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!"#$%&'"#&()$)$*)+,')""#-). !"#$%!"&'"(!)$*+",!%%*%!-" .'##/+0"1234!5'-"6!%!7"8')9*+ !"#$%&'"#&()$ )$*)+,')""#-). 3%5*"')":5!+'!";<=>?;@;A PETER LANG Bern · Berlin · Bruxelles · Frankfurt am Main · New York · Oxford · Wien Bibliographic information published by die Deutsche Nationalbibliothek Die Deutsche Nationalbibliothek lists this publication in the Deutsche Nationalbibliograie; detailed bibliographic data is available on the Internet at ‹http://dnb.d-nb.de›. Dipartimento di Storia dell’Arte e Spettacolo Con il patrocinio del Consiglio regionale del Lazio his publication was made possible by the Image Knowledge Gestaltung – An Interdisciplinary Laboratory, Cluster of Excellence at the Humboldt-Universität zu Berlin, with inancial support from the German Research Foundation as a part of the Excellence Initiative. ISBN 978-3-0343-2093-1 pb. ISBN 978-3-0343-2282-9 eBook ISBN 978-3-0343-2283-6 ePUB ISBN 978-3-0343-2284-3 MOBI © Peter Lang AG, International Academic Publishers, Bern 2016 Hochfeldstrasse 32, CH-3012 Bern, Switzerland info@peterlang.com, www.peterlang.com All rights reserved. All parts of this publication are protected by copyright. Any utilisation outside the strict limits of the copyright law, without the permission of the publisher, is forbidden and liable to prosecution. his applies in particular to reproductions, translations, microilming, and storage and processing in electronic retrieval systems. Printed in Hungary Ariane Varela Braga Un modello da seguire. La fortuna della Grammar of Ornament di Owen Jones in Italia Pubblicata a Londra nel 1856, la Grammar of Ornament dell’architetto e decoratore Owen Jones (1809–1874) si è imposta da subito come un’opera di riferimento per l’ornamento e le arti decorative, sia in Gran Bretagna che all’estero1. Tradotto in francese nel 1865 e poi in tedesco nel 1868, il volume non lo sarà mai in italiano, senza per questo rimanere del tutto sconosciuto nella Penisola. Rimane ancora da chiarire quale impatto l’opera abbia concretamente avuto nell’architettura e nelle arti decorative italiane del secondo Ottocento, sia a livello teorico che in quello concretamente realizzativo. Per la vastità del tema, ancora non afrontato dalla storiografia, mi limiterò a qualche considerazioni sull’impatto del libro sui volumi di Camillo Boito e Alfredo Melani, nel contesto generale dell’auspicata creazione di uno stile nazionale italiano e della riforma delle arti decorative. Nella seconda metà dell’Ottocento, la relazione tra arte e industria e la questione di uno stile nazionale è oggetto di molte riflessioni e dibattiti in tutta Europa. Riflessioni che si sviluppano in ambito istituzionale, attraverso la messa in opera di commissioni e indagini; didattico, con riforme e creazione di nuove scuole d’arti decorative; infine anche editoriale, con la redazione di volumi dedicati all’ornamento storico e all’insegnamento del disegno, e la creazione di periodici specializzati. Il tutto in un contesto di continua emulazione e competizione economica, scandito e alimentato dalla sequenza delle mostre universali, in cui i prodotti di quasi tutte le nazioni vengono periodicamente messi a confronto. 1 Sulla Grammar of Ornament, oltre ai numerosi articoli si veda i studi monografici di J.K. Jespersen, Owen Jones’s “The Grammar of Ornament” of 1856: Field Theory in Victorian Design at the Mid-Century (tesi di dottorato), Brown University 1984; A. Varela Braga, La Grammar of Ornament d’Owen Jones. Une théorie universelle au milieu du XIXe siècle, (2016, in corso di stampa). Per una bibliografia completa, rimando a questo volume. 142 Ariane Varela Braga Con un po’ di ritardo rispetto agli altri paesi europei, a motivo della laboriosa conquista dell’unità nazionale, il giovane Regno d’Italia si troverà a confrontarsi con queste tensioni, cercando di riordinare sia le vecchie Accademie di Belle Arti preunitarie – considerate lontane dalla nuova realtà storica – sia l’insegnamento professionale, con la creazione tra l’altro di musei di arti industriali su esempio delle precedenti esperienze, soprattutto inglesi e francesi2. Un tentativo di organizzare un sistema centralizzato che tuttavia non produrrà risultati completi, a motivo della frammentazione culturale e amministrativa delle varie province. Tra gli esempi esteri, il modello britannico appare senza dubbio come quello più significativo. Prima ad aver dovuto afrontare i profondi cambiamenti causati dalla rivoluzione industriale, la Gran Bretagna fu anche la prima a ripensare la relazione tra arte e industria. Sprovvista di una produzione di riconosciuta qualità nelle arti decorative, soferente di fronte alla concorrenza straniera (in primo luogo la francese), la Gran Bretagna aveva promosso sin dagli anni Trenta una profonda riforma dell’insegnamento delle arti decorative nel regno3. Nel giugno del 1837 nasceva così la Government School of Design, successivamente trasformata nel 1852 nel Department of Practical Art, un ente creato dopo la prima mostra universale di Londra del 1851 per dirigere tutto l’insegnamento delle arti decorative del paese, sotto la direzione di Henry Cole, uno dei principale promotori della mostra4. Al Department sarà anche legato il Museum of Ornamental 2 3 4 Sulla situazione in Italia, rimando al sommario di A.B. Pesando, D.N. Prina, To Educate Taste with the Hand and the Mind. Design Reform in Post-Unification Italy (1884–1908) in “Journal of Design History”, XXV (2012), n. 1, pp. 32–54. Nel 1835, veniva istituita una commissione parlamentare per studiare la questione, che segnò l’atto di nascita delle politica uiciale d’insegnamento delle arti decorative britanniche. Nel 1836 usciva un importante rapporto in cui i difetti dei prodotti britannici non erano individuati nella tecnica produttiva e nei materiali, ma nella loro estetica. Da una motivazione essenzialmente economica, nasceva perciò la necessità di ripensare il rapporto tra arte e industria, per creare il più rapidamente possibile una nuova generazione d’artigiani qualificati per mettere fine all’importazione massiccia di prodotti di lusso stranieri, e al contempo favorire l’aumento delle esportazioni nazionali. Si veda Report from the Select Committee on Arts and Manufactures, together with the minutes of evidence, and appendix, Part I – House of Commons, 4th September 1835 and Part II – House of Commons 16th August 1836, in Irish University Press Series of British Parliamentary Papers, Industrial Revolution Design, vol. I e II, Shannon 1968. Sulla creazione della scuola si veda A. Bøe, From Gothic Revival to Functional Form: a Study in Victorian Theories of design, New York 1979, pp. 40–56; Q. Bell, The Schools of Design, London 1963, pp. 51–63; S. Macdonald, The History and Philosophy of Art Un modello da seguire. La fortuna della Grammar of Ornament di Owen Jones in Italia 143 Art, creato nello stesso 1852, e rinominato South Kensington Museum a partire dal 18575. Ispirandosi in parte ai precedenti esempi francesi e tedeschi, la Gran Bretagna riuscì così a creare un nuovo sistema centralizzato che verteva attorno tre poli. Per prima cosa, una riforma dell’insegnamento delle arti decorative; in secondo luogo, la costituzione di collezioni di modelli per favorire l’educazione del gusto tanto degli studenti che del pubblico e dei compratori in generale, da disporre in modo permanente in un museo centrale, il South Kensington Museum. Per ultimo, la circolazione dei modelli grazie a un sistema di mostre itineranti e alla promozione di nuove pubblicazioni sull’ornamento, in accordo con i principi sostenuti dalla scuola. L’esperienza britannica divenne in poco tempo un esempio da emulare internazionalmente, portando alla creazione di musei di arti industriali e decorative nella maggior parte delle capitali europee6. Sono questi i temi che il deputato Baldassare Odescalchi (1844–1909) metterà in rilievo nella sua relazione Il movimento artistico-industriale in Inghilterra, nella Francia e nel Belgio del 1880, risultato di un viaggio intrapreso qualche mesi prima per il governo italiano in compagnia di Rafaele Erculei, segretario del Museo Artistico Industriale di Roma7. Odescalchi sottolinea, tra altre cose, l’importanza dei modelli ornamentali stampati, aggiungendo, a proposito del sistema britannico – e qui arriviamo finalmente alla Grammar of Ornament di Jones – che […] per ciò che riguarda l’ornato, il loro [dei britannici] insegnamento si fonda sulla Grammar of Ornament di Owen Jones. E noi riconosciamo che questo sistema è fe- 5 6 7 Education, New York 1970, pp. 60–128 e 157–187. Su Cole cfr. E. Bonython, A. Burton, The Great Exhibitor: The Life and Work of Henry Cole, London 2003. Oggi conosciuto come Victoria and Albert Museum. Sulla storia generale del museo si veda A Grand Design, the art of the Victoria and Albert Museum, catalogo della mostra (London, Victoria and Albert Museum; Baltimore, Baltimore Institute of Art), a cura di B. Richardson, New York, Baltimore 1997; Art and design for all: the Victoria and Albert Museum, catalogo della mostra (Bonn, Kunst- und Ausstellungshalle der Bundesrepublik Deutschland), a cura di J. Bryant, M.-L. von Plessen, London 2011. K. Pomian, The South Kensington Museum: a Turning Point in Bryant, Plessen 2011, pp. 41–45. B. Odescalchi, R. Erculei, Il movimento artistico-industriale in Inghilterra, nella Francia e nel Belgio e istituzioni intese a promuoverlo, Roma 1880. Odescalchi era stato il principale promotore della creazione del Museo di Arte Industriale di Roma, inaugurato nel 1874. Sull’importanza della sua figura nel panorama artistico romano di fine Ottocento, rinvio al contributo di Manuel Barrese in questo volume. 144 Ariane Varela Braga condo di ottimi risultati e facciamo voti perché anche in Italia, per conto dello Stato e per iniziati dei privati, sia compilata una grammatica dell’ornato italiano, desumendola da monumenti di bello stile, dei quali il nostro paese è ancor ricco, difondendola in tutte le scuole di arti e mestieri, e nascondendo quegli esemplari, sui quali si è finora fondato l’insegnamento uiciale8. Queste parole riassumono in qualche modo la ricezione auspicata della Grammar of Ornament in Italia. Cioè il libro di Jones va emulato, non copiato. All’Italia serve una grammatica dell’ornato “italiano”, per stimolare lo sviluppo di una produzione distintamente nazionale, che si possa poi confrontare con le altre produzioni europee. Così, quando si riferisce al contenuto dell’opera, Odescalchi precisa che dovrebbe […] comprendere almeno la storia dell’ornato italiano dalle sue origini, alla sua decadenza: greco-romano, bizantino, basilicale, gotico, stile di transizione fra il gotico e il rinascimento, rinascimento lombardesco, rinascimento michelangiolesco e sansovinesco, finalmente i barocchi e le varie fasi del decadimento9. Un tal libro, “da ofrirsi come testo alle scuole artistico-industriali del regno, riuscirebbe utile quanto la grammatica dell’ornato di Owen Jones”10. Questi passaggi ci fanno capire che il libro di Jones è essenzialmente percepito come una compilazione di motivi storici. L’aspetto grammaticale, fondamentale per Jones, viene totalmente ignorato11. Siamo quindi agli antipodi della visione universalista e profondamente anti-ecclettica di Jones. Per Odescalchi, la Grammar of Ornament italiana si riduce ad una raccolta di motivi, un repertorio del patrimonio storico-artistico nazionale. A complicare le cose, tuttavia, è proprio la ricchezza della tradizione artistica – e perciò anche ornamentale – della Penisola, che ofre una varietà di repertori decorativi quasi illimitata, variando di località in località, e di secolo in secolo, per oltre due millenni. Il progetto di una grammatica (intesa come raccolta) uiciale dell’ornato italiano, sostenuta anche dalla Commissione centrale per l’insegnamento artistico industriale (1884–1908) a partire del 1884, non vedrà mai la luce, sfociando poi nel 1891 nella rivi- 8 9 10 11 Odescalchi, Erculei 1880, p. 19. Ibidem, pp. 19–20. Ibidem, p. 20. Si veda Islamophilies, l’Europe moderne et les arts de l’Islam, catalogo della mostra (Lyon, Musée des beaux-arts), a cura di R. Labrusse, con un contributo di H. Salima, Paris 2011, pp. 206–207; Varela Braga 2016. Un modello da seguire. La fortuna della Grammar of Ornament di Owen Jones in Italia 145 sta “Arte Italiana Decorativa e Industriale”12, diretta dal 1892 da Camillo Boito, con un’impostazione ben diversa dalla Grammar of Ornament. Per cogliere la distanza che separa la Grammar of Ornament dalle pubblicazioni italiane sull’ornamento è necessario innanzitutto capirne le caratteristiche principali. Per prima cosa non si tratta di una pubblicazione uiciale, come viene spesso intesa, ma di un’iniziativa editoriale privata, anche se strettamente legata al Department of Science and Art di Londra. Ma soprattutto, non è una mera collezione di motivi ornamentali storici. Il suo scopo è ben più ambizioso. In termini generali, è uno dei numerosi tentativi ottocenteschi d’afrontare il pluralismo culturale del mondo moderno, tentando di recuperare un’unità estetica considerata ormai perduta. L’intento di Owen Jones è perciò di stabilire i principi comuni di tutte le manifestazioni ornamentali, e di dare in questo modo un fondamento universale alle arti decorative. Materialmente, si presenta come un lussuoso volume in folio, dal costo elevato e dal carattere ibrido. Con più di 2500 illustrazioni in 100 tavole in cromolitografia, ofre la più vasta collezione di motivi ornamentali mai pubblicati sino ad allora. Ma è anche un atlante di stili classificati per aree storiche e culturali, a partire dagli ornamenti delle tribù primitive, e a seguire dall’antichità al rinascimento, per concludere con un capitolo dedicato a esempi botanici. Finalmente, con 162 pagine di testo, presenta una teoria universale dell’ornamento fondata su regole geometriche derivate dalla natura, al fine di giungere alla creazione di uno stile ornamentale proprio dell’età contemporanea. Queste regole sono esposte nella lista di 37 proposizioni teoriche presentate all’inizio del libro. Intitolate “general principles in the arrangement of form and colour, in architecture and the decorative arts”13, testimoniano la volontà di ridurre la diversità della produzione ornamentale in una serie di regole generali, e di trattare l’ornamento come un sistema coerente e scientifico. Ciò che interessa Jones è però soprattutto l’ornamento bidimensionale, la sua qualità grafica e non plastica. Così, al di là di alcuni commenti generici sull’importanza del rispetto dei materiali, le sue riflessioni non toccano l’applicazione dell’ornamento, la sua funzionalità o la sua materialità. 12 13 Pesando, Prina 2012, pp. 40–45. O. Jones, The Grammar of Ornament: illustrated by examples from various styles of ornament, London 1856, pp. 5–8. 146 Ariane Varela Braga Gran parte delle tavole e dei capitoli sono dedicati agli stili orientali, per lo più islamici: questi afascinavano particolarmente Jones, che li aveva potuti personalmente ammirare durante il suo Grand Tour del Mediterraneo negli anni 1831–1834. Oltre che l’Italia e la Grecia, Jones aveva visitato Egitto, Turchia e soprattutto Spagna, la tappa più notevole del suo viaggio, che lo entusiasmò al punto da pubblicare il celebre volume sull’Alhambra di Granada14, modello estetico assoluto nella sua visione. Si spiega così che per la storiografia la Grammar of Ornament viene soprattutto considerata nell’ambito dell’orientalismo15. Si comprende l’originalità del volume di Jones rispetto alle tradizionali pubblicazioni sull’ornamento: la corposa presenza di un testo, di natura storica e teorica, unito alle ricchissime tavole, mostra l’ambizione di porsi come opera di riferimento assoluto in tema di ornamento a livello anche internazionale. Caratteristiche che spiegano il successo del volume fino ad oggi e la polimorfia della sua ricezione. Descritti i caratteri essenziali della Grammar of Ornament, si può ora meglio valutarne la sua recezione in ambiente italiano in alcuni casi significativi. Inizierò dai volumi di Camillo Boito (1836–1914)16, gli Ornamenti in tutti gli stili classificati in ordine storico (1881), e I principi del disegno e gli stili dell’ornamento (1882). Va subito notato che Boito non segue il modello unitario di Jones, ma preferisce dividere le sue pubblicazioni in due parti ben distinte, come era più tradizionale: un volume di tavole senza commenti testuali, e un volume di testo con un apparato illustrativo ridotto. 14 15 16 O. Jones, H. Goury, Plans, Elevations, Sections and Details of the Alhambra, London 1836–1845. Si veda ad esempio, per la sola bibliografia italiana, C. Barucci, L’orientalismo nelle fonti bibliografiche e nella manualistica dell’Ottocento in L’orientalismo nell’architettura italiana tra Ottocento e Novecento, a cura di M.A. Giusti, E. Godoli, Siena, 1999, pp. 29–30; O. Selvafolta, L’ornamento e la regola: la “grammatica” di Owen Jones, in “Il disegno di architettura”, XXV–XXVI (2002), pp. 71–80; G. Zucconi, Owen Jones e le grammatiche dell’Orientalismo in Architettura dell’eclettismo, Napoli 2013, pp. 49–71; infine la recente tesi di dottorato di V. Colonna, Il collezionismo d’arte islamica a Roma, artisti antiquari e amatori tra XIX e XX secolo, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” 2014, p. 115. Su Boito si veda G. Zucconi, L’invenzione del passato. Camillo Boito e l’architettura neomedievale, Venezia 1997; Camillo Boito. Un protagonista dell’Ottocento italiano, a cura di G. Zucconi, T. Serena, Venezia 2002. Un modello da seguire. La fortuna della Grammar of Ornament di Owen Jones in Italia 147 Del primo, Ornamenti in tutti gli stili, il titolo annuncia un repertorio enciclopedico di motivi storici. Ma al contrario delle prestigiose pubblicazioni di Owen Jones e Auguste Racinet, il volume vuole essere accessibile a tutte le tasche17. Stampato in quarto, è illustrato di 300 tavole in bianco e nero, che ofrono circa 1000 esempi diversi. Gli stili presentati sono molto meno numerosi di quelli oferti da Jones, e poco internazionali, riguardando soprattutto esempi peninsulari dal greco-romano al rinascimentale, anche se alcune tavole sono dedicate agli stili arabo e moresco. Dal punto di visto grafico, al di là delle diferenze di formato e di tecnica di stampa, Boito opta per una disposizione diversa da quella di Jones, molto meno compatta, con solo pochi motivi per tavola, in modo da garantire abbastanza spazio per ogni singolo motivo, favorendo l’uso pratico delle tavole. Boito non ignora del tutto la Grammar of Ornament di Jones, ma se ne serve semplicemente come materiale di riuso per le sue tavole – una pratica molto difusa nell’editoria dell’Ottocento, che oggi verrebbe considerata come plagio – come negli esempi greci e persiani18. I principi del disegno e gli stili dell’ornamento seguono lo stesso formato in quarto. Dal titolo si potrebbe pensare a un riferimento al piano teorico della Grammar of Ornament, ma in realtà si tratta di tutt’altro: il testo ha forma epistolare ed è interamente dedicato all’insegnamento del disegno per i fanciulli. Il volume contiene un solo riferimento diretto a Jones, e anche piuttosto negativo: Ci sono di quelli i quali si lambiccano il cervello per istabilire la bellezza di certi rapporti fra l’uno e l’altro numero, intendendo applicare codesti rapporti estetici alle arti del disegno. E’ cascato in così fatta malinconia anche l’inglese Owen Jones nella sua celebre Grammatica degli ornamenti. Premette al testo e alle ricche tavole trentasette sentenze sulle forme e sui colori nelle arti decorative; ma o la sentenza è ben determinata, e allora, buona e vera in certi casi, diventa cattiva e falsa in altri parecchi, o è generale e vaga, e allora torna perfettamente inutile19. Boito accenna alla parte più problematica del libro di Jones, i principi che, visti in modo isolato e secondo una lettura superficiale, possono in efetti sembrare piuttosto generici. Ma, soprattutto, il punto è che Boito non condivide lo scientismo universalizzante al quale ambiva Jones. 17 18 19 C. Boito, Ornamenti in tutti gli stili classificati in ordine storico, Milano 1881, nota sul risvolto di copertina. Si veda ad esempio le tavole 2 e 44 di Boito e le tavole 22 e 46 di Jones. C. Boito, I principi del disegno e gli stili dell’ornamento, Milano 1882, p. 190. 148 Ariane Varela Braga Se Boito accenna ai principi di Jones, questi vengono invece totalmente ignorati da Alfredo Melani (1859–1928)20, autore di numerosissimi manuali editi dalla Vallardi e dalla Hoepli di Milano. Per quest’ultima casa editrice, Melani pubblica piccoli manuali tascabili che hanno un’impostazione chiaramente pratica e didattica. Una tradizione editoriale che non ha niente a che vedere con quella della Grammar of Ornament, ma che deriva piuttosto dai fortunati Handbücher tedeschi della prima metà del secolo: libri economici, tascabili, ricchi di testo esplicativo e didattico, con illustrazioni in bianco e nero incluse nel testo. Nel 1888 Melani pubblica tuttavia un libro sostanzialmente diverso: l’Ornamento policromo. Il titolo è un chiaro riferimento all’opera del francese Auguste Racinet, l’Ornement polychrome, del 1869. Si tratta di un opera di formato medio, contenente una prefazione e 40 tavole in cromolitografia, ciascuna preceduta da un testo esplicativo di natura storica-pratica. Una scelta quindi più vicina ma molto meno ambiziosa delle enciclopediche opere di Jones e Racinet: in un impaginato abbastanza spaziato, l’Ornamento di Melani presenta soltanto 8 stili storici tra antichi, medievali e moderni, privilegiando una divisione per materiali, e includendo esempi di ornato sia puro che applicato. Per Melani, Jones rimane un esperto dell’Alhambra e quindi dell’ornamento moresco: si riferisce direttamente alla sua pubblicazione sul palazzo nassirida nel testo della tavola 26 (fig. 1 e 2), mentre invece non lo considera per l’ornamento arabo, dove domina ormai la figura titolare di Prisse d’Avennes. Senza menzionare Jones, Melani ne riprende fedelmente la teoria cromatica basata sull’applicazione scientifica dei colori primari, che l’inglese aveva reso nota attraverso il suo volume sull’Alhambra e nella Grammar of Ornament21. 20 21 Su Melani si veda Alfredo Melani e l’architettura moderna in Italia. Antologia critica (1882–1910), a cura di M.L. Scalvini, F. Mangone, Roma 1998; M.G. Maestrelli, Alfredo Melani. Architetto, storico e critico dell’architettura, Pontecorboli, Firenze 2001. Teoria resa ai tempi celebre dalla decorazione del Crystal Palace nell’Esposizione del 1851 a Londra. Un modello da seguire. La fortuna della Grammar of Ornament di Owen Jones in Italia 149 1. L’ornamento moresco in Alfredo Melani, l’Ornamento policromo, 1886, tav. 26. 2. Owen Jones, The Grammar of Ornament, 1856, tav. 41. 150 Ariane Varela Braga Come Boito, Melani usa l’opera jonesiana essenzialmente come repertorio di motivi dal quale trarre materiale per compore le sue tavole, senza mai menzionare le fonti. Ciò riguarda sia il singolo motivo come nella tavola 26 di ornamento moresco, che le intere tavole, come, quelle dedicate agli stili greco e medievale (fig. 3 e 4) che ripropongono quasi identiche le tavole di Jones22. Ci troviamo perciò di fronte ad una economia di reimpieghi multipli, nel quale la Grammar of Ornament appare come una delle fonti disponibili nell’instrumentarium23 visivo dell’epoca. Citazioni che a volte giungono in modo indiretto, con elementi già ripresi da altri24. 3. L’ornamento medievale in Alfredo Melani, l’Ornamento policromo, 1886, tav. 31. 22 23 24 Si vedano in particolare le tavole 14 e 31 di Melani e le tavole 15 e 70 di Jones. Riprendo il termine da P. Griener, Le livre d’histoire de l’art en France (1810–1850), in Histoire de l’histoire de l’art en France au XIXe siècle, a cura di R. Recht, P. Sénéchal, C. Barbillon, F.-R. Martin, Paris 2008, p. 168. Si veda il motivo n. 2 della tav. 26, ripreso dalla monografia di Jones sull’Alhambra, dove era stampata in bianco e nero, e successivamente pubblicata in cromolitografia da Racinet sulla tav. 30 dell’Ornement polychrome. Un modello da seguire. La fortuna della Grammar of Ornament di Owen Jones in Italia 151 4. Owen Jones, The Grammar of Ornament, 1856, tav. 70. Come questi brevi esempi illustrano, a dispetto dell’immediato successo della Grammar of Ornament nel panorama dell’editoria ornamentale di metà Ottocento, in Italia la sua ricezione è stata spesso superficiale, limitandosi a usarla come un semplice repertorio di motivi; repertorio che, nei decenni seguenti l’Unità, non poteva essere globale, ma doveva in larga misura restare legato alle tradizioni del territorio nazionale. Mentre Jones intendeva portare alla creazione d’uno stile contemporaneo attraverso lo studio di principi comuni a tutti gli stili storici, gli italiani guardano direttamente al passato storico dell’Italia, per lo più del periodo tra Medioevo e Rinascimento, in vista della formazione di uno stile spe- 152 Ariane Varela Braga cificamente nazionale. Per la loro ricchezza, saranno soprattutto le tavole della Grammar of Ornament a servire da materiale per comporre manuali e repertori in tutta libertà, come del resto accadeva a molte altre raccolte europee. Il tentativo di Jones di unire repertorio visuale, opera teorica e atlante storico in un solo volume, doveva rimanere in definitiva un esempio unico ed eccezionale nell’editoria dell’Ottocento. Bibliografia A Grand Design, the art of the Victoria and Albert Museum, catalogo della mostra (London, Victoria and Albert Museum; Baltimore, Baltimore Institute of Art), a cura di B. Richardson, New York, Baltimore 1997. Alfredo Melani e l’architettura moderna in Italia. Antologia critica (1882–1910), a cura di M.L. Scalvini, F. Mangone, Roma 1998. Art and design for all: the Victoria and Albert Museum, catalogo della mostra (Bonn, Kunst- und Ausstellungshalle der Bundesrepublik Deutschland), a cura di J. Bryant, M.-L. von Plessen, London 2011. C. Barucci, L’orientalismo nelle fonti bibliografiche e nella manualistica dell’Ottocento in L’orientalismo nell’architettura italiana tra Ottocento e Novecento, a cura di M.A. Giusti, E. Godoli, Siena 1999, pp. 23–30. Q. Bell, The Schools of Design, London 1963. A. Bøe, From Gothic Revival to Functional Form: a Study in Victorian Theories of design, New York 1979. E. Bonython, A. Burton, The Great Exhibitor: The Life and Work of Henry Cole, London 2003. C. Boito, Ornamenti in tutti gli stili classificati in ordine storico, Milano 1881. C. Boito, I principi del disegno e gli stili dell’ornamento, Milano 1882. Camillo Boito. Un protagonista dell’Ottocento italiano, a cura di G. Zucconi, T. Serena, Venezia 2002. V. Colonna, Il collezionismo d’arte islamica a Roma, artisti antiquari e amatori tra XIX e XX secolo (tesi di dottorato), Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” 2014. Un modello da seguire. La fortuna della Grammar of Ornament di Owen Jones in Italia 153 P. Griener, Le livre d’histoire de l’art en France (1810–1850), in Histoire de l’histoire de l’art en France au XIXe siècle, a cura di R. Recht, P. Sénéchal, C. Barbillon, F.-R. Martin, Paris 2008, pp. 167–185. Islamophilies, l’Europe moderne et les arts de l’Islam, con un contributo di H. Salima, catalogo della mostra (Lyon, Musée des beaux-arts), a cura di R. Labrusse, Paris 2011. J.K. Jespersen, Owen Jones’s “The Grammar of Ornament” of 1856: Field Theory in Victorian Design at the Mid-Century (tesi di dottorato), Brown University 1984. O. Jones, The Grammar of Ornament: illustrated by examples from various styles of ornament, London 1856. O. Jones, H. Goury, Plans, Elevations, Sections and Details of the Alhambra, London 1836–1845. S. Macdonald, The History and Philosophy of Art Education, New York 1970. M.G. Maestrelli, Alfredo Melani. Architetto, storico e critico dell’architettura, Pontecorboli, Firenze 2001. B. Odelscalchi, R. Erculei, Il movimento artistico-industriale in Inghilterra, nella Francia e nel Belgio e istituzioni intese a promuoverlo, Roma 1880. A.B. Pesando, D.N. Prina, To Educate Taste with the Hand and the Mind. Design Reform in Post-Unification Italy (1884–1908) in “Journal of Design History”, XXV (2012), n. 1, pp. 32–54. K. Pomian, The South Kensington Museum: a Turning Point in Art and design for all: the Victoria and Albert Museum catalogo della mostra (Bonn, Kunst- und Ausstellungshalle der Bundesrepublik Deutschland), a cura di J. Bryant, M.-L. von Plessen, London 2011, pp. 41–45. Report from the Select Committee on Arts and Manufactures, together with the minutes of evidence, and appendix, Part I – House of Commons, 4th September 1835 and Part II – House of Commons 16th August 1836, in Irish University Press Series of British Parliamentary Papers, Industrial Revolution Design, vol. I e II, Shannon 1968. O. Selvafolta, L’ornamento e la regola: la “grammatica” di Owen Jones, in “Il disegno di architettura”, XXV–XXVI (2002), pp. 71–80. A. Varela Braga, La Grammar of Ornament d’Owen Jones. Une théorie universelle au milieu du XIXe siècle, (2016, in corso di stampa). 154 Ariane Varela Braga G. Zucconi, Owen Jones e le grammatiche dell’Orientalismo in Architettura dell’eclettismo, Napoli 2013, pp. 49–71. G. Zucconi, L’invenzione del passato. Camillo Boito e l’architettura neomedievale, Venezia 1997.