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“Quod prohibita de regno nostro non extrahant”. Le origini medievali delle dogane sulla frontiera tra il Regno di Sicilia e lo Stato pontificio (secc. XII-XV)

Apprendere ciò che vive. Studi offerti a Raffaele Licinio, a cura di Victor Rivera Magos e Francesco Violante, Bari, Edipuglia 2017 (Mediterranea. Collana di studi storici 32), ISBN 978-88-7228-829-0, pp. 495-526.

History of the customs and of the frontier fiscality in the Kingdom of Sicily from 1130 to 1500, focused on the land frontier with the Papal State

32 APPRENDERE CIÒ CHE VIVE Studi offerti a Raffaele Licinio a cura di Victor Rivera Magos e Francesco Violante ESTRATTO 2017 L’autore ha il diritto di stampare o difondere copie di questo PDF esclusivamente per uso scientiico o didattico. Edipuglia si riserva di mettere in vendita il PDF, oltre alla versione cartacea. L’autore ha diritto di pubblicare in internet il PDF originale allo scadere di 24 mesi. The author has the right to print or distribute copies of this PDF exclusively for scientiic or educational purposes. Edipuglia reserves the right to sell the PDF, in addition to the paper version. The author has the right to publish the original PDF on the internet at the end of 24 months. «QUOD PROHIBITA DE REGNO NOSTRO NON EXTRAHANT». LE ORIGINI MEDIEVALI DELLE DOGANE SULLA FRONTIERA TRA IL REGNO DI SICILIA E LO STATO PONTIFICIO (SECC. XII-XV) Kristjan Toomaspoeg Il titolo del mio saggio1 contiene un anacronismo, dal momento che nel Mezzogiorno medievale il termine “dogana” non aveva esattamente lo stesso signiicato che ha oggi2 e i punti di attraversamento del conine tra il regno e le terre della Chiesa venivano allora deiniti come “passi”. Tuttavia, l’idea del mio contributo è proprio quella di partire dal concetto moderno di dogana, ovvero uficio di sorveglianza dei trafici frontalieri e di riscossione delle tasse sulle esportazioni ed importazioni, rintracciando le origini medievali di questa istituzione3. Il rigido sistema doganale moderno del Regno di Sicilia citeriore (o di Napoli) e poi del Regno delle Due Sicilie ha delle somiglianze a prima vista sorprendenti 1 La frase «quod prohibita de regno nostro non extrahant» è tratta da un mandato di Carlo I del 15 luglio 1278 che ordina l’espulsione dei cittadini di Ascoli Piceno dal regno (I Registri della Cancelleria angioina, ricostruiti da Riccardo Filangieri con la collaborazione degli archivisti napoletani, Napoli 1950-2010 (indicato in seguito come RA), 18 (1964), p. 52, n. 111. Il presente saggio è da considerare un tassello di una ricerca più ampia sulle frontiere interne ed esterne del Mezzogiorno nel Medioevo: si veda K. Toomaspoeg, Frontiers and Their Crossing as Representation of Authority in the Kingdom of Sicily (12th-14th Centuries), in Representations of Power at the Mediterranean Borders of Europe (12th-14tth Centuries), a c. di I. Baumgärtner, M. Vagnoni, M. Welton, Firenze 2014, pp. 29-49, in particolare per quanto riguarda la bibliograia esistente sulla tematica dei Frontier Studies. 2 Nel Regno di Sicilia, la “dogana” indicava, in epoca normanna, due ufici dell’apparato iscale centrale (la «dogana dei baroni» e la «dogana dei segreti», si veda H. Takayama, The Financial and Administrative Organization of the Norman Kingdom of Sicily, in «Viator», 16 (1985), pp. 129-157). A seguito, la dogana si intese come luogo di deposito obbligatorio delle merci importate, similmente al “fondaco”, e anche come una tassa (si veda L. Bianchini, Della storia delle inanze del regno di Napoli, Palermo 18392, I, p. 38) consistente in 3% del valore delle transazioni (E. Sakellariou, Southern Italy in the Late Middle Ages. Demographic, Institutional and Economic Change in the Kingdom of Naples, c. 1440-c. 1530, Leiden - Boston 2012, p. 166). Nel Quattrocento, furono istituiti anche gli ufici speciici della Dogana delle Pecore e della Dogana del Sale. Nel Mezzogiorno medievale, la “dogana” non indicava ancora un uficio di controllo del conine terrestre dello Stato. 3 Sulle dogane medievali si vedano ad esempio G. Despy, Pour un corpus des tarifs de tonlieux de l’Europe occidentale au Moyen Âge, Ve-XIIIe s., in «Acta historica Bruxellensia», 2 (1970), pp. 253-287, e Les sources de l’histoire économique et sociale du Moyen Âge. Les États de la maison de Bourgogne, II, Archives centrales de l’État bourguignon (1384-1500), a c. di R.-H. Bautier, J. Sornay, Paris 2001. APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it 496 Kristjan Toomaspoeg con la prassi del Regno di Sicilia medievale e gli ufici doganali si trovavano ancora nel XIX secolo spesso nelle località dove erano stati fondati i loro equivalenti nel Due- Treo Quattrocento4, dando un’ulteriore prova a difesa della teoria che molti elementi da noi considerati “moderni” avessero le loro radici nel Medioevo. Lo studio di una tale tematica è resa dificile da una grande disparità cronologica delle fonti disponibili. Le informazioni dirette sulla gestione della frontiera provengono soprattutto dai mandati emessi dalla corte reale, praticamente assenti per tutta l’epoca normanna e conservati in maniera irregolare sotto gli Svevi. L’epoca dei primi due re angioini, Carlo I e Carlo II, è invece documentata da una grande quantità di fonti dirette, il che non avviene per i regni successivi, da Roberto sino a Giovanna II5. Anzi, come notava Lodovico Bianchini, la carenza della documentazione disponibile diventa visibile già sotto Carlo II, intorno al 1300, cosicché, sino al regno di Alfonso I, si estende un periodo di 141 anni di lacune6. Anche dopo l’avvento di Alfonso I, non tutti i mandati sono stati conservati sino ad oggi7, ma il materiale esistente è suficiente per effettuare delle ricerche approfondite; prendendo in conto anche le fonti di altra natura e provenienza, otteniamo una documentazione nel complesso piuttosto imponente e, soprattutto, molto dettagliata. La storiograia esistente non manca di offrire un appoggio importante alla ricerca. Da una parte, gli storici dell’economia del Mezzogiorno, a cominciare dal Bianchini8 per inire con Pietro Dalena9, Roberto Delle Donne10 ed Eleni Sakellariou11, hanno operato degli studi approfonditi sul sistema iscale, comprese le tasse “doganali”, del regno. Dall’altra, i numerosi saggi scritti sulla tematica del conine tra il regno e le terre della Chiesa, soprattutto il lavoro di Jean-Marie Martin focalizzato sull’epoca angioina12, hanno dipinto un quadro generale che serve da base per delle ricerche mirate sugli aspetti particolari della questione. Nel presente testo, intendo procedere ad una rapida presentazione dell’argomento, li4 Legge del 12 luglio 1824, Classiicazione delle dogane sulla frontiera di terra, in Indice generale-alfabetico della collezione delle leggi e dei decreti per il regno delle Due Sicilie, ed. D. Vacca, Napoli 1837, p. 310. 5 J. Mazzoleni, Le fonti documentarie e bibliograiche dal sec. X al sec. XX, conservate presso l’Archivio di Stato di Napoli, I, Napoli 1974, pp. 31-58. 6 Bianchini, Della storia delle inanze cit., I, p. 13. 7 Mazzoleni, Le fonti documentarie cit., pp. 58-92, Fonti aragonesi, X, Frammenti di cedole della tesoreria (1438-1474). Albarani della tesoreria (1414-1488), ed. A.M. Compagna Perrone Capano, Napoli 1979, p. VIII. 8 Bianchini, Della storia delle inanze cit. 9 P. Dalena, Passi, porti e dogane marittime dagli angioini agli aragonesi. Le Lictere passus (1458-1469). Archivio di Stato di Napoli, Regia Camera della Sommaria, Bari 2007. 10 R. Delle Donne, Burocrazia e isco a Napoli tra XV e XVI secolo: la Camera della Sommaria e il Repertorium alphabeticum solutionum iscalium Regni Siciliae Cisfretanae, Firenze 2012. 11 Sakellariou, Southern Italy in the Late Middle Ages cit. 12 J.-M. Martin, La frontière septentrionale du royaume de Sicile à la in du XIIIe siècle, in Une région frontalière au Moyen Âge. Les vallées du Turano et du Salto entre Sabine et Abruzzes, a. c. di É. Hubert, Roma 2001, pp. 291-303. Si vedano anche gli altri saggi contenuti nel volume citato e gli atti dei convegni Castrum 4, Frontière et peuplement dans le monde méditerranéen au Moyen Âge, Actes du colloque d’Erice-Trapani (Italie), tenu du 18 au 25 septembre 1988, a c. di J.-M. Poisson, Roma - Madrid 1992 e Il conine nel tempo, Atti del convegno (Ancarano, 22-24 maggio 2000), a c. di R. Ricci, A. Anselmi, L’Aquila 2005 e, dalla bibliograia restante, soprattutto le ricerche condotte da Maria Rita Berardi e Maria Teresa Caciorgna che citerò nel corso del mio saggio. APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it «Quod prohibita de regno nostro non extrahant» 497 mitandomi esclusivamente alla frontiera terrestre del regno, quindi la linea di demarcazione lunga circa 300 km che si estende dal canale di Canneto vicino a Terracina, nel Sud, sino alla foce del Tronto, nel Nord, passando per Monte San Biagio, Fondi, Isoletta, Arce, Arpino, Sora, Tagliacozzo, Carsoli, Cittaducale, Antrodoco, Leonessa, Cittareale, Accumoli, Ancarano, Controguerra e Colonnella e interessando una zona abbastanza vasta, contenente circa un centinaio di località degne di nota. Il conine si era formato con le conquiste normanne del XI e XII secolo, venendo stabilito deinitivamente con il Patto di Benevento del 1156 e subendo a seguito solo delle modiiche supericiali, cosicché nel 1860-70, al momento della sua soppressione, esso rappresentava una delle più antiche frontiere esistenti nel mondo13. 1. La formazione di un apparato di controllo In epoca angioina, la frontiera del regno era sottoposta ad una sorveglianza molto rigida, di tipo “sovietico” per citare Jean-Marie Martin14. Questo apparato di controllo doveva avere delle origini più antiche che si possono collocare nel regno di Guglielmo II (1166-1189). Sappiamo che nel punto di passaggio del conine presso Terracina – il ponte sul iume Sant’Anastasia – si raccoglieva in quei tempi una tassa, condivisa tra gli abitanti di Terracina e Fondi15 e, tra il 1176 e 1178, una lettera di Alessandro III conferma che i papi, da parte loro, avevano imposto una tassa di passaggio sui movimenti di merci ai conini dell’exclave pontiicia di Benevento16. Poi, a partire dal regno di Tancredi in poi, le informazioni diventano più regolari: così, l’abate di Casamari (nelle terre della Chiesa) fu esonerato, nel 1193, dal pagamento di passagium vel pedagium durante i suoi attraversamenti del conine17. Sembra altamente probabile che durante tutto il XII secolo la gestione dei punti di attraversamento del conine fosse organizzata al livello locale, senza intervento diretto delle autorità centrali. Da una parte, i compiti di sorveglianza territoriale erano esercitati dai castellani reali e dai feudatari, come era il caso nelle terre della Chiesa18, dall’altra, alcuni diritti iscali potevano essere riscossi dalle città e dai borghi coninari. Le fonti non diventano più dettagliate che a seguito delle riforme condotte nel regno da Federico II negli anni 1220 e ’30. Per cominciare, il Liber Augustalis del 1231 contiene una costituzione molto esplicita sulla questione la De intrantibus regnum, ut arma deponant, che stabilisce che le persone provenienti dall’estero non potevano portare con loro delle armi e, di più, dovevano essere informati di questo divieto, al momento del loro ingresso nel regno, da 13 Si veda T. Aebischer, L’ultimo conine pre-unitario: Stato Pontiicio-regno delle Due Sicilie. I verbali di demarcazione (1846-1847), Città di Castello 2012 e, sulla soppressione del conine e la formazione dell’attuale, Id., Un conine per il papa. Problematiche territoriali nella questione romana e conine dello Stato della Città del Vaticano, Roma 2009. 14 Martin, La frontière septentrionale cit., p. 293. 15 M.T. Caciorgna, Una città di frontiera: Terracina nei secoli XI-XIV, Roma 2008, p. 76. 16 Italia Pontiicia, ed. P.F. Kehr, VIII, Regnum normannorum - Campania, Berlin 1961, p. 186, n. 282. 17 Tancredi et Willelmi III Regum Diplomata, ed. H. Zielinski, Köln - Wien 1982, pp. 77-79, n. 32. 18 Si veda un caso concreto in P. Toubert, Les structures du Latium médiéval. Le Latium méridional et la Sabine du IXe à la in du XIIe siècle, Roma 1973, pp.1146-1147. APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it 498 Kristjan Toomaspoeg parte dei «nostri uficiali»19. Come nota Hermann Dilcher, il fatto che gli stranieri sarebbero dovuti essere istruiti sulla giurisdizione del paese rappresenta un caso senza precedenti, trattandosi peraltro dell’applicazione del principio di territorialità della legge20. Ma quello che ci interessa in questo momento è prima di tutto sapere chi erano gli “uficiali” menzionati dall’imperatore? L’amministrazione delle frontiere era in epoca federiciana compito dei giustizieri provinciali, quindi di quelli dell’Abruzzo e della Terra di Lavoro e, per quanto riguarda l’enclave beneventana, del giustiziere del Principato. Nel dicembre 1239, Federico II ordinò al giustiziere della Terra di Lavoro di vietare l’esportazione dei pesci e della canapa dal regno verso la provincia pontiicia di Campagna e di monitorare l’esecuzione di questo ordine e si felicitò con il giustiziere per la sua decisione di aumentare la sorveglianza sul territorio, in particolare sulla zone di conine21. Si assiste in questo caso ad un vero e proprio blocco commerciale, come si apprende anche due mesi più tardi, quando Federico II ordinò di sorvegliare bene la Torre di Sant’Anastasia, per impedire che si facesse passare dei viveri verso le terre delle Chiesa22. Nel mese di aprile seguente, il giustiziere si dovette occupare del caso di una serie di persone accusate di aver esportato degli ovini e del grano verso Campagna e di aver importato, sempre in modo illecito, del sale23. Quindi, il controllo sulle esportazioni e importazioni terrestre era esercitato dai giustizieri e fu a loro che l’imperatore indirizzava i lasciapassare che permettevano l’attraversamento della frontiera24. I giustizieri si occupavano anche dell’amministrazione dei castra e delle torri frontaliere, compresi quelli tenuti dai feudatari della corona25, e furono, così sembra, anche incaricati delle questioni relative alla demarcazione del conine. Non sappiamo da quanto tempo fosse esistito questo stato di cose: come nota Serena Morelli, il sistema di governo territoriale basato sui giustizieri datava in sostanza dal regno di Guglielmo II e fu ripristinato e rinforzato da Federico II26. Tuttavia, nel 1239-40, i giustizieri provinciali erano a loro volta sottoposti al capitano “al di qua della Porta di Roseto”, Andrea de Cicala, ovvero alle autorità militari. Cicala conduceva delle operazioni di guerra nell’Abruzzo, si occupava di una serie di castelli abruzzesi e campani, negoziava con i poteri stranieri e 19 «Statim per ofictiales nostros, cum intraverint, ipsis volumus hec exponi»: Die Konstitutionen Friedrichs II. für das Königreich Sizilien, ed. W. Stürner, Hannover 1996 [Monumenta Germaniae Historica, II, Leges, V, Constitutiones et acta publica imperatorum et regum, II, supplementum], pp. 161-162 (Liber I, XI). 20 H. Dilcher, Die sizilische Gesetzgebung Kaiser Friedrichs II. Quellen der Constitutionen von Meli und ihrer Novellen, Köln - Wien 1975, p. 101. 21 1239 dicembre 15, Il registro della cancelleria di Federico II del 1239-1240, ed. C. Carbonetti Venditelli, Roma 2002, pp. 272-275, n. 265. 22 1240 febbraio 8, ivi, pp. 535-536, n. 566. 23 1240 aprile 14, ivi, pp. 790-791, n. 897. 24 Ad esempio, il 5 maggio 1240 Federico II ordinò al giustiziere dell’Abruzzo di fare superare il conine all’ambasciatore di Lodi, sulla via di ritorno a casa, con due scudieri e tre cavalli: ivi, pp. 925-926, n. 1059. 25 1240 febbraio 6, ivi, p. 525, n. 552, 1240 febbraio 8, ivi, pp. 535-536, n. 566, 1240 febbraio 21, ivi, pp. 572-573, n. 609. 26 S. Morelli, I Giustizieri nel regno di Napoli al tempo di Carlo I d’Angiò: primi risultati di un’analisi prosopograica, in L’État angevin. Pouvoir, culture et société entre XIIIe et XIVe siècle, Actes du colloque international (Roma - Napoli, 7-11 novembre 1995), Paris 1998, pp. 491-517, qui p. 492. APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it «Quod prohibita de regno nostro non extrahant» 499 risiedeva personalmente nella zona di conine27. Allo stesso tempo, Cicala ebbe un ruolo anche nella sorveglianza delle esportazioni, dal momento che egli ammonì nel febbraio 1240 i giustizieri provinciali di impedire la vendita dei cavalli da guerra agli stranieri e l’uscita dei cavalli dal regno28. Peraltro, lo stesso imperatore si riservava un margine di intervento diretto negli affari frontalieri, sottoponendosi ad esempio la nomina e la destituzione dei castellani abruzzesi29. Gli ordini delle autorità superiori furono eseguiti dai militi dislocati nei castra e nelle torri al conine che costituivano l’effettiva forza di guardia e di controllo delle frontiere del regno. Nel dicembre 1239, Federico II approvò la proposta del capitano Cicala di equipaggiare i più importanti castelli frontalieri con degli uomini provenienti dalle altre parti del regno e non con degli abitanti locali (dell’Abruzzo o della Terra di Lavoro), facendo appello a tutti i giustizieri perché trovassero delle persone adatte al compito30. Questo sistema di rotazione – che esisteva come regola teorica per tutta l’amministrazione territoriale già sotto Ruggero II31 – fu effettivamente applicato, anche al livello leggermente più alto della società: così, nel 1240, quando si addobbarono nuovi cavalieri nella Terra d’Otranto, uno di loro fu inviato a custodire il castello di Sora, al conine32. Un mandato del febbraio 1240 ci fornisce delle informazioni, anche se indirette, sulle modalità di sorveglianza e di tassazione della frontiera: l’imperatore dava allora delle istruzioni ai portolani del porto di Garigliano: questi ultimi dovevano rispettare il divieto assoluto di esportare dei cavalli e muli dal regno e, per quanto riguardava gli altri animali, dovevano conformarsi alle tabelle nel loro possesso, con indicazioni dei percentuali del valore del bestiame da riscuotere come tassa. Per tutte le restanti mercanzie, i guardiani del porto dovevano percepire la settima parte del loro prezzo di vendita: l’imperatore insistette sul fatto che questa tassa dovesse essere riscossa in denaro contante e non in prodotti. Inine, i portolani dovevano tenere un registro degli esportatori e dei beni da loro trasportati33. Il mandato riguarda il trafico marittimo a breve distanza (il porto di Garigliano era un punto di raccordo tra la via luviale e quella marittima34), ma è più che probabile che le stesse regole siano state applicate anche per le esportazioni terrestri, il che fa supporre che avesse esistito un personale specializzato, equivalente ai portolani del Garigliano, nei luoghi di passaggio sul conine. Sembra altamente plausibile che vi siano state delle evoluzioni nel controllo dei conini 27 L’imperatore si felicitò con lui per questa scelta: «de mora tua per regni coninia placet nobis» (1239 dicembre 15, Il registro della cancelleria di Federico II cit., pp. 238-244, n. 249). Anche il giustiziere del Principato si era spostato nel 1239 a Montefusco, vicino all’enclave di Benevento (1239 dicembre 15, ivi, pp. 247-249, n. 253, 1240 gennaio 15, ivi, pp. 428-429, n. 450). 28 1240 febbraio 16, ivi, pp. 567-569, nn. 601-605. 29 1239 dicembre 15, ivi, pp. 238-244, n. 249. 30 Ibidem. 31 Bianchini, Della storia delle inanze cit., p. 52. 32 1240 febbraio 29, Il registro della cancelleria di Federico II cit., pp. 599-603, n. 629. 33 1240 febbraio 8, ivi, pp. 535-536, n. 566. 34 A differenza degli altri iumi del Mezzogiorno continentale, il Garigliano era parzialmente navigabile, grazie ad una portata d’acqua di 120 m3 al secondo (Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti, Roma 1929-1937, sub voce). APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it 500 Kristjan Toomaspoeg sotto i regni dei igli di Federico II: le fonti non offrono molte informazioni al riguardo, ma, generalmente, Corrado IV e Manfredi rinforzarono l’amministrazione preesistente in direzione di una più accentuata centralizzazione35. Si possiedono invece delle notizie piuttosto dettagliate sul funzionamento degli ufici dei portolani: nel gennaio del 1266 questi, insieme con le province iscali (segrezie) di Abruzzo, Puglia, Principato e Terra di Lavoro furono sottoposti direttamente al potente gran camerario del regno, Manfredi Maletta36. Doveva esistere un parallelismo tra le attività dei portolani, incaricati del trafico marittimo, e degli uficiali sovrapposti al controllo del conine terrestre, come era il caso in epoca angioina, ma su questo punto non possediamo delle informazioni suficienti. Le uniche indicazioni provengono dalla contabilità dell’ultimo segreto di Manfredi per Abruzzo, Puglia, Principato e Terra di Lavoro, Angelo de Vito, dell’anno 1266: allora, il segreto riscuoteva anche alcuni redditi frontalieri, ovvero i diritti di pedaggio di Ceprano, Antrodoco e Tagliacozzo (le somme riscosse non sono indicate), e aveva nel suo possesso due cavalli sequestrati al conine37. 2. Evoluzioni in epoca angioina ed aragonese L’amministrazione angioina delle frontiere si basava, da una parte, sui giustizieri che fungevano da autorità civile e giudiziaria intermediaria tra il re e gli uficiali incaricati della gestione dei punti di passaggio e, dall’altra, sui capitani di guerra che si occupavano delle difesa del territorio. L’innovazione più importante era la spartizione dei giustizierati di Terra di Lavoro, Abruzzo e Principato (coninante con l’enclave pontiicio di Benevento) in unità più piccole e più facili da controllare, tra le quali alcune consistevano esclusivamente in zone frontaliere38. A differenza del passato, il re intervenne adesso in modo sistematico e regolare nell’amministrazione dei singoli punti di passaggio. In un primo tempo, nel marzo 1267, Carlo I ordinò al castellano di Monticelli (Monte San Biagio, Lt) di custodire con l’aiuto di sei persone il passus Portelle, speciicando che si trattava di impedire l’estrazione di cavalli, armi ed altri articoli proibiti39. Poi, in aprile, il re si indirizzò in modo più generale a «universis passageriis per Aprutium constitutis»40 e, in settembre 1268, a «universis oficiali35 K. Toomaspoeg, L’amministrazione del demanio regio e il sistema iscale (1250-1266), in Eclisse di un regno. L’ultima età sveva (1251-1268), Atti delle diciannovesime giornate normanno-sveve (Bari, 12-15 ottobre 2010), a c. di P. Cordasco, M.A. Siciliani, Bari 2012, pp. 197-224. 36 Codice diplomatico del regno di Carlo I e II d’Angiò dal 1265 al 1309, ed. G. Del Giudice, Napoli 1863, II, 1, p. 3, n. 1. 37 RA, 1 (1950), pp. 103, 104 e 108. 38 Nell’ottobre 1273, il giustizierato di Abruzzo fu diviso in due sezioni, «al di qua» e «al di là» del iume Pescara (RA, 11 [1958], p. 4, n. 11 e p. 6, n. 17). Come nota Serena Morelli, questa divisione non era ancora deinitiva (Morelli, I Giustizieri nel regno cit., p. 493, nota 4): nel 1276 e 1280 vi fu effettivamente un giustiziere dell’Abruzzo ultra, ma nel frattempo e anche a seguito, la regione fu amministrata da un solo giustiziere. La divisione dell’Abruzzo non diventerà una regola che nel 1284 (si veda 1284 dicembre 14, RA, 27 (197980), p. 492, n. 16) e, proprio in quell’anno, anche la Terra di Lavoro fu divisa tra un giustizierato citra lumen Capue e un altro ultra lumen Capue (Morelli, I Giustizieri nel regno cit., p. 493, nota 4). 39 Martin, La frontière septentrionale cit., p. 299. 40 Ibidem. APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it «Quod prohibita de regno nostro non extrahant» 501 bus passageriis ac ceteris per Regnum Siciliam constitutis»41, mentre nel maggio 1269 si trattava di passagerii d’Acquaviva Picena42. Come sottolineano i lavori di Joachim Göbbels e Jean-Marie Martin ai quali mi riferisco su questo punto, esisteva dunque un corpo di passagerii che comprendeva sia gli uficiali che i semplici uomini d’armi a servizio del re e che si occupavano, come si evince dal tenore dei mandati citati, soprattutto del controllo delle esportazioni ed importazioni dei viveri e del bestiame e dell’uscita ed entrata delle persone dal e nel regno43. Dall’inizio dell’amministrazione angioina, la supervisione dei passi di conine fu conidata ad una categoria più speciica e meglio deinita di funzionari, sottoposti teoricamente ai giustizieri (che pagavano i loro stipendi) ma in realtà interlocutori diretti del re. Si tratta dei custodes e dei magistri passuum, oggetti di più di 600 mandati reali angioini ed aragonesi. Sembra probabile che questa tipologia di uficiali, sebbene forse con un altro nome, fosse esistita anche sotto Manfredi. Nel giugno 1269, la sezione del conine che andava dalla torre di Sant’Anastasia sino a Sora fu sottoposta ad un custos passuum proprio44; poi, per un certo tempo, tutta la frontiera terrestre fu controllata da un solo uomo, ma, dal 1271 in poi, esistevano sempre due maestri dei passi, uno per la Terra di Lavoro e l’altro per l’Abruzzo45. Göbbels46 e Martin47 hanno stilato l’elenco di questi funzionari per la prima epoca angioina, che si può prolungare ancora sino alla metà precisa del regno di Roberto (a seguito, le fonti sono troppo discontinue per poter condurre uno studio prosopograico). Si tratta, in questo periodo, di 26 uomini che sono quasi tutti ultramontani, salvo i casi di Sergio Siginulfo, Fazio da Napoli e Iacopo d’Aquino48. Quest’ultimo era l’unico ad essere nato nella zona di conine e, inoltre, quello la cui azione ha suscitato più critiche. Per il resto, si tratta per lo più di uomini con delle origini poco note, di tutt’evidenza non eccelse, come era il caso dei due maestri più attivi, Louis de Mons et Dreux de Bordel, e che talvolta usavano l’incarico del maestro dei passi per iniziare una carriera nell’amministrazione angioina49. 41 1268 settembre 17, RA, 1 (1950), pp. 162-163, n. 220. Martin, La frontière septentrionale cit., p. 299. Il termine di passagerii sarà utilizzato, in un senso generico, sino alla ine del Medioevo. 43 J. Göbbels, Das Militärwesen im Königreich Sizilien zur Zeit Karls I. von Anjou (1265-1285), Stuttgart 1984, pp. 83-89; Martin, La frontière septentrionale cit., p. 299. 44 Martin, La frontière septentrionale cit., p. 300. 45 Ibidem. Si veda anche R. Trifone, La legislazione angioina. Edizione critica, Napoli 1921, p. XLVII. 46 Göbbels, Das Militärwesen cit., p. 83-84. 47 Martin, La frontière septentrionale cit., p. 300. 48 Già Enrico VI aveva conidato l’amministrazione delle zone frontaliere del regno ai condottieri tedeschi (N. Kamp, Die deutsche Präsenz im Königreich Sizilien (1194-1266), in Die Staufer im Süden. Sizilien und das Reich, hrsg. v. T. Kölzer, Sigmaringen 1996, pp. 141-185, qui in particolare pp. 155 e 183); sotto gli Angiò, le terre di conine erano un’area privilegiata di insediamenti franco-provenzali (Morelli, I Giustizieri nel regno cit., p. 515). Un documento molto eloquente su questo argomento, dell’aprile 1280, è edito in Dokumente zur Geschichte der Kastellbauten Kaiser Friedrichs II. und Karls I. von Anjou, III, Abruzzen, Kampanien, Kalabrien und Sizilien, hrsg v. E. Sthamer, H. Houben, Tübingen 2006, p. 27, n. 1266: Carlo I ordina di sostituire il guarnigione di Montecalvo (Ap), composto da 10 ultramontani e 50 latini con un altro, consistente in 60 ultramontani, sottoposti ad un castellano di origine provenzale. 49 Si veda il caso di Louis de Mons: J. Göbbels, Delli Monti, Ludovico, in Dizionario Biograico degli Italiani, XXXVIII, Roma 1990, pp. 69-73. 42 APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it 502 Kristjan Toomaspoeg L’istituzione della guardia dei passi deve essere considerata nell’insieme delle strategie di gestione del territorio dell’epoca angioina. Se l’aspetto economico dell’uficio, ovvero il controllo delle esportazioni ed importazioni, è facilmente paragonabile con il lavoro dei portolani e doganieri nel settore marittimo, il ruolo dei custodes nella sorveglianza militare della frontiera risulta invece da una serie di misure prese da Carlo I e Carlo II per garantire la sicurezza nel regno. Nell’ottobre 1269, Carlo I creò una forza militare (presa in carica dalle città) per la sorveglianza delle strade50, ben documentata a seguito51, e, dal febbraio 1270, nel Principato, nella Terra di Lavoro e nell’Abruzzo esistevano anche i custodes stratarum52. Per quanto riguarda i maestri dei passi, essi possedevano sotto il loro comando un discreto numero di combattenti a cavallo e a piedi, noti come stipendiarii, custodes o subcustodes53. Così, nel 1273-74, Guillaume de Grollay comandava, nell’Abruzzo, tre scudieri e 60 soldati appiedati54, nel 1278, sempre nell’Abruzzo, Dreux de Bordel aveva 10 stipendiarii equites e 50 arcieri e Guillaume de Malassise, nella Terra di Lavoro, 7 scudieri a cavallo e 20 arcieri55, tutti originari del regno di Francia e della Provenza. Anche i 58 uomini d’armi a servizio di Maugier de Bussières nella Terra di Lavoro nel 1283 erano quasi tutti degli ultramontani56. Questi combattenti sono documentati lungo tutto il Medioevo, così ad esempio quel Cola Buczo da Chieti, «cavallaro in li passi» nell’Abruzzo nel 1444-4557. Come sempre, dietro la facciata di apparente eficacia dell’amministrazione angioina – nel nostro caso degli ufici dei maestri dei passi – si nascondeva una serie di debolezze interne e si assiste ai casi di evidente incapacità e di disonestà degli uficiali della corte e degli amministratori locali58. Per cominciare, sussisteva un conlitto di competenze con i giustizieri provinciali. Benché sottoposti di fatto al re e controllati direttamente dai maestri razionali, i maestri dei passi e i loro subalterni dovevano essere inanziati dai giustizieri: lo stipendio mensile di un maestro era di 3-4 once d’oro, di un combattente a cavallo di 2 once (talvolta anche una sola oncia) e di un soldato appiedato di 10-12 tarì, cosicché i due ufici, nell’Abruzzo e nella Terra di Lavoro, percepivano annualmente dalle 150 alle 400 50 1269 ottobre, RA, 5 (1953), p. 156, n. 239. Si vedano ad esempio RA, 3 (1951), p. 105, n. 80, RA, 6 (1954), p. 214, n. 1145, p. 228, n. 1211 e p. 229, n. 1218. 52 Martin, La frontière septentrionale cit., p. 299. 53 Così il 3 aprile 1281, RA, 25 (1978), p. 40, n. 175. 54 Göbbels, Das Militärwesen cit., p. 87. 55 Ibidem. 56 1283 febbraio 20, RA, 26 (1979), p. 237, n. 97. 57 Delle Donne, Burocrazia e isco cit., p. 339. 58 Si vedano E. Sthamer, Bruchstücke mittelalterlicher Enqueten aus Unteritalien. Ein Beitrag zur Geschichte der Hohenstaufen, Berlin 1933; M. Balard, Carlo I d’Angiò e lo spazio mediterraneo, in Le eredità normanno-sveve nell’età angioina. Persistenze e mutamenti nel Mezziogiorno, Atti delle quindicesime giornate normanno-sveve (Bari, 22-25 ottobre 2002), a c. di G. Musca, Bari 2004, pp. 85-100, qui p. 100, R. Alaggio, L’“incompiuta” di Brindisi tra burocrazia angioina e appalto protocapitalistico, in Puer Apuliae. Mélanges offerts à Jean-Marie Martin, a c. di E. Cuozzo, V. Déroche, A. Peters-Custot, V. Prigent, Paris 2008, I, pp. 11-25. 51 APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it «Quod prohibita de regno nostro non extrahant» 503 once d’oro per i soli stipendi59; a questa somma si aggiungevano quelle pagate ad esempio per sostituire i cavalli deceduti60. Dal 1276 in poi, abbiamo notizie di un conlitto in corso con i due giustizieri competenti che si riiutarono con diversi pretesti di trasferire ai maestri il denaro dovuto61. Joachim Göbbels suppose che, come risultato di queste dificoltà, dal 1277 gli ufici dei maestri dei passi non gravarono sulle casse dei giustizieri62; fonti successive, tuttavia, smentiscono questa teoria63. Un segno di dificoltà è il fatto insolito che, nel giugno 1284, il principe di Salerno avesse ordinato al maestro dei passi dell’Abruzzo di liquidare gli stipendi del suo uficio con le monete sequestrate al conine da alcuni mercanti64. Gli ufici dei maestri dei passi soffrivano di alcuni gravi problemi. In particolare, esistevano dei casi d’indisciplina: così, nel 1278, un custode del passo d’Isoletta era fuggito nello Stato pontiicio65 e, nello stesso anno, risulta che si continuasse a riscuotere le paghe degli stipendiarii da tempo deceduti o allontanati dall’uficio66. Inoltre, i custodi dei passi commettevano spesso e volentieri degli abusi contro la popolazione locale e le persone in transito. Così, nel 1276, Carlo I si vide costretto ad indire un’inchiesta sugli abusi ed eccessi commessi dai maestri dei passi nella Terra di Lavoro a cominciare dal 1266 e, nell’estate dell’anno successivo, fu realizzata un’altra inchiesta che aveva come compito quello di indagare sull’operato di tutti i funzionari reali nell’Abruzzo, comprese le località frontaliere come Arquata, Accumoli et Montereale67, seguita negli anni 1280 da altre ispezioni simili68. Dal risultato delle inchieste, il re ricavava una lunga lista di “regole di buona condotta” per gli uficiali della corte69 che comprende anche un passaggio sui maestri dei passi: questi ultimi erano obbligati a tenere una lista dei loro sottuficiali e presentarla al re per conferma, non dovevano in alcun caso oltrepassare i loro territori di competenza (che invece avevano fatto nel passato, catturando merci e bestiame in particolare ai mercati, alle iere, sui ponti e nelle strade). Adesso si prevedevano delle punizioni severe per i maestri e i loro sottoposti che avessero superato la striscia di terra lungo il conine a loro afidata70. Inoltre, i maestri dovevano trasmettere alla corte (e non ad altri) il bestiame e altri beni sequestrati. Tuttavia, i problemi continuavano a persistere: così, dagli anni 1290 in poi, si assiste ai ritardi o persino alle omissioni nella presentazione dei libri contabili dei maestri dei passi 59 1270 aprile, Göbbels, Das Militärwesen cit., p. 87; Martin, La frontière septentrionale cit., p. 301; 1276 marzo, Göbbels, Das Militärwesen cit., p. 87. 60 1276 maggio 11, RA, 13 (1959), pp. 235-239, n. 156. 61 Göbbels, Das Militärwesen cit., p. 87. 62 Ibidem. 63 1282 agosto 3, RA, 25 (1978), p. 94, n. 18, 1283 febbraio, RA, 26 (1979), p. 237, n. 97, 1289 settembre, RA, 32 (1982), p. 4, n. 21. 64 1284 giugno, RA, 27 (1979-80), p. 224, n. 110. 65 1278 febbraio 6, RA, 18 (1964), pp. 104-105, n. 205. 66 1278 giugno 26 e 1278 agosto 27, Göbbels, Das Militärwesen cit., p. 87. 67 1277 giugno 6, RA, 17 (1963), p. 97, n. 185 e 1277 luglio 8, ivi, p. 100-101, n. 191. 68 1280 febbraio, RA, 23 (1971), p. 217, n. 120 e 1289 settembre 27, RA, 32 (1982), p. 151, n. 112. 69 1282 giugno 10, Trifone, La legislazione cit., pp. 76-93, RA, 25 (1978), pp. 104-208, si vedano Göbbels, Das Militärwesen cit., p. 88 e Dalena, Passi, porti e dogane cit., p. 20. 70 Göbbels, Das Militärwesen cit., p. 88. APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it 504 Kristjan Toomaspoeg ai maestri razionali71 e l’operato di alcuni maestri raggiunse delle criticità sino ad ora inaudite: Iacopo d’Aquino, maestro nella Terra di Lavoro, fu messo sotto processo nel marzo 1294 non solo per aver omesso di trasmettere i suoi conti, ma anche per il trafico di contrabbando e per l’aggressione armata contro gli scudieri del suo successore72. Se aggiungiamo a queste problematiche il cambiamento della situazione geopolitica con la guerra dei Vespri, ben visibile anche ai conini terrestri del regno, risulta del tutto comprensibile l’intenzione di riformare l’intero sistema della custodia delle frontiere. Nel 1286-87, Gerardo da Parma, vicario del regno a nome di Carlo II, diede in appalto l’Oficium iurium et proventuum passuum tocius Aprutii73. Questo provvedimento che riguardava non solo i passaggi di frontiera, ma anche le barriere interne alla regione, sembra tuttavia essere rimasto eccezionale e limitato nel tempo, dal momento che nel giugno 1289 Carlo II nominò come maestro dei passi di Abruzzo un uficiale reale, Philippe d’Herville74; peraltro, non si possiede alcuna fonte simile riguardante la Terra di Lavoro. Poi, nell’ambito della riforma dell’amministrazione del regno voluta nel 1293 da Carlo Martello75, la custodia dell’Abruzzo fu divisa in due: Guy de Moustier fu incaricato di sorvegliare il conine da Antrodoco sino al Tronto e Guillaume de Bois la Valle Roveto, da Balsorano sino a Tagliacozzo76. Però, anche questa volta sembra che si fosse trattato di una misura provvisoria: già nel 1295, Manassé de Falaise era l’unico maestro dei passi dell’Abruzzo77 e il conine della Terra di Lavoro continuava ad essere afidato nel suo insieme sotto il controllo di Pierre de Crépant, sino al suo assassinio avvenuto alla ine del 1293 o all’inizio del 129478, e poi di Henri de Nanteuil79. In seguito, mentre diminuisce la quantità delle fonti disponibili, si assiste ad una certa oscillazione nell’amministrazione dei conini: nel 1301, l’uficio del magister passuum in Abruzzo passò al pisano Guglielmo di Recuperanza che era in contemporanea anche capitano dell’Aquila80, mentre nel 1306 e negli anni successivi il maestro non era altro che il giustiziere di Abruzzo ulteriore, Nicola di Roccaforte81. In Terra di Lavoro si trova invece, nel 1322, non un maestro ma un “capitano dei passi”82. Poi, nel 1325 e 133283, due mandati del re Roberto che trattano la questione degli esoneri sulle esportazioni via terra 71 1292 settembre-1293 agosto, RA, 43 (1996), p. 10, n. 47 e ivi, p. 48, n. 250. 1294 marzo, RA, 47 (2003), p. 248, n. 723. 73 1286-1287, Göbbels, Das Militärwesen cit., p. 88; Martin, La frontière septentrionale cit., p. 299. 74 1289 giugno 23, Martin, La frontière septentrionale cit., p. 300. 75 Si veda RA, 47 (2003), p. 124, n. 378. 76 1293 gennaio 12, RA, 44 (1998-99), pp. 192-195, n. 468 e ivi, p. 195, n. 469, p. 198, n. 477, p. 198, n. 478, 1293 gennaio 16, ivi, pp. 178-179, n. 444. 77 1295 giugno 7, Syllabus membranarum ad Regiae Siclae archivum pertinentium, II A Caroli II ad Roberti regnum pars prima in qua membrana a prid. id. ian. MCCLXXXV ad XI kal. ian. MCCC scriptae continentur, ed. A. De Aprea, Napoli 1832, pp. 158-159, n. 10, 1295 ottobre 25, ivi, p. 161, n. 4. 78 1294 luglio 2, F. Scandone, Roccasecca patria di S. Tommaso de Aquino, in «Archivio storico di Terra di Lavoro», 1 (1956), pp. 33-176, qui, p. 146, n. XC. 79 1294 marzo 12, RA, 47 (2003), p. 248, n. 723. 80 1301 dicembre 8, Syllabus membranarum cit., p. 65, n. 2. 81 1306 maggio 18, ivi, p. 148, n. 1, 1308 marzo 3, ivi, p. 202, n. 7. 82 1322 gennaio 9, Scandone, Roccasecca cit., p. 174, n. CXLIV. 83 1325, Abbazia di Montecassino. I regesti dell’archivio, III, Aula II: Capsule I-VII. Fondo di S. Spirito del 72 APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it «Quod prohibita de regno nostro non extrahant» 505 non sono indirizzati ai responsabili dei passi ma agli appaltatori iscali della corona nell’Abruzzo e nella Terra di Lavoro, il che autorizza a pensare che gli ufici siano stati, questa volta davvero, concessi in appalto ai privati, come avveniva anche nel settore marittimo84. Solo verso la ine del regno di Giovanna I, molti decenni più tardi, appaiono di nuovo nelle fonti «stipendiarii oficialii nostri ordinati in passibus Aprutii»85. Poi, dal Giornale del cancelliere Jean Le Fèvre impariamo che nel novembre 1385 Marie de Blois, madre del piccolo Luigi II d’Angiò, durante i preparativi della conquista del regno di Sicilia nominò Francesco Zurlo nell’uficio della «capitania passuum et grassie regni Sicilie»86 (in realtà si trattava solo dell’Abruzzo), in sostituzione di Luigi Taccono dell’Aquila, e nell’agosto 1387 sostituì allo stesso modo il cavaliere Giovanni da Roma con Antonuccio Pagano da Nocera nell’incarico del capitano dei passi della Terra di Lavoro87. Tuttavia, già nel maggio 1388, entrambi gli ufici passarono ad un ultramontano, Eustache de Bonneville detto L’Ermite88. Marie de Blois nominò anche altre persone, tutti degli stipendiati della corona e non degli appaltatori, negli incarichi di passagerii passus et grassie di singole località89. Si possono distinguere due categorie di passagerii, ovvero i cavalieri e scudieri destinati direttamente all’uficio del capitano dei passi90 e gli impiegati iscali, equivalenti di doganieri odierni, incaricati di sorvegliare determinati territori. Si trattava naturalmente di nomine “virtuali”, fatte da una corte che doveva ancora prendere il possesso del regno e che non riuscirà mai del tutto in questo intento. Peraltro, anche gli avversari di Luigi II non mancarono di nominare dei propri uficiali al presidio dei conini: così Ladislao I trasmise nel settembre 1389 la capitania dei passi della Terra di Lavoro ad un notaio, Raone de Frassis91. Le nomine di Marie de Blois sono tuttavia molto signiicative, perché esse concordano con l’immagine dell’amministrazione delle frontiere fornita dalle fonti, più abbondanti, del XV secolo. Inoltre, troviamo nel 1387 la prima attestazione della cessione dei diritti doganieri ai privati, non in forma di appalto, ma come una concessione tout court: si tratta del diritti di «ius pedagii seu passagii per curiam consuetum percipi» dell’Isola Liri, concesso ad un originario d’Arpino92. Morrone, parte I: sec. XI-XV, ed. T. Leccisotti, Roma 1966, p. 169, 1332 ottobre 6, Trifone, La legislazione angioina cit., pp. 249-251, n. 168. 84 G. Yver, Le commerce et les marchands dans l’Italie méridionale au XIIIe et au XIVe siècle, Paris 1903, pp. 48-49. 85 (1381), C. Minieri-Riccio, Notizie storiche tratte da 62 registri angioini dell’Archivio di Stato di Napoli, Napoli 1877, p. 81. 86 1385 novembre 13, Journal de Jean Le Fèvre, évêque de Chartres, chancelier des rois de Sicile Louis I et Louis II d’Anjou, éd. H. Moranvillé, I, Paris 1887, p. 196, 1386 luglio 18, ivi, p. 300. 87 1387 agosto 27, ivi, p. 386. 88 1388 maggio 27, ivi, p. 526. 89 1386 gennaio 2, ivi, p. 217, 1386 gennaio 15, ivi, p. 223, 1387 settembre 27, ivi, p. 427, 1387 ottobre 6, ivi, p. 436. 90 1386 luglio 17, ivi, p. 299, 1387 maggio 10, ivi, pp. 342-343, 1387 luglio 2, ivi, p. 362, 1387 agosto 21, ivi, p. 390, 1387 settembre 26, ivi, p. 425, 1387 ottobre 14, ivi, p. 442, 1387 ottobre 15, ivi, p. 445, 1387 novembre 2, ivi, p. 454. 91 1389 settembre 23, Abbazia di Montecassino. I regesti dell’archivio, II, Aula III: Capsule VIII-XXIII, ed. T. Leccisotti, Roma 1965, p. 147, n. 23. 92 1387 ottobre 6, Journal de Jean Le Fèvre cit., p. 433. APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it 506 Kristjan Toomaspoeg In epoca aragonese, l’amministrazione di Alfonso V riprese il sistema preesistente, tornando al rigore dei primi re angioini. Infatti, le fonti aragonesi, in particolare il registro incompleto della cancelleria del 1451-5293 e la raccolta (parziale) dei lasciapassare degli anni 1458-146994, offrono diverse centinaia di mandati riguardanti la frontiera terrestre, che ci riportano al sistema in vigore sotto Carlo I, con qualche piccola aggiunta. Così, i mandati sono indirizzati ai «custodi dei passi, dei ponti, delle scafe95 e delle cose proibite», derivando quest’ultimo termine dall’istituzione catalana delle coses vedades96. Tuttavia, l’amministrazione della frontiera non mancava di subire delle evoluzioni più consistenti: in un primo tempo, era lo stesso re ad impartire ordini ai custodi dei passi, ma dopo pochi anni dalla presa di potere da parte di Alfonso il Magnanimo, la riscossione delle tasse di passaggio e la sorveglianza generale del trafico delle merci e delle persone al conine spettava esclusivamente alla Regia Camera della Sommaria97 e gli ordini furono dati dal gran camerario del regno, a capo di questa istituzione. Questa prassi, a prima vista innovativa, non fece in realtà che confermare la dipendenza dei passi di conine dall’apparato iscale del regno, visibile già sotto Manfredi e consolidata sotto gli Angiò, quando i maestri dei passi dovevano presentare i loro conti ai maestri razionali della gran corte. Come prima, anche sotto gli Aragonesi, i passi non erano esclusivamente i passaggi di conine, ma anche le barriere interne al regno e la loro amministrazione regionale si basava su un capitaneus et magister passuum et grassie dell’Abruzzo, le due provincie comprese, e su un equivalente nelle due provincie della Terra di Lavoro, sottoposti al gran camerario del regno98 e assistiti dai passagerii a cavallo o a piedi99. Rimane da notare che questo sistema fu mantenuto senza mutamenti consistenti anche nel Cinque- e Seicento. 3. La tassazione Il Regno di Sicilia era precursore dell’epoca moderna in diversi settori di vita pubblica, compresa la iscalità sulle importazioni ed esportazioni dei beni. Questo argomento è stato affrontato soprattutto nel quadro delle esportazioni marittime, in primis quelle dei cere93 Il “Codice Chigi”. Un registro della cancelleria di Alfonso I d’Aragona re di Napoli per gli anni 14511453, ed. J. Mazzoleni, Napoli 1965. 94 Dalena, Passi, porti e dogane cit. 95 Ovvero i punti di attraversamento dei iumi: si vedano Fonti aragonesi, XII, Pro partibus - Quarta pars processuum passuum Regni a. 1367-1480, ed. L. Castaldo Manfredonia, Napoli 1983, p. IX, si veda anche L. Serra, Diritto di transito sulle scafe di Montecassino nel medio evo, in «Rivista italiana di ragioneria», 11-12 (1999), pp. 646-653. 96 A. Pinto, La maîtrise des ports et des passages terrestres en Roussillon à la in du Moyen Âge: contrôle et taxation du commerce des marchandises, in Douanes, États et Frontières dans l’Est des Pyrénées de l’Antiquité à nos jours, éd. G. Larguier, Perpignan 2005, pp. 41-59, qui pp. 46-47. 97 Delle Donne, Burocrazia e isco a Napoli cit., p. 102. 98 Si veda, ad esempio, 1444 ottobre 16, Fonti aragonesi, IV, Frammenti dei registri Commune Summariae (1444-1459). Frammenti di cedole della tesoreria di Alfonso I (1446-1448), ed. C. Salvati, Napoli 1964, p. 11-12, n. 45. 99 1458 dicembre 16, Fonti aragonesi, XIII, Frammenti dei registri Curie Summarie degli anni 1463-1499, ed. C. Vultaggio, Napoli 1990, pp. 69-71, n. 7 e 1473 maggio 26, ivi, 88-89, n. 4. APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it «Quod prohibita de regno nostro non extrahant» 507 ali, un ambiente dove si assiste alla presenza precoce, dall’epoca normanna, delle dogane portuali ben organizzate100 e all’esistenza di una politica iscale vera e propria101. Lo stato della ricerca è ben diverso per quanto riguarda l’esportazione e l’importazione del bestiame, dei viveri e degli altri beni attraverso il conine terrestre con gli Stati della Chiesa. Questo settore è stato preso meno in considerazione, perché secondo l’opinione del tutto condivisibile degli storici, il trafico ponderoso (del grano in particolare) passava per il mare e la frontiera terrestre aveva di conseguenza un ruolo secondario nel commercio del regno102. Ma è pur vero che i trasporti via terra riguardavano due articoli molto importanti, ovvero gli animali di ogni genere e le mercanzie preziose ma di piccolo volume103. Inoltre, il trasporto terrestre era certamente più adatto per il commercio locale, ad esempio tra la Terra di Lavoro e la provincia pontiicia di Campagna e Marittima104, o tra i grandi poli economici come Rieti e l’Aquila e, come nota Eleni Sakellariou, le vie terrestri erano, tutto sommato, anche più sicure di quelle marittime105. La frontiera era una fonte di redditi per il regno, ma anche per gli abitanti delle zone di conine: per prendere un solo esempio, Tagliacozzo, che si era distinto come primo fortilizio importante situato sulla via Tiburtina Valeria al di qua del conine106, era nel XV secolo tra le venti città più estese del Mezzogiorno continentale107. La tassa sulle esportazioni via terra, deinita in epoca normanna come passagium o pedagium, fu oggetto delle riforme introdotte da Federico II all’inizio degli anni Trenta del Duecento e fu da questo momento in poi indicato come ius exiture, ius ultime exiture, exitura, ius pedagii o passagium108, nel XV secolo raramente anche datium sive gabella a transeuntibus109. L’ammontare della tassa variava secondo i singoli articoli. La tassa sul bestiame (salvo i cavalli dei quali si vietava l’esportazione) fu tenuta da Carlo I a 1/5 del prezzo di vendita110, ma nel 1306 si era elevata a 1/4 del prezzo111: è da notare che questa tassa si poteva riscuotere sia in denaro che in percentuale dei prodotti o capi di bestiame. 100 Dalena, Passi, porti e dogane cit., pp. 119-128. Si veda il sempre utile W.A. Percy, The indirect taxes of the medieval kingdom of Sicily, in «Italian quarterly», 22 (1981), pp. 73-85. 102 Martin, La frontière septentrionale cit., p. 292. 103 Ibidem; Sakellariou, Southern Italy in the Late Middle Ages cit., p. 131. 104 La vivacità di questo commercio è ben attestata dalle fonti, ad esempio quando, nel 1333, due cittadini d’Itri, nella Campagna pontiicia, conclusero una società per commerciare l’olio, via terra, tra Gaeta ed Itri: 1333 ottobre 29, Codex diplomaticus Cajetanus, III, Montecassino 1958 [Tabularium casinense editus cura et studio monachorum s. Benedicti archicœnobii Montis Casini, 3], p. 80, n. 456. 105 Sakellariou, Southern Italy in the Late Middle Ages cit., p. 131. 106 F. Allegrezza, Un dominio di frontiera: la costituzione del patrimonio degli Orsini tra terre della Chiesa e regno dal XII al XV secolo, in Une région frontalière au Moyen Âge. Les vallées du Turano et du Salto cit., pp. 327-342, qui p. 331. 107 Sakellariou, Southern Italy in the Late Middle Ages cit., pp. 494-495 (Appendix G). 108 Bianchini, Della storia delle inanze cit., I, pp. 39-40, 80-81, 121-124, 128-130 e 196, Yver, Le commerce et les marchands cit., pp. 46-48 e 101-102, J.M. Powell, Medieval Monarchy and Trade: the Economic Policy of Frederick II in the Kingdom of Sicily, in «Studi medievali», s. III, 3 (1962), pp. 420-524, qui p. 486. 109 1467 marzo 20, Fonti aragonesi, XII cit., pp. 41-42, n. 30. 110 1276 agosto 4, Göbbels, Das Militärwesen cit., p. 86; 1278 settembre-1279 agosto, ivi, pp. 86-87. 111 1306 giugno 30, V. Balzano, Documenti per la storia di Castel di Sangro, in «Bullettino della regia deputazione abruzzese di storia patria», 25 (1935), pp. 41-168, qui pp. 86-87, n. 81. 101 APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it 508 Kristjan Toomaspoeg Si possiedono anche delle tabelle che indicano le tasse percepite su singoli animali o prodotti: la più antica è contenuta nel rendiconto dell’uficio del maestro dei passi della Terra di Lavoro dell’anno indizionale 1300-01112. Le fonti disponibili indicano una sostanziosa diminuzione delle tariffe nel corso del tempo113, in linea con la teoria di Eleni Sakellariou sulla politica economica dei re aragonesi, intesa a facilitare le esportazioni114. Rimane tuttavia il dubbio che queste tariffe non fossero state del tutto dissimili a quelle applicate nello Stato pontiicio115 e che la loro diminuzione potesse avere origini in epoca angioina. Per Sakellariou, gli Aragonesi erano i primi ad esercitare una sorta di politica economica, considerando ogni varietà di tasse di passaggio, vectigalia, come ostacolo al commercio116 e tentando persino, nel 1471, di abolirle, senza esito117. Sempre nella stessa logica, le tasse sulle importazioni rimasero invece immutate e forse subirono persino delle maggiorazioni118. Le tariffe dei singoli luoghi di passaggio potevano variare a beneicio o a scapito dei viaggiatori119. Sotto gli Aragonesi, si percepivano tasse su mercanzie come grano, vino, pesce, sale, lardo, carne salata, formaggio, zafferano, pepe, panni colorati, lana, canapa, cuoio e pellame, olio, arance, meloni, ichi, castagne, lupini, cavoli, noci, ferro lavorato e non lavorato, rame, ceramica, corde e funi, coperte, sapone ecc. Inoltre, la tassazione interessava anche una categoria particolare di persone: nel 1467, a Macchia, si riscuotevano 10 grani (ovvero un carlino) e tra il 1465 e 1480 ad Itri 12 grani per ogni prostituta di passaggio120. Allo stesso tempo, sul passaggio degli schiavi si pagava lo ius exiture, ma solo quando questi erano destinati ad essere venduti121. A differenza di altre regioni, gli Ebrei del Mezzogiorno erano, almeno nel XV secolo quando la presenza delle loro comunità, di antichissima data, divenne particolarmente importante sia nelle terre della Chiesa che nel regno122, esonerati dalle tasse di passaggio, 112 Trasformando le somme per comodità in iorini di Firenze (l.), per ogni 100 ovini si percepivano 7,5, per 100 suini 15, per 100 vacche 50 e per 100 buoi ben 80 l. (C. Minieri-Riccio, Studi storici fatti sopra 84 registri angioini dell’Archivio di Stato di Napoli, Napoli 1876, p. 26). Nel 1327, si pagavano invece 2 l. per ogni cento ovini (Bianchini, Della storia delle inanze cit., p. 121); nel 1450 si riscuoteva la decima parte del valore degli equini e 24 l. per ogni 100 vacche o giumente e, nel 1467, 16 l. per 100 buoi, 2,5 l. per ogni cavallo da sella, 1 l. per ogni giumenta e 2,5 l. per 100 ovini o suini (Fonti aragonesi, XII cit., pp. 47-48, n. 40 e pp. 86-88, n. 82). 113 Bianchini, Della storia delle inanze cit., p. 121. 114 Solo su alcuni prodotti strategici molto richiesti sui mercati internazionali, come il grano, si mantenevano alte tasse di esportazione: Sakellariou, Southern Italy in the Late Middle Ages cit., p. 182. 115 J.-C. Maire-Vigueur, Les pâturages de l’Église et la douane du bétail dans la province du Patrimonio (XIVe-XVe siècles), Roma 1981, p. 125. 116 Sakellariou, Southern Italy in the Late Middle Ages cit., p. 165. 117 Bianchini, Della storia delle inanze cit., pp. 196-197, Sakellariou, Southern Italy in the Late Middle Ages cit., pp. 180-181. Questi diritti sono in realtà rimasti in vigore sino al 1792 (L. Serra, I diritti di passo nel regno di Napoli e le tariffe su pietra nel Molise, Cassino 2006, p. 7). 118 Nel 1467-69 nella dogana di Fondi si tassavano molto di più i tessuti importati che le esportazioni dei prodotti locali (Sakellariou, Southern Italy in the Late Middle Ages cit., pp. 181-182). 119 Ivi, p. 168 120 Si vedano ad esempio Fonti aragonesi, XII cit., pp. 93-94, n. 85, pp. 100-102, n. 113 e p. 102, n. 115. 121 1447 luglio 25, Delle Donne, Burocrazia e isco cit., pp. 279 e 452; 1458 ottobre 9, ivi, p. 276. 122 M.T. Caciorgna, Marittima medievale. Territori, società, poteri, Roma 1996, pp. 115-153. APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it «Quod prohibita de regno nostro non extrahant» 509 in modo speciico sulla frontiera123, ma questo esonero valeva solo per gli Ebrei regnicoli. Nel 1468, tuttavia, Ferrante allargava questo privilegio anche a quelli che avessero scelto di insediarsi nel regno124. Come nell’ambito del trafico marittimo, anche in quello delle esportazioni via terra si possono osservare delle transazioni di rilievo rese possibili grazie alle licenze d’esportazione concesse dalla corte reale. Le licenze speciicavano sempre la quantità del bestiame e delle merci trasportate e, a cominciare dal regno di Carlo I, anche la validità della concessione nel tempo. Quest’ultima condizione mutò in epoca aragonese, salvo poche eccezioni, nell’obbligo di consegnare la lettera reale che autorizzava l’estrazione al «custode dell’ultimo passo del regno»: se l’esportazione aveva luogo in diversi tempi, i custodi dovevano annotare man mano sul verso della lettera le quantità esportate e, una volta raggiunto il totale, trattenere il documento. Oltre ai mandati reali o agli ordini della Camera della Sommaria, si possiedono anche alcuni esemplari delle ricevute rilasciate agli esportatori: così nel giugno del 1295, il maestro dei passi dell’Abruzzo, Manassé de Falaise, assistito da un giudice e da un notaio da Pescara, confermò di aver ricevuto da alcuni mercanti la tassa pagata per fare uscire 20 buoi dal passo della Torre del Tronto125. Le fonti angioine ed aragonesi indicano dei trafici piuttosto intensi sulla frontiera terrestre: ad esempio, già nel novembre e dicembre 1266, la cancelleria di Carlo I emise una serie di salvacondotti a beneicio di numerosi mercanti iorentini, esonerati dagli iuribus passagiorum126. Nel 1268 i Pisani estrassero dal regno 100 bovini e 4.000 ovini127 e il mercante romano Pietro de Zizaro altri mille castrati ovini128, mentre, nel 1276, tre mercanti romani estraevano ben 3.000 ovini129, per non indicare che le fonti più antiche. Il controllo delle esportazioni riguardava peraltro anche i beni della stessa corte reale, così, nel 1270, Carlo I fece attraversare il conine a mille ovini destinati alla sua cucina130 e, nel 1276, mentre risiedeva a Roma, fece emettere una serie di mandati per farsi portare dei viveri, soprattutto dei pesci del lago del Fucino131. Questi ultimi, molto apprezzati al di là del conine, furono in seguito inviati anche alla curia pontiicia132. 123 B. Ferrante, Gli statuti di Federico d’Aragona per gli ebrei del regno, in «Archivio storico per le province napoletane», 97 (1979), pp. 131-184, qui pp. 152-153, Fonti aragonesi, XIII cit., pp. 88-89, Delle Donne, Burocrazia e isco cit., p. 240. 124 1473 maggio 26, Fonti aragonesi, XIII cit., pp. 88-89, n. 4: si ammonisce il custode del passo di San Germano che aveva costretto due Ebrei a pagare le tasse. 125 1295 giugno 7, Reg. Syllabus membranarum cit., p. 157, n. 6. Nell’agosto dello stesso anno, de Falaise diede un’altra ricevuta al mercante Berardo de Cambiano che aveva pagato il ius exiture per portare 1.100 animali di piccola taglia alla corte pontiicia ad Anagni (1295 agosto 15, ivi, pp. 158-159, n. 10; poi, in ottobre, fu il turno di Pietro Paolo de Urbe con 500 animali di piccola taglia (1295 ottobre 25, ivi, p. 161, n. 4) e nel marzo 1296, di una serie di mercanti intenti di esportare 500 ovini (1296 marzo 16, ivi, pp. 166-167, n. 1). 126 1266 novembre 5-dicembre 16: RA, 1 (1950), pp. 26-27, n. 10 e 11, pp. 46-47, n. 75 e 76. Altri gruppi di mercanti muniti di un salvacondotto erano gli 88 Romani entrati nel regno nel 1268 (ivi, pp. 149-152), seguiti da altri Romani, Fiorentini, Senesi, Pistoiesi e Lucchesi (ivi, pp. 154-158 e successive). 127 1268 aprile 24, ivi, p. 159, n. 202. 128 1268 settembre 17, ivi, pp. 162-163, n. 220. 129 1276 agosto 4, Göbbels, Das Militärwesen cit., p. 86. 130 1270 febbraio 27, Martin, La frontière septentrionale cit., p. 299. 131 1276 gennaio 13, RA, 13 (1959), p. 95, n. 223 e 224; 1276 febbraio 2, ivi, p. 98, n. 234. 132 1276 febbraio 9, ivi, p. 98, n. 238. APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it 510 Kristjan Toomaspoeg Le esportazioni ed importazioni, sia per mare che per terra, subirono le inluenze delle alleanze commerciali dei re, ad esempio con i Fiorentini133, ma anche dei rapporti intrattenuti con alcuni grandi centri del lato pontiicio del conine, talvolta favoreggiati, talvolta penalizzati dalla politica commerciale. Così, dal 1267, i Reatini potevano esportare del bestiame (ad eccezione dei cavalli da guerra) e viveri dal regno, ma non furono esonerati dalle tasse corrispondenti134. Gli esoneri erano peraltro piuttosto rari: così, nel giugno 1271 si autorizzava a dei mercanti romani l’estrazione esentasse di 3.000 salme di grano per rimediare alla carestia della quale soffriva la loro città135. Ne beneiciarono talvolta i monasteri136, alcuni ordini religiosi137 o i rappresentanti di grandi dinastie nobiliari proprietari di terre in entrambi gli Stati o semplicemente oggetto di favori della corte, come i Gaetani e gli Orsini138. Anche la corte pontiicia ricevette, sebbene a titolo eccezionale, qualche favore, quando si trattava di portare viveri per le cucine del papa139. Vi erano naturalmente anche dei casi speciali, come nel giugno 1306, quando Gentile di Sangro poté vendere all’estero 2.000 pecore per coprire la dote della propria iglia140. Gli esoneri riguardavano il più spesso le esportazioni di grano, bestiame, cavalli e monete: così, nel 1451, gli inviati di Federico di Montefeltro potevano portare fuori dal regno 5.000 ducati d’oro e d’argento141. Una notevole eccezione — per il numero di esoneri ricevuti — è costituita dal caso del monastero di Santo Spirito del Morrone che ottenne, al momento dell’elezione di Celestino V (Pietro del Morrone), il diritto di portare i suoi ovini e bovini esentasse e per un tempo indeterminato dalle terre della Chiesa nel regno e viceversa: questa concessione favoriva la transumanza tra l’Abruzzo e il Lazio142. La grande transumanza tra le pianure laziali e la montagna abruzzese è un leitmotiv 133 Si veda ad esempio il mandato del 14 maggio 1269 ai custodi del passo di Acquaviva Picena: «Nos [...] mercatores eosdem obtentu comunis Florentie speciali benevolentia prosequimur et favore» (RA, 2 (1951), p. 76, n. 268). Dall’altra estremità cronologica, si veda la decisione della Camera della Sommaria del 1493: i Fiorentini «possano uscire da li passi del regno senza mostrare bullecta, et che de cavalli de vinti ducati in bascio non doneno pleggiaria né astritti a pagare li dieci per cento» (Delle Donne, Burocrazia e isco cit., p. 305). 134 1267 marzo 4, RA, 1 (1950), p. 70, n. 181; 1267 aprile 13, ivi, p. 86, n. 245. 135 1271 giugno 2, RA, 6 (1954), p. 231, n. 1232; 1271 giugno 5, ivi, p. 234, n. 1246. Ma, nel maggio 1277, quando si permise l’uscita di 5.000 ovini e 300 bovini pro Romani fertilitate populi, il bestiame era sottoposto al pagamento delle tasse: 1277 maggio 22, RA, 16 (1962), p. 58, n. 192. 136 Prendiamo, fra altri, i casi di Casanova (RA, 6 [1954], p. 264, n. 1434), Casamari e San Domenico di Veroli (RA, 16 [1962], p. 96, n. 328), Fossanova (RA, 18 (1964), p. 163, n. 344) e di privilegiatissimo Santa Maria della Vittoria (RA, 18 [1964], p. 171, n. 369; ivi, 47 [2003], pp. 147-148, n. 431) o di Montecassino (Abbazia di Montecassino. I regesti dell’archivio cit., II, p. 14, n. 26). Si trattava sempre di autorizzazioni per esportare animali o viveri allevati e prodotti nelle proprie terre e non di privilegi di natura commerciale. 137 Ad esempio i Giovanniti nel XV secolo, in particolare per quanto riguarda l’estrazione dell’olio (Delle Donne, Burocrazia e isco cit., p. 273). 138 1271 giugno 5, RA, 6 (1954), p. 234, n. 1247; 1301 novembre 4, Pollastri, Les Gaetani de Fondi cit., n. 51, p. 180; 1441 maggio 12, C. De Cupis, Regesto degli Orsini, in «Bollettino della real Deputazione abruzzese di storia patria», 4 (1912), pp. 195-262, qui p. 209. 139 1278 aprile 20, RA, 18 (1964), n. 51, pp. 23-24; 1281 marzo 15, RA, 24 (1976), p. 153, n. 83; 1281 aprile 19, Göbbels, Das Militärwesen cit., p. 86. 140 1306 giugno 30, Balzano, Documenti per la storia di Castel di Sangro cit., pp. 86-87, n. 81. 141 1451 ottobre 11, Il “Codice Chigi” cit., pp. 125-126, n. 118. 142 P. Herde, Celestino V (Pietro del Morrone) 1294. Il papa angelico, L’Aquila 2004, pp. 254-255, n. 4 e p. 138 nota 209. Si veda anche la conferma di Roberto dell’anno 1325 incirca: Abbazia di Montecassino. I regesti dell’archivio cit., III, p. 169, e p. 173 n. 422. APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it «Quod prohibita de regno nostro non extrahant» 511 della documentazione angioina ed aragonese sulla frontiera. Le fonti diventano numerose su questo soggetto a cominciare dagli anni 1270143, sia nel regno che nello Stato pontiicio144. I pascoli abruzzesi, soprattutto nella catena montuosa tra Leonessa ed Amatrice, accoglievano, da novembre a maggio, il bestiame stagionale da due lati diversi, essendovi dall’epoca normanna documentata anche la presenza degli allevatori del Tavoliere145. Nel XV secolo, dopo la creazione della Dogana delle pecore, il bestiame transumante fu esonerato da tutti i pedaggi146, essendo soggetto ad una tassa speciica147. Una delle funzioni essenziali dell’amministrazione frontaliera era quella di servire da deterrente all’uscita o all’ingresso di una serie di articoli “proibiti”, tra i quali spiccavano i cavalli, dotati già dai normanni di un valore strategico. La loro estrazione dal regno, via terra e via mare, era vietata in modo permanente da prima del 1240148: in questo anno, l’interdizione riguardava tutte le varietà di equini, compresi i muli, ma si focalizzava chiaramente sui cavalli da guerra (equos ad arma). La differenza del prezzo tra un cavallo “normale” e un cavallo da guerra equipaggiato era peraltro notevole: dalle 1-2 once d’oro nel primo caso si passava alle 3-12 once nel secondo. Anche quando si cominciava ad autorizzare l’uscita dei cavalli comuni, il divieto rimase in vigore, per tutto il Medioevo, per quelli di un valore superiore alle 3 once d’oro149. Si potevano estrarre unicamente i cavalli necessari per il proprio viaggio e solo con l’autorizzazione esplicita del re, delle quali si possiedono numerosissimi esemplari150. Quando un viaggiatore entrava nel regno, il numero e le caratteristiche delle sue cavalcature erano scrupolosamente registrate negli appositi quaderni dai custodi dei passi: all’uscita, nel viaggio di ritorno, le informazioni dovevano combaciare. Vi furono sempre quelli che cercavano di aggirare il divieto: nel 1293 Carlo II impose ai mercanti di cavalli di Sulmona e Pescara o altrove nell’Abruzzo il pagamento di una cauzione per evitare che costoro o i loro “uomini di paglia” facessero uscire gli animali dal regno; chi riiutava il pagamento doveva essere immediatamente arrestato151. Il sistema di controllo divenne a 143 Martin, La frontière septentrionale cit., p. 298. Si veda in particolare Maire-Vigueur, Les pâturages de l’Église cit. 145 Yver, Le commerce et les marchands cit., pp. 100-101. Su questa tematica si veda R. Licinio, Masserie medievali. Masserie, massari e carestie da Federico II alla dogana delle pecore, Bari 1998. 146 Minieri-Riccio, Notizie storiche tratte da 62 registri cit., p. 85; RA, 13 (1959), p. 108, n. 281; Fonti aragonesi, XIII cit., p. 213, nota 2; Delle Donne, Burocrazia e isco cit., p. 269; si veda Bianchini, Della storia delle inanze cit., p. 188. 147 Delle Donne, Burocrazia e isco cit., pp. 204 e 270. 148 1240 febbraio 8, Il registro della cancelleria di Federico II cit., pp. 535-536, n. 566. 149 1278 aprile 12, RA, 18 (1964), p. 23, n. 50; 1278 aprile 17, ivi, pp. 140-141, n. 288. Questo divieto fu regolarmente ribadito, così ad esempio dal principe di Salerno il 27 aprile 1284 (RA, 27 [1979-80], p. 72, n. 460), separatamente anche ai Provenzali e Francesi (1284 aprile 29, ivi, p. 72, n. 461). Si veda anche Yver, Le commerce et les marchands cit., pp. 102-103. Il 5 dicembre 1450 si indicava come limite del prezzo la somma di 20 ducati, ovvero 3,3 once d’oro: Delle Donne, Burocrazia e isco cit., pp. 231-232. 150 Per non dare che due esempi tra qualche centinaia che sono documentati, il 2 luglio 1281, l’abate di Montecassino ottenne il diritto di portare con sé a Roma 40 cavalli tra i quali 7 cavalli da guerra (RA, 25 [1978], p. 59, n. 268) e nel 1468, una delegazione del duca di Savoia uscì dal regno con sei cavalli (1468 giugno 7, Dalena, Passi, porti e dogane cit., p. 216). Simili autorizzazioni furono emesse per l’estrazione dei cavalli via mare: si veda ad esempio RA, 17 (1963), pp. 158-159. 151 1293 gennaio 16, RA, 44 (1998-99), p. 199, n. 480 e 481. 144 APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it 512 Kristjan Toomaspoeg seguito ancora più soisticato: in epoca aragonese, i cavalli e muli «di stazza e valore proibiti» potevano uscire dal regno solo a due condizioni: se provenivano dall’estero, nel qual caso faceva fede la dichiarazione del custode del passo d’ingresso152 o il suo registro o, molto spesso, la testimonianza di una persona di provata fede; se il proprietario garantiva il ritorno del cavallo nel regno entro un tempo prestabilito, di solito da uno a quattro mesi. In questo ultimo caso, bisognava pagare una cauzione e, inoltre, nominare un ideiussore che impegnava una somma di denaro come garanzia153. Il secondo articolo proibito era la moneta. Almeno dall’epoca di Federico II, si potevano estrarre dal regno solo le monete di produzione locale, ovvero augustali, carlini, tarì, grani e denari154, delle quali Roberto escluse poi i suoi “carlini liliati”155. Nel maggio 1284, il principe di Salerno, futuro Carlo II, dovette vietare anche l’importazione dei carlini del regno di Sicilia da parte dei viaggiatori provenienti dallo Stato pontiicio: la ragione di questa misura era l’apparizione nel Mezzogiorno dei carlini falsiicati all’estero, contenenti meno dei 12 grammi d’oro previsti156. Un divieto analogo riguardava peraltro anche i metalli preziosi, lavorati o no, compresi i gioielli e altri oggetti di valore157. Anche il sale, monopolio dello Stato, fu regolarmente inserito nella lista dei prodotti dei quali si vietava sia l’uscita che l’ingresso158. Altri articoli furono oggetto di proibizioni periodiche: nell’ottobre 1275 Carlo I vietò l’esportazione delle piume delle aquile e degli altri grandi volatili necessari per i lavori in corso nel Castel Capuano di Napoli159, e Roberto bloccò a suo tempo l’estrazione del legname160. Nel 1469 Ferrante vietò l’esportazione di ogni varietà di monete, anche di quelle regnicole, e delle lance161. Anche l’uscita dei viveri dal regno fu bloccata in certi momenti, ad esempio nel 1303 quando Carlo II non volle che cadessero nelle mani dei nemici di Bonifacio VIII162. Peraltro, anche lo Stato pontiicio ricorreva talvolta a simili espedienti, ad esempio nel 1413, quando impose una barriera doganale per il vino importato da Napoli163. I sequestri dei beni nei passi di conine erano di conseguenza molto frequenti164, come 152 Si possiede un bell’esemplare di tale dichiarazione, fatta dal custode del passo di Popoli, Palmarino Bonicecholo, il 6 giugno 1468 (Dalena, Passi, porti e dogane cit., pp. 186-187). 153 Così fece ad esempio il 18 agosto 1466 il iorentino Filippo Strozzi, si obbligò a pagare alla Camera della Sommaria 8 ducati se il ronzino morello di Leonardo Strozzi non avesse fatto ritorno da Roma (ivi, p. 162). 154 1279 ottobre 14, RA, 23 (1971), p. 175, n. 39. 155 Yver, Le commerce et les marchands cit., p. 55. 156 1284 maggio 25, RA, 27 (1979-80), p. 218, n. 88 e 89. 157 1279 ottobre 14, RA, 23 (1971), p. 175, n. 39; si veda Yver, Le commerce et les marchands cit., p. 55. 158 1277 settembre 5, RA, 43 (1996), p. 140, n. 68; 1290 maggio 13 RA, 32 (1982), p. 222, n. 460. Inoltre, si veda Bianchini, Della storia delle inanze cit., p. 136. 159 1275 ottobre 11, RA, 13 (1959), p. 18, n. 92. 160 Capitula Regni utriusque Siciliae. Ritus magnae curiae vicariae et pragmaticae, II, Napoli 1733 (rist. anastatica Soveria Mannelli 1999), p. 103. 161 Dalena, Passi, porti e dogane cit., pp. 228, 230, 250 e 351. 162 1303 settembre 22, Pollastri, Les Gaetani de Fondi cit., p. 185, n. 60. 163 P. Partner, The Papal State under Martin V. The administration and government of the temporal power in the early ifteenth century, London 1958, p. 25. 164 Si veda ad esempio questo caso, esaminato dalla Camera della Sommaria nel marzo 1467: «... uno del’Aquila, quale tenea certi soi beneici in Ascoli, et passando dallo passo de Introdoco con uno cavallo et certi denari, et se n’andava a Roma ad pagare la pensione et detti denari erano de la vendita di certi grani dei APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it «Quod prohibita de regno nostro non extrahant» 513 ci confermano i mandati reali che talvolta danno ragione alle loro vittime, come questo Luca, «calzolaio della curia romana», che ottenne nel 1293 la restituzione del ronzino grigio che aveva tentato di inviare alla propria moglie a Viterbo, ma che era stato sequestrato dalle guardie165. I prodotti sequestrati dovevano essere immediatamente trasmessi ai maestri razionali della corte e, talvolta, abbiamo delle notizie sulla loro sorte. Nell’ottobre del 1279, Carlo I fece inviare ai supervisori del cantiere del Castelnuovo di Napoli (Maschio angioino) 15 asini, sequestrati dal maestro dei passi dell’Abruzzo Roger d’Ars, per utilizzarli come bestie da trasporto166. Poi, un mese più tardi, il cantiere del castello di Manfredonia ricevette dei buoi, sequestrati dallo stesso maestro che li aveva trasmessi al magister massarius della Capitanata167. Risultano numerosi e quantitativamente importanti i sequestri delle monete straniere come iorini e altri168 e dei metalli preziosi: per dare un esempio, nel giugno 1284, il maestro dei passi dell’Abruzzo aveva accumulato delle monete di diversa natura per un totale di 322 piccole libbra tornesi169. Dal XV secolo abbiamo la conferma che anche le multe che gravavano sulle importazioni ed esportazioni illecite costituissero un reddito importante per gli ufici dei maestri dei passi: queste ammende erano piuttosto esose, cosicché si prevedeva, nel 1446, una multa di ben 100 once d’oro (500 l.) per l’uscita non autorizzata di un solo puledro170. Per non dare che un unico esempio, nel 1455 il conte di Tagliacozzo Giovanni Antonio Orsini e sua moglie Ippolita dovettero pagare un’ammenda di 2.200 ducati (ca. 1800 l.) per aver estratto del bestiame dal regno171. A questo punto, possiamo pensare che gli incassi degli ufici dei maestri o capitani dei passi, consistenti nel ricavato delle tasse di esportazione ed importazione, nel valore dei beni ed animali sequestrati e nelle multe, fossero stati piuttosto consistenti. Le fonti non offrono purtroppo dei dati certi ed univoci sulla questione: la contabilità dei maestri non è conservata e la somma dei loro redditi, quando è rintracciabile, comprende anche il ricavato di altri diritti di passaggio all’interno del regno. Le poche informazioni disponibili ci indicano delle somme di media importanza, dell’ordine di 4.000-5.000 iorini annui172, che soi beneicii, foi pigliato con li denari et lo cavallo in ditto passo sub pretestu che non teneva licentia. Et perché per informatione pigliata costava de omnibus supra narratis, per Cameram fuit provisum quod restituatur sibi equum et denarios» (Delle Donne, Burocrazia e isco cit., p. 268, ripetuto p. 361). 165 1293 marzo, RA, 44 (1998-99), p. 25, n. 89. 166 1279 ottobre 2, RA, 23 (1971), p. 172, n. 23. 167 1279 novembre 4, RA, 23 (1971), pp. 190-194, n. 68, qui p. 193; 1279 novembre 6, ivi, pp. 186-188, n. 60. Si veda N. Tomaiuoli, Manfredonia: le mura e il castello, in Storia di Manfredonia, I, Il Medioevo, a c. di R. Licinio, Bari 2008, pp. 25-62. 168 1279 settembre 13, RA, 23 (1971), p. 170, n. 13. 169 1284 giugno 1, RA, 27 (1979-80), p. 224, n. 110. 170 1446 settembre 1, Fonti aragonesi, VII, Ratio Focularium Principatus Citra (a. 1445). Apodisse per Gabriele Cardona tesoriere di Calabria (a. 1445-1449). Grassa di Abruzzo e iere (a. 1446-1447). Numerazione di fuochi di Calabria (a. 1447), ed. B. Mazzoleni, Napoli 1970, p. 87. 171 1455 settembre 12, C. De Cupis, Regesto degli Orsini, in «Bollettino della real Deputazione abruzzese di storia patria», 5 (1914), pp. 189-251, qui p. 194. 172 L’uficio dei passi dell’Abruzzo fu concesso in appalto, all’inizio del XIV secolo, per 400 once d’oro (2.000 iorini) all’anno, una somma non immensa ma neanche insigniicante (Martin, La frontière septentrionale cit., pp. 299-300). Secondo lo studio di Eleni Sakellariou (Southern Italy in the Late Middle Ages cit., p. 181, nota 205), nel 1451-52, il reddito totale della grassa e ultima exitura nell’Abruzzo era di 6.540 APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it 514 Kristjan Toomaspoeg corrisponderebbero a meno di un punto percentuale dei redditi totali della corte reale173. Questi numeri possono essere interpretati solo inserendo le tasse di uscita e d’ingresso nell’insieme della iscalità gravante sulle transazioni commerciali e nel sistema della tassazione indiretta del regno (che produceva circa un quinto delle entrate della corte reale), tuttavia, pare evidente che la decisione di Ferrante di abolire le tasse sulle esportazioni non fosse in contraddizione con gli interessi iscali “a breve termine” della corona. 4. I passi Come è ben noto, le esportazioni ed importazioni via mare avevano luogo, nel regno di Sicilia, attraverso una serie di dogane marittime, ben documentate dalle fonti: per dare un esempio, nel 1269, Carlo I trasmise dei nuovi statuti ai supervisori delle dogane di Tropea, Nicotera, Crotone, San Flaviano (Giulianova), Pescara, Termoli, Vieste, Sanniceto, Ortona, Monopoli, Siponto, Barletta, Brindisi, Bari, Giovinazzo, Molfetta, Bisceglie, Trani, Gaeta, Napoli, Salerno, Castellamare e Amali174. Allo stesso modo, nel 1282, la cancelleria angioina stilò un elenco di 25 passi del conine terrestre, seguito nel 1293 da un altro di 24 passi175. Molto più tardi, nel 1471, la corona aragonese fornì da parte sua un elenco di passi, considerati come legittimi, tra cui 9 passaggi di conine176. Agli elenchi citati si possono aggiungere alcune altre località, come le fondazioni angioine di Cittaducale e Leonessa, periodicamente documentate come passi di conine. Sulla base di queste notizie, è stata stilata una trasposizione cartograica dei passi nella rete viaria del Mezzogiorno tardomedievale (collocata alla ine del presente saggio). Questa carta rappresenta le realtà dell’organizzazione territoriale in un modo molto semplice, privilegiando le grandi vie di comunicazione ereditate dall’Antichità: non dobbiamo dimenticare che nel Medioevo anche le vie secondarie – che, a differenza delle consolari, raggiungevano i centri di minore importanza – potevano avere un ruolo essenziale177 e che le vie usate per la transumanza (i tratturi) non sempre coincidevano con l’antico tracciato ducati (5.450 l.) di cui 3.669 (3.058 l.) andavano al tesoriere a Napoli e il resto fu speso per il funzionamento dell’uficio, mentre nell’anno indizionale successivo furono rispettivamente di 9.010 (7.508 l.) e 5.795 ducati (4.829 l.). Questi numeri sono dificili da valutare, perché i redditi dell’uficio non provenivano, né nel XIV, né nel XV secolo, esclusivamente dai passi di conine, ma, supponendo che il ricavato della Terra di Lavoro fosse stato di simile entità, otterremo un minimo di circa 800-1.000 once d’oro (4.000-5.000 l.). 173 Il reddito di ben 300.000 once d’oro (un milione e 500.000 l.), goduto da Carlo I (W.A. Percy Jr., The Revenues of the Kingdom of Sicily under Charles I of Anjou 1266-1285 and their Relationship to the Vespers, Princeton University, Ph.D., 1964, p. 2), fu più che dimezzato dopo l’insurrezione dei Vespri e la conseguente divisione del regno, cosicché, come nota Pietro Dalena, appoggiandosi sui lavori di Romolo Caggese e Giuseppe Galasso, il totale delle entrate doveva ammontare in epoca di Roberto a circa 120.000 once d’oro (600.000 l.), delle quali 20.000-25.000 once (100.000-125.000 l.) provenivano dalle imposte indirette (Dalena, Passi, porti e dogane cit., p. 32). 174 1269 marzo 8, RA, 2 (1951), pp. 31-35, n. 103-126. Su porti, marineria e dogane marittime del regno si veda Dalena, Passi, porti e dogane cit., pp. 79-128. 175 1282 giugno, RA, 25 (1978), pp. 104-208, n. 5, si vedano Göbbels, Das Militärwesen cit., p. 83-88; Martin, La frontière septentrionale cit., p. 299-302; 1293 gennaio, RA, 44 (1998-99), pp. 192-196, nn. 468470. 176 Sakellariou, Southern Italy in the Late Middle Ages cit., p. 173, nota 181. 177 R.-H. Bautier, La route française et son évolution au cours du Moyen Âge, in «Académie Royale de Belgique. Classe des lettres et des sciences morales et politiques. Bulletin», s. 5, 73 (1987), pp. 70-104 (rist. APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it «Quod prohibita de regno nostro non extrahant» 515 romano178. Inoltre, la carta si focalizza sul lato regnicolo del conine trascurando quello pontiicio. Sulla base di ormai molti studi esistenti sulla viabilità del Mezzogiorno179, possiamo proporre uno schema di base con, come estremi meridionale e settentrionale, l’Appia e la strada che percorre la riva dell’Adriatico, poco frequentate nella loro parte costiera prima del XV secolo, quando la situazione cambiò e crebbe l’importanza dei passi di Fondi e di Torre del Tronto. La principale via di collegamento politica e militare dell’epoca sveva ed angioina era la via Latina, strada di quelli che facevano la spola tra Roma (e le sedi della curia nell’attuale Lazio meridionale) e Capua o Napoli. Più complicati erano i collegamenti tra Roma e la provincia pontiicia di Campagna-Marittima da una parte e la parte adriatica del regno dall’altra: sulla base della Valeria, della Salaria e della Claudia Nova si formò un sistema viario noto come «via degli Abruzzi»180 che serviva anche alla transumanza del bestiame da o verso l’Abruzzo e collegava, in sostanza, l’Italia centro-settentrionale con Roma da una parte e con la costa pugliese dall’altra. I passi che si trovavano su queste vie erano tutti dei punti di transito obbligatori, come Tagliacozzo, Antrodoco o Machilone (noto in epoca aragonese come «passo di Posta», poi come «passo di Borbona»). Tra le antiche vie consolari si inserivano le vie di collegamento locali, fra cui la più rilevante e indispensabile era la lunga strada tra Isoletta e Avezzano che segue il corso del Liri e percorre la Valle Roveto. Si trattava di vie dificili e tortuose, con frequenti dislivelli, inadatti al trafico dei carri e percorribili solo a piedi o a cavallo, cosicché le merci potevano essere trasportate solo a dorso delle bestie da soma181. Esistono delle testimonianze di lavori stradali intrapresi dai re di Sicilia, di solito in occasioni particolari, come il viaggio del neoeletto papa Gregorio X attraverso il regno nel 1272, quando si ripararono tutte le strade e tutti i passi tra Sora, anastatica in Id., Sur l’histoire économique de la France médiévale: la route, le leuve, la foire, Aldershot 1991), qui p. 76. 178 P. Bertolini, Il ruolo di Atina nell’asse viario della Valle di Comino. Appunti per un contributo di topograia storica medievale, in Atina potens. Fonti per la storia di Atina e del suo territorio, Atti della tavola rotonda in onore del prof. Herbert Bloch (Atina, 21 giugno 1989), a c. di F. Avagliano, Montecassino 1993, pp. 41-63, qui p. 47. 179 Per la redazione della carta sono stati utili in particolare E. Sthamer, Die Hauptstraßen des Königreichs Sizilien im 13. Jahrhundert, in Studi di storia napoletana in onore di Michelangelo Schipa, Napoli 1926, pp. 97-112; Toubert, Les structures du Latium médiéval cit., pp. 135-143 e 625-635; Lazio Medievale. Ricerca topograica su 33 abitati delle antiche diocesi di Alatri, Anagni, Ferentino, Veroli, Roma 1980, p. VIII; Bertolini, Il ruolo di Atina cit., pp. 41-63; A. Sennis, Potere centrale e forze locali in un territorio di frontiera: la Marsica tra i secoli VIII e XII, in «Bullettino dell’Istituto storico italiano per il medio evo e Archivio muratoriano», 99/2 (1994), pp. 1-77, qui pp. 7-11; L. Feller, Les Abruzzes médiévales. Territoire, économie et société en Italie centrale du IXe au XIIe siècle, Roma 1998, pp. 87-100; M.R. Berardi, Mobilità ed itinerari religiosi ed economici tra le Marche e l’Abruzzo interno nel periodo aragonese, in Il conine nel tempo cit., pp. 309-374; M.R. Acone, Per una topograia medievale della valle del Raio, in Archeologia del paesaggio medievale. Studi in memoria di Riccardo Francovich, a c. di S. Patitucci Uggeri, Firenze 2007, pp. 235-243; Sakellariou, Southern Italy in the Late Middle Ages cit., pp. 144-147. 180 P. Gasparinetti, La “via degli Abruzzi”, in «Bullettino della Deputazione abruzzese di storia patria», 54-56 (1964-1966), pp. 5-103; Bertolini, Il ruolo di Atina cit., pp. 48-49; Sakellariou, Southern Italy in the Late Middle Ages cit., pp. 145-146. 181 Eleni Sakellariou tratta questo argomento, calcolando anche le capacità di carico di un mulo (sino a 163 kg), cavallo da soma (sino a 195 kg) e di un uomo (20 kg): ivi, p. 161. APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it 516 Kristjan Toomaspoeg Avezzano e Rieti182. Proprio su quest’asse viaria, nella Valle Roveto, bisognava tuttavia aspettare sino al 1844 per vedere inaugurata la prima strada carrozzabile183. La manutenzione della viabilità gravava per il resto sulle comunità locali: così, ad esempio, l’universitas di Antrodoco riparò nel 1479-81 il locale ponte sul Velino184. Come è stato accennato, i passi di conine inirono per diventare parte dell’insieme delle barriere iscali del regno. Si tratta di un argomento complesso ma ampiamente trattato dalla storiograia esistente: ricordiamo che i passi interni cominciarono a proliferare alla ine del XIII secolo, essendo di solito gestiti da privati. Tutti i re angioini, da Roberto in poi, presero delle misure per arginare il fenomeno, ma non ebbero alcun successo duraturo. Per non dare che tre esempi, già nel dicembre 1270 a Gregorio Caracciolo serviva un’autorizzazione del re per portare esentasse dei viveri da Napoli verso le sue terre a Pisciotta (Sa)185; nel 1458 sulla via da Lucera a Napoli si pagava un notevole numero di tasse di passaggio186, mentre, nel XV secolo, tra Campobasso e Napoli vi era un passo ogni 1213 km187. Una riforma del sistema fu eseguita dagli Aragonesi, cosicché i “diritti di passo” di singole persone o località furono revisionati e molti passi soppressi sotto Alfonso I e soprattutto sotto Ferrante188. Una volta eliminate le barriere iscali considerate come illegittime e frutto di una usurpazione dei diritti della corona, si passò dal numero di 24-25 passi di conine dell’epoca angioina a quello, molto più ridotto, di nove in epoca aragonese. Si assiste dunque ad una politica di centralizzazione e di concentrazione. Così, nella parte meridionale del conine, dei tre punti di attraversamento dell’epoca preesistente rimase solo Fondi che, peraltro, era un punto di passaggio obbligatorio per qualsiasi viaggiatore. Nella valle del Liri non rimase che il passo di Isoletta, sulla Valeria quello di Tagliacozzo e sul tratto della Salaria tra Rieti ed Ascoli il passo, da sempre altamente strategico, di Machilone-Posta. Come testimonianza di un intenso trafico di bestiame e merci in questo speciico settore del conine, rimase invece alto il numero dei passi nell’Abruzzo adriatico: Torre del Tronto, Civitella, Controguerra, Colonnella ed Ancarano. L’organizzazione interna di questi punti di passaggio può essere dedotta dalle fonti che elencano i compiti precisi dell’uficio del maestro o capitano dei passi, come la descrizione minuziosa stilata nell’occasione dell’entrata in carica di Guillaume de Joinville nel no182 1272 gennaio 24, RA, 8 (1957), p. 3, n. 1. Altri esempi in Sakellariou, Southern Italy in the Late Middle Ages cit., pp. 147-148. 183 G. Squilla, Valle Roveto (L’Aquila) nella geograia e nella storia, Casamari 1966, p. 49. 184 M.R. Berardi, Antrodoco: un “castrum” di conine tra età sveva e angioina, in «Rivista storica del Lazio», 3 (1995), pp. 3-40, qui p. 40, nota 162. 185 1270 dicembre 20, RA, 7 (1955), p. 43, n. 187. 186 1458 dicembre 15, Fonti aragonesi, VIII, Frammento del registro Curie Summarie A. 1440-1442. Frammento del registro Curie Summarie A. 1445. Frammento del registro Curie Summarie A. 1458-1459, ed. B. Ferrante, Napoli 1971, pp. 68-69, n. 5. 187 Serra, I diritti di passo cit., p. 8. 188 F. D’Andrea, Notizia di tutte le proibizioni dell’esazioni de’passi, in N.C. Ageta, Annotationes ad supremi regiae Camerae Summariae, III, 4, Mantissa variarum recollectionum, Napoli 1692, pp. 113-134, qui p. 123; Bianchini, Della storia delle inanze cit., p. 124; Fonti aragonesi, XIII cit., pp. 124, 191-192; Sakellariou, Southern Italy in the Late Middle Ages cit., pp. 129, 142-143, 165-176; Dalena, Passi, porti e dogane cit., pp. 11, 29, 57-64. APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it «Quod prohibita de regno nostro non extrahant» 517 vembre 1270 in Abruzzo189 o la deinizione dei compiti dell’uficio della grassa d’Abruzzo dell’ottobre 1488190. Riassumendone i contenuti, il maestro doveva sorvegliare i passaggi frontalieri, impedendo l’uscita di animali, merci, oggetti e persone non autorizzate, arrestare i contrabbandieri e sequestrare le loro merci, tenere una contabilità e trasmetterla ai maestri razionali della gran corte (poi alla Camera della Sommaria), applicare le tariffe doganiere previste e inviare il ricavato delle tasse al re. Quello che sembra rilevante è che i maestri dei passi sono effettivamente assimilabili ai doganieri di oggi e a loro non viene attribuito alcun compito nella difesa militare del regno. Dal 1282, i mandati reali utilizzano talvolta il termine di magister passuum et grassie, predominante nel secolo successivo, che allude alla funzione di agente iscale dei maestri191. Ciò nonostante, troviamo casi di maestri dei passi incaricati di missioni speciiche nell’ambito militare o poliziesco, soprattutto quando si tratta di fornire un sostegno alle forze alleate al di là del conine192, e uno dei compiti dei maestri, quello di sorvegliare i movimenti delle persone al conine, li portava ad occuparsi anche delle questioni legate a espulsioni, sequestri di beni o simili. Nel 1271, Robert de Cornay, maestro dei passi nella Terra di Lavoro, condusse una spedizione punitiva contro una banda di briganti capeggiata da Miccliano del Bene di Cava193. Peraltro, nella loro zona di competenza, i maestri esercitavano talvolta anche un potere amministrativo, benché in concorrenza con le autorità militari, i feudatari della corona e i centri abitati. Nel 1293, Pierre de Crépant, maestro nella Terra di Lavoro, doveva occuparsi anche della protezione contro i malintenzionati della foresta demaniale (e riserva di caccia) di Rocca d’Arce194. Mentre l’uficio del maestro dei passi era per deinizione itinerante, i singoli passi furono sottoposti a custodi permanenti incaricati della sorveglianza dei punti di attraversamento del conine. Questi uomini dovevano essere assistiti da personale civile qualiicato, capace ad esempio di determinare i prezzi dei prodotti esportati o importati e dedurre le tasse corrispondenti. Inoltre, con buone probabilità dai tempi di Federico II, i singoli custodi dovevano tenere dei quaderni contenenti non solo i nominativi degli esportatori ed importatori ma anche una descrizione minuziosa delle merci e del bestiame trasportata, in particolare per quanto riguarda i cavalli, dei quali si indicavano il colore, la statura e il prezzo195. Non stupisce dunque che i mandati reali indirizzati ai custodi si caratterizzino per una grande dovizia di particolari: ad esempio, nel maggio 1278 si autorizzò un cava189 1279 novembre 6, Saggio di Codice diplomatico formato sulle antiche scritture dell’Archivio di Stato in Napoli, a c. di C. Minieri-Riccio, I, Napoli 1878, pp. 178-180; RA, 23 (1971), pp. 186-188, n. 60. Si veda Göbbels, Das Militärwesen cit., pp. 84-86. 190 1488 ottobre 30, Fonti aragonesi, XIII cit., pp. 223-226, n. 9. 191 1282 giugno 10, RA, 25 (1978), pp. 104-208, n. 5. 192 1269 dicembre 18, RA, 5 (1953), p. 114, n. 65; 1298 giugno 4, F. Scandone, Documenti sulle relazioni tra la corte angioina di Napoli, papa Bonifacio VIII e i Colonna, in «Archivio storico per le province napoletane», 80, n.s. 41 (1962), pp. 221-236, qui p. 228. 193 1271 dicembre 11, Balzano, Documenti per la storia di Castel di Sangro cit., pp. 52-53, n. 18. 194 1293 gennaio 17, RA, 44 (1998-99), p. 183, n. 452. Sulla foresta di Rocca d’Arce come riserva di caccia, si veda RA, 25 (1978), p. 57, n. 254. 195 Questo obbligo fu ribadito, tra gli altri, da Carlo II il 30 ottobre 1304 (Pollastri, Les Gaetani de Fondi cit., pp. 195-196, n. 72). La stessa prassi era in vigore anche per il trafico marittimo: si veda ad esempio 1269 marzo 8, RA, 2 (1951), pp. 31-32, n. 103. APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it 518 Kristjan Toomaspoeg liere ad uscire dal regno con il suo cavallo morello, segnato da un morso di lupo sul posteriore sinistro196. Un altro compito del personale era, almeno dagli anni 1470, quello di sigillare e timbrare le merci importate nel regno197. I compiti tecnici furono in gran parte afidati a personale originario delle zone di conine. Così, nell’ottobre 1272, il re ordinò a Deutegarde di San Flaviano (Giulianova, Te) e al notaio Grandino di Francavilla di controllare, giorno e notte, con l’aiuto dei custodes ideles, l’uscita dei viveri da Civitella del Tronto, arrestare i contrabbandieri e sequestrare le loro merci198. Nel 1290, un cittadino dell’Aquila fu incaricato di riscuotere la gabella passuum et trate ac vallis di Antrodoco199. Le complesse attività delle quali si dovevano occupare i custodi dei passi esigevano senza dubbio la presenza di spazi suficientemente ampi per procedere alla pesatura delle merci e per trattenere sia i prigionieri che i prodotti e il bestiame sequestrati o ricevuti come pagamento di tasse, il che porta a individuare in questi punti di passaggio gli antenati delle dogane di epoca moderna, a Fondi, Isoletta, Sora, Capistrello, Tagliacozzo, Controguerra e altrove. Come le barriere doganali all’interno del regno, anche i passi frontalieri, dall’inizio del XIV secolo in poi, furono spesso “privatizzati”. Uno dei primi esempi in tal senso proviene da Fondi, dove i conti possedevano, almeno dal 1319, il diritto di percepire una tassa di due grani di monete per ogni salma di merci trasportate dai mercanti stranieri: questo diritto doveva rimborsare ai conti le spese sostenute per la boniica del territorio200. In alcuni altri passi, seguendo il modello vigente nello Stato pontiicio201, i diritti “doganali” furono riscossi dalle autorità cittadine. Negli anni Sessanta del Quattrocento, la città dell’Aquila condusse una lotta per affermare i suoi diritti alle tasse di frontiera nel passo di Posta: la corte reale fece eseguire nel maggio 1467 un’inchiesta sulla questione che si concluse con la vittoria degli Aquilani e la conferma dei loro diritti che rimontavano visibilmente al secolo precedente202. A differenza delle barriere interne che si potevano talvolta aggirare, scegliendo la strada con meno blocchi o con delle tariffe più basse203, i passi di frontiera si trovavano nei punti di transito obbligatori. Per molti viaggiatori, il loro attraversamento provocò delle esperienze 196 1278 maggio 25, RA, 18 (1964), p. 162, n. 343. Sakellariou, Southern Italy in the Late Middle Ages cit., p. 182. 198 1272 ottobre 3, Martin, La frontière septentrionale cit., p. 296. 199 1290 giugno-luglio, RA, 32 (1982), p. 101, n. 40. 200 «Pro serviendis jure lateribus; et lateribus faciendis pro inculumnitate aeris in civitate Fundorum» (1319 novembre 12, Pollastri, Les Gaetani de Fondi cit., p. 250, n. 128). Nel giugno 1324, il conte Roffredo III controllava, attraverso sua moglie Catarina Della Ratta, anche la dogana e il fondaco di Gaeta (ricevendo annualmente 50 once dalle loro entrate: ivi, pp. 256-257, n. 137). 201 Nello Stato pontiicio la riscossione dei diritti di passaggio ai conini era dato in appalto ai privati o alle municipalità locali, come Acquapendente, Rieti e Terracina (a Terracina si trattava di passagium de ponte: G. Falco, I comuni della Campagna e Marittima nel Medioevo, in Id., Studi sulla storia del Lazio medioevale, Roma 19882, II, pp. 419-690, qui p. 563), che percepivano tra la metà e i due terzi dei redditi raccolti (D.P. Waley, The Papal State in the Thirteenth Century, London 1961, p. 255). 202 1467 maggio 3-10, Fonti aragonesi, XII cit., pp. 39-40, n. 28; 1467 maggio 16, ivi, p. 41, n. 29; 1467 maggio 21, ivi, p. 43, n. 32; 1467 maggio 27, ivi, pp. 42-43, n. 31. Il territorio di Posta era stato incorporato all’Aquila da Roberto d’Angiò (Berardi, Antrodoco cit., p. 19). 203 Si veda il caso del passo di San Germano, abbandonato dai viaggiatori per causa dell’eccessiva tassazione (1500 novembre 13, Delle Donne, Burocrazia e isco cit., p. 436). 197 APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it «Quod prohibita de regno nostro non extrahant» 519 traumatizzanti: nel 1490, il gruppo di ignari pellegrini francesi del quale fecero parte Jean de Belesta e Jean de Cucharmoys, in viaggio verso Roma, fu dapprima pesantemente tassato a San Germano; pensando di aver superato la parte peggiore dell’itinerario, i Francesi si trovarono di nuovo in dificoltà nel passo di Isoletta, al conine, dove gli uficiali del re intascarono quello che rimaneva del loro denaro provocando l’ira di Belesta e la sua celebre frase: «E vi posso assicurare che si trova più gente cattiva e sleale nel regno di Napoli e di Puglia che nel mondo intero, peggiore dei Mori e dei miscredenti, benché in Italia e in Lombardia manchino del tutto le persone per bene, secondo l’opinione comune»204. Per svolgere appieno i loro doveri, tra i quali si elencava quello di sorvegliare il divieto di estrarre dal regno alcuni tipi di monete e oggetti preziosi, i custodi dei passi si servivano di perquisizioni, comprese quelle corporali, e di interrogatori dei viaggiatori205. Questa prassi è documentata dall’epoca di Federico II che ordinò, dopo la sua scomunica nel 1239, di controllare che i viaggiatori, maschi o femmine che fossero, non portassero con loro delle lettere indirizzate contro lui, l’impero o il regno206. Che l’uso delle perquisizioni fosse generale si evince da un mandato emesso nel marzo 1452 da Alfonso il Magnanimo: ordinando ai custodi dei conini di lasciare passare l’inviato di Isabel Henriques, dama di corte dell’imperatrice Eleonora, che doveva portare alla sua signora, a Roma, dei tessuti preziosi e dei gioielli, il re speciicò che l’inviato non doveva essere né perquisito né interrogato207. Nel 1471, quando abolì provvisoriamente le tasse di passaggio, Ferrante scrisse con rammarico delle perquisizioni «per le quali di frequente i passaggieri vennero costretti a trarsi le vesti ed essere da per tutto spiati»208. Ai fastidi provocati ai viaggiatori dall’apparato di controllo dei conini si aggiunsero anche i frequenti abusi commessi da parte dei custodi dei passi. Prendiamone solo qualche esempio più eclatante: nel maggio 1269, Carlo I dovette difendere i mercanti iorentini contro i custodi del passo di Acquaviva209 e, nell’aprile 1270, dovette dare ascolto ai cittadini di Ascoli Piceno che erano stati costretti dai custodi a pagare delle tasse di esportazione del grano ben 20-40 volte superiori al previsto210; poco dopo, gli stessi Ascolani si lamentarono anche degli abusi che subivano quando cercavano di importare del bestiame dal regno211. Nel mese di giugno 1273, il re ordinò al maestro dei passi dell’Abruzzo di restituire ad un mercante di Firenze il cavallo nero sequestrato nel passo di Machilone benché egli fosse stato in possesso dell’autorizzazione necessaria212: in questo caso si trattava non di un semplice mercante, ma anche di un familiare del duca di Bretagna Giovanni I il Rosso, e l’abuso dei custodi fu prontamente rimediato, cosa che forse non avveniva re204 F. Fiorino, Viaggiatori francesi in Puglia dal Quattrocento al Settecento, I, Quattrocento-Seicento, Fasano 1993, p. 358. 205 Questo valeva anche per le barriere interne: si veda il caso di Polla, del 1489, in Dalena, Passi, porti e dogane cit., p. 26. 206 1240 aprile 16, Il registro della cancelleria di Federico II cit., pp. 796-797, n. 902. 207 1452 marzo 23, Il”Codice Chigi” cit., pp. 269-270, n. 270. 208 Bianchini, Della storia delle inanze cit., p. 197. 209 1269 maggio 14, RA, 2 (1951), p. 76, n. 268. 210 1270, aprile 24, RA, 4, p. 4, n. 17. 211 1271 giugno 3, RA, 6 (1954), p. 233, n. 1237. 212 1273 giugno 30, Göbbels, Das Militärwesen cit., p. 88; Martin, La frontière septentrionale cit., p. 297. APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it 520 Kristjan Toomaspoeg golarmente. Talvolta, non si trattava propriamente di abusi da parte dei custodi, ma di un loro zelo eccessivo, come nel 1291, quando il maestro dei passi della Terra di Lavoro aveva sequestrato al conine una rilevante somma di denaro (500 once d’oro, ovvero 2.500 l.) dei Baccosi di Lucca, ignaro del fatto che questo denaro fosse stato destinato dal maestro razionale Pierre Bodin d’Anjou alla regina, a Roma213: il sequestro era piuttosto imbarazzante, perché il re aveva intenzione di chiedere agli stessi Baccosi un importante prestito214. Nel giugno 1290, un puledro baio del cardinale Benedetto Caetani, il futuro papa Bonifacio VIII, fuggì ed entrò nel regno dal passo di Sora, dove fu prontamente sequestrato dal custode locale215, mentre nel maggio 1292, due cappellani dello stesso cardinale si videro coniscati i ricavati che volevano portare a Roma dei loro feudi in Grecia216: simili episodi di sequestri dei beni, soprattutto dei cavalli, da parte dei custodi dei passi erano frequenti anche a seguito, nei secoli XIV e XV. Spesso, i viaggiatori rimasero anche vittime di regole troppo minuziose: ad esempio, quando per errore si servivano per uscire dal regno di un passo diverso da quello utilizzato per l’ingresso217 o quando la loro comitiva si divideva in diversi gruppi218. Nel primo caso, le persone non risultavano nel registro del custode locale e nel secondo erano sprovvisti del lasciapassare, concesso in un solo esemplare a tutta la comitiva: ciò implicava il sequestro delle cavalcature o dei beni. L’azione dei custodi poteva sfociare in violenza aperta, come nel gennaio 1322, quando si esaminava il caso di Pietro Fortebraccio di Roccasecca che affermava di essere stato fermato dal capitano dei passi Fazio di Napoli sulla strada per San Giovanni Incarico, legato, torturato e liberato solo dopo il pagamento di un riscatto di ben 23,5 iorini d’oro219. In questo caso, l’azione dei custodi si inseriva nell’insieme della violenza e repressione esercitate sulla popolazione e sui viaggiatori, soprattutto in questi tempi irrequieti, dagli uficiali reali, castellani, feudatari e altri poteri locali, compresi quelli ecclesiastici220. Come è da aspettarsi, gli abitanti delle zone di conine non sempre rimasero inerti a subire le angherie degli uficiali e, talvolta, si resero loro stessi colpevoli di trasgressioni e delitti. Le vie pullulavano di bande di malandrini e homini clandestini221 che frequentemente aggredivano e derubavano i viaggiatori222, come quei mercanti iorentini uccisi nel 1271 a Rocca 213 1291 novembre 13, RA, 38 (1991), p. 13, n. 40. 1291 dicembre 1, ivi, p. 15, n. 47. 215 1290 giugno 16, RA, 32 (1982), p. 233, n. 500; Pollastri, Les Gaetani de Fondi cit., pp. 143-144, n. 7; RA, 47 (2003), p. 368, n. 57. 216 1292 maggio 13, Pollastri, Les Gaetani de Fondi cit., pp. 152-153, n. 15; RA, 38 (1991), pp. 35-36, n. 131. 217 1459 marzo 12, Dalena, Passi, porti e dogane cit., p. 147. 218 1459 gennaio 22, Fonti aragonesi, VIII cit., pp. 111-112, n. 31. 219 1322 gennaio 9, Scandone, Roccasecca patria di S. Tommaso de Aquino cit., p. 174, n. CXLIV. 220 Per non dare che due esempi, si vedano gli elenchi degli eccessi commessi dal castellano di Antrodoco negli anni 1270 (Berardi, Antrodoco cit., pp. 16-17) e da Pietro Colonna all’inizio del XIV secolo (Scandone, Documenti sulle relazioni cit., pp. 229-231). Un ottimo esempio del “nido di vipere” che potevano essere le zone di conine è fornito in Scandone, Roccasecca patria di S. Tommaso de Aquino cit. 221 1306 maggio 18, Syllabus membranarum, II cit., p. 148, n. 1. 222 Si veda Sakellariou, Southern Italy in the Late Middle Ages cit., pp. 148-149 e 162-163. Nella seconda metà del XV secolo, 5 aggressioni su 6 avevano luogo nelle province di conine (ivi, p. 163). 214 APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it «Quod prohibita de regno nostro non extrahant» 521 di Cambio223, cosicché i viandanti ottenevano il diritto di non osservare il divieto di portare le armi, in vigore nel regno224. Le fonti del Mezzogiorno sono anche ricche di notizie sul contrabbando esercitato dagli originari della Terra di Lavoro e dell’Abruzzo: prendiamo l’esempio di Benedetto de Cellis, cittadino dell’Aquila che, vantando legami di parentela con il capitano della città, si era lanciato all’inizio degli anni Novanta del Duecento nel contrabbando di cavalli. Finì per essere arrestato dal maestro dei passi Guillaume du Bois, ma riuscì a fuggire, nascondendosi con buone probabilità all’Aquila225. Negli stessi anni, 1292-93, un altro Abruzzese, il cavaliere Guglielmo Deletto, contrabbandava equini abitualmente226. Peraltro, il rigido sistema di controllo dei conini non mancava di suscitare l’opposizione dei principali centri economici della zona: dal 1287 in poi, Rieti concluse degli accordi con le località coninarie del regno, che talvolta prevedevano anche l’esonero dei rispettivi cittadini dal pagamento delle tasse di passaggio227. Un ultimo elemento che avvicina il controllo del conine medievale del regno di Sicilia alla prassi dell’epoca moderna228 consisteva nell’obbligo di munirsi di un lasciapassare, imposto non solo ai trasportatori di beni come grano, bestiame, armi ed altro, ma ad ogni viaggiatore che intendesse lasciare il regno a cavallo; anzi, per un certo tempo l’obbligo riguardò anche i viaggiatori a piedi. In seguito questi ultimi, in particolare i pellegrini appiedati, ne furono tuttavia esonerati229. Si tratta di una tipologia di documento che deriva dal salvacondotto – una categoria di fonti onnipresente nell’Europa medievale230 – ma si distingue per una serie di elementi. Dal punto di vista tecnico, si trattava di “lettere patenti” e “lettere chiuse”, indirizzate ai maestri dei passi e che dovevano inizialmente essere sigillate con il grande sigillo reale (magnus pendens) per i cavalieri e per i trasportatori dei beni e con il sigillo piccolo (parvus secretus) per i pedoni231, emesse, a nome del re in persona, dalla corte contro il pagamento di una tassa (4 tarì e due grana sotto Carlo I e Carlo II). In seguito fu suficiente una lettera sigillata con il sigillo piccolo232, emessa poi nella seconda metà del XV secolo, come è stato detto, non più dal re ma dal gran camerario del regno. A differenza di un semplice salvacondotto (lictera de plena securitate o salvus conductus233), la lettera non offriva al suo portatore la protezione del sovrano, ma riguardava 223 1271 luglio 13, RA, 6 (1954), pp. 75-76, n. 231. Yver, Le commerce et les marchands cit., pp. 64-67. 225 1293 aprile 26, RA, 44 (1998-99), pp. 30-31, n. 115. 226 1292 settembre-1293 agosto, RA, 43 (1996), p. 6, n. 24. 227 M. Michaeli, Memorie storiche della città di Rieti e dei paesi circostanti dall’origine all’anno 1560, III, Rieti 1898, pp. 162-165; M. Zelli, Narnate: storia di un territorio di frontiera tra Spoleto e Rieti dall’ VIII al XIII secolo, Roma 1997, p. 105. 228 Si veda un utile paragone in M. Meriggi, Sui conini nell’Italia preunitaria, in Conini: costruzioni, attraversamenti, rappresentazioni, a c. di S. Salvatici, Soveria Mannelli 2005, pp. 37-53. 229 1277 marzo 10, RA, 16 (1962), pp. 35-36, n. 108; 1278 aprile 12, RA, 18 (1964), p. 23, n. 50. 230 Si veda C. De Craecker-Dussart, L’évolution du sauf-conduit dans les principautés de la Basse-Lotharingie du VIIIe au XIVe siècle, in «Le Moyen Âge», 80 (1974), pp. 185-243. 231 Göbbels, Das Militärwesen cit., p. 85, nota 23 e p. 86. 232 Per un tempo breve, durante la sua permanenza a Roma, Carlo I permise anche l’utilizzo dei sigilli dei capitani (1278 aprile 30, RA, 18 [1964], pp. 26-27, n. 55; 1278 aprile 30, ivi, p. 149, n. 304). 233 Si vedano ad esempio Il registro della cancelleria di Federico II cit., pp. 270-272, n. 264; RA, 3 (1951), 224 APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it 522 Kristjan Toomaspoeg solo l’attraversamento dei passi di conine e poi, dal XIV secolo, di tutti i passi, ponti, scafe ecc. del regno, senza speciicare di solito l’itinerario da prendere. Essa indicava il nome del viaggiatore o dei viaggiatori, lo scopo del loro viaggio, il numero degli accompagnatori e servitori, gli equipaggiamenti ed armi, il numero di cavalli e muli, la loro descrizione e valore. In un modo simile ai salvacondotti234, anche i lasciapassare avevano inizialmente una validità limitata nel tempo, da 10 giorni sino a qualche mese, salvo il caso di alcuni ecclesiastici e delle persone con missioni lunghe a servizio della corte o della curia pontiicia che ottenevano dei lasciapassare validi anche diversi anni o (raramente) senza scadenza. La questione era più delicata per quanto riguardava invece le persone entranti nel regno per la prima volta e quindi sprovvisti di un lasciapassare. In questo caso, dopo la registrazione del numero e delle caratteristiche delle cavalcature e dei beni, il viaggiatore prestava un giuramento dove speciicava di essere un abitante del regno o uno straniero235. I movimenti delle persone sul conine furono strettamente monitorati anche tramite i blocchi imposti all’ingresso di alcune categorie al momento non fedeli ‒ come gli abitanti di Ceprano, Rieti o Spoleto236 all’epoca della loro lite con la curia romana, gli Ascolani rei di essersi alleati con gli abitanti ribelli del castello di Macchia nel 1272237 e poi di essersi ribellati al papa nel 1278238, o alcuni “proditori” riconosciuti innocenti, ma comunque espulsi dal regno nel gennaio 1271239 ‒ e all’uscita degli altri, come i Saraceni di Lucera nel 1274240 o tutti i feudatari della corona nel 1306241; nel 1274 Carlo I impose persino una chiusura totale della frontiera a qualsiasi persona non munita di un’autorizzazione speciale242. Tuttavia, la frontiera non era affatto impermeabile, come prova ad esempio il caso di due cavalieri abruzzesi, esiliati dal regno, ma poi rientrati all’Aquila, «per suscitarvi scandali e farvi omicidi» nel 1293243. Come avrà notato il lettore, il presente saggio non è che un breve riassunto di una tematica estremamente vasta che sarà in futuro oggetto di dovuti approfondimenti. Quello che mi sembrava importante era di costruire un ponte tra l’epoca normanna, sveva ed angioina da una parte e quella aragonese dall’altra, sapendo che il sistema doganale del Regno di Sicilia citeriore dell’epoca moderna era in buona sostanza stato ereditato dagli Aragonesi. In questo modo, diventa possibile paragonare in un modo scientiicamente vapp. 208-209; RA, 6 (1954), pp. 333-335; RA, 16 (1962), p. 14. Federico II regolamentò l’uso dei salvacondotti, limitando il numero delle autorità che potevano emettere questi documenti (Craecker-Dussart, L’évolution du sauf-conduit cit., pp. 200-201). 234 Craecker-Dussart, L’évolution du sauf-conduit cit., p. 202. 235 1488 ottobre 30, Delle Donne, Burocrazia e isco cit., p. 455. 236 1275 settembre 19, RA, 13 (1959), p. 50, n. 41. 237 1272 febbraio 10, RA, 8 (1957), pp. 4-5, n. 5. 238 1278 luglio 15, RA, 18 (1964), p. 51, n. 109; 1278 luglio 15, ivi, p. 52, n. 111; 1278 luglio 15, RA, 19, p. 230, n. 396. 239 1271 gennaio, RA, 6 (1954), p. 194, n. 1014. 240 1274 ottobre 20, RA, 12 (1959), p. 177, n. 53. 241 1306 gennaio 28, Syllabus membranarum, II cit., p. 174, n. 3. 242 1274 luglio 3, RA, 11 (1958), pp. 235-236, n. 286. 243 1293 settembre 3, RA, 46 (2002), p. 3, n. 1. APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it «Quod prohibita de regno nostro non extrahant» 523 lido le dogane moderne del regno con i punti di passaggio del conine del Mezzogiorno medievale, i loro predecessori. Il sistema “doganale” del Mezzogiorno medievale non funzionava alla perfezione. La frontiera attraversava in una gran parte del suo percorso delle zone impervie ed incontrollabili, cosicché ancora nel XIX secolo la si considerava molto mal difesa contro il contrabbando e le diserzioni delle persone244. L’amministrazione dei punti di passaggio era da una parte troppo “burocratica” per le condizioni dell’epoca e, dall’altra, rimase spesso vittima delle decisioni arbitrarie e degli abusi dei funzionari locali. Il cattivo stato della rete viaria impose dei limiti al trafico delle merci sul conine, cosicché i redditi ricavati dalle tasse sulle importazioni ed esportazioni rimasero relativamente basse. Tuttavia, l’esistenza stessa di un sistema di controllo di una tale capillarità deve essere considerata un fatto notevole. Si possono eseguire dei paragoni con altri sistemi doganali europei, ad esempio con la frontiera tra il ducato di Normandia e il regno francese che corrisponde ad un modello diffuso e assomiglia al conine del Mezzogiorno per l’assimilazione dei passi di conine e delle barriere interne245 o con la Savoia dove si assiste, similmente alla Sicilia e a tante altre zone, ad una politica commerciale che si serve di divieti di esportazione246. La politica doganale dei sovrani europei e lo stabilimento di un controllo diretto di un re o principe sui conini dello Stato erano spesso motivati dalla necessità di impedire l’uscita di articoli “strategici” come le armi, i metalli e i cavalli e di mantenere i monopoli della corte: così in Inghilterra di Edoardo I, in Francia di Filippo IV o nell’Impero di Rodolfo I247. Gli esempi che si possiedono di un sistema doganale eficace sono tutti relativamente tardi, non anteriori alla seconda metà del XIII secolo: così l’amministrazione francese dei “porti e passi” con i suoi ufici doganali e percorsi obbligatori imposti ai viaggiatori248. Il caso più simile a quello del regno di Sicilia proviene dalla Catalogna della seconda metà del XIV e del XV secolo, con una magistratura dei porti e dei passi formatasi dopo la grande peste del 1348 e in seguito fusa con l’antecedente uficio delle coses vedades249. Questa amministrazione che si sostituì al sistema, incompleto e molto meno eficace, della percezione delle tasse di lezda o leuda250, era diretto da un maestro dei porti, nominato direttamente dal re, assecondato dai luogotenenti incaricati di sorvegliare delle circoscrizioni territoriali, che davano a loro volta ordini ai propri subalterni, utilizzati come collettori di tasse e guardie del conine251. 244 B. Egidi, La Valle del Tronto: un’area di conine, in La Valle del Tronto: un’area di conine cit., pp. 235-261, qui p. 249. 245 D. Power, French and Norman Frontiers in the Central Middle Ages, in Frontiers in Question. Eurasian Borderlands, 700-1700, a c. di D. Power, N. Standen, London 1999, pp. 105-127, qui p. 120. 246 B. Demotz, La frontière au Moyen Âge d’après l’exemple du comté de Savoie (début XIIIe-début XVe siècles), in Les Principautés au Moyen Âge, Actes des congrès de la Société des Historiens Médiévistes de l’Enseignement Supérieur Public. 4e congrès, Bordeaux 1979, pp. 95-116, qui p. 109. 247 Bautier, La route française cit., pp. 90 e 92. 248 Ivi, p. 90. 249 Pinto, La maîtrise des ports cit. 250 C. Puig, À l’origine des premières taxes douanières: les leudaires en Roussillon et en Cerdagne (XIIIe-milieu du XIVe siècle), in Douanes, États et Frontières cit., pp. 23-40. 251 Pinto, La maîtrise des ports cit., p. 50. APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it 524 Kristjan Toomaspoeg Troviamo nelle terre catalane molti elementi comuni con il Mezzogiorno: così, si potevano importare ed esportare solo le monete locali, mentre la circolazione delle persone subiva le conseguenze dei blocchi imposti ad alcuni stranieri, come i Senesi, Lucchesi e Piacentini252. Anche il funzionamento degli ufici catalani era simile a quelli del conine tra il regno di Sicilia e le terre della Chiesa: ad esempio per quanto riguardava le perquisizioni corporali, sottoposte dal 1412 a norme precise per garantire che si facessero in un modo «onesto e pubblico»253. Come afferma lo studio di Antonio Pinto, queste similitudini sono da collocare nell’ambito delle inluenze assorbite dagli Aragonesi a seguito dei Vespri siciliani e del loro insediamento nell’isola. In sostanza, il sistema del controllo sulle importazioni ed esportazioni sarebbe stato “preso in prestito” dagli Aragonesi proprio dal Regno di Sicilia254. La differenza principale con il Mezzogiorno italiano consiste nel fatto che in Catalogna l’amministrazione del conine terrestre (con il regno di Francia) era unita con il sistema delle dogane marittime, mentre il Regno di Sicilia disponeva di ufici separati per entrambi i casi. Nel concludere questa rapidissima rassegna di notizie e considerazioni, vorrei tornare su alcuni aspetti della tematica trattata. Per primo, come sempre quando si studia l’amministrazione del Mezzogiorno medievale, è doveroso abbandonare gli scomodi concetti del “medievale”, del “premoderno” e del “moderno” e tenere presente che l’evoluzione delle istituzioni – nel nostro caso dei passaggi di conine – non era lineare ma subiva delle accelerazioni e dei rallentamenti: in un modo simile, l’amministrazione francese, perfezionatasi nel XIII secolo, visse poi un lungo periodo di decadenza durante la guerra dei Cent’anni. Possiamo dividere lo sviluppo delle “dogane” in diverse fasi, ovvero la creazione di un primo sistema di controllo sotto Guglielmo II, le riforme e l’apparizione di un’amministrazione vera e propria sotto Federico II, la messa in moto di un apparato più capillare, afidato agli uomini fedeli al re sotto Carlo I, le migliorie e riforme tentate da Carlo II e Roberto, poi, dopo un periodo di decadenza, di nuovo l’accentramento sotto Alfonso I, con la deinitiva soggezione del sistema alla Camera della Sommaria. In secondo luogo, le fonti non ci permettono di risolvere completamente la questione della redditività degli ufici di controllo sul conine: i numeri che possediamo indicano delle entrate di livello medio – non paragonabili con i proventi delle estrazioni via mare – il che, come detto, potrebbe anche spiegare il tentativo di Ferrante di abolire le tasse sull’esportazione. Tuttavia, questi redditi non sono bassi ino al punto di considerare gli ufici dei custodi dei passi come un semplice deterrente all’uscita dal regno degli articoli proibiti. Inoltre, tornando alla considerazione fatta da Jean-Marie Martin sul carattere “sovietico” della frontiera del regno, essa serviva anche a controllare gli spostamenti delle persone. Nessun viaggiatore a cavallo poteva uscire dai conini dello Stato sprovvisto di un lasciapassare. Mi sembra indicativo che, in un momento in cui nel resto dell’Occidente si tendeva di abusare dei salvacondotti, diventati talvolta un pretesto per imporre ai viag252 Ivi, p., 54. Ivi, p. 49. 254 Ivi, p. 55. 253 APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it «Quod prohibita de regno nostro non extrahant» 525 Schema cartograico della rete viaria nella zona di conine tra il regno di Sicilia e lo Stato pontiicio (secc. XIII-XV). La linea bianca indica la frontiera secondo G.A. Rizzi-Zannoni, Atlante geograico del regno di Napoli, Napoli 1808. Fondo di carta: National Geographic’s MapMaker Interactive. giatori una vera e propria “tassa d’ingresso”255, nel Mezzogiorno si facesse ricorso ad un documento speciico come il lasciapassare. Inine, è d’obbligo porsi la domanda se il controllo dei conini, in una forma così capillare, fosse un bene o un male per l’economia e la società del Mezzogiorno medievale. Nella sua fase di massima eficacia, il controllo da parte dell’amministrazione regia ebbe, a mio avviso, il vantaggio di rendere una maggiore stabilità ai viaggi nella generalmente irrequieta zona frontaliera tra il regno e la Chiesa, dando ad esempio agli allevatori transumanti una certa sicurezza per gli spostamenti del bestiame. Tuttavia, la tassazione sulle esportazioni ed importazioni, come peraltro tutta la iscalità indiretta, non favorì certo i ceti più attivi della popolazione, costretti a scegliere tra la via marittima, altrettanto tassata e pericolosa, e le impervie vie di collegamento terrestri. Una gran parte degli effetti negativi furono provocati dall’eccessivo zelo e dagli abusi 255 Craecker-Dussart, L’évolution du sauf-conduit cit., pp. 225-226. APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it 526 Kristjan Toomaspoeg dei custodi dei passi: un fatto che ci riporta alla problematica dell’eficacia dell’amministrazione del regno. Benché a prima vista ben regolato e capillare, il sistema amministrativo evidenziava molte debolezze, a cominciare dal fatto che il re in persona doveva impartire ordini ai maestri dei passi. Non è dunque il caso di esaltare il sistema di controllo dei conini del Mezzogiorno, molto meno eficace di quello che potrebbe sembrare e con molte falle. Così, si riusciva anche ad eludere i controlli e attraversare la linea di frontiera in entrambe le direzioni, essendo i punti di sorveglianza posizionati solo nei centri abitati lungo le vie di accesso e non sul conine vero e proprio, peraltro considerato incontrollabile ancora nel XIX secolo. APPRENDERE CIÒ CHE VIVE - ISBN 978-88-7228-829-0 - © 2017 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it INDICE Tabula gratulatoria Biograia, a mo’ di presentazione di Victor Rivera Magos e Francesco Violante Massimiliano Ambruoso Il castello federiciano di Gravina in Puglia: castrum o domus? 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Una nota biograica con osservazioni storico-agrarie in margine ai protocolli Fulvio Delle Donne Tra retorica e storia: relazioni tra il Chronicon di Francesco Pipino e il Codice Fitalia Luisa Derosa Note sul Colosso di Barletta Antonio Massimo Diviccaro I manoscritti inediti (e ignoti) di Ferrante Della Marra e un manoscritto di Francesco d’Andrea considerato perduto Pasquale Favia Abbandoni e perpetuazioni d’uso degli insediamenti medievali della Puglia centro-settentrionale Salvatore Fodale Un ignobile cavaliere catalano nella Sicilia di metà Trecento: Francesco Valguarnera Cosimo Damiano Fonseca Il contributo di Michelangelo Cagiano de Azevedo al dibattito storiograico sul Medioevo Franco Magistrale† (a cura di C. Drago Tedeschini, P. Fioretti, M. A. 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