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Storia della fotografia in Cina. Le opere di artisti cinesi e occidentali

2011

La Cina e gli sguardi. Impressioni d'Oriente ed Occidente. All'inizio è una nuova apparizione, fondata sul passato e poi, via via, si precisa e si impiega per molteplici usi: ricerca interiore ed esterna, mappatura del mondo, luogo di relazione e di confronto, all'interno della propria cultura e con le altre. Per la prima volta viene qui fornito un contributo italiano al dibattito internazionale: una proposta d'indagine storica, condotta secondo un innovativo metodo critico, sulla nascita e sul divenire della fotografia in Cina fino al 1979, sia dal punto di vista orientale che da quello occidentale. Si partecipa così a quel dialogo ininterrotto che ha contribuito a generare una visione comune, tra culture : così lontane e così vicine

Arte 1 1. Mondo Orientale collana diretta da Alida Alabiso in copertina Long Chin-san Il maestro all’ombra del pino, ritratto di Chang Dai-chien, 1962 L’Editore dichiara la propria disponibilità all’assolvimento dei suoi obblighi per la riproduzione delle immagini per le quali non è stato possibile risalire alla fonte. prima edizione novembre 2011 © 2011 NOVALOGOS/Ortica editrice soc. coop., Aprilia www.novalogos.it ISBN 978-88-97339-04-5 Marco Meccarelli Antonella Flamminii STORIA DELLA FOTOGRAFIA IN CINA Le opere di artisti cinesi e occidentali con un saggio di Yee Wah Foo Alla professoressa Maria Teresa Lucidi, con afetto e gratitudine: senza di lei questo libro non sarebbe stato scritto Un ringraziamento particolare va alle sinologhe Elena Martino, Mariadele Scotto di Cesare e Lavinia Benedetti: il confronto di idee e la loro attenzione e precisione sono stati preziosi in un’operazione così complessa come quella della revisione dei caratteri cinesi e della loro traduzione. Un ringraziamento va anche a Sergio Tuccio per i preziosi consigli relativi alla composizione delle immagini. I capitoli primo, secondo, terzo, quarto e quinto sono di Marco Meccarelli I capitoli settimo e ottavo sono di Antonella Flamminii Il capitolo sesto è di Yee Wah Foo Indice 9 Prefazione di Alida Alabiso 11 Nota introduttiva di Marco Meccarelli 13 Capitolo primo Le origini 1. Il caso di Zou Boqi e il dibattito sull’ottica in Cina 2. L’etimologia 3. Il contesto sociale e il dibattito culturale del xix secolo 4. I primi fotograi cinesi 55 Capitolo secondo Le indagini sul linguaggio fotograico tra teoria e pratica 1. Chen Wanli e Liu Bannong 2. Il padre della fotograia cinese: “Long Chin-San” 3. L’esperienza della fotograia etnograica 4. La fotograia di guerra 81 Capitolo terzo La fotograia di propaganda invade la Cina 1. Il culto della personalità 2. La fotograia “simbolica” di propaganda 102 Capitolo quarto L’altra fotograia 116 Capitolo quinto La svolta degli anni ’70 129 Nota conclusiva di Marco Meccarelli 133 Capitolo sesto L’Oriente guarda a Occidente. Un fotografo cinese in Europa: Fu Bingchang 1. Nota introduttiva di Yee Wah Foo 2. Fu Bingchang nella Russia sovietica (1943-49) 3. Fu Bingchang in Francia 1949-53 4. Conclusioni 142 Nota introduttiva di Antonella Flamminii 144 Capitolo settimo Ad Occidente 1. Nadar e la fotograia concettuale 157 Capitolo ottavo L’Occidente guarda ad Oriente 1. Felice Beato ed il fotogiornalismo di guerra 2. William Saunders, Milton Miller e la fotograia documetaria 3. John hompson e la fotograia documentaria sociale 4. Reginald Follet Codrington Hedgeland e i Chinese Maritime Customs: Il conine 5. William Armstrong e la Shanghai Municipal Police 6. Padre Giovanni Bricco e Padre Leone Nani: “L’occhio del missionario dietro l’obbiettivo” 7. G. Warren Swire: l’occhio del commercio e dell’industria 8. La Germania e la fotograia. Ellen horbecke e il fotogiornalismo degli anni ’30 nelle riviste 8.1 Hedda Hammer Morrison e l’armonia tra codici nei libri illustrati 9. Fosco Maraini: la fotograia documentaria e la montagna in Tibet 10. La Francia e la fotograia: Henri Cartier-Bresson e il fotogiornalismo di guerra 11. L’Italia e la fotograia: Caio Garrubba e il fotogiornalismo di pace 223 Nota conclusiva di Antonella Flamminii 225 Immagini 281 Elenco caratteri cinesi 288 Bibliograia Nota Per la presente versione si è adottata la trascrizione pinyin, il sistema uiciale del cinese standard, ad eccezione di alcuni nomi di pittori e fotograi che sono più conosciuti e ormai noti al lettore italiano in altra forma o che si riferiscono a personalità che hanno dichiarato la propria intenzione di distaccarsi dall’ideologia vigente in Cina. Le consonanti si pronunciano approssimativamente come in italiano ma: j q, ch c x zh sh come come come come come come g c z s g sc in “giorno” in “cena” in “mazzo” in “gente” in “sciare” Le vocali si pronunciano, sempre approssimativamente, come in italiano -ng inale indica nasalizzazione della vocale che precede È parso importante inoltre far igurare nel testo determinati caratteri cinesi la cui graia è determinante per comprendere le nozioni da essi rappresentate, pur limitandone la quantità ad un numero ristretto in considerazione della presenza di un indice dei caratteri cinesi. Prefazione di Alida Alabiso Questo studio sulla fotograia in Cina è il risultato di approfondite ricerche che la dott.ssa Antonella Flamminii e il dott. Marco Meccarelli stanno portando avanti da tempo. Entrambi hanno avuto modo di conoscere la complessa realtà sociale e artistica della Cina moderna in quanto hanno studiato per anni diversi aspetti della transizione dalla pittura tradizionale a quella attuale. In questo ambito l’incontro con la fotograia è stato volutamente afrontato, dapprima considerandone soprattutto gli aspetti tecnici, poi quelli più prettamente artistici. I saggi dei due studiosi, complementari tra loro, hanno preso in considerazione l’arrivo e l’evoluzione della fotograia in Cina, analizzandone soprattutto gli elementi che la avvicinano alla tradizione pittorica dei secoli passati (Meccarelli). La dott.ssa Flamminii, dal canto suo, ha focalizzato la ricerca sulla Cina vista attraverso le fotograie soprattutto di artisti occidentali, che di quel paese hanno ritratto personaggi, natura, avvenimenti. L’interesse che la Cina aveva suscitato in Occidente nel XIX secolo, infatti, ha messo in moto sia fotograi europei che americani, i quali hanno trovato in quel paese un materiale dalle potenzialità ininite. Dato che su questo argomento non sono state pubblicate molte opere, soprattutto in lingua italiana, questo studio, frutto di una ricerca originale e accurata, ofre al lettore un panorama esauriente e insieme dettagliato di una produzione artistica che oggi è riuscita ad integrare e spesso anche a sostituire quella che da secoli in Cina è stata considerata l’arte per eccellenza, la pittura. È per questo motivo che analizzando molte fotograie scattate da cinesi, un esperto della loro arte può riconoscere anche nei paesaggi e personaggi moderni molte delle caratteristiche che hanno reso la pittura cinese unica al mondo e che sono talmente radicate da essere riproposte anche quando viene usata la più moderna tecnologia. Le fotograie scattate da artisti occidentali invece, sono state scelte per mostrare al lettore tutta la curiosità del nostro mondo per aspetti culturali, umani, naturali, di un paese che solo da pochi anni ha attirato l’attenzione dell’Occidente ma che per secoli ha inluen9 zato le culture di tutto l’estremo oriente con le sue scoperte, i suoi pensatori, la sua arte, la sua laboriosa popolazione e la bellezza della sua natura. Nel complesso quindi, questo volume originale, ben scritto e molto documentato, analizza come la fotograia eseguita da artisti cinesi, ma anche occidentali, sia passata da elemento importato a fattore artistico in grado di dare origine ad opere in cui artisti cinesi ed occidentali continuano ancora oggi a coniugare tecniche moderne e tradizione antica. Alida Alabiso Docente di Archeologia, Storia dell’Arte e Filosoie dell’Asia Orientale Università di Roma “Sapienza” 10 Nota introduttiva di Marco Meccarelli La nascita e l’afermazione della fotograia in Cina aprono una serie di questioni che sono attualmente oggetto di studio approfondito e di continua revisione. Solo in questi ultimi anni si sta tentando, non senza diicoltà, di proporne una cronologia che prende avvio dalle origini nel XIX secolo, come testimoniano le fondamentali ricerche a cura di Bennett (2009) e di Cody e Terpak (2011). In linea con gli studi curati da Pinney e Peterson (2003) e con la tendenza a prediligere un “processo globale” circa l’invenzione fotograica che ha accomunato più o meno contemporaneamente culture diverse e distanti tra loro, lo studio qui presentato proporrà una rilessione critica sui presupposti teorici e sulle modalità compositive con cui la civiltà cinese ha proposto nel tempo il peculiare “adattamento locale”, in risposta alle speciiche esigenze sociali e culturali di adozione e di trasmissione dello strumento. Si crede opportuno quindi presentare e valorizzare il contatto tra la cultura cinese e quella occidentale e porre in evidenza le modalità con cui il confronto, soprattutto iniziale, ha permesso la rielaborazione dei canoni appartenenti alla tradizione autoctona. Gran parte delle ricerche sino ad ora condotte sulla fotograia cinese hanno infatti posto l’attenzione prevalentemente sull’utilizzo dello strumento per reportage di scene realistiche volte alla documentazione sociale, almeno ino agli anni ’70 del XX secolo. Tale interpretazione si basa sulle premesse estetiche promulgate dal sistema ideologico del periodo maoista che ha in efetti considerato la fotograia un mezzo propagandistico di legittimazione del proprio potere; lo studio qui presentato nasce col valutare anche quegli elementi che, sin dagli albori, caratterizzano l’indagine cinese e che permangono nel tempo, nonostante le diicoltà per le ingerenze politiche: trattasi di una costante sperimentazione, prevalentemente di carattere amatoriale, che pur essendo sotterranea a quella uiciale, riuscirà persino a contaminarla. Il procedimento compositivo che prelude alla fotograia cinese, è opportuno segnalarlo, presenta molti aspetti in comune coi presupposti teorici e tecnici della tradizionale 11 pittura di paesaggio e talora sorprende per il carattere improvviso e dirompente con cui riesce ad emergere in supericie, catalizzando il fulcro della creatività artistica. Assieme alla fotograia mirata a scopi prettamente utilitaristici e da documentario, sembra afermarsi in Cina anche un genere che riproduce la perfezione tecnica, su esempio degli antichi maestri di pittura, di un’interpretazione aderente alla natura; quest’ultimo genere convive sempre con quello a sfondo socio-politico che intende fornire una visione personale e interna del momento storico. La ricerca qui esposta verterà sull’analisi dei principi e delle tecniche su cui si basa la fotograia, attraverso quegli autori che hanno lasciato la propria traccia espressiva nel tempo, con cui rilettere sui cambiamenti avvenuti dalla seconda metà del XIX secolo ino al 1979, alla luce dei mutamenti sociali e politici che hanno profondamente inluenzato temi, modalità espressive e tecniche. La fotograia cinese, infatti, come tutte le altre manifestazioni artistiche, è stata fortemente condizionata dagli avvenimenti che hanno caratterizzato i vari periodi storici mentre gli artisti di ogni epoca hanno talora mantenuto viva, con modalità espressive sempre aderenti alle problematiche scaturite dalla contemporaneità, la tradizione tramandata nei secoli. Nel confronto con l’Occidente, risulta particolarmente interessante, inoltre, prendere in esame proprio quegli elementi che, di fronte a una contaminazione stilistica tra culture diverse, rimangono sempre profondamente validi, se non talora addirittura riproposti con modalità espressive più complesse, per l’urgenza di rispondere adeguatamente alle esigenze della contemporaneità: nelle opere degli artisti permane infatti con vigore la necessità di riadattare i presupposti teorici della propria tradizione millenaria, alle modalità espressive che rivelano il proposito di rientrare nei canoni delle più attuali indagini. 12 Capitolo primo Le origini La nascita della fotograia in Cina coincide con un episodio tra i più dolorosi della sua storia moderna: la prima guerra dell’oppio (1839-1842). La debolezza militare e gli squilibri sociali su cui si reggeva il sistema politico cinese nel XIX secolo, agevolarono le mire espansionistiche delle potenze europee che culminarono con i trattati di Nanchino (1842), di Tianjin (1858) e di Pechino (1860); l’impero fu costretto al pagamento di indennità e all’apertura di numerosi porti, con concessione di libera circolazione sul suo territorio di missionari stranieri. Le potenze occidentali ottennero legazioni diplomatiche all’interno della capitale, esenzioni doganali e inine libero accesso delle loro lotte alla rete luviale cinese. La guerra sino-giapponese del 1895 e la rivolta dei Boxer del 1900 piegarono deinitivamente il governo imperiale dell’ultima dinastia dei Qing (1644-1911)1: non è un caso infatti che a questi avvenimenti risalga l’era dell’imperialismo europeo in Cina. Considerando tutti gli eventi bellici che hanno segnato la storia del XIX secolo e del suo colonialismo in Asia, si potrebbe sostenere che l’afermazione della fotograia coincise, almeno per certi versi, con l’esigenza di manifestare l’osservazione diretta della morte in battaglia: «non siamo ancora agli orrori delle guerre del Novecento, ma la coincidenza tra la nascita e i primi sviluppi della fotograia e l’inaugurazione della guerra moderna, industriale, in cui anche la morte assume dimensioni e caratteristiche completamente nuove, è notevole.»2 Da questo punto di vista si ofre un valore aggiunto all’immagine che, in pittura già con David, Gros, Delacroix aveva sperimentato La ribellione dei Boxer, approssimativa traduzione inglese di Yihequan 义和拳, ovvero “pugno per la giustizia e la concordia” fu sollevata contro l'inluenza straniera in ambito politico, religioso e tecnologico. 2 Cfr. G. D’Autilia, L’indizio e la prova. La storia nella fotograia, Pearson Italia S.p.a., Milano, 2005, p. 83. 1 13 capitolo primo la raigurazione “dal vero” di eventi storici e bellici, ma solo con i primi fotograi occidentali ritrae la morte e supera così quell’iniziale titubanza a mostrare un’immagine troppo “vera”. Worswick e Spence fanno risalire le origini della fotograia in Cina a un periodo compreso tra il 1850 e il 1912 e fanno aidamento agli 85 fotograi, per la grande maggioranza occidentali, che testimoniarono con le loro immagini la crisi interna dell’impero.3 Secondo gli studiosi furono soprattutto fotograi commerciali, missionari, soldati, diplomatici e operatori che afermarono e divulgarono la fotograia come mezzo documentario delle vicende storiche del periodo. D’altronde i canoni richiesti dalla produzione ottocentesca si basavano, per buona parte, sulla propaganda e sulla persuasione, strumenti pubblicitari per vocazione, e le immagini erano utilizzate anche come mezzo di legittimazione delle imprese, con cui plasmare l’opinione pubblica, attraverso una chiave di lettura dichiaratamente colonialista. Ad essere precisi le più antiche fonti in Cina su ciò che ancora non veniva chiamata prettamente fotograia, si riferiscono alle testimonianze contenute nel libro he Life of Sir Harry Parkes del 1894, dove è menzionata una nota esplicita al 16 luglio del 1842: «Il generale Malcolm e il dottor Woosnam stanno realizzando un bozzetto del luogo di oggi sul loro dagherrotipo4. Io non ho capito tutto: ma esponendo al sole una lastra di acciaio levigato a specchio, con l’aiuto di qualche vetro o altro, compare la scena di fronte a te sulla lastra e con alcuni prodotti chimici rimane sulla lastra per anni. Non so descriverla, è proprio misteriosa.»5 L’immagine in questione dovrebbe riferirsi a una città sconosciuta, lungo le sponde del iume Yangzi, che la British Expeditionary 3 Cfr. C. Worswick, J.O. Spence, Imperial China: Photographs 1850-1912, Penwick Publishing, New York, 1978, pp. 150-151. 4 La dagherrotipia fu il primo procedimento fotograico per lo sviluppo di immagini, perfezionato dal francese Louis Jacques Mandé Daguerre da un’idea di Joseph Niépce e del iglio di quest’ultimo, Isidore. Fu presentato al pubblico nel 1839 dallo scienziato François Arago, presso l’Académie des Sciences e dell’Académie des Beaux Arts. Cfr. J.A. Keim Breve storia della fotograia, Einaudi, Torino, 2001. 5 Cfr. S. Lane-Poole, he Life of Sir Harry Parkes, Macmillian and co., London New York, 1894, vol. I, p. 31. Harry Smith Parkes (1828-1885) fu un diplomatico cinese che lavorò a lungo in Cina e Giappone. Parkes street a Kowloon (Hong Kong) è a lui dedicata. 14 le origini Force percorse per ottenere il famoso Trattato di Nanchino con cui venne suggellata la ine della prima guerra dell’oppio.6 Come evidenzia Bennett nel recente History of Photography in China, 1842-1860 - la prima storia completa sulle origini della fotograia cinese in lingua occidentale - non è sopravvissuta nessun’altra testimonianza di questi iniziali esperimenti, ad eccezione dei 37 dagherrotipi di Macao e Guangzhou (Canton), realizzati nel 1844 da Jules Itier (1802-1877) e conservati presso il Musee Francais de la Photographie: sono uicialmente considerati i primi esperimenti noti in Cina di un’immagine issata, mediante proiezione ottica, su di un supporto sensibile alla luce.7 Al 6 marzo del 1845 va fatta risalire l’apertura della prima attività, grazie alla menzione, tra le fonti scritte, di una comunicazione pubblicitaria per uno studio fotograico avviato a Hong Kong da un tale Mr West, che Bennett ha riconosciuto come l’americano George R. West (circa 1825-1859)8. Indipendentemente dalle ipotesi e dalle testimonianze a noi pervenute, sembra che, per lo meno negli anni ’40 e ’50 del XIX secolo, il commercio della fotograia non sia stato molto redditizio. Ad eccezione infatti di alcuni missionari e consoli, residenti presso i porti aperti dopo i trattati, come a Hong Kong e a Macao, l’accesso all’interno della Cina risultava piuttosto impervio agli stranieri e nonostante la richiesta di ritratti, i pochi studi fotograici non sembrano aver lavorato con facilità. È pur vero che, in base alle ricerche inora condotte, mentre in Occidente si dava l’avvio con entusiasmo alla sperimentazione fotograica a tutti gli efetti (non senza polemiche9) Parkes e gli altri si trovavano a bordo della HMS Queen; il Maggiore Malcolm era il segretario privato di Henry Pottinger, primo governatore di Hong Kong. Il Trattato di Nanchino costrinse l’apertura di cinque porti. L’isola di Hong Kong e nel 1860 la penisola di 九龍 Kowloon (Jiulong) furono formalmente cedute agli inglesi mentre i portoghesi ebbero il controllo di Macao sin dalla metà del XVI secolo. Sul trattato di Nanchino cfr. J.K. Fairbank, Trade and Diplomacy on the China Coast: he Opening of the Treaty Ports, 1842-1854, Harvard University Press, Cambridge, 2 voll., 1953. 7 Cfr. T. Bennett, History of Photography in China, 1842-1860, Bernard Quaritch Ltd., London, 2009 e J. Stuart, E. Sakakida Rawski, Worshiping the Ancestors: Chinese Commemorative Portraits, Freer Gallery of Art, Stanford, 2001, p. 166. 8 Cfr. T. Bennett, op. cit., p. 11 9 Già ai suoi esordi la fotograia aveva scatenato un’accesa diatriba: Barthes la fa originare al fatto che essa realizzava, per la prima volta nella storia, il mito dell’ aχειροποίητος (acheiropoietos), vale a dire l’immagine non generata 6 15 capitolo primo in Cina le attività stentavano molto a decollare; a Pechino inoltre, sede del governo centrale e roccaforte della tradizione uiciale, i Qing si dichiaravano apertamente ostili alla divulgazione della cultura occidentale e quindi anche a tutti quei mezzi che potevano riferirsi in qualche modo ad essa: non a caso la prima attività fotograica nella capitale cinese, la Fengtai, aperta da Ren Jingfeng (1850-1932), va fatta risalire solamente al 1892.10 Non sono da sottovalutare altri fattori intervenuti agli esordi a complicare lo sviluppo della fotograia: il clima estivo torrido e umido della Cina accelerava non poco i processi di alterazione delle sostanze chimiche utilizzate, mentre le forniture di acqua dolce non erano sempre facili da reperire. Le vie di comunicazione interne, inoltre, costituite da strade sterrate e impervie da attraversare, rappresentavano un rischio notevole per il danneggiamento delle lastre di vetro e delle varie attrezzature; non da meno un’insita ostilità dei cinesi verso gli stranieri, anche per ovvie motivazioni storiche, e la superstizione popolare che considerava la fotograia, per la sua eccezionalità tecnica, un mezzo per evocare spiriti maligni11. Tuttavia, dal 1860 il progressivo aumento della popolazione nei vari insediamenti costieri ha permesso una lenta ma costante indagine. In linee generali è possibile sostenere che gli studi inora condotti sulla nascita della fotograia in Cina protendono comunemente a enunciare due presupposti fondamentali: la paternità dell’invenzione e l’evento che ne permise la propagazione nell’impero. da mano umana. Cfr. R. Barthes, Camera Lucida: Relections on Photography, London, 1981, p. 82. Senza soluzione di continuità il dibattito teorico che si afermò tra la seconda metà del XIX secolo e la prima metà del XX, vedeva da un lato ammiratori come Zola (1840-1902) che esaltavano la precisione imparziale della macchina fotograica, dall’altro detrattori come Baudelaire (1821-1867) che la consideravano inadatta a cogliere gli efettivi caratteri dell’esigenze della contemporaneità e della loro viva dialettica, né trascendere le nuove forme del narcisismo: l’industria e il culto del progresso. Cfr E. Grazioli, Corpo e igura umana nella fotograia, Bruno Mondadori, Milano, 1998, p. 25. 10 Cfr. Edwin K. Lai, he History of the Camera Obscura and Early Photography in China in Brush and Shutter: Early Photography in China, J.W. Cody-F. Terpak (eds), Getty Publications, Los Angeles, 2011, p. 29; C. Philips, he Great Transition: Artists’ Photography and Video in China in Between Past and Future: New Photography and Video From China, Wu Hung (edit), catalogo mostra, Smart Museum of Art, New York, 2004, pp. 40-41. 11 Cfr J. Hannavy (edit), Encyclopedia of Nineteenth-Century Photography, Taylor & Francis Group, New York, 2008, p. 293. 16 le origini Le origini dello strumento fotograico vengono fatte risalire al 1839, ad opera di più ricercatori di diverse nazionalità, tra cui il parigino J. L. M. Daguerre (1787-1851), che “perfezionò” il dagherrotipo, l’antesignano della fotograia.12 La prima guerra dell’oppio con la conseguente penetrazione commerciale europea che aveva messo a nudo la debolezza militare dell’impero, fu invece l’occasione che permise la trasmissione di questa scoperta in Cina, come testimoniano le numerose personalità che presero parte alle missioni diplomatiche, religiose ed economiche del periodo. I due presupposti sono considerati l’uno consequenziale all’altro, poiché furono principalmente gli inglesi, i francesi, gli americani e i missionari che, con l’obiettivo di testimoniare le vicende storiche del periodo, iniziarono a fare uso del mezzo fotograico, per poi divulgarlo nell’impero. Alcuni studi recenti tendono, però, a limitare la supremazia europea della visione fotograica per far emergere altri due aspetti in particolare, risultato dei proicui contatti instaurati nel tempo tra le varie culture: da un lato sembra afermarsi un “processo globale” - una sorta di zeitgeist (spirito d’epoca) che ha accomunato più o meno contemporaneamente civiltà diverse e distanti tra loro - che è di premessa all’invenzione della fotograia; dall’altro l’innovativo “adattamento locale” che ha fornito la risposta alle peculiari esigenze di trasmissione di ogni singola cultura e che si presenta per questo in modalità espressive e d’indagine sostanzialmente diferenti.13 È fuori discussione che il XIX secolo abbia rappresentato un periodo in cui la “visione” ha assunto un’importanza assai notevole sia in Oriente che in Occidente. I processi che hanno portato all’invenzione della fotograia e di nuove tecniche di stampa sempre più eicaci, sono stati cruciali per le varie realtà sociali, le quali hanno concretizzato, in maniera più visibile, le peculiari fasi di modernizzazione. In in dei conti è stato un secolo che ha registrato un incredibile avanzamento del progresso e dell’uso di nuove tecnologie visive e di osservazione. Per approfondimenti sulla fotograia occidentale e il suo rapporto con la Cina cfr la sezione presente in questo libro ad opera di Antonella Flamminii. 13 Cfr. ad esempio C. Pinney, N. Peterson (eds), Photography’s Other Histories, Duke University Press, Durham, 2003. 12 17 Capitolo sesto L’Oriente guarda a Occidente. Un fotografo cinese in Europa: Fu Bingchang 1. Nota introduttiva di Yee Wah Foo* Nel tracciare e analizzare la nascita e afermazione della fotograia in Cina dalla prima guerra dell’oppio dalla metà del XIX secolo, ino al periodo di ‘riforma e apertura’1 sotto la guida di Deng Xiaoping nel 1979, Meccarelli ha portato alla luce nuove linee di pensiero circa le diverse tecniche stilistiche e le modalità espressive utilizzate dai fotograi e artisti cinesi che vivevano e lavoravano (per la maggior parte) in Cina. Ma che dire di quegli artisti cinesi che hanno visitato, vissuto, lavorato all’estero e in Occidente? Le loro tecniche stilistiche si distinguono da quelle dei loro connazionali in patria? Erano ispirati comunque dalle loro ancestrali tradizioni artistiche o anche costretti a sottostare agli imperativi ideologici della loro generazione? Nel divario esistente tra Oriente e Occidente, in che modo la loro percezione della forma, della bellezza e dei soggetti, si riadatta al nuovo ambiente straniero? Un caso di studio interessante e insolito tra i fotograi che si sono mossi tra questi due mondi culturali, est e ovest, è Fu Bingchang. Come testimoniato in precedenza da Meccarelli, Fu era un fotografo dilettante attivo e proliico in Cina ino al 1943 quando il suo leader, il Presidente Generale Chiang Kai-Shek, lo invitò a coprire un nuovo ruolo come ambasciatore in Unione Sovietica2. Fu trascorse quasi * Yee Wah Foo senior lecturer in Relazioni Internazionali all’Università di Lincoln (UK) è membro onorario del Museo di Nanchino (Cina). 1 改革开放 (gaige kaifang). 2 Per ulteriori dettagli sugli anni trascorsi da Fu Bingchang nell’Unione Sovietica, si invita alla lettura di Foo, Y.W. ‘Fu Bingchang’s Wartime Diaries: Chiang Kai-shek’s Last Ambassador to Moscow’, Palgrave Macmillan, 2010; Foo, Y.W. (December 2007) 蒋介石最后一任驻苏大使傅秉常在苏联的日子 'Fu Bingchang: Chiang Kai-shek’s last Ambassador to Soviet Russia: Purpose and Management, Republican Archives, Issue 4, pp: 55-60. ISSN 1000-4491; Foo, Y.W. ‘From Chiang Kai-shek to Mao: Fu Bingchang, Chiang Kai-shek and Yalta’, Cold War History, Vol. 9, n. 133 capitolo sesto sette anni nella Russia Sovietica (1943-1949), e poi altri otto anni in Europa (1949-1956) prima di fare ritorno al governo nazionalista a Taiwan. Testimonianze sui fotograi cinesi che hanno lasciato la Cina prima del 1970 per lavorare in Occidente sono limitate e diicili da reperire e documentare, quindi è una fortuna che Fu abbia lasciato un interessante resoconto fotograico e scritto sulla sua prodigiosa produzione3. La storica dell’arte, Martha Sandweiss, ha notato che quando si tratta di ricercare fonti e di comprovare le informazioni, i primi fotograi sono da considerarsi soggetti di dificile investigazione perché hanno lasciato testimonianze alquanto disomogenee, dal momento che erano persone che spesso si muovevano dentro e fuori dalla professione di fotografo: ferventi dilettanti, professionisti di breve durata o attivi in altri campi4. Fu può essere considerato un fervente dilettante che prese il suo mestiere seriamente ed appassionatamente e, allo stesso tempo, mantenne un ruolo importante in qualità di politico e diplomatico nella Repubblica Cinese. Fortunatamente ha lasciato un resoconto scritto piuttosto ricco e dettagliato. Usando i diari di Fu è possibile risalire a quando e dove molte delle sue immagini siano state scattate e constatare l’estensione dell’inluenza che il suo ambiente ha avuto su di lui. In Europa egli continuò a sviluppare la sua passione per la fotograia, assiduamente, stampando, allargando, tagliando e montando tutte le sue composizioni. È interessante notare, riguardo alle sue fotograie prodotte (come fotografo cinese in Occidente) che i suoi soggetti, le sue rappresentazioni e le sue modalità espressive, così ben evidenziate dal Meccarelli nei precedenti capitoli, cambiarono signiicativamente. Si potrebbe pensare che c’era da aspettarselo. Dopo tutto, quando Fu si stabilì nella Russia sovietica, era profondamente estraniato, sia spiritualmente che isicamente, e infatti il suo diario è disseminato di desiderio 3, August 2009; J.W. Garver, Chinese Soviet Relations 1937-45, Oxford University Press, Oxford, 1988. 3 Le immagini di Fu sono state digitalizzate nel sito web ‘Historical Photographs of China’ edito da Robert Bickers. Access: http://chp.ish-lyon.cnrs.fr. 4 Martha A. Sandweiss, Foreward in Palmquist, Peter E., Photographers: A Sourcebook for Historical Research’. Carl Maultz Publishing, CA., Navada City 2000. 134 l’oriente guarda a occidente. un fotografo cinese in europa: fu bingchang verso la sua terra natale5. Inoltre, si deve tener ben presente che in Europa c’erano molte meno comunità cinesi rispetto ad oggi. Quando Fu viveva in Cina e scattava fotograie lì, lavorava in un ambiente familiare e confortevole. Molti dei soggetti che ha scelto erano persone che conosceva; esse condividevano con lui la stessa lingua, la stessa cultura, le stesse convinzioni ed anche la stessa isionomia. Quello che ha costruito attraverso le sue immagini del periodo cinese, venne poi adattato ad una nuova esperienza, ad una estetica diferente e ad una nuova interpretazione; quella di un fotografo cinese, che vive e lavora in un mondo eccitante e “nuovo”: ovvero l’Occidente. 2. Fu Bingchang nella Russia sovietica (1943-49) Per ragioni di sicurezza interna, c’era stato il bando totale della fotograia nella Russia sovietica durante tutta la seconda guerra mondiale. Di conseguenza quando Fu iniziò il suo lavoro a Mosca, scattò solo poche foto, soprattutto autoritratti nel suo uicio e vedute delle stanze in cui viveva dentro l’ambasciata cinese. Solo dopo la vittoria dell’agosto del 1945, quando tutte le restrizioni furono abolite, gli fu possibile riprendere il suo vecchio hobby. ‘Da quando il divieto è stato abolito, ho qualcos’altro da fare nel mio tempo libero’ scrisse nel suo diario. Questo lo rese felice. Oltre alla Leica tedesca che aveva usato in Cina, Fu iniziò anche a condurre esperimenti con una Contax, una macchina di seconda mano che aveva comprato nel 19456. Realizzò quasi tutte le sue stampe, ingrandimenti e ritocchi a Mosca, mantenendo così il totale controllo sull’aspetto estetico. Tagliava anche i suoi negativi e (probabilmente) utilizzava una matita e un righello per marcare le sue nuove composizioni. Fece esperimenti, perino nella Russia sovietica, con macchine fotograiche mobili, usando una Moviecom e una Bolex.7 Le immagini che Fu scattò in Unione Sovietica diferiscono considerevolmente nello stile dalle molte centinaia di foto dell’elite del Fu, Bingchang., ‘Diary of Fu Bingchang’, 8 Gennaio 1943. (In possesso dell’autore). Fu, Bingchang., ‘Diary of Fu Bingchang’, 1 Agosto 1945. (In possesso dell’autore). 7 Foo, Y. W., A Chinese Photographer: Foo Pingsheung (Fu Bingchang’) in Bickers R. (editor), Picturing China 1870-1950. Photographs from British Collections, Bristol, 2007, p. 47 5 6 135 capitolo sesto Guomindang scattate in Cina: le donne soisticate del suo ambiente sociale e i panorami cinesi. I soggetti che sceglie in questo suo nuovo ambiente non gli sono così familiari; erano spesso estranei: uomini, donne e bambini che guardano nella macchina di uno straniero. Senza dubbio, Fu divenne un vero estimatore del popolo delle campagne di Russia e provò un grande rispetto per loro. Li descrisse come ‘calorosi ed ospitali’, e notò ‘quando gli veniva chiesto, raramente riiutavano di essere fotografati; non sono freddi come gli inglesi e i tedeschi’8. Fece numerosi scatti a gente comune del posto, durante la loro vita di tutti i giorni e anche all’operatore della sua dacia, il cui volto lineare e la lunga barba lo rendevano il candidato ideale per la fotograia ritrattistica. La didascalia in un album di foto, di un ritratto di quest’uomo dice: ‘il nostro vero e proprio Tolstoy’9 (ig. 83, l’operatore e la sua famiglia). Una volta tornato in Cina, Fu non scelse di ritrarre la gente comune cinese, le masse. Non gli interessavano, in quel periodo preferiva ritrarre un tipo di bellezza diversa, una che fosse urbana e che mostrasse il progresso di una Cina come una nazione moderna. Le immagini ‘esotiche’ e rurali dei contadini cinesi Han che rimangono oggi, sono molto più evidenti nelle opere di fotograi occidentali che visitarono e risedettero in Cina, come William Armstrong e Hedda Morrison. Però, nella Russia sovietica, proprio come Armstrong e Morrison, Fu era uno straniero in terra straniera, e, come tale, anche lui volle registrare la gente comune che viveva e lavorava in questo posto nuovo: le loro normali attività e cosa facessero per divertirsi. Per lui, tutto ciò era esotico. La fotograia di una donna russa che coglie funghi (ig. 84) mostra chiaramente come il fotografo fosse capace di entrare in empatia con la gente che sceglieva di ritrarre. L’immagine proietta un calore che rilette la visione idealizzata che Fu aveva dei russi, degli onesti contadini gran lavoratori. I soggetti sembrano rilassati. La donna siede sotto le lenti senza alzarsi, in posa per lo straniero in posizione bassa quasi in ginocchio, vulnerabile ma comunque rilassata, con un sorriso naturale. Sullo sfondo, al centro, una vecchia e una bambina con un cappello ed il suo cestino di funghi, camminano dritto in direzione del soggetto principale: tre generazioni che raccolgono cibo per l’inverno. Fu descrive quel giorno d’autunno nel suo diario, ‘abbiamo guidato per 20 chilometri a sud di Mosca ino ad un posto dove la 8 9 Ibid., 1 Agosto 1945. Fu, Bingchang., ‘Diary of Fu Bingchang’, 26 Agosto 1945. (In possesso dell’autore). 136 Nota introduttiva di Antonella Flamminii L’indagine sulla fotograia in Cina ha comportato, inevitabilmente, una rilessione sulla relazione che l’Occidente ha voluto stabilire con questo paese in dall’invenzione della nuova tecnica. Avendo ben presente la itta e millenaria rete di contatti e scambi presenti tra Occidente e Cina, si è voluta fornire una panoramica dell’ambito storico e del contesto culturale in cui la fotograia ha avuto modo di essere utilizzata quale strumento espressivo e si sono poi seguite in particolare le modalità che gli artisti e le artiste hanno voluto scegliere per condurre un confronto tra i due mondi attraverso la fotograia, con esiti di grande complessità ed il risultato di un dialogo condotto con un nuovo codice inalmente condiviso. La fotograia ha avuto sin dalle origini coscienza del suo essere concettuale, di rilettere cioè su se stessa e di essere un codice, come la scrittura, mentre mostrava contemporaneamente una riproduzione della realtà, attraverso la rete di difusione già elaborata per le altre tecniche di produzione di immagini. Ha poi iniziato ad afermare una propria autonomia quale forma artistica, con le riviste propriamente fotograiche, con i libri d’autore, con le mostre dedicate; le avanguardie storiche occidentali hanno usato la fotograia, accanto alle altre tecniche, per le loro sperimentazioni, cogliendone l’aspetto innovativo. Intanto anche la ricerca tecnica è proseguita e l’apparire della macchina fotograica portatile di piccolo formato ha favorito l’afermazione del fotogiornalismo e ha permesso di allargare la possibilità di realizzazione e di difusione della fotograia, all’interno della mondializzazione tecnica dei mezzi di comunicazione avvenuta in concomitanza con la seconda guerra mondiale. In riviste come “Life” la foto ha acquisito prevalenza sul testo, mentre si è iniziata a scrivere la storia della fotograia e si è arrivati alla sua musealizzazione, con l’allestimento delle prime mostre in sedi uiciali, precedentemente riservate ad altre tecniche espressive. Quella tendenza alla reciproca conoscenza, avviata anche in campo fotograico alla ine dell’800, sia in ambito occidentale che orien142 tale ed interrotta dalle due guerre mondiali è quindi riapparsa ed è giunta ad un risultato non indiferente, poiché la fotograia è divenuta un codice mondialmente condiviso e compreso: come i caratteri cinesi è un’immagine stilizzata, come i caratteri occidentali assume un signiicato in combinazione con altre immagini ed in relazione alla cultura di appartenenza; la fotograia sa di essere un’interpretazione della realtà, sia nel momento in cui l’autore realizza un’immagine che in quello in cui l’osservatore la guarda e la interpreta. È nato un codice compreso in tutto il mondo, che assume un signiicato particolare legato alla singola identità culturale, ma che è diretto ad un’utenza globale: è una via di comunicazione sempre aperta che implica una rilessione costante, sulla realtà mostrata e sui modi e le inalità di rappresentazione; è una visione consapevole, che implica un suo uso attivo da parte dell’osservatore: che cosa si sta guardando e che cosa intende comunicarci? 143 Capitolo settimo Ad Occidente Fotograia: dal greco phos, genitivo photos, che signiica “luce” e graphia, da graphem, che signiica “scrivere, tracciare dei segni”, di origine indoeuropea1. Si intende con questo termine il “procedimento ottico, meccanico e chimico mediante il quale si ottengono immagini dovute alle variazioni prodotte dalla luce su determinate sostanze”.2 Nella deinizione è già indicata la doppia natura del mezzo espressivo: l’immagine fotograica è il risultato di un processo chimico generato dalla natura e dunque indipendente dall’agire umano, che però risulta determinante nella scelta della tecnica e della porzione di realtà da riprodurre: anche se si è arrivati a scrivere che la fotograia genera se stessa3, non è esattamente così, poiché la natura non ha alcun interesse a replicare il suo costante divenire, mentre invece è l’uomo che ha sentito la necessità di immortalare (nei limiti di conservazione del mezzo) l’immagine legata ad un determinato istante; senza dimenticare che l’uomo è parte della natura ed è forse nella diversa considerazione del rapporto con essa che poggia la diferenza nell’approccio alla fotograia e i conseguenti risultati che è possibile osservare in Occidente ed in Oriente: al rapporto di distinzione tra uomo e natura proprio della cultura occidentale corrisponde un rapporto di fusione tra i due elementi nella visione dell’estremo Oriente e nella fattispecie cinese. La cultura occidentale poggia le sue fondamenta, tra gli altri valori, sulla distinzione aristotelica tra osservatore umano e natura, laddove deinisce l’intelletto come “separato, impassibile e senza mescolanza”, poiché viene “dal di fuori” ed è “divino”; come scrive Francesco Adorno, è “chiaro, dall’insieme del discorso aristotelico, che il conoscere intellettivo si conigura come conoscenza dell’intellegibile astratto dalla sensibilità, e quindi colto nella sua universalità, Cfr. N. Zingarelli., Vocabolario della lingua italiana, Bologna, 1996. Ibidem. 3 R. Barthes., Camera lucida. Relections of photography, London, 1981, p. 82. 1 2 144 ad occidente non condizionata dal limite sensibile”4; tale diferenziazione è divenuta uno dei principali elementi dell’identità del singolo e della sua presa di coscienza del sé e ciò ha prodotto una disposizione a realizzare immagini, generate dal proprio universo culturale, che mostrano l’esterno da sé, sia pure con una parallela rilessione sul senso di tale scelta. Platone ha poi rilettuto sul ruolo dell’immagine, in quanto imitazione della realtà, che a sua volta sarebbe imitazione di un’idea; nella sua concezione del mondo come apparente, che sembra, la cui essenza sarebbe in una dimensione ideale, Platone giunge ad una svalutazione dell’immagine5, ma è comunque cosciente della sua necessità per rendere visibili le idee, altrimenti non comunicabili solo attraverso il logos, la parola.6 In Occidente la scrittura ha aiancato l’immagine nell’espressione del pensiero umano e non casualmente, ma proprio in relazione alla suddetta visione del mondo, è nata dai sigilli che venivano apposti su argilla per indicare la proprietà del grano nei primi depositi collettivi, dal VII millennio avanti Cristo7. La scrittura sumerica, come quella egiziana, è pittograica come poi quella di Creta, che a metà del II millennio viene adottata dai greci: saranno loro ad aggiungere le vocali e a dare a tutti i segni una funzione di trascrizione dei suoni pronunciati mediante segni poi combinati a formare le parole, inalmente portatrici di un signiicato.8 Scrittura e immagine si avviano quindi, in Occidente, a rendere manifesta la visione del mondo umana, mentre in estremo Oriente la visione della natura come insieme onnicomprensivo e dell’uomo come elemento che ne è parte si esplicita attraverso una scrittura che è immagine in dalle origini e che nel tempo mantiene rapporti strettissimi con la pittura9. Scrittura e immagine rimangono invece separati in Occidente, anche se a volte accostati, come nel caso dei codici mi4 F. Adorno, T. Gregory, V. Verra, Storia della ilosoia, Bari, 1993 (1973), vol. I, p. 156. 5 Platone, Repubblica, libro X, 597b; vedi l’edizione critica di M. Vegetti per i tipi di Bibliopolis, Napoli 2007 e la relativa panoramica della letteratura critica. 6 E. Cassirer., Eidos ed eidolon. Il problema del bello e dell’arte nei dialoghi di Platone (1924), tr. it. di A. Pinotti, a cura di M. Carbone, postille di M. Carbone, R. Pettoello e F. Trabattoni, Milano 2009. 7 M. Frangipane, La nascita dello Stato nel Vicino Oriente, Bari, 1996, p. 60. 8 D. Schmandt-Besserat, “Dal contabile allo scrittore”, Le Scienze dossier, 2002, n. 12, pp. 16-20. Vedi anche gli altri articoli sullo stesso testo. 9 Vedi il testo di Marco Meccarelli in questo volume. 145 capitolo settimo niati medioevali o delle iscrizioni a volte inserite nelle raigurazioni, nei rebus, nei fumetti o in alcuni testi a stampa e nelle opere delle avanguardie del ’900, ma sempre con l’autonomia data dall’essere codici diferenti, con proprie regole interne10. Si assiste quindi ad uno sviluppo parallelo, che vede da un lato la calligraia tramutarsi in carattere da stampa nella metà del XV secolo con Johann Gutenberg (1394/99circa -1468) in Germania11, senza dimenticare il contributo di Aldo Manuzio (1449-1515) con l’invenzione del carattere “corsivo” (o aldino), col quale intendeva riprodurre l’eleganza della calligraia cancelleresca rinascimentale12, e dall’altro il disegno tramutarsi in incisione su matrice con l’elaborazione di una nuova tecnica che ne permette la riproducibilità attraverso gli stessi mezzi della scrittura.13 Uno schema ci permette di seguire lo sviluppo delle tecniche a intaglio e incisione prima e poi, dopo l’invenzione dei caratteri mobili, del percorso parallelo di scrittura e immagine. Intaglio Matrici in cavo per fusione Calco da forme in rilievo Conio in cavo per monete l Sigilli in cavo Stampini in cavo e a rilievo l Forme per sbalzo e metalli Matrici lignee in rilievo per stofe Incisione Graito e incisione su pietra, avorio,terracotta etc. l l l Incisione su metallo Bulino e cesello I Agemina e niello I Vedi U. Eco, Trattato di semiotica generale, Milano, 1993. Inizia la sua attività come apprendista orafo e si occupa del conio delle monete. Per l’attività successiva esiste un’ampia bibliograia; vedi ad esempio G. Bechtel, Gutenberg et l’invention de l’imprimerie, Fayard, 1992. 12 Sulla igura di Aldo Manuzio vedi la voce relativa nella home page del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera dell’Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze. Vale la pena qui ricordare che Manuzio si occupa anche della sistemazione della punteggiatura, della numerazione delle pagine su entrambi i lati e dell’introduzione del formato ottavo, più maneggevole. 13 Lo schema che segue nel testo è tratto da S. Massari, F. Negri Arnoldi, Arte e scienza dell’incisione. Da Maso Finiguerra a Picasso, Roma, La Nuova Italia Scientiica, 1987, p. 29. 10 11 146 ad occidente Difusione uso carta Europa XIV-XV sec. l Xilograia (carte tirate a mano) l Prove di niello su carte tirate a mano l Opus interrasile l ……. Introduzione torchio XV secolo ……. l I l l Stampa libri xilograici l l (impressioni tabellari) l Caratteri mobili e stampa l stampa calcograica tipograica (metà XV sec.) l Fogli liberi (XV sec.) l l Illustrazione testi (XVI sec.) l Stampa xilograica l l fogli liberi e illustrazioni l l testi (XV sec.) l l l l --------------- Libro illustrato --------------- Intanto la rilessione teorica prosegue: in precedenza si erano avuti, in ambito occidentale, più sistemi prospettici, legati a più punti di vista, espressione di altre visioni del mondo: si giunge nel ’400 all’invenzione e alla prima formulazione della prospettiva con punto di vista centrale ed unico da parte di Filippo Brunelleschi ed alla sua teorizzazione da parte di Leon Battista Alberti, nel Trattato della pittura del 143614, quale “applicazione alla visione delle leggi della geometria euclidea”, in modo da dare “lo spazio come rappresentazione inita dello spazio ininito”15 così come l’uomo la percepisce dal suo punto di vista; come scrive ancora Argan: la prospettiva è bensì una rappresentazione dello spazio, ma di uno spazio pensato come dimensione della relazione e quindi dell’azione umana. È inine, il rapporto dell’uomo col mondo …La prospettiva non fenomenizza la 14 15 G.C. Argan, Storia dell’arte italiana, Firenze, , 1977 (1968), vol. 2, p. 80. Ivi, p. 81. 147 ig. 1 Strumenti utilizzati da Zou Boqi per le sue indagini sulla fotograia ig. 2 Zou Boqi Autoritratto, 1850 circa probabilmente ambrotipo su vetro (Museo di Guangzhou) ig. 3 Pagina tratta dal Supplemento sullo studio e ricerca della tecnologia di Zou Boqi ig. 4 Pagine tratte dall’Enciclopedia di Shen Kuo ig. 5 Studio Tingqua, 1840-50 gouache su carta © 2011 by he Kelton Foundation ig. 6 Ren Yi L’uiciale trasandato (ritratto di Wu Changshi), 1888 inchiostro e colori su carta (Museo Provinciale del Zhejiang, Hangzhou) ig. 7 Ju lian Fiori e uccelli inchiostro e colori su carta (collezione privata) ig. 8 Lai Afong Veduta del iume Min da un album di 60 vedute di Fuzhou e del iume Min, 1870 circa stampa con albumina (Terry Bennett Collection of Early Chinese Photography) ig. 9 Lai Afong Due donne in uno studio, una vestita da erudito, 1885 stampa con albumina (collezione privata) ig. 10 Lai Afong Paesaggio di Hong Kong, ine anni ’60 del XIX sec. stampa con albumina (collezione H. Kwan Lau, New York, Londra) ig. 11 Mi Fu (attribuito) Pini e montagne in primavera, 1100 inchiostro e colori su carta (Museo Nazionale di Palazzo, Taipei) ig. 12 Lai Afong Panorama della città di Woo-Chow, 1860 circa stampa con albumina (Clark Worswick collection of photographs of China and Southeast Asia, he Getty Research Institute, Los Angeles, [2003.R.22]) ig. 13 Liang Shitai Ulysses S Grant e Li Hongzhang, Tianjin, 1879 stampa con albumina (China Photography Museum [CPA]) ig. 14 Liang Shitai Uno degli eunuchi del Palazzo, Pechino 1860–79 stampa con albumina (he Getty Research Institute, Los Angeles [2009.R.5])