Arte
1
1. Mondo Orientale
collana diretta da Alida Alabiso
in copertina Long Chin-san Il maestro all’ombra del pino, ritratto di Chang Dai-chien, 1962
L’Editore dichiara la propria disponibilità
all’assolvimento dei suoi obblighi per la
riproduzione delle immagini per le quali
non è stato possibile risalire alla fonte.
prima edizione novembre 2011
© 2011 NOVALOGOS/Ortica editrice soc. coop., Aprilia
www.novalogos.it
ISBN 978-88-97339-04-5
Marco Meccarelli Antonella Flamminii
STORIA DELLA FOTOGRAFIA
IN CINA
Le opere di artisti cinesi e occidentali
con un saggio di Yee Wah Foo
Alla professoressa Maria Teresa Lucidi,
con afetto e gratitudine: senza di lei
questo libro non sarebbe stato scritto
Un ringraziamento particolare va alle sinologhe Elena Martino, Mariadele Scotto
di Cesare e Lavinia Benedetti: il confronto di idee e la loro attenzione e precisione
sono stati preziosi in un’operazione così complessa come quella della revisione dei
caratteri cinesi e della loro traduzione.
Un ringraziamento va anche a Sergio Tuccio per i preziosi consigli relativi alla
composizione delle immagini.
I capitoli primo, secondo, terzo, quarto e quinto sono di Marco Meccarelli
I capitoli settimo e ottavo sono di Antonella Flamminii
Il capitolo sesto è di Yee Wah Foo
Indice
9
Prefazione di Alida Alabiso
11
Nota introduttiva di Marco Meccarelli
13
Capitolo primo
Le origini
1. Il caso di Zou Boqi e il dibattito sull’ottica in Cina
2. L’etimologia
3. Il contesto sociale e il dibattito culturale del xix secolo
4. I primi fotograi cinesi
55
Capitolo secondo
Le indagini sul linguaggio fotograico tra teoria e pratica
1. Chen Wanli e Liu Bannong
2. Il padre della fotograia cinese: “Long Chin-San”
3. L’esperienza della fotograia etnograica
4. La fotograia di guerra
81
Capitolo terzo
La fotograia di propaganda invade la Cina
1. Il culto della personalità
2. La fotograia “simbolica” di propaganda
102 Capitolo quarto
L’altra fotograia
116 Capitolo quinto
La svolta degli anni ’70
129 Nota conclusiva di Marco Meccarelli
133 Capitolo sesto
L’Oriente guarda a Occidente. Un fotografo cinese in Europa:
Fu Bingchang
1. Nota introduttiva di Yee Wah Foo
2. Fu Bingchang nella Russia sovietica (1943-49)
3. Fu Bingchang in Francia 1949-53
4. Conclusioni
142 Nota introduttiva di Antonella Flamminii
144 Capitolo settimo
Ad Occidente
1. Nadar e la fotograia concettuale
157 Capitolo ottavo
L’Occidente guarda ad Oriente
1. Felice Beato ed il fotogiornalismo di guerra
2. William Saunders, Milton Miller e la fotograia documetaria
3. John hompson e la fotograia documentaria sociale
4. Reginald Follet Codrington Hedgeland e i Chinese Maritime
Customs: Il conine
5. William Armstrong e la Shanghai Municipal Police
6. Padre Giovanni Bricco e Padre Leone Nani: “L’occhio del missionario dietro l’obbiettivo”
7. G. Warren Swire: l’occhio del commercio e dell’industria
8. La Germania e la fotograia. Ellen horbecke e il fotogiornalismo degli anni ’30 nelle riviste
8.1 Hedda Hammer Morrison e l’armonia tra codici nei libri illustrati
9. Fosco Maraini: la fotograia documentaria e la montagna in Tibet
10. La Francia e la fotograia: Henri Cartier-Bresson e il fotogiornalismo di guerra
11. L’Italia e la fotograia: Caio Garrubba e il fotogiornalismo di pace
223 Nota conclusiva di Antonella Flamminii
225 Immagini
281 Elenco caratteri cinesi
288 Bibliograia
Nota
Per la presente versione si è adottata la trascrizione pinyin, il sistema uiciale del cinese standard, ad eccezione di alcuni nomi di pittori e fotograi
che sono più conosciuti e ormai noti al lettore italiano in altra forma o che
si riferiscono a personalità che hanno dichiarato la propria intenzione di
distaccarsi dall’ideologia vigente in Cina.
Le consonanti si pronunciano approssimativamente come in italiano ma:
j
q, ch
c
x
zh
sh
come
come
come
come
come
come
g
c
z
s
g
sc
in “giorno”
in “cena”
in “mazzo”
in “gente”
in “sciare”
Le vocali si pronunciano, sempre approssimativamente, come in italiano
-ng inale indica nasalizzazione della vocale che precede
È parso importante inoltre far igurare nel testo determinati caratteri cinesi
la cui graia è determinante per comprendere le nozioni da essi rappresentate, pur limitandone la quantità ad un numero ristretto in considerazione
della presenza di un indice dei caratteri cinesi.
Prefazione di Alida Alabiso
Questo studio sulla fotograia in Cina è il risultato di approfondite ricerche che la dott.ssa Antonella Flamminii e il dott. Marco
Meccarelli stanno portando avanti da tempo. Entrambi hanno avuto
modo di conoscere la complessa realtà sociale e artistica della Cina moderna in quanto hanno studiato per anni diversi aspetti della
transizione dalla pittura tradizionale a quella attuale.
In questo ambito l’incontro con la fotograia è stato volutamente
afrontato, dapprima considerandone soprattutto gli aspetti tecnici,
poi quelli più prettamente artistici. I saggi dei due studiosi, complementari tra loro, hanno preso in considerazione l’arrivo e l’evoluzione
della fotograia in Cina, analizzandone soprattutto gli elementi che
la avvicinano alla tradizione pittorica dei secoli passati (Meccarelli).
La dott.ssa Flamminii, dal canto suo, ha focalizzato la ricerca sulla
Cina vista attraverso le fotograie soprattutto di artisti occidentali,
che di quel paese hanno ritratto personaggi, natura, avvenimenti.
L’interesse che la Cina aveva suscitato in Occidente nel XIX secolo,
infatti, ha messo in moto sia fotograi europei che americani, i quali
hanno trovato in quel paese un materiale dalle potenzialità ininite.
Dato che su questo argomento non sono state pubblicate molte
opere, soprattutto in lingua italiana, questo studio, frutto di una
ricerca originale e accurata, ofre al lettore un panorama esauriente
e insieme dettagliato di una produzione artistica che oggi è riuscita
ad integrare e spesso anche a sostituire quella che da secoli in Cina è
stata considerata l’arte per eccellenza, la pittura.
È per questo motivo che analizzando molte fotograie scattate da
cinesi, un esperto della loro arte può riconoscere anche nei paesaggi
e personaggi moderni molte delle caratteristiche che hanno reso la
pittura cinese unica al mondo e che sono talmente radicate da essere
riproposte anche quando viene usata la più moderna tecnologia.
Le fotograie scattate da artisti occidentali invece, sono state scelte per mostrare al lettore tutta la curiosità del nostro mondo per
aspetti culturali, umani, naturali, di un paese che solo da pochi anni
ha attirato l’attenzione dell’Occidente ma che per secoli ha inluen9
zato le culture di tutto l’estremo oriente con le sue scoperte, i suoi
pensatori, la sua arte, la sua laboriosa popolazione e la bellezza della
sua natura.
Nel complesso quindi, questo volume originale, ben scritto e
molto documentato, analizza come la fotograia eseguita da artisti
cinesi, ma anche occidentali, sia passata da elemento importato a
fattore artistico in grado di dare origine ad opere in cui artisti cinesi
ed occidentali continuano ancora oggi a coniugare tecniche moderne e tradizione antica.
Alida Alabiso
Docente di Archeologia, Storia dell’Arte
e Filosoie dell’Asia Orientale
Università di Roma “Sapienza”
10
Nota introduttiva di Marco Meccarelli
La nascita e l’afermazione della fotograia in Cina aprono una serie di questioni che sono attualmente oggetto di studio approfondito
e di continua revisione. Solo in questi ultimi anni si sta tentando,
non senza diicoltà, di proporne una cronologia che prende avvio
dalle origini nel XIX secolo, come testimoniano le fondamentali ricerche a cura di Bennett (2009) e di Cody e Terpak (2011).
In linea con gli studi curati da Pinney e Peterson (2003) e con la
tendenza a prediligere un “processo globale” circa l’invenzione fotograica che ha accomunato più o meno contemporaneamente culture diverse e distanti tra loro, lo studio qui presentato proporrà una
rilessione critica sui presupposti teorici e sulle modalità compositive
con cui la civiltà cinese ha proposto nel tempo il peculiare “adattamento locale”, in risposta alle speciiche esigenze sociali e culturali
di adozione e di trasmissione dello strumento. Si crede opportuno
quindi presentare e valorizzare il contatto tra la cultura cinese e quella occidentale e porre in evidenza le modalità con cui il confronto,
soprattutto iniziale, ha permesso la rielaborazione dei canoni appartenenti alla tradizione autoctona.
Gran parte delle ricerche sino ad ora condotte sulla fotograia
cinese hanno infatti posto l’attenzione prevalentemente sull’utilizzo
dello strumento per reportage di scene realistiche volte alla documentazione sociale, almeno ino agli anni ’70 del XX secolo. Tale
interpretazione si basa sulle premesse estetiche promulgate dal sistema ideologico del periodo maoista che ha in efetti considerato
la fotograia un mezzo propagandistico di legittimazione del proprio potere; lo studio qui presentato nasce col valutare anche quegli
elementi che, sin dagli albori, caratterizzano l’indagine cinese e che
permangono nel tempo, nonostante le diicoltà per le ingerenze politiche: trattasi di una costante sperimentazione, prevalentemente di
carattere amatoriale, che pur essendo sotterranea a quella uiciale,
riuscirà persino a contaminarla. Il procedimento compositivo che
prelude alla fotograia cinese, è opportuno segnalarlo, presenta molti
aspetti in comune coi presupposti teorici e tecnici della tradizionale
11
pittura di paesaggio e talora sorprende per il carattere improvviso e
dirompente con cui riesce ad emergere in supericie, catalizzando il
fulcro della creatività artistica.
Assieme alla fotograia mirata a scopi prettamente utilitaristici e
da documentario, sembra afermarsi in Cina anche un genere che
riproduce la perfezione tecnica, su esempio degli antichi maestri di
pittura, di un’interpretazione aderente alla natura; quest’ultimo genere convive sempre con quello a sfondo socio-politico che intende
fornire una visione personale e interna del momento storico.
La ricerca qui esposta verterà sull’analisi dei principi e delle tecniche su cui si basa la fotograia, attraverso quegli autori che hanno lasciato la propria traccia espressiva nel tempo, con cui rilettere
sui cambiamenti avvenuti dalla seconda metà del XIX secolo ino al
1979, alla luce dei mutamenti sociali e politici che hanno profondamente inluenzato temi, modalità espressive e tecniche. La fotograia
cinese, infatti, come tutte le altre manifestazioni artistiche, è stata
fortemente condizionata dagli avvenimenti che hanno caratterizzato
i vari periodi storici mentre gli artisti di ogni epoca hanno talora
mantenuto viva, con modalità espressive sempre aderenti alle problematiche scaturite dalla contemporaneità, la tradizione tramandata nei secoli.
Nel confronto con l’Occidente, risulta particolarmente interessante, inoltre, prendere in esame proprio quegli elementi che, di
fronte a una contaminazione stilistica tra culture diverse, rimangono
sempre profondamente validi, se non talora addirittura riproposti
con modalità espressive più complesse, per l’urgenza di rispondere adeguatamente alle esigenze della contemporaneità: nelle opere
degli artisti permane infatti con vigore la necessità di riadattare i
presupposti teorici della propria tradizione millenaria, alle modalità
espressive che rivelano il proposito di rientrare nei canoni delle più
attuali indagini.
12
Capitolo primo
Le origini
La nascita della fotograia in Cina coincide con un episodio tra
i più dolorosi della sua storia moderna: la prima guerra dell’oppio
(1839-1842).
La debolezza militare e gli squilibri sociali su cui si reggeva il sistema politico cinese nel XIX secolo, agevolarono le mire espansionistiche delle potenze europee che culminarono con i trattati di Nanchino (1842), di Tianjin (1858) e di Pechino (1860); l’impero fu
costretto al pagamento di indennità e all’apertura di numerosi porti,
con concessione di libera circolazione sul suo territorio di missionari
stranieri. Le potenze occidentali ottennero legazioni diplomatiche
all’interno della capitale, esenzioni doganali e inine libero accesso
delle loro lotte alla rete luviale cinese. La guerra sino-giapponese
del 1895 e la rivolta dei Boxer del 1900 piegarono deinitivamente il
governo imperiale dell’ultima dinastia dei Qing (1644-1911)1: non
è un caso infatti che a questi avvenimenti risalga l’era dell’imperialismo europeo in Cina.
Considerando tutti gli eventi bellici che hanno segnato la storia
del XIX secolo e del suo colonialismo in Asia, si potrebbe sostenere
che l’afermazione della fotograia coincise, almeno per certi versi,
con l’esigenza di manifestare l’osservazione diretta della morte in
battaglia: «non siamo ancora agli orrori delle guerre del Novecento, ma
la coincidenza tra la nascita e i primi sviluppi della fotograia e l’inaugurazione della guerra moderna, industriale, in cui anche la morte assume dimensioni e caratteristiche completamente nuove, è notevole.»2
Da questo punto di vista si ofre un valore aggiunto all’immagine
che, in pittura già con David, Gros, Delacroix aveva sperimentato
La ribellione dei Boxer, approssimativa traduzione inglese di Yihequan 义和拳,
ovvero “pugno per la giustizia e la concordia” fu sollevata contro l'inluenza straniera in ambito politico, religioso e tecnologico.
2
Cfr. G. D’Autilia, L’indizio e la prova. La storia nella fotograia, Pearson Italia
S.p.a., Milano, 2005, p. 83.
1
13
capitolo primo
la raigurazione “dal vero” di eventi storici e bellici, ma solo con i
primi fotograi occidentali ritrae la morte e supera così quell’iniziale
titubanza a mostrare un’immagine troppo “vera”.
Worswick e Spence fanno risalire le origini della fotograia in Cina a un periodo compreso tra il 1850 e il 1912 e fanno aidamento
agli 85 fotograi, per la grande maggioranza occidentali, che testimoniarono con le loro immagini la crisi interna dell’impero.3
Secondo gli studiosi furono soprattutto fotograi commerciali,
missionari, soldati, diplomatici e operatori che afermarono e divulgarono la fotograia come mezzo documentario delle vicende
storiche del periodo. D’altronde i canoni richiesti dalla produzione
ottocentesca si basavano, per buona parte, sulla propaganda e sulla persuasione, strumenti pubblicitari per vocazione, e le immagini
erano utilizzate anche come mezzo di legittimazione delle imprese,
con cui plasmare l’opinione pubblica, attraverso una chiave di lettura dichiaratamente colonialista.
Ad essere precisi le più antiche fonti in Cina su ciò che ancora
non veniva chiamata prettamente fotograia, si riferiscono alle testimonianze contenute nel libro he Life of Sir Harry Parkes del 1894,
dove è menzionata una nota esplicita al 16 luglio del 1842:
«Il generale Malcolm e il dottor Woosnam stanno realizzando un
bozzetto del luogo di oggi sul loro dagherrotipo4. Io non ho capito
tutto: ma esponendo al sole una lastra di acciaio levigato a specchio,
con l’aiuto di qualche vetro o altro, compare la scena di fronte a
te sulla lastra e con alcuni prodotti chimici rimane sulla lastra per
anni. Non so descriverla, è proprio misteriosa.»5
L’immagine in questione dovrebbe riferirsi a una città sconosciuta, lungo le sponde del iume Yangzi, che la British Expeditionary
3
Cfr. C. Worswick, J.O. Spence, Imperial China: Photographs 1850-1912, Penwick Publishing, New York, 1978, pp. 150-151.
4
La dagherrotipia fu il primo procedimento fotograico per lo sviluppo di immagini, perfezionato dal francese Louis Jacques Mandé Daguerre da un’idea di Joseph Niépce e del iglio di quest’ultimo, Isidore. Fu presentato al pubblico nel 1839
dallo scienziato François Arago, presso l’Académie des Sciences e dell’Académie
des Beaux Arts. Cfr. J.A. Keim Breve storia della fotograia, Einaudi, Torino, 2001.
5
Cfr. S. Lane-Poole, he Life of Sir Harry Parkes, Macmillian and co., London New York, 1894, vol. I, p. 31. Harry Smith Parkes (1828-1885) fu un diplomatico cinese che lavorò a lungo in Cina e Giappone. Parkes street a Kowloon (Hong
Kong) è a lui dedicata.
14
le origini
Force percorse per ottenere il famoso Trattato di Nanchino con cui
venne suggellata la ine della prima guerra dell’oppio.6
Come evidenzia Bennett nel recente History of Photography in
China, 1842-1860 - la prima storia completa sulle origini della fotograia cinese in lingua occidentale - non è sopravvissuta nessun’altra testimonianza di questi iniziali esperimenti, ad eccezione dei 37
dagherrotipi di Macao e Guangzhou (Canton), realizzati nel 1844
da Jules Itier (1802-1877) e conservati presso il Musee Francais de la
Photographie: sono uicialmente considerati i primi esperimenti noti
in Cina di un’immagine issata, mediante proiezione ottica, su di un
supporto sensibile alla luce.7
Al 6 marzo del 1845 va fatta risalire l’apertura della prima attività, grazie alla menzione, tra le fonti scritte, di una comunicazione
pubblicitaria per uno studio fotograico avviato a Hong Kong da un
tale Mr West, che Bennett ha riconosciuto come l’americano George
R. West (circa 1825-1859)8.
Indipendentemente dalle ipotesi e dalle testimonianze a noi pervenute, sembra che, per lo meno negli anni ’40 e ’50 del XIX secolo,
il commercio della fotograia non sia stato molto redditizio. Ad eccezione infatti di alcuni missionari e consoli, residenti presso i porti
aperti dopo i trattati, come a Hong Kong e a Macao, l’accesso all’interno della Cina risultava piuttosto impervio agli stranieri e nonostante la richiesta di ritratti, i pochi studi fotograici non sembrano
aver lavorato con facilità. È pur vero che, in base alle ricerche inora
condotte, mentre in Occidente si dava l’avvio con entusiasmo alla
sperimentazione fotograica a tutti gli efetti (non senza polemiche9)
Parkes e gli altri si trovavano a bordo della HMS Queen; il Maggiore Malcolm
era il segretario privato di Henry Pottinger, primo governatore di Hong Kong. Il
Trattato di Nanchino costrinse l’apertura di cinque porti. L’isola di Hong Kong
e nel 1860 la penisola di 九龍 Kowloon (Jiulong) furono formalmente cedute
agli inglesi mentre i portoghesi ebbero il controllo di Macao sin dalla metà del
XVI secolo. Sul trattato di Nanchino cfr. J.K. Fairbank, Trade and Diplomacy on
the China Coast: he Opening of the Treaty Ports, 1842-1854, Harvard University
Press, Cambridge, 2 voll., 1953.
7
Cfr. T. Bennett, History of Photography in China, 1842-1860, Bernard Quaritch
Ltd., London, 2009 e J. Stuart, E. Sakakida Rawski, Worshiping the Ancestors:
Chinese Commemorative Portraits, Freer Gallery of Art, Stanford, 2001, p. 166.
8
Cfr. T. Bennett, op. cit., p. 11
9
Già ai suoi esordi la fotograia aveva scatenato un’accesa diatriba: Barthes la fa
originare al fatto che essa realizzava, per la prima volta nella storia, il mito dell’
aχειροποίητος (acheiropoietos), vale a dire l’immagine non generata
6
15
capitolo primo
in Cina le attività stentavano molto a decollare; a Pechino inoltre, sede del governo centrale e roccaforte della tradizione uiciale, i Qing
si dichiaravano apertamente ostili alla divulgazione della cultura occidentale e quindi anche a tutti quei mezzi che potevano riferirsi in
qualche modo ad essa: non a caso la prima attività fotograica nella
capitale cinese, la Fengtai, aperta da Ren Jingfeng (1850-1932), va
fatta risalire solamente al 1892.10
Non sono da sottovalutare altri fattori intervenuti agli esordi
a complicare lo sviluppo della fotograia: il clima estivo torrido e
umido della Cina accelerava non poco i processi di alterazione delle
sostanze chimiche utilizzate, mentre le forniture di acqua dolce non
erano sempre facili da reperire. Le vie di comunicazione interne,
inoltre, costituite da strade sterrate e impervie da attraversare, rappresentavano un rischio notevole per il danneggiamento delle lastre
di vetro e delle varie attrezzature; non da meno un’insita ostilità dei
cinesi verso gli stranieri, anche per ovvie motivazioni storiche, e la
superstizione popolare che considerava la fotograia, per la sua eccezionalità tecnica, un mezzo per evocare spiriti maligni11. Tuttavia,
dal 1860 il progressivo aumento della popolazione nei vari insediamenti costieri ha permesso una lenta ma costante indagine.
In linee generali è possibile sostenere che gli studi inora condotti
sulla nascita della fotograia in Cina protendono comunemente a
enunciare due presupposti fondamentali: la paternità dell’invenzione e l’evento che ne permise la propagazione nell’impero.
da mano umana. Cfr. R. Barthes, Camera Lucida: Relections on Photography, London, 1981, p. 82. Senza soluzione di continuità il dibattito teorico che si afermò
tra la seconda metà del XIX secolo e la prima metà del XX, vedeva da un lato
ammiratori come Zola (1840-1902) che esaltavano la precisione imparziale della
macchina fotograica, dall’altro detrattori come Baudelaire (1821-1867) che la
consideravano inadatta a cogliere gli efettivi caratteri dell’esigenze della contemporaneità e della loro viva dialettica, né trascendere le nuove forme del narcisismo:
l’industria e il culto del progresso. Cfr E. Grazioli, Corpo e igura umana nella
fotograia, Bruno Mondadori, Milano, 1998, p. 25.
10
Cfr. Edwin K. Lai, he History of the Camera Obscura and Early Photography
in China in Brush and Shutter: Early Photography in China, J.W. Cody-F. Terpak
(eds), Getty Publications, Los Angeles, 2011, p. 29; C. Philips, he Great Transition: Artists’ Photography and Video in China in Between Past and Future: New Photography and Video From China, Wu Hung (edit), catalogo mostra, Smart Museum
of Art, New York, 2004, pp. 40-41.
11
Cfr J. Hannavy (edit), Encyclopedia of Nineteenth-Century Photography, Taylor &
Francis Group, New York, 2008, p. 293.
16
le origini
Le origini dello strumento fotograico vengono fatte risalire al
1839, ad opera di più ricercatori di diverse nazionalità, tra cui il
parigino J. L. M. Daguerre (1787-1851), che “perfezionò” il dagherrotipo, l’antesignano della fotograia.12
La prima guerra dell’oppio con la conseguente penetrazione
commerciale europea che aveva messo a nudo la debolezza militare
dell’impero, fu invece l’occasione che permise la trasmissione di questa scoperta in Cina, come testimoniano le numerose personalità che
presero parte alle missioni diplomatiche, religiose ed economiche del
periodo.
I due presupposti sono considerati l’uno consequenziale all’altro,
poiché furono principalmente gli inglesi, i francesi, gli americani e
i missionari che, con l’obiettivo di testimoniare le vicende storiche
del periodo, iniziarono a fare uso del mezzo fotograico, per poi divulgarlo nell’impero.
Alcuni studi recenti tendono, però, a limitare la supremazia europea della visione fotograica per far emergere altri due aspetti in
particolare, risultato dei proicui contatti instaurati nel tempo tra
le varie culture: da un lato sembra afermarsi un “processo globale”
- una sorta di zeitgeist (spirito d’epoca) che ha accomunato più o
meno contemporaneamente civiltà diverse e distanti tra loro - che
è di premessa all’invenzione della fotograia; dall’altro l’innovativo
“adattamento locale” che ha fornito la risposta alle peculiari esigenze
di trasmissione di ogni singola cultura e che si presenta per questo in
modalità espressive e d’indagine sostanzialmente diferenti.13
È fuori discussione che il XIX secolo abbia rappresentato un periodo in cui la “visione” ha assunto un’importanza assai notevole sia
in Oriente che in Occidente. I processi che hanno portato all’invenzione della fotograia e di nuove tecniche di stampa sempre più
eicaci, sono stati cruciali per le varie realtà sociali, le quali hanno
concretizzato, in maniera più visibile, le peculiari fasi di modernizzazione. In in dei conti è stato un secolo che ha registrato un incredibile avanzamento del progresso e dell’uso di nuove tecnologie visive
e di osservazione.
Per approfondimenti sulla fotograia occidentale e il suo rapporto con la Cina
cfr la sezione presente in questo libro ad opera di Antonella Flamminii.
13
Cfr. ad esempio C. Pinney, N. Peterson (eds), Photography’s Other Histories,
Duke University Press, Durham, 2003.
12
17
Capitolo sesto
L’Oriente guarda a Occidente. Un fotografo cinese in Europa:
Fu Bingchang
1. Nota introduttiva di Yee Wah Foo*
Nel tracciare e analizzare la nascita e afermazione della fotograia
in Cina dalla prima guerra dell’oppio dalla metà del XIX secolo, ino
al periodo di ‘riforma e apertura’1 sotto la guida di Deng Xiaoping nel
1979, Meccarelli ha portato alla luce nuove linee di pensiero circa le
diverse tecniche stilistiche e le modalità espressive utilizzate dai fotograi e artisti cinesi che vivevano e lavoravano (per la maggior parte)
in Cina. Ma che dire di quegli artisti cinesi che hanno visitato, vissuto, lavorato all’estero e in Occidente? Le loro tecniche stilistiche si
distinguono da quelle dei loro connazionali in patria? Erano ispirati
comunque dalle loro ancestrali tradizioni artistiche o anche costretti a
sottostare agli imperativi ideologici della loro generazione? Nel divario esistente tra Oriente e Occidente, in che modo la loro percezione
della forma, della bellezza e dei soggetti, si riadatta al nuovo ambiente
straniero? Un caso di studio interessante e insolito tra i fotograi che si
sono mossi tra questi due mondi culturali, est e ovest, è Fu Bingchang.
Come testimoniato in precedenza da Meccarelli, Fu era un fotografo
dilettante attivo e proliico in Cina ino al 1943 quando il suo leader,
il Presidente Generale Chiang Kai-Shek, lo invitò a coprire un nuovo ruolo come ambasciatore in Unione Sovietica2. Fu trascorse quasi
*
Yee Wah Foo senior lecturer in Relazioni Internazionali all’Università di Lincoln
(UK) è membro onorario del Museo di Nanchino (Cina).
1
改革开放 (gaige kaifang).
2
Per ulteriori dettagli sugli anni trascorsi da Fu Bingchang nell’Unione Sovietica,
si invita alla lettura di Foo, Y.W. ‘Fu Bingchang’s Wartime Diaries: Chiang Kai-shek’s
Last Ambassador to Moscow’, Palgrave Macmillan, 2010; Foo, Y.W. (December
2007) 蒋介石最后一任驻苏大使傅秉常在苏联的日子 'Fu Bingchang: Chiang
Kai-shek’s last Ambassador to Soviet Russia: Purpose and Management, Republican
Archives, Issue 4, pp: 55-60. ISSN 1000-4491; Foo, Y.W. ‘From Chiang Kai-shek
to Mao: Fu Bingchang, Chiang Kai-shek and Yalta’, Cold War History, Vol. 9, n.
133
capitolo sesto
sette anni nella Russia Sovietica (1943-1949), e poi altri otto anni in
Europa (1949-1956) prima di fare ritorno al governo nazionalista a
Taiwan.
Testimonianze sui fotograi cinesi che hanno lasciato la Cina
prima del 1970 per lavorare in Occidente sono limitate e diicili da reperire e documentare, quindi è una fortuna che Fu abbia
lasciato un interessante resoconto fotograico e scritto sulla sua
prodigiosa produzione3. La storica dell’arte, Martha Sandweiss, ha
notato che quando si tratta di ricercare fonti e di comprovare le
informazioni, i primi fotograi sono da considerarsi soggetti di dificile investigazione perché hanno lasciato testimonianze alquanto disomogenee, dal momento che erano persone che spesso si
muovevano dentro e fuori dalla professione di fotografo: ferventi
dilettanti, professionisti di breve durata o attivi in altri campi4. Fu
può essere considerato un fervente dilettante che prese il suo mestiere seriamente ed appassionatamente e, allo stesso tempo, mantenne un ruolo importante in qualità di politico e diplomatico
nella Repubblica Cinese. Fortunatamente ha lasciato un resoconto
scritto piuttosto ricco e dettagliato. Usando i diari di Fu è possibile risalire a quando e dove molte delle sue immagini siano state
scattate e constatare l’estensione dell’inluenza che il suo ambiente
ha avuto su di lui. In Europa egli continuò a sviluppare la sua
passione per la fotograia, assiduamente, stampando, allargando,
tagliando e montando tutte le sue composizioni. È interessante
notare, riguardo alle sue fotograie prodotte (come fotografo cinese in Occidente) che i suoi soggetti, le sue rappresentazioni e le sue
modalità espressive, così ben evidenziate dal Meccarelli nei precedenti capitoli, cambiarono signiicativamente. Si potrebbe pensare
che c’era da aspettarselo. Dopo tutto, quando Fu si stabilì nella
Russia sovietica, era profondamente estraniato, sia spiritualmente
che isicamente, e infatti il suo diario è disseminato di desiderio
3, August 2009; J.W. Garver, Chinese Soviet Relations 1937-45, Oxford University
Press, Oxford, 1988.
3
Le immagini di Fu sono state digitalizzate nel sito web ‘Historical Photographs
of China’ edito da Robert Bickers. Access: http://chp.ish-lyon.cnrs.fr.
4
Martha A. Sandweiss, Foreward in Palmquist, Peter E., Photographers: A Sourcebook for Historical Research’. Carl Maultz Publishing, CA., Navada City 2000.
134
l’oriente guarda a occidente. un fotografo cinese in europa: fu bingchang
verso la sua terra natale5. Inoltre, si deve tener ben presente che
in Europa c’erano molte meno comunità cinesi rispetto ad oggi.
Quando Fu viveva in Cina e scattava fotograie lì, lavorava in un
ambiente familiare e confortevole. Molti dei soggetti che ha scelto
erano persone che conosceva; esse condividevano con lui la stessa
lingua, la stessa cultura, le stesse convinzioni ed anche la stessa
isionomia. Quello che ha costruito attraverso le sue immagini del
periodo cinese, venne poi adattato ad una nuova esperienza, ad
una estetica diferente e ad una nuova interpretazione; quella di
un fotografo cinese, che vive e lavora in un mondo eccitante e
“nuovo”: ovvero l’Occidente.
2. Fu Bingchang nella Russia sovietica (1943-49)
Per ragioni di sicurezza interna, c’era stato il bando totale della fotograia nella Russia sovietica durante tutta la seconda guerra
mondiale. Di conseguenza quando Fu iniziò il suo lavoro a Mosca,
scattò solo poche foto, soprattutto autoritratti nel suo uicio e vedute delle stanze in cui viveva dentro l’ambasciata cinese. Solo dopo la
vittoria dell’agosto del 1945, quando tutte le restrizioni furono abolite, gli fu possibile riprendere il suo vecchio hobby. ‘Da quando il
divieto è stato abolito, ho qualcos’altro da fare nel mio tempo libero’
scrisse nel suo diario. Questo lo rese felice. Oltre alla Leica tedesca
che aveva usato in Cina, Fu iniziò anche a condurre esperimenti con
una Contax, una macchina di seconda mano che aveva comprato nel
19456. Realizzò quasi tutte le sue stampe, ingrandimenti e ritocchi a
Mosca, mantenendo così il totale controllo sull’aspetto estetico. Tagliava anche i suoi negativi e (probabilmente) utilizzava una matita e
un righello per marcare le sue nuove composizioni. Fece esperimenti, perino nella Russia sovietica, con macchine fotograiche mobili,
usando una Moviecom e una Bolex.7
Le immagini che Fu scattò in Unione Sovietica diferiscono considerevolmente nello stile dalle molte centinaia di foto dell’elite del
Fu, Bingchang., ‘Diary of Fu Bingchang’, 8 Gennaio 1943. (In possesso dell’autore).
Fu, Bingchang., ‘Diary of Fu Bingchang’, 1 Agosto 1945. (In possesso dell’autore).
7
Foo, Y. W., A Chinese Photographer: Foo Pingsheung (Fu Bingchang’) in Bickers R. (editor), Picturing China 1870-1950. Photographs from British Collections,
Bristol, 2007, p. 47
5
6
135
capitolo sesto
Guomindang scattate in Cina: le donne soisticate del suo ambiente
sociale e i panorami cinesi. I soggetti che sceglie in questo suo nuovo
ambiente non gli sono così familiari; erano spesso estranei: uomini, donne e bambini che guardano nella macchina di uno straniero.
Senza dubbio, Fu divenne un vero estimatore del popolo delle campagne di Russia e provò un grande rispetto per loro. Li descrisse come ‘calorosi ed ospitali’, e notò ‘quando gli veniva chiesto, raramente
riiutavano di essere fotografati; non sono freddi come gli inglesi e i
tedeschi’8. Fece numerosi scatti a gente comune del posto, durante
la loro vita di tutti i giorni e anche all’operatore della sua dacia, il
cui volto lineare e la lunga barba lo rendevano il candidato ideale
per la fotograia ritrattistica. La didascalia in un album di foto, di un
ritratto di quest’uomo dice: ‘il nostro vero e proprio Tolstoy’9 (ig.
83, l’operatore e la sua famiglia). Una volta tornato in Cina, Fu non
scelse di ritrarre la gente comune cinese, le masse. Non gli interessavano, in quel periodo preferiva ritrarre un tipo di bellezza diversa,
una che fosse urbana e che mostrasse il progresso di una Cina come
una nazione moderna. Le immagini ‘esotiche’ e rurali dei contadini
cinesi Han che rimangono oggi, sono molto più evidenti nelle opere
di fotograi occidentali che visitarono e risedettero in Cina, come
William Armstrong e Hedda Morrison. Però, nella Russia sovietica,
proprio come Armstrong e Morrison, Fu era uno straniero in terra
straniera, e, come tale, anche lui volle registrare la gente comune che
viveva e lavorava in questo posto nuovo: le loro normali attività e cosa facessero per divertirsi. Per lui, tutto ciò era esotico. La fotograia
di una donna russa che coglie funghi (ig. 84) mostra chiaramente
come il fotografo fosse capace di entrare in empatia con la gente
che sceglieva di ritrarre. L’immagine proietta un calore che rilette
la visione idealizzata che Fu aveva dei russi, degli onesti contadini
gran lavoratori. I soggetti sembrano rilassati. La donna siede sotto
le lenti senza alzarsi, in posa per lo straniero in posizione bassa quasi in ginocchio, vulnerabile ma comunque rilassata, con un sorriso
naturale. Sullo sfondo, al centro, una vecchia e una bambina con un
cappello ed il suo cestino di funghi, camminano dritto in direzione
del soggetto principale: tre generazioni che raccolgono cibo per l’inverno. Fu descrive quel giorno d’autunno nel suo diario, ‘abbiamo
guidato per 20 chilometri a sud di Mosca ino ad un posto dove la
8
9
Ibid., 1 Agosto 1945.
Fu, Bingchang., ‘Diary of Fu Bingchang’, 26 Agosto 1945. (In possesso dell’autore).
136
Nota introduttiva di Antonella Flamminii
L’indagine sulla fotograia in Cina ha comportato, inevitabilmente, una rilessione sulla relazione che l’Occidente ha voluto stabilire
con questo paese in dall’invenzione della nuova tecnica. Avendo
ben presente la itta e millenaria rete di contatti e scambi presenti
tra Occidente e Cina, si è voluta fornire una panoramica dell’ambito
storico e del contesto culturale in cui la fotograia ha avuto modo
di essere utilizzata quale strumento espressivo e si sono poi seguite
in particolare le modalità che gli artisti e le artiste hanno voluto
scegliere per condurre un confronto tra i due mondi attraverso la fotograia, con esiti di grande complessità ed il risultato di un dialogo
condotto con un nuovo codice inalmente condiviso.
La fotograia ha avuto sin dalle origini coscienza del suo essere
concettuale, di rilettere cioè su se stessa e di essere un codice, come
la scrittura, mentre mostrava contemporaneamente una riproduzione della realtà, attraverso la rete di difusione già elaborata per le altre
tecniche di produzione di immagini.
Ha poi iniziato ad afermare una propria autonomia quale forma
artistica, con le riviste propriamente fotograiche, con i libri d’autore, con le mostre dedicate; le avanguardie storiche occidentali hanno
usato la fotograia, accanto alle altre tecniche, per le loro sperimentazioni, cogliendone l’aspetto innovativo. Intanto anche la ricerca
tecnica è proseguita e l’apparire della macchina fotograica portatile
di piccolo formato ha favorito l’afermazione del fotogiornalismo e
ha permesso di allargare la possibilità di realizzazione e di difusione
della fotograia, all’interno della mondializzazione tecnica dei mezzi
di comunicazione avvenuta in concomitanza con la seconda guerra mondiale. In riviste come “Life” la foto ha acquisito prevalenza
sul testo, mentre si è iniziata a scrivere la storia della fotograia e
si è arrivati alla sua musealizzazione, con l’allestimento delle prime
mostre in sedi uiciali, precedentemente riservate ad altre tecniche
espressive.
Quella tendenza alla reciproca conoscenza, avviata anche in campo fotograico alla ine dell’800, sia in ambito occidentale che orien142
tale ed interrotta dalle due guerre mondiali è quindi riapparsa ed è
giunta ad un risultato non indiferente, poiché la fotograia è divenuta un codice mondialmente condiviso e compreso: come i caratteri cinesi è un’immagine stilizzata, come i caratteri occidentali assume
un signiicato in combinazione con altre immagini ed in relazione
alla cultura di appartenenza; la fotograia sa di essere un’interpretazione della realtà, sia nel momento in cui l’autore realizza un’immagine che in quello in cui l’osservatore la guarda e la interpreta. È nato
un codice compreso in tutto il mondo, che assume un signiicato
particolare legato alla singola identità culturale, ma che è diretto ad
un’utenza globale: è una via di comunicazione sempre aperta che
implica una rilessione costante, sulla realtà mostrata e sui modi e le
inalità di rappresentazione; è una visione consapevole, che implica
un suo uso attivo da parte dell’osservatore: che cosa si sta guardando
e che cosa intende comunicarci?
143
Capitolo settimo
Ad Occidente
Fotograia: dal greco phos, genitivo photos, che signiica “luce” e
graphia, da graphem, che signiica “scrivere, tracciare dei segni”, di origine indoeuropea1. Si intende con questo termine il “procedimento
ottico, meccanico e chimico mediante il quale si ottengono immagini
dovute alle variazioni prodotte dalla luce su determinate sostanze”.2
Nella deinizione è già indicata la doppia natura del mezzo espressivo: l’immagine fotograica è il risultato di un processo chimico generato dalla natura e dunque indipendente dall’agire umano, che però
risulta determinante nella scelta della tecnica e della porzione di realtà
da riprodurre: anche se si è arrivati a scrivere che la fotograia genera se
stessa3, non è esattamente così, poiché la natura non ha alcun interesse
a replicare il suo costante divenire, mentre invece è l’uomo che ha sentito la necessità di immortalare (nei limiti di conservazione del mezzo)
l’immagine legata ad un determinato istante; senza dimenticare che
l’uomo è parte della natura ed è forse nella diversa considerazione del
rapporto con essa che poggia la diferenza nell’approccio alla fotograia e i conseguenti risultati che è possibile osservare in Occidente ed
in Oriente: al rapporto di distinzione tra uomo e natura proprio della
cultura occidentale corrisponde un rapporto di fusione tra i due elementi nella visione dell’estremo Oriente e nella fattispecie cinese.
La cultura occidentale poggia le sue fondamenta, tra gli altri
valori, sulla distinzione aristotelica tra osservatore umano e natura, laddove deinisce l’intelletto come “separato, impassibile e senza
mescolanza”, poiché viene “dal di fuori” ed è “divino”; come scrive
Francesco Adorno, è “chiaro, dall’insieme del discorso aristotelico,
che il conoscere intellettivo si conigura come conoscenza dell’intellegibile astratto dalla sensibilità, e quindi colto nella sua universalità,
Cfr. N. Zingarelli., Vocabolario della lingua italiana, Bologna, 1996.
Ibidem.
3
R. Barthes., Camera lucida. Relections of photography, London, 1981, p. 82.
1
2
144
ad occidente
non condizionata dal limite sensibile”4; tale diferenziazione è divenuta uno dei principali elementi dell’identità del singolo e della sua
presa di coscienza del sé e ciò ha prodotto una disposizione a realizzare immagini, generate dal proprio universo culturale, che mostrano
l’esterno da sé, sia pure con una parallela rilessione sul senso di tale
scelta. Platone ha poi rilettuto sul ruolo dell’immagine, in quanto
imitazione della realtà, che a sua volta sarebbe imitazione di un’idea;
nella sua concezione del mondo come apparente, che sembra, la cui
essenza sarebbe in una dimensione ideale, Platone giunge ad una
svalutazione dell’immagine5, ma è comunque cosciente della sua necessità per rendere visibili le idee, altrimenti non comunicabili solo
attraverso il logos, la parola.6
In Occidente la scrittura ha aiancato l’immagine nell’espressione del pensiero umano e non casualmente, ma proprio in relazione
alla suddetta visione del mondo, è nata dai sigilli che venivano apposti su argilla per indicare la proprietà del grano nei primi depositi
collettivi, dal VII millennio avanti Cristo7. La scrittura sumerica,
come quella egiziana, è pittograica come poi quella di Creta, che a
metà del II millennio viene adottata dai greci: saranno loro ad aggiungere le vocali e a dare a tutti i segni una funzione di trascrizione
dei suoni pronunciati mediante segni poi combinati a formare le
parole, inalmente portatrici di un signiicato.8
Scrittura e immagine si avviano quindi, in Occidente, a rendere
manifesta la visione del mondo umana, mentre in estremo Oriente
la visione della natura come insieme onnicomprensivo e dell’uomo
come elemento che ne è parte si esplicita attraverso una scrittura che è
immagine in dalle origini e che nel tempo mantiene rapporti strettissimi con la pittura9. Scrittura e immagine rimangono invece separati
in Occidente, anche se a volte accostati, come nel caso dei codici mi4
F. Adorno, T. Gregory, V. Verra, Storia della ilosoia, Bari, 1993 (1973), vol. I,
p. 156.
5
Platone, Repubblica, libro X, 597b; vedi l’edizione critica di M. Vegetti per i tipi
di Bibliopolis, Napoli 2007 e la relativa panoramica della letteratura critica.
6
E. Cassirer., Eidos ed eidolon. Il problema del bello e dell’arte nei dialoghi di Platone (1924), tr. it. di A. Pinotti, a cura di M. Carbone, postille di M. Carbone, R.
Pettoello e F. Trabattoni, Milano 2009.
7
M. Frangipane, La nascita dello Stato nel Vicino Oriente, Bari, 1996, p. 60.
8
D. Schmandt-Besserat, “Dal contabile allo scrittore”, Le Scienze dossier, 2002, n.
12, pp. 16-20. Vedi anche gli altri articoli sullo stesso testo.
9
Vedi il testo di Marco Meccarelli in questo volume.
145
capitolo settimo
niati medioevali o delle iscrizioni a volte inserite nelle raigurazioni,
nei rebus, nei fumetti o in alcuni testi a stampa e nelle opere delle
avanguardie del ’900, ma sempre con l’autonomia data dall’essere codici diferenti, con proprie regole interne10. Si assiste quindi ad uno
sviluppo parallelo, che vede da un lato la calligraia tramutarsi in carattere da stampa nella metà del XV secolo con Johann Gutenberg
(1394/99circa -1468) in Germania11, senza dimenticare il contributo
di Aldo Manuzio (1449-1515) con l’invenzione del carattere “corsivo” (o aldino), col quale intendeva riprodurre l’eleganza della calligraia cancelleresca rinascimentale12, e dall’altro il disegno tramutarsi in
incisione su matrice con l’elaborazione di una nuova tecnica che ne
permette la riproducibilità attraverso gli stessi mezzi della scrittura.13
Uno schema ci permette di seguire lo sviluppo delle tecniche a intaglio e incisione prima e poi, dopo l’invenzione dei caratteri mobili,
del percorso parallelo di scrittura e immagine.
Intaglio
Matrici in cavo per fusione
Calco da forme in rilievo
Conio in cavo per monete
l
Sigilli in cavo
Stampini in cavo e a rilievo
l
Forme per sbalzo e metalli
Matrici lignee in rilievo per stofe
Incisione
Graito e incisione su pietra,
avorio,terracotta etc.
l
l
l
Incisione su metallo
Bulino e cesello
I
Agemina e niello
I
Vedi U. Eco, Trattato di semiotica generale, Milano, 1993.
Inizia la sua attività come apprendista orafo e si occupa del conio delle monete.
Per l’attività successiva esiste un’ampia bibliograia; vedi ad esempio G. Bechtel,
Gutenberg et l’invention de l’imprimerie, Fayard, 1992.
12
Sulla igura di Aldo Manuzio vedi la voce relativa nella home page del progetto
Mille anni di scienza in Italia, opera dell’Istituto Museo di Storia della Scienza di
Firenze. Vale la pena qui ricordare che Manuzio si occupa anche della sistemazione
della punteggiatura, della numerazione delle pagine su entrambi i lati e dell’introduzione del formato ottavo, più maneggevole.
13
Lo schema che segue nel testo è tratto da S. Massari, F. Negri Arnoldi, Arte e
scienza dell’incisione. Da Maso Finiguerra a Picasso, Roma, La Nuova Italia Scientiica, 1987, p. 29.
10
11
146
ad occidente
Difusione uso carta Europa XIV-XV sec.
l
Xilograia (carte tirate a mano)
l
Prove di niello su carte tirate a
mano
l
Opus interrasile
l ……. Introduzione torchio XV secolo ……. l
I
l
l
Stampa libri xilograici
l
l
(impressioni tabellari)
l
Caratteri mobili e stampa
l
stampa calcograica
tipograica (metà XV sec.)
l
Fogli liberi (XV sec.)
l
l Illustrazione testi (XVI sec.)
l
Stampa xilograica
l
l
fogli liberi e illustrazioni
l
l
testi (XV sec.)
l
l
l
l
--------------- Libro illustrato ---------------
Intanto la rilessione teorica prosegue: in precedenza si erano avuti, in ambito occidentale, più sistemi prospettici, legati a più punti
di vista, espressione di altre visioni del mondo: si giunge nel ’400
all’invenzione e alla prima formulazione della prospettiva con punto
di vista centrale ed unico da parte di Filippo Brunelleschi ed alla sua
teorizzazione da parte di Leon Battista Alberti, nel Trattato della pittura del 143614, quale “applicazione alla visione delle leggi della geometria euclidea”, in modo da dare “lo spazio come rappresentazione
inita dello spazio ininito”15 così come l’uomo la percepisce dal suo
punto di vista; come scrive ancora Argan: la prospettiva è bensì una
rappresentazione dello spazio, ma di uno spazio pensato come dimensione della relazione e quindi dell’azione umana. È inine, il rapporto dell’uomo col mondo …La prospettiva non fenomenizza la
14
15
G.C. Argan, Storia dell’arte italiana, Firenze, , 1977 (1968), vol. 2, p. 80.
Ivi, p. 81.
147
ig. 1 Strumenti utilizzati da Zou Boqi per le sue indagini sulla fotograia
ig. 2 Zou Boqi Autoritratto, 1850 circa
probabilmente ambrotipo su vetro (Museo di Guangzhou)
ig. 3 Pagina tratta dal Supplemento sullo studio e ricerca della
tecnologia di Zou Boqi
ig. 4 Pagine tratte dall’Enciclopedia di
Shen Kuo
ig. 5 Studio Tingqua, 1840-50
gouache su carta © 2011 by he Kelton Foundation
ig. 6 Ren Yi L’uiciale trasandato (ritratto di Wu Changshi), 1888
inchiostro e colori su carta (Museo Provinciale del Zhejiang, Hangzhou)
ig. 7 Ju lian Fiori e uccelli
inchiostro e colori su carta (collezione privata)
ig. 8 Lai Afong Veduta del iume Min
da un album di 60 vedute di Fuzhou e del iume Min, 1870 circa
stampa con albumina (Terry Bennett Collection of Early Chinese Photography)
ig. 9 Lai Afong Due donne in uno studio, una vestita da erudito, 1885
stampa con albumina (collezione privata)
ig. 10 Lai Afong Paesaggio di Hong Kong, ine anni ’60 del XIX sec.
stampa con albumina (collezione H. Kwan Lau, New York, Londra)
ig. 11 Mi Fu (attribuito) Pini e montagne in primavera, 1100
inchiostro e colori su carta (Museo Nazionale di Palazzo, Taipei)
ig. 12 Lai Afong Panorama della città di Woo-Chow, 1860 circa
stampa con albumina (Clark Worswick collection of photographs of China and
Southeast Asia, he Getty Research Institute, Los Angeles, [2003.R.22])
ig. 13 Liang Shitai Ulysses S Grant e Li Hongzhang, Tianjin, 1879
stampa con albumina (China Photography Museum [CPA])
ig. 14 Liang Shitai Uno degli eunuchi del Palazzo, Pechino 1860–79
stampa con albumina (he Getty Research Institute, Los Angeles [2009.R.5])