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La musica per chitarra di Manuel M. Ponce nel contesto della sua opera,

The guitar music of the mexican composer Manuel Ponce in the historical context of his life and works «Codice 602», VII (2016), pp. 39-52

LA MUSICA PER CHITARRA DI MANUEL M. PONCE NEL CONTESTO DELLA SUA OPERA di Stefano Campagnolo* È noto come Andrés Segovia (1893-1987) – considerato con giuste ragioni colui che ha maggiormente contribuito a restituire alla chitarra classica1 un ruolo nell’ambito della musica d’arte nel secolo scorso –, abbia fondato la propria carriera e fortuna in specie su una intuizione: costruire un repertorio originale per il suo strumento con una assidua opera di committenza e sollecitazione presso i compositori contemporanei2. Nel rapporto, spesso difficile, che Segovia intrattenne con i compositori che ha incontrato nella propria lunga carriera, possiamo distinguere quelli che furono da lui richiesti di comporre per lo stru* Stefano Campagnolo, dottore di ricerca in Filologia musicale, è direttore della Biblioteca statale di Cremona. Al suo attivo ha numerose pubblicazioni in ambito nazionale e internazionale sulla musica profana del Cinquecento e del Trecento italiano. È membro del Comitato scientifico del Centro studi dell’Ars nova italiana di Certaldo. 1 La definizione di ‘chitarra classica’ non deve essere intesa, come spesso accade, come significativa relativamente al repertorio eseguito, e quindi in contrapposizione con altre tipologie organologiche sviluppate per la musica popolare, ma come la definizione più appropriata a indicare lo strumento che raggiunge la propria definizione formale nel periodo ‘classico’ della storia musicale, ovvero fra la fine del ’700 e gli inizi del secolo successivo, in contrapposizione allo strumento barocco che lo precede. Il termine è in uso almeno dagli anni venti del ’900 in ambito anglosassone. 2 Per l’affermazione della chitarra classica nel XX secolo, molti altri sono i fattori elencabili, taluni determinati da tendenze storiche in atto, come il nuovo gusto dei compositori per formazioni cameristiche con commistioni timbriche inedite e in generale il rinnovato interesse per la musica da camera e per sonorità particolari anche se ‘piccole’, l’attenzione per la musica e le forme popolari così come la riscoperta della musica antica e barocca e quindi del repertorio liutistico, lo spagnolismo alla moda, la fortuna dell’oggetto-chitarra nelle arti figurative; altri si devono specificatamente a Segovia, come una straordinaria capacità manageriale nel promuovere la propria attività e la propria persona, l’orgogliosa scelta di non proporsi presso i circoli di dilettanti e amatori dello strumento presso i quali era da mezzo secolo e più confinata la chitarra e viceversa la sfida di calcare i palcoscenici più importanti, il rifiuto per musiche volgari quali ballabili e pot-pourri, la comprensione dell’importanza delle incisioni discografiche. Per una bibliografia aggiornata su Segovia si può fare riferimento al piacevole ANGELO GILARDINO, Andrés Segovia: l’uomo, l’artista, Milano, Curci, 2012. Codice 602 29 Stefano Campagnolo mento, da coloro i quali si offrirono spontaneamente di farlo, colpiti dalle qualità del maestro spagnolo. Fra i secondi annoveriamo ad esempio il polacco Alexander Tansman e probabilmente molti dei nomi emersi allo spoglio degli Archivi Segovia di Linares, cioè la biblioteca musicale del chitarrista, e mai ricompresi nei programmi segoviani3. Fra quelli invece sollecitati direttamente da Segovia, fra i primissimi, troviamo i nomi di Federico Moreno Torroba, Mario Castelnuovo-Tedesco, Joaquín Turina e quello del musicista più coinvolto nell’azione di Segovia, e indubbiamente il preferito dal chitarrista andaluso: il messicano Manuel Maria Ponce (1882-1948). Fra Segovia e Ponce, fra esecutore e compositore, si sviluppò un rapporto di collaborazione così stretto da non trovare molte analogie nella storia musicale. A testimoniarlo, sono sopravvissute le lettere che Segovia ha inviato a Ponce4, e la consistenza di questo carteggio ha consentito di approfondire lo studio sul loro sodalizio, amicale prima ancora che artistico. In questa relazione la figura di Ponce è apparsa ai più prona ai desiderata del maestro spagnolo, incline a soddisfare in modo acritico le esigenze poste a Segovia dalla frenetica vita concertistica che conduceva e dal suo disegno estetico, uscendone stilisticamente appannata e al più bollata con le non qualificanti stimmate dell’eclettismo5. È stato davvero così? Mancano le lettere di risposta di Ponce a Segovia, perdute, che avrebbero illuminato al proposito e ci avrebbero forse restituito un’immagine meno distorta da quella emergente nella corrispondenza a senso unico che conosciamo, ma un approfondimento sull’opera di Ponce, sulla sua formazione e il suo tempo può consentire di tracciare un quadro più equilibrato in cui incorniciare la sua produzione chitarristica. Quando Segovia incontrò Ponce nel 1923, in occasione delle sue prime tournée nel Sudamerica, il musicista messicano era un ormai affermato 3 Su questo punto cfr. GILARDINO, Andrés Segovia, cit. passim. Gilardino è peraltro l’editore delle musiche tratte dall’Archivio Segovia, per l’editore Bèrben. 4 The Segovia-Ponce Letters, ed. by Miguel Alcazar, trad. by Peter Segal, Columbus, Editions Orphée, 1989. Sul rapporto Segovia-Ponce si veda poi la storica monografia, pur se a carattere agiografico, CORAZÒN OTERO, Manuel M. Ponce y la guitarra, Mexico, Fonapas, 1981 (cit. dall’ed. ing. Manuel M. Ponce and the Guitar, transl. by J. D. Roberts, Westport (Conn.), The Bold Strummer, 1994); si segnala inoltre una delle numerose tesi universitarie su Ponce che ruota attorno al carteggio e alle tematiche qui toccate: PETER E. SEGAL, The Role of Andrés Segovia in Re-Shaping the Repertoire of the Classical Guitar, DMA thesis, Temple University, 1994. 5 Ad esempio cfr. MARK DALE, “Mi querido Manuel”. La influencia de Andrés Segovia en la música para guitarra de Manuel M. Ponce, «Heterofonía: revista de investigación musical», 118-119, 1998 (Ejemplar dedicado a Manuel M. Ponce, a 50 años de su muerte), pp. 86-105. 30 La musica per chitarra di Manuel M. Ponce nel contesto della sua opera compositore quarantunenne6. Alle spalle aveva molte delle composizioni ancor oggi fra le più note e favorite, pianistiche e non solo, quali la deliziosa Gavota (1901), il pezzo per mano sinistra sola Malgré tout (1903)7, parte delle numerose mazurke, lo Scherzino mexicano (1909), il Concerto Romantico per piano e orchestra (1911), il celebre Intermezzo n. 1 (1912), la già famosa Estrellita compresa nell’album delle Canciones mexicanas (1914), la Balada Mexicana (1915), la prima versione di una delle sue opere più ambiziose, Chapultepec, poema sinfonico (1921), le Estampas nocturnas del 1923 e molte altre. Nato in una famiglia della piccola borghesia, Ponce si era formato dapprima in Messico quale fanciullo prodigio – aveva iniziato a studiare in casa, con la sorella, e a comporre a soli nove anni – studiando con Vicente Mañas, pianista spagnolo, e armonia con un italiano, Eduardo Gabrielli: uno spagnolo e un italiano, fra i molti residenti nel continente, a rappresentare le due direttrici lungo le quali si muoveva la musica messicana. Infatti, per quanto gli spagnoli abbiano segnato un dominio culturale su tutta la regione, la musica in Messico parlava largamente italiano, già col melodramma del secolo XVIII, italiano nella sostanza, ma uniformato alla zarzuela spagnola: vigeva cioè la prassi della trasformazione delle opere italiane, traducendo i testi 6 Per le notizie relative a Ponce si faccia riferimento a RICARDO MIRANDA, Manuel M. Ponce, Ensayo sobre su vida y su obra, Mexico City, Consejo Nacional para la Cultura y las Artes, 1998; fondamentale per gli studi su Ponce: JORGE BARRÓN CORVERA, Manuel María Ponce: A Bio-bibliography, Westport (Conn.), Praeger, 2004, con il catalogo ragionato delle opere. È in corso un imponente piano editoriale per la pubblicazione delle opere inedite o non più ristampate a cura della Escuela Naciònal de Musica UNAM (cfr. PAOLO ANTONIO MELLO GRAND PICCO, Proyecto Editorial Manuel M. Ponce, Escuela Nacional de Música, UNAM, «Revista Digital Universitaria», 7/2, 2006). Tutte le opera per chitarra sono state edite e commentate col sostegno dei manoscritti superstiti: MANUEL M. PONCE, Obra completa para guitarra. De acuerdo a los manuscriptos originales, a cura di M. Alcazar, Conaculta, Étoiles, 2000 (edizione bilingue: spagnolo ed inglese). Nel corso del lavoro saranno citate alcune delle molte tesi universitarie (per lo più americane) sull’opera di Ponce, chitarristica e non solo. 7 Ponce l’ha composto in onore dello scultore connazionale e compaesano Jesus F. Contreras (Ponce nacque a Fresnillo, perché i suoi genitori, compromessi con il regime di Massimiliano d’Asburgo, temendo per l’avvento di Porfirio Diaz, si erano lì temporaneamente spostati, ma tornarono quasi subito ad Aguascalientes, patria di Contreras e vera città di Ponce), che aveva presentato con grande successo all’esposizione internazionale di Parigi del 1900 una scultura dalla stessa intitolazione: Malgré tout (A pesar de todo, in spagnolo). Contreras aveva perso il braccio destro per un tumore maligno che lo portò rapidamente alla morte (1902), ma si era diffusa presto una leggenda che dura tuttora intorno alla sua mutilazione che voleva che fosse stata dovuta a un incidente di lavoro (una fusione) e che l’opera presentata fosse stata scolpita con la sola mano sinistra. Il pezzo è considerato in ritmo di habanera, ma la figurazione puntata che lo contraddistingue è tipica, oltre che della danza cubana, anche del folklore messicano. Si veda l’introduzione all’edizione moderna: MANUEL M. PONCE, Malgré tout (A pesar de todo), Danza para la mano izquierda sola, a cura di J. Herrera, Ciudad de Mexico, Universidad Nacional Autònoma de México – Escuela Nacional de Mùsica, 2005, (edizione speciale a cura di Clema Ponce), pp. 3-7. Ponce scrisse poi altre composizioni per la sola mano sinistra, come un Prélude et Fugue nel 1931. Codice 602 31 Stefano Campagnolo delle opere buffe ed eliminando i recitativi, rappresentandole con organici estremamente ridotti e una qualità molto bassa, anche per i cantanti. Tutto ciò almeno fino all’arrivo in Messico nel 1827 del famoso tenore spagnolo Manuel Garcia, che impose il ripristino dell’italiano e dei recitativi, elevando la qualità e rappresentando insomma, al più alto livello, opere italiane con cantanti professionisti, modificando così per sempre il gusto locale. Da allora si rappresentarono solo opere in italiano: da Bellini e Donizetti fino a Verdi e Puccini, producendo fenomeni emulativi fra i pochi compositori indigeni. Diventò prassi completare la propria formazione in Europa, come nel caso di Melesio Morales, che ebbe la fortuna di veder rappresentata a Firenze la sua Cunegonda (1866), e dopo tre anni di studi in Italia, fece ritorno in patria celebrato come un eroe nazionale, organizzando nel Conservatorio di Città del Messico un proprio corso di composizione esplicitamente ispirato ai “princìpi napoletani”, scrivendo altre opere, che non replicarono mai il successo di Cunegonda, tutte in italiano. A fine secolo, si sentiva però ormai l’esigenza di fondare un melodramma nazionale e cominciarono i primi esperimenti di libretti in spagnolo ispirati alla storia antica e su questa strada si incamminarono i compositori della generazione che precede immediatamente quella di Ponce, come Gustavo Campa e soprattutto Ricardo Castro8. Non è sorprendente quindi che Ponce abbia sentito l’esigenza di completare la propria formazione in Europa, con il primo viaggio compiuto nel 1904, e non sorprende che, su consiglio e raccomandazione di Gabrielli, si sia recato anzitutto in Italia per incontrare a Bologna Marco Enrico Bossi. L’incontro con Bossi non fu fortunato, ma è a suo modo significativo se corrisponde al vero quanto si narra: dopo averlo sentito suonare alcune sue composizioni, Bossi, oberato da troppi impegni, l’avrebbe rifiutato come allievo, ma col dirgli che, pur componendo delle bellissime melodie, il suo stile era quello del 18309. Gli consigliò quindi il Liceo Rossini di Bologna, dove Ponce studiò pianoforte con Luigi Torchi10 e composizione con Cesare Dall’Olio11. Morto quest’ultimo nel 1906, Ponce decise di spostarsi a 8 Ancora valido JOSÉ LOPEZ-CALO, L’America latina, in Storia dell’Opera, Torino, Utet, v. II, t. II, L’opera in Europa e nelle Americhe, 1977, pp. 448-471. 9 Il racconto è verosimile (cfr. MIRANDA, Manuel M. Ponce, cit., p. 20), anche se sorprende che un tal giudizio – sostanzialmente corretto, soprattutto se le composizioni su cui puntò Ponce furono alcune delle mazurche, schiettamente chopiniane –, venga da Bossi, non propriamente un modernista. 10 Vale a dire uno dei massimi artefici, con Oscar Chilesotti, della riscoperta della musica antica in Italia, l’autore de L’Arte musicale in Italia. Pubblicazione nazionale delle più importanti opere musicali italiane dal secolo XIV al XVIII, tratte da codici, antichi manoscritti ed edizioni primitive, scelte, trascritte in notazione moderna, messe in partitura, armonizzate ed annotate da Luigi Torchi, Milano, G. Ricordi, 1897-1908, 7 vv. 11 Apprezzato didatta e trattatista, autore di un trattato d’armonia (Corso teorico-pratico di armonia, Torino, Giudici & Strada, s.d.) e molti altri scritti teorici. 32 La musica per chitarra di Manuel M. Ponce nel contesto della sua opera Berlino, prendendo lezioni di pianoforte inizialmente con Edwin Fischer12, per passare poi sotto Martin Krause, uno degli allievi di Liszt (si ricordi che Liszt è morto nel 1886, restando molto attivo fino alla fine dei suoi giorni), dando prova della propria maestria in più occasioni13. Non potendo più sostenersi economicamente in Europa, giunse il momento del ritorno a casa, nel 1907, e, come dono per la partenza, significativamente, i compagni di studi gli regalarono il primo volume dedicato alle Americhe di una raccolta di canti popolari di tutto il mondo, curata da Albert Friedenthal14. Gli anni che seguirono furono di grande attività per Ponce, sia come compositore, sia, al Conservatorio Nazionale dal 1908, come didatta, sia come operatore culturale, pur dovendosi confrontare con la Rivoluzione messicana (1910). Da ricordarsi come qualificanti le celebrazioni del 1910 per Chopin (non a caso è l’anno dell’inizio della composizione del Concerto Romantico per pianoforte e orchestra) e nel 1912 organizzò il primo concerto con musiche del solo Debussy, fino a quel momento completamente sconosciuto in Messico. Cominciò a essere una figura autorevole della vita musicale. Tra i suoi allievi il piccolo Carlos Chávez. Forse quale frutto della sollecitazione venuta dall’antologia di Friedenthal, aveva cominciato a interessarsi alla canción messicana, realizzando armonizzazioni e adattamenti da canzoni popolari, o almeno ritenute tali, e componendone di nuove. Nel 1913 aveva tenuto una conferenza alla Biblioteca di Città del Messico sulla canción, tappa fondamentale di un suo incessante esercizio da musicologo e pubblicista e vero e proprio manifesto estetico15, e l’anno successivo apparve l’album delle Canciones mexicanas16. 12 Alcune biografie riportano di uno sconosciuto Edwin Fisocher, frutto di una errata trascrizione del nome del celeberrimo pianista svizzero, il quale, anche se più giovane di Ponce (era nato nel 1886) era didatta nel conservatorio di Berlino, dove era entrato a soli dieci anni, e dove presumibilmente preparava i migliori allievi da inviare a Krause (cfr. MIRANDA, Manuel M. Ponce, cit., p. 21). 13 L’aneddoto più conosciuto vuole che, ascoltato il maestro fare lezione sulle suite di Haendel (allora assai poco conosciute) il giorno seguente se ne sia tornato in classe con il Preludio e fuga su un tema della suite in mi minore di Haendel. 14 ALBERT FRIEDENTHAL, Stimmen der Völker in Liedern, Tänzen und Charakterstücken, Berlin, Schlesingersche Buch- und Musikhandlung, s.d., I: Abteilung. Die Volksmusik der Kreolen Amerikas. La prima sezione di questa raccolta, provvista di una introduzione trilingue su struttura dei canti e prassi esecutiva, è dedicata proprio al Messico con alcune celeberrime melodie come il Jarabe tapatìo, La Paloma (non propriamente un canto popolare, che si deve, come è specificato, al compositore spagnolo Sebastian de Yradier), la Arulladora. 15 Numerosissimi gli scritti di Ponce apparsi su giornali e riviste già dagli anni giovanili (nel 1903 collaborava con The Observer come critico musicale). Una raccolta di scritti, che comprende anche la relazione sulla canción, si può leggere, estesa, nel numero monografico della rivista Cultura a lui dedicato (MANUEL M. PONCE, Escritos y Composiciones Musicales, prologo de Ruben Campos, «Cultura», IV/4, 1917). 16 Quella del 1914 non era comunque la prima raccolta di Ponce: ne aveva pubblicata una già nel 1912 per l’editore Wagner y Levien e un arrangiamento di Marchita el alma arricchiva il testo sulla canción nella prima pubblicazione (cfr. MIRANDA, Manuel M. Ponce, cit., p. 30). Codice 602 33 Stefano Campagnolo Fra il 1915 e il 1917 fu a Cuba a causa degli eventi rivoluzionari (Ponce aveva commesso l’errore di appoggiare l’ascesa di Huerta e un gruppo di anti-huertisti lo prese di mira bersagliandolo con critiche pretestuose), in esilio volontario, approfittandone per studiare la musica popolare cubana, da sempre contigua al folklore messicano. Il tentativo di dare concerti negli USA fu frustrato dall’attacco di Pancho Villa alla città di Columbus, trovando così un ambiente e recensioni sfavorevolissimi. Dopo un breve ritorno nel 1916, rientrò definitivamente in Messico nel 1917, sposando Clementina (Clema) Maurel. L’anno successivo fu nominato direttore dell’Orchestra Sinfonica del Messico, riuscendo a organizzare concerti con Pablo Casals ed Arthur Rubenstein, e intensificando nello stesso tempo la produzione teorica e le collaborazioni giornalistiche. Quando, nel 1923, recensì per El Universal il concerto di Segovia giunto nel suo paese per la prima volta17, – sollecitando così la curiosità del chitarrista (che sicuramente conosceva Ponce già per fama: la recensione potrebbe essere stata semplicemente una buona scusa per avvicinarlo) e che ottenne a richiesta la prima pagina chitarristica di Ponce –18, non era però un momento felice. Come illustra convincentemente Leonora Saavedra 19, Ponce aveva ottenuto una grande notorietà, non solo a livello locale, con le sue Canciones, indicando una via ai musicisti del suo paese e diventando uno dei padri fondatori della cultura e dell’identità nazionale. Tuttavia, la strada indicata da Ponce – che peccava essa stessa di una profonda ingenuità di fondo20, ma che era comunque nutrita da grande scienza musicale e raffi17 Il 6 maggio. Cfr. OTERO, Manuel M. Ponce, cit., pp. 18-19, per un estratto della recensione e, in italiano, GILARDINO, Andrés Segovia, cit., p. 87. 18 Una versione per chitarra de La Valentina, una canción, e una pagina che diverrà il terzo movimento della Sonata I (Mexicana, la prima sonata novecentesca per la chitarra), che cita il Jarabe tapatìo. 19 LEONORA SAAVEDRA, Manuel M. Ponce’s Chapultepec and the Conflicted Representations of a Contested Space, «Musical Quarterly», 92/3-4, 2009. Il bellissimo articolo deriva dalla più ampia tesi dottorale: ID., Of selves and Others: Historiography, Ideology, and Politics of Modern Mexican Music, PhD. Diss., University of Pittsburgh, 2001. 20 Saavedra sintetizza così la concezione della canción in Ponce sotto l’aspetto puramente musicale: “Musically speaking, what Ponce valued in the canción was exclusively its melodic aspect, dismissing the simplicity of its tonic–dominant harmonies as having no potential for development into an art music. He recognized and valued the importance of improvisation and oral transmission in the preservation of the canción in its rural habitat through regional, wandering, ‘rhapsodizing’ singers, i.e., cancioneros. But he valued complex art music as a superior evolutionary stage in the development of music and saw the duty of the composer as nothing less than «to ennoble the music of his country, giving it artistic form, clothing it in the drapes of polyphony, and lovingly conserving the popular musics that are the expression of the national soul». Ponce thus positioned himself as a composer, however marginal, within a clearly defined social hierarchy that, despite his genuine empathy for the pueblo and disapproval of the upper classes’ cultural habits, he had no intention to subvert” (SAAVEDRA, Manuel M. Ponce, cit., pp. 283-284). Una concezione elitaria dunque, che coglieva la pura linea melodica tralasciando ogni altro aspetto della canción. 34 La musica per chitarra di Manuel M. Ponce nel contesto della sua opera natezza –, fu abbracciata da una moltitudine di interpreti in maniera assai superficiale. Oltre a ciò, il decennio rivoluzionario 1910-1920 fu segnato da una modificazione del gusto della musica popolare, con l’emergere di nuove forme di spettacolo che portavano con sé nuove musiche e danze, tanto da provocare esplicite lamentele di Ponce – che scrisse un articolo dedicato a ‘His Majesty, the Fox’, per contrastare l’inarrestabile avanzata del fox-trot – che vedeva la sua canción mortificata nella estrema popolarità raggiunta e niente affatto nobilitata ad esprimere la sua intima essenza. Ponce si trovava insomma nella scomoda posizione di essere considerato uno dei padri della musica messicana, ma nessuno seguiva le sue impronte. In epoca post-rivoluzionaria, la cultura musicale era oggetto di una consapevole politica edificatoria. Al centro di questa costruzione c’era il nuovo ministro della cultura (1921-1924), José Vasconcelos, che pensava di poter consolidare: the Mexican people – including the indigenous communities – into a unified, literate, Spanish-speaking nation, with a modern, secular, standardized education based on Western civilization at large, and Hispanic culture in particular21. All’interno di questo disegno, la musica aveva un ruolo fondamentale: così come nell’era porfiriana (il lungo governo di Porfirio Dìaz) il salotto borghese si era nutrito del pianoforte di Chopin, del valzer viennese (si pensi al successo internazionale di Sobre las olas, di Juventino Rosas), dell’opera italiana e della Salon music, nel nuovo Messico uscito dalla Rivoluzione ci si orientava decisamente verso la Spagna e verso una diffusione capillare di una cultura musicale basata su enormi cori e orchestre tipiche: Vasconcelo “replaced the traditional school repertoire of songs and dances with a repertoire drawn from Hispanic folklore”, organizzando festival di massa22. In questa nuova politica lo spazio per le canciones di Ponce (almeno di quanto poteva sopravviverne in arrangiamenti a due sole voci) si ridusse rapidamente. Conseguentemente, malgrado la prima rappresentazione di Chapultepec in un festival ufficiale, “Ponce’s compositions ceased being programmed at Vasconcelos’s festivals, and he received no commissions for the composition of new works” e nel 1922 la musica di Ponce ricevette apertamente attacchi da personaggi vicini al governo23. Il momento dell’incontro Ponce-Segovia rappresentò quindi per il messicano una occasione di fuga, concretizzatasi nel maggio 1925, anche grazie all’aiuto di Segovia e a un contributo del Governo per il biglietto della nave. L’approdo a Parigi e l’iscrizione alla classe di composizione 21 SAAVEDRA, Manuel M. Ponce, cit., pp. 289-290. 22 Ibid., pp. 289-293. 23 Ibid., p. 293. Codice 602 35 Stefano Campagnolo di Paul Dukas, visti sotto questa prospettiva, non sembrano rispondere a una sentita esigenza di formazione e aggiornamento, piuttosto appaiono come una valida giustificazione per il soggiorno europeo e una maniera per entrare a pieno titolo nel mondo musicale parigino. Non credo che Ponce avesse molto da imparare dal pur venerato maestro Dukas. Più stimolante può essere stata la parallela frequentazione di Nadia Boulanger. Le foto che ritraggono Ponce con una vistosa chioma precocemente bianca nella classe di Dukas sono più che esplicative della incongruità della sua presenza da allievo in una classe pur prestigiosa, con altri importanti colleghi come Joaquín Rodrigo, o José Rolón (che era anche più anziano di lui, essendo nato nel 1876). Ponce restò a Parigi fino al 1932. In questi anni il suo stile ebbe indubbiamente una evoluzione, arricchendosi di alcuni tratti della musica europea più avanzata, pure se parcamente e fuggendo la sperimentazione più estrema. In questi anni è anche concentrata la quasi totalità della produzione per chitarra, con la sola rilevante eccezione del concerto con orchestra. Non fu certamente Segovia a rivelare la chitarra a Ponce. Anzitutto bisogna considerare la fortuna e la diffusione dello strumento nella musica popolare e nel folklore di tutto il Sudamerica (ma specialmente del Messico)24, anche nelle sue diversificate declinazioni di fantasiosi cordofoni derivati per lo più dalla vihuela de mano importata dagli spagnoli, in varietà locali (jarana o guitarra de golpe, requinto, cuatro, guitarron, bajo sexto) e regionali (cavaquinho, charango, etc.), e la presenza della chitarra nei diversi complessi strumentali (di cui il mariachi è il più celebre) dove copre il ruolo di fondamento: presenza eloquente che del resto portò, prima di Ponce stesso, il suo allievo Carlos Chávez a scrivere per lo strumento25. Le canciones di Ponce venivano poi continuamente arrangiate in ensemble che comprendevano la chitarra, come l’Orquesta Típica de Mexico di Miguel Lerdo de Tejada26. Inoltre, nel periodo cubano Ponce ebbe modo di ascoltare e recensire il cantante popolare e chitarrista Antonio 24 “The guitar is by all odds the most important instrument which the Creoles use in accompanying their songs”, FRIEDENTHAL, Stimmen, cit., p. XI. 25 Chávez scrisse i Tre pezzi nel 1923 (su suggestione anch’egli della tournée segoviana?), ma furono diffusi solo nel 1962. Anche il brasiliano Heitor Villa-Lobos cominciò a comporre agli inizi del ’900 autonomamente. 26 Cfr. SAAVEDRA, Manuel M. Ponce’s, cit., p. 285. Si può ascoltare un arrangiamento de Si alguna vez, del 1913 e Oye la voz, del 1914, incise dal Trio Gonzales nel 1919 per voci e chitarra nel National Jukebox della Library of Congress. Sono disponibili all’ascolto a questi URL: http://www.loc.gov/jukebox/recordings/detail/id/7136; http://www.loc. gov/jukebox/recordings/detail/id/7137. L’accompagnamento della chitarra, pur senza essere particolarmente elaborato, è pur sempre ‘educato’ ed eseguito, a giudicare dal suono, con una chitarra classica con corde di budello e non metalliche. 36 La musica per chitarra di Manuel M. Ponce nel contesto della sua opera Gumersindo Garay y García detto Sindo Garay27, e non si può escludere che possa aver ascoltato anche qualche altro più dotato chitarrista28. Se la chitarra suonata da Segovia non fu una rivelazione in assoluto quale strumento solistico, lo fu invece certamente la Sonatina di Federico Moreno Torroba, che rappresentava il pezzo più importante dei programmi da concerto di Segovia all’epoca, la composizione originale più elaborata che Ponce avesse sentito alla chitarra e di sicuro la cosa più vicina al proprio linguaggio musicale. Non a caso su di essa si incentrò la lusinghiera recensione che Ponce dedicò al concerto e credo fu la Sonatina di Torroba, forse più dell’arte di Segovia, a predisporlo all’idea di comporre per la chitarra. Di fatto, pur continuando per tutta la vita, la composizione chitarristica è concentrata in una parte relativamente ristretta della carriera, fra il 1923 e il 1932, e specialmente negli otto anni parigini. Nell’arco di dieci anni Ponce ha arrangiato per chitarra sola cinque canciones mexicanas, composto cinque sonate, due temi con variazioni, due suite, 24 preludi, vari pezzi sparsi, più una sonata per chitarra e cembalo e riscritto una sonata di Paganini29. La gran maggioranza di queste composizioni mostra il linguaggio moderatamente modernista di Ponce, caratteristico della sua produzione matura: opere che denotano un forte impegno compositivo, che risentono dell’evoluzione dello stile di Ponce mantenendo però una grande uniformità linguistica sostenuta da una vena romantica che fu sempre percepibile, con incursioni nella modalità e politonalità e l’esasperazione di un cromatismo connaturato a tutta la sua musica, pur sempre senza abbandonare una solida impalcatura tonale e una accentuata cantabilità (forse il tratto più tipico, anche nelle composizioni contrappuntistiche). Sono da ricomprendersi in tale categoria le sonate I (Mexicana, del 1923, anche se più tradizionale nella scrittura), probabilmente la II (1926, in la minore, perduta), la III (1927), il Tema variato e finale (1926), i Preludi (1926-30) le Variazioni e fuga sulla Follia di Spagna (1929), la maggior parte dei pezzi sparsi e la composizione più evoluta linguisticamente: la Sonata per chitarra e cembalo (1926), che, probabilmente non per caso, Segovia non interpretò mai30. Ancora a tal gruppo, ma con un occhio al folklore spagnolo, sono assimilabili la Sonatina meridional (1930) e l’Omaggio a Tarrega (1932). Appartengono invece al genere pastiche – oltre al rifacimento della 27 Cfr. ARNOLDO GARCÍA SANTOS, The Influence of Folk Music in Guitar Compositions by Manuel Ponce, DMA Thesys, Arizona State University, 2014, pp. 10-11. 28 Come lo spagnolo Antonio Jiménez Manjón (Jaèn 1867- Buenos Aires 1919), naturalizzato argentino. 29 Per tutte le notizie, le fonti e i documenti relativi alle composizioni chitarristiche si faccia riferimento all’edizione integrale di Miguel Alcazar, cit. 30 Ne fa solo cenno in una lettera del 21 agosto del 1926, pianificando una esecuzione in dicembre a Bruxelles, ma che non mi risulta sia mai avvenuta (The Segovia-Ponce Letters, cit., pp. 7-8). Codice 602 37 Stefano Campagnolo Gran Sonata di Paganini, cui però bisogna assegnare un posto a sé stante, essendo una vera e propria riscrittura arricchita e non una composizione originale, e alcuni pezzi sparsi – le sonate IV (Clàsica, 1927-28) e V (Romantica, 1928), ma soprattutto le due suite in stile barocco: la Suite in la minore (1929) e la Suite in re maggiore (1931), la prima attribuita a Sylvius Leopold Weiss e la seconda ad Alessandro Scarlatti31. L’insistenza sulla forma-sonata si deve sicuramente a Segovia che riteneva, non a torto, che un repertorio degno dei grandi palcoscenici dovesse nutrirsi della forma musicale principe, e a quel tempo tranne le sonate di Fernando Sor e l’op. 15 di Mauro Giuliani poco o nulla si conosceva del repertorio del secolo precedente. Tale richiesta si sposava bene con la sicura competenza di Ponce e la sua capacità di maneggiare con grande padronanza le forme classiche. L’attenzione dei critici si è appuntata sulle composizioni pastiche di Ponce, quelle che più di tutte danno un’impronta eterogenea alla sua produzione e al suo stile. Come vanno inquadrate nella sua opera, nel momento peraltro in cui l’autore si apriva ad alcune delle istanze avanzate della musica europea, ponendo a propri modelli ideali compositori come Stravinsky?32 Sembra accertato che le sonate IV e V siano nate su espressa richiesta di Segovia, desideroso di avere una sonata nello stile di Haydn e una nello stile di Schubert, ma se la Sonata Clàsica e la Romantica, pur con qualche piccola ambiguità33, viaggiarono sotto il nome del suo autore, non è chiaro a chi si debba l’idea di attribuire a Weiss la Suite in la minore, di gran lunga una delle composizioni più fortunate di questo periodo, tra le più eseguite da Segovia che la registrò su disco nel 1930, insieme a parte della Sonata III e delle Variazioni e fuga sulla Follia di Spagna. Weiss poteva essere noto a Segovia tramite le biografie bachiane, che ne magnificavano le doti di sommo liutista, ma le competenze musicologiche di Ponce mi fanno pensare che potesse aver conosciuto qualche sua 31 Come avvenuto per Estrellita, registrata quale opera di Ponce solo dopo la sua morte (ma la cosa vale soprattutto per i diritti d’autore, mentre l’opera gli era notoriamente attribuita), anche le due Suite hanno atteso a lungo perché ne venisse riconosciuta la paternità (solo nel 1973 per la prima e nel 1967 per la seconda). La vicenda è ben riassunta da KEVIN MANDERVILLE, Manuel Ponce and the Suite in A Minor: Its Historical Signifiance and an Examination of Existing Editions, DMA thesys, Florida State University, 2006. Dovrebbe essere esistito anche un Homenaje a Bach composto da un Preludio, Fuga e Capriccio, cui ha fatto cenno Ponce in una intervista del 1933, perduto (cfr. BARRÓN CORVERA, Manuel María Ponce, cit., p. 50). In alcuni suoi concerti Segovia suonò un non identificato Capriccio come parte della Suite in la minore. 32 MIRANDA, Manuel M. Ponce, cit., p. 63, cita uno scritto di Ponce in cui Stravinsky è posto ‘sopra tutti’, come ‘un genio’. 33 Segovia in qualche concerto mescolò pezzi di sonate di Sor alla Clàsica di Ponce (cfr. GILARDINO, Andrés Segovia, cit., p. 125). 38 La musica per chitarra di Manuel M. Ponce nel contesto della sua opera composizione pubblicata in riviste tedesche34. Anche alcuni tratti della Suite sono vicini e compatibili con lo stile di Weiss, come gli accordi spezzati nella seconda parte del Preludio e certe movenze della Sarabanda, non bachiani, come non lo è sicuramente la giga finale ‘tarantellata’35. Anche la Suite in re inopinatamente attribuita ad Alessandro Scarlatti (e questa fu un’idea segoviana), secondo Alcazar, mostra sostanzialmente gli stessi tratti stilistici e sarebbe “more within the Weiss style than the Weiss Suite”36. In realtà questa suite sembra modellata molto più sull’esempio di alcune suite di Haendel, che, come abbiamo visto37, Ponce conosceva già dagli anni di studio in Germania. Queste non sono propriamente opere neoclassiche: quando Ponce scrive ispirandosi al barocco – lo fa, tra le altre opere, sia in epoca giovanile con il bellissimo Preludio e fuga su un tema della suite in mi minore di Haendel per pianoforte, sia nella maturità con la Petite suite en lo estilo antiguo del 1933 per archi – ha un diverso atteggiamento e la sua scrittura non è mai mascherata, rimanendo sempre assai riconoscibile e ‘moderna’, come lo sono, ad esempio, il Pulcinella o il Concerto per violino di Stravinsky, anche se in modo meno ardito. Tuttavia, le due suite barocche, di cui la prima largamente superiore per riuscita alla seconda, avrebbero 34 Sospetto che la pubblicazione sia HANS NEEMAN, Die Lautenhandschriften von Silvius Leopold Weiß in der Bibliothek Dr. Werner Wolffheim, «Zeitschrift für Musikwissenschaft», X, 1927-28, pp. 396-414, una rivista musicologica molto diffusa che contiene la trascrizione in chiave di sol di una intera suite. Un pezzo di Weiss era stato già edito da Oscar Chilesotti nel 1915 nella sua Biblioteca di Rarità musicali (ben nota a Segovia perché vi trasse i celeberrimi Sei pezzi rinascimentali) e una prima biografia di Weiss era uscita già a inizio secolo, ma senza esempi musicali (HANS VOLKMANN, Sylvius Leopold Weiss, der letzte grosse lautenist. Biographische Skizze, «Die Musik», 1906-1907, pp. 273-289). La prima pubblicazione di musiche di Weiss, da cui probabilmente Segovia trasse il Tombeau sur la mort de M. Comte de Logy, uscì soltanto nel 1939: ESAIAS REUSNER - SILVIUS LEOPOLD WEISS, Lautenmusik des 17.-18. Jahrhunderts. Ausgewählte Werke, hrsg. von Hans Neeman, Braunschweig, Litolff, 1939. 35 In origine Ponce aveva scritto una diversa Giga, meno virtuosistica e forse meno così stilisticamente lontana sia da Weiss, sia da Bach e dal barocco in generale. Segovia gli richiese un diverso pezzo dando anche una serie di indicazioni tecniche su come realizzarlo, come aveva per costume (cfr. PONCE, Obra completa, cit., p. 107). All’atto dell’esecuzione bisogna tenere bene a mente che non si tratta ovviamente di vera musica barocca: per cui non bisogna aggiungere abbellimenti e variazioni, né staccare tempi improponibili. La corretta interpretazione ‘filologica’ o storicamente informata è quella di Segovia: romantica, ricca di vibrati e rubati. 36 PONCE, Obra completa, cit., p. 223. La citazione prosegue così: “It seems as if Ponce would have consulted some of the existing publications – after all Segovia had offered to send him some lute music – and he would have assimilated the style of Weiss. The preambule employs the French overture form – used by Weiss in some of his sonatas – and was possibly used for the first time in the guitar by Ponce. The courante also has certain air of the German lute player’s music, as well as the sarabande and the gigue with the austerity of many of the Weiss gigues”. 37 Cfr. nota 13. Codice 602 39 Stefano Campagnolo comunque figurato splendidamente nel catalogo di Ponce38, confrontabili per ispirazione con le tre suite delle Antiche arie e danze di Respighi che arrivano, con la terza, fino al 1931, in piena coincidenza di tempi39. Come si può vedere, tutte le opere neoclassiche sono comprese in un arco di tempo molto ristretto, fra la fine del 1927 e il 1931. Nello stesso periodo nascono i Quattro pezzi (1929) per pianoforte, la Danse des anciens mexicains (1930) per piccola orchestra, e per la musica da camera il Quartetto d’archi (1929) e i tre Preludi per violoncello e pianoforte (1930). In questi stessi anni si colloca un breve ritorno in Messico nel 1929, in cui Ponce comprese come la situazione fosse cambiata rispetto alla sua partenza, riuscendo a far rappresentare nuovamente Chapultepec, ma in un contesto modernista. Soprattutto compare, nel 1928, un articolo del connazionale e amico José Rolón in cui si tratta dei nuovi princìpi estetici che ispirano il lavoro di Ponce, dal fin troppo esplicito titolo: No existe el Manuel M. Ponce de las canciones mexicanas40. Nell’articolo, Rolon elogia l’evoluzione subita dallo stile di Ponce, sobriamente modernista e ormai non più interessato ad usare la canción come base per la sua musica, per essersi convinto come la canción fosse il genere ‘meno interessante e caratteristico’ del folklore messicano perché la sua ‘essenza musicale, con poche eccezioni’ era evidentemente italiana41; la sua intrinseca semplicità inoltre dava occasione a chiunque di accostarvisi, anche a chi non fosse musicalmente formato, e il successo di cui il genere godeva non poteva che allontanarlo dalla musica d’arte. Al primo posto per Ponce, secondo Rolón, non c’era più la musica popolare, ma la tecnica di composizione della musica occidentale: 38 Fino a che punto fosse accattivante la Suite in la minore lo dimostra la circostanza che Arturo Benedetti Michelangeli si industriò a ricavarne lo spartito dal disco segoviano, eseguendola al pianoforte in concerto almeno dieci volte fra il 1943 e il 1950 (lo certifica GILARDINO, Andrés Segovia, cit., p. 130). 39 La prima è del 1917, la seconda del 1923. La terza suite ha dato notorietà alla Passacaglia di Ludovico Roncalli, originariamente per chitarra barocca ed edita anch’essa da Chilesotti, che verrà poi trascritta anche da Segovia. 40 Cito qui da SAAVEDRA, Manuel M. Ponce, cit., pp. 303-304. L’articolo originale, cui non ho avuto accesso, (JOSÉ ROLóN, No existe el Manuel M. Ponce de las canciones mexicanas, «Revista de revistas», 4 novembre 1928), si può trovare in RICARDO MIRANDA, El sonido de lo propio: José Rolón (1876–1945), v. I, Mexico City, Centro Nacional de Investigacion, Documentacion e Informacion Musical, 1993, pp. 77-81. 41 Come si era accennato in premessa, l’influsso del melodramma italiano fu profondissimo e le canciones ne risentono del tutto, sia nella periodizzazione, sia nell’articolazione della melodia, tanto le popolari, quanto quelle d’autore. Si ponga mente alla stessa celeberrima Estrellita: la canzone, secondo la leggenda scritta sul treno per Aguascalientes nel 1912, se è vero che “owes much to its model, Schumann’s Träumerei” (CLAES AF GEIJERSTAM, Popular Music in Mexico, Albuquerque, University of New Mexico Press, 1976, p. 87), è anche vero che trova la sua caratterizzazione – oltre che nello spiccato virtuosismo richiesto all’interprete per le note sovracute prese di balzo –, per il particolare colorito armonico ricco di settime maggiori e la condotta melodica, entrambe francamente pucciniane. 40 La musica per chitarra di Manuel M. Ponce nel contesto della sua opera Ponce was now interested in “a school of composition preferably with a folk character, if the composer wishes, but grounded in complete mastery of the sound matter… which is the only means to obtain the necessary strength for the music to overcome national borders and occupy a dignified position within the concert of the world, because without technique… nothing solid or permanent can be achieved”42. Posto l’accento dunque sulla tecnica compositiva, si registra a questo punto l’ulteriore evoluzione della ricerca di Ponce intorno al folklore messicano, poiché cominciò ad interessarsi alla musica precolombiana, interesse culminato nella rielaborazione della Danse des anciens mexicains che andrà a costituire l’ultimo movimento della versione finale di Chapultepec (1934), e nel successivo lavoro orchestrale Ferial (1940), che rappresentano, con il Concierto del Sur per chitarra e orchestra (1940) e il Concerto per violino e orchestra (1943), l’ultima fase della produzione del Maestro. Rileva ai nostri fini osservare come il periodo in cui Ponce produsse la maggior parte dei suoi lavori alla maniera di è stato segnato, secondo quanto afferma Rolón, da una profonda ricerca tecnico-stilistica, nel tentativo di possedere la ‘completa padronanza della materia sonora’. Quale occasione migliore quindi di misurarsi in una mimesi stilistica integrale – ora barocca, ora classica, ora romantica –, di quella offerta dall’amico committente affamato di composizioni di largo respiro, vieppiù con la possibilità di far girare per il mondo il nome del compositore, oltre ai vantaggi della pubblicazione presso la prestigiosa casa editrice Schott di Mainz43 e la possibilità di ricavare i proventi dei diritti d’autore? Segovia alla fin fine consentì a Ponce di fare quella che era una sua inconfessabile vocazione, come gli aveva detto Marco Enrico Bossi, quella di ‘scrivere musica del passato’. La lettura integrale del carteggio Segovia-Ponce mostra effettivamente il chitarrista subissare insistentemente di richieste l’amico compositore, spesso dettando tempi strettissimi e ancor più spesso prescrivendo tagli, aggiunte, sostituzioni o suggerendo stilemi e moduli tecnici, confronti stilistici e modelli di riferimento, in qualche caso attribuzioni più o meno attendibili. Bisognerebbe però far di conto relativamente a quante di queste richieste siano state accolte. Altrettanto spesso infatti le opere che sono nate dalla collaborazione sono risultate infine lontane dai desiderata di Segovia, come nel caso di una delle 42 SAAVEDRA, Manuel M. Ponce, cit., p. 304 (fra virgolette la citazione da Rolón). 43 Segovia non pagò mai nessun compositore cui richiese di scrivere, ma offriva la possibilità della pubblicazione. In varie occasioni Ponce aiutò finanziariamente l’amico, ma con delle regalie. Pubblicò costantemente le composizioni di Ponce, con alcune vistose eccezioni, come la Suite in la minore. Codice 602 41 Stefano Campagnolo preferite: le Variazioni e Fuga sulla Follia di Spagna per Segovia dovevano essere attribuite a Mauro Giuliani e scritte “en un estilo que linde entre el clasicismo italiano del XVIII y los albores del romanticismo aleman”44. Molte richieste caddero completamente nel vuoto come, ad esempio, “unas sonatinas a la Domenico Scarlatti”, o “unas variaciones sobre el Vito, un Vito guitarrizado”45, e molte altre sarebbero elencabili. In definitiva si ha l’impressione che Ponce non abbia mai cessato di perseguire un proprio disegno, che non abbia mai tradito il proprio stile e la propria estetica – del resto esplicitata attraverso una lunga serie di scritti –, opponendo al prorompente amico spagnolo una resistenza che oggi appare a noi passiva e silenziosa (non possedendone la verbalizzazione), ma che per certo non poté che essere garbata e gentile come la sua persona. Si ha l’impressione insomma che le composizioni chitarristiche si inseriscano appieno in un momento centrale nella vita del maestro messicano, fatto di incessante ricerca e crescita intellettuale, perfettamente funzionali anzi a tale sviluppo, difficile campo di prova in economia di mezzi (la scarna scrittura per la chitarra) utile a distillare il pensiero musicale. Tale ricerca si è riflessa infine nell’ultimo capolavoro: il lungamente meditato concerto solistico per chitarra e orchestra (Concierto del Sur), frutto maturo ed equilibrato delle personalità del compositore e dell’esecutore-committente46. 44 Segovia-Ponce Letters, cit., p. 46. 45 Ibid., p. 146 (lettera senza data, ma collocata fra maggio e dicembre 1933). 46 Alcuni critici notarono un eccessivo ricorso ad atmosfere e temi spagnoleggianti per il Concierto del Sur, ma, ripercorsa brevemente l’evoluzione della carriera di Ponce e della cultura musicale del suo paese, tale scelta non appare in contrasto né con la personale inclinazione, né con quella nazionale, per quanto i compositori più giovani come Carlos Chávez e Silvestre Revueltas percorressero altre strade. A parer mio anzi c’è una perfetta compenetrazione anche con l’ultimo Ponce, interessato alla musica precolombiana (di fatto un feticcio, non essendo allora testimoniato pressoché nulla dell’antica cultura musicale), quantomeno per ispirazione: il secondo movimento sonda paesaggi difficilmente riconducibili alla Spagna, con rara intensità evocativa. 42