urbanistica
X Giornata Studio INU
“Crisi e rinascita delle città”
10° INU STUDY DAY
“Crisis and rebirth of Cities”
Special issue di Urbanistica Informazioni
a cura di/edited by
Francesco Domenico Moccia e Marichela Sepe
272 s.i.
Rivista bimestrale
Anno XXXXI
Gennaio - Febbraio 2017
ISSN n. 0392-5005
€ 10,00
Rivista bimestrale urbanistica e ambientale
dell’lstituto Nazionale Urbanistica
Fondata da Edoardo Salzano
Anno XXXXIV
Marzo - Aprile 2017
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Ri-mappare l’urbano.
Geografie in dissolvenza e
spatial thinking
Fulvio Adobati
Dissolvenze e nuove forme
Una profonda evoluzione degli assetti spaziali si è tradotta in forma estesa sul territorio.
L’abbiamo chiamata in molti modi diversi,
sempre riconducendone la matrice a un’idea
modificata di città. La città che chiamiamo
diffusa non rappresenta, come riconoscibile
in una prima fase e per molto tempo assunto,
l’esito di un processo di dispersione centrifugo dai nuclei urbani; nelle aree investite, con
diversa intensità, da dinamiche metropolitane, le strutture urbane configuratesi sono
piuttosto esito di un processo di addensamento delle trame insediative tradizionali.
Tale riassetto ha determinato una modificazione delle gerarchie urbane e delle forme di
organizzazione economica, sociale e politica.
Ha prodotto un diverso modo di abitare, di
“appartenere” a un territorio.
Di particolare efficacia qui la descrizione
sull’evoluzione della forma urbana operata
da Schmid:: «The process of urbanization has
changed foundamentally in recent years. For
more than a century the dominant form of urbanization was concentric, with suburbs arranged
like belts around an urban core. This is how the
large agglomerations of the twentieth century
emerged. Around of the end of the century, however, urban growth patterns began to change, as
manifested in a wide variety of places: the process
of urbanization has become undirected; existing
urban forms are beginning to dissolve, centrality is becoming polymorphous; and eccentric urban configurations are evolving. Overarching,
polycentric urban regions are taking shape. Extremely heterogeneous in structure, they include
old city centers as well as once-peripheral areas.
In this process, new urban configurations are constantly evolving. Lightly settled, once rural areas
are caught up in various forms of ‘peri-urbanization’. Urbanist have coined a number of terms
to describe the new forms of centrality that are
emerging in former peripheral areas: ‘edge city’,
‘technoburb’ or ‘in between cities’». (Schmid,
2014, p. 67).
Ripercorrendo la lezione di Soja (2011) i processi di trasformazione che hanno investito i
contesti metropolitani hanno prodotto esiti
special issue - URBANISTICA INFORMAZIONI
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distinti e intrecciati: : la progressiva omologazione degli stili di vita nei contesti urbani
e dei contesti rurali gravitanti sulla città, che
vede anche ribaltamenti di ruolo di contesti
urbani e suburbani (exopolis), con la formazione di nuovi poli di attrazione e nuovi
equilibri nei flussi vitali; in sintesi la produzione di una nuova forma urbana di regione
urbana plurale, ad alta ’intensità di informazione’, multiscalare e interconnessa. Come
evidenziato da Balducci (2012), una città che
riprende forma, sempre in evoluzione, che si
può tentare di leggere e di capire attraverso
la sua rappresentazione sulle mappe o sulle
fotografie aeree più che attraversandola.
Lo spazio al centro
Una rinnovata centralità del concetto di spazio nel dibattito entro le discipline territoriali implica, per lo studio dei fenomeni che lo
attraversano, a molte scale, un rinnovamento delle categorie di definizione dell’urbano:
quale densità considerare (demografica, di
uso, dei flussi…)? Quale significato attribuire
ai bordi in un contesto nel quale mutano rapidamente geografie dell’urbano e gradazioni delle densità?
Se da un lato è riconoscibile una tendenza
alla omologazione del territorio, entro una
nuova condizione urbana che si fonda su
associazioni a distanza e su nuove spazialità
entro una frammentazione che investe territori molto diversi rendendoli tutti uguali
(Boeri 2011), dall’altro lato emergono fenomeni di riconcentrazione urbana, segnali di
traiettorie di riorganizzazione territoriale
che vanno oltre le addizioni inerziali e le pur
consistenti occupazioni degli ambiti collinari e pedemontani, e producono agglomerazioni intorno a nuove nodalità; in chiave
reticolare una configurazione ben riconducibile alla definizione di città “diramata” (Detragiache, 2003).
Se gli apparati descrittivi ci hanno offerto
molte immagini di evoluzione della forma
urbana, gli sforzi analitico-interpretativi
più recenti ci offrono spaccati distinti ma
convergenti verso uno scioglimento della
tradizionale distinzione tra urbano e rurale.
Brenner (2014) argomenta con forza la scarsa efficacia dell’esercizio di ricerca di bordi e
confini di un urbano che si è fatto città-regione. Quindi urbano trattabile come geografia
processuale e variabile, necessariamente
multiscalare.
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| URBANISTICA INFORMAZIONI - special issue
Se il concetto di bordo si fa impalpabile, il
concetto di densità insediativa mantiene una
dimensione misurabile, e una carica positiva
ampiamente riconosciuta (specie entro le politiche ecologico-ambientali): la città densa e
compatta permane come obiettivo desiderabile delle politiche e degli strumenti di pianificazione urbana-metropolitana. La densità
insediativa consente di ottimizzare l’uso di
suolo agricolo o naturale, ottimizza l’accesso
ai servizi con sistemi di mobilità sostenibili,
lavora sul recupero e sulla rigenerazione urbana dei vuoti funzionali temporanei/scarti
prodotti dall’evoluzione urbana (per abbandono, obsolescenza, …).
Ma se è ampiamente riconosciuta la realtà
sopra descritta, gli ultimi decenni hanno
sciolto progressivamente il legame tra densità insediativa e urbanità: la città compatta
rappresenta una componente sempre meno
necessaria perché si rafforzino i caratteri di
urbanità. Forme rinnovate di urbanità si dispiegano in forme che appartengono alle
diverse configurazioni delle forme spaziali
della città diffusa, ed è nella gradazione di
questa diversità che ricerchiamo qualche elemento per comprenderne il funzionamento,
e per provare a mettere in campo e affinare
strumenti tecnici e risorse normative. Ed
è su una analisi che sviluppa il concetto di
densità nelle sue articolazioni che può essere
fecondo recuperare elementi analitico-interpretativi: densità edilizia, demografica come
tradizionalmente letto, ancora di usi e di poteri; meno intercettabile, ma più significativa, densità dei flussi (Malavolta 2007).
Se la densità spaziale del costruito ha sempre
costituito una componente fondamentale
per la comprensione e il governo della città e
per sue regole di funzionamento, oggi il concetto sfuma e si ripresenta sotto altre forme,
l’intensità d’uso dello spazio è discontinua e
poggia su geografie mutevoli. La lettura della
complessità dell’urbano è operabile su “stati
misti in transizione”, ed è questa processualità l’essenza della realtà urbana. Proprio queste transizioni spostano il fuoco dell’attenzione dal confine alla zona intermedia, dove
la consistenza delle cose è più nell’interazione che nella sostanza, nel divenire più che
nell’essere (Rossi 2014). Ed’ è il connettivo,
l’“in between”, che dà forma alla città:
«The in-between city is still unloved particularly
by planners and opinion makers, and it is disregarded by urban design, planning, and politics.
The fragmented urban landscape is not yet seen
as part of our culture. It is my intention to approach the in-between city as the life space of the
majority of the population with critical sympathy
and responsibility and to detect the opportunities
for a qualification of this still young urban form,
which will be under great pressure of transformation in the next historical phase based on the
demographic development of globalization and
the preparation for a period of post-fossilist forms
of energy» (Sieverts 2011, p. 20).
Proprio questa città della transizione, prodotto (esito di innumerevoli volontà intrecciate,
in sintesi così multi-volontario da leggersi
involontario) della complessità offre spazi di
riflessione e di indagine, e una sfida di comprensione a sostegno di politiche di governo
territoriale sempre più in affanno nel catturare i fenomeni urbani e offrire una risposta
efficace, in termini di adeguatezza strumentale e temporale. Come osserva Secchi (2008)
l’enfasi posta negli ultimi decenni sulle telecomunicazioni, sulle città globali e sulle reti
lunghe che le connettono, ha lasciato in penombra uno spazio dei flussi del quotidiano
più concreto e tangibile. E il passaggio epocale che stiamo attraversando produce forme
diverse, sovente poste al centro della critica
per gli impatti negativi (da valutare accanto
agli impatti positivi) ambientali e sociali.
Ma, ricorda Secchi, «la storia della città è storia
di forme e del loro mutare nel tempo», e responsabilizzandoci sugli effetti socio-ambientali
indesiderabili, è aperto un ampio campo di
sperimentazione per dare senso e futuro al
nostro agire, verso forme avanzate di città.
«Dopo il lungo persistere del retaggio anti-spaziale di filosofie della storia modellate sul primato
del tempo, lo spazio sembra prendersi la sua rivincita, ponendosi come condizione di possibilità e
fattore costitutivo del nostro agire e del nostro concreto, corporeo, essere-nel-mondo. (…) materia del
contendere della “svolta spaziale” non è più l’alternativa tra “futurismo” del Progetto moderno e
“presentismo” dell’Antiprogetto postmoderno: tra
un tempo infuturante e un tempo congelato nell’eternizzazione e ripetizione seriale del presente.
Non e più un superamento (operazione tutta interna alla signoria moderna del tempo), ma uno
spostamento laterale in grado di porre lo spatial
thinking come via privilegiata di accesso alle concrete forme di vita e di azione dei soggetti in un
mondo non-euclideo: un mondo ormai irriducibile
a una superficie piana (limitata, ma infinita), ma
consistente in una sfera (finita, ma illimitata)»
(Marramao 2013, p. 31). Riprendendo l’insegnamento di Soja sullo spatial turn, lo spazio
da riflesso passivo delle tendenze sociali e
culturali diviene un’energia che dà forma
alle nostre vite. Effetto significativo dell’evoluzione in atto dell’urbano risiede quindi
in una nuova centralità degli abitanti, che
agiscono la città, che maturano esperienze
nei luoghi e che rappresentano un patrimonio a beneficio della collettività, uno spatial
capital che ribalta la concezione dei cittadini
abitanti quali fruitori di informazioni e ne
riconosce il ruolo di produttori di informazioni, di agenti sempre più capaci di plasmare l’urbano. Si innova quindi la mappatura
dell’urbano: da strumento conoscitivo e di
appropriazione dei luoghi, la mappa evolve
quale forma di relazione tra il territorio e chi
lo abita, gli dà forma e lo modifica.
«Noi, i cittadini, creiamo e ricreiamo le nostre
città con ogni passo che facciamo, ogni conversazione che abbiamo, ogni cenno a un vicino di casa,
ogni spazio in cui viviamo, ogni struttura che
innalziamo, ogni transazione che facciamo. Una
città intelligente dovrebbe aiutarci ad aumentare
queste connessioni fortuite. Dovrebbe attivamente e consapevolmente permetterci di contribuire
alla produzione di dati, piuttosto che considerarci
come semplici consumatori di dati, e incoraggiarci a utilizzare al meglio le informazioni che sono
già intorno a noi» (Haque 2012).
Una narrazione che ne faccia emergere i tratti profondi che esistono, e resistono, sotto le
trasformazioni, può rappresentare una matrice interessante per dare forma e riconoscibilità, non bordi, alla città contemporanea?
L’evidente difficoltà di governare le trasformazioni urbane, o ancora la difficoltà di
collocarle entro una descrizione pertinente
ed efficace, pone da tempo come velleitario
l’esercizio della pianificazione in forma regolativa predittiva; emerge quindi la necessità
di descrizioni dense, capaci di riconoscere
elementi strutturali ma aperte a forme di
sperimentazione, (Gasparrini, 2013) atte ad
alimentare scenari intenzionali e abilitanti
le progettualità di diverso livello territoriale.
Ripercorrendo le diverse declinazioni della
ricerca (Terracciano 2013), la direzione che
pare qui promettente assume quale obiettivo
il riannodare la trama dei flussi territoriali
ai ganci dell’armatura paesaggistica, punti
fermi (come patrimonio culturale-relazionale e come fatto spaziale) di quel tessuto
colloidale cangiante della città preconizza-
to da Gottman. La chiave paesaggio abitato
quindi quale fondamento di un disegno del
disegnabile, quale de-stratificazione della layered city (Marcuse 2002) e riemersione del
capitale paesaggistico, quale ancoraggio alla
ri-significazione del territorio, nella ricchezza delle differenze che ne fanno corpo e vita.
EVERYVILLE – metaphyCITY_pezzoA2 futuro (Davide
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