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Bollettino del Gruppo dei Romanisti, a. XLIV, IV s., 1 (ott.-dic.-2018)

2018

Riprendono le pubblicazioni del «Bollettino del Gruppo dei Romanisti», erede del «Bollettino dei Curatores dell’Alma Città di Roma» (1974-1994), pubblicato negli anni 1995-2001 e 2007, ora presente online nel sito www.gruppodeiromanisti.it. Il periodico, trimestrale, contiene notizie utili per vigilare sui principali luoghi e monumenti di Roma e per diffondere notizie riguardanti il Gruppo dei Romanisti, la sua attività e i suoi membri.

ISSN 2612-0690 Romanus sum: romani nihil a me alienum puto Anno XLIV, quarta serie, I, n. 1, ott.-dic. 2018 del GRUPPO DEI ROMANISTI 945 – CONTINUITÀ Questa è una breve cronistoria della rivista. Dopo due numeri di prova nel 1973, dal maggio 1974 al giugno 1994 viene pubblicato dal Gruppo dei Romanisti il «Bollettino dei Curatores dell’Alma Città di Roma», registrato al Tribunale di Roma con provvedimento n. 15482 del 29 aprile 1974. Il periodico è fondato e diretto da Fabrizio M. Apollonj Ghetti, ed è stampato da Franco Pedanesi. Dal numero 32 (dicembre 1980) viene indicato anche l’ISSN. I numeri complessivi della prima serie sono 107. Scomparso il primo direttore, il periodico riprende in linea di continuità nel gennaio 1995 (cfr. l’immagine qui accanto) e prosegue fino al gennaio 2001 (più un ultimo numero, isolato, di giugno di quell’anno), con il nuovo titolo di «Bollettino del Gruppo dei Romanisti», seguitando la serie numerica delle segnalazioni, cioè dei brevi articoli che lo compongono. I due periodici sono relativamente differenti: mentre il primo nasce per vigilare sui principali luoghi e monumenti di Roma, il secondo è aperto anche alla diffusione di notizie riguardanti il Gruppo, la sua attività e i suoi membri. Il secondo «Bollettino» è curato da Umberto Mariotti Bianchi e stampato, sempre da Pedanesi, come foglio a parte della rivista «L’Urbe», di cui è ora divenuto un supplemento. Di questa fase si conta una ventina di uscite e l’ultima segnalazione in serie è la n. 944. Il «Bollettino» viene ripreso ancora per sei numeri nell’anno 2007, sempre a cura di Umberto Mariotti Bianchi, senza più riportare il numero continuativo delle segnalazioni, ospitato nelle ultime pagine de «L’Urbe». Poi tace. E ora noi ci riproviamo, stavolta online. Mentre andiamo avanti, scansioneremo i vecchi numeri e li ripubblicheremo sul sito del Gruppo, in modo da costruire insieme futuro e memoria. (Un ringraziamento a L.S. Bruccoleri, A. e M. Martini e P.E. Trastulli per le informazioni che ho qui riassunto). Tommaso di Carpegna Falconieri 946 – La fontana scomparsa - un giallo temporaneo a Campo Marzio Chi si fosse avventurato nell’afa di luglio per le strade di Roma dalle parti di via del Corso avrebbe potuto avere la sorpresa di non trovare più una piccola fontana storica che si trovava accostata alla facciata di un palazzo a via della Tribuna di San Carlo. Infatti il palazzo appariva restaurato di recente, ma privo della suddetta fontana. Un cittadino denunciava subito la cosa al quotidiano “il Messaggero”, che pubblicava un allarmato articolo il 22 luglio, nel quale si denunciava la misteriosa scomparsa: «La ditta che ha fatto i lavori non sa nulla, così come i residenti della zona. Qualcuno dice anche che potrebbe trattarsi un furto su commissione». Il fatto veniva ripreso subito da vari altri organi di stampa e la notizia faceva il giro della città, allarmando vari Romanisti, che si telefonavano l’un l’altro e alcuni, anzi, si recavano direttamente sul posto per sincerarsi di persona, quasi increduli della sparizione. Possibile che a Roma, in pieno centro storico, era stata rubata una fontanella? In zona, fra i residenti, si ipotizzava appunto che si fosse trattato di un furto su commissione… Seguivano altre telefonate ai giornali, alle autorità di pubblica sicurezza e agli uffici comunali per avere ragguagli. La fontanella marmorea, di autore non noto, ma di buona fattura, dalle forme graziose e baroccheggianti, venne realizzata nella prima metà del XVIII secolo. In origine era addossata alla facciata del PaLa fontana com’era lazzo Vitelli in via del Corso, fu rimossa nel 1872, sembra su richiesta dell’allora proprietaria del palazzo, la contessa Carolina Falzacappa Vitelli, probabilmente per ragioni di viabilità, e ricollocata su via della Tribuna di San Carlo. Il trasferimento è ricordato da una targa. È formata da una piccola vasca trilobata, dal bordo rigonfio, poggiata sopra un piedistallo di pietre collocate disordinatamente a formare una sorta di scogliera, e doveva ricevere l’acqua dal foro centrale di una testa con i sopraccigli imbronciati, robuste mascelle e mento pronunciato. Era inserita in un prospetto a volute laterali, con il fronte superiore ondulato a forma di conchiglia. È una delle tanta fontane costruite per la pubblica utilità in cambio di una o più misure d’acqua a favore dei possessori dei palazzi ai quali erano addossate. Dunque un piccolo capolavoro del Settecento sembrava essere svanito nel nulla. Ma il 28 luglio il mistero veniva chiarito. Nessun giallo. Lo stesso quotidiano che ne aveva per primo denunciato la scomparsa titolava: «Roma, riappare la fontanella: / Nessun furto, è oggetto di restauro ... la fontanella ottocentesca di via della Tribuna di San Carlo non è sparita, è solo in restauro anche se non si sa dove sarà ricollocata e, soprattutto, se riprenderà a dissetare romani e turisti perché era già a secco da molti anni prima del giallo della scomparsa». La targa che attesta lo spostamento della fontana nel 1872 Contemporaneamente anche la Sovrintendenza Capitolina dava notizie rassicuranti sul proprio sito Facebook, confermando il distacco avvenuto proprio il 21 luglio 2018 per i lavori di restauro C’era una volta la fontana dell’edificio, e precisando: «Fin dal 2015, nell’ambito del progetto di restauro dell’edificio dell’Arciconfraternita è stato proposto alla Soprintendenza di Stato il suo spostamento in un punto meno defilato e più decoroso, sempre su una delle facciate del palazzo, cosa che avverrà dopo l’approvazione del progetto di ricollocazione, ora in fase di redazione con l’ausilio dei tecnici del Simu, di Acea e delle Soprintendenze competenti (di Stato e Capitolina)». Tutto è bene quel che finisce bene. I Romanisti – e naturalmente i Romani – hanno tirato un sospiro di sollievo e possono stare tranquilli, ma in vigile attesa del ritorno della fontana. Donato Tamblè 947 – Resistenza: Roma medaglia d’oro 2018 Parigi Croce di Lorena 1945 Con medaglia d’oro al valor militare, Roma è stata proclamata città partigiana 74 anni dopo la liberazione dal nazifascismo del 4 giugno 1944. Il prestigioso riconoscimento della Repubblica italiana ha avuto una pluridecennale gestazione, nonostante siano rimaste vive nella memoria le sofferenze e le persecuzioni patite dalla popolazione, dalla deportazione di massa degli ebrei del ghetto all’eccidio delle Fosse Ardeatine. Forse è stata ritardata da radicati pregiudizi e polemiche tossiche sull’atteggiamento fatalista e rassegnato dei romani di allora. Capi partigiani e ed esponenti comunisti di spicco come Giorgio Amendola si lamentavano che: «la grande maggioranza della popolazione romana era attesista, ben decisa a lasciare passare le settimane e i mesi prima dell’arrivo degli alleati senza farsi trascinare in faccende rischiose. Tutti, tranne qualche eccezione, si facevano i fatti loro». Oggi cultura, letteratura e politica dell’antifascismo hanno ricostruito con il senno dei posteri il clima e la storia di quei giorni. Così con decreto del presidente della Repubblica del 16 luglio 2018, a Roma è stata conferita la medaglia d’oro al valor militare per le sue lotte di Resistenza nei 9 mesi di occupazione, sintonizzandole con le epopee del Risorgimento. Ecco le motivazioni del Capo dello Stato: «La Città eterna, già centro e anima delle speranze italiane nel breve e straordinario tempo della Seconda Repubblica romana, per 271 giorni contrastò l’occupazione di un nemico sanguinario ed oppressore con sofferenze durissime. Più volte Roma nella sua millenaria esistenza aveva subito l’oltraggio dell’invasore, ma mai come in quei giorni il suo popolo diede prova di unità, coraggio, determinazione. Nella strenua resistenza di civili e militari a Porta San Paolo, nei tragici rastrellamenti degli ebrei e del Quadraro, nel martirio delle Fosse Ardeatine, nelle temerarie azioni di guerriglia partigiana, nella stoica sopportazione delle più atroci torture nelle carceri di via Tasso e delle più indiscriminate esecuzioni, nelle gravissime distruzioni subite, i partigiani, i patrioti e la popolazione tutta riscattarono l’Italia dalla dittatura fascista e dalla occupazione nazista». Non è casuale il richiamo del Quirinale alla Repubblica romana del 1849, per intenderci quella del triumvirato con Mazzini, perché nel dopoguerra il Capo dello Stato di allora, il liberale Einaudi, concesse la prima medaglia d’oro al valor militare non alla Roma della resistenza antifascista di quegli anni forse considerando i tempi prematuri, bensì alla lontana Roma della resistenza garibaldina contro i francesi assalitori per ripristinare il papato. Diversamente è accaduto per la cugina Parigi che ha ottenuto il riconoscimento della sua Resistenza, la Croce di Lorena, già pochi mesi dopo la liberazione nel 1945, e che da allora compone il vessillo cittadino. Probabilmente perché il martirio della capitale d’oltrealpe era durato più a lungo (per oltre 4 anni fino al 25 agosto 1944) e perché l’allora presidente De Gaulle era stato capo supremo della controffensiva francese. A proposito «delle gravissime distruzioni subite» adesso sarebbe anche il tempo di riconoscere Roma città martire per le migliaia di morti e per le sofferenze patite sotto i bombardamenti americani dal 19 luglio 1943 alla liberazione del 4 giugno 1944 nonostante si fosse autoproclamata città aperta con la benedizione del papa Pio XII. Documenta sulla capitale sotto le bombe l’illustre storico Umberto Gentiloni Silveri, cugino dell’ex premier Paolo, che «Dal luglio 1943 si contano 51 incursioni aeree che provocarono, secondo le stime più recenti, quasi 7mila vittime» (complessivamente in Italia le vittime dei bombardamenti “alleati” furono 60mila). Romano Bartoloni 948 – S. Maria dell’Orto, la chiesa dei Romanisti L’Arciconfraternita di S. Maria dell’Orto, eretta con decreto di papa Alessandro VI nel 1492, è il più antico sodalizio di ispirazione mariana ancora attivo in Roma e fin dall’inizio custodisce in Trastevere la chiesa eponima, ricchissima di opere d’arte e notevole scrigno di cultura. Una chiesa a cui il grande Romanista Luigi “Gigi” Huetter (1884-1969) non a caso dedicò molti degli articoli che pubblicò su “L’Osservatore Romano”. Un grande affetto sempre ricambiato dalla Confraternita che molte volte lo ospitò nei suoi locali e che, dopo la sua scomparsa, lo ricordò ogni anno con una Messa di suffragio. Nacque così quella particolare tradizione, ormai giunta alla soglia dei 50 anni, per cui ogni anno in S. Maria dell’Orto si ricordano nel mese di novembre i Romanisti defunti, con particolare memoria per quelli scomparsi nell’anno corrente. Ma non basta, poiché l’Arciconfraternita fu assai cara ad un altro Romanista insigne, Antonio Martini (1922-2017), che vi si iscrisse nel 1960 e che dal 1965 al 1980 ne fu camerlengo, poi guardiano dal 2005 al 2011. E fu proprio Martini che volle istituire il particolare ricordo annuale in onore di Gigi Huetter prima e di tutti i Romanisti poi. S. Maria dell’Orto Nel medesimo 2011, lo scrivente (allora come oggi camerlengo del sodalizio) venne cooptato nel Gruppo dei Romanisti. Per tutti questi motivi – venuta meno la storica ospitalità da parte della Fondazione Besso – l’Arciconfraternita ha offerto con entusiasmo i propri locali affinchè il Consiglio del Gruppo vi potesse tenere le proprie riunioni. In conseguenza, al principio del 2018 ha accolto stabilmente il prezioso archivio storico e amministrativo del Gruppo medesimo. Inoltre, gli eredi di Antonio Martini hanno fatto dono all’Arciconfraternita di un altro incomparabile bene culturale, quale l’archivio privato del genitore, circa 30 faldoni contenenti uno sterminato materiale documentale sulle confraternite romane. Domenico Rotella 949 – Antonio Martini Accogliamo con grande piacere l’invito del professore Tommaso di Carpegna Falconieri di ricordare il nostro carissimo padre che ci ha lasciato da un anno. Esprimiamo un saluto agli eminenti Romanisti che non hanno mai fatto mancare fino all’ultimo il sostegno e la compagnia a nostro padre, e senza voler dimenticare nessuno, ricordiamo in particolare la dott.ssa Maria Teresa Bonadonna Russo, la dott.ssa Paola Pavan, ma anche molti altri di cui Papà ci narrava spesso le qualità professionali, la simpatia e il bel rapporto umano che si era creato con gli amici e studiosi che lo circondavano. Saranno loro a ricordarlo come cultore di Roma, grande agitatore di idee e promotore di sempre nuovi progetti. La vita di Antonio Martini (Roma 30/11/1922 Roma 21/11/2017) è stata, come le date ci indicano, molto lunga. Per noi riassumerne in poche battute, in sintesi, la vita e della figura è impresa ardua, per la quantità di eventi, di persone e di fatti salienti che hanno caratterizzato la sua esistenza. Il nostro compito è quindi cercare di tratteggiarne il carattere ricorrendo a ricordi più o meno recenti; il suo studio di largo Argentina ovviamente tappezzato di libri, manifesti della Repubblica romana, ritratti di papi, materiale vario accumulato un po’ dappertutto, tutto però con un comune denominatore, Roma. Quasi ogni cosa nell’ambiente di nostro padre rimandava alla città alla quale aveva dedicato una vita intera di studio. Ci hanno sempre colpito due motti latini che erano affissi nello studio, ed esaminandoli bene ci rendiamo facilmente conto di come non fossero scelti a caso, ma rappresentassero un memento costante e l’impegno che ha accompagnato tutto il suo percorso terreno. Il primo è «Labor omnia vincit» – con il lavoro si supera ogni ostacolo - ed effettivamente nella sua vita non possiamo dire che siano mai venuti meno il valore del lavoro, l’impegno, la costanza, il metodo che sono stati premiati anche con risultati professionali straordinari. Il secondo è «Agere et non loqui» – agisci e non perderti in chiacchiere –, non c’è molto da commentare, conoscendolo si percepiva come aborrisse le chiacchiere inconcludenti e come amasse andare al sodo dei problemi per risolverli sempre, fino agli ultimi giorni affrontati con la grinta del guerriero e la serenità del monaco. Ma noi sappiamo quante vicissitudini di salute ha affrontato e superato con una semplice riflessione «Certo, lei c’è (la malattia), ma io faccio finta di niente, non gli do importanza, poi passa». Antonio Martini Un’altra qualità di nostro padre, a nostro avviso, la più saliente di tutta la sua vita, è esemplificata in un suo articolo (di cui ricordiamo il contenuto ma non la collocazione bibliografica). Egli sapeva valutare valore e spessore umano delle persone senza mai farsi abbagliare o incantare dal rango o dal censo e sapeva trattare con chiunque, dando ad ognuno il giusto peso e il giusto ruolo. Infatti nell’articolo citato narrava episodi della sua gioventù, quindi risalente agli anni Trenta, quando con suo padre Ubaldo, si recava alla vigna di famiglia a San Cesareo, sotto Zagarolo, per la vendemmia. Là venivano ingaggiati, per questo lavoro, dei braccianti di Carchitti, persone di estrazione umilissima, ma dei quali lui descrive l’umanità e la moralità con un rispetto umano e un’attenzione che non è dissimile da quella che utilizzava quando parlava o raccontava dei suoi incontri con cardinali, ministri, o eminenti professori universitari. Vorremmo poi sottolineare un altro aspetto: la sua ironia. Da buon romano citava spesso un antico motto romanesco, che recitava: «Mejo perde n’amico che na bona battuta». Gli amici non l’ha mai persi per questo, ma le battute abbondavano, fino all’ultimo momento con un messaggio WhatsApp inviato al suo amico e collega romanista Elia Marcacci, che era scomparso due giorni prima. Alla notizia della scomparsa dell’amico lo invitava, nel gruppo WhatsApp condiviso con altri amici fraterni, a preparargli il posto nell’aldilà e ad ordinare birra e gassosa, come nella loro gioventù, anche per lui, che sarebbe arrivato di lì a poco. Sentiva di essere giunto alla fine ma la sua ironia e la sua serenità non sono mai venuti meno. Due giorni dopo il suo caro amico, si è spento a sua volta, sereno, ironico, a coronamento di una vita bella, operosa, in cui ha fatto del bene e questo bene compenserà qualsiasi difetto umano che possa aver avuto. Un’altra considerazione vorrei riservarla a noi, innamorati dei libri, come Papà; sicuramente non ci ha mai portato a manifestazioni sportive, per lui tempo sottratto agli studi, ma ci ha fatto respirare aria di cultura sempre, anche in senso letterale. Infatti prima di trasferirci a largo Argentina, nella nostra stanzetta di bambini, a causa della mancanza di spazio per la sua sempre crescente biblioteca, vivevamo con scatoloni di libri perfino sotto il letto, immersi nei volumi molto prima di saper leggere e non possiamo non ricordare a tal proposito la bella e quanto mai appropriata osservazione di Edmondo de Amicis: «Il destino di molti uomini dipese dall’esserci o non esserci stata una biblioteca nella loro casa paterna». Però lui e nostra madre, fin da quando abbiamo avuto l’età della ragione, ci hanno lasciati sempre liberi di decidere quali libri leggere e quando e quale strada prendere nella vita: Papà era un uomo che amava la libertà, in sé stesso e negli altri. In un’epoca in cui si parla molto di libertà, talvolta ambiguamente, lui è riuscito a seguire sempre la sua vocazione e, per un uomo, questo è senz’altro un grande conseguimento. Come dicevamo all’inizio, del suo amore per Roma, per questa nostra città, non siamo i più titolati ad esprimersi. I Romanisti sapranno mettere meglio in evidenza i suoi meriti culturali. Ma noi speriamo soltanto che ora dall’alto, libero del gravame umano, e riunito agli insigni studiosi che lo hanno preceduto, ci ispiri qualche soluzione, e quanto ce ne è bisogno, per aiutare questa meravigliosa città di cui è stato degno Figlio, coltissimo cantore ed innamorato ricambiato. Marco e Alessandro Martini 950 – I Romanisti e Facebook Facebook è da considerarsi uno dei più grandi spazi sociali mai esistiti nella storia dell’uomo. L’imprenditore argentino chatta in tempo reale con quello cantonese prima di vendere. Il divorziato vede crescere il figlio attraverso le fotografie che posta l’ex moglie. La massaia di Como compra l’aspirapolvere coreano in base ai commenti positivi o negativi. Ormai in questo mondo dove, purtroppo o per fortuna, anche papa Francesco ha la sua pagina Facebook, e dove regnano parole e verbi più o meno repellenti come “Social”, “Likare”, “Postare”, “Follower”, anche il Gruppo dei Romanisti deve essere presente. È con questo spirito, che nel febbraio 2016 nasce la pagina Facebook ufficiale del Gruppo. Uno spazio in cui presentare le iniziative dei Soci, corredate da immagini e link, assieme ad altre notizie di approfondimento culturale per amanti di Roma. Potenzialmente, essendo un luogo accessibile a tutti, sempre aggiornato, potrebbe essere uno strumento di grande diffusione e autopromozione. Ma secondo le crudeli regole di Internet, il prestigio è legato al numero di follower. E i follower, non sono altro che moderni apostoli. Per fare qualche esempio, Sergio Mattarella ha 50mila follower, Cristiano Malgioglio 230mila, Mondadori 350mila, Berlusconi 1 milione, Salvini 3 milioni. Il Gruppo dei Romanisti? Ad oggi, ottobre 2018, a due anni dalla creazione della pagina, i seguaci sono 365. E sebbene mantenga una crescita media di 1-2 followers a settimana, francamente, per un Gruppo fondato da Trilussa, Petrolini, Ceccarius, Jandolo, Ojetti, etc. che ha visto due guerre mondiali e innumerevoli autori valorosi susseguirsi nella pubblicazione della Strenna da quasi ottant’anni, sembra davvero un po’ pochino. Se dunque l’obiettivo è quello di valorizzare congruamente il peso culturale di un’istituzione come quella dei Romanisti (obiettivo necessario e nobile), nonostante l’età media dei sodali possa rappresentare un certo freno in questa direzione, è doveroso un piccolo sforzo da parte di tutti. Si invita dunque ogni socio a creare un profilo Facebook e a partecipare attivamente, “likando” la pagina, commentando, e condividendo con amici, colleghi, e alunni. Questo perché la pagina del Gruppo rimane uno spazio pubblico, gratuito, in cui vige la libertà di espressione, e in cui tutti, con toni civili, possono intavolare dibattiti costruttivi. Dei 365 apostoli, infatti, troppo pochi sono soci. E gli utenti più attivi della pagina dei Romanisti, purtroppo, non sono Romanisti. In tal senso, rare eccezioni eccetto pochissimi altri, desidero ringraziare Francesca Di Castro, e soprattutto Carolina Marconi, che supporta la pagina fin dalla sua nascita. Giacomo Ceccarelli 951 – Esercizi commerciali storici: un patrimonio da salvaguardare Questo è il titolo della Giornata di studio che si è svolta il 19 ottobre nella Sala Molajoli del Complesso Monumentale del San Michele a Roma. Il convegno organizzato dal Ministero per i Beni e le Attività culturali, a cura del Servizio VI della Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, ha affrontato il tema della tutela dei locali storici come patrimonio culturale e luoghi di memoria, identità e sociabilità. Caffè artistici e letterari, botteghe artigiane, osterie, ristoranti, sale cinematografiche, sono stati i protagonisti delle relazioni e dei dibattiti, in un positivo confronto fra dirigenti del MiBAC, studiosi, membri di associazioni, gestori, frequentatori. Nella sessione della mattina, moderata da Fabio Isman, è intervenuto il nostro consigliere Donato Tamblè. La sua relazione, Il Gruppo dei Romanisti e i negozi storici: un impegno culturale e di tutela, partendo dalla storia e dal ruolo del nostro sodalizio, ha evidenziato la costante azione di sostegno – dagli anni Trenta ad oggi – per salvaguardare e valorizzare la storia, le memoria, l’arte e i valori immateriali e simbolici dei locali storici connessi con la tradizione culturale romana. Dopo aver presentato numerosi esempi di interventi dei Romanisti sul tema ed aver ricordato con vari esempi la frequenza di articoli dedicati sulla Strenna dei Romanisti, Tamblè ha evidenziato lo stretto rapporto del Gruppo con il Caffè Greco, sede da decenni delle sue adunanze, concludendo con la lettera inviata il 23 gennaio di quest’anno dal presidente del Gruppo al ministro dei Beni culturali per rimarcare l’intangibilità della destinazione d’uso del locale e la tutela nella sua integrità e nella continuità delle sue funzioni, come sancito dal decreto di vincolo del 1953. 952 – I Romanisti e Wikipedia Dal 7 novembre la voce Gruppo dei Romanisti è presente su Wikipedia, all’indirizzo https://it.wikipedia.org/wiki/Gruppo_dei_Romanisti . I più sentiti ringraziamenti a François-Charles Uginet, Donato Tamblè e Giacomo Ceccarelli. Sono in corso di pubblicazione le traduzioni in lingua inglese (per cura di Massimo Ceresa), tedesco (Gerhard Wiedman) e francese (F.-Ch. Uginet), che parimenti ringraziamo. 953 – La Giornata di studi sul Gruppo Il 15 novembre si è tenuta la Giornata di studi Il Gruppo dei Romanisti ieri, oggi, domani, in collaborazione con la Fondazione Camillo Caetani. In una sala sempre piena, abbiamo celebrato e rinnovato la memoria del Gruppo, ribadendone la presenza e l’impegno ininterrotto nel panorama culturale romano e nazionale. Ecco il programma. Saluti introduttivi Bruno Toscano, presidente della Fondazione Camillo Caetani Tommaso di Carpegna Falconieri, presidente del Gruppo dei Romanisti I Sessione Moderatore: Antonio Rodinò di Miglione Interventi I Romanisti stranieri François-Charles Uginet La letteratura Eugenio Ragni L’archeologia Filippo Delpino Uomini di cultura a tutto tondo Claudio Strinati La storia Arnold Esch Buffet II Sessione Moderatore: Maria Teresa Bonadonna Russo Interventi La cronaca Romano Bartoloni Gli archivi Donato Tamblè Le biblioteche Paolo Vian La toponomastica Carlo Maria Travaglini Le istituzioni ecclesiastiche Marco Buonocore Pausa III Sessione Moderatore: Daria Borghese Interventi L’impegno nell’arte Giovanni Morello I giardini e le ville di Roma Carla Benocci Antiquari e Romanisti Francesca Di Castro Il cinema e lo spettacolo Luca Verdone I Romanisti 2.0 Laura Lalli e Ugo Onorati Saluti conclusivi Recapito del Bollettino: http://www.gruppodeiromanisti.it Gruppo dei Romanisti, c/o Antico Caffè Greco, via dei Condotti 66, 00187 Roma Posta elettronica: bollettinoromanisti@gmail.com (ISSN del «Bollettino dei Curatores dell’Alma Città di Roma»: 0391-8203; ISSN del «Bollettino del Gruppo dei Romanisti» in formato cartaceo: 2612-0372). Pubbl. aut. dal Trib. di Roma, già con provv. 15482 del 29 aprile 1974 Nuova autorizzazione in corso Direttore responsabile Tommaso di Carpegna Falconieri