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LA CORRISPONDENZA MILITARE ROMANA Le lettere degli ufficiali su papiro, ostrakon e tavoletta

This thesis provides an overview of the Roman correspondence on papyrus, ostrakon and tablet. Communication was very important in Roman army, as in the armies of every time. The Roman military letters show a world where Latin and Greek are both official languages of the soldiers and where barbarians and provisioning are the most pressing matters. This overview will mainly deal the four largest corpora (the Vindolanda tablets, the ostraka from the Eastern Desert of Egypt, the Dura Europos papyri and the ostraka from Bu Njem) and many texts from these corpora will be analyzed. A specific section will also focus on the mail management and transportation.

ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA' DI BOLOGNA SCUOLA DI LETTERE E BENI CULTURALI Corso di laurea in Filologia, letteratura e tradizione classica LA CORRISPONDENZA MILITARE ROMANA Le lettere degli ufficiali su papiro, ostrakon e tavoletta Tesi di laurea in Istituzioni e antichità romane Relatore Prof. Tommaso Gnoli Correlatore Prof. Fabian Lothar Walter Reiter Presentata da: Fabrizio Lusani Appello terzo Anno accademico 2018-2019 Ai miei genitori SOMMARIO Introduzione ...................................................................................................................... 3 Capitolo I: I corpora ......................................................................................................... 9 1. Le tavolette della Britannia ............................................................................................ 9 1. Vindolanda .................................................................................................................. 10 2. Luguvalium .................................................................................................................. 12 2. Gli ostraka del deserto Orientale egiziano ..................................................................... 13 1. Mons Claudianus ......................................................................................................... 15 2. Il deserto di Berenice ................................................................................................... 17 3. Gli ostraka ................................................................................................................... 21 3. I papiri di Dura Europos ................................................................................................. 23 4. Gli ostraka di Gholaia .................................................................................................... 26 5. Documenti singoli dall’Egitto e da altre regioni ............................................................ 29 Capitolo II: Le lettere militari e la loro circolazione ..................................................... 31 1. Epistulae, γράμματα e διπλώματα .................................................................................. 31 2. Il supporto scrittorio ....................................................................................................... 34 3. La lingua delle lettere ..................................................................................................... 38 4. La struttura delle lettere .................................................................................................. 41 5. La gestione e la circolazione della corrispondenza militare ........................................... 45 1. Vindolanda .................................................................................................................. 46 2. Dura Europos ............................................................................................................... 48 3. Gholaia ........................................................................................................................ 51 4. Deserto Orientale egiziano .......................................................................................... 53 Capitolo III: Un confronto tematico ............................................................................... 62 1. I ‘barbari’, una relazione complessa .............................................................................. 62 1. I predoni del deserto Orientale egiziano ...................................................................... 62 2. Un ambasciatore a Dura Europos ............................................................................... 80 3. Refugae, desertores e agentes a Gholaia ..................................................................... 83 2. Il vettovagliamento e i rifornimenti ................................................................................ 85 1. Luguvalium e Vindolanda: dalle lance alla birra ....................................................... 85 1 2. Cammelli, acqua e ortaggi nel deserto Orientale ........................................................ 89 3. Cavalli probati e orzo a Dura Europos ........................................................................ 91 4. Le lettere di vettura di Gholaia ................................................................................... 94 Conclusioni ........................................................................................................................ 98 Bibliografia ....................................................................................................................... 100 2 INTRODUZIONE Caecilius September Ceriali suo / salutem1 (Tab.Vindol. II 243, ll. 1s.) Φλάουειος Ἀρουντειανὸς (δεκαδάρχης) εἴλης Βουκουντείων κουράτορσει πραισιδίων ὁδοῦ / Μυσόρμου χ(αίρειν)2 (O.Krok. I 1, 87, ll. 90s.) Marius Maximus trib(unis) et praef(ectis) et praepositis n(umerorum) saluteṃ3 (P.Dura 60 B, l. 1) Oc ̣tavio Festo dec(urioni) p(rae)p(osito) meo / Aemilius Aemilianus mịḷ(es) / salutem4 (O.Bu.Njem 76, ll. 1-3) Questi sono solo alcuni esempi delle formule che aprono molte delle lettere che gli ufficiali e i milites dell’esercito romano redassero ai quattro angoli dell’Impero: Vindolanda, Krokodilō, Dura Europos e Gholaia. Comunicare è sempre stato uno dei grandi problemi logistici in seno agli eserciti di ogni tempo e a maggior ragione presso un esercito, quello romano, posto a guardia di un limes che ai tempi di Traiano arrivò ad estendersi per più di 10.000 km. Già i commentari di Cesare attestano l’importanza degli scambi epistolari non solo per le comunicazioni con Roma, ma anche per valutazioni di ordine tattico-strategico; un caso esemplare si trova in BC, 3, 14, 1-2, ove si narra: […] litteras a Caesare accepit, quibus est certior factus portus litoraque omnia classibus aduersariorum teneri. 2. Quo cognito se in portum recipit nauesque omnes reuocat. 1 «Caecilius September al suo Cerialis salute». «Flavius Aruntinus, decurione dell’ala Vocontiorum, ai curatores dei fortini della strada verso Myos Hormos salute». 3 «Marius Maximus ai tribuni, ai prefetti e ai praepositi dei distaccamenti salute». 4 «A Octavius Festus, mio decurione praepositus, Aemilius Aemilianus, soldato, salute» 2 3 «(Calenus) ricevette una lettera da Cesare, secondo la quale era un fatto sicuro che i porti e tutte le coste erano controllati dalle flotte dei nemici. Saputo ciò, si rifugia nel porto e richiama tutte le navi» Ben consapevole di ciò era anche Augusto, il quale istituì il cursus publicus, disponendo iuvenes primo modicis intervallis per militaris vias «in primo luogo giovani a intervalli ridotti lungo le vie militari»5, con lo scopo di conoscere rapidamente quid in prouincia quaque gereretur «ciò che accadesse in ogni provincia» attraverso le lettere da là spedite. Se gli epistolari di Cicerone e di Plinio il Giovane hanno conservato la testimonianza di lettere a carattere ufficiale militare6, l’apporto più decisivo alla conoscenza di questo particolare tipo di corrispondenza viene certamente dal fronte documentario. Il presente elaborato si prefigge, dunque, di studiare quelle lettere militari che si sono conservate su papiri, ostraka e tavolette, con lo scopo di raccogliere le informazioni che provengono dai diversi corpora e dai documenti sino ad oggi pubblicati. Come suggerito dalle citazioni iniziali, i principali corpora epistolari afferenti a questa tipologia provengono dalla Britannia, dal deserto Orientale egiziano, dalla Coele Syria e dall’Africa. Questi quattro grandi corpora, diversi per tipo di supporto scrittorio usato, per periodo storico, per contesto geografico e strategico e per il rango dei corrispondenti, sono oggetto di disamina – secondo un criterio cronologico – nel primo capitolo del presente elaborato. Il primo ad essere trattato è dunque quello proveniente dalla Britannia risalente allo scorcio del I secolo d.C. e composto dalle tavolette lignee rinvenute in due diversi forti che sorvegliavano il confine con la Caledonia, quello di Vindolanda (attuale Chesterholm) e quello di Luguvalium (attuale Carlisle). Per ciascun sito viene presentata brevemente la storia degli scavi che hanno portato alla scoperta dei documenti, si presentano i contesti archeologici nei quali essi sono stati rinvenuti e viene indicata una cronologia di riferimento tanto per il sito, quanto per il corpus corrispondente. Questi corpora non constano soltanto di documenti vari legati all’amministrazione militare, ma soprattutto di lettere, molte delle quali catalogabili come corrispondenza ufficiale. Di tali lettere vengono quindi presentati i corrispondenti di maggior rilievo ed elencati i temi principali. Il secondo corpus oggetto di analisi è quello proveniente dal deserto Orientale egiziano – esattamente all’angolo opposto dell’Impero rispetto alla Britannia – uno dei più ricchi per 5 6 Svet., Aug., 49, 3. A titolo di esempio Cic., Fam. 12, 12 e Plin., Ep., 10, 77 e 78. 4 quantità e per qualità dei documenti. Dopo un excursus che permette di enucleare le principali tappe che hanno segnato l’indagine archeologica e papirologica di questa regione, si presentano distintamente i due settori che la compongono, quello delle grandi cave imperiali, Mons Claudianus e Mons Porphyrites, a nord e quello del deserto di Berenice a sud, dei quali viene illustrata la storia e l’organizzazione amministrativa e militare. Si tratta infine degli ostraka che sono stati portati alla luce durante gli scavi dei fortini che caratterizzavano il panorama antico del deserto Orientale, i quali hanno rivelato l’esistenza di una fitta rete di scambi epistolari. Di queste lettere viene offerta una visione d’insieme che individua le cronologie, i principali raggruppamenti e i temi oggetto di comunicazione, mantenendo, nell’esposizione, la distinzione tra i due settori geografici. Più recente è il terzo corpus, quello papiraceo di Dura Europos, che risale alla prima metà del III secolo d.C. e riguarda esclusivamente una coorte, la XX Palmyrenorum, che nella città sulle rive dell’Eufrate aveva il suo quartier generale. Anche in questo caso, dopo una sintetica presentazione della storia e dell’archeologia del sito e dell’archivio, vengono presentate le lettere principali fornendo una panoramica generale su un contesto epistolare totalmente differente rispetto al precedente. L’ultimo corpus oggetto di analisi, secondo le medesime modalità, è quello proveniente dal forte di Gholaia (attuala Bu Njem), risalente alla metà del III secolo d.C. e costituito da ostraka, come quello del deserto Orientale. Anche questo corpus presenta delle specificità tipologiche, come le lettere di vettura, che vengono brevemente illustrate. Il prima capitolo termina con una rassegna dei documenti catalogabili come corrispondenza ufficiale militare provenienti principalmente dall’Egitto, ma anche da altre regioni dell’Impero, come la Giudea o la Germania. Anche questi documenti o corpora minori vengono presentati in ordine cronologico e ciascuno viene sinteticamente descritto. Il secondo capitolo si propone, invece, di offrire un’analisi ad ampio raggio sui vari aspetti che caratterizzano la corrispondenza ufficiale dell’esercito romano. Innanzitutto, vengono illustrati i termini con i quali, nell’ambito di questa specifica corrispondenza, si fa riferimento alle lettere, dai latini epistula e littera ai greci ἐπιστολή, γράμμα e δίπλωμα, soffermandosi soprattutto sul significato di quest’ultimo termine. Si passa poi ad una disamina dei vari tipi di supporto utilizzati per la stesura di queste lettere. Il primo ad essere trattato è il papiro, il supporto canonico per i documenti ufficiali, si prosegue con l’ostrakon, oggetto di particolare attenzione in quanto supporto comune a due dei principali corpora, del quale viene anche sottolineato il rapporto con il papiro, infine si conclude con la tavoletta, il più raro tra i supporti a causa della sua scarsa conservazione. 5 In seguito, l’analisi si sposta dall’aspetto materiale a quello linguistico, studiando l’uso della lingua greca nel contesto dell’esercito romano, tradizionalmente – ma erroneamente – associato alla sola lingua latina. Viene poi illustrata la struttura delle lettere ufficiali militari, presentando in particolare le formule di intestazione e di chiusura delle stesse. L’ultima sezione del capitolo è dedicata allo studio del sistema di gestione e della circolazione di questo tipo di corrispondenza a partire dall’analisi dei documenti forniti dai quattro grandi corpora oggetto del primo capitolo. Per semplicità e chiarezza questa sezione è a sua volta suddivisa in quattro parti, ciascuna delle quali si concentra sui documenti afferenti ad uno specifico corpus; in questo caso, però, l’ordine cronologico viene solo parzialmente rispettato, dal momento che ai documenti dal deserto Orientale viene riservata la quarta sottosezione, in quanto essi sono i più ricchi di informazioni. Il terzo e ultimo capitolo si propone di fornire un’analisi di alcune di queste lettere sulla base di una classificazione di tipo tematico. Due sono i temi scelti, i ‘barbari’ e il vettovagliamento, i quali risultano tra i principali argomenti della corrispondenza ufficiale dell’esercito romano. L’obiettivo è quello di mettere a confronto il maggior numero di documenti afferenti ai due temi con lo scopo di scoprire come questi siano declinati nei vari corpora. In questo caso viene seguito l’ordino cronologico come nel primo capitolo, dedicando per ogni tema una specifica sezione a ciascun corpus. Il primo tema trattato è quello dei ‘barbari’, il quale, sebbene ci si aspetti di vederlo come oggetto soprattutto nei corpora provenienti dalle regioni tradizionalmente più interessate dai conflitti, costituisce uno degli oggetti principali soprattutto delle lettere rinvenute nel deserto Orientale, mentre in quelle portate alla luce a Vindolanda è pressoché assente. Nella prima sottosezione, quella dedicata agli ostraka del deserto Orientale, ampio spazio viene dato ad un documento decisamente eccezionale, O.Krok. I 87, che è stato denominato dalla sua stessa editrice “l’amphore des Barbares” e costituisce una raccolta di copie di lettere circolari riguardanti il pericolo di attacchi da parte dei βάρβαροι, i predoni del deserto. Per quanto concerne, invece, la documentazione durena viene analizzato P.Dura 60 B, una lettera circolare scritta dal governatore per avvisare i responsabili di alcuni centri militari del passaggio di un ambasciatore partico, l’unico caso in cui la grande storia delle relazioni diplomatiche tra Roma e l’Impero Arsacide trova spazio nella documentazione papiracea. Di Gholaia vengono invece prese in considerazione due documenti (O.Bu.Njem 101 e 102) concernenti il barbarus Aban/Abban, che nella prima lettera figura come refuga e nella seconda come agens, nonché una lettera riguardante il desertor Ammon (O.Bu.Njem 104), anch’egli un non romano. 6 Il secondo tema, il vettovagliamento, è coperto, a differenza del precedente, da tutti e quattro i corpora . Per quanto riguarda la Britannia, viene analizzato sia un rapporto in forma di lettera rinvenuto a Luguvalium (Tab.Luguval. 16), che consiste in una rassegna delle armi delle quali alcuni cavalieri dell’ala Gallorum Sebosiana devono essere riforniti, sia alcune tavolette provenienti da Vindolanda concernenti richieste di alimenti o di indumenti di vario tipo. Similmente, anche del deserto Orientale vengono presentati diversi documenti riguardanti richieste o invii di prodotti disparati, dall’acqua alla lattuga. Nella terza sottosezione, dedicata a Dura Europos, vengono analizzati una raccolta di lettere concernenti la probatio di cavalli da assegnare ad alcuni cavalieri della XX Palmyrenorum (P.Dura 56) e una lettera riguardante i rifornimenti al distaccamento di Appadana (P.Dura 64 A). L’ultima parte, infine, riguarda le lettere rinvenute a Gholaia, in particolare quelle definite ‘di vettura’, in quanto di accompagnamento dei prodotti destinati al foraggiamento del forte di Gholaia (O.BuNjem 7581). Fondamentali per questa ricerca sono le opere di edizione dei principali testi ed i successivi contributi degli stessi editori e degli altri studiosi che li hanno analizzati, interpretati, tradotti e riediti. In particolare, si ricorda il contributo di J.F. Gilliam, editore della maggior parte delle lettere dell’archivio della XX Palmyrenorum all’interno dell’edizione di riferimento dei testi papiracei dureni, Parchments and Papyri, uscita nel 1959, e quello di R. Marichal, editore di tutti i testi su ostrakon rinvenuti a Gholaia in Les ostraca de Bu Njem del 1992. Per quanto riguarda le tavolette di Vindolanda il lavoro di edizione, che ha prodotto ben quattro volumi di The Vindolanda Writing-Tablets (1983, 1994, 2003 e 2010+2011+2019), si deve a A.K. Bowman e a J.D. Thomas, ai quali si è aggiunto R.S.O. Tomlin per l’ultimo volume. Lo stesso Tomlin è inoltre l’editore delle tavolette di Luguvalium, pubblicate nell’articolo Roman Manuscripts from Carlisle: The Ink-Written Tablets uscito sulla rivista Britannia nel 1998. In merito alle lettere su ostrakon rinvenute nel deserto Orientale, quelle da Mons Claudianus sono state edite nel 1997 da W. Van Rengen all’interno di Mons Claudianus, ostraka graeca et latina. 2. O. Claud. 191 à 416, quelle da Krokodilō e da Didymoi, invece, da H. Cuvigny, rispettivamente in Ostraca de Krokodilô : la correspondance militaire et sa circulation del 2005 e in Didymoi : une garnison romaine dans le désert oriental d'Égypte. 2. Les textes del 2012. Importante è anche il lavoro di R.O. Fink, che per primo ha cercato di raccogliere tutta la documentazione papiracea concernente l’esercito romano in Roman Military Records on Papyrus del 1971, nel quale una specifica sezione è dedicata proprio alle lettere. Limitatamente all’epistolografia in lingua latina, utile come opera di inquadramento generale è Evoluzione e 7 forme dell'epistolografia latina nella tarda repubblica e nei primi due secoli dell'impero con cenni sull'epistolografia preciceroniana, pubblicata nel 1983 da Cugusi, autore inoltre dell’imponente Corpus Epistularum Latinarum papyris tabulis ostracis servatarum in tre volumi (Textus e Commentarius del 1992 e Addenda del 2002), nella cui introduzione vengono selezionate tutte le lettere ufficiali di carattere militare. Una sintesi recente sulle lettere militari letterarie e documentarie si deve, infine, a F. Biville nel suo contributo Lettres de soldats romains del 2014 pubblicato all’interno dell’opera La lettre gréco-latine, un genre littéraire ? edita da J. Schneider. 8 CAPITOLO I I CORPORA In questa prima sezione dell’elaborato vengono presentati i contesti storico archeologici cui afferiscono i principali documenti che saranno oggetto di un esame comparato nelle sezioni successive; l’ordine di presentazione è cronologico. 1. Le tavolette della Britannia Il corpus più antico proviene dalla frontiera della Britannia, in particolare da due castra, Vindolanda e Luguvalium, che controllavano lo Stanegate (fig. 1), la via che correva a Sud dell’area che sarebbe stata attraversata dal Vallo di Adriano. Gli scavi effettuati in questi due siti hanno portato al rinvenimento di numerose tavolette lignee7 utilizzate come supporto scrittorio per testi in latino in sostituzione delle tabulae ceratae8, anch’esse rinvenute a Vindolanda, ma in quantità decisamente inferiore9. Figura 1: Stanegate e Vallo di Adriano (BOWMAN 1983, 9) 1. Vindolanda Vindolanda, l’attuale Chesterholm, è stata oggetto di scavo a partire dagli anni ’30, ma solo durante le indagini dirette da R. Birley, nel marzo del 1973, venne alla luce la prima tavoletta10, cui seguì il rinvenimento di circa un migliaio di frammenti. Nel 1983 è stato pubblicato da A.K. Bowman e J.D. Thomas il primo volume di edizione delle tavolette trovate 7 In legno di betulla, di ontano e, in misura minore, di quercia (BOWMAN 1994, 14); vd. infra cap. II, 37s. Le tabulae ceratae erano utilizzate, ma dovevano essere importate, le tavole invece venivano prodotte direttamente in Britannia (BOWMAN 1994, 84). 9 BOWMAN 1994, 15. 10 Tab.Vindol. I 38. 8 9 negli anni ’70 per un ammontare di circa 50 testi11. Nel 1994 un nuovo volume raccoglieva circa 200 nuovi testi tratti da un altro migliaio di frammenti rinvenuti nelle campagne di scavo intraprese tra il 1985 e il 1989 e ripubblicava gran parte dei testi della prima edizione 12. Nel 2003 nel terzo volume i due studiosi hanno pubblicato più di un centinaio di nuovi testi provenienti dagli scavi effettuati tra il 1991 e il 199413. Un’altra trentina di testi rinvenuti tra il 2001 e il 2003 sono stati pubblicati dagli stessi studiosi e da R.S.O. Tomlin in due articoli sulla rivista Britannia, rispettivamente nel 201014 e nel 201115, ed infine nel 2019 sono stati editi sulla medesima rivista e ad opera degli stessi studiosi altri quattro testi rinvenuti nel 201716; questi tre articoli costituiscono insieme il quarto volume delle tavolette di Vindolanda. Il forte di Vindolanda17 venne eretto attorno all’85 d.C. e la sua storia documentata dalle tavolette viene suddivisa in cinque periodi18. Il periodo 1, durante il quale la coorte di guarnigione fu la I Tungrorum, va dalla fondazione al c. 95 d.C.; il periodo 2 e il periodo 3, che videro l’allargamento19 e un successivo rinnovamento del forte, coprono rispettivamente gli anni tra il 95 e il 100 d.C. e quelli tra il 100 e il 103/105 d.C. e in essi la coorte in stanza a Vindolanda fu la VIIII Batavorum; il periodo 4, seguendo forse un breve iato, inizia attorno al 105 d.C. con la ricostruzione del forte e l’aggiunta di un accampamento probabilmente legionario e arriva al c. 120 d.C., presentando come guarnigione nuovamente la coorte I Tungrorum, che rimase di stanza a Vindolanda anche nel periodo 5, il quale copre il decennio fino al 130 d.C. e vide una nuova ricostruzione del forte. Gran parte delle Tab.Vindol. I furono scoperte in una profonda trincea nei pressi dell’angolo Sud-occidentale del forte di III secolo d.C.20, le Tab.Vindol. II provengono invece principalmente dagli scavi effettuati nella parte meridionale della fascia centrale al di sopra e accanto alla via principalis del forte preadrianeo21. Queste ultime sono afferenti ai periodi 2 e 3, che videro nell’area la presenza del praetorium, al periodo 4, durante il quale la zona ospitò alcune baracche, una parte delle quali forse destinata ad optiones e centurioni, e al periodo 5, BOWMAN – THOMAS 1983 (Tab.Vindol. I). BOWMAN – THOMAS 1994 (Tab.Vindol. II). 13 BOWMAN – THOMAS 2003 (Tab.Vindol. III). 14 BOWMAN – THOMAS – TOMLIN 2010 (Tab.Vindol. IV Part 1). 15 BOWMAN – THOMAS – TOMLIN 2011 (Tab.Vindol. IV Part 2). 16 BOWMAN – THOMAS – TOMLIN 2019 (Tab.Vindol. IV Part 3). 17 Per un’introduzione a Vindolanda vd. BIRLEY 2009. 18 BIRLEY – BLAKE 2007, 3 (le prime tre raccolte presentano una periodizzazione leggermente differente, vd. BOWMAN – THOMAS 1994, 17). 19 L’allargamento sarebbe da mettere in relazione alla decisione dei Romani di ritirarsi dai territori in Caledonia occupati da Agricola (JONES 1991, 104-107). 20 BOWMAN – THOMAS 1983, 19ss. 21 BOWMAN – THOMAS 1994, 17. 11 12 10 per il quale si è incerti circa la natura dell’utilizzo di quest’area22. Le Tab.Vindol. III provengono dagli stessi depositi indagati negli anni ’70 e ’8023 e si tratta quindi anche in questo caso di contesti di ‘discarica’, ove le tavolette sono rinvenute insieme ad escrementi e ad altri oggetti di scarto che presentano segni di bruciatura dovuti al tentativo di smaltire rapidamente i rifiuti24. Le Tab.Vindol. IV Part 1 e 2 hanno una provenienza abbastanza varia25, le Tab.Vindol. IV Part 3, invece, sono state rinvenute assieme ad altri materiali di scarto nello strato di livellamento realizzato al di sopra della strada che correva ad Ovest del forte del periodo 1 per creare le fondazioni di una serie di baracche del forte allargato26 e probabilmente27 provenivano dal praetorium del primo prefetto attestato a Vindolanda, Iulius Verecundus. Oltre a documenti militari di vario tipo, conti e liste, questi testi si sono rivelati essere soprattutto lettere; in molti casi di esse si conservano solo l’intestazione o brevi lacerti del messaggio, ciononostante possono essere individuati almeno una quarantina di testi catalogabili come corrispondenza ufficiale Particolarmente significativi a livello quantitativo sono i testi afferenti all’archivio di Cerialis (Tab.Vindol. II 225-290; III 615-634), prefetto della coorte VIIII Batavorum nel periodo 328. Altre lettere sono invece indirizzate a Verecundus (T.Vindol. II 210-212; IV 867 e 890-893), prefetto della cohors I Tungrorum nei periodi 1 e 229, a Saecularis (Tab.Vindol. II 213-216), sottufficiale attivo nel periodo 230, a Genialis (Tab.Vindol. II 217-224 e 301; III 611-614A), prefetto la cui attività si colloca in un tempo non precisabile tra il periodo 2 e il periodo 331, e a Priscinus (Tab.Vindol. II 295-298, III 636-638), prefetto della coorte I Tungrorum nel c. 105 d.C. (periodo 4)32. Gli argomenti sono disparati: si va dalle richieste di favori e raccomandazioni ad annunci relativi alla trasmissione o alla ricezione di lettere, da testi di carattere apologetico a lettere riguardanti il vettovagliamento e i rifornimenti, da missive concernenti lo spostamento di uomini e mezzi ad informative relative ad infrazioni nella disciplina. 22 BOWMAN 1994, 14. BOWMAN – THOMAS 2002, 11. 24 BOWMAN – THOMAS 1994, 18; BOWMAN 1994, 14-15. 25 BOWMAN – THOMAS – TOMLIN 2010, 189. 26 BOWMAN – THOMAS – TOMLIN 2019, 227. 27 BOWMAN – THOMAS – TOMLIN 2019, 228. 28 BOWMAN – THOMAS 1994, 199. 29 BOWMAN – THOMAS – TOMLIN 2019, 230. 30 BOWMAN – THOMAS 1994, 187. 31 BOWMAN – THOMAS 2003, 74. 32 BOWMAN – THOMAS 1994, 266. 23 11 2. Luguvalium Il primo forte romano a Carlisle, l’antica Luguvalium33, fu fondato nel 72/73 d.C., fu poi oggetto di parziale ristrutturazione e ricostruzione nell’83/84 d.C. e nel 93/94 d.C., ed infine venne demolito tra il 103 e il 105 d.C. e ciò che restava delle strutture lignee venne bruciato34. Dopo un periodo di scarsa occupazione un nuovo forte venne edificato sulle spoglie del precedente e subì anch’esso momenti di parziale demolizione e ricostruzione35. L’unica unità attestata dalle tavolette è l’ala Gallorum Sebosiana36, che probabilmente ne costituiva la guarnigione. Il forte iniziò ad essere scavato nel 1973 e, durante gli scavi effettuati negli anni 19811984 e nel 1990, Ian Caruana vi scoprì una serie di tavolette coeve a quelle di Vindolanda e con esse comparabili. Le indagini degli anni ’80 portarono al rinvenimento di tavolette presso la porta meridionale del forte ed in particolare in un canale di scarico anteriore al 79 d.C. collocato sul lato occidentale del cardo (A4372) e in due latrine anteriori rispettivamente al 103/105 d.C. e al 125 d.C. presenti all’interno degli edifici sul lato orientale del cardo (A5598 e A2395); durante gli scavi del 1990 alcune tavolette affiorarono invece da una fossa collocata sul lato opposto delle latrine menzionate supra anteriore al 105 d.C. (H476). In totale vennero alla luce una quindicina di documenti (rendiconti e relazioni) e una sessantina di lettere. Di queste ultime, Tab.Luguval. 16, rinvenuta in H476, è l’unica a presentarsi sufficientemente integra da permettere la ricostruzione del contenuto e costituisce una relazione in forma di lettera circa il numero di lance e giavellotti che dovevano essere riforniti ai soldati che non ne disponevano più. Per l’archeologia di questo sito vd. ZANT 2009 e HOWARD-DAVIS 2009. TOMLIN 1998, 32. 35 TOMLIN 1998, 34. 36 Tab.Luguval. 44; TOMLIN 1998, 31 e 36. 33 34 12 2. Gli ostraka del deserto Orientale egiziano Il corpus di documenti epistolari quantitativamente e qualitativamente più ricco è offerto dal deserto Orientale egiziano. Qui non sono state trovate tavolette, bensì un altro supporto scrittorio particolarmente diffuso nell’antichità, gli ostraka, cioè cocci di anfore37 sui quali si scriveva con l’inchiostro nello stesso modo impiegato per gli altri supporti (tavolette e papiri), ma che a differenza di questi ultimi erano di più facile reperimento e ben si prestavano a documenti che si riteneva non meritassero di essere conservati a lungo38. La lingua degli ostraka del deserto Orientale egiziano è quasi esclusivamente il greco39. L’interesse dei papirologi per questa regione ebbe inizio nel 1942, quando O. Guéraud pubblicò una serie di ostraka militari rinvenuti a wādī Fawakhir, gli O.Fawakhir40. Ciò nonostante si dovette aspettare il 1987 per vedere l’inizio degli scavi presso Mons Claudianus, importante cava romana della regione, sotto la direzione di J. Bingen, che ebbero il merito di associare ad uno studio archeologico tout court una prospettiva papirologica41. L’attività di scavo proseguì fino al 199342 e, grazie all’indagine sistematica delle discariche esterne ai fortini, portò alla luce 9275 ostraka soprattutto greci, ma anche latini, un buon numero dei quali è stato pubblicato in quattro volumi43. In seguito, la parte britannica della spedizione si dedicò per quattro anni allo scavo di un’altra cava romana che gli studiosi moderni chiamano Mons Porphyrites, a Nord di Mons Claudianus, e successivamente si occupò del sito di Qusayr al-Qadīm, poi identificato con Myos Hormos44, antico porto sul mar Rosso. Queste indagini produssero un cospicuo materiale ostracologico (c. 700 ostraka da Mons Porphyrites e c. 850 da Myos Hormos), che si aggiunse ai 76 documenti (tra papiri e ostraka) già rinvenuti a Myos Hormos dall’Oriental Institute of University of Chicago e pubblicati da R.S. Bagnall45. 37 Soprattutto anfore vinarie egiziane a pasta alluvionale (CUVIGNY 2014a, 247). Il papiro veniva comunque ampiamente utilizzato, ma essendo dedicato in particolare a documenti d’archivio destinati ad essere conservati a Koptos (vd. infra 17) ed essendo d’altronde un ottimo materiale da combustione non si è conservato (CUVIGNY [ET AL.] 2003, 265-267). 39 Limitatamente alla corrispondenza ufficiale le uniche eccezioni sono O.Claud. II 367 e O.Florida 29-31. 40 GUÉRAUD 1942: si tratta soprattutto di corrispondenza privata. 41 Per un’excursus sulla storia delle ricerche nel deserto Orientale vd. CUVIGNY [ET AL.] 2003, 1-3, 14-23 e CUVIGNY 2014a, 247-248. 42 Per gli aspetti archeologici vd. MAXFIELD – PEACOCK 1997, MAXFIELD – PEACOCK 2001, MAXFIELD – PEACOCK 2006. 43 BINGEN – BÜLOW-JACOBSEN [ET AL.] 1992, BINGEN – BÜLOW [ET AL.] 1997, CUVIGNY 2000, BÜLOW-JACOBSEN 2009. 44 CUVIGNY [ET AL.] 2003, 24-27. 45 BAGNALL 1986. 38 13 A. Bülow-Jacobsen e H. Cuvigny, invece, decisero di indagare un altro settore della regione, il Mons46 Berenices, andando a scavare le discariche dei fortini romani puntellanti la strada che congiungeva Koptos, attuale Quift, città portuale sul Nilo, con Myos Hormos, sul mar Rosso. Gli scavi, che videro tra gli altri la collaborazione di M. Reddé, già esperto del territorio47, e di J.-P. Brun, iniziarono ad al-Zarqa, il romano Maximianon, donde in due campagne emersero 1549 ostraka48, per poi passare ad al-Muwayh, l’antico Krokodilô, dove furono rinvenuti 772 ostraka49, e ad alcuni siti vicini: Qusûr al-Banât, B’ir al-Hammâmât, alHamrâ e al-Sayyâla. Dopo quattro anni di scavo della via Myshormitica50 (ὁδὸς Μυσορμιτική negli ostraka), nel 1998 il progetto si allargò all’altra strada che collegava il Nilo al mar Rosso, quella che, separandosi dalla precedente in corrispondenza di Phoinikôn, raggiungeva Berenice, importante scalo commerciale già sotto i Tolemei. Furono allora oggetto di scavo in primis il fortino di Khashm al-Minayh, che l’Itinerario Antonino chiama Dydime51 e gli ostraka Didymoi, il quale al termine di tre missioni consecutive52 aveva offerto agli studiosi 970 ostraka53, poi quello di Abû Qurayya, Dios negli ostraka e Iovis sull’Itinerario Antonino54, oggetto di indagine dal 2006 al 2009 (1567 ostraka inventariati), e infine quello di Jirf, l’antico Xeron Pelagos, abbreviato Xeron negli ostraka e che l’Itinerario Antonino chiama Aristonis55, scavato tra il 2010 e il 2013 (1309 ostraka inventariati56), con il quale si concluse il progetto di scavo del deserto Orientale egiziano57. Il latino traduce il greco ὄρος, che a sua volta è calco semantico dell’egiziano dw, che indica non tanto una catena montuosa, bensì un’area desertica (CUVIGNY [ET AL.] 2003, 298-299). 47 Questi, insieme a Jean-Claude Golvin, aveva già effettuato i rilievi delle planimetrie dei fortini tra Koptos e Qusayr (vd. REDDÉ – GOLVIN 1986 e REDDÉ – GOLVIN 1986-1987). 48 Per la classificazione tipologica comparata del materiale ostracologico rinvenuto a Maximianon e a Krokodilô vd. CUVIGNY [ET AL.] 2003, 287; per quanto riguarda il numero di ostraka rinvenuti nel deserto Orientale vd. CUVIGNY 2018, 195. 49 Circa la metà di questi ostraka sono pubblicati in CUVIGNY 2005 e BÜLOW-JACOBSEN – FOURNET – REDON 2019. 50 I cui risultati sono esposti in CUVIGNY [ET AL.] 2003, nonché nella monografia sugli ostraka di Krokodilô (CUVIGNY 2005). 51 Itin. Anton. Aug., 172, 2. 52 CUVIGNY [ET AL.] 2011, XII. 53 CUVIGNY [ET AL.] 2012; per gli aspetti archeologici vd. CUVIGNY [ET AL.] 2011. 54 Itin. Anton. Aug., 172, 5. 55 Forse corruzione di Aridum, che costituirebbe un calco semantico dal greco come per Iovis (CUVIGNY 2013, 410). 56 Di questi, quelli afferenti al giornale di posta del curator Turbo sono pubblicati in CUVIGNY 2019. 57 CUVIGNY 2013, 408. 46 14 Figura 2: Il deserto Orientale egiziano in epoca romana, carta di J.-P. Brun (CUVIGNY 2014a, 249). 1. Mons Claudianus Come si è potuto intuire dal breve excursus sulla storia degli scavi, due erano i settori amministrativi e strategici della regione, l’area di Mons Claudianus e di Mons Porphyrites a Nord e quella del deserto di Berenice a Sud (fig. 2). La diversa natura dei due settori determina differenze sostanziali nella documentazione ostracologica. Il settore settentrionale è costituito da un territorio montagnoso e in epoca romana diventa la sede di un’importante attività estrattiva, in particolare di granito e alabastro. A Porphyrites fu al tempo di Tiberio, come attesta un’iscrizione rinvenuta sul posto58, che vennero scoperte le cave di porfiro, invece Mons Claudianus deve esser stato sfruttato a partire dal regno dell’imperatore che ne ha dato il nome. 58 AE 1995, 1615. 15 Il grande villaggio fortificato di wādī Umm Hussein, quello che è stato oggetto degli scavi più importanti e al quale si fa riferimento quando si parla di Mons Claudianus, risale al regno di Domiziano, come mostrano i resti dell’iscrizione dedicatoria59. Le due grandi cave erano collegate al Nilo attraverso due strade, l’ὁδὸς Κλαυδιανή o Κλαυδιανοῦ e l’ὁδὸς Πορφυρίτου, che si congiungevano non molto lontano dalla meta, Kainè, città portuale di fondazione romana che si trovava dirimpetto all’antica Tentyra e che costituiva il luogo di imbarco delle lastre di pietra e di sbarco di vettovaglie e animali da soma, nonché il centro dove abitavano le famiglie degli artigiani che lavoravano presso le cave. Queste strade erano sorvegliate da praesidia «fortini», tra i quali quello di Raïma trova ampia attestazione negli ostraka, probabilmente in quanto il più vicino a Mons Claudianus60. L’attività estrattiva non fu continuativa, ma ebbe due picchi sotto il regno di Traiano e sotto Adriano – rispettivamente in funzione della costruzione del foro e del Pantheon – per poi concludersi nella prima metà del III sec. d.C. I villaggi fortificati di Mons Porphyrites e di Mons Claudianus erano inizialmente amministrati da due centurioni – come l’Annius Rufus che si definisce praepositus ab Optimo imp(eratore) Traiano operi marmorum monti Claudiano61 – i quali rispondevano ad un procurator (sc. metallorum)62. È sotto il regno di Antonino che gli ostraka attestano la presenza di un curator praesidii Claudiani63 che va a sostituire il centurione nella gestione del forte, stesso titolo dei curatores praesidiorum che comandavano i fortini delle due strade. Cuvigny ipotizza64 che un solo centurione facesse delle visite occasionali ai metalla «le cave» partendo dalla vallata65. Sempre a valle doveva esserci la sede dell’ἔπαρχος non meglio specificato che appare in documenti datati al regno di Commodo e che sembra aver affiancato, almeno dai tempi del figlio di Marco Aurelio, il procurator metallorum66. 59 AE 2001, 2044. L’identificazione più probabile è quella con il fortino di Abu Zawâl (CUVIGNY 2014a, 254). 61 I.Pan 39. 62 Al tempo di Traiano questa carica era detenuta dal liberto imperiale Enkolpios (I.Pan 38). 63 Variamente designato negli ostraka: κουράτωρ Κλαυδιανοῦ / μετάλλου Κλαυδιανοῦ / πραισιδίου Κλαυδιανοῦ. 64 CUVIGNY 2014a, 254-255. 65 Il fatto che si trovasse di stanza a valle si deduce da O.Claud. inv. 7027 (vd. CUVIGNY 2014a, 254). 66 Circa questo tipo di prefetto vd. CUVIGNY 2014a, 255-257. 60 16 2. Il deserto di Berenice Il settore meridionale del deserto Orientale, a differenza di quello settentrionale, costituiva non tanto un’area di estrazione di materie prime, sebbene anche in questa zona fossero presenti sin dall’epoca faraonica cave di bekhen e miniere d’oro 67, bensì una zona di transito, un ἰσθμὸς εἰς τὴν Ἐρυθρὰν «istmo verso il mar Rosso» come lo descrive Strabone 68, che attraverso due vie principali permetteva alle carovane di mercanti di raggiungere gli scali sul mar Rosso partendo da Koptos e viceversa. Sotto Tolemeo Filadelfo venne costruito il porto di Berenice per farvi sbarcare gli elefanti da guerra provenienti dall’Oriente 69, i quali poi attraversavano il deserto fino a giungere al Nilo in corrispondenza di Edfou, l’antica Apollônos πόλις ἡ μεγαλή; con la rivolta che portò alla secessione della Tebaide (207/206-186 a.C.), però, venne meno l’importazione degli elefanti70 e si interruppe l’attività di Berenice. L’altro porto, quello di Myos Hormos, è attestato per la prima volta nel II secolo a.C. da Agatharchide71 che lo definisce un λιμὴν μέγας «grande porto». Strabone, che risalì il corso del Nilo al seguito del prefetto d’Egitto Elio Gallo nel 27 o nel 26 a.C., nella sua Geographia cita sia Berenice sia Myos Hormos, affermando che solo la seconda città disponeva di un porto atto ad accogliere le navi dei mercanti, che tra quest’ultima e Koptos vi fosse un intenso traffico e che servissero sei o sette giorni per compiere l’intero tragitto. Il passo straboniano presenta però alcuni elementi, come la presunta vicinanza tra Berenice e Myos Hormos72, che fanno pensare che la conoscenza di queste aree gli venisse per via indiretta e rendono la sua testimonianza poco affidabile 73. Se si può ipotizzare con Cuvigny74 che Berenice già alla fine del I secolo a.C. si fosse riattivata come scalo commerciale e che fosse nuovamente in comunicazione con Apollônos polis, con maggiore certezza si può affermare che al più tardi nel 4. a.C. le carovane che partivano da Berenice si dirigevano verso Koptos75. Questo percorso è ben descritto da Plinio il Vecchio76, che visitò l’Egitto tra il 50 e il 76/77 d.C. e poté giovarsi di negotiatores «mercanti» come fonte; 67 Come dimostra la Carta di Torino (BRUN 2015, 490). Str., 17, 1, 45. 69 Inizialmente si tentò di portare via nave i pachidermi fino a Heroôn polis e di lì al delta del Nilo attraverso il canale di Nechao, ma le difficoltà di navigazione nelle acque settentrionali del mar Rosso indussero il Filadelfo ad attrezzare uno scalo molto più a Sud (CUVIGNY 2014a, 257). 70 L’ultimo re ad importare elefanti da guerra fu Tolemeo IV Filopatore (222-205 a.C.). 71 Agatharch., 81. 72 Strabone nel passo sopracitato dice espressamente che οὐκ ἄπωθεν δὲ τῆς Βερενίκης ἐστὶ Μυὸς ὅρμος «non lontano da Berenice si trova Myos Hormos», ma le due città distano ben 280 km l’una dall’altra. 73 Per un’analisi del passo vd. CUVIGNY [ET AL.] 2003, 3-10. 74 CUVIGNY 2014a, 257. 75 Un graffito di un viaggiatore così datato è stato rinvenuto al Paneion del wādī Minayh sulla via che collegava Koptos a Berenice (DE ROMANIS 1996, 183). 76 Plin., Nat. Hist., 6, 102-103: Plinio elenca le varie tappe del percorso e afferma che i tempi di percorrenza ammontavano a dodici giorni; questa testimonianza è analizzata in CUVIGNY [ET AL.] 2003, 11-13. 68 17 questi però non cita la strada verso Myos Hormos, sebbene sia a conoscenza dell’esistenza di questo porto77. Figura 3: la strada da Koptos a Berenike sulla Tabula Peuntingeriana Fu sotto Vespasiano e per ordine del prefetto d’Egitto Iulius Ursus, che nel 76/77 d.C. la via da Koptos a Berenice fu equipaggiata di fortini78, chiamati praesidia nei documenti, che andarono a sostituire le stazioni precedenti dotate semplicemente di un pozzo e chiamate hydreumata. La fortificazione di questa strada79 e di quella per Myos Hormos80 avvenne molto probabilmente in conseguenza di un inasprimento dei rapporti con le tribù beduine locali che Strabone attesta come pacifiche e dedite allo sfruttamento delle miniere di pietre preziose della regione81. È possibile da un lato che una presenza sempre più forte dell’amministrazione romana abbia privato queste tribù dei loro tradizionali mezzi di sostentamento, dall’altro che l’incremento dei traffici si sia accompagnato ad una crescita del contrabbando operato proprio da queste genti che potevano giovarsi di una più profonda conoscenza del territorio tale da permettere loro di aggirare i controlli doganieri romani82. La strada per Myos Hormos dovette essere la prima a venir abbandonata83, probabilmente a causa dell’insabbiamento del porto e per il fatto che le navi di grande tonnellaggio non riuscivano a risalire così a Nord84. Il ritiro definitivo dell’esercito dal deserto di Berenice si colloca, sulla base delle date più tarde sugli ostraka rinvenuti a Dios e a Xèron85, 77 Plin., Nat. Hist., 6, 168. Informano su ciò le dediche pressoché identiche di tre di questi fortini: I.Pan. 68 (Aphroditès Orous); AE 2001, 2039 (Didymoi) e AE 2001, 2051 (Siket). Per un’analisi di queste iscrizioni vd. BAGNALL – BÜLOW-JACOBSEN – CUVIGNY 2001. 79 È bene sottolineare che si trattava più che altro di piste non selciate che seguivano il percorso dei wādī. 80 Date le somiglianze tra i fortini costruiti lungo le due strade è possibile ipotizzare una genesi contemporanea (CUVIGNY [ET AL.] 2003, 196 e 356). 81 Str., 17, 1, 45. 82 CUVIGNY 2014a, 259-261. 83 L’assenza di questa via sull’Itinerario Antonino e sulla Cosmografia di Ravenna, nonché sulla Tabula Peutingeriana (fig. 3), è indice non già dell’inesistenza di questo percorso, ma di una sua minore importanza (CUVIGNY [ET AL.] 2003, 13). 84 DE ROMANIS 1996, 183. 85 CUVIGNY 2014a, 261, n. 81. 78 18 attorno la metà del III sec. d.C., forse in conseguenza dell’epidemia proveniente dall’Etiopia che colpì l’Egitto proprio in questi anni86 o degli attacchi dei Blemmyi87. All’inizio del IV secolo d.C., infine, vi fu una parziale rivitalizzazione dell’attività militare nel deserto Orientale grazie alla ripresa delle attività di estrazione dell’oro e alla fondazione del forte di Abû Sha’ar88 sulla costa del mar Rosso a Nord di Myos Hormos lungo la via Hadriana, forte che fu controllato dall’esercito fino alla fine del secolo. Dal punto di vista amministrativo e militare due erano le figure fondamentali nella gestione di questa rete di praesidia: il prefetto di Berenice e il curator praesidii. Il primo, la cui denominazione ufficiale era praefectus praesidiorum et montis Beronices89, era un prefetto di tipo territoriale, cioè preposto al controllo di una regione considerata particolarmente sensibile90, ed era sottoposto all’autorità del prefetto d’Egitto, come attestato dalla documentazione epigrafica91. Spesso egli univa a questo incarico il comando dell’ala di stanza a Koptos92, città dove aveva sede la prefettura di Berenice93, in una posizione strategica che consentiva una rapida comunicazione sia con il prefetto d’Egitto con sede ad Alessandria, sia con i praesidia del deserto e le due città portuali94. Il primo prefetto di Berenice di cui abbiamo notizia è Iuventius Rufus, che detenne questa carica nell’11 d.C. La direzione dei singoli praesidia era invece affidata ai curatores praesidiorum, ruolo che inizialmente si credeva essere stato creato ad hoc per questa regione, ma che recentemente si è scoperto95 avere dei paralleli in Mauritania Cesariana96. Questi erano ufficiali di rango97 principalis, cioè sesquiplicarii o duplicarii, come il σημεαφόρος (signifer e quindi duplicarius) Rufus curator di Didymoi sotto Domiziano98, o dei semplici cavalieri99 e, come dimostra la loro corrispondenza, erano subordinati da un lato al decurione o al centurione di stanza nel campo a monte della catena di fortini, dall’altro al prefetto di Berenice, probabilmente il responsabile 86 CUVIGNY 2014a, 261. Con questo nome le fonti antiche chiamano le tribù del deserto che Probo avrebbe scacciato da Koptos, che esse avevano occupato (SHA, Prob., 17, 2-3; 19, 2; Zos., 1, 71, 1). 88 Vd. SIDEBOTHAM 1994. 89 Questa la titolatura di D. Severius Severus in ILS 2699; in tutti gli altri casi la titolatura latina presenta la forma Ber(e)nicidis (CUVIGNY [ET AL.] 2003, 300). 90 GILLIAM 1941, 165, 167. 91 In particolare, la c.d. Tariffa di Koptos (I.Portes 67) e le epigrafi relative all’istituzione del sistema di praesidia (I.Pan. 68; AE 2001, 2039; AE 2001, 2051). 92 CUVIGNY 2014a, 266. 93 CUVIGNY [ET AL.] 2003, 297-298 94 Alcuni documenti (O.Krok. I 1, l. 15; O.Krok. I 47; M 54; O.Krok. I 224) suggeriscono che il prefetto di Berenice non di rado si spostasse lungo le due strade. 95 CUVIGNY 2014a, 248. 96 BERNARD – CHRISTOL 2010 (AE 2010, 1847). 97 Circa la questione del rango dei curatores praesidiorum vd. CUVIGNY [ET AL.] 2003, 314-315. 98 O.Did. 187. 99 O.Krok. I 87, l. 111. 87 19 della loro nomina100. Il curator comandavano i soldati in servizio presso il proprio praesidium, ausiliari tratti da varie unità dell’Alto Egitto che componevano guarnigioni di modeste dimensioni: come testimoniano giornali di posta di Krokodilô101, tre cavalieri erano sufficienti ad assicurare al praesidium i servizi di trasmissione della posta e di scorta; dallo studio delle tavole di servizio di Maximianon, di Dios e di Krokodilô emerge invece che il numero dei fanti, impiegati soprattutto in attività di ronda, variava dalle 8 alle 18 unità. Il curator espletava vari compiti102, in particolare gestiva l’approvvigionamento del praesidium, vettovagliava, soprattutto in acqua, le carovane e i viaggiatori provvisti di lasciapassare secondo gli ordini del prefetto e forniva loro una scorta, registrava gli eventuali movimenti sospetti dei nomadi, regolava le diatribe, anche quando erano implicati civili residenti nel fortino103, e soprattutto si occupava della posta. Se furono infatti problemi relativi alla sicurezza a indurre le autorità romane ad installare la rete di fortini, la funzione principale che essa sviluppò104 fu quella di trasmettere la posta ufficiale da un capo all’altro del deserto, di qui la centralità di questa regione nell’ambito del presente studio. I praesidia avevano una struttura tendenzialmente standardizzata105: un perimetro quadrangolare dotato di torrette di osservazione agli angoli cingeva il pozzo, che costituiva il cuore del fortino106; tutt’intorno, addossati al muro di cinta, stavano il contubernium, cioè gli appartamenti per la guarnigione, il praetorium, sede del curator, un balneum, un horreum per contenere le provviste, un’aedes e uno o più lacci, cisterne che permettevano di avere una costante disponibilità d’acqua107. All’esterno della cinta muraria venivano gettati tutti gli scarti, compresi gli ostraka, tanto che con il tempo si vennero a creare quei grandi depositi di materiali che hanno poi attirato l’interesse degli archeologi e soprattutto dei papirologi. Tuttavia, dal momento che la maggior parte dei praesidia furono costruiti nelle vallate di wādī, in occasione di violenti e abbondanti precipitazioni la corrente dei wādī ha causato lo smottamento di molte di queste discariche, disperdendo gli ostraka, quando non ha provocato il crollo di parte degli stessi fortini. 100 CUVIGNY [ET AL.] 2003, 295. In particolare, O.Krok. I 1. 102 CUVIGNY [ET AL.] 2003, 315-317. 103 O.Krok. I 73. 104 O almeno questo è quanto la documentazione fa emergere. 105 Per l’architettura dei praesidia vd. REDDÉ 2015. 106 In seguito all’abbandono questi pozzi sono crollati, trascinando con sé anche parte delle strutture ad esso addossate, e tutt’ora restano non indagati a causa delle difficoltà tecniche che richiederebbe il loro scavo (CUVIGNY 2014a, 266). 107 L’estrazione dell’acqua dal pozzo richiedeva tempi lunghi, che non ci si poteva permettere in caso di arrivo di una carovana (CUVIGNY 2014a, 266; vd. anche infra cap. III, 89s.). . 101 20 3. Gli ostraka Gli ostraka di Mons Claudianus coprono un arco cronologico che va dal 68 d.C. al regno di Alessandro Severo concentrandosi soprattutto sotto il regno di Traiano108 e quello di Antonino. Dal punto di vista tipologico Mons Claudianus ha offerto ricevute, liste di malati e di morti, esercizi scolastici e soprattutto moltissime lettere, sia di carattere privato sia di carattere ufficiale, nonché un ricco corpus di documenti di ambiente militare, come liste di vigiles, liste di soldati, lasciapassare e tavole di servizio. Particolarmente significative per il presente studio sono una trentina di lettere che W. Van Rengen ha pubblicato all’interno del secondo volume degli O.Claud. sotto il titolo La correspondance militaire109. Questi documenti costituiscono una selezione di quella che doveva essere la fitta corrispondenza tra il centurione o il curator di Mons Claudianus e i curatores dei praesidia vicini. Tra questi documenti vi sono due circolari inviate dal centurione a tutti i curatores che facevano riferimento a Mons Claudianus (O.Claud. II 357 e 359), diciassette lettere il cui mittente o destinatario è il curator del praesidium di Raïma (O.Claud. II 360-376), tra le quali una in latino (O.Claud. II 367), tre inviate dal curator di Tiberianè (O.Claud. II 378-380), identificata con la piccola cava di wādī Barud distante alcune ore di cammino da Mons Claudianus110, e infine cinque testi catalogati come note di servizio interno (O.Claud. II 383387). Tutte queste lettere sono datate, con un grado variabile di precisione, tra il regno di Traiano e la seconda metà del II secolo d.C. e trattano di argomenti disparati, quali la facilitazione del lavoro e dello spostamento di persone, la segnalazione del movimento di soldati o operai, la richiesta di materiale, la notifica dell’arrivo di prodotti, i problemi relativi all’acqua o al trasporto e, limitatamente alle note di servizio, la disciplina, l’organizzazione del lavoro e i problemi logistici o sociali111. Per quanto riguarda il deserto di Berenice, i due principali dossier ad oggi pubblicati da Cuvigny sono quelli di Krokodilô e di Didymoi. Il primo si data al primo quarto del II secolo d.C., tra il regno di Traiano e quello di Adriano, il secondo, invece, presenta documenti con una datazione solitamente più incerta, dalla seconda metà del II secolo d.C. alla prima metà del III secolo d.C. A differenza di Mons Claudianus, questi documenti sono quasi tutti di carattere militare e offrono tipologie non documentate altrove. Una tipologia specifica di questo settore è costituita, ad esempio, dai giornali di posta, che, come si avrà modo si illustrare più 108 È probabile che una parte importante degli ostraka non datati rinvenuti nel settore di scavo dal quale proviene il corpus traianeo siano in realtà di epoca adrianea (CUVIGNY 2014a, 253). 109 VAN RENGEN 1997. 110 BINGEN – BÜLOW-JACOBSEN [ET AL.] 1997, 243. 111 Vd. VAN RENGEN 1997, 193-194. 21 diffusamente in seguito112, erano dei registri nei quali il curator del praesidium annotava l’arrivo e la trasmissione delle lettere che viaggiavano sulle due strade da e verso Koptos. Per quanto concerne la corrispondenza ufficiale, sono state ritrovate diverse brutte copie di lettere inviate da singoli curatores ad ufficiali superiori, come quella del curator di Krokodilô Capito113 al prefetto Cosconius114 (O.Krok. I 14) o quella del curator di Didymoi Isidoros al procurator Augusti Valerius Apollinaris (O.Did. 40). Di interesse sono anche alcune lettere scambiate tra curatores, come quelle che Germanus del presidio di Persou invia a Silvanus del presidio di Krokodilô (O.Krok. I 74-76). Oltre a queste ultime lettere giunte già nella forma di ostraka nei fortini e alle brutte copie sopra menzionate rimaste nel presidio del mittente, un buon numero di documenti è formato da copie su ostrakon di lettere ufficiali scritte solitamente su papiro che il curator ricopiava per tenerle in archivio e tra queste spiccano in particolare le circolari, come quelle inviate sotto la prefettura del prefetto di Berenice Artorius Priscillus (O.Krok. I 41-59). Dal punto di vista contenutistico gli argomenti trattati in queste lettere sono vari: operazioni idrauliche, l’acqua e il vettovagliamento, la circolazione e la gestione della posta, l’attività di pattugliamento e di scorta e infine i movimenti dei nomadi (i βάρβαροι degli ostraka) e gli scontri con essi. Particolarmente interessante nell’ambito di quest’ultimo tema è un documento, O.Krok. I 87, che l’editrice ha denominato “l’amphore des Barbares” e che raccoglie in sé una serie di lettere e circolari relative al pericolo di attacchi da parte delle tribù beduine. A questi documenti vanno aggiunti SB VI 9118, una lettera in greco su ostrakon proveniente da Dios Polis con la quale Claudius Germanus ordina ad un curator praesidii di congedare il beneficiarius Iulius, e tredici lettere, anch’esse su ostrakon, provenienti da Edfou e pubblicate da Bagnall nel 1976115, delle quali dieci sono in greco (O.Florida 2-3, 5-9, 11-12) e tre, molto frammentarie, in latino (O.Florida 29-31). Gli O.Florida si inseriscono, inoltre, in un dossier più ampio di documenti116, comprendente anche diverse lettere ufficiali militari quali SB XVI 12649-12653 e 12655. 112 Vd. infra cap. II, 56-61. Riconducibile alla sua mano o a quella di un suo segretario è un piccolo dossier di corrispondenza ufficiale (O.Krok. I 5-14). 114 Destinatario anche di O.Krok. I 10. 115 BAGNALL 1976. 116 Vd. NACHTERGAEL 2003. 113 22 3. I papiri di Dura Europos Il corpus papirologico di corrispondenza militare scoperto a Dura Europos è quello di più antico rinvenimento e presenta soprattutto lettere in lingua latina117. Questo importante centro al confine tra l’Impero Romano e quello prima Partico e poi Sassanide venne riscoperto dal capitano britannico Murphy nel marzo del 1920 durante un’operazione militare118 e tra il 1928 e il 1937 fu oggetto di dieci campagne di scavo sistematico da parte di una missione franco-americana patrocinata dalla Yale University e dall’Académie des Inscriptions et BellesLettres sotto la direzione scientifica di M.I. Rostovtzeff e F. Cumont119. Fu proprio durante queste campagne che il sito rivelò la sua ricca documentazione papirologica. Nel 1986 ripresero gli scavi ad opera di una missione franco-siriana diretta da A. Maḥmoud e Leriche e proseguirono fino al 1998120. Dura Europos121 venne fondata, probabilmente da Seleuco I, come fortezza e colonia macedone sul medio corso dell’Eufrate attorno al 300 d.C. in posizione strategica tra due wādī che la rendevano facilmente difendibile. Sullo scorcio del II secolo a.C.122 la città passò nelle mani dei Parti che ne rafforzarono le fortificazioni. Dopo le alterne vicende delle Guerre Partiche di Traiano (115-118 d.C.), nel 164 o nel 165 d.C.123, in seguito alla campagna di Vero, i Romani annetterono Dura e divisero il settore settentrionale della città dal resto dell’abitato per ospitarvi una propria guarnigione124. Nemmeno un secolo più tardi la città fu sotto il controllo sassanide durante la puntata di Shapur I contro Antiochia (c. 252-254 d.C.)125, per poi tornare nel 254 d.C.126 ad ospitare le truppe romane che sostennero l’assedio del 256 d.C. da parte dello stesso Shapur I, il quale distrusse definitivamente la città e la condannò all’abbandono. 117 Gli unici papiri contenenti lettere in lingua greca sono P.Dura 55 e 66. LERICHE – MAḤMOUD [ET AL.] 1986, 9. 119 LERICHE – GELIN 1997, 231. I risultati delle ricerche sono stati pubblicati dal 1969 al 2004 nei Preliminary Reports e nei Final Reports. 120 Vd. LERICHE – MAḤMOUD [ET AL.] 1988; LERICHE – MAḤMOUD [ET AL.] 1992; LERICHE – GELIN 1997; LERICHE – GELIN – DANDRAU 2004. 121 Per una sintesi della storia di Dura Europos vd. HOPKINS 1979, 251-265 e BAIRD 2018, 17-37 e cfr. JAMES 2019. 122 P.Dura 34 offre come termine post quem il 116 a.C.; il termine ante quem è il 96 a.C. (HOPKINS 1979, 256257). 123 P.DURA, 24 124 Presente almeno dal 182-192 d.C. come attesta la dedica di un altare da parte di due decurioni della coorte II Ulpia equitata (ROSTOVTZEFF 1929, 42-44). 125 JAMES 2004, 22-24; la questione di una prima occupazione sassanide antecedente il grande assedio è discussa in BAIRD 2012, 312-314. 126 P.Dura 32 attesta il controllo romano sulla città. 118 23 Il catalogo completo dei papiri di Dura Europos rinvenuti dalla missione francoamericana fu pubblicato nel 1959127. Questi papiri vennero trovati nell’area lungo la cerchia muraria compresa tra la porta principale e la torre 3 (vd. fig. 4) e più del 60% di essi è stato prodotto in ambiente militare (liste, resoconti, lettere, etc.). Questi ultimi furono rinvenuti, con poche eccezioni128, nella stanza W13 del tempio di Azzanathkona (D in fig. 4), nei pressi del praetorium, che in vista dell’assedio era stata riempita di terra per rinforzare le mura prospicenti. Questi documenti appartenevano all’archivio della coorte XX Palmyrenorum equitata miliaria sagittariorum, che dalla fine del regno di Settimio Severo costituì il grosso della guarnigione della città129, ma non ne costituiscono l’archivio completo, dal momento che mancano alcune tipologie, come i registri relativi alle paghe, e che, tranne pochi esempi, i documenti sono tutt’altro che coevi all’assedio, risalendo addirittura a mezzo secolo prima130. In questo archivio spiccano ben 26 papiri contenenti lettere (P.Dura 56-81) che si attestano cronologicamente tra il 208131 e il 243/244 d.C.132, molte delle quali purtroppo eccessivamente frammentarie. P.Dura 66, ad esempio, costituisce il liber epistolarum acceptarum del tribuno Postumius Aurelianus, cioè il volumen che raccoglieva le lettere in latino e in greco ricevute dal tribuno, ma contiene anche alcune lettere scritte da Aurelianus133, probabilmente delle minute, e alcune lettere di terzi a terzi 134, inserite perché a lui inviate per conoscenza o perché di contenuto simile alle altre e di interesse per la coorte135. Un altro liber epistularum acceptarum è P.Dura 56, contenente tre lettere riguardanti l’assegnazione di cavalli (probatio) spedite al tribuno della coorte palmirena Ulpius Valentinus dal legato Aug. pr. pr. Marius Maximus, il quale è anche l’autore della circolare – la cui copia è conservata da P.Dura 60 B136 – che, allegando la copia di un’altra lettera, informa del passaggio di un messo partico. Numerose altre lettere dovettero giungere a Dura direttamente dall’ufficio del 127 P.DURA. In particolare, P.Dura 55, contenente due lettere, una in latino e una in greco, è stato rinvenuto nella campagna del 1933/34 nella strada che correva tra le mura e il blocco L8 e che nel 256 d.C. o poco dopo venne coperta da una rampa che ne permise la conservazione insieme ad altri testi di carattere civile (P.DURA 1959, 3 e 213). 129 Prima a Dura vi era un’altra coorte, la II Ulpia equitata civium Romanorum sagittariorum quingenaria (ROSTOVTSEFF 1933, 310); oltre a queste coorti è attestata a Dura la presenza di vessillazioni, in particolare dalle legioni IV Scythica, III Cyrenaica e XVI Flavia Firma (P.DURA, 25). 130 P.DURA, 36; è anche possibile che i documenti più recenti siano stati portati via prima dei lavori di rafforzamento delle mura. 131 P.Dura 56. 132 P.Dura 81. 133 Sicuramente le epistole 1, 9, 10 e 42 e forse anche l’epistola 11. 134 Sicuramente le epistole 14, 15, 32 e forse anche l’epistola 18. 135 CUGUSI 1992b, 247. 136 Questo è parte di un τόμος συνκολλέσιμος (P.Dura 60) formato da tre papiri, o frammenti di papiro, incollati tra di loro a costituire un liber epistularum acceptarum. 128 24 governatore della Coele Syria137 indirizzate al tribuno della XX Palmyrenorum, e lo testimoniano, ad esempio, P.Dura 58 e 61, che parlano rispettivamente di una probatio e di frumentationes. P.Dura 67 presenta invece la copia di una lettera con allegata una lista di nomi di soldati, similmente a P.Dura 68 e 69. P.Dura 64, infine, conserva due lettere concernenti del personale inviate dal procurator Aug. e praepositus praetenturae Aurelius Rufinus al tribuno Iustinus con in allegato altrettante lettere del governatore Antonius Seleucus138. Figura 4: pianta di Dura Europos (BRODY – HOFFMAN 2011, 15) 137 Con la divisione della Syria in due distinte province ad opera di Settimio Severo la città divenne parte della Coele Syria, con capitale Antiochia (BRUCKNER – MARICHAL 1977, 3). 138 Queste ultime sono fortemente frammentarie. 25 4. Gli ostraka di Gholaia Un quarto corpus di lettere proviene dal forte di Gholaia/Golas, attuale Bu Njem, sul limes Tripolitanus. R. Rebuffat ha effettuato scavi in questo sito dal 1967 al 1976139 e, in particolare durante gli scavi del 1971140, vi ha rinvenuto un cospicuo numero di ostraka in lingua latina. Un’epigrafe rinvenuta in loco141 data al 24 gennaio del 201 d.C. la fondazione del forte, che si inserisce nel quadro delle operazioni di rafforzamento del limes da parte di Settimio Severo. Il forte venne eretto 200 km a Sud dell’attuale Capo Misurata142 e controllava le piste che attraversavano il deserto sia in direzione Nord-Sud, collegando le regioni berbere dell’interno con i grandi centri costieri come Oea e Leptis Magna – quest’ultima citata negli ostraka143 – sia in direzione Est-Ovest, mettendo in comunicazione l’Africa Proconsolare con l’Egitto. A Bu Njem si presenta una situazione simile a quella già illustrata per il deserto Orientale egiziano, questo forte infatti non era isolato, ma costituiva uno dei nodi di una rete di forti e burgi, come Gheria144, ad Ovest di Gholaia, e da esso dipendevano una serie di postazioni minori, come la Secedi nominata negli ostraka145, dove la guarnigione di Gholaia distaccava dei soldati. La funzione di questo sistema, oltre che difensiva, era anche doganale146, tanto che negli ostraka troviamo rappresentati sia gli stationarii147, sia i beneficiarii148, entrambi responsabili del controllo delle strade e delle stazioni doganali. Il forte ebbe come prima guarnigione149 una vexillatio della legione III Augusta, di stanza in Africa Proconsolare, e un numerus comandati da un centurione praepositus. Successivamente, con lo scioglimento di questa legione nel 238 d.C., il forte venne affidato al solo numerus, probabilmente quingenario150, comandato da un decurione praepositus, numerus che quasi certamente restò nel forte anche dopo la ricreazione della III Augusta, dal momento che gli ostraka attestano la presenza di un decurione alla guida della guarnigione ancora negli anni ’50 del III secolo d.C. 151, cioè nell’ultimo periodo di occupazione del forte. Oltre al 139 REBUFFAT 1969; REBUFFAT 1972; REBUFFAT 1975. I primi ostraka furono scoperti nel 1967, gli ultimi nel 1976. 141 IRT 916 = CIL VIII, 6. 142 ADAMS 1999, 109. 143 O.BuNjem 89 e 98. 144 MARICHAL 1979, 448. 145 O.BuNjem 94 e 95. 146 MARICHAL 1992, 106-114. 147 O.BuNjem 2, 6, 7, 8, 9, 10, 25, 26 e 28. 148 O.BuNjem 65. 149 Per la storia e l’organizzazione della guarnigione romana a Bu Njem vd. MARICHAL 1992, 63-70. 150 Per lo studio sul numero di effettivi vd. MARICHAL 1992, 70-75. 151 Ad esempio Octavius Festus, attivo nel 259 d.C. (O.BuNjem 76-79, 82-85). 140 26 numerus, erano distaccati a Gholaia alcuni cavalieri della coorte VIII Fida152 e, dal momento che questa coorte si ritirò di circa 600 km verso Nord-Ovest al più tardi nel 256 d.C., è verosimile ritenere che il forte sia stato abbandonato contestualmente a quell’operazione153. Ben 146 ostraka rinvenuti nel sito sono stati pubblicati da R. Marichal nel 1992154 e di essi la maggior parte proviene dai principia, dove, presso lo scriptorium, si trovava la sede dell’amministrazione della guarnigione, mentre dieci sono stati scoperti isolati in vari punti del forte155 e altri dieci in una discarica a Sud-Ovest della cinta. Dal punto di vista tipologico tre sono le categorie di documenti rappresentate a Gholaia: i rapporti giornalieri156, cioè documenti che riportano lo stato degli effetti dell’unità, le relazioni157, probabilmente quotidiane, di quanto accadeva a Gholaia e, infine, le lettere158. A quest’ultima categoria, quella che qui interessa, afferiscono 43 documenti (O.BuNjem 74-117), nove dei quali sono datati (uno al 253 d.C.159, uno al 254 d.C.160 e i restanti sette al 259 d.C.161), consentendo, insieme ad altri elementi di carattere archeologico, di datare allo stesso periodo l’intero corpus162. Gli O.BuNjem 110-117 sono stati rivenuti nella discarica esterna al forte e sono così mutili e rovinati da essere pressoché illeggibili, tutti gli altri provengono, invece, dai principia. Tre lettere (O.BuNjem 86-87e 109) sono private, mentre tutte le altre sono di carattere ufficiale e tutte inviate al praepositus, tranne O.BuNjem 95, che è indirizzata da un decurione a un cavaliere della VIII Fida distaccato a Gholaia, e O.BuNjem 101, inviata dal viceprincipalis Aemilius Flamininus all’agens Catulus circa l’invio di un refuga. Tra le lettere ufficiali spiccano sette lettere di vettura (O.BuNjem 75-81), cioè di accompagnamento di beni viaggianti, delle quali una scritta da un procuratore imperiale (O.BuNjem 75), le altre da soldati in distaccamento, in particolare da Aemilius Aemilianus (O.BuNjem 76-80163). Altre 21 lettere ufficiali sono invece catalogabili come relazioni in forma 152 O.BuNjem 95. MARICHAL 1979, 436. 154 MARICHAL 1992. 155 Per la ripartizione topografica degli ostraka rinvenuti vd. MARICHAL 1992, 5-15. 156 MARICHAL 1992, 46-56; O.BuNjem 1-62. 157 MARICHAL 1992, 56-57; O.BuNjem 67-73. 158 MARICHAL 1992, 57-63. 159 O.BuNjem 74. 160 O.BuNjem 75. 161 O.BuNjem 76-79, 82-85 162 Il fatto che gli ostraka debbano risalire all’ultima fase di occupazione del forte – senza per questo costituire gli ultimi documenti ivi scritti – e la loro datazione costituiscono un’ulteriore prova dell’abbandono del forte contestualmente alla ritirata della coorte VIII Fida (MARICHAL 1979, 436). 163 O.BuNjem 80 non riporta il nome del soldata, ma presenta la stessa scrittura di tipo epistolare presente unicamente nelle lettere da lui inviate. 153 27 di lettera inviate da soldati in distaccamento164, come O.BuNjem 104, nella quale si fa riferimento ad un desertor. A queste lettere su ostrakon ne vanno aggiunte altre due che, sebbene frammentarie, sono interessanti per il supporto che le conserva, cioè il rivestimento murale delle pareti esterne dello scriptorium. Su questo album, se di album si può parlare165, venivano riportate le copie di lettere e di altri documenti che trattavano questione di interesse per tutta la comunità del forte. Dei due documenti meglio conservati, il primo (O.BuNjem 147), che non si è certi sia una lettere, potrebbe contenere un resoconto sulle tribù che vivevano all’interno o ai confini dell’area di azione del forte, il secondo (O.BuNjem 148), una lettera inviata al decurione a capo di Gholaia, fa invece riferimento a un prefetto, ma lo stato di conservazione è tale da impedire qualsiasi tentativo di interpretazione. Figura 5: le piste attorno Bu Njem (MARICHAL 1979, 449) 164 165 O.BuNjem 83-85, 90-93, 96-108. MARICHAL 1992, 242. 28 5. Documenti singoli dall’Egitto e da altre regioni Oltre ai quattro corpora sopra illustrati, vi è un’ulteriore serie di documenti catalogabili come corrispondenza militare afferenti a vari corpora di provenienza egiziana. La maggior parte di essi è su papiro e in lingua latina166. Il documento più antico, nonché l’unico risalente al I secolo d.C., data all’83/86 d.C. ed è la copia di una lettera nella forma dei codicilli imperiali inviato al prefetto d’Egitto L. Labrerius Maximus con la nomina dello stesso a prefetto del Pretorio (ChLA X 417). Da Ossirinco proviene, invece, il primo documento di II secolo d.C. (POxy. VII 1022), una copia della lettera di probatio datata al 103 d.C. e inviata da Memphis da C. Minucius Italus, prefetto d’Egitto, a Celesinus¸ prefetto della coorte III Ituraeorum, con allegata la lista delle reclute. Attorno alla stessa data si fa risalire la lettera P.Wisc. 2, 70, con la quale un ufficiale informa il decurione Teres di avergli concesso una licenza su richiesta di uno strategus. Una lettera sotto forma di petizione con richiesta di probatio (ChLA XLII 1212) proviene invece da Theadelphia e fu inviata dal tiro C. Valerius Saturninus al prefetto d’Egitto M. Rutilio Lupo tra il 113 e il 117 d.C. Di poco posteriore è una lettera in lingua greca e scritta nel 117 d.C. dallo strategòs di Apollinopolis Apollonios al prefetto d’Egitto Rammius Martialis con una richiesta di congedo (P.Giss. I 44). Questo stesso personaggio è destinatario di una lettera del 116/117 d.C. (P.Giss. I 47), anch’essa in greco, nella quale il mittente, il cui nome non si è conservato, parla di un acquisto di armi probabilmente legato al tumultus iudaicus che in quel periodo stava colpendo l’Egitto167. Al medesimo evento storico è legata la lettera in greco dello strategòs Aquilios Polion allo strategòs di Ossirinco Apollonios (P.Oxy. IX 1189) concernente l’invio di lettere in merito all’espropriazione di terre agli Ebrei. Al 139 d.C. si data, poi, SB XX 14631, che presenta la copia di una lettera con la quale il prefetto d’Egitto Avidius Heliodorus ordina al responsabile di una cava di alabastro, probabilmente un militare, di concedere la libertà ad un uomo condannato ai lavori forzati168. Alla metà del II secolo d.C. risalgono alcune lettere su ostrakon provenienti da Latopolis169, le quali sono tutte in greco ad eccezione di CEL I 158 e 159, che riguardano il trasferimento di soldati; la prima di queste, in particolare, presenta come mittente il centurione Severus e come destinatario il prefetto di coorte Domitius Respectus. Dello stesso periodo e In caso di documento su ostrakon o in lingua greca lo si segnalerà nell’esposizione. Entrambi papiri provengono da Hermopolis. 168 Quest’ultima è comparabile con due lettere scritte in greco dal prefetto d’Egitto a strateghi circa la liberazione di condannati (SB I 4639 e SB XIV 11999). 169 SIJPESTEIJN 1973, vd. anche BAGNALL 1975 e GILLIAM 1976. 166 167 29 proveniente da Ossirinco è ChLA IV 267, una lettera di raccomandazione in favore di un certo Theo inviata dal beneficiarius Aurelius Archelaos al tribunus militum legionario Iulius Domitius. Datata invece alla seconda metà del II secolo d.C. e proveniente dal Fayum è P.Mich. VII 452, che contiene frammenti che potrebbero essere riconducibili ad una lettera riguardante dei disertori. Al 203 d.C. data P.Flor. II 278, un papiro che in cinque colonne raccoglie le copie o il sommario di una ventina di lettere in greco spedite da un comando generale posto nel Medio Egitto agli strateghi di vari nomoi e ad altri funzionari di rango con lo scopo di raccogliere il materiale destinato ad una spedizione altrimenti sconosciuta. Alla prima metà dello stesso secolo risalgono anche ChLA XLV 1333, un documento fortemente frammentario interpretabile come un rapporto o una lettera in cui si fa riferimento ad un atto di disobbedienza nell’ambito della gestione delle provvigioni, e POxy. XII 1511, un registro di lettere protocollate anch’esso particolarmente mutilo. Proveniente da Dionysias e datata al 340/342 d.C. è, invece, P.Abinn. 1, una minuta della petizione del prefetto d’ala Flavius Abinnaeus agli imperatori Costanzo II e Costante circa la conferma del suo incarico. Lo stesso Abinnaeus è il destinatario170 della lettera P.Abinn. 2 proveniente sempre da Dionysias e datata al 344 d.C., con la quale il comes et dux Aegypti Valacius lo depone dal suo incarico. Altri tre diversi comites et duces Aegypti sono i mittenti di altrettante lettere (ChLA XLIII 1248) inviate ad altrettanti praefecti castri Psoft(h)is e datate rispettivamente al 395, al 396 e al 401 d.C., le quali costituiscono dei certificati di servizio militare per mezzo dei quali si può seguire la carriera di un certo Serapion. A questi documenti egiziani si può ancora aggiungere un documento particolarmente mutilo risalente alla seconda metà del I secolo d.C. e proveniente da Masada (P.Masada 726), che potrebbe costituire una lettera in cui si parla di un qualche pericolo a causa del quale si invia un centurione, e una tavola cerata di età flavia proveniente da Rottweil e pubblicata da R. Laur-Belart171, che contiene una lettera ufficiale concernente la tassazione negli Agri Decumates. Una menzione meritano, infine, le numerose tavolette rinvenute a Vindonissa172, un campo legionario romano nei pressi dell’attuale comune svizzero di Windisch, e datate tra il 17 e il 101 d.C., del cui testo però non si conserva che l’intestazione esterna, dal momento che il contenuto interno è totalmente illeggibile. All’archivio di Abinnaeus afferiscono anche una serie di lettere in greco, di cui solo alcune sono catalogabili come corrispondenza ufficiale militare, in particolare P.Abinn. 16 e 29. 171 LAUR-BELART 1955. 172 SPEIDEL 1996. 170 30 CAPITOLO II LE LETTERE MILITARI E LA LORO CIRCOLAZIONE In questo capitolo vengono analizzati i diversi tipi di supporto impiegati per la stesura delle lettere militari ufficiali e la lingua e la struttura testuale delle stesse. Viene poi presentato il sistema di gestione della corrispondenza ufficiale in ambito militare che permetteva alle lettere di circolare lungo le frontiere e di trasmettere messaggi dai centri dell’amministrazione alle basi militari di confine. 1. Epistulae, γράμματα e διπλώματα Il termine più comune con il quale i documenti militari romani fanno riferimento alle lettere è epistula173 (ἐπιστολή nella versione greca174). Se nei documenti in lingua latina l’unico175 altro termine attestato per intendere le lettere è littera/litera, che occorre solo nei testi da Gholaia176, maggior varietà si nota in quelli in lingua greca. A ἐπιστολή, ampiamente attestata, si affiancano infatti γράμμα e δίπλωμα. Il primo di questi due termini ricorre (di norma al plurale177) in P.Dura 66 P, col. ii, l. 11 e forse col. i, l. 4 – ma il papiro versa in uno stato troppo frammentario per avanzare interpretazioni –, nell’archivio di Abinnaeus178 e in due soli documenti dal deserto Orientale, O.Krok. I 13, l. 10, in contesto non chiaro a causa delle diffuse lacune, e O.Did. 29, dove γράμματα gode di tre occorrenze (l. 5, 9 e 12). Quest’ultimo documento, datato alla prima metà del 236 d.C.179 e di natura incerta180, costituisce una lettera inviata da Aurelius Sarapammon, decurione181, ai curatores da Phoinikōn a Berenice che trasmette una lettera del prefetto d’Egitto a sua volta trasmettente una lettera dell’imperatore Massimino il Trace con la quale quest’ultimo comunica l’elevazione al rango di Caesar di suo figlio Massimo. Il referente della 173 Ad esempio, P.Dura 82, col. ii, l. 7; 89, col. i, l. 15; 100, col. xliv, l. 2; 115 b, col. ii, l. 5; 121, ll. 2 e 9; 130 A, l. 1 e O.Bu.Nejm 103, l. 4; 104, l. 7; 105, ll. 4s. 174 Il termine presenta anche alcune varianti al diminutivo, ἐπιστόλιον e ἐπιστολίδιον, con le quali però si fa riferimento solamente a lettere di carattere privato, per le quali vengono usati anche i termini φάσις e ἀντιφώνεσις, quest’ultimo limitatamente alle lettere di risposta (CUVIGNY [et al.] 2003, 468). 175 Due documenti da Vindolanda (Tab.Vindol. II 217, l. 4 e 283, l. 6) presentano il termine tabula, che potrebbe far metonimicamente riferimento alle lettere (cfr. infra 33), ma il contesto è frammentario, sicché risulta impossibile determinarne con certezza il senso. 176 O.Bu.Njem 67, l. 9; 68, l. 5; 71, ll. 3s.;110, l. 2 (litera). 177 In contesti privati sono attestati anche usi al singolare (vd. ad es. CUVIGNY [ET AL.] 2003, 468, n. 207). 178 Apparentemente senza un significato particolare, γράμματα ricorre diffusamente in questo archivio tanto nelle lettere a carattere più civile, quanto in quelle a carattere più militare. 179 CUVIGNY [ET AL.] 2012, 90. 180 Potrebbe trattarsi di un brogliaccio o di una copia (CUVIGNY [ET AL.] 2012, 91). 181 La sua funzione specifica non è chiara. 31 prima occorrenza di γράμματα è sicuramente la lettera dell’imperatore, dal momento che il termine si presenta in iunctura con l’aggettivo θείος, quello della seconda è reso incerto dalla lacunosità del testo, quello della terza, infine, è l’insieme della missiva del decurione, comprese le lettere ad essa allegate. Quantitativamente ben attestato, ma geograficamente limitato al deserto Orientale182, è il termine δίπλωμα183, il cui significato tuttora resta di difficile definizione. In O.Krok. I 1, un giornale di posta datato al 108 d.C., i διπλώματα vengono registrati insieme alle ἐπιστολαί, dunque entrambi i termini fanno parte del lessico ufficiale militare degli ostraka del deserto Orientale184 ed entrambi possono fare riferimento a lettere inviate dal prefetto di Berenice, come evidenziano chiaramente le righe 11s.: ἐπιστολαὶ Κοσ[κωνίο(υ) ἐπάρ]χ̣(ου) καὶ δίπλω(μα) δι’ οὗ γρά[φει κουρά-]/τορσι «le ἐπιστολαὶ del prefetto Cosmonius e il δίπλωμα per mezzo del quale scrive ai curatores». Tranne il caso di un rapporto in forma di lettera inviato da un cavaliere ad un centurione185, tutti i διπλώματα sembrano essere delle lettere circolari, in opposizione alle lettere con destinatari specifici; l’eccezione sopramenzionata, tuttavia, si ritrova come allegato ad una circolare, dunque il suo oggetto è stato ritenuto di interesse generale, sicché il designarlo come δίπλωμα potrebbe costituire – se non si tratta di un errore del copista – un modo per sottolineare questo aspetto186. Alcuni dei διπλώματα citati nella documentazione del deserto Orientale187 possono essere intesi come salvacondotti188, sebbene questo sia solo uno dei possibili usi di un δίπλωμα e sebbene vi siano degli specifici documenti con funzione di salvacondotto anch’essi chiamati διπλώματα diversi dalle circolari sin qui menzionate189. Un altro tipo particolare di δίπλωμα era il δίπλωμα τῆς ἐπιθέσεως, letteralmente «dittico di spedizione»190; quest’espressione, giovandosi di un’accezione del termine ἐπίθεσις non altrimenti attestata191, designava una 182 Ad eccezione forse di SB XIV 12040, l. 2 (CUVIGNY [ET AL.] 2003, 468, n. 212); il termine sembra ricorre anche in latino in Tab.Vindol. II 201, ma difficilmente si riferisce ad una lettera. 183 O.Krok. I 1, ll. 6, 11 e 26; 10, l. 22; 26, ll. 4, 13 e 16; 30, l. 44; 44, l. 1; 51, l. 27; 62, l. 29; 87 (diffusamente); O.Max, inv. 81 (Cuvigny 1996); O.Claud. IV 849, l. 19 O.Did. 24, l. 2. 184 Non è possibile dunque indicare le ἐπιστολαί come lettere private e i διπλώματα come lettere ufficiali (CUVIGNY [ET AL.] 2003, 469). 185 O.Krok. I 87, ll. 18, 26-50. 186 CUVIGNY 2013, 428. 187 Ad es. O.Krok. I 1, ll. 11 e 26. 188 CUVIGNY 2005, 12. 189 Cfr. MOATTI 2000, 941. 190 P.Worp. 51, l. 2 (CUVIGNY 2008, 320-323). 191 Il verbo dal quale ἐπίθεσις deriva è ἐπιτιθέναι, che è utilizzano comunemente con il significato «consegnare (una lettera a qualcuno)» (CUVIGNY 2013, 428). 32 lettera circolare che costituiva una sorta di bolla di accompagnamento della corrispondenza ufficiale192. Un ulteriore elemento caratterizzante il δίπλωμα in opposizione alla semplice ἐπιστολή potrebbe essere anche la sua stessa forma fisica. È infatti possibile ipotizzare193, a partire dall’etimologia194, che in originale il δίπλωμα si configurasse come un dittico ligneo o un papiro ripiegato in due parti, oppure come un documento in doppia spedizione, cioè un documento formato da una scriptura interior sigillata ed una exterior195. Se inizialmente Cuvigny era scettica nei confronti di quest’ultima ipotesi196, dal momento che un sigillo sarebbe risultato inutile su circolari che dovevano essere lette da diversi destinatari, di recente ne ha riconsiderato il valore197, alla luce dello studio dei διπλώματα τῆς ἐπιθέσεως. In effetti un formato di questo tipo avrebbe consentito di conservare una copia del testo nella scriptura interior al sicuro da eventuali manomissioni fraudolente volte a celare il furto o lo smarrimento di una delle lettere o di uno degli oggetti in esso elencati; all’arrivo presso il destinatario finale, questi avrebbe rotto il sigillo e controllato la conformità di quanto ricevuto, riscontrando le eventuali mancanze. Da segnalare, infine, è la copia di una circolare di Arruntius Agrippinus conservata da O.Krok. I 87, ll. 90-106, la quale viene introdotta dalla formula ἀντείγραφ[ο]ν διπλώματος «copia di δίπλωμα» (l. 89), ma il cui testo fa riferimento a se stesso con il termine ἐπιστολή (l. 102); ne consegue che o i due termini erano sinonimi – ma allora si dovrebbe interpretarne la compresenza in O.Krok. I 1, ll. 11s. come una semplice variatio e considerare un mero caso che tutte differenze sin qui riscontrate tra di loro – oppure il copista ha commesso un errore o non era a conoscenza della sfumatura di significato. Nel deserto Orientale un ultimo termine designa, per metonimia, le lettere, cioè ὄστρακον, il quale forse trova un corrispondente nel tabula di Vindolanda198. Utilizzato anche per la corrispondenza privata civile, questo termine si ritrova anche in contesti militari: si segnalano, in particolare, due occorrenze nei testi da Krokodilō e due in quelli da Edfu. In O.Krok. I 76, l. il termine indica la lettera che viene richiesta al Silvanus, curator di Krokodilō, da Germanus, curator di Persou, a nome di tutta la guarnigione, circa la salute del commilitone Ammonianus (in questo caso l’occasione e l’intestazione della lettera mancante dei titoli – che 192 CUVIGNY 2013, 428. Cuvigny 2005, 12. 194 Sempre che non si tratti di un fenomeno di sopravvivenza lessicale (CUVIGNY 2005, 12). 195 GILLIAM 1971, 66-68. 196 CUVIGNY [ET AL.] 2003, 469s.; limitatamente ai salvacondotti vd. anche KOLB 2000, 109. 197 CUVIGNY 2019, 73. 198 Tab.Vindol. II 217, l. 4 e 283, l. 6 (vd. supra 31, n. 175). 193 33 si ricostruiscono da O.Krok. I 74, ll. 1-3 – fanno attribuire un carattere più privato che ufficiale a questo documento). Un contesto più ufficiale, anche se lacunoso, lo si trova in O.Krok. I 78, dove ὄστρακον (l. 5) designa la lettera stessa, la quale garantisce al portatore una fornitura d’acqua (l. 6). Similmente il termine indica la lettera stessa in O.Florida 5, ll. 4s., dove occorre nell’espressione καλῶς ποιήσις λαβών μου / τὸ ὄστρακον «avendo ricevuto da me l’ὄστρακον, farai bene a», mentre in O.Florida 7, l. 2 l’ὄστρακον199 in questione è la lettera che il mittente ha ricevuto e alla quale si appresta a rispondere200. 2. Il supporto scrittorio Come si è potuto notare nel precedente capitolo, tre sono i principali tipi di supporto che hanno permesso la conservazione di una piccola parte del patrimonio epistolare prodotto dagli ufficiali dell’esercito romano durante l’età imperiale: il papiro, la tavoletta lignea e l’ostrakon. Ad essi si aggiungeva la tabula cerata, una tipologia di supporto di cui però si sono conservati esigui esemplari di difficile fruizione, che per giunta non hanno conservato lettere della categoria oggetto del presente elaborato201. Certamente uno dei supporti più diffusi, soprattutto nel settore orientale dell’Impero, fu il papiro, che offriva evidenti vantaggi tanto all’atto della scrittura, quanto nel successivo momento del trasporto. Insieme ai vari papiri di provenienza egiziana, il corpus dureno costituisce la principale testimonianza dell’utilizzo di questo materiale in seno all’esercito romano. A Dura Europos, infatti, il papiro era utilizzato non solo per le missive vere e proprie, ma anche per le copie d’archivio. Il papiro costituiva il supporto privilegiato anche nel deserto Orientale egiziano, dove certamente non doveva essere di difficile reperimento, data la vicinanza della valle del Nilo ed il costo contenuto202. I butti dei fortini sinora scavati non hanno portato alla luce alcun papiro, se non qualche piccolissimo frammento di impossibile lettura203, ma buona parte della corrispondenza doveva circolare su questo supporto se in M761204 l’autore si sente in dovere di scusarsi con il suo corrispondente per avergli scritto su ostrakon205. Oltre alla carenza di lettere La formula utilizzata è la stessa di O.Florida 5, ll. 4s., tranne che per il pronome: λαβών σου τὸ ὄστρακον λαβών μου / τὸ ὄστρακον «avendo ricevuto da te l’ὄστρακον». 200 La lacunosità del testo non permette di essere certi circa la natura ufficiale di questa lettera. 201 Tranne forse LAUR-BELART 1955. 202 Come evidenzia Skeat, il costo di un rotolo di papiro della misura standard di circa 3,40 m doveva aggirarsi attorno alle 2 dracme (SKEAT 1995, 88). 203 CUVIGNY [ET AL.] 2003, 265-267. 204 CUVIGNY [ET AL.] 2003, 266, n. 6 205 Cfr. anche M1027 e M1392 (CUVIGNY [ET AL.] 2003, 266, n. 6). 199 34 originali tra i documenti ufficiali rinvenuti nel deserto Orientale, a dimostrazione che l’uso del papiro era invalso non solo in ambito privato, ma anche e soprattutto in ambito pubblico / militare sta una lettera di Aurelius Besarion, curator di Raïma, che testimonia un acquisto da lui effettuato di ben 6 dracme di papiro206, un quantitativo decisamente considerevole, ma evidentemente necessario alla sua funzione e comunque non sufficiente, dal momento che la lettera sopramenzionata è scritta su ostrakon. Circa il motivo dell’assenza di papiri tra i reperti del deserto Orientale gli studiosi si sono a lungo interrogati. Limitatamente alla corrispondenza ufficiale, una causa può individuarsi nel fatto che i documenti ufficiali venivano convogliati verso la valle del Nilo207, dove essi erano raccolti e conservati negli archivi del prefetto di Berenice o negli altri archivi dell’amministrazione centrale. Una spiegazione, però, che giustifica anche l’assenza di altri tipi di documento su papiro non destinati all’archiviazione, come le lettere private, è data da Brun208, il quale ritiene che in una regione come il deserto Orientale, priva di combustibili facilmente reperibili, i fogli di papiro già scritti e privi di utilità in quanto vetusti costituissero un ottimo materiale per il fuoco209. Indirettamente anche i giornali di posta confermano l’utilizzo del papiro; in essi, infatti, viene nominata una categoria particolare di lettere, le ἐπιστολαὶ ἐσφραγσμέναι210, cioè lettere sigillate: per presentare un sigillo, queste ultime dovevano necessariamente essere su papiro, che veniva arrotolato e poi sigillato, affinché mittente e destinatario potessero essere sicuri della riservatezza del messaggio. Ovviamente non potevano essere ἐσφραγσμέναι le lettere circolari inviate dal prefetto di Berenice o dagli altri ufficiali superiori 211, dal momento che dovevano essere lette da diversi destinatari, ma anch’esse dovevano essere su papiro, che di certo non scarseggiava negli uffici di Koptos. A differenza di ciò che accadeva a Dura Europos, le circolari e le lettere che giungevano ai fortini del deserto Orientale non venivano registrate su τόμοι συνκολλέσιμοι212, ma su ostrakon, materiale di facile reperibilità all’interno dei praesidia e decisamente meno costoso, quindi adatto ai registri dei curatores che non godevano dello stesso status dell’archivio dureno del tribuno della XX Palmyrenorum. Come dimostrano O.Krok. I 47 e 87, spesso venivano usati 206 O.Claud. inv. 7255 (CUVIGNY [ET AL.] 2003, 266, n. 6). CUVIGNY [ET AL.] 2003, 265. 208 CUVIGNY [ET AL.] 2003, 267. 209 Nota Cuvigny che in effetti molti frammenti papiracei sono stati rinvenuti in strati di cenere (CUVIGNY [ET AL.] 2003, 267). 210 Vd. O.Did. 3, ll. 5s. 211 CUVIGNY [ET AL.] 2003, 471. 212 Non è da escludere aprioristicamente che nei fortini del deserto Orientale si creassero dei libri epistularum acceptarum su papiro, ma di essi l’archeologia non ha dato qui alcuna testimonianza. 207 35 intere anfore o grandi frammenti delle stesse come supporto per la trascrizione di più di una circolare. Su ostrakon però non si sono conservate soltanto copie di lettere o brogliacci 213, che per loro stessa natura non necessitavano di un supporto ‘nobile’, ma anche lettere originali, come dimostra, tra gli altri, O.Florida 7, l. 2, ove l’autore dice di scrivere in risposta ad un ostrakon ricevuto dal destinatorio, il curator Bassus. In particolare, su ostrakon sono state scritte diverse lettere che i curatores dei vari fortini si inviavano reciprocamente in merito a questioni logistiche214, oltre che di carattere privato215. Dal punto di vista archeologico216 gli ostraka del deserto Orientale sono costituiti da cocci risultanti dalla rottura di anfore bitroncoconiche AE3217, anfore a pasta bruna alluvionale prodotte nella valle del Nilo218 e presenti in gran quantità nei fortini del deserto Orientale219, e, in misura minore, di vasellame di due tipi di ceramica (in proporzione maggiore quella del gruppo B220 e in proporzione minore quella del gruppo A221)222. Per quanto riguarda i cocci provenienti dal vasellame, questi venivano iscritti sulla superficie interna, che non essendo pressata tratteneva meglio l’inchiostro, al contrario di quanto si faceva con quelli provenienti dalle anfore223. In generale, poi, si preferiva la faccia convessa e la disposizione del testo era vincolata alla forma del pezzo e alla lunghezza del messaggio224. I suddetti cocci potevano essere inoltre ulteriormente spezzati o ritagliati per ottenere la forma e la dimensione desiderate.225 Sempre gli ostraka costituivano, stando ai ritrovamenti, il supporto scrittorio principale nell’area controllata dal forte di Gholaia. Pressoché la totalità degli ostraka rinvenuti proviene da anfore o giare e presenta una pasta generalmente omogenea e di colore rosso226. La taglia degli ostraka è variabile, ma mediamente più grande del consueto227; quelli utilizzati per le 213 O.Krok. I 14. Ad esempio, O.Krok I 71, 74 e 75 (gli ultimi due documenti sono definiti dall’editrice (CUVIGNY 2005, 123) «billets» contenenti «notes de service» dal momento che mancano della formula di saluto finale) e O.Did. 46. 215 Ad es. O.Krok. I 76. 216 CUVIGNY [ET AL.] 2003, 472. 217 La tipologia è definita da EMPEREUR – PICON 1992, 148. 218 BRUN 1994, 20-23. 219 Esse contenevano 6,5 litri = 2 congii romani = 1 κεράμιον (CUVIGNY 2003, 508) ed erano utilizzate per la conservazione del vino locale del quale i militari di stanza nei fortini erano assidui consumatori, come si deduce dall’abbondanza dei ritrovamenti (CUVIGNY 2014a, 247). 220 Ceramica a pasta calcarea chiara e inglobi crema. 221 Ceramica a pasta beige rosato o arancione e inglobi rossi prodotta ad Assuan. 222 BRUN 1994, 14-16. 223 CUVIGNY [ET AL.] 2003, 472. 224 CUVIGNY [ET AL.] 2003, 473. 225 CUVIGNY [ET AL.] 2003, 472. 226 MARICHAL 1992, 15. 227 MARICHAL 1992, 16. 214 36 lettere e per le relazioni, che condividono grosso modo le stesse dimensioni, hanno un’altezza variabile dai 5,7228 ai 13,5 cm229 e una larghezza tra i 7230 e i 16 cm231. La faccia solitamente destinata alla scrittura è quella esterna, dal momento che essa presenta normalmente un ingobbio beige più o meno chiaro che rende la superficie meno scivolosa e più permeabile all’inchiostro e che mette maggiormente in risalto l’inchiostro stesso rispetto la superficie interna rossa. Ad eccezione di un caso isolato232, la faccia interna era utilizzata solo in caso di carenza di spazio su quella esterna o in caso di reimpiego. Quest’ultima situazione pare essersi verificata soprattutto nei fortini satelliti dai quali provenivano le lettere rinvenute a Gholaia233, ove lo scriba sfruttava vecchie lettere, se non le stesse lettere alle quali stava rispondendo, come supporto scrittorio, forse per pigrizia o forse per carenza di cocci, che invece si trovavano in abbondanza nel forte234. In alcuni casi235 si tentò addirittura di lavare la superficie ingobbiata per potervi scrivere nuovamente sopra, ma con risultati deludenti a causa della fragilità dell’ingobbio e della sua scarsa lavabilità. Per quanto riguarda l’orientamento, le lettere, similmente alle relazioni, venivano scritte nel senso della larghezza, al contrario dei rapporti giornalieri, che tenevano un orientamento verticale236. Un supporto totalmente diverso è costituito dalle tavolette lignee emerse dai forti del limes britannico, che, come dimostrano i ritrovamenti di Vindonissa, non dovevano costituire un supporto specifico della Britannia romana, bensì il sostituto del papiro nelle province nordoccidentali dell’Impero, in associazione alle tabulae ceratae, anch’esse rinvenute nei medesimi forti, ma in quantità decisamente minori. Le tavole di Vindolanda erano realizzate in legno di betulla237, di ontano238 e, in misura minore, di quercia239 e venivano prodotte direttamente in Britannia, a differenza delle tabulae ceratae che dovevano essere importate240. Per quanto concerne le dimensioni delle tavolette241, esse sono caratterizzate da uno spessore medio tra 1 228 O.Bu.Njem 95. O.Bu.Njem 76. 230 O.Bu.Njem 99. 231 O.Bu.Njem 68. 232 O.Bu.Njem 108: data lo stato frammentario non si può essere certi che in una sezione perduta l’ostrakon non presentasse del testo. 233 O.Bu.Njem 94, 95, 97, 99, 101, 104, 106 e forse 120. 234 MARICHAL 1992, 17. 235 Limitatamente alle lettere: O.Bu.Njem 76, 78 (faccia interna) e forse 109. 236 MARICHAL 1992, 16. 237 BOWMAN – THOMAS 1983, 28. 238 BOWMAN – THOMAS 1983, 27-28. 239 BOWMAN 1994, 14. 240 BOWMAN 1994, 84. 241 BOWMAN – THOMAS 1983, 26. 229 37 e 2 mm, con casi estremi rispettivamente di meno di 0,25 mm e di circa 3 mm, da un’altezza media tra i 6 e i 9 cm e da una larghezza media tra i 16,5 e i 20 cm, con un massimo di 25 cm. Sulla tavoletta il testo veniva scritto seguendo l’orientamento orizzontale della stessa e disposto su due colonne, delle quali quella sinistra era solitamente più larga di quella di destra242. In seguito alla stesura della lettera, la tavoletta veniva piegata in due lasciando il testo all’interno; l’unica scritta sulla superficie esterna era l’indirizzo, collocato sul retro della pagina di destra. Una volta piegata, la tavoletta poteva essere chiusa per mezzo di cordicelle fissate attraverso due coppie di incavi a V (oppure di fori)243 realizzati ai lati del testo; tramite i medesimi incavi era inoltre possibile raccogliere insieme più lettere destinate al medesimo forte. Utile alla comprensione di questo sistema è stata Tab.Vindol. II 248, la quale è stata rinvenuta ancora perfettamente piegata244. 3. La lingua delle lettere Per molto tempo si è considerato il latino la lingua ufficiale dell’esercito romano245 e tre dei quattro corpora presentati nel precedente capitolo sembrerebbero confermare questa valutazione, tanto al livello degli alti ufficiali (Vindolanda e Dura Europos), quanto al livello dei semplici praepositi e milites (Gholaia). Interessante in questo contesto è P.Dura 66, che, oltre ad un gran numero di lettere in latino, conserva ben quindici casi di corrispondenza in lingua greca246. Sebbene il rotolo versi in uno stato particolarmente frammentario, alcune datazioni sono sopravvissute e fanno risalire il documento alla seconda metà del 216 d.C., periodo nel quale Caracalla stava muovendo le sue legioni verso l’Adiabene. Da ciò che si può evincere dai numerosi riferimenti a soldati della XX Palmyrenorum, il tema che accomuna tutte le lettere sarebbe il richiamo al campo principale di molti uomini che erano stati precedentemente distaccati altrove o assegnati come scorta a dei procuratori, probabilmente in vista di un’avanzata delle truppe romane di quel settore verso il cuore dei domini partici247. Il greco delle quindici lettere sovracitate viene giustificato nell’editio princeps248 con il fatto che queste lettere potrebbero coinvolgere o provenire da procuratores o altri civili Riguardo il formato delle lettere vd. BOWMAN – THOMAS 1983, 37s. e BOWMAN – THOMAS 1994, 40-42. Questi incavi sono apprezzabili ad esempio in Tab.Vindol. II 248, 299 e 324 (quest’ultima presenta anche i fori). 244 BOWMAN – THOMAS 1983, 102. 245 Vd. bibliografia presentata da ADAMS 2003, 599s. 246 P.Dura 66 B, I, P, Q, S, W, X, Z, AA, CC, EE, GG, KK, NN, OO (editi da C.B. Welles). 247 P.DURA, 235. 248 P.DURA, 235. 242 243 38 interessati dal richiamo dei soldati; una di esse (P.Dura 66, I), inoltre, è una copia di una lettera inviata da Postumius Aurelianus a un certo Themarsas, figlio di Verus, civile altrimenti sconosciuto, ed è l’unica di quelle in greco ad essere in uscita. Queste lettere, dunque, implicando corrispondenti esterni all’esercito, non cadrebbero sotto la categoria di documenti ufficiali dell’esercito e consentirebbero quindi l’uso del greco, d’altro canto P.Dura 66, I rivela la possibilità che un ufficiale di rango si rivolgesse ad un corrispondente in lingua greca; si noti inoltre come la subscriptio d’archiviazione sia sempre in latino. In greco è anche la seconda lettera conservata da P.Dura 55249, documento costituito da un unico foglio di papiro250 e datato al regno di Eliogabalo251; in questo caso il mancato utilizzo del latino potrebbe trovare giustificazione nella natura della lettera stessa252. Da un lato questa (P.Dura 55 B) potrebbe costituire una traduzione della prima lettera del documento (P.Dura 55, A), che invece è in latino e sembra riguardare un ordine di restaurazione della disciplina tra i soldati della coorte palmirena253. D’altro canto, P.Dura 55 B potrebbe essere una sorta di memorandum inviato al governatore provinciale254 da alcuni magistrati locali – che si esprimono con un pluralis maiestatis255 – in merito ai problemi di disciplina cui P.Dura 55 A – alla quale P.Dura 55 B è allegata – invita a porre rimedio. In questo secondo caso il greco si giustificherebbe, come visto supra per P.Dura 66, con il fatto che i mittenti siano dei civili, per altro locali, quindi a maggior ragione grecofoni; a ciò si aggiunge la qualità del testo, che sembra escludere un linguaggio da comunicazione di routine256. Recentemente Adams257 ha riconsiderato la valutazione del latino come la lingua ufficiale dell’esercito romano alla luce di una serie di documenti che sembrano dare alla lingua greca un’ufficialità pari a quella latina anche in seno all’esercito romano. Tra questi spicca l’archivio di Abinnaeus258, che presenta due sole lettere in latino (P.Abinn. 1 e 2), a fronte di un’importante mole di lettere e di altri documenti in lingua greca. La gran parte delle lettere in greco presentano come mittenti personaggi di vario livello sociale, ma comunque civili; alcune però provengono dall’ambiente militare, in particolare P.Abinn. 16 e 29. 249 P.Dura 55 B (edita da C.B. Welles). A differenza di P.Dura 66, che è un τόμος συνκολλέσιμος. 251 Per i problemi di datazione vd. P.DURA, 213. 252 P.DURA, 214. 253 P.DURA, 213s. 254 O a un altro rappresentante dell’autorità imperiale. 255 P.DURA, 216. 256 P.DURA, 214. 257 ADAMS 2003, 599-608. 258 ADAMS 2003, 555-557. 250 39 La prima è inviata da Sabicas, praepositus di una vexilatio che il testo lascia sottintesa; questi informa il prefetto di aver mandato a tagliare legna due operai (ll. 5-10), gli chiede di offrire loro protezione (ll. 11-15) e infine lo sollecita a inviargli quanto segnato sul documento stilato dallo stesso Abinnaeus (il πιττάκιον di l. 16), cioè del νίτρον, carbonato di sodio usato come fertilizzante o condimento259, e dei capperi (ll. 17-20); la lettera, sin qui in greco, si chiude con una formula di saluto in latino et te per multos annos / be[n]e valere «e che tu possa stare in salute per molti anni», che costituisce la firma dell’autore260. P.Abinn. 29, invece, costituisce un rapporto del decurione praepositus Eulogius, nel quale Abinnaeus viene informato dell’arresto di un sovrintendente alle tasse. Alla documentazione analizzata dallo studioso, che già aveva potuto giovarsi degli ostraka di Mons Claudianus, si possono aggiungere i documenti provenienti dal deserto di Berenice. Se il greco delle lettere spedite da un curator all’altro può giustificarsi con il fatto che, appartenendo ai ranghi più bassi della gerarchia militare romana261, i curatores non fossero sufficientemente edotti nella lingua latina e preferissero esprimersi in una lingua a loro più congeniale, il greco262, risultano meno iscrivibili nella teoria del latino come lingua ufficiale dell’esercito le circolari inviate dal prefetto di Berenice, un alto ufficiale di rango equestre che certamente doveva conoscere il latino. D’altro canto, si potrebbe rendere ragione dell’uso della lingua greca ipotizzando263 che le copie delle circolari di cui disponiamo siano in realtà traduzioni; a questo punto due sarebbero le possibilità: o il curator, pur non capace di scrivere in latino, era in grado di comprenderlo e di realizzare una copia d’archivio in una lingua che padroneggiava meglio, o un segretario nell’ufficio di Koptos si occupava della traduzione prima dell’invio della circolare. Queste ipotesi sembrano poco economiche e trovano ostacolo in O.Krok. I 45, che contiene frammenti di una circolare in latino (ll. 6-11), nonché nella copia di una delle circolari conservate da O.Krok. I 51 che, al termine del corpo della lettera in greco, presenta un saluto in latino (l. 18), fatto che induce a pensare che il testo greco sia stato redatto così ab origine. Vi sono indizi nella paleografia che permettono di ipotizzare che almeno alcuni dei curatores fossero latinofoni264. Significativo è il caso di Capito265, curator di Krokodilō, il 259 Vd. LSJ, s.v. BELL – MARTIN -TURNER – VAN BERCHEM 1962, 60. 261 CUVIGNY [ET AL.] 2003, 314. 262 Il grosso delle truppe presenti in Egitto era costituito da soldati ellenofoni, quando non reclutati nello stesso Egitto (cfr. LESQUIER 1918, 224). 263 CUVIGNY [ET AL.] 2003, 437. 264 CUVIGNY [ET AL.] 2003, 438. 265 O del suo scriba. 260 40 quale nei suoi documenti sostituisce spesso lettere latine a lettere greche o compie errori riconducibili alla conoscenza della lingua e della scrittura latina266. Questi aspetti paleografici devono tuttavia essere considerati con cautela, in quanto è possibile che questi errori siano riconducibili a una scarsa alfabetizzazione unita a un certo grado di dimestichezza con la lingua latina ottenuta dai curatores negli anni di servizio nell’esercito267. Dunque, nonostante pochi casi isolati, tra i quali va considerata anche O.Claud. II 367, lettera scritta in latino da Teres, curator di Raïma, al duplicarius268 Anius Rogatus, il greco costituiva la lingua dell’esercito nel deserto Orientale, godendo, come in tutto l’oriente romano ellenofono, della stessa dignità del latino. Un’ulteriore prova di ciò è costituita da O.Dios inv. 807269, registro postale redatto da Dinnis, curator trace di Dios, il quale, pur adottando i caratteri latini, è costretto a scrivere in lingua greca a causa del contesto in cui si trova ad operare. Va infine notato che il latino si presentava comunque, almeno in ambito militare, come una “super-high language”270, come dimostrato dal suo uso pressoché esclusivo di questa lingua per le parole d’ordine271, le ricevute di denaro272, i diplomi di congedo273, le dediche all’imperatore274, gli epitaffi275, nonché per quanto riguarda terminologia settoriale, che spesso non trovava una traduzione propria in greco276. In questo senso è esemplare anche il fatto che le uniche due lettere dell’archivio di Abinnaeus in latino siano rispettivamente una sua petizione agli imperatori (P.Abinn. 1), ove l’uso del latino rafforza la richiesta e la rende più degna di un responso positivo, e una lettera (P.Abinn. 2) nella quale il comes et dux Aegypti Valacius depone l’ufficiale dal suo incarico di prefetto d’ala, sottolineando la propria autorità con il latino277. 4. La struttura delle lettere Come le lettere di natura privata, le lettere ufficiali militari si compongono, nella loro forma più completa, di un’inscriptio, di un praescriptum, di un corpo, di una formula 266 In particolare, vengono confuse lettere con suono simile in latino e in greco e/o con simile realizzazione grafica (CUVIGNY [ET AL.] 2003, 443). 267 L’esercito sicuramente favoriva l’apprendimento del latino (ADAMS 2003, 617-623), probabilmente in modo particolare per coloro che miravano ad una pur minima scalata delle gerarchie militari (ADAMS 2003, 20). 268 VAN RENGEN 1997, 209. 269 CUVIGNY 2013, 426s. 270 ADAMS 2003, 599 e 608-617. 271 ADAMS 2003, 608s. 272 ADAMS 2003, 609-614. 273 ADAMS 2003, 614. 274 ADAMS 2003, 614-616. 275 ADAMS 2003, 616s. 276 ADAMS 2003, 608s. 277 ADAMS 2003, 608. 41 valetudinis e della data, ma, a differenza di quelle private, non presentano di norma la formula di proskynema, cioè la promessa di preghiere a favore del destinatario, e le salutationes, cioè le richieste di salutare qualcuno che si trova presso il destinatario. Per quanto riguarda l’inscriptio, cioè l’indirizzo scritto sul verso del supporto278, essa è attestata, a ragione della sua stessa natura, soltanto in Britannia e a Dura Europos, in quanto tavolette e papiri meglio si prestano a questo tipo di indicazione. In essa vengono indicati, con lettere solitamente alte e allungate279, al dativo il gentilicium, il cognomen e la carica del destinatario, seguiti da quelli280 del mittente che si esprimono con il costrutto a/ab più ablativo, tranne nel verso di P.Dura 64 A e B, ove il mittente si trova espresso al nominativo, senza che a ciò si possa trovare una spiegazione281. Talvolta, ma pressoché esclusivamente a Vindolanda282, viene anche indicato il nome dell’unità di appartenenza283, per cui un’inscriptio completa in tutte le sue parti si presenta così284: Flauio Ceriali praef(ecto) coh(ortis) viiii Bat(auorum) a Vitale decurione «A Flavius Cerialis, prefetto della cohors VIII Batavorum dal decurione Vitalis» Per quanto concerne, invece, il praescriptum, cioè l’intestazione, la formula principale in latino è gentilicium e cognomen del mittente al nominativo seguiti da quelli del destinatario al dativo con l’attributo suo e da salutem, termine che nelle tavolette di Vindolanda si trova solitamente isolato e allineato a destra285. A Dura del destinatario vengono indicati sia gentilicium sia cognomen, mentre a Vindolanda di norma solo il cognomen. Situazione diversa si verifica là dove non vi è l’inscriptum e allora la carica dei corrispondenti viene dichiarata nel praescriptum, come avviene a Gholaia e nel deserto Orientale. A Gholaia sono attestate tre formule di praescritum286: una che segue il modello delle inscriptiones illustrato supra287 (destinatario al dativo e mittente con a/ab più ablativo288) e che è usata soltanto quando il destinatario di rago pari o superiore a quello dello scrivente, e una 278 Vd. CUGUSI 1983, 64-67. BOWMAN – THOMAS 1994, 52. 280 A Vindolanda spesso il gentilicium del mittente è omesso (BOWMAN – THOMAS 1994, 43). 281 FINK 1971, 385. 282 Il solo caso dureno si trova in P.Dura 66 283 Ad esempio Tab.Vindol. II 242, 263, 271, 281, 284 e 311. 284 Tab.Vindol. II 263. 285 Vd. per esempio Tab.Vindol. II 263. 286 MARICHAL 1992, 58s. 287 O.Bu.Njem 75, 81, 86 e 99. 288 Attestato anche in P.Oxy. I 32. 279 42 che, invece, rispetta il consueto aliquis alicui289 e che prevede, però, l’inversione di posizione dei due corrispondenti qualora il mittente abbia un rango inferiore al destinatario290, come forma di rispetto. Questa inversione sembra attestata a Dura solo in P.Dura 66 F, G e H, mentre a Vindolanda non avviene mai, tanto che in Tab.Vindol. II 255 il centurione Clodius Super può anteporre il suo nome a quello del prefetto Cerialis all’inizio della sua lettera. Altro elemento caratteristico delle lettere rinvenute a Gholaia è l’appellativo praeposito meo che i soldati sono soliti rivolgere al loro diretto superiore291, in opposizione al suo delle lettere di Vindolanda. Negli ostraka del deserto Orientale il praescriptum presenta la formula ὁ δεῖνα τῷ δεῖνι χαίρειν, perfettamente corrispondente a quella latina, solitamente con l’indicazione, dopo il nome, della carica della persona, e prevede l’inversione gerarchica292 vista a Gholaia293. A Didymoi è attestato, inoltre, l’uso di una formula ipomnematica, cioè con il mittente in seconda posizione costruito con παρὰ più genitivo294, in due lettere scritte da due curatores del presidio, Aurelius Diogenes e Isidoros, i quali si rivolgono rispettivamente ad un prefetto del deserto e dell’ala Herculiana295 e al procurator Augusti Valerius Apollinaris296. Infine, sia nella documentazione epistolare di Gholaia, sia in quella del deserto Orientale, vi è il caso anomalo di un mittente che dimentica di scrivere salutem/χαίρειν al termine dell’intestazione, rispettivamente il viceprincipalis Flaniminus297 e il monomachos Eukylistros. Per quanto concerne la formula valetudinis, cioè quella di congedo, il latino presenta una forma minima costituita dal semplice imperativo vale298. Da questa si sviluppano diverse varianti più o meno lunghe, tutte ben attestate a Vindolanda, quali bene vale299, vale mi300, opto bene valere te301, opto te felicissimum bene valere302, opto felicissimus bene valeas303, opto sis felicissimus quo es dignissimus304, fino al saluto doppio del tipo opto bene te valere te vale305. 289 O.Bu.Njem 76-79 82, 84, 85, 91, 101, 103 e 109. O.Bu.Njem 89, 94 e 95. 291 O.Bu.Njem 76, 77, 83, 84 e 103. 292 Ad esempio in O.Kork. I 14 e 59. 293 Interessante è il caso di un micro-archivio rinvenuto a Qusūr al-Banāt nel quale il centurione Decimus fa uso di questa inversione anche nella corrispondenza privata (CUVIGNY [ET AL.] 2003, 480). 294 Al caso genitivo si presentano anche i mittenti di O.Flor. 10 e 13. 295 O.Did. 38. 296 O.Did. 40. 297 O.Bu.Njem 101. 298 Vd. CUGUSI 1983, 56-64. 299 Tab.Vindol. II 210. 300 Tab.Vindol. II 247. 301 Tab.Vindol. II 248. 302 Tab.Vindol. II 250. 303 Tab.Vindol. II 215. 304 Tab.Vindol. II 264. 305 Tab.Vindol. II 258. 290 43 A queste formule di saluto sono poi associati appellativi quali domine o frater o entrambi insieme. P.Dura 64 B attesta un’ulteriore formula, opto te multis annis bene valere, già attestata da ChLA IV 267, la quale sembra derivare da una formula greca306 che, per giunta, è conservata, sebbene in maniera molto frammentaria, da un altro papiro dureno (P.Dura 66 Q e CC) in due versioni, rispettivamente πολλοῖς χρόνοις εὔχομαι ὑγιαίνειν e ἐρρῶσθαί σε εὔχομαι ἄδελφε πολλοῖς χ̣ρόνοις. Questa formula latina grecizzante è attestata anche a Gholaia307, dove però la formula più consueta rispetta, con minime varianti, il tipo opto te bene valere308. Nelle lettere ufficiali del deserto Orientale, infine, è comune l’uso di ἔρρωσο o ἐρρῶσθαί σε εὔχομαι, formule tipiche delle lettere private, ma è attestata anche ἐρρῶσθαίὑ ὑμᾶς θέλω309, una formula più propriamente militare. D’altro canto, diverse lettere da Dura310, da Gholaia311 e dal deserto orientale – in questo caso soprattutto le circolari312 – non presentano una formula salutatoria finale. Per quanto riguarda le copie, il motivo può essere rintracciato nel fatto che, trattandosi di una formula tendenzialmente canonica e priva di un contenuto ‘utile’, essa sia stata volutamente eliminata in fase di ricopiatura assieme ad eventuali altri elementi formulari e ripetitivi313. Per quanto invece riguarda gli originali, ma anche le copie delle circolari, è possibile che la formula salutatoria si adattasse poco a documenti di servizio e/o privi di un destinatario specifico, come appunto le circolari. Un caso particolare, in questo senso, è offerto da P.Dura 60 B314, l’unica circolare rinvenuta a Dura; in essa il testo vero è proprio della circolare termina con la formula salutatoria opto bene valeatis «mi auguro stiate bene» (l. 3), mentre della lettera ad essa allegata viene riportato soltanto il corpo, senza l’intestazione, che è già parafrasata nella circolare 315, e senza il saluto finale. In questo caso l’assenza di questi due elementi deve essere necessariamente interpretata come funzionale alla sintesi. 306 CUGUSI 1983, 63. O.BuNjem 108. 308 A esempio O.BuNjem 106. 309 O.Krok. I 41 e 42. 310 Ad esempio, quelle conservate da P.Dura 56. 311 Ad esempio O.BuNjem 75-81. 312 Ad esempio, quelle conservate da O.Krok. I 87. 313 CUVIGNY [ET AL.] 2003, 490. 314 Vd. infra cap. III, 80-83. 315 P.Dura 60 B, ll. 2s.: quid scribserim Minicio Martiali proc(uratori) · Aug(ustorum) n(ostrorum) / [...] adplicui «ho allegato quanto ho scritto a Minicius Martialis, procuratore dei nostri Augusti». 307 44 5. La gestione e la circolazione della corrispondenza militare Il documento più antico316 attestante l’archiviazione della corrispondenza all’interno di un’unità militare è P.Oxy. VII 1022, copia della lettera di probatio che nel 103 d.C. C. Minucius Italus, prefetto d’Egitto, ha inviato da Memphis a Celesinus¸ prefetto della coorte III Ituraeorum, allegando una lista di reclute. La copia è introdotta dall’abbreviazione ẹx̣ che sta appunto per exemplum «copia» (di lettera) e si conclude con un protocollo, cioè una formula accertante la ricezione della lettera317 (ll. 24-26): accepta ̣ vi k(alendas) Martias ann(o) vi ˙ 25 Imp(eratoris) Traiani n(ostri) per Priscum singul(arem) «Ricevuta il sesto giorno prima delle calende di marzo del sesto anno del nostro imperatore Traiano dal singularis Priscus» Da questo protocollo apprendiamo che la lettera era stata consegnata da un eques singularis318 dell’ufficio del prefetto d’Egitto, il quale probabilmente aveva condotto personalmente le reclute al campo della III Ituraeorum319. Dopo essere stata registrata, la lettera è stata quindi ricopiata per uno scopo ignoto e la copia è stata certificata dal cornicularius Avidius Arrian, soldato di rango principalis responsabile del tabularium «archivio» della coorte320, che vi ha aggiunto in calce, forse personalmente dal momento che la mano sembra cambiare321, la seguente nota (ll. 27-31): Avidius Arrian cornicụlar(ius) cọh(ortis) ii[i] Iṭ[ura]eorum scripsi ˙ authenticam 30 epistulam ˙ in ṭabụlario cohortis esse 316 CUGUSI 1992b, 126. Per la pratica della protocollazione vd. CUGUSI 1983, 138. 318 Per gli equites singulares vd. SPEIDEL 1965. 319 CAGNAT 1918, 124. 320 FINK 1971, 353 e CUGUSI 1992b, 130. 321 HUNT 1910, 151. 317 45 «Avidius Arrian(us)322, cornicularius della coorte III Ituraerorum ha certificato che la lettera originale si trova presso il tabularium»323 Dalla documentazione proveniente da Vindolanda, Dura Europos e Gholaia si possono dedurre alcune ulteriori informazioni circa il sistema di gestione e di circolazione della corrispondenza ufficiale tramite il quale questi centri militari si tenevano in contatto con i centri vicini e con i forti o le stazioni satelliti, ma nella maggior parte dei casi i dati forniti restano episodici e difficilmente sistematizzabili. Più ricca e articolata è, invece, la documentazione dal deserto Orientale. 1. Vindolanda Limitatamente alla documentazione da Vindolanda, interessante risulta Tab.Vindol. II 263, una delle lettere indirizzate al prefetto della VIIII Batavorum Cerialis, nella quale il decurione Vitalis, nelle righe meglio conservate, scrive (col. ii, ll. 2-6): [...]eṭ epịstulas ̣[ ̣ ̣] ̣s · quas ac ̣cepẹṛaṃ ab equestṛe centụrịone 5 coh(ortis) · iiị · Bạṭạụorụṃ324 ̣[ ̣] ̣ị aḍ tẹ pṛidie k(alendas) ma ̣ ̣ ̣ ̣ [...] «[…] e le lettere che avevo ricevuto da Equestris, centurione della cohors III Batavorum, te [le ho mandate] il 30 aprile (?) […]» Il testo presenta alla riga 3 due importanti problemi di lettura dai quali dipende l’interpretazione della lettera: all’inizio della riga, secondo gli editori325, si può leggere e integrare i[ll]as, m[e]as o d[u]as; alla fine, invece, l’alternativa è tra acceperam e acceperas. Una difficoltà di lettura che ha minori ricadute sul senso della frase si trova invece alla fine della riga 5, ove Cugusi legge e integra [re]ṃisi326, mentre Bowman e Thomas m[i]si327, ritenendo che il si del [re]misi di Cugusi faccia parte della prima colonna del testo. 322 Per la lettura cfr. CUGUSI 1992b, 130. Hunt, nell’editio princeps, interpreta questa formula come l’indicazione che la lettera è stata inserita nell’archivio e non come la certificazione di una copia in uscita (HUNT 1910, 150). 324 Questa coorte ritorna in Tab.Vindol. II 311, ma è impossibile dedurne una sicura presenza a Vindolanda o nei suoi dintorni, dal momento che le uniche informazioni certe la danno in Raetia nel 107 d.C. (CIL 16, 55), non molto tempo dopo gli anni di queste lettere. 325 BOWMAN – THOMSON 1994, 237. 326 CUGUSI 1987, 118. 327 BOWMAN – THOMSON 1994, 237. 323 46 Si delineano allora tre ipotesi. La scelta di m[e]as costringe a optare per acceperas e la situazione che si verrebbe a creare sarebbe quella del decurione che, avendo inviato delle sue lettere al prefetto per tramite del centurione, nella presente lettera sottolinea il fatto di averle spedite in una precisa data328, forse per dimostrare di non essere egli stesso la causa di una tardiva comunicazione al superiore; questa ipotesi, tuttavia, mal si confà al tempo perfetto di m[i]si, che sembra collocare l’invio delle lettere in un momento successivo alla ricezione delle stesse (quest’ultima segnalata da un piuccheperfetto). Integrando invece ị[ll]ạs o ḍ[u]ạs, mantenendo acceperas e intendendo quest’ultimo verbo con il fatto che le lettere erano indirizzate al prefetto, ma non concretamente ricevute, si otterrebbe la situazione nella quale il decurione, avendo ricevuto dal centurione delle lettere destinate al prefetto, le trasmette a quest’ultimo; in questo caso il decurione potrebbe ricoprire un ruolo nell’ufficio del prefetto. La terza ipotesi, sostenuta da Cugusi e qui seguita nel testo latino e nella traduzione329, prevede ị[ll]ạs o ḍ[u]ạs e la scelta di acceperam, ottenendo la situazione più semplice: il decurione, avendo ricevuto delle lettere dal centurione, le invia per conoscenza al superiore. Un’ultima considerazione riguarda la quarta e ultima riga del testo, della quale resta soltanto una a. Tra le varie ipotesi avanzate, particolarmente interessante è quella che vede in essa l’incipit di una formula di archiviazione del tipo acc(eptum) seguito dalla data330, come quelle che si leggono in P.Dura 66, sebbene l’apparente mancanza di un cambio nella mano non giochi a favore di questa soluzione. Attenzione merita anche Tab.Vindol. II 295, lettera inviata al prefetto della I Tungrorum Priscinus da Oppius Niger, ufficiale autore di almeno un'altra lettera ritrovata a Vindolanda, Tab.Vindol. II 249; dal momento che in quest’ultima si rivolge al prefetto Cerialis chiamandolo Ceriali suo e che la presente lettera si conclude con l’appellativo dọmịṇẹ / frateṛ (ll. 9s.) è possibile che ne condividesse il rango331. Segue il testo della prima colonna, conservatosi pressoché intatto (col. i, ll. 3-6): crispum et ̣ẹ[ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣]ṣ ex̣ coh(orte) · i · Tungrorum quos cum 5 epistulis ad consularem n(ostrum) miseras a bremetennaco BOWMAN – THOMSON 1994, 237. CUGUSI 1987, 118. 330 Bowman – Thomson 1994, 238. 331 CUGUSI 1992b, 93; tuttavia in Tab.Vindol. II 255, ll. 1 e 5 un centurione usa le medesime espressioni rivolgendosi a un prefetto. 328 329 47 «Crispus e […] della cohors I Tungrorum che avevi inviato con lettere al nostro governatore da Bremetennacus» La seconda colonna, sulla base dei confronti332 con la documentazione durena333 e con quella di Vindolanda334, doveva contenere qualcosa come stati]m [p]r[a]em[isi «ho subito rincamminato» seguita dal nome della tappa successiva o della meta finale e dalla data, ancora parzialmente leggibile Kal(endis) F[eb]r[ «il primo febbraio / il giorno x delle calende di febbraio» (col. ii, l. 2). Oppius Niger sembra dunque essere stato a capo della guarnigione di Bremetennacum335 (attuale Ribchester), forte di ausiliari citato nell’Itinerario Antonino336 che si trovava lungo il fiume Ribble sulla strada congiungente Luguvalium a Mamucium337 (attuale Manchester), all’intersezione con una via transpennina che conduceva fino a Eburacum (attuale York). Niger, dopo aver accolto i due uomini di Priscianus, fa riprendere loro il cammino e si premura di avvisare del loro passaggio il loro superiore che si trova a più di 160 km da lui. A quanto pare Crispus e il suo commilitone, che la lacuna lascia anonimo, hanno il compito di portare personalmente le lettere provenienti da Vindolanda al governatore provinciale, la cui sede era Londinium, percorrendo le vie puntellate dai castra romani. 2. Dura Europos La documentazione di Dura Europos può offrire decisamente più informazioni circa la gestione della corrispondenza. All’arrivo nell’ufficio del prefetto della XX Palmyrenorum, ogni lettera ufficiale veniva protocollata, solitamente al di sotto dell’intestazione338 o in calce339, con la scritta accepta «ricevuta» seguita dalla notazione del giorno, del mese e dell’anno consolare. Tutte le lettere ricevute da un ufficiale e così protocollate venivano periodicamente incollate insieme a formare τόμοι συνκολλέσιμοι340 che prendevano il nome di liber epistolarum acceptarum341 e, dal momento che esse erano raccolte tramite un criterio tematico342 o 332 CUGUSI 1992b, 101s. P.Dura 66 A, l. 6 e PP, l. 13. 334 Tab.Vindol. I, 218, l. 4 335 TM Geo 13673; per l’archeologia del sito vd. Buxton – Howard-Davis 2000. 336 Itin. Anton. Aug., 481, 5; vd. Rivet – Smith 1979, 277. 337 Itin. Anton. Aug., 468, 7. 338 P.Dura 56 A e C, 63 B, l. 2.; 64 A, ll. 3s. e B, ll. 3s.; 65, ll. 2s. 339 P.Dura 66. 340 CUGUSI 1992b, 227s. 341 Questo tipo di raccolte non erano specifiche dell’esercito, ma costituivano una pratica anche dei privati, come attesta tra gli altri Cicerone (Verr., 2, 3, 167). 342 A titolo di esempio, P.Dura 56 raccoglie lettere riguardanti probationes di cavalli. 333 48 cronologico343, venivano riprodotte in più copie così da permettere ad una stessa lettera di essere inserita in più rotoli contemporaneamente344. A testimonianza di queste catalogazioni tematiche sta anche P.Dura 130, un’etichetta sulla quale si legge epistulae / equorum e[ -ca.?- ] «lettere dei cavalli» (fr. A), nonché una serie di nomi propri (fr. B-D); questo documento potrebbe aver etichettato un rotolo di lettere concernenti la probatio «approvazione» di cavalli da assegnare ai soldati345, come quelle conservate da P.Dura 56 e 58, delle quali avrebbe riportato i nomi dei destinatari. Queste raccolte avevano un grande valore per l’amministrazione militare, come dimostra, ad esempio, il fatto che in P.Dura 56 A, ll. 9s. il nome di Geta sia stato eraso in seguito alla damnatio memoriae a lui inflitta dal fratello Caracalla nel 212 d.C.: il documento risale al 208 d.C., quasi quattro anni prima della morte del secondo figlio di Settimio Severo, ciò significa che esso era percepito come ancora attuale e passibile di essere consultato346. È interessante notare come in P.Dura 66, nonché in altri documenti347, il verso di tutte le lettere, con la sola eccezione di P.Dura 66 R348, presenti il nome del destinatario in scrittura capitale – in opposizione a quello del mittente in corsivo – e come non venga specificata l’unità degli ufficiali, come invece accade – anche se non sempre – a Vindolanda, ma semplicemente il loro nome e il loro titolo, ad esempio ULPIO VALENTINO TRIB(UNO) COH(ORTIS) «a Ulpius Valentinus, tribuno di coorte»349. Questo duplice fatto dà adito ad altrettante possibili considerazioni350. In primo luogo, l’assenza del nome dell’unità fa pensare che queste lettere fossero spedite in pacchi specificamente destinati ai campi delle singole unità, sicché era sufficiente indicare il nome e il rango per rendere identificabile il destinatario. In secondo luogo, la notazione in corsivo del mittente – sia che essa venisse aggiunta all’arrivo delle lettere al campo di destinazione351, sia che essa fosse apposta ab origine dallo scriba – costituiva un modo per sveltire la ricerca di una particolare lettera all’interno del rotolo. Alcune lettere inviate dal governatore provinciale (P.Dura 56 B e C e 58), infine, presentano in calce, in una mano diversa da quella del corpo della stessa, una subscritio del tipo data «spedita» seguita dalla data e dal nome della località di partenza. Grazie a questa notazione 343 P.Dura 66 sembra unire i due criteri. COSME 2009, 146. 345 P.DURA, 405 346 FINK 1971, 349. 347 P.Dura 56, 59, 63 B e 64. 348 In questa lettera particolarmente frammentaria sembra che la dicitura in corsivo indichi il destinatario (FINK 1971, 367). 349 P.Dura 56 A, B e C. 350 FINK 1971, 349. 351 Questa possibilità, che Fink ritiene verosimile (FINK 1971, 349.) 344 49 è possibile riscontrare come il governatore della Coele Syria non rimanesse fisso ad Antiochia, ma si spostasse anche in altre città, come Hierapolis, da cui origina P.Dura 56 B. Per quanto riguarda invece la trasmissione delle lettere, va rilevata la menzione di epistulae in una delle liste di soldati della XX Palmyrenorum, P.Dura 100, ove alla riga 2 della colonna 44 ad Aurelius Heliodorus della centuria di Castricus è attribuita la funzione cum epis<t>ul(is) «con lettere», e nel rapporto mattutino P.Dura 82, ove alla riga 7 della seconda colonna si legge: reversi q(uondam) d(e)p(utati(?)) ad praet(orium) praẹṣidis cum epistul[i]ṣ ̣[ -ca.?- ] «sono ritornati coloro che precedentemente erano stati assegnati al quartier generale del governatore con lettere». Questi due documenti attesterebbero l’esistenza di personale specificamente addetto al trasporto e/o alla gestione della corrispondenza, anche su distanze abbastanza lunghe, dal momento che con l’espressione ad praet(orium) praẹṣidis si intende il quartiere generale del governatore ad Antiochia352. Da notare inoltre è il fatto che il soldato P.Dura 82, col. ii, l.7 è un dromedarius, un ausiliario che cavalca un dromedario in luogo del più comune cavallo353. Nelle due grandi liste durene P.Dura 100 e 101, inoltre, è attribuita rispettivamente a 14 e a 15 soldati la postilla dispositus, la quale è stata oggetto di attenzione nell’ambito degli studi sulla posta romana, dal momento che fino alla scoperta degli ostraka del deserto Orientale costituiva l’unico indizio documentario dell’esistenza di un sistema organizzato di posta militare354. Gli editori ritengono che con questa formula si segnalassero i soldati addetti al servizio di trasmissione della corrispondenza355, dal momento che il verbo disponere significa «collocare a intervalli», quindi disporre gli uomini a distanze regolari così da permettere una staffetta, ed esso ricorre con questa accezione in vari testi letterari356. Cuvigny ha messo in dubbio questa interpretazione, poiché il verbo può anche essere utilizzato per indicare il distaccamento di sentinelle o esploratori oppure la distribuzione di soldati sul terreno al fine di un’imboscata (sebbene in questo contesto sembrerebbe alquanto improbabile)357. La medesima studiosa ha però individuato358 una lettera privata di II secolo d.C. rinvenuta a Dios, O.Dios inv. 145, nella quale si parla di un mazzo di cavolo consegnato ἀπὸ τοῦ ἱππῆες τοῦ προδησποσίτου «du cavalier retransmetteur», come ella stessa traduce359; 352 P.DURA, 42. Ibid. 354 Cfr. KOLB 2000, 289. 355 P.DURA, 42. 356 Liv., 37, 7, 11; Bell. Hisp., 2, 1; Tac., Agr., 43; Svet., Aug., 49, 3. 357 CUVIGNY 2005, 5. 358 CUVIGNY 2013, 429. 359 CUVIGNY 2013, 430. 353 50 evidentemente traslitterato dall’hapax latino prodispositus, il termine con il quale è definito il cavaliere sembrerebbe indicare qualcosa di paragonabile a quanto visto nelle liste durene e potrebbe avere in latino un’occorrenza in Liv., 40, 56, 11, un passo filologicamente travagliato360. 3. Gholaia Per quanto concerne la documentazione rinvenuta a Gholaia, infine, solo tre lettere hanno come oggetto la trasmissione della corrispondenza. Di queste, O.Bu.Njem 103 è spedita da una delle stazioni orbitanti attorno Gholaia a Iulius361, praepositus di Gholiaia, per segnalargli l’arrivo alla prima ora del giorno362 di due soldati, Donatus363 e Iulius Maximus, i quali conferiscono due lettere. O.Bu.Njem 104, invece, informa l’anonimo destinatario (verosimilmente il praepositus di Gholaia) dell’invio del desertor Ammon con la formula t[rans]misi a(*) ṭẹ cum / epistuḷạṣ m[ea]s «ho inviato a te con le mie lettere» (ll. 6s.); non è chiaro se con epistulas meas l’autore (in lacuna) intenda anche la presente lettera, che funge da lettera di presentazione per il desertor, oppure soltanto altre lettere. O.Bu.Njem 105, infine, attesta l’invio di tre epistulae all’ora nona del giorno, cioè indicativamente tra le 14:00 e le 15:00. Anche gli ostraka di Gholaia attestano la pratica dell’archiviazione tramite protocollo, similmente a quanto osservato per Dura; di norma vengono segnalati in calce alla lettera solamente il giorno e il mese364, talvolta anche l’anno365. Le lettere O.Bu.Njem 97ss., dal momento che costituivano dei rapporti, venivano trascritte negli appositi registri e poi subito gettate, quindi non necessitavano di essere protocollate. Da notare è il fatto che O.Bu.Njem 87 presenta il participio recepta, in luogo del canonico accepta. In un solo caso, O.Bu.Njem 85, il protocollo, che viene apposto tra le due righe dell’intestazione, indica anche il luogo di provenienza della lettera (l. 2): e Galin ̣ ̣ị[366. In O.Bu.Njem 95, inoltre, la formula di protocollazione è seguita da per Pano fr(umentarium) «da Panus367/Panonius368, frumentarius» 360 CUVIGNY 2013, 430s. Il cognomem di Iulius non risulta leggibile. 362 Indicativamente tra le 6:00 e le 7:00; in realtà potrebbe esse anche la prima ora della notte, ma la lacuna impedisce di conoscerlo. 363 Il cognomen di Donatus è in lacuna. 364 O.Bu.Njem 78, 79, 94, 95 e probabilmente anche O.Bu.Njem 76 e 77, particolarmente lacunose. 365 O.Bu.Njem 74 (anno consolare), probabilmente O.Bu.Njem 87, forse anche O.Bu.Njem 85 366 Località non identificata. 367 CUGUSI 2002, 269. 368 MARICHAL 1992, 61. 361 51 (l. 8)369, che mostra come i frumentarii370 si occupassero della trasmissione della corrispondenza371. Quest’ultima lettera risulta degna di particolare attenzione per più ordini di motivi. Innanzitutto, il messaggio è scritto da due mani differenti, la prima delle quali scrive (ll. 1-3): Pomponius sillṿạnus dec(urio) Iulio ⟦Ụa⟧ Vario eq(uiti) Coh(ortis) viii Fid(ae) · salutem · queṛẹ ad tessera in locum qui dicitur Secedi «Pomponius Silvanus, decurione, a Iulius Varius, cavaliere della cohors VIII Fida salute. Va’ in cerca di una tessera nel luogo che è chiamato Secedi» Vi è dunque un cavaliere distaccato a Gholaia, ma appartenente ad una coorte stanziata altrove, al quale il diretto superiore, il decurione Pomponius Silvanus372, ordina di recuperare una tessera, cioè una tavoletta contenente la parola d’ordine373 o qualche altro documento di tipo militare, a Secedi, località di difficile identificazione374. Secondo Marichal375 lo scriba avrebbe frainteso le parole del decurione, il quale, con mano evidentemente inesperta, avrebbe aggiunto di proprio pugno le righe successive (ll. 4-6): varias misi teseras Secedi Iuli5 um Ianuarium376 (misi cum tesseris)377 Secedi (data) viii kal(endas) Maias «diverse tessere ho mandato a Secedi, (ho mandato con le tessere) Iulius Ianuarius a Secedi. Spedita l’ottavo giorno prima delle calende di maggio» Le tessere, dunque, erano più di una ed erano state mandate a Secedi per mezzo di un altro soldato. Forse perché preso dal disappunto o forse perché lo riteneva superfluo, Silvanus ha inoltre tralasciato di inserire il saluto finale. Sempre secondo l’editore378 autore dell’aggiunta potrebbe anche essere il messaggero stesso, al quale il decurione avrebbe dettato all’ultimo la Il protocollo si trova sulla faccia esterna dell’ostrakon. Cfr. PETRACCIA 2012, 68-72. 371 Un frumentarius compare come latore della lettera anche in O.Bu.Njem 94, l. 3 del protocollo e forse in O.Bu.Njem 121, l. 2. 372 Presente anche in O.Bu.Njem 94, l. 1. 373 Vd. FINK 1971, 7. 374 MARICHAL 1992, 106s. 375 MARICHAL 1992, 62. 376 Iulium e Ianuarium sono interpretati da Adams come nomi di mesi (ADAMS 1994, 109). 377 Tra parentesi tonde e sottolineato viene indicato quanto secondo Cugusi viene lasciato sottinteso (CUGUSI 2002, 269). 378 MARICHAL 1992, 62. 369 370 52 correzione. Grazie al protocollo si apprende, inoltre, che tra il luogo di spedizione, una località che verosimilmente si collocava oltre Secedi rispetto a Gholaia379, e quest’ultima non vi erano più di tre giorni di viaggio. Questa lettera consente all’editore di avanzare un’ipotesi interessante380: dal momento che Silvanus non manda direttamente le tessere al suo cavaliere per tramite del frumentarius, ma affida a quest’ultimo una lettera per invitare il cavaliere a recarsi personalmente a Secedi, è possibile che vi fossero due diversi sistemi postali, uno di carattere più generale gestito dai frumentarii e un altro più specificamente militare gestito da cavalieri e da soldati incaricati ad hoc e probabilmente dai tesserarii, l’arrivo a Gholaia di uno dei quali è annotato in O.BuNjem 69, l. 3. 4. Deserto Orientale egiziano Decisamente più cospicue sono le informazioni fornite dai documenti provenienti dal deserto Orientale. In una delle circolari inviate ai curatores dei fortini e conservate da O.Krok. I 47 (settembre-ottobre del 109 d.C.), l’autore ordina (ll. 52-57): [ -ca.?- ]τ̣ε· τὰς δὲ ἐπιστολὰς τα̣ύτας [τοῦ κρατί]σ̣του ἡγεμόνος καὶ Ἀρτωρίου [Πρισκίλλ]ου σημεωσάμενοι τὰς ὥρας 55 [καὶ παρὰ(?)] τίνος λαμμάνετε καὶ τίνι [παρα(?)]δίδεται ἐν τάχι διαπέμψεσθε [τῷ] κρατίστῳ ἐπάρχῳ Ἀρτωρίῳ «quanto a queste lettere per (?) il potentissimo governatore e per Artorius Priscillus, dopo aver preso nota dell’ora, di colui dal quale le ricevete e di colui al quale le affidate, inviatele in fretta al potentissimo prefetto Artorius» Le istruzioni date in questa circolare sintetizzano quello che era il compito del curator praesidii limitatamente alla gestione della corrispondenza. Ogni qual volta una lettera o un insieme di lettere faceva il suo ingresso nel fortino, il curator doveva segnarsi l’ora di arrivo e il nome dell’addetto al trasporto, annotarsi il contenuto o la natura della corrispondenza, eventualmente ricopiare le lettere ritenute di suo interesse (azione non indicata nel testo appena citato) e infine affidare quanto ricevuto a uno o due dei suoi uomini – così da garantire alla 379 380 MARICHAL 1992, 106s. MARICHAL 1992, 108. 53 posta di proseguire la strada verso la sua destinazione – prendendo nota anche del nome di costoro. Questa attività di registrazione della posta si concretizzava in tre tipi di documenti381, tutti attestati dal solo deserto Orientale. La tipologia che maggiormente rispetta le consegne date in O.Krok. I 47, ll. 52-57 è quella dei giornali di posta veri e propri. Vi sono poi i libri litterarum allatarum, cioè le raccolte delle copie delle circolari ricevute dal presidio, e i registri di trasmissione sacchi postali, costituiti dalle copie delle circolari aventi funzione di bolla di accompagnamento (i διπλώματα τῆς ἐπιθέσεως) seguite dalla nota del curator certificante la corretta ricezione e rispedizione di quanto elencato nelle circolari stesse. La prima tipologia382 vede in O.Krok. I 1 il miglior esempio. Questo documento (fig. 6) è stato redatto su di un’anfora bitroncoconica AE3 quand’era ancora grossomodo integra e copre un periodo di 49 giorni, dal 14 Mecheir al 2 Pharmouthi del 108 d.C.383, cioè dall’8 febbraio al 28 marzo. Ogni entrata corrisponde ad un’ora del giorno durante la quale è arrivata della corrispondenza o è stata affidata ad uno dei soldati una missione all’esterno del forte. La struttura di queste entrate è regolare; ne segue una a titolo di esempio (ll. 11-14): κζ γ κλῆ(ρος)· ἐπιστολαὶ Κοσ[κωνίο(υ) ἐπάρ]χ̣(ου) καὶ δίπλω(μα) δι’ οὗ γρά[φει κουρά-] τορσι Αὐρήλιον (ἑκατοντάρχην) ἀπ̣ο̣[- ca.8 -]ι \ἀ̣ν̣[- ca.10 - Ὅ]ρμου/ ἀπὸ πραισιδίου ἰς πρ[αισ]ί[διον] ̣ ̣[ -1-3- ] ἕτεραι ἐπιστολαὶ ἠνέκθ(ησαν) ἀ[πὸ] Φοινικῶνο(ς) διὰ Καρπουρνίου ὅραν ϛ ἡμέρα{ι̣}[ς]· ἰς Πέρ[σο]υ Αἴστις. vac. ? «Il 27, 3° turno; le lettere del prefetto Cosconius e il dittico per mezzo del quale scrive ai curatores di [ricondurre fino a Myos Hormos (?)] il centurione Aurelius da un fortino all’altro […] le altre lettere sono state portate da Phoinikōn da Calpurnius alla sesta del giorno; a Persou Aestiv(i)us» 381 Categorizzati da Cuvigny (CUVIGNY 2013, 422 e CUVIGNY 2019, 73s.). O.Krok. I 1-3 e 24-40, SB 24, 16187 (Maximianon, 150 a.C.), O.Did. 22-26 e P.Worp. 51. 383 Per la datazione al 108 d.C. vd. CUVIGNY 2005, 10. 382 54 Figura 6: O.Krok. I 1, giornale di posta (Cuvigny 2013, 424) Elementi comuni a tutte le entrate sono l’indicazione del giorno (il nome del mese è indicato solo per il primo giorno segnalato per quel mese384) e il numero di κλῆ(ρος) (anche in ordine invertito), nonché la meta del soldato mandato in missione e il suo nome. Quelle in cui l’oggetto è l’arrivo di una lettera o di qualcos’altro soggetto al trasporto riportano la natura di 384 O.Krok. I 1, l. 18 (1 Phamenoth) e l. 49 (2 Pharmouthi). 55 ciò che è trasportato (retto dal verbo φέρειν all’aoristo passivo), il fortino di provenienza diretta385 (non quello dal quale è stato spedito), il nome del soldato che lo ha portato (al genitivo preceduto dalla preposizione διά) e l’ora di arrivo. Inoltre, quando l’autore di una lettera è un personaggio importante, questo fatto viene segnalato, se in più la lettera è una circolare, come il caso sopra citato, viene anche stilato un rapido sunto del messaggio in essa contenuto. Interessante risulta l’utilizzo del termine κλῆ(ρος), che qui costituisce un calco semantico del latino sors, dal momento che esso presenta un significato attestato solamente da questo documento – ma ben attestato per il termine latino386 – cioè «turno di servizio», quando solitamente indica ciò che è toccato per sorteggio o il sorteggio stesso. Il numero di κλῆ(ρος) individuava uno specifico soldato della guarnigione di Krokodilō e ciò consentiva la rotazione delle staffette. Questo documento permette inoltre di constatare come solo tre soldati del fortino fossero addetti al servizio postale. Il sistema messo in piedi nel deserto Orientale387 prevedeva che non cambiassero solo i cavalli durante il tragitto, ma anche i soldati, i quali erano assegnati ai singoli fortini e là tornavano dopo aver portato la lettera o quant’altro venisse loro affidato, senza attendere qualcosa da portare verso il proprio presidio, come dimostra il fatto che nessuno degli uomini di Krokodilō è segnato in O.Krok. I 1 come rientrante al fortino con una lettera. Da notare è l’assenza dell’ora di partenza; ciò è dovuto al fatto che, non appena arrivava della posta da un fortino vicino, essa si fermava soltanto per il tempo necessario al curator per espletare i suoi compiti burocratici e, subito dopo, ripartiva verso fortino successivo, di conseguenza tutto avveniva nell’arco della stessa ora388, in virtù di quella celerità auspicata dall’autore di O.Krok. I 47, l. 56, precedentemente citato389. Va rilevato, poi, come non solo le lettere godessero di questo sistema di trasmissione da un fortino all’altro, ma anche degli ἄκτα ἐσφραγι[σμένα] «registri sigillati» (ll. 44 e 47) del cornicularius del prefetto d’Egitto e alcuni pesci390; si pensa391 che questo tipo di prodotto si giovasse del trasporto da parte dei soldati in quanto destinato ad un qualche evento particolare che si stava svolgendo a Koptos durante il limitato periodo di giorni in cui è attestato (tra il 18 e il 27 Phamenoth), forse la presenza del prefetto d’Egitto per il conventus di routine, che si Dunque, o Persou, o Phoinikōn. OLD, s.v., 4d. 387 Questo sistema presenta somiglianze con quello della posta reale tolemaica (c. 255 a.C.) attestato da P.Hibeh I 110 (CUVIGNY 2005, 21-23). 388 O.Krok. I 83, ll. 4-6 attesta uno scarto di una mezz’ora tra l’arrivo e la ripartenza di alcune lettere. 389 Vd. supra 53. 390 Κεστρεῖς «triglie» (l. 22), σκάροι «pesci pappagallo» (ll. 24 e 29) e semplici ὀψάρια «pesci» (ll. 31, 33, 35, 37, 39). 391 CUVIGNY 2005, 12s. 385 386 56 teneva giustappunto in quel periodo dell’anno e che ben si accorderebbe con la circolazione degli ἄκτα di poco successiva. Interessante è anche l’esemplare di giornale di posta più integro ritrovato a Didymoi, O.Did. 22, che copre dall’8 Mesorè al 2 Thoth di un anno non definibile del secondo quarto del II secolo d.C. e che differisce da quello appena descritto per la maggiore sinteticità delle entrate. In esso, infatti, non vi è differenza tra ἐπιστολαί e διπλώματα e di esse non viene indicato né il numero né il mittente, così come non vengono identificati i messaggeri; le uniche informazioni segnate sono la direzione (da Phoinikōn ad Aphrodites o vivecersa) e l’ora di arrivo. Questa estrema sinteticità ha fatto mettere in dubbio la natura di questo documento, che potrebbe risultare appunto un riassunto di un giornale di posta, piuttosto che un giornale vero e proprio392. Lo scopo di una così attenta pratica di registrazione potrebbe essere rivelato da P.Worp. 51, frammento di un documento da Dios (II secolo d.C. 393) che rassomiglia a un giornale di posta e del quale resta soltanto un’entrata completa, quella del 19 Epeiph. Dopo le informazioni canoniche, cioè la natura delle lettere arrivate, il nome della staffetta pergiunta e l’ora di arrivo (ὥραν α τῆς νυκτός «la prima della notte» l.5, indicativamente verso le 20:00394), il curator annota (ll. 6-10): Ἡρακλῆς ἱππεὺς ⟦δ⟧ λαβὼν τὰς̣ ἐπιστολὰς ὥραν ι τῆς νυη̣ὗρ(ον(?) κτὸς ἐξῆλθε, ὃ καὶ δύνα- 10 σαι ἐπιγνῶναι, μετὰ γυ—— ναικὸς κοιμώμενος. «Il cavaliere Heracles, prese le lettere, alla decima ora della notte (aggiunto: ho trovato) è partito, cosa che puoi riscontrare, poiché giaceva con una donna.» Come si nota dall’atipica segnalazione dell’ora di partenza, c’è stato un ritardo nel sistema di trasmissione, un’irregolarità di cui la circolare riportata in O.Did. 28, l. 6 conserva il nome tecnico κατοχή, letteralmente «trattenimento». Il curator o il suo copista si rivolgono a qualcuno segnalandogli la possibilità di verificare personalmente il fatto e, se l’intuizione di Bülow-Jacobsen è corretta395, quel qualcuno ha effettivamente svolto un’indagine, apponendo accanto al testo la postilla η̣ὗρ(ον). Sotto l’apostrofe del curator vi è una paragraphos che 392 CUVIGNY 2013, 425. Post 114/115 d.C., data di fondazione del forte (CUVIGNY 2008, 317). 394 CUVIGNY 2008, 317. 395 CUVIGNY 2008, 320. 393 57 sembra porre fine all’entrata, la quale però continua per un’altra riga con l’illustrazione della causa scatenante del ritardo, la negligenza del cavaliere assegnato alla trasmissione della lettera; è possibile che questa proposizione sia un’aggiunta di colui che ha effettuato il controllo e individuato il motivo del ritardo396. Sebbene la natura di questo documento resti oscura397 – forse si tratta della copia398 di un altro documento che raccoglieva casi da verificare399 –, ciò che risulta dall’interpretazione del testo è che i registri consentivano alle autorità competenti di controllare il corretto funzionamento del sistema e di individuare le eventuali ‘falle’: una collatio dei registri dei vari fortini effettuata forse direttamente a Koptos non avrebbe lasciato scampo alcuno ai soldati poco diligenti come Heracles. Per quanto concerne la seconda tipologia di registro, il liber litterarum allatarum, essa è attestata esclusivamente a Krokodilō e presenta formati differenti. L’esemplare più spettacolare per dimensioni, O.Krok. I 87, raccoglie semplicemente le copie delle circolari in ordine pressoché cronologico introducendole con la formula ἀντίγραφον διπλώματος «copia di dittico», senza indicazioni circa la ricezione. O.Krok. I 41 e 44, invece, riportano il giorno di ricezione in testa ad alcune delle circolari da essi conservate, mentre O.Krok. I 47 indica l’ora di ricezione, ma soltanto per una delle sue circolari (l. 36). O.Krok. I 51, infine, non segnala nulla in testa alla prima circolare, ma nota la data e l’ora di ricezione in testa alla seconda (l. 14), al fondo della quale vengono segnati anche il fortino di provenienza e i nomi sia della staffetta arrivata sia di quella partita, per poi ribadire l’ora di arrivo; prima della terza, invece, si segnala solo la data (l. 24), mentre soltanto il nome della staffetta viene indicato in testa all’ultima (l. 30). Decisamente ricca di informazioni è la terza tipologia, quella dei registri dei sacchi postali. Essa è attestata soprattutto dagli archivi del curator Dinnis a Dios400 e del curator Turbo a Xeron401 – sebbene vi sono casi isolati anche da Krokodilō402 e da Didymoi403– e, sulla base dei pur scarsi dati cronologici a disposizione per questi siti, sembra costituire una modalità di registrazione più tarda, successiva all’abbandono di Krokodilō che si colloca attorno al 120 d.C.404. Il documento dalle dimensioni maggiori è certamente O.Xer. inv. 618 + 1015405, datato 396 CUVIGNY 2008, 320. CUVIGNY 2008, 317. 398 Non pare, infatti, che vi sia un cambio di mano nella postilla. 399 Potrebbe trattarsi anche di casi che il curator responsabile della gestione della trasmissione si era segnato a garanzia della sua innocenza. 400 Ad es. O.Dios inv. 807 (CUVIGNY 2013, 426). 401 CUVIGNY 2019. 402 O.Krok. I 47, ll. 33-35. 403 O.Did. 28 (176 o 208 d.C.). 404 CUVIGNY 2003, 90s. 405 CUVIGNY 2019, n° 1. 397 58 al febbraio del 161, che presentava ben tre colonne di testo406 e conteneva le copie di almeno altrettanti διπλώματα τῆς ἐπιθέσεως. Segue il testo della prima di queste con la relativa nota di ricezione: ⟦ ̣ ̣ ̣ ̣⟧ ̣[ -ca.?- ] Οὐολούσσιος Οὐινδικιανὸς (ἑκατοντάρχαις) [(δεκαδάρχαις)? κου-] ράτορσι πραισιδίου ὁδοῦ Βερν[εί-] 4 κης χα(ίρειν). ἐ̣πιστολὰς ἐσφραγ[ισμέ-] [ν]ας πενπονένας μί[αν ̣ ̣]δ̣[ ̣ ̣ ̣] ̣ [Α]ἰλίῳ Γεμέ̣λῳ ἐπιτρόπῳ Βερνεί[κ]ης, ἑτέραν Γνατουληίῳ Γάλλῳ 8 (ἑκατοντάρχῃ) λογιῶνος ⸌φροντίσατ̣ε κταχ ̣ ̣ς⸍ καὶ ἐγὼ ἀπέλυσα [ἀπ]ὸ Κόπτου τῇ ιδ̅ ̅ διὰ Ἰσιδώρου [Ἀ]ν̣μωνιανοῦ τύρμης Σαλβι[αν]οῦ μηνὸς Μεχειρ ὥρ(αν) η̅. Τού̣[ρ-] 12 [βω]ν κουράτωρ πραισ̣[ιδίου Ξηροῦ] [πα]ρ̣έλαβον τὰς ἐπισ[τολὰς καὶ] [τὰ] διπλώματα κα[θὼς πρό-] κ̣ε̣ιτ̣ αι παρὰ Γείγαντο̣[ς καὶ - ca. 3 -] 16 δ̣ο̣ς̣ μονομαχῶν Μ̣[εχειρ ̣ ̣ ὥρ(αν)] θ̅ νυκτερινὴν κ̣[αὶ εὐθέως] ἀπέλυσα τῇ αὐτῇ [ὥρᾳ διὰ] Ναρκίσσου καὶ Α ̣[- ca. 8 -] 20 μονομαχῶν. vacat «Volussius Vindicianus ai centurioni, ai decurioni e ai curatores praesidii della via per Berenice salute. Le lettere sigillate inviate una […] ad Aelius Gemellus, procuratore di Berenice, un’altra a Egnatuleius Gallus, centurione legionario, curatevi (di trasmetterle) rapidamente(?), quanto a me io le ho spedite da Koptos il 13 di Mecheir tramite Isidoros figlio di Ammonianos della turma di Silvianus all’ottava ora (del giorno). Io, Turbo, curator del presidio di Xeron, ho ricevuto le lettere e le circolari (di accompagnamento) come specificato da Gigas e […] 406 Della seconda non restano che pochi lacerti. 59 monomachoi il […] di Mecheir alla nona ora notturna e subito le ho rispedite alla medesima [ora tramite] Narkissos e A[…] monomachoi.» La circolare ha qui lo scopo esclusivo di elencare le lettere che componevano il sacco postale, indicando per ciascuna il destinatario – il quale è sempre un personaggio di un certo rilievo (nel caso in esame un procuratore e un centurione legionario) –, e di sollecitarne una celere trasmissione. Vengono inoltre segnalati il nome della prima staffetta e l’ora della sua partenza. Nella nota il curator, similmente ai giornali di posta, dichiara la ricezione e la conseguente trasmissione, con annessi i nomi delle staffette e l’ora di arrivo, ma in più, con la formula κα[θὼς πρό-]/κ̣ε̣ι̣ται «come specificato», certifica la conformità di ciò che gli è stato consegnato dalla staffetta con quanto indicato nella circolare di accompagnamento. Come è ben evidenziato da questo documento, gli addetti al trasporto della corrispondenza erano o cavalieri o μονομάχοι. Cavalieri erano verosimilmente407 anche i soldati staffetta che partivano/arrivavano da/a Krokodilō, sebbene i giornali di posta di rado lo segnalino408. È interessante notare come in età traianea, nonostante le condizioni ambientali e geomorfologiche del deserto Orientale, i Romani non avessero ancora approntato dei reparti specializzati, come i dromedarii409 che nel III secolo d.C. avrebbero costituito una parte importante della guarnigione durena, venendo assegnati anche alla trasmissione della corrispondenza410. Per quanto concerne la natura dei μονομάχοι, si ritiene che questi fossero dei civili di status servile, forse servi imperiali, addestrati ed armati con lo scopo di fungere da staffette, al pari dei cavalieri411. Altro elemento importante segnalato dal documento è il fatto che l’arrivo e la ripartenza delle lettere avvengano in piena notte, indicativamente attorno alle 2:00 del mattino412. In O.Krok. I 1 una situazione del genere sembra essersi verificata soltanto quando l’oggetto del trasporto era del pesce (l. 23), un prodotto che certamente non poteva attendere. Le ipotesi sono quindi due: o anche a Krokodilō venivano effettuati correntemente dei passaggi di lettere nelle ore notturne e semplicemente la documentazione a disposizione non ne ha lasciato traccia, oppure all’epoca le uscite notturne erano sconsigliate a causa di un’intensa attività di 407 CUVIGNY 2005, 17. Ad es. in O.Krok. I 1, l. 50. 409 A meno che in O.Krok. I 1, l. 20 non si faccia riferimento ad un soldato che utilizza un cammello come montatura. 410 Vd. supra 50. 411 CUVIGNY 2019, 78s.; CUVIGNY 2014a, 274s. 412 CUVIGNY 2019, 79. 408 60 brigantaggio messa in atto dalle tribù del deserto, che all’epoca testimoniata dalla documentazione di Xeron si sarebbe ridotta notevolmente413. Dalla terza colonna di O.Xer. inv. 618 + 1015 si evince come sia le lettere, sia gli ἀπόδεσμοι, cioè plichi o pacchetti con più lettere unite insieme414, potessero essere identificati non solo con il destinatario, ma anche attraverso le loro caratteristiche materiali. Si hanno, infatti, lettere ἐσφραγισμέναι «sigillate» e lettere λελυμέναι «aperte», nonché un ἀπόδεσμον μολυβῇ ἐσ-/[φρ]αγισμένον «pacchetto sigillato con il piombo» (ll. 38s.) e, in un altro frammento riconducibile al medesimo tipo, uno δεδερμα-/[τωμ]ένος «avvolto nel cuoio»415 e uno σεσαβανωμ̣[ένος] «avvolto in stoffa»416. Sempre grazie alla circolare presente alla terza colonna è inoltre possibile stabilire quali fossero le tempistiche di trasmissione della corrispondenza, dal momento che essa contiene sia l’orario e il giorno di partenza da Koptos (20 Mecheir, alla nona ora del giorno), sia quelli di arrivo a Xeron (22 Mecheir, alla quinta ora del giorno). Allo stato descritto dal documento, le lettere erano in viaggio da circa 44 ore; considerando che la distanza tra Koptos e il fortino consta di circa 192 km417, le staffette devono aver proceduto, al netto dei tempi tecnici persi durante il cambio nei vari presidi, ad una velocità piuttosto moderata, circa 4,3 km/h. Un’ulteriore tipologia di archiviazione, precedentemente non menzionata, è quella relativa alle lettere che il curator inviava ai suoi superiori o ai colleghi, una sorta di liber litterarum missarum. Un esempio di questa tipologia va forse riscontrato in O.Krok. I 91, nel quale, oltre la copia della lettera, vi era l’indicazione del cavaliere incaricato del trasporto e sicuramente anche l’ora e il giorno della partenza418. Sebbene queste lettere non comparissero sui giornali di posta, esse venivano trasmesse dagli stessi cavalieri là menzionati, i quali spesso si facevano carico anche della posta privata419. A conclusione, è bene ricordare che molto probabilmente gran parte dei documenti analizzati venivano redatti anche su papiro e proprio su questo supporto raggiungevano gli uffici di Koptos, ove venivano effettuati gli opportuni controlli420. 413 Vd. infra cap. III, 77. CUVIGNY 2019, 80-82. 415 O.Xer. inv. 257, ll. 3s. (CUVIGNY 2019, n° 2) 416 O.Xer. inv. 257, l. 9 (CUVIGNY 2019, n° 2) 417 CUVIGNY 2019, 77. 418 CUVIGNY 2019, 74. 419 Ad esempio vd. O.Dios inv. 145 (CUVIGNY 2013, 430). 420 CUVIGNY 2019, 74. 414 61 CAPITOLO III UN CONFRONTO TEMATICO Come si è evidenziato nel primo capitolo, le lettere ufficiali di ambiente militare presentano una grande varietà tematica, ma si possono riconoscere almeno due temi sotto i quali può essere catalogato contenutisticamente il maggior numero di tali documenti: i ‘barbari’ e il vettovagliamento. In questo capitolo vengono analizzati una serie di testi afferenti a queste due tematiche mantenendo l’ordine cronologico seguito nel primo capitolo. 1. I ‘barbari’, una relazione complessa 1. I predoni del deserto Orientale egiziano Se i ‘barbari’ sono pressoché assenti nella corrispondenza di Vindolanda421 e di Luguvalium, essi costituiscono uno dei principali oggetti delle lettere rinvenute nel deserto Orientale egiziano. Quest’area infatti, sebbene non si collochi lungo i limites soggetti ad un imponente controllo delle legioni, è quella la cui documentazione cita più frequentemente i βάρβαροι. La più antica attestazione di questo termine, con il quale solitamente gli ostraka fanno riferimento alle tribù nomadiche che vivevano nel deserto Orientale o nei territori ad esso prospicienti, è offerta da O.Ka.La. inv. 847422, una lettera molto lacunosa scritta da un curator e rinvenuta nella cava di Domitiane/Kaine Latomia. I rapporti con queste popolazioni furono di volta in volta amichevoli o ostili, talvolta contemporaneamente pacifici e conflittuali, dal momento che quelli che i Romani chiamavano βάρβαροι erano in realtà un insieme di gruppi etnici diversi e dediti a disparate attività, dal commercio legale al contrabbando, dallo sfruttamento delle risorse minerarie alle razzie. Per quanto riguarda i βάρβαροι ostili, diverse lettere testimoniano di veri e propri scontri con i soldati romani. Il documento più antico in questo senso è O.Krok. I 6, la trascrizione su ostrakon fatta da Capito423, curator di Krokodilō, della copia di un rapporto di un’operazione militare inviata per conoscenza ai curatores della via Myoshormitica e datata il 10 dicembre del 108 d.C.424. Lacunosa a destra e nelle prime righe, questa lettera tratta di un attacco portato 421 Ad eccezione di una lettera mancante di intestazione, Tab.Vindol. III 649: de carris Brittonum «riguardo i carri dei Britanni». 422 CUVIGNY 2014b, 169. 423 La sua mano (o quella del suo scriba) è caratteristica e ha permesso di raccogliere un insieme di documenti (O.Krok. I 5-23) di varia natura da lui scritti o trascritti (CUVIGNY 2005, 33s.). 424 14 Choiak del 12° anno di regno di Traiano. 62 da tre cavalieri e da alcuni fanti contro 18 βάρβαροι che sembrano essersi resi responsabili di un furto di cammelli. Si riporta di seguito il testo: —————————————— ̣[ -ca.?- ] απο ̣[- ca.10 -]- ca.12 -[ -ca.?- ] ὑπέταξα̣ [- ca.9 -]ς̣ Κανίνιος (δεκαδάρ)χ(ης(?)) δε̣[ -ca.?- ] εἴλης Ἀπριανῆ[ς· τῇ -1-2- ] τοῦ Χοιαχ{ι} μηνὸ̣[ς -ca.?- ] 5 των καμήλων ̣ ἀπὸ β̣[α]ρ̣βάρων ηι απ[ -ca.?- ]ματος Κλαυδιανοῦ καὶ ἐπεδιωξαμ[ -ca.?- ] [ -ca.?- ] γ εἱπέων καὶ στρατιωτῶν πεζῶν ἐπὶ με[ίλιον -ca.?- ] διὲ τόπων δυζβάτων καὶ ἐπυκτευσ[ -ca.?- ] Λοκρήτιος̣ Πρεῖσκο\ς/ εἱπεὺς σπείρης [ -ca.?- ] 10 τύρμης <Σ>οσινίου καὶ ἐραπίστη ειπ[ -ca.?- ] τῆς αὐτῆς σπείρης τύρμης Ἰουσ[τ-ca.?- ] νυκτὶ δὲ προκαταληνφθέ[ντες][ -ca.?- ] συνεστράψομες εἰς τὸ π[ραισίδιον -ca.?- ] ἔ(τους) ιβ τοῦ κυρίου Τραειαν[οῦ] [ -ca.?- ] 15 Χοιαχ{ι} ιδ. «Ho riportato qui sotto […] Caninius decurione (?) dell’ala Apriana; [il …] del mese di Choiak 50 (?) cammelli rubati (?) da 18 barbari dal pozzo425 di Claudianus e ho/abbiamo inseguito con (?) 3 cavalieri e soldati di fanteria per […] miglio/a attraverso luoghi impervi e li ho/abbiamo affrontati; [è stato ucciso] Lucretius Priscus cavaliere della coorte […] e della turma di Zosimos ed è stato ferito a bastonate […] della stessa coorte della turma di Gius[t…] sorpresi dalla notte […] ci siamo ritirati nel fortino […] il 12° anno del signore Traiano […] 15 di Choiak426.» Caninius, il primo personaggio cui il testo fa riferimento, presenta un gentilizio raro in Egitto, ma attestato a Mons Claudianus: qui stava di stanza, negli stessi anni, un decurione di nome Caninius427 che si occupava della ricezione degli asini e dei cammelli che rifornivano L’editrice suggerisce con cautela di ricostruire ὑδρεύ]ματος (CUVIGNY 2005, 36). Le traduzioni sono dell’autore e seguono le interpretazioni degli editori (nel caso in cui la traduzione si discosta dall’interpretazione dell’editore lo si segnala nel commento). 427 O.Claud. inv. 428 e 644 (CUVIGNY 2005, 35, n. 2). 425 426 63 d’acqua la piazza. È alquanto probabile428 che il Caninius di Mons Claudianus, data la sua funzione all’interno del villaggio fortificato e la coincidenza temporale, sia lo stesso ufficiale presente in O.Krok. I 6. È inoltre possibile – ma la frammentarietà del contesto non consente un’interpretazione univoca – che Caninius sia colui che ha stilato il rapporto che poi è giunto in questa forma da Krokodilō. Ciò che delle righe 5 e 6 del testo si può leggere con sicurezza fa riferimento a dei cammelli, a 18 barbari, a un nome, Κλαυδιανοῦ, e a un inseguimento. Cuvigny suggerisce429 di interpretare questo passaggio come il racconto di un furto da parte dei suddetti barbari di alcuni animali impiegati nell’attività di estrazione dell’acqua da un pozzo nei pressi di Mons Claudianus430 e del conseguente inseguimento da parte dei soldati romani. La riga 8 illustra con chiarezza quale doveva essere il contesto geografico in cui le truppe romane si trovavano a operare, si parla infatti di τόπων δυζβάτων «luoghi impervi/impraticabili», luoghi che certamente i nomadi del deserto conoscevano bene e nei quali potevano facilmente far perdere le loro tracce. Non è questo però il caso documentato da questa lettera, dal momento che i soldati romani riescono a venire a uno scontro con i barbari. Nella narrazione dello scontro sono da sottolineare i termini ἐπυκτευσ[ (l. 8) e ἐραπίστη (l. 10). Il primo è un verbo che viene solitamente utilizzato per indicare l’azione dei pugili o dei gladiatori431, ma negli ostraka del deserto Orientale sembrerebbe costituire il termine tecnico per indicare il combattimento contro questi barbari432 e questa accezione deriverebbe da un calco semantico di pugnare, nel suo significato generico di «combattere», o dal fatto che un più consueto μάχεσθαι sarebbe suonato eccessivo per questo tipo di scontro433. A sostegno di questa seconda ipotesi sta anche il significato dell’altro verbo, ῥαπίζειν «prendere a bastonate», che mostra come la panoplia di questi predoni fosse molto rudimentale434, anche se non per questo meno efficace, dal momento che a subire i colpi inferti con quest’arma è uno dei tre cavalieri. Non è chiaro l’esito della vicenda, ma, da come si può intuire dal testo, è possibile che i Romani non siano riusciti ad annichilire il gruppo di nomadi a causa del sopraggiungere della notte e del conseguente rientro al forte. 428 CUVIGNY 2005, 35. CUVIGNY 2005, 35. 430 A suggerire che il nome presente alla riga 6 sia un toponimo e non un antroponimo sta la rarità nei papiri egiziani di Claudianus come cognomen, soprattutto prima della metà del II secolo, nonché quanto detto circa Caninius e il fatto che l’ala Apriana, presente a Mons Claudianus, non è altrettanto attestata lungo le vie carovaniere verso il mar Rosso (CUVIGNY 2014b, 173). 431 Vd. LSJ, s.v. 432 Cfr. O.Krok. I 47, l. 5 e O.Krok. I 87, ll. 39 e 32. 433 CUVIGNY 2005, 151. 434 Cfr. M.C.A. MacDonald in CUVIGNY 2005, 36-37 e O.Krok. I 47, l. 13. 429 64 La capacità delle genti del deserto di infliggere danni anche importanti alle guarnigioni romane è testimoniata da un’altra circolare (O.Krok. I 47, col. i), la quale, giunta a Krokodilō probabilmente il 19 settembre (22 Thoth) del 109 d.C., trasmette un rapporto datato il giorno precedente (21 Thoth) ed è stata copiata su un’anfora d’Assuan insieme a molte altre circolari dello stesso periodo435. In essa si fa riferimento ad un soldato che σ̣υν̣εσφάγη436 «è stato sgozzato» (l. 11), a un cavaliere437 che ἐκ]ρ̣ούσ{σ}θη εἰς τὴν πλευρὰν «è stato colpito al fianco» (l. 12), a un altro cavaliere che ἐραπίσθη438 «è stato ferito a bastonate» (l. 13) e infine a un soldato che è stato colpito κεφαλὴν βέλι «alla testa con un dardo» (l. 15). Queste espressioni permettono di aggiungere altre armi alla panoplia dei predoni: essi non disponevano solo di bastoni, come visto nel documento precedente e ribadito da quest’ultimo, ma anche di archi o altri strumenti con cui scagliare βέλεα e di armi da taglio capaci di σφάζειν. Sempre O.Krok. I 47, nella circolare riportata alla terza colonna, mostra come anche i soldati romani fossero in grado di infliggere pesanti perdite a queste tribù, dal momento che alla riga 49 si parla di ben 61 βάρβαροι uccisi e forse di un numero altrettanto elevato di feriti o fatti prigionieri. Nonostante l’evidente successo, però, l’autore della circolare si premura di aggiungere al rapporto διὸ παρανγέλλω ὑμεῖν ἐπέχειν / [ -ca.?- ] ̣ς καὶ ἐπεγληγορεῖν «perciò vi esorto a stare in guardia […] ed essere vigilanti» (ll. 50s.). Al 114/115 d.C.439 è datata la circolare O.Krok. I 60 inviata dal prefetto C. Taurinus ai curatores della strada verso Berenice nella quale si informa di un furto440 e dell’uccisione di tre μονομάχας441, servi armati – probabilmente imperiali – che le attestazioni di epoca successiva sempre dal deserto Orientale mostrano accanto ai soldati regolari nel ruolo di messaggeri442. Una lacuna impedisce di conoscere l’identità dei responsabili di queste azioni, ma è verosimile pensare che si tratti sempre di βάρβαροι443, come nei casi precedenti, probabilmente interessati alle merci che questi uomini stavano scortando. Il documento che apporta maggiori informazioni concernenti le ostilità tra i Romani e gli abitanti del deserto è certamente O.Krok. I 87, “l’amphore de barbares”444. Si tratta di un’anfora AE3 bitroncoconica445 sulla quale si leggono su due colonne sette circolari datate tra 435 CUVIGNY 2005, 89-93. Vd. anche ἐσφάγηι alla l. 14. 437 O un cavallo: il termine utilizzato è ἵππος. 438 Cfr. O.Krok. I 6, l. 10. 439 CUVIGNY 2014b, 176. 440 O.Krok. I 60, l. 4: ἥρπασαν «hanno rubato». 441 O.Krok. I 60, l. 5: ἀποκτείναντ̣ε̣ς̣ μονομάχας γ «avendo ucciso tre monomachai». 442 CUVIGNY 2019, 78s.; Cuvigny 2014a, 274s. 443 CUVIGNY 2014b, 176. 444 Il testo è edito, tradotto e commentato in CUVIGNY 2005, 135-154. 445 CUVIGNY 2005, 135. 436 65 il 9 marzo del 118 al 2 aprile dello stesso anno e tutte concernenti più o meno direttamente i βάρβαροι; queste lettere sono state ricopiate sull’anfora dalla stessa mano, ma in momenti diversi446, contestualmente al loro arrivo al forte. Nelle prime tredici righe della prima colonna – quella che conserva una maggiore porzione di testo – si riconosce la circolare più antica, datata 13 Phamenôth (9 marzo) e inviata da un certo Arruntius447, verosimilmente prefetto del deserto di Berenice448, ai curatores praesidiorum della via Myoshormitica. Il testo è particolarmente lacunoso, ma sembra che vi sia una situazione di pericolo a causa della quale il prefetto impone alle guarnigioni di non muoversi χωρε̣ὶ̣[ς] / τοῦ ἐμὲ ἐπειτρέψ̣[αι] [ἀπο]κ̣εινεῖ/σται τῶν πραισιδίων «senza che io (il prefetto) autorizzi ad allontanarsi dai fortini» (ll. 8-10), ἐὰν μή τει ἐπειγούσης ἐπ[ -1-2- ] ̣ρεας449 ὥστε / περὶ αὐτῆς ὑμᾶς ἀνυφερτέτως / μοι γράψαι «tranne che in caso di forza maggiore (?) riguardo al quale voi dovete scrivermi immediatamente» (ll. 11s.). A sei giorni dopo (19 Phamenôth = 15 marzo) risale invece la circolare che occupa le successive righe450 (ll. 14-26). Essa, a differenza della precedente, è rivolta non solo ai curatores della via Myoshormitica, ma anche ἐπάρχοις, (ἑκατοντάρχαις), (δεκαδάρχαις), δουπλικα̣{ι}ρίοις451 «ai prefetti, ai centurioni, ai decurioni, ai duplicarii» (l. 15), ed è inviata non da un ufficiale residente a Koptos, ma da un centurione della coorte II Ituraeorum equitata, Cassius Victor, il quale scrive da Παρενβολὴ (ll. 19s.), un accampamento o un centro abitato452 di difficile identificazione che non faceva parte del sistema di fortini dipendenti dal prefetto di Berenice o dalle cave a nord del Mons Berenicis. Per mezzo di questa circolare il centurione inoltra a tutti i possibili interessati453 un rapporto giuntogli il giorno stesso ed esplicita il suo scopo tramite l’espressione, probabilmente formulare454, εἵνʼ εἰδῆτε / [ -1-3- ]εις ὑμεῖν ἐπείρειά τεις γένηται «affinché sappiate e non vi capiti alcun danno» (ll. 23s.). 446 Questo fatto è denunciato dalle differenze nello spessore e nella accuratezza del tratto. O.Krok. I 87, l. 1. 448 O.Krok. I 87, l. 2: dopo il gentilizio alla riga 1 e un’importante lacuna, la riga 2 inizia con ὄρους, donde l’integrazione di [ἔπαρχος] nella lacuna precedente (CUVIGNY 2005, 137-139). 449 L’editrice suggerisce queste due possibili interpretazioni: ἐπ[ε]ί̣ρεας «qualcosa che nuoce», che si ritrova spesso negli ostraka di Krokodilô, o ἐπ[ει]χ̣ρε‹ί›ας, che sostituirebbe una variatio della formula χ̣ρείας ἐπειγούσης «su spinta della necessità», comune nei papiri. 450 Questa circolare è separata dalla precedente da un ampio spazio. 451 O.Krok. I 87, l. 15. 452 Il termine può essere tradotto semplicemente «al campo», indicando un accampamento secondario se non il campo principale della coorte II Ituraeorum, oppure può intendersi come toponimo ed essere identificato con Dabōd, in Bassa Nubia (CUVIGNY 2005, 139-141). 453 Cfr. CUVIGNY 2005, 142. 454 Essa sembra ricorrere, seppur in variatio, più volte in questo documento (O.Krok. I 87, ll. 47, 62, 70 e 87) e anche in altri documenti di Krokodilô (O.Krok. I 61, l. 7 e O.Krok. I 51, l. 35). 447 66 Il rapporto allegato (ll. 26-50) è indirizzato a Cassius Victor da Antonius Celer, cavaliere inquadrato nella medesima coorte del centurione, il quale scrive da Patkoua (l. 23), un fortino verosimilmente dipendente da Παρενβολὴ. Di seguito la parte meglio conservata del suo contenuto (ll. 29-44): […] γεινώ30 σκιν σε θέλω τῇ ιζ τῶ ἐνε[στ]ῶτος μηνὸς Φαμενωτ βαρβάρους ξ ἐπεληλυθέναι τῷ πραισιδίῳ Πατκουα̣ μεθʼ ὧν ἐπύκ[τ]ευ̣σ̣α̣ μετὰ τῶν σὺν ἐμοὶ συστρατιωτῶν ἀ[πὸ ὥρα]ς ι ἄχρι ὥρας δευτέρας τῆς νυκτός· οἳ καὶ πα[ρ]ακαθ̣είσαντες 35 τῷ πραισιδίῳ μέχιρ πρωΐας· ἐσφάγη δὲ αὐτῇ τῇ ἡμέρᾳ (ἑκατονταρχίας) Σερήνου Ἑρμογένης στρατειώτης, ἡρπάγη̣ δὲ γυνὴ μετὰ καὶ παιδίων δύο καὶ ἓν̣ παιδίον ἐσφάγη· πρωΐας δὲ γεναμένης τῇ ιη ̣[ -2-3- ] ⟦\του/ τ̣ ̣ ̣⟧ τοῦ μηνὸς, ἐπυκτεύσαμεν πρὸς αὐτοὺς καὶ [ -ca.?- ] 40 Δαμαναις ἱππε[ὺς] (ἑκατονταρχίας) Ο̣ὐ̣είκτορος σοῦ καὶ ὁ εἵππος· ἐπ̣λ̣[ή-] γη δὲ καὶ Οὐαλέρ̣[ιος] Φειρμ[- ca.12 -] ̣ατω [̣ (?)] σὺν καὶ τῷ ἵππῳ α̣[ὑτο]ῦ̣ ̣ερ [̣ -ca.?- ] (ἑκατονταρχίας) Προκλιανῆς επ̣τα̣ ̣ ̣υσ̣ ̣[ -ca.?- ] τ̣ῆ̣ς̣ ὥρας ϛ τῆς ἡμέρας [ -ca.?- ] «… voglio che tu sappia che il 17 del corrente mese di Phamenôth 60 barbari hanno attaccato il fortino di Patkoua. Io li ho affrontati con i camerati che erano con me dall’ora 10° all’ora seconda della notte; poi quelli hanno assediato il fortino fino all’alba. In quel giorno è stato ucciso Ermogene, fante della centuria di Sereno, è stata rapita una donna con anche due bambini, mentre un bambino è stato ucciso; all’alba, il 18 del [corrente] mese, noi li abbiamo affrontati e [sono stati uccisi] Damanais, cavaliere della centuria di Victor, che sei tu, e il (suo) cavallo; è stato colpito anche Valerius Firm[…] con anche il suo cavallo [… un tale] della centuria Proculeiana […] la sesta ora del giorno […]» Da quello che si evince dal testo, i predoni erano in grado di attaccare i Romani con forze particolarmente consistenti, di impegnarli per più di un giorno e addirittura di porre 67 assedio ad un presidio fortificato. Anche in questo testo si trova il verbo σφάζειν455 (l. 35 e 38) che induce a pensare che questi βάρβαροι disponessero di armi da taglio, presumibilmente in metallo, nonché i verbi πυκτεύειν (l. 32) e ἁρπάζειν456 (l. 37). Per quanto riguarda quest’ultimo termine, in questa lettera esso non indica un semplice furto, ma un rapimento: il primo giorno i predoni riescono a rapire una donna e due bambini, forse con lo scopo di ottenere un riscatto o più probabilmente per venderli come schiavi. È possibile ipotizzare, alla luce di questo documento, che anche in O.Krok. I 60 il verbo ἁρπάζειν faccia riferimento al rapimento delle persone scortate dai μονομάχοι, piuttosto che a un furto di merci, ma la lacunosità del testo non permette di giungere ad una conclusione definitiva. Le righe 37 e 38 ci informano indirettamente di un aspetto importante dei praesidia del deserto: questi non ospitavano soltanto i soldati della guarnigione, ma anche un certo numero di civili che contribuivano al buon funzionamento del fortino e che vi svolgevano attività di vario tipo, dal commercio alla prostituzione457. Dal momento che al centurione Cassius Victor il rapporto sullo scontro arriva direttamente da parte del cavaliere che, come si deduce dall’espressione ἐπύκ[τ]ευ̣σ̣α̣ μετὰ τῶν σὺν/ ἐμοὶ συστρατιωτῶν «(li) ho affrontati con i camerati che erano con me» (l. 33), era a capo della piazza, è logico pensare che i Romani siano riusciti a respingere con successo l’attacco dei predoni, impedendo loro di entrare nel fortino. Tuttavia, la donna e i due bambini vengono rapiti, quindi essi potrebbero essere stati colti di sorpresa fuori dal fortino, e proprio all’esterno della cinta potrebbe essersi svolta la prima parte dello scontro, dal momento che Antonius Celer parla di assedio solo alla quinta riga del resoconto. I Romani avrebbero dunque, in prima battuta, affrontato i predoni a partire dalla metà del pomeriggio (ll. 33s.), dispiegando i propri uomini al di fuori del fortino, in un secondo momento, calata la notte, i soldati si sarebbero ritirati all’interno del fortino458, venendo assediati fino all’alba. L’unico militare morto nel primo giorno di combattimento è un fante459, Serenus, del quale non viene menzionato altro che la centuria, di conseguenza doveva appartenere alla medesima coorte di Antonius e Cassius, la 455 Cfr. O.Krok. I 47, ll. 11 e 14. Cfr. O.Krok. I 60, l. 4. 457 Per quanto riguarda la società civile nei praesidia vd. CUVIGNY [ET AL.] 2003, 361-398. 458 Le mura dei fortini del deserto Orientale non raggiungevano altezze particolarmente elevate: sulla via Myoshormitica le uniche mura misurabili sono quelle di al-Hamrâ e di Maximianon, aventi rispettivamente un’altezza di 1,77 m e di 3,12 m; i principali fortini della via verso Berenice (Didymoi, Iovis e Xeron Pelagos), invece, presentano un’altezza di poco superiore ai 2,5m (REDDÉ 2015, 337s.). 459 Questo documento si aggiunge agli altri (M246, K242 e O.Krok. II 224) che attestano che le guarnigioni di questi fortini erano formate sia da fanti, sia da cavalieri (CUVIGNY [ET AL.] 2003, 309s.). 456 68 II Ituraeorum equitata, la quale in quanto coorte e non semplice ala disponeva anche di unità di fanteria460. Con il verbo παρακαθίζειν (l. 34) più che una vera e propria attività poliorcetica, che difficilmente dei βάρβαροι sarebbero stati in grado di mettere in atto, si potrebbe intendere il fatto che i predoni si siano accampati nei pressi del fortino461, probabilmente con l’intento di impedire alla guarnigione di inviare richieste di soccorso e con la volontà di riprendere il combattimento il giorno seguente. Effettivamente, all’alba le forze romane danno nuovamente battaglia ai predoni, subendo ulteriori perdite, tra le quali quella di Damanais, un cavaliere della centuria di Cassius, il destinatario del rapporto. Dal momento che tra i caduti e i feriti si contano almeno due cavalieri e soprattutto due cavalli, è alquanto verosimile che almeno in questo secondo scontro i Romani si siano schierati al di fuori della cinta, potendo così giovarsi del vantaggio tattico offerto dalle forze montate. L’ultima ora menzionata dal testo è la sesta (l. 44), corrispondente all’incirca a mezzogiorno; l’editrice traduce τ̣ῆ̣ς̣ ὥρας ϛ «à la 6e heure»462, ma la difficoltà di lettura impedisce di riconoscere effettivamente quale fosse la preposizione di τ̣ῆς̣ ̣ ὥρας e con essa il senso dell’espressione (potrebbe trattarsi dell’ultima ora di scontro o della prima di una quarta fase dello stesso). Il resto del testo o è particolarmente sbiadito o si trova su frammenti che non combaciano con il resto del reperto; alla riga 45 si legge solo βαρβάρων, che potrebbe far parte della narrazione di una quarta fase dello scontro o forse di un computo finale delle perdite, comprese quelle dei predoni, interpretando βαρβάρων come genitivo partitivo. Le ultime righe, infine, riportavano una chiusa costituita da un’espressione di cui resta solo ἐπ]είρεια [?] γένηται (ll. 47s.) – che forse non differiva da quella utilizzata da Cassius Victor nella presentazione del rapporto463 – e dalla datazione all’anno di regno di Adriano (ll. 49s.). Da segnalare rimangono soltanto due aspetti che, seppur minori, contribuiscono ad arricchire l’importanza di questo documento. Innanzitutto, le matricole di Antonius Celer e Damanais risultano irregolari, dal momento che, in quanto membri della coorte II Ituraeorum, sono cavalieri ausiliari e dovrebbero di conseguenza essere inquadrati in turmae e non, come invece rivela questa lettera, in centurie, alle quali appartenevano, di regola, soltanto i cavalieri 460 CUVIGNY 2005, 152. In un contributo successivo alla prima edizione, nella quale il verbo è tradotto «ils ont assiegé» (CUVINGY 2005, 150), Cuvigny lo traduce «they sat down near» (CUVIGNY 2014b, 176). 462 CUVIGNY 2005, 150. 463 O.Krok. I 87, ll. 23s. 461 69 legionari e quelli delle coorti pretoriane464. Altro elemento interessante è il suffisso -anus che caratterizza di nome dell’ultima centuria citata dal rapporto, la Proculeiana: con tale suffisso si segnalava il fatto che il centurione / decurione eponimo di una centuria / turma era stato rimosso dall’incarico, ma il suo sostituito non era ancora stato designato465. Resta un interrogativo irrisolto a quanto ammontassero gli effettivi della guarnigione. L’analisi delle tavole di servizio, delle liste e di altri documenti rinvenuti nei fortini del deserto Orientale mostrano come i numeri fossero abbastanza esigui; se infatti alcuni dei praesidia erano in grado di ospitare anche un centinaio di persone, i militari pare non superassero mai la ventina di unità466. Se effettivamente il fortino riuscì a resistere all’assalto di ben 60 predoni, come dimostrerebbe l’arrivo della lettera a Cassius Victor, subendo tra l’altro un numero abbastanza ridotto di perdite, è verosimile che la guarnigione disponesse di molti più uomini di quanti presenti a presidio dei forti sinora indagati. Si consideri comunque che, in un caso di emergenza come questo, è possibile che anche i civili in grado di farlo prendessero le armi a sostegno delle truppe regolari. A ciò va aggiunto il fatto che l’equipaggiamento e l’armamento a disposizione degli ausiliari era certamente di qualità superiore ai bastoni e alle piccole daghe dei loro avversari. La prima colonna di O.Krok. I 87 prosegue con altre due circolari, una (ll. 51-55) datata 22 Phamenôth (18 marzo) e spedita da un certo Flavius ai soli curatores dei fortini della via Myoshormitica, l’altra (ll. 63-72) con data in lacuna e indirizzata da Cassius Taurus, prefetto o dell’ala di stanza a Koptos o di Berenice467, ai duplicarii, ai sesquiplicarii e ai curatores dei praesidia [κατʼ ὠ]ρ̣ειν̣ῆς «del deserto» (l. 66), nonché probabilmente ai centurioni e ai decurioni468. Ad ogni circolare è allegato rispettivamente un rapporto: il primo (ll. 56-62) è inviato da un soldato o un ufficiale della coorte II Ituraeorum (Cassius Victor?) ai medesimi destinatari della seconda circolare469; del secondo (ll. 72-75) non resta che il nome del mittente, Papirius Bassus, curator del fortino di Nitriai470, altrimenti sconosciuto. Lo stato particolarmente frammentario impedisce di riconoscere l’oggetto di questi rapporti, ma verosimilmente trattavano anch’essi di βάρβαροι, dal momento che la circolare di Cassius Taurus presenta la 464 Cfr. P.DURA, 54. BIRLEY 1953, 128-129; FINK 1953, 213-215. 466 CUVIGNY [ET AL.] 2003, 307-309. 467 Il testo conserva solo ἐπα̣[ (l. 64), ma lo stesso nome ritorna in altri due documenti ( O.Krok. I I, 88, ll. 9-11 e O.Krok. I I, 91, ll. 4s.) nei quali Cassius Taurus è presentato come prefetto del deserto (di Berenice) (CUVIGNY 2005, 137s.). 468 CUVIGNY 2005, 136. 469 In questo caso sono chiaramente compresi anche i decurioni e i centurioni. 470 CUVIGNY 2005, 142. 465 70 stessa formula della seconda lettera del documento471, εἴνʼ ε[ἰδῆτε -ca.?- ] μ̣ή τει [ὑ]/μεῖν [ἐ]πείρ̣ειά τ̣[εις] [γένηται] «affinché sappiate […] non vi capiti alcun danno» (ll. 69s.), la quale è forse individuabile anche nel rapporto allegato alla circolare di Flavius (l. 62: [ἐπείρ]εια γένηται). Le prime righe della colonna (ll. 75-88), probabilmente afferenti ad un’unica lettera, sono pressoché illeggibili, ad eccezione di una formula di avvertimento finale in parte simile a quella appena menzionata, προσέχητε μὴ̣ [ -ca.?- (?)] / -0-2- ὑμε[ῖν] [ἐ]πείρεια γένηται «prestate attenzione che non […] vi capiti (alcun) danno» (ll. 86s.), e della data 2472 Pharmouthi (28 marzo). Segue una seconda circolare (ll. 89-106) datata 30 Phamenoth (26 marzo) e scritta da Arruntius Agrippinus, del quale non viene dichiarata la carica473, ai curatores dei praesidia della via Myoshormitica; questa circolare risale a due giorni prima della precedente appena illustrata, fatto che lascia pensare474 che quest’ultima (la lettera del 2 Pharmouthi) presentasse l’altra (quella del 30 Phamenoth) in allegato, sebbene la lacunosità della prima e l’intestazione della seconda475 lascino aperte altre possibilità476. Ad ogni modo, nella circolare inviata da Arruntius Agrippinus, questi, avendo ricevuto notizie (l. 92: ἐμηνύθη μοι «sono stato informato») circa la sparizione di qualcosa o qualcuno che una lacuna impedisce di determinare (l. 93: ἀφανὴς ἐγένετο «è sparito»), così si rivolge ai curatores: μα [̣ ̣ ̣] ̣ε̣ π̣οιησαι τὸ{υ} τοῦτο ὑμεῖν φανερὸν [ -3-5- ] ἔσπευσα εἵνα καὶ τοῖς ἑ̣αυτῶν [ἐ]π̣ειμελέστε̣ρ[ον] προσέχητε κα -2-3- λ̣λοις καὶ τεινες ἀπὸ Κόπτου χο̣ρηγ̣εί<αν> κομείζοιεν̣ ἐξ ἐμῆ<ς> ὑπογραφῆς 100 ἀσφαλά̣στερον α̣ὐ̣τοῖς παρέχητε παραπομπαῖς πρὸς τὸ μηδεμίαν ἀφορμὴν γενέσται τοῖς βαρ- 471 O.Krok. I 87, ll. 23s. Alternative di lettura sono δ e θ, rispettivamente 3 e 9 (CUVIGNY 2005, 153). 473 Il gentilizio Arruntius compare anche nella prima circolare del documento (l. 1) e, data la rarità, si tratta certamente dello stesso personaggio, problematica però risulta la sua funzione di prefetto di Berenice, dal momento che essa stride con quella di Cassius Taurus; le opzioni sono due: Arruntius Agrippinus è semplicemente un ufficiale dell’ufficio del prefetto a Koptos, donde l’integrazione di un titolo come cornicularius alla riga 1, e di conseguenza Taurus sarebbe già nella circolare alle righe 63-72 prefetto di Berenice (cfr, supra 70, n. 467); oppure quest’ultimo è stato prima prefetto dell’ala di stanza a Koptos, quando Agrippinus era prefetto di Berenice, e solo in seguito è divenuto anch’egli prefetto di Berenice, al tempo degli altri due documenti (non datati) che gli attribuiscono questo titolo (CUVIGNY 2005, 137-9). 474 CUVIGNY 2005, 136. 475 Difficilmente una circolare giunta ad un fortino della Myoshormitica e verosimilmente inviata al suo curator avrebbe potuto contenere un’altra lettera presentante tra i destinatari il curator stesso. 476 Potrebbe esser stata una semplice scelta del copista oppure per qualche motivo la lettera con data più recente è arrivata al forte prima di quella con data più antica. 472 71 βάροις τοῦ κακόν τει ποιῆσαι· ταύτην μου τὴν ἐπιστολὴν ἀναγνόντες ἀπὸ πραισιδείου εἰς π<ρ>αισίδιον μέχρι Μυσόρ<μου> διὰ τάχους πέμψατε καὶ ἐάν τει ἐπειγνοῖτε σαφέστερον 105 εὐθέως ἐπείσχετέ μοι δηλῶσαι· ἐρρῶσθαι ὑμᾶς ε<ὔ>χομαι. «mi affretto a mettervi a conoscenza di ciò affinché voi vigiliate con molta più attenzione sui vostri e sugli altri e, se qualcuno da Koptos trasporta gli approvvigionamenti con la mia autorizzazione scritta, fornitegli delle scorte più nutrite acciocché ai barbari non capiti alcuna occasione per nuocere; leggete questa mia lettera e inviatela rapidamente di fortino in fortino fino a Myos Hormos e, qualora apprendeste qualcosa di più chiaro, sia vostra premura farmelo sapere subito; mi auguro che stiate bene. » Come si è accennato, il motivo di invio di questa circolare è nascosto dalle lacune (ll. 92-95), l’ordine di Arruntius Agrippinus, però, è chiaro: si deve rafforzare la sorveglianza (ll. 97s.) su tutta la strada e con una certa urgenza, come si deduce dal comando di trasmettere διὰ τάχους «rapidamente» (l. 104) la lettera agli altri fortini. Non solo la sorveglianza necessita di essere rafforzata, ma anche le scorte assegnate alle carovane (l. 100), per impedire che i βάρβαροι possano ledere la sicurezza dei viaggiatori e intralciare il transito regolare delle merci, che certamente dovevano rappresentare un attraente bottino per i predoni del deserto. Questa lettera informa anche della pratica di concedere ad alcuni viaggiatori un’ὑπογραφή (l. 99), un lasciapassare rilasciato dal prefetto che permetteva loro di godere dei vantaggi rappresentati dalla catena di fortini, in particolare il rifornimento d’acqua e la scorta degli ausiliari. Dal momento che Agrippinus chiede ai curatores di informarlo immediatamente qualora venissero a sapere qualcosa di più (ll. 104s.) e poiché in questo caso non viene allegata nessuna comunicazione proveniente da un settore diverso dal deserto Orientale, è probabile che i ‘disordini’ all’origine di questa comunicazione si siano verificati proprio in questa zona, tanto che i curatores sono gli unici in grado di inviare al comando informazioni più precise in merito. Il fatto che l’ordine venga fatto trasmettere fino a Myos Hormos potrebbe far pensare che questi ‘disordini’ abbiano interessato l’intera area, tuttavia è anche possibile che si tratti di una procedura standard in caso di attacco di predoni lungo la via. L’ultima lettera conservata dall’“amphore des barbares” (ll. 107-109) è anche la più recente individuabile nel documento477 (7 Pharmounthi = 2 aprile) ed è indirizzata ai curatores della Myoshormitica da Flavius Arruntianus, decurione dell’ala Vocontiorum di stanza a 477 Cfr. supra 71, n. 472 72 Koptos, nonché probabilmente lo stesso Flavius della riga 52. Essa ha lo scopo di inoltrare una nuova circolare spedita dal centurione Cassius Victor e contenente a sua volta un nuovo rapporto (ll. 114-122) proveniente dal settore dipendente da Παρ̣ενβ̣ολή. Questo rapporto doveva essere di una certa importanza, infatti Arruntius alla consueta formula478 ἀντείγραφον διπλώματος πεμφθέντος ὑπέταξα «riporto sotto la copia di un dittico che ho ricevuto» (l. 108) – che molto probabilmente doveva essere seguita dall’ulteriore formula εἴνʼ εἰδῆτε479, che il copista ha dimenticato di scrivere – aggiunge καὶ ἀσφαλῶς προσέχητε «e (affinché) stiate più cautamente in guardia»480 (l. 109). È interessante notare come la circolare allegata (ll. 109-113), scritta appunto dal centurione della II Ituraeorum, presenti tra i destinatari i curatores πραισιδ[ί]ων κατʼ ὠρεινῆς «dei fortini del deserto» (l. 110), similmente al rapporto allegato all’altra circolare dello stesso Flavius Arruntianus481 (ll. 53s.), ma diversamente dall’altra circolare sicuramente attribuibile a Cassius Victor, nella quale i curatores destinatari sono specificatamente quelli πραισιδείων ὁδοῦ Μυσόρμου «dei fortini della via di Myos Hormos» (ll. 15s.). Se è logico che una circolare avente destinatari molti generici (decurioni, centurioni, etc.) sia indirizzata anche ai curatores dei presidi del deserto, intendendo così non solo quelli della via Myoshormitica, ma anche tutti gli altri, ad esempio quelli sulla strada verso Berenice, una particolare attenzione va concentrata sulla prima circolare di Cassius Victor: quest’ultima, oltre ad essere indirizzata agli specifici curatores della Myoshormitica, è l’unica lettera ad essi inviata che non sia stata spedita da ufficiali di stanza a Koptos482 o che da qui sia stata inoltrata. Sembrerebbe483 dunque che, per comunicare l’assalto a Patkua, il centurione abbia deciso di saltare la catena di comando, inviando personalmente la sua circolare ai curatores della Myoshormitica senza passare per il prefetto di Berenice o dagli altri ufficiali di Koptos come il decurione Arruntianus. Altra ipotesi possibile è che il copista, uso a scrivere κουράτορσι πραισιδείων ὁδοῦ Μυσόρμου, si sia confuso e abbia sostituito κατʼ ὠρεινῆς con ὁδοῦ Μυσόρμου; questa ipotesi si attaglierebbe meglio all’identificazione di Παρ̣εμβ̣ολή con Dabōd484, in Bassa Nubia, località troppo distante dai fortini della Myoshormitica per avere con essi un qualche rapporto diretto. 478 Rintracciabile diffusamente nel documento (O.Krok. I 87, ll. 18-23, 53s., 66-69s. e 111s.). Cfr. O.Krok. I 87, ll. 23 e 112. 480 L’editrice traduce «et que vous y prêtiez bien attention» (CUVIGNY 2005, 150). 481 Se si accoglie l’identificazione del Flavius della riga 52 con il Flavius Arruntianus di questa circolare. 482 Quand’anche si traducesse παρ̣εμβ̣ολή semplicemente «campo», esso non potrebbe far riferimento all’accampamento di Koptos, dal momento che questa circolare di Victor è inoltrata da Arruntianus, il quale sicuramente si trovava a Koptos. 483 Per questa e per la successiva ipotesi vd. CUVIGNY 2005, 143. 484 Vd. supra 66, n. 452. 479 73 Per quanto riguarda il rapporto inoltrato da Cassius Victor (ll. 114-122), esso gli è stato inviato da un cavaliere che la lacuna lascia anonimo, curator del fortino di Thōnis Megalē (l. 12 e 14), località altrimenti sconosciuta dipendente da Παρ̣εμβ̣ολή. Dopo il saluto (l. 14), il rapporto vero e proprio inizia con la stessa formula usata nel rapporto redatto da Antonius Celer485, γεινώ/[σκειν] [σε θέλω] (ll. 114s.), anche se qui molto lacunosa, così come il resto del resoconto, tanto che è possibile ricostruire l’episodio che ne è oggetto. Nelle prime righe il rapporto potrebbe riferirsi ad un evento accaduto lo stesso 7 Pharmounthi, a un’ora ignota del giorno, e legato a [π]άντων τῶ̣ν σκοπέλων «tutte le torri d’osservazione» (l. 115) in seguito al quale il curator è uscito immediatamente fuori dal fortino insieme ai cavalieri presenti al suo interno486. Più avanti, infine, si leggono parzialmente due nomi487 e il curator afferma di aver trovato dei barbari488. Ancora in tema di βάρβαροι ostili merita di essere menzionata, anche se tecnicamente il destinatario non ricopre una funzione militare, P.Bagnall 8489, una traduzione in greco su ostakon di una lettera in latino inviata dal prefetto d’Egitto Pomponius Faustianus490 al procurator metallarum Probus risalente al 186/187 d.C., nella quale il prefetto riferisce il suo giudizio in merito all’azione di due soldati che hanno abbandonato i loro compagni, così che αὐτοὺς ὀλίγους τε / βαρβάρους ἀδυνάμους καὶ ἀνόπλους ὑποτα/γε͂ναι «questi sono stati sottomessi da pochi barbari deboli e disarmati» (l. 6-8). Il documento è stato rinvenuto a Mons Claudianus, ma non necessariamente l’episodio e la traduzione della lettera devono aver avuto luogo lì491. Stando al testo i soldati coinvolti dovevano essere almeno quattro, ma la sintassi irregolare non permette di capire esattamente se ad esser stati vinti dai barbari siano stati i due disertori o i compagni da essi abbandonati492. I nemici vengono descritti come deboli e disarmati, nonché in esiguo numero; se da un lato queste parole potrebbero costituire una conferma del carattere elementare e “primitivo” dell’armamento dei barbari, tale da farli considerare disarmati493, d’altro canto è possibile che il prefetto esageri la debolezza dei barbari per sottolineare l’ignominia dei disertori. In effetti, se queste fossero state le reali condizioni degli assalitori, difficilmente dei soldati ben armati si sarebbero dati alla fuga, ben consapevoli 485 O.Krok. I 87, ll. 29s. O.Krok. I 87, l. 116: εὐθέως ἐξῆλθα μετὰ τῶν παρα[γεινομέ(?)]ν̣ων̣ ἱπ̣πέων «subito sono uscito con i cavalieri presenti». 487 O.Krok. I 87, l. 117: Ἰουλείου Μα̣[- ca.8 - κ]α̣ὶ̣ Κλα<υ>δείου Κορνηλι. 488 O.Krok. I 87, ll. 121s.: ε̣ὑ-/ρηκα ̣ ̣ ̣ β̣αρ̣ β ̣ άρους «ho trovato […] barbari». 489 BÜLOW-JACOBSEN 2013. 490 PIR2 VI, 316, n° 714; BASTIANINI 1975, 301s.; BASTIANINI 1980, 84. 491 BÜLOW-JACOBSEN 2013, 47. 492 BÜLOW-JACOBSEN 2013, 48. 493 Quand’anche le parole circa la condizione dei βάρβαροι corrispondano al vero, è quanto meno da dubitare che essi fossero completamente disarmati. 486 74 delle conseguenze del proprio gesto. Da notare infine come il verbo ὑποτάσσειν non compaia nei rapporti analizzati supra e ciò contribuisca a rendere poco chiaro l’episodio: se i soldati vittima dei barbari sono stati i due disertori, è evidente che il loro esser stati sottomessi non ne ha implicato la morte; qualora invece le vittime siano stati i compagni, la loro sorte resta inconoscibile dato il significato abbastanza generico di ὑποτάσσειν. L’ultima lettera ufficiale che attesta uno scontro con i βάρβαροι, O.Did. 44, proviene da Didymoi ed è indirizzata dal μονομάχος Euculistros al tesserarius Serapione. Essa è stata ritrovata insieme ad un altro ostrakon soltanto (O.Did. 45, contenente anch’esso una lettera da Euculistros a Serapione) in uno strato di riempimento di due stanze attigue (28 e 31494) e grazie agli ostraka rinvenuti nelle unità stratigrafiche superiori ed inferiori viene datato al regno di Caracalla. I due personaggi sono noti esclusivamente da questi due documenti: il primo si presenta come μονομάχος495, il secondo, invece, viene designato come tesserarius, funzione che nell’esercito era inquadrata tra i sestuplicarii e che a Didymoi è attestata solo per questo personaggio. È possibile496 che nel momento in cui la lettera è stata scritta Serapione fosse il curator praesidii di Didymoi, sebbene l’unico curator di questo fortino cui è attribuito uno specifico grado sia un signifer, quindi un duplicarius, e i tesserarii attestati a Krokodilō fossero gerarchicamente subordinati al curator. Particolarità di questo documento, di cui di seguito si presenta il testo, è il fatto di essere stato scritto su un coccio dalla forma particolarmente irregolare, tanto che per risparmiare spazio il mittente ha sfruttato la piccola appendice superiore per scrivervi il proprio nome. BRUN – REDDÉ 2011, 31s. Hapax forse dovuto alla sua scarsa alfabetizzazione e che certamente sostituisce il più attestato μονομάχης. 496 CUVIGNY [ET AL.], 112. 494 495 75 Εὐκύλιστρος ⟦μ⟧ μονομά- χος Σαραπίωνι θεσαλαρί- 5 ῳ. γινώσκειν <σε> θέλω ὅτι ὡς ἐντέταρσέ μοι ἐποίησα καὶ παρὰ τήν σου διαταγὴν οὐκ ἐμένηκα εἰς Κόπτον μείαν 10 ὥραν ἀλλὰ ἦρθον ἐν τῷ πραισειδείῳ. Ιεκουν δὲ καταβὰς μετὰ τῶν Βαρβάρων ξυλοκρουστοὺς ἡμᾶς ἐποίησεν, 15 μόνους ἡμᾶς εὑρών, καὶ ἐφύγαμεν ὡς ἐπὶ μείλειν καὶ ἀνεκά<μ>ψαμεν καὶ ἔπεμψά σοι τὸν φαμελιάριν 20 εἵνα μὴ ἀφω ̣ ̣ ̣ Figura 7: O.Did. 44, lettera di Euculistros, monomachos, a Serapione, tesserarius τὸ πραισείδιν μον «Eukylistros, monomachos, a Serapione, tesserarius. Desidero che tu sappia che ho fatto come mi hai ordinato e rispettando il tuo ordine non mi sono fermato a Koptos nemmeno un’ora, ma sono tornato al fortino. Iekoun, che scendeva con i barbari, ci ha presi a bastonate, trovandoci soli, e noi siamo fuggiti circa per un miglio e siamo ritornati indietro e io ti ho inviato il servo affinché non [?] il presidio.» A quanto risulta da questa lettera, Eukylistros viene inviato dal tesserarius – e quindi probabilmente da Didymoi, dove certamente è di stanza Serapione, in quanto qui egli riceve la lettera – a svolgere una qualche missione a Koptos e, portato a termine il compito che gli era stato assegnato, riparte subito per il fortino. L’espressione παρὰ τήν σου διαταγὴν (ll. 7s.) viene tradotta dall’editrice «contrairement à tes ordres»497, la quale tuttavia nota come 497 CUVIGNY [ET AL.] 2012, 113. 76 quest’espressione contraddica quanto precede e ipotizza che con essa il μονομάχος voglia sottolineare il proprio zelo498: non solo ha compiuto la missione, ma è anche tornato in anticipo, senza approfittare del tempo a sua disposizione in città. È possibile però avanzare un’altra ipotesi, seguita nella traduzione proposta supra, «rispettando i tuoi ordini», sfruttando l’accezione «strictly according to»499 di παρά; in questo modo il senso generale del periodo risulta più cristallino. Concluso in maniera concisa il resoconto della missione, il μονομάχος racconta lo spiacevole episodio in cui è stato coinvolto con i suoi compagni. Il testo non esplicita se l’attacco portato da Iekoun sia avvenuto dopo l’arrivo al praesidium o lungo la strada500, ma è più verosimile questa seconda opzione, dal momento che il verbo utilizzato per sintetizzare lo scontro, l’hapax ξυλοκρουστοὺς (ll. 13s.), fa riferimento a bastoni, armi che difficilmente permetterebbero di cacciare una guarnigione dal proprio fortino. Da segnalare è il participio καταβὰς (l. 12), che nei testi del deserto Orientale indica il procedere verso la valle del Nilo. In conseguenza dell’attacco Eukylistros e i suoi compagni di viaggio si danno alla fuga per poi tornare sui loro passi. Non è chiaro se con il verbo ἀνεκά<μ>ψαμεν (ll. 17s.) l’autore intenda il rientro nel fortino di partenza, ma se così fosse quest’ultimo non potrebbe essere Didymoi, dal momento che per riferire l’accaduto il monomachos deve affidare le sue parole a questa lettera. L’episodio narrato da Eukylistros merita un approfondimento ulteriore. Infatti, al tempo dei Severi, al quale la lettera è datata, sembra che i rapporti con le genti beduine fossero decisamente più pacifici di quanto non fossero sotto il regno di Traiano. Prova di ciò sarebbe anche il fatto che il capo dei βάρβαροι viene chiamato per nome e che, sulla base del nome stesso, questi sembra essere un egiziano501. Se dunque il μονομάχος e il suo aggressore si conoscevano e quest’ultimo stava percorrendo la via controllata dai presidi romani, è possibile che si sia trattato di una rissa dovuta a motivi triviali502, piuttosto che di un attacco da collocarsi in un contesto di brigantaggio. Dalla copia di una circolare rinvenuta Krokodilō databile al 109 d.C. e mancante di intestazione e di chiusa, si apprende, se è corretta l’interpretazione di Cuvigny503, che non tutti i βάρβαροι erano necessariamente ostili. Questa circolare, infatti, aveva lo scopo di informare i fortini circa la minaccia rappresentata da uomini (verosimilmente βάρβαροι) in cerca di 498 CUVIGNY [ET AL.] 2012, 112. LSJ, s.v., C, II, 2. 500 CUVIGNY [ET AL.] 2012, 111. 501 CUVIGNY [ET AL.] 2012, 113. 502 CUVIGNY [ET AL.] 2012, 112. 503 CUVIGNY 2014b, 174s. 499 77 bottino (l. 4) e riporta la testimonianza di un ἰχθυοφόρος «trasportatore di pesce» (l. 2) il quale sembra aver messo a parte del pericolo l’autore della lettera. Dopo il termine ἰχθυοφόρος l’editrice legge Ἀλ̣αβ ̣ ί̣ της504 ὤν «che è un Alabita»; l’ἰχθυοφόρος sarebbe dunque un indigeno appartenente ad un gruppo etnico altrimenti sconosciuto505 e d’altro canto la sua professione lo collocherebbe in questa categoria. Accanto ai βάρβαροι sin ora citati, ve n’erano dunque altri che si dedicavano ad attività diverse dal brigantaggio, come il piccolo commercio e il trasporto delle vettovaglie506, talvolta addirittura orbitanti attorno ai bisogni dell’esercito romano, come si ritroverà nelle lettere di vettura di Gholaia507. A questo secondo gruppo appartiene anche il βάρβαρος Petronius, attestato in O.Did. 40 (c. 219 d.C.), un brogliaccio di una lettera del curator di Didymoi Isidoros al procurator Augusti Valerius Apollinaris. Petronius, che nonostante il nome latino è definito βάρβαρος508, compare in questa lettera come un artigiano (fabbro o ceramista) che fornisce secchi al curator. I gruppi di nomadi che percorrevano le piste del deserto, pacifici o ostili che fossero, erano tenuti indistintamente sotto stretta sorveglianza, non fosse altro che per “bureaucratic routine”509, come dimostra O.Claud. inv. 7309510 (c.152/153 d.C.), lettera di Diourdanos, probabilmente curator di Raïma, ad Archibios, curator di Claudianus, nella quale vengono riassunte una serie di altre lettere. Una di queste costituisce un rapporto di Longinus Priscus, curator del praesidium di […]bola, il quale riferisce di trovarsi nel Dodekaschonios, ad almeno 300 km da Claudianus, e di aver osservato e tenuto sotto controllo un gruppo di cinque βάρβαροι e due cammelli in movimento sulla sponda opposta del fiume verso valle. Tramite le lettere, dunque, i vari presidi e avamposti riuscivano a comunicare ogni minimo movimento sospetto, così da essere in grado di prevenire qualsiasi atto ostile. Oltre che sorvegliati, gli spostamenti dei βάρβαροι nomadi erano regolati dalle autorità romane, almeno per quanto riguarda il transito sulle vie controllate da Roma, anche se non attraverso il sistema dei lasciapassare in vigore per i carovanieri egiziani 511. Testimonianza di ciò si trova in O.Xer. inv. 620512, una lettera, forse circolare, del 217 d.C. rinvenuta nel praetorium del fortino di Xeron, con la quale il prefetto del deserto Vettius Gallianus βαρβάρων L’editrice segnala che la λ puntata è solo una delle possibili ricostruzioni (CUVIGNY 2014b, 174). Il suffisso -της è tipico degli etcnici. 506 Un ostrakon da Mons Claudianus, O.Claud. inv. 529, testimonia che indigeni si occupavano di approvvigionare le cave di pesce fresco dal mar Rosso (Cuvigny 2014b, 170, n. 14), attività in verosimilmente era impegnato, sulla via Myoshormitica, l’ἰχθυοφόρος di O.Krok. I 49. 507 Vd. infra 94-98. 508 Vi è la possibilità che sia un soprannome (CUVIGNY 2014b, 185). 509 CUVIGNY 2014b, 184. 510 CUVIGNY 2014b, 180. 511 O.Claud. I 48-82 e O.Did. 47- 51; vd. anche CUVIGNY 2014b, 186. 512 CUVIGNY 2014b, 185s. 504 505 78 κτήνη513 κατελθεῖν ἐπιτρε̣[ «autoriz[…] che gli animali (da soma?) dei barbari procedano verso valle». Cronologicamente più tarda514 è O.Did. 46, lettera scritta a Horigenes Leon, curator di Didymoi, da Antonius, curator di Phoinikôn, della quale segue il testo: Ὡριγένῃ Λέων κουράτ̣[ορι] π̣ρ̣(αισιδίου(?)) Διδύμων Ἀντώνις Α -2-3κουράτωρ Φ[οι]νικῶνος χέρ(ειν). μηνύω σ̣[οι κ]α̣τελθόντ̣ες̣ 5 Bάρβαροι δ καὶ πε̣δί̣ α τρία καὶ κάμηλοι θ καὶ ὄνοι δ ἵνα μ̣η̣νύσ̣ῃς̣ ̣ τῷ ἐπάρχῳ ι̣ ̣ ̣ ̣ ̣ νυκτ̣ὸ̣ς̣ τ̣- ca.9 - 10 καὶ̣ τ̣ῇ̣ [ὀ]κτω̣[κ]ε̣δε̣ ̣κ̣ά̣τ̣ῃ̣ ἕκτη̣ς̣ ὥρας ἡμέρας ̣ ̣ῆλθον. «A Horigenes Leon, curator di Didymoi, Antonius, curator di Phoinikôn, salute. Ti informo che sono scesi verso valle 5 barbari, tre bambini, 9 cammelli e 4 asini affinché tu informi il prefetto […] di notte […] e il diciotto alla sesta ora del giorno sono ripartiti.» Non si dice se questi βάρβαροι siano ostili o no, ma sembra che si tratti piuttosto di una carovana di mercanti, tanto più che è verosimile ipotizzare che essi abbiano sostato presso il fortino515. L’intestazione è anomala, dal momento che, se i casi non sono un errore dello scrivente, il destinatario precede il mittente, caso unico nei testi del deserto orientale, ove la formula normale è ὁ δεῖνα τῷ δεῖνι, e non giustificato dai rapporti gerarchici, dal momento che i due condividono lo stesso rango. Una spiegazione può essere individuata nella datazione, infatti è proprio dal III secolo d.C. che si afferma l’ordine inverso τῷ δεῖνι ὁ δεῖνα516. Se l’interpretazione è corretta517, la richiesta di informare il prefetto del transito della carovana si muoverebbe da valle a monte e ciò implicherebbe il fatto che il prefetto non si trovasse a 513 Nei papiri il termine indica spesso gli asini. Gettato tra c. 220 e 250 d.C. 515 CUVIGNY 2014b, 186. 516 EXLER 1923, 62. 517 CUVIGNY [ET AL.] 2012, 114. 514 79 Koptos, bensì in ispezione sulla strada verso Berenice. Da notare a livello testuale, infine, è la forma abbreviata χέρ (l. 3) per χέρειν segnalata da una barra obliqua su una delle lettere518, che sarà caratteristica dei testi di età bizantina e che costituisce un indizio cronologico in accordo con la formula di intestazione invertita. 2. Un ambasciatore a Dura Europos Tra le lettere ufficiali rinvenute a Dura Europos in una sola compare un non-romano, P.Dura 60 B519. Questa lettera è una circolare indirizzata dal governatore della Coele Syria a tutti i tribuni, i prefetti e i praepositi520 responsabili dei numeri, termine quest’ultimo da intendersi nel senso di generiche unità521 distaccate lungo il confine mesopotamico delle quali solo alla fine del testo viene indicato il luogo di stanza. Nella piazza di Dura l’ufficiale che riceve la lettera è molto probabilmente Ulpius Valentinus, al tempo522 tribuno della XX Palmyrenorum, sebbene non vadano escluse altre ipotesi523. La circolare ha lo scopo di accompagnare la copia di una lettera indirizzata al procuratore Minicius Martialis in merito ad un ambasciatore partico di nome Goces (ll. 5-8). Il documento si data al 208 d.C.524 per varie ragioni525: in primo luogo il testo fa riferimento a due soli Augusti (l. 2: Augg nn), quindi Settimio Severo e Caracalla, e presenta dunque come termine ante quem il 209 d.C., anno in cui Geta viene associato al potere imperiale; l’anno consolare ricostruito nel frammento C del medesimo P.Dura 60 è il 208 d.C.; infine, due delle tre lettere indirizzate (in questo caso con certezza) ad Ulpius Valentinus dal medesimo Marius Maximus presenti in P.Dura 56 (P.Dura 56 A e 56 C) sono indubbiamente datate al 208 d.C526. Di seguito il testo della circolare: Marius Maximus trib(unis) et praef(ectis) et praepositis n(umerorum) saluteṃ. Quid scribserim Minicio Martiali proc(uratori) · Aug(ustorum) n(ostrorum) CUVIGNY [ET AL.] 2012, 115; un tratto simile sembra individuabile sul ρ di π̣ρ,̣ per segnalare l’abbreviazione di πρ̣αισιδίου. 519 Questa lettera è oggetto di un’ampia bibliografia, si elencano di seguito i principali contributi: ROSTOVTZEFF 1933, 315-323; WILCKEN 1935, 315s.; P.DURA, 223s.; FINK 1971, 399s.; CHAUMONT 1987; CUGUSI 1992b, 229232. 520 Rispettivamente al comando di cohortes miliariae, di cohortes quingenariae e di numeri in senso tecnico (unità di soldati irregolari capitanati da un comandante indigeno) o semplici vexilationes. 521 Southern 1989, 83. 522 Per la datazione del documento vd. infra. 523 Vi è la possibilità che il ricevente sia stato il tribuno della cohors II Ulpia equitata, forse ancora di stanza a Dura, o i praepositi delle vexillationes delle legioni IV Scythica e XVI Flavia firma che a partire dal 209 d.C. presero parte alla costruzione del Mitreo (CHAUMONT 1987, 434). 524 Chaumont ritiene una data possibile il 207 d.C. sulla base del fatto che, grazie a P.Dura 56B, si sa che Marius Maximus era in carica come governatore della Coele Syria già in quell’anno (CHAUMONT 1987, 426). 525 P.DURA, 222. 526 P.DURA, 217. 518 80 et notum haberetis adplicui. Opto bene valeatis. Ex(emplum). 5 Curae tibi sit et quaesturas n(umerorum) per quos transit Goces legatus Parthọrum missus ad d(ominos) n(ostros) fortissimos Imp(eratores) · secundum morem xenia ei offere quid autem in quoque numero erogaveris scribe mihi. Gaẓịca 10 Appadana Dụ[r]ạ Ed[da]na Bị[blada] «Marius Maximus ai tribuni, ai prefetti e ai praeposti delle unità salute. Allego ciò che ho scritto al procuratore dei nostri due Augusti Minicius Martialis affinché voi siate informati. Mi auguro stiate in buona salute. Copia Sia tua cura che anche le quaesturae dei distaccamenti per i quali passa Goces, ambasciatore dei Parti inviato ai nostri signori i valorosissimi Imperatori, gli offrano gli xenia secondo il costume; scrivimi inoltre ciò che avrai erogato in ogni distaccamento. Gazica / Appadana / Dura / Eddana / Biblada» La figura di Marius Maximus (L. Marius Maximus Perpetuus Aurelianus) è presente nell’opera di Dione Cassio527 e ampiamente nota528: prima di ottenere il governo della Coele Syria era stato legato propretore della Germania Inferior (199-202 d.C.) e della Belgica (197199 d.C.), nonché legato della legione I Italica (193-197 d.C.)529, in lui inoltre si potrebbe riconoscere l’autore di alcune delle biografie servite da fonti per l’Historia Augusta. Attestato esclusivamente dalla documentazione durena è, invece, il procuratore Minicius Martialis530, il quale compare con la stessa carica in una dedica del mitreo della città 531 databile tra il 209 e il 211 d.C. ed era responsabile dell’amministrazione fiscale e finanziaria della provincia532, donde 527 D.C., 78, 14, 3. PIR2, V, 2, 205-207, n° 308. 529 Sotto Caracalla sarebbe divenuto prima proconsole d’Africa (213-214 d.C.), poi due volte proconsole d’Asia, in seguito, sotto Macrino, avrebbe detenuto la prefettura di Roma, infine, nel 223 d.C., avrebbe guadagnato per la seconda volta il consolato (era già stato console suffetto nel 198 o 199 d.C.). 530 PIR2 V, 2, 291-292, n° 618. 531 AE 1940, 220. 532 PFLAUM 1950, 156. 528 81 il compito di erogare533 (l. 8) il denaro pubblico e rendicontare le spese al governatore. L’ultimo personaggio attestato da questo documento è Goces, presentato come ambasciatore dei Parti in missione presso gli imperatori Settimio Severo e Caracalla (l. 6). Il nome, nella dizione partica gwk, è attestato in ŠKZ, 42, ove esso appartiene ad un esponente dell’alta aristocrazia, dunque è possibile che anche questo Goces, se non un avo di quel gwk, sia comunque un alto dignitario partico, coerentemente al ruolo di messo del Gran Re534. Nella lettera al procuratore Marius Maximus fa riferimento a quaesturas numerorum (l. 5); il termine, attestato in alcune iscrizioni di III secolo d.C.535, indica le casse dei vari distaccamenti536 dalle quali gli ufficiali o sottoufficiali ad esse preposti537 potevano prendere quanto necessario per le varie incombenze. Verosimilmente queste casse erano conservate nel quaestorium, che Igino538 descrive come il luogo preposto proprio all’accoglienza dei legati hostium «ambasciatori dei nemici», nonché alla custodia di obsides «ostaggi» e della praeda «bottino»; a Dura questo luogo doveva trovarsi nello stesso settore dove è stato rinvenuto l’archivio della XX Palmyrenorum539. Su ordine del governatore e sotto la responsabilità del procuratore queste casse devono far fronte alle spese per gli xenia (l. 8) da offrire a Goces. Il termine xenia è tecnico e indica i doni di ospitalità che Plutarco540 testimonia consegnati dai questori agli ambasciatori e che comprendono tutte le spese di accoglienza, le quali erano a carico del tesoro pubblico e potevano arrivare a cifre notevoli, come gli 800.000 sesterzi541 spesi quotidianamente per Tiridate542. Dal momento che le tappe elencate nel papiro (ll. 9-13) vanno da monte a valle543, è verosimile che Goces sia sulla via del ritorno. La sua ambasceria si colloca in un momento di particolare tensione all’interno dell’Impero Arsacide, infatti proprio tra il 207 e il 208 d.C.544 sale al trono Vologese VI (V), omonimo del padre, il quale si ritrova alla testa di un impero già vessato storicamente da spinte centrifughe e provato a maggior ragione a quest’altezza 533 Verbo tecnico della sfera amministrativo-finanziaria (ThLL. 5, 2, 800, 4ss.; CUGUSI 1992b, 231). ROSTOVTZEFF 1933, 321. 535 A titolo di esempio CIL III, 797. 536 Forse costituite da denaro ivi depositato o trattenuto dai soldati (P.DURA, 223). 537 Cugusi cita il quaestor numerus Brit(tonum) di CIL III, 1396 (CUGUSI 1992b, 231). 538 Hyginus, De munitione castrorum, 18. 539 CHAUMONT 1987, 434. 540 Plu., Quaest. Rom., 8, 43. 541 D.C., 63, 2: τά τε ἐπιτήδεια πάντα προῖκα εἶχον, ὥστε εἴκοσι μυριάδας τὸ ἡμερήσιον ἀνάλωμα τῷ δημοσίῳ λογισθῆναι «avevano tutte le provvigioni gratuite, a tal punto che vennero rendicontati al tesoro pubblico spese per 800.000 sesterzi al giorno»; vd. anche Svet., Nero, 30. 542 Tiridate, fratello del Gran Re Vologese I, si recò a Roma nel 66 d.C. per ricevere da Nerone la corona del regno di Armenia. Ovviamente in quanto uomo di stirpe regale egli ricevette un trattamento superiore a quello riservato a Goces, un semplice nobile, per quanto di alto lignaggio. 543 CHAUMONT 1987, 426-432. 544 Nel 519° anno dell’era Seleucide, cioè tra l’ottobre del 207 e l’ottobre del 208 d.C. (MC DOWELL 1935, 199) 534 82 temporale, dopo che la vittoriosa campagna di Severo (195-198 d.C.) aveva mostrato la debolezza della corona arsacide. È logico pensare545 che Vologese, temendo soprattutto le ambizioni del fratello Artabano546, abbia inviato un ambasciatore agli imperatori Settimio e Caracalla nella speranza di guadagnare l’appoggio delle legioni romane o quantomeno di assicurarsene la neutralità547. È altrettanto possibile che Goces non abbia mai avuto udienza presso gli imperatori548, al tempo in partenza per la Britannia, se non già sul limes, e si sia accontentato di raggiungere Antiochia, dove avrebbe avuto un abboccamento con il diretto responsabile delle truppe lungo l’Eufrate, cioè Marius Maximus. A livello testuale restano da notare alcuni punti: l’uso del verbo adplico (l. 3) è raro in luogo del più comune subicio549; l’espressione et notum haberetis (l. 3) viene dai più considerata un errore del copista e corretta in ut notum haberetis550, struttura sintattica attestata in altri testi del medesimo archivio551; l’espressione et quaesturas … offere (l. 5/7), infine, viene variamente emendata (ut quaesturae … afferant e et/ex quaesturis … offere552), ma forse553 è sufficiente mantenere l’infinitiva e intendere l’et nel senso di etiam554. 3. Refugae, desertores e agentes a Gholaia Un ultimo caso di relazione con genti non romane è offerto da due lettere (O.Bu.Njem 101 e 102) rinvenute nel butto a Sud del forte di Gholaia che fanno riferimento ad un certo Aban/Abban. Il nome di origine semitica, probabilmente aramaica555 o siriaca556, è abbastanza raro e di conseguenza è verosimile che le due lettere interessino lo stesso personaggio. La prima, più completa, è indirizzata all’agens Catulus da Aemilius Flamininus, il quale si presenta come bice piciparis (cioè vice principalis). 545 CHAUMONT 1987, 446s. Artabano, che controllava la Media, nel 213 d.C. sarebbe entrato apertamente in disputa con il fratello (DEBEVOIS 1938, 263). 547 Qualora invece il sovrano regnante all’invio di Goces fosse ancora Vologese V (IV), le motivazioni sarebbero da ricercare nella mancata definizione dei confini tra i domini romani e quelli partici al termine della campagna di Settimio Severo. 548 CHAUMONT 1987, 447. 549 ROSTOVTZEFF 1933, 318. 550 Rostovtzeff, pur ritenendo inaspettato il costrutto con et, lo giustifica, facendo dipendere il verbo haberetis da adplicui, così come scripserim (ROSTOVTZEFF 1933, 318); il primo ad avanzare la correzione è Wilcken (WILCKEN 1935, 316.), seguito poi dagli editori successivi; Welles, invece, non ritiene necessaria la correzione e propone come traduzione «you note» o «are to note» (P.DURA, 50). ela considera corretta e fa dipendere il verbo haberetis da adplicui, così come srìcripserim 551 P.Dura 64 A, l. 7: ut scires subiẹc ̣i; vd. anche P.Dura 64 B, ll. 6s. 552 Rispettivamente WILCKEN 1935, 316. e P.DURA, 224. 553 Di questo parere Welles in P.DURA, 50; FINK 1971, 401; CUGUSI 1992b, 231. 554 Maximus specificherebbe a Minicius di occuparsi non solo delle casse civili, ma anche di quelle militari. 555 MARICHAL 1992, 110. 556 MARICHAL 1979, 450. 546 83 Catulo ag(enti) · emiḷi[us(?)] flaniminus · bice piciparis scias domine benise557 a meos 5 refuga Aban barbarus tertium idibus febrarias trasmisi a te per M- 10 ̣[ ̣ ̣ ̣ ̣] amb[ -ca.?- ] -- -- -- -- -- -- -- -- -- -- «A Catulus, agens, Aemilius Flamininus, vice principalis, che tu sappia, signore, che è giunto dai miei come transfuga il barbaro Aban il terzo giorno prima delle Idi di febbraio, te lo invio per tramite di […]» Il termine agens (l. 1) solitamente è associato ad un aggettivo o ad un’espressione che ne definisce il campo d’azione e designa di volta in volta un intermediario, come l’agens pro magistro officiorum558, o un funzionario incaricato di un compito eccezionale o temporaneo, come il paepositus agens per Campaniam […] annonam curans559, o della gestione di uno stabilimento, come l’agens curam macelli560, o di una stazione doganale, come l’agens curam stationis561. Nel caso in esame quest’ultima accezione potrebbe essere quella lasciata sottintesa dall’autore della lettera, tuttavia essa striderebbe con l’appellativo dominus che Aemilius rivolge a Catulus, rivelando un rapporto asimmetrico, nel quale il vice principalis si colloca su un piano gerarchicamente inferiore all’agens. Catulus potrebbe allora ricoprire un ruolo di inteligence non altrimenti attestato562 e assimilabile agli agentes in rebus563 del tardo Impero564. Il terzo personaggio del quale questa lettera testimonia l’esistenza è Aban, un barbarus565 (l. 4) definito refuga (l. 5) che dopo essere giunto presso gli uomini di Aemilius viene da questi inviato a Catulus. Dal momento che il nome, come si è detto, è semitico, 557 L. venisse. Amm., 15, 5, 12. 559 CIL VIII, 26582. 560 CIL VIII, 18224. 561 P.Gen.Lat. I IV 2, l. 14. 562 All’epoca della lettera erano addetti a compiti di intelligence i frumentarii, gli stationarii e gli speculatores (i primi due attestati negli ostraka di BuNjem). 563 Per i servizi di spionaggio nel mondo romano vd. PETRACCIA 2012. 564 MARICHAL 1979, 450s.; MARICHAL 1992, 110. 565 Lo stesso termine che si ritrova, in greco, negli ostraka del deserto Orientale. 558 84 difficilmente Aban potrebbe essere un indigeno. Il termine refuga può essere inteso come sinonimo di desertor – la parola più comunemente usata per indicare un disertore566 – ma in questo caso Marichal ritiene più opportuno attribuirgli il significato di «transfuge»567, facendo riferimento all’uso di refuga in P.Lond. 447568. Questo stesso personaggio ritorna, con la dizione Abban, in O.Bu.Njem 102, lettera decisamente mal conservata, ma nella quale si legge alla riga 2, dopo il nome dell’ex refuga, la medesima abbreviazione ag (l. 2) dell’altra lettera; è possibile ipotizzare569, dunque, che Abban, dopo essere stato ricevuto da Catulus, sia stato da questi ingaggiato, divenendo lui stesso un agens. Un secondo transfuga sarebbe da individuarsi in un’altra lettera, O.Bu.Njem 104. In questa occasione il termine utilizzato è desertor (ll. 3s.), ma l’editore570 ritiene che la traduzione debba essere la stessa di refuga, dal momento che il nome del personaggio così definito, Ammon, non sembra confacente ad un soldato romano. L’intestazione di questa lettera è totalmente illeggibile, al contrario del resto del documento, nel quale sono individuabili la formula iscire debes «devi sapere» (l. 3), il verbo ṿẹniṣ[se] «è venuto»571 (l. 5), probabilmente dipendente da iscire e con soggetto Ammon, e la stessa formula transmisi a te (l. 6) di O.Bu.Njem 101, seguita dall’espressione cum epistuḷạṣ m[ea]s «con le mie lettere» (ll. 6s.) e dal consueto saluto ọpto ̣ te ḅ[e]n[e] valer[e] «mi auguro che tu sia in salute» (ll. 7s.). Altri personaggi di chiara origine indigena sono presenti nelle lettere di vettura (O.BuNjem 75-81), in quanto per il trasporto delle provvigioni i Romani impiegavano i nomadi del deserto, i quali avevano piena conoscenza delle piste. Questi testi saranno oggetto di una specifica analisi nel capitoletto seguente. 2. Il vettovagliamento e i rifornimenti 1. Luguvalium e Vindolanda: dalle lance alla birra Da Luguvalium proviene uno dei documenti più significativi tra quelli scoperti in Britannia riguardanti i rifornimenti militari, Tab.Luguval. 16, databile ante 105 d.C.572. Questa 566 ThLL. 5, 1, 690, 33ss. MARICHAL 1992, 110. 568 In questa lettera Flavius Abinnaeus, ufficiale di cavalleria, dichiara di aver condotto ai piedi degli imperatori Bḷeṃniorum gentis refugạṣ ̣ «transfughi della gente dei Blemmii» (l. 7), subito dopo definiti legatis ṃemoratae geṇṭịṣ «ambasciatori della suddetta gente» (l. 8); si tratterebbe dunque di persone che volevano stabilire una sorta di pace privata con i Romani (MARICHAL 1992, 110). 569 MARICHAL 1979, 450; MARICHAL 1992, 110s. 570 MARICHAL 1992, 110. 571 Similmente in O.Bu.Njem 101, l. 4: benise. 572 TOMLIN 1998, 55. 567 85 tavoletta, infatti, oltre ad essere la meglio conservata tra quelle rinvenute a Carslie, conserva un rapporto in forma di lettera indirizzato ad Augurinus, prefetto dell’ala Gallorum Sebosiana573 di stanza a Luguvalium, da Docilis, decurione che compare anche in Tab.Luguval. 16, l. 34, un rendiconto delle assegnazioni di grano e orzo ai soldati del forte. Il testo presenta quattro colonne, delle quali però soltanto la prima e la quarta risultano ancora leggibili. Si riporta di seguito il testo della prima colonna che segue il saluto di apertura (ll. 3-11): ita ut praecepisti ḷạṇcịạṛọr[um] ̣ quibus lanciae deessent ọṃ5 ṇịa nomina subiecimus aụt quị ḷancias pugnatorias ạụṭ qụị ̣ ṃịnores suḅarmales aut qui gladia [i]ṇṣṭ[i]tụta non hab[e]ḅaṇṭ turṃạ [s]ẹṇịo[r]is 10 G̣[e]ṇịalis [Ve]r[e]cụ̣ ṇdus ḷaṇcị ̣ ạm [pu]g[n]ạṭ[o]ṛịạṃ [item] subarmales ḍụas ̣ «Così come hai ordinato riporto sotto tutti i nomi dei lanciarii ai quali mancano le lance, sia coloro che non hanno le lance da combattimento, sia coloro che non hanno le (lance?) più piccole subarmales, sia coloro che non hanno le spade di ordinanza. Turma di Genialis il vecchio: Verecundus, lancia da combattimento e due subarmales» Come si legge, Docilis inizia facendo riferimento agli ordini del suo superiore per i quali ricorre al verbo tecnico praecipere574 (l. 1), di cui si trova il nome derivato praecipias «ordini» in una lettera di Vindolanda575. Segue un altro verbo tecnico, subicere, che introduce la lista allegata alla lettera, la quale, come spiega il testo stesso, contiene i nomi dei lanciarii che necessitano di lance. Docilis spiega poi meglio quali siano le armi delle quali i lanciarii potrebbero aver bisogno, indicando delle ḷancias pugnatorias (l. 6), delle ṃịnores suḅarmales (l. 7) e dei gladia [i]ṇṣṭ[i]tụta (l. 8). Il testo prosegue con la lista dei soldati ripartiti per turmae con accanto annotato di quale attrezzatura siano in difetto. 573 Il testo non lo dichiara espressamente, ma da Tav.Luguval. 44 si può dedurre che la Gallorum Sebosiana fosse l’ala di stanza a Luguvalium (TOMLIN 1998, 75). 574 TOMLIN 1998, 59. 575 Tab.Vindol. III 628. 86 Prima di analizzare le armi menzionate supra, è bene definire il significato di lanciarii: secondo l’editore576 si tratterebbe di un semplice sinonimo di equites, mentre secondo Speidel il termine indicherebbe una categoria particolare di cavalieri all’interno della turma, costituenti un corpo di cavalleria leggera577. Queste alternative procedono in parallelo con l’interpretazione dei termini ḷancias pugnatorias e ṃịnores suḅarmales. Secondo l’editore578 sia pugnatorias sia minores subarmales sarebbero degli aggettivi che specificano il nome lanciae della riga 4, il quale viene ripetuto davanti a pugnatorias e lasciato sottinteso davanti a minores subarmales; vi sarebbero quindi delle lance da combattimento, cioè da urto, in opposizione a delle lance minores, nel senso di più piccole o di secondarie e dunque da getto, che andrebbero portate under the arm579. Diversamente, Speidel sostiene che in questa lettera si parli di un unico tipo di lancia, la lancia pugnatoria, adatta ad un uso misto, e di due580 giubbe, le minores subarmales, una interna di lana e una esterna in cuoio, che si collocherebbero al di sotto dell’armatura. Colombo581, muovendo dalla posizione di Tomlin, ipotizza che l’aggettivo subarmalis non derivi da arma «armatura»582, come implicitamente crede Speidel583, ma da armus, che però non traduce «braccio» come l’editore, ma «spalla (del cavallo)»584. Secondo lo studioso italiano, dunque, le minores subarmales sarebbero delle lance da getto che venivano collocate in una apposita custodia sul fianco anteriore del cavallo. Le ipotesi di Tomlin e Colombo sembrano più coerenti con il terzo oggetto, anch’esso un’arma offensiva e non una protezione. D'altronde, se è verosimile che dei cavalieri necessitino di un rifornimento di armi per loro stessa natura facili da perdere o da rompere, difficilmente sarebbe giustificabile una richiesta di giubbe nelle quantità mostrate dal testo; a conferma di ciò, nessuno dei cavalieri nelle righe leggibili si trova a corto della spada, un’arma che, come un’eventuale giubba, tendenzialmente non dovrebbe essere soggetta a regolare sostituzione per rottura o smarrimento. Dal momento che le spese legate all’armamento erano a carico del soldato585, questo rapporto si giustifica con il fatto che il prefetto si sarebbe occupato dell’acquisto di armi per 576 TOMLIN 1998, 59s. SPEIDEL 2007, 238: lo studioso tradurrebbe lanciarius «spearman». 578 TOMLIN 1998, 60s. 579 TOMLIN 1998, 61. 580 Nell’elenco le ṃịnores suḅarmales sono sempre due. 581 COLOMBO 2015, 16s. 582 Significato per metonimia. 583 SPEIDEL 2007, 238s. 584 COLOMBO 2015, 16. 585 In P.Mich. VIII 467 una giovane recluta scrive al padre chiedendogli di spedirgli due giavellotti e una spada (cfr. SPEIDEL 2007, 239). 577 87 tutti gli uomini sotto il suo comando e avrebbe poi provveduto a trattenere la relativa spesa dallo stipendio dei soldati586: il rapporto, oltre a permettergli di stimare il numero di armi da acquistare, gli avrebbe permesso di conoscere quanto e di quali uomini trattenere lo stipendio. Per quanto riguarda le lettere rinvenute a Vindolanda, interessante risulta, a titolo esemplificativo, Tab.Vindol. II 255, nella quale il centurione Clodius Super, indirizzandosi al prefetto Cerialis, scrive (ll. 6-10): […]rogo ut ea quae ussibus puerorum meorum opus sunt mittas mihi saii gac ̣ ̣ias ṣex̣ sagạ [c. 3 pallio-] 10 ḷa septem tu[nicas se]x̣ «(ti) chiedo di mandarmi le cose che sono necessarie per gli usi dei miei ragazzi: sei sagaciae, n saga, sette palliola, sei tuniche» Nonostante i modi particolarmente famigliari che caratterizzano questa lettera, non sembra plausibile interpretare i pueri citati nel testo come i figli del centurione. D’altro canto, alla luce delle vesti richieste e del parallelo in O.Bu.Njem 86, ll. 2-4, si deve vedere in quei pueri un’espressione colloquiale per intendere i soldati posti sotto il comando di Clodius Super587. Per quanto riguarda i vestiti, invece, si può solo dire che appartengono agli indumenti in uso all’esercito romano, ma non è possibile specificarne meglio la natura. I soldati di Vindolanda, tuttavia, non necessitavano soltanto di vesti, ma anche di un altro prodotto di largo consumo, la birra. A dimostrazione di ciò sta Tab.Vindol. III 628, lettera in cui il decurione Masclus, operativo in una qualche missione, scrive al prefetto Cerialis per chiedergli istruzioni per il giorno successivo e, al termine della lettera, dopo averlo salutato scrive (col. ii, ll. 4-6): ceruesam commilitones 5 non habunt quam rogo iubeas mitti «i commilitoni non hanno più birra, (ti) chiedo di ordinare che (ci) venga inviata» 586 587 Cfr. LO CASCIO 2007, 205s. BOWMAN – THOMAS 1994, 226. 88 2. Cammelli, acqua e ortaggi nel deserto Orientale Il vettovagliamento costituiva uno dei problemi principali per le truppe distaccate nei piccoli fortini disseminati nel deserto Orientale egiziano. In O.Did. 39, un brogliaccio da Didymoi parzialmente frammentario, l’autore, anonimo, richiede al corrispondente, anch’egli anonimo, di κιβάρια πέμψαι «inviare provvigioni» (l. 4) probabilmente588 con lo scopo di non interrompere un lavoro che lui ed altri stanno per concludere. Questi κιβάρια vengono menzionati anche in O.Krok. I 86, l. 7, ove per il loro trasporto sembrano essere stati predisposti dei κάμηλοι «cammelli» (l. 5). I cammelli o i dromedari erano infatti i principali animali da soma utilizzati nel deserto Orientale e il loro contributo nell’economia dei fortini trova ampia attestazione nelle lettere di Mons Claudianus. In O.Claud. II 362 un curator di Raïma, Apollinaris, si rivolge ad un corrispondente, forse il centurione di Mons Claudianus, informandolo che (ll. 3-8): […] τῆς ἁμάξης [ἐλθούσης ἐ]π̣άνω μου καὶ κολάζε5 [ται (?)-ca.?- ] ὕδατος ἔπεμψα κα[μήλους κ]υριακοὺς εἰς Ἄκανθα [ἵνα ἀ]νενέγκωσι ἡμεῖν [ὕδωρ καὶ] μὴ κολαζώμεθα. «[…] poiché è salito fino a me un carro e dal momento che c’era mancanza d’acqua, ho inviato dei cammelli imperiali a Akantha affinché ci portassero dell’acqua» Il carro di cui è segnalato l’arrivo evidentemente inatteso è uno di quelli che trasportavano i blocchi di marmo verso la vallata589, di conseguenza era trainato da numerosi animali da soma che dovevano essere abbeverati costantemente. Colto impreparato, il curator si trova costretto a destinare alcuni dei cammelli di proprietà dell’imperatore, che come si vede dal seguito della missiva avrebbero dovuto raggiungere Mons Claudianus, al rifornimento di acqua da una località, Akantha, che verosimilmente era la più vicina munita di un pozzo. Una situazione simile è quella temuta da un altro curator di Raïma, Serapion, il quale in O.Claud. II 375 così scrive ad Aelius Serenus, curator delle cave di Claudianus (ll. 6-11): […] καλῶς ποιήσις πέμψον ἡμεῖν τοὺς δύο φαμηλιαρίους 588 589 CUVIGNY 2005, 103. VAN RENGEN 1997, 203s. 89 τοὺς δυναμένους ἀντλῖ<ν>. ἐξαυτῆς πέμψον αὐτοὺς μὴ ἐξάφινα 10 ἔλθῃ ἐπάνω ἡμῖν ἡ πορία ἢ προβολὴ […] «[…] tu farai bene ad inviarci i due familiares che possano tirare su l’acqua. Inviali subito non sia mai che la carovana o un distaccamento salga da noi all’improvviso […]» Nella prima parte della lettera, Serapion afferma di aver inviato un soldato in distaccamento, ma di non aver ancora ricevuto notizia da lui riguardo ciò che accadeva a valle, di conseguenza, per non incorrere in un’emergenza, come è accaduto ad Apollinaris, egli richiede l’invio di due servi con lo scopo di raccogliere dal pozzo acqua sufficiente ad ogni evenienza. Tra le varie informazioni fornite da questa lettera, la più interessante è quella relativa al soldato distaccato: se ne deduce che i curatores dei fortini sulla strada verso le cave inviassero all’esterno i propri uomini come esploratori, per essere aggiornati sulle eventuali carovane in arrivo e, nel caso, poter verificare per tempo la disponibilità d’acqua nel proprio fortino. Talvolta, però, poteva capitare che per zelo eccessivo la cisterna di un presidio venisse riempita a tal punto da traboccare, come sembra testimoniare O.Claud. II 380590. Per il trasporto d’acqua e di rifornimenti vari non venivano utilizzati soltanto i cammelli, ma anche i cavalli e gli asini. Della mancanza di cammelli e cavalli per il trasporto viene infatti fatta menzione in O.Claud. II 365. Per quanto riguarda invece gli asini, una testimonianza viene da O.Claud. II 366; in questa lettera, infatti, Teres, curator di Raïma, informa il duplicarius Annius Rogatus591 che (ll. 3-8): […] Ὀκτάεις ὁ ἑππες ἦλθεν ἀπὸ Αἰγύπτου ὥραν ια 5 τῆς ἡμέρας τῆι κζ καὶ ἤνεικέν σοι ἐπιμήνεια. λοιπὸν ο<ὖ>ν {λοιπον ον} ἔπεμσά σοι τὸν ταβελαρειν εἵνα πέμσεις ὄνον Ὀκταείῳ εἵνα σοι πέμ[σῃ]. 590 591 VAN RENGEN 1997, 220. Il cognomen è conosciuto grazie a O.Claud. II 367. 90 «[…] il cavaliere Octavius è arrivato dall’Egitto all’undicesima ora del giorno 27 e ha portato delle provvigioni mensili per te. Dunque, ti ho mandato il tabellarius affinché tu invii un asino ad Octavius acciocché questi possa inviartele […]» Interessante è il termine usato per indicare le provvigioni, ἐπιμήνεια (l. 6), che mostra come, almeno alcuni tipi di approvvigionamenti giungessero dalla vallata con cadenza mensile. Il fatto che esse siano destinate al duplicarius Annius Ragatus permette di ipotizzare592 che questi potesse avere la funzione di παραλήμπτης σίτου593, cioè di responsabile della distribuzione delle razioni mensili ai soldati di stanza a Mons Claudianus. Inoltre, nella figura dei tabellarii, come quello impiegato dal curator per trasmettere il messaggio (l. 7), si potrebbero ravvisare i tesserarii che si è visto essere impiegati a Gholaia per il trasporto delle missive. Significativo è che Teres si preoccupi di non far scendere l’asino verso Raïma a vuoto e, nell’ultima riga del testo conservatasi (l. 11), richieda al corrispondente di fargli avere dell’orzo. Il cibo di cui i soldati del deserto Orietale si nutrivano non proveniva soltanto dalla valle del Nilo, ma anche dai fortini stessi. In O.Claud. II 370, infatti, il curator di Raïma Fabricius scrive al centurione Ilius Aquilas di avergli inviato dei mazzi di καυλίω[ν] «cavolo» (l. 5), un [ἀσ-]/πάραγον «asparago» (ll. 5s.) e due cespi di θρ[ιδάκων] «lattuga» (l. 6), che provenivano dal suo κήπῳ «orto». Un’altra fonte di vettovaglie, infine, potevano essere le requisizioni di prodotti fiscali, come la paglia cui si fa riferimento in O.Krok. I 70, una lettera probabilmente ricevuta dal curator di Krokodilō Capito594. 3. Cavalli probati e orzo a Dura Europos Relativamente ai rifornimenti e al vettovagliamento, Dura Europos offre almeno due papiri degni di una particolare attenzione: P.Dura 56 e P.Dura 64 A. Il primo è un liber epistularum acceptarum contenente tre lettere che il governatore della Syria Coele Marius Maximus invia al tribuno della XX Palmyrenorum Ulpius Valentinus595. Segue il corpo del testo della prima, P.Dura 56 A, ll. 5-10: 5 ecum quadrim[u]m rus(seum) persoṇ[a]ṭum s(ine) n(ota) probatum a me Iulio Basso eq(uiti) coh(ortis) xxPal(myrenorum) c(ui) p(raees) (denariis) ceṇtum ṿiginti [q]uinq[ue] ịṇ ạc ̣ṭ[a] ụ[t] ̣ 592 VAN RENGEN 1997, 208. Funzione attestata in alcuni ostraka da Pselcis (FINK 1971, 310-315). 594 CUVIGNY 2005, 117-119. 595 Per approfondire questo testo vd. GILLIAM 1950. 593 91 mos refer, et ̣ ̣[ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣]ṇota ex die [qu]ạṛ[to ̣ ̣] Iuṇịạṣ [d(omino) n(ostro) Imp(eratore) Antonino A]ụg(usto) iii [e]ṭ ⟦[G]et[a]⟧ ̣ 10 ⟦Caesare ịṭẹ[rum]⟧[ co(n)s(ulibus).] «come da regolamento inserisci nei registri che un cavallo di quattro anni, rossastro, ‘mascherato’ e senza segni particolari è stato da me approvato per Iulius Bassus, cavaliere della cohors XX Palmyrenorum che tu comandi, a centoventicinque denari, e […] effettivo dal quarto giorno […] di giugno sotto il terzo consolato del nostro signore l’imperatore Antonino Augusto e il secondo di Geta Cesare» Databile tra il 29 maggio e il 10 giugno del 208 d.C., questo testo illustra le caratteristiche di un tipo di lettera che doveva essere decisamente standardizzato, come mostrano le somiglianze con le altre due lettere del papiro, nonché con P.Dura 58. Da questo documento si apprende che il responsabile della probatio era il governatore provinciale e che il compito di ricevere in consegna e di registrare i nuovi cavalli spettava al comandante dell’unità di destinazione, in questo caso il tribuno Valentinus. Quest’ultimo, nell’atto della registrazione596, doveva fare riferimento a un mos (l. 8), termine che Gilliam – seguito nella traduzione proposta supra – traduce «regular procedure»597, mentre Fink interpreta come «as usual»598. La lettera di probatio presentava gli ịc ̣[onismos «caratteri»599 dell’animale probatus, facendo riferimento, come in quella appena tradotta, ai suoi anni, al suo colore e ad eventuali segni particolari: in questo caso, dal momento che il cavallo in questione ne è privo, si utilizza l’abbreviazione s(ine) n(ota) «segno segni particolari» (l. 6), altrimenti la loro presenza e ubicazione vengono segnalate attraverso una specifica abbreviazione, come n(ota) f(emore), a(rmo) s(inistro) «con segno sulla gamba e sulla spalla sinistra» in P.Dura 56 B, l. 4. Si noti infine che, se in P.Dura 56 A e C la probatio è di un singolo cavallo per uno specifico cavaliere, P.Dura 56 B e P.Dura 58 richiedono la registrazione di più cavalli, il cui elenco doveva essere allegato alla lettera, come indica il verbo subici600, insieme ai nomi dei rispettivi cavalieri affidatari (equitibus ị[nf]ra [sc]riptis «ai cavalieri scritti sotto»601). 596 L’espressione in acta referre è qui utilizzata in luogo di in numeros referre, tipica delle probationes di reclute (Cugusi 1992b, 236). 597 P.DURA, 218. 598 FINK 1971, 404. 599 P.Dura 56 C, l. 3. 600 P.Dura 58, l. 2. 601 P.Dura 56 B, l. 4. 92 Per quanto concerne P.Dura 64 A, esso conserva due lettere delle quali la prima risulta particolarmente interessante per lo studio della gestione del vettovagliamento. Essa è databile al 211 d.C. ed è indirizzata al tribuno della XX Palmyrenorum Iustillus da Aurelius Rufinus, che si definisce procurator Augustorum praepositus praetenturae, incarico altrimenti sconosciuto. Se ne allega il testo conservato dopo il saluto e il protocollo (ll. 5-12): 5 quiḍ ṃiḥị scrịber[e] ḍignạṭ[u]s sit ̣ Antonius Seleucus u(ir) · c(larissimus) · c[o]s noster, domine filI, ut scires subiẹc ̣i et peṭo compellas Ordinatum Aug(ustorum) n(ostrorum) liḅ(ertum) equitibus siụ[e] mulionib[us q]ụ[i] 10 in vexiḷl(atione) Appadanenṣ[i d]eg(unt) horḍ[eu]ṃ ex praedis fịṣc ̣ ̣alib[u]s dare ṣẹcun[dum ̣ ̣ ̣] «ciò che Antonius Seleucus, vir clarissimus, nostro governatore, ha ritenuto conveniente scrivermi, rispettabile figlio, l’ho allegato affinché tu sapessi e chiedo che tu costringa Ordinatus, liberto dei nostri Augusti, a dare orzo ai cavalieri e ai mulattieri che sono di stanza nella vexillatio di Appadana secondo […]» Il ruolo di Rufinus non è chiaro, ma potrebbe essere il procuratore finanziario della Coele Syria al quale sono state affidate delle mansioni aggiuntive, forse temporanee, legate all’amministrazione del confine mesopotamico602. All’interno della sua area di azione si trova anche Appadana, che, come si è già visto603, costituiva uno degli avamposti nei quali erano distaccati un certo numero di uomini della XX Palmyrenorum. Dalla lettera si apprende che in questa località erano di stanza, in particolare, dei cavalieri e dei mulattieri, verosimilmente anche questi ultimi sottoposti al comando del tribuno. Sebbene non sia chiaro il motivo, il procuratore non può o non riesce ad imporre i suoi ordini al liberto imperiale, sicché è costretto a rivolgersi al tribuno responsabile degli uomini che egli vorrebbe foraggiare, Iustillus, facendosi forza dell’autorità del governatore provinciale, di cui allega una lettera che versa purtroppo in uno stato frammentario. A livello stilistico è interessante notare l’uso del verbo dignor (l. 5), che mostra ossequio nei confronti del legato Antonius Seleucus604, e l’espressione domine fili (l. 7), che denuncia 602 P.DURA, 230. Vd. supra 81. 604 CUGUSI 1992b, 285. 603 93 probabilmente605 la maggiore anzianità di servizio di Rufinus, ma non per questo una superiorità gerarchica. A livello linguistico, invece, problematico risulta il valore del termine ordinatum (l. 8), che potrebbe significare «incaricato»606, ma che più probabilmente costituisce il nome del liberto607, il quale altrimenti resterebbe anonimo. Per quanto riguarda i cavalieri e i mulattieri distaccati ad Appadana608 citati in questa lettera, sulla base di un confronto con un’iscrizione proveniente dalla Bitinia609, Davies ha ipotizzato610 che essi formassero un corpo addetto al cursus publicus in una statio da collocarsi presso questa località. Ciò è verosimile se si pensa, tra l’altro, all’uso delle bestie da soma evidenziato nella sezione precedente dedicata al deserto Orientale. Dal testo si desume inoltre che il liberto di cui si parla era responsabile dei praedia fiscalia (l. 11), cioè di quelle terre del fiscus che dai tempi di Settimio Severo erano state distinte dalle proprietà personali dell’imperatore e che avevano lo scopo di rifornire le truppe611. In questo senso, il liberto avrebbe avuto un ruolo simile a quello del procuratore612 e proprio per questo i due si sarebbero trovati ad interagire. Per quanto riguarda, infine, l’horḍ[eu]ṃ «orzo» che il liberto avrebbe dovuto fornire, esso sarebbe stato verosimilmente destinato non tanto ai cavalieri e ai mulattieri, quanto piuttosto ai loro animali613. 4. Le lettere di vettura di Gholaia Tra le lettere rinvenute a Gholaia che fanno riferimento al vettovagliamento, le più significative sono certamente le lettere di vettura O.BuNjem 75-81. Queste lettere possono essere intese come una versione dei διπλώματα τῆς ἐπιθέσεως specifica per i prodotti di cui il forte di Gholaia veniva rifornito. Cinque di esse (O.BuNjem 76-80614), datate al gennaio del 259 d.C., sono state scritte dal medesimo soldato, Aemilius Aemilianus, e presentano tutte la medesima struttura; segue, a titolo di esempio, il testo di O.BuNjem 76: Oc ̣tavio Festo dec(urioni) p(rae)p(osito) meo Aemilius Aemilianus mịḷ(es) 605 P.DURA, 230. P.DURA, 232. 607 CUGUSI 1992b, 284. 608 Si sottolinea come degere sia un verbo tecnico indicante appunto l’essere distaccati in un qualche luogo (CUGUSI 1992b, 285 e 338). 609 AE 1955, 266. 610 DAVIES 1967, 69ss. 611 CUGUSI 1992b, 285. 612 GILLIAM 1957, 54. 613 CUGUSI 1992b, 285. 614 Per una traduzione in tedesco di O.Bu.Njem 76-77 e 79 vd. KRAMER 2007, 75-86. 606 94 salutem transmisi at te domine 5 per kamellarios Iddibalis selesua trịḍịc ̣ị615 · vii · septe et semis q(uae) · f(iunt) · modios naginta616 Consules futuros post Thusco et Bas[so co(n)s(ulibus)] xii Kal(endas) febrarias «A Octavius Festus, mio decurione praepositus, Aemilius Aemilianus, soldato, salute. Ti ho inviato tramite i cammellieri di Iddibal 7 sette e mezzo selesua di grano che corrispondono a novanta modii. Sotto il consolato successivo a quello di Tuscus e Bassus617, il dodicesimo giorno prima delle calende di febbraio» Il testo era seguito dal protocollo618, che però, come nelle altre lettere di vettura (ad eccezione di O.Bu.Njem 81, l. 8s.), non è più leggibile. La struttura, come si è detto, è standardizzata, infatti l’enunciazione dell’invio è seguita dall’indicazione del cammelliere, che porta sempre un nome indigeno di origine punica o libica619, dalla quantità di grano in un’unità di misura indigena, dall’equivalente quantità in modii e, infine, dalla data di spedizione, senza saluti finali. Linguisticamente interessante è il costrutto che presenta il/i cammelliere/i, infatti in due casi si utilizza il canonico per più accusativo620, in altri due, invece, l’anomalo per più nominativo (per kamellarius seguito dal nome)621. Secondo Marichal vi sarebbe un unico costrutto con l’accusativo: la terminazione in -us varrebbe -os622 e i nomi che la seguono sarebbero dei nomi plurali623, così come al plurale Iddibalis (O.BuNjem 75, l. 5). Vi sarebbero quindi dei gruppi o delle famiglie di cammellieri che prendevano il nome dal loro capo 624; lo studioso cerca inoltre di calcolare il numero di cammellieri interessati da ogni lettera basandosi 615 L. tritici (vd. CUGUSI 2002, 256). L. nonaginta (MARICHAL 1992, 101, n. 14). 617 La traduzione di questo costrutto in italiano si deve a CUGUSI 1992b, 315. 618 Vd. supra cap. II, 51s. 619 Iddibal (O.Bu.Njem 76, l. 5) e Macargus (O.Bu.Njem 79, l. 4) sono punici, mentre Iassucthan (O.Bu.Njem 77, l.4) e Iaremban (O.Bu.Njem 78, l. 4) sono libici (KRAMER 2007, 77). 620 O.Bu.Njem 76, l. 5 e 79, ll. 3s. 621 O.Bu.Njem 77, ll. 3s. e 78, ll. 3s. 622 MARICHAL 1992, 47. 623 MARICHAL 1992, 262. 624 ADAMS 1994, 99. 616 95 sulla capacità di trasporto dell’animale da loro condotto625. Quest’interpretazione è messa in dubbio da Adams626, che ritiene che il costrutto per più nominativo esistesse627 e vede in Iddibalis il genitivo del nome Iddibal628, che gode di svariate attestazioni629: in tal caso vi sarebbero alcune spedizioni affidate ad un solo cammelliere e altre, come quella della lettera riportata supra, assegnate a gruppi di cammellieri. Sebbene le unità indigene portino nomi diversi in ciascuno dei testi, esse in quattro casi630 hanno la stessa equivalenza in modii (1 unità indigena = 12 modii = 105 l), mentre le restanti due unità, isidarim631 e un’altra non leggibile632, sembrano essere sottomultipli delle altre, rispettivamente un quarto e tre quarti. L’unità più piccola (26,25 l), inoltre, risulta molto simile all’artaba egiziana (29,18 l). Questo quadro, ricostruito da Marichal 633, porta a pensare che vi fosse già prima dell’arrivo delle truppe romane (III secolo d.C.) un sistema di commercio basato su proporzioni comuni a tutte le tribù della regione predesertica ove venne costruito il forte di Gholaia, sebbene ciascuna tribù conservasse la propria nomenclatura. A quanto pare634 il cammelliere viaggiava senza scorta; in caso contrario, infatti, questa lettera avrebbe indicato il comandante della stessa, responsabile del trasporto. D’altronde, l’indicazione della quantità di grano trasportata fungeva da garanzia635, impedendo che il cammelliere non scortato si impossessasse di parte della merce. È verosimile, inoltre, che tanto il grano636 quanto il cammelliere e la sua montatura637 venissero requisiti nella località ove si trovava di stanza il soldato mittente, come Aurelius Donatus di O.BuNjem 81 e Aemilius Aemilianus di O.BuNjem 76-80. Quest’ultimo non è a conoscenza dei nomi dei consoli dell’anno in corso, come si deduce dall’insolita formula di datazione della lettera riportata supra, sicché non doveva essere distaccato in uno dei grandi horrea costieri, ma in un’oasi o qualche altra località particolarmente isolata638. Alternativa possibile, ma meno probabile, è che all’inizio del 259 625 MARICHAL 1992, 102. ADAMS 1994, 99-102. 627 Similmente CUGUSI 1992b, 316. 628 Contrariamente a Cugusi che lo interpreta come nominativo singolare e ritiene che kamellarios stia per camellarius, con ipercorrettismo e scambio tra o e u in desinenza (CUGUSI 2002, 258). 629 Tanto al nominativo (ad es. CIL V, 4919, l. 6), quanto al genitivo (ad es. CIL V, 4920, l. 5). 630 Selesua (O.BuNjem 76, l. 6), situalis (O.BuNjem 77, l. 4), siddipia (O.BuNjem 79, l. 4) e ašgatui (O.BuNjem 81, l. 4). 631 O.BuNjem 78, l. 4. 632 O.BuNjem 79, l. 5. 633 MARICHAL 1992, 100-102. 634 MARICHAL 1992, 103. 635 MARICHAL 1992, 102. 636 MARICHAL 1992, 103. 637 MARICHAL 1979, 448. 638 MARICHAL 1992, 61. 626 96 d.C. vi sia stato un momento di crisi istituzionale639. Sempre in merito alla datazione è interessante notare come il giorno di arrivo a Gholaia di O.BuNjem 79, il 21 gennaio del 259 d.C., ben due cammellieri erano stati inviati da Aemilianus verso il forte (O.BuNjem 76 e 77), con un carico complessivo di quasi 200 modii di grano (più di 1700 l). Le cinque lettere di Aemilianus sono interessanti anche dal punto di vista paleografico, dal momento che presentano una bella scrittura di tipo ‘epistolare’, paragonabile alla ‘cancelleresca’ delle lettere originali dell’archivio della durena XX Palmyrenorum640 e ben diversa da quella ‘burocratica’ che caratterizza gli altri ostraka di Gholaia 641. La presenza di questo stile scrittorio stupisce ancor di più, perché esso è impiegato da un semplice miles, dal momento che a Dura Europos è attestata in documenti emanati dagli uffici di alti ufficiali. Se si trovasse distaccato in uno dei centri costieri, si potrebbe pensare che egli si sia affidato ad uno scriba particolarmente esperto, ma se, come si è detto, egli si trova in una località periferica questa possibilità viene meno. Altre ipotesi sostenibili sono che egli abbia appreso questa scrittura servendo momentaneamente presso gli officia di qualche graduato642 o che avesse tra le mani un modello di riferimento; quest’ultima opzione, inoltre, si adatterebbe al fatto che queste lettere rispettano uno schema fisso. Interessante dal punto di vista delle formule utilizzate è, infine, O.Bu.Njem 81, ove il mittente è indicato con il costrutto ab più ablativo (l. 3), lo stesso utilizzato per indicare il trasportatore della merce (ll. 3s.). In questa lettera, infatti, la formula transmisi ad te per è sostituita da suscipies ab (l. 3), ove suspipere è in luogo del più frequente accipere643, il verbo tecnico delle ricevute644. La merce inviata, la cui natura non è specificata, sebbene l’unità di misura (i modii) induca a pensare che si tratti anche in questo caso di grano, è destinata specificamente ad usus militum moran-/tium Golas «ad uso dei soldati di stanza a Golas» (l. 5), espressione che si ritrova anche in O.Bu.Njem 75. 639 MARICHAL 1992, 60. CUGUSI 1992b, 268. 641 MARICHAL 1992, 58. 642 MARICHAL 1992, 60. 643 CUGUSI 2002, 258. 644 Cfr. CUGUSI 1992b, 56. 640 97 CONCLUSIONI Muovendo dalle piste tripolitane ai castra della Britannia, dalla valle dell’Eufrate ai praesidia del deserto di Berenice, questa ricerca ha offerto uno sguardo d’insieme sulla produzione epistolare ufficiale in seno all’esercito romano. L’obiettivo era mettere in luce la ricchezza di questo oggetto di studio, mostrando come la sua indagine, a più di mezzo secolo di distanza dalla pubblicazione del corpus dureno, possa ancora contribuire all’accrescimento delle conoscenze circa il funzionamento, l’amministrazione e l’organizzazione dell’esercito romano. Nell'elaborato sono stati introdotti e illustrati i quattro grandi corpora documentari che, allo stato attuale delle ricerche, conservano il maggior numero di lettere ufficiali a carattere militare. Un’attenzione particolare è stata posta ai contesti archeologici e storici dai quali questi corpora provengono, ritenendo ciò una premessa necessaria allo studio dei singoli documenti. Si è tentato, inoltre, di realizzare una rassegna il più possibile completa delle lettere che, isolate o all’interno di corpora minori, sono state rinvenute in Egitto e nelle altre province dell’Impero. È stata illustrata la varietà del lessico che definisce le lettere in generale, nonché specifiche tipologie di esse, dimostrando soprattutto come il termine δίπλωμα individuasse un particolare tipo di lettera, quella circolare. Sono stati quindi studiati i vari supporti impiegati dai militari romani nella loro corrispondenza ufficiale, mostrandone l'influenza nella realizzazione delle lettere stesse. Si è chiarito come nella corrispondenza militare la lingua greca godesse della medesima ufficialità di quella latina e sono stati analizzati gli stilemi che definiscono la struttura delle lettere, evidenziando i punti di contatto e le differenze tra le formule incipitali e salutatorie nei diversi corpora, notando come il supporto utilizzato ed il contesto possano talvolta condizionare le scelte degli scriventi, in particolar modo per quanto riguarda gli ostraka. Si è poi tentato di ricostruire, partendo dalle lettere stesse e dai registri postali rinvenuti nel deserto Orientale, come la corrispondenza militare venisse gestita e come ne venisse assicurata la registrazione. Ne è emerso, da un lato, un sistema di protocollazione pressoché standardizzato e, dall’altro, una grande molteplicità di pratiche – almeno alla luce della documentazione ad oggi disponibile – nell'organizzazione del sistema postale: staffette di volta in volta diverse, dai monomachoi di status servile del deserto Orientale ai tesserarii di Gholaia, dai semplici equites di Vindolanda agli equites dispositi di Dura, nonché differenti tipologie di registro postale all’interno della medesima area geografica e in un arco temporale contenuto. 98 Per mostrare la ricchezza di dati che può emergere dallo studio della corrispondenza militare romana è stato poi proposto un doppio confronto tematico. Il primo ha evidenziato come il ‘barbaro’, lo straniero, trovi posto in queste lettere con la sua natura ibrida, talvolta un nemico da combattere, talaltra un nemico con cui dialogare, talaltra ancora una risorsa da acquisire. Il secondo, invece, ha rivelato la complessità burocratica ed organizzativa del vettovagliamento delle truppe e la grande varietà di soluzioni messa in campo dai Romani. Alla luce di questa ricerca e dei recenti rinvenimenti archeologici, risulta più che mai necessario fare importanti progressi nell’edizione di quanto ancora resta da pubblicare – basti pensare all’immensa mole di ostraka rinvenuti nel deserto Orientale ed editi solo in minima parte – e parallelamente portare avanti la redazione di due raccolte, una che, sul modello di Fink645, riunisca tutti i documenti di carattere militare su ostrakon e tavoletta e una che, sul modello di Cugusi646, ma in maniera più focalizzata, si concentri specificamente sulla corrispondenza militare. 645 646 FINK 1971. 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