiusure delle tombe e la
dispersione dei resti ossei degli inumati; nell’interro che attualmente ingombra la galleria, restano visibili materiali ceramici e frammenti laterizi (alcuni dei quali, individuati da Anna Maria Ramieri, erano contrassegnati da bolli circolari anepigrafi), questi ultimi evidentemente pertinenti alle chiusure
dei sepolcri (fig. 81)82.
La parete di fondo della galleria 1 è rimasta inutilizzata,
mentre su ciascuna delle pareti laterali sono stati ricavati quattro sepolcri: lungo la parete nord, due arcosoli e due nicchioni
(l’ultimo dei quali rimasto incompiuto), lungo la parete sud
un arcosolio e tre nicchioni (figg. 76A-80, a-h)83.
I tre arcosoli (figg. 76A-80, a, e-f) sono tutti coronati da
una nicchia a calotta absidata, analogamente a quelli presenti
nell’ipogeo X84, e conservano tracce di intonacatura estese anche alle pareti lungo le quali si aprono (figg. 79-80, 82);
l’estradosso della nicchia degli arcosoli e-f è caratterizzato dalla
presenza di un solco che segue il filo dell'apertura della calotta, definendo una sorta di cornice (figg. 82, 84)85. L'arcosolio e
presenta una tomba ricavata sul piano dell’arca, tramite la realizzazione di due spallette in muratura di tufelli e mattoni e
81
RAMIERI, Una nuova catacomba, cit., pp. 171-172; EAD., La Ciociaria,
cit., p. 88.
82
RAMIERI, Una nuova catacomba, cit., p. 175.
83
Ibid., p. 172.
84
Supra, p. 191.
85
RAMIERI, Una nuova catacomba, cit., p. 174.
200 – Stefano Iafrate - Daria Mastrorilli
una copertura orizzontale in laterizi che taglia orizzontalmente
la nicchia, lasciandone visibile solo l’estremità superiore (fig.
83): le ridotte dimensioni del sepolcro, lungo circa 1,30 m, lasciano presumere che esso fosse destinato ad una deposizione
infantile86. Nell'arcosolio f è ancora in situ parte della chiusura
dell’arca, realizzata in laterizi intonacati (fig. 84)87.
I quattro nicchioni (figg. 76A-80, b-d, g), profondi circa
0,80-1 m, dovettero essere sfruttati per realizzare una particolare tipologia di sepolcri, costituita da una serie di tombe a
cassa sovrapposte, separate da diaframmi in muratura e chiuse
da setti murari arretrati di circa 20-30 cm rispetto al filo della
parete, costituenti un prospetto intonacato esternamente: è
quanto si osserva analizzando il nicchione b, l’unico del quale
si sia adeguatamente conservata l’articolazione interna, esaminabile attraverso uno scasso moderno che ne ha parzialmente
asportato il sistema di chiusura (figg. 76B, 80, 85)88. Resti di
diaframmi in muratura attestano, con buona probabilità, la
realizzazione di un’analoga struttura anche all’interno dei nic-
86
Ibid., pp. 198-199. L’aggiunta di ulteriori sepolture sopra le arche
degli arcosoli non è priva di confronti in ambito laziale (FIOCCHI NICOLAI,
I cimiteri paleocristiani, I, cit., p. 375; ibid., II, cit., p. 468).
87
L’uso di rivestire di intonaco le chiusure fittili delle tombe è già stato rilevato nell’ipogeo X: supra, p. 195.
88
RAMIERI, Una nuova catacomba, cit., pp. 172-173; sebbene l’autrice
definisca semplicemente «fronte in muratura» il sistema di chiusura del nicchione b e lo riproduca in sezione come un’unica struttura (fig. 19B), è logico pensare che le tombe sovrapposte (da lei impropriamente denominate
«loculi») fossero dotate di singoli muretti di chiusura e che questi avessero
definito un prospetto unitario solo al termine dell’occupazione funeraria
del vano b. La studiosa non escludeva che l’impianto di tombe in muratura
potesse assolvere anche funzione statica di rinforzo delle pareti, data la relativa stabilità del tufo in cui è scavata la catacomba (ibid., p. 175; supra, pp.
188, 199).
Gli ipogei funerari paleocristiani in località Monte Vico – 201
chioni c-d e g89 (figg. 86-87), mentre il nicchione h rimase incompiuto e, quindi, presumibilmente inutilizzato90.
Come è già stato sottolineato, la tipologia funeraria appena descritta trova confronto, a Roma, nei ben noti nicchioni realizzati nella catacomba anonima di via Anapo tra la fine
del III e gli inizi del IV secolo, talora sovrastanti una forma o
un’arca sul piano e caratterizzati da un notevole sviluppo verticale della cavità, coronata da un arco a tutto sesto o molto
ribassato ed occupata da loculi scavati nella sua parete di fondo91. Nel nostro caso, l’arco di coronamento della nicchia è
assente (figg. 79-80, b, g) o appena accennato (fig. 80, c-d); la
parete di fondo dei nicchioni si presenta leggermente ricurva
e, come si è visto, le sepolture non sono ricavate al suo interno, bensì costruite in muratura a ridosso di essa (figg. 76B, 80,
85, b)92. Un altro interessante raffronto per le nostre tombe è
costituito dai sepolcri individuati nella piccola catacomba
abruzzese di Castelvecchio Subequo, non anteriore al IV secolo: si tratta, anche in questo caso, di nicchioni profondi 70-80
cm, sormontati da un arco e sfruttati per l'impianto di sepolture sovrapposte, talora separate da diaframmi di calcare risparmiati in corso di escavazione, talora invece da piani o volte in muratura, realizzati con materiali fittili e malta; i livelli
89
Il nicchione g era probabilmente caratterizzato da un migliore stato
di conservazione nel 1975, quando la sua struttura veniva descritta come
analoga a quella del nicchione b e priva del solo muro di chiusura (RAMIERI, Una nuova catacomba, cit., p. 174).
90
Ibid., pp. 172-175; supra, p. 199.
91
V. FIOCCHI NICOLAI, Storia e topografia della catacomba anonima di
via Anapo, in J.G. DECKERS - G. MIETKE - A. WEILAND, Die Katakombe «anonima di via Anapo». Repertorium der Malereien, Città del Vaticano 1991, pp.
13, 15-17; cfr. RAMIERI, Una nuova catacomba, cit., pp. 172-173; EAD., La
Ciociaria, cit., p. 88; PANI ERMINI - GIORDANI, Note di topografia, cit., p. 79.
92
RAMIERI, Una nuova catacomba, cit., pp. 172-173.
202 – Stefano Iafrate - Daria Mastrorilli
inferiori sono generalmente costituiti da arche funerarie risparmiate nella roccia93.
La realizzazione di tombe in muratura sovrapposte inquadrate da nicchioni trova inoltre riscontro, a Roma e nel
Lazio, in alcuni edifici subdiali di IV secolo, nei quali l’utilizzo
di questo sistema è spesso esteso anche sotto i livelli pavimentali: è il caso, ad esempio, delle due basilichette nel sopratterra
della catacomba di Priscilla94, delle basiliche a deambulatorio
di S. Sebastiano (con l'annessa Platonia)95 e della via Ardeatina96 e della basilica di S. Aurea ad Ostia97; sistemi sepolcrali
analoghi e coevi sono presenti, inoltre, nella catacomba di S.
Senatore ad Albano Laziale98.
Nel 1975 risultavano ben visibili, a nord e a sud
dell’ingresso dell’ipogeo, alcune tracce di loculi tagliati, presumibilmente pertinenti a due ulteriori gallerie che dovevano
originariamente costituire due diramazioni pressoché ortogonali rispetto all’ambulacro principale; quest’ultimo immaginiamo proseguisse anticamente verso ovest, dove doveva tro93
FERRUA, Di una piccola catacomba a Superaequum, cit., pp. 58-59;
GIUNTELLA et alii, Recenti indagini, cit., pp. 258-260 (anche in questo caso, si
ipotizza che l’adozione di questa particolare tipologia sepolcrale fosse dovuta alle caratteristiche geologiche della roccia in cui è scavata la catacomba).
94
F. TOLOTTI, Il cimitero di Priscilla. Studio di topografia e di architettura,
Città del Vaticano 1970, p. 309.
95
Da ultima A.M. NIEDDU, La Basilica Apostolorum sulla via Appia e
l’area cimiteriale circostante, Città del Vaticano 2009, pp. 51, 71-73, 103-107,
247-249.
96
FIOCCHI NICOLAI et al., La nuova basilica circiforme della via Ardeatina, in «RPAA», LXVIII (1995-1996), p. 188.
97
MASTRORILLI, Considerazioni, cit., pp. 355-359, 366; l’analogia dei
nicchioni dell’ipogeo Y con tipologie sepolcrali diffuse in ambito ostiense e
portuense è sottolineata già in PANI ERMINI - GIORDANI, Note di topografia,
cit., p. 79.
98
V. FIOCCHI NICOLAI - P. M. BARBINI - G. CHIARUCCI - P. DI MARCO R. MARTORELLI - L. SPERA, Scavi nella catacomba di S. Senatore ad Albano Laziale, in «RAC», LXVIII (1992), pp. 28-37.
Gli ipogei funerari paleocristiani in località Monte Vico – 203
varsi l’originario ingresso del cimitero (fig. 76A, 2-3)99.
L’icnografia della catacomba sarebbe stata, dunque, estremamente simile a quella dell'ipogeo X, che trova, si è visto, numerosi confronti in ambito laziale nel IV-V secolo100. Nel cimitero Y si registra, tuttavia, un differente utilizzo degli spazi
funerari; la galleria 1 è caratterizzata da notevole larghezza e
dalla presenza del peculiare sistema di sepolcri sovrapposti sopra descritto101, presumibilmente finalizzato ad uno sfruttamento intensivo dell'ambulacro: non può escludersi, infatti,
che le tombe in muratura si addossassero, almeno in alcuni
casi, a loculi scavati nelle pareti, come sembrerebbe suggerire
la presenza di un loculo nel tratto visibile della parete di fondo del nicchione b (fig. 85)102.
Lo stato di conservazione del cimitero, pressoché totalmente interrato e violato dai moderni interventi di spoliazione, non consente di rilevare elementi determinanti per una
sua più precisa collocazione cronologica, ma la sua vicinanza
all’ipogeo X ne lascia evidentemente presupporre una analoga
fruizione da parte degli antichi abitanti di Monte Vico: per
questo, Anna Maria Ramieri riteneva giustamente valide anche per la catacomba Y le ipotesi di Jubaru e Ferrua sulla data-
99
RAMIERI, Una nuova catacomba, cit., pp. 175-176 (la studiosa attribuisce alla distruzione di questi ambulacri, presumibilmente dovuta ai lavori di ampliamento della cava, «tracce di calce, frammenti di tegoloni e sagome di loculi» all’epoca distinguibili in un cumulo di pozzolana nell’area
antistante la catacomba); EAD., La Ciociaria, cit., p. 88.
100
FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani, I, cit., pp. 365-366; ibid.,
II, p. 466; supra, pp. 196-198.
101
Supra, pp. 200-202.
102
L’addossamento di sepolcri in muratura a più livelli a pareti già occupate da loculi, del resto, fu riscontrato da Ferrua anche nella galleria Aa
dell’ipogeo X (supra, p. 189).
204 – Stefano Iafrate - Daria Mastrorilli
zione dell’ipogeo X al IV secolo e sulla sua afferenza al vicus
Moricinus103.
103
JUBARU, Anagni, cit., pp. 307-308; FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., p. 10; RAMIERI, Una nuova catacomba, cit., pp. 176-178; EAD., La
Ciociaria, cit., pp. 88-89; cfr. il contributo di Alessandro Vella in questo
stesso volume, pp. 163-182. È da sottolineare come Ferrua, postulando
l’appartenenza dell’ipogeo X ad una comunità cristiana numericamente esigua, ritenesse improbabile l’esistenza di altre catacombe nei dintorni, dopo
aver invano ricercato il “cubicolo con arcosoli” segnalato da Jubaru nelle vicinanze della catacomba X (FERRUA, Di una piccola catacomba, cit., p. 2; cfr.
JUBARU, Anagni, cit., p. 307). Forse non è da escludere che Jubaru, con tale
definizione, alludesse proprio al piccolo ipogeo Y (che, quindi, sarebbe stato anch’esso individuato già agli inizi del Novecento), considerando che lo
studioso definiva “cubicoli” anche le diramazioni della catacomba X (supra,
p. 187).