CONFERENZE 134
LA GRANDE GUERRA E LA POLONIA IN EUROPA
Atti del convegno, Roma 12-13 novembre 2015
INDICE
ACCADEMIA POLACCA DELLE SCIENZE
BIBLIOTECA E CENTRO DI STUDI A ROMA
CONFERENZE 134
LA GRANDE GUERRA
E LA POLONIA IN EUROPA
Atti del convegno, Roma 12-13 novembre 2015
a cura di
ANDREA CIAMPANI E PIOTR SALWA
ROMA 2016
Pubblicato da
ACCADEMIA POLACCA DELLE SCIENZE
BIBLIOTECA E CENTRO DI STUDI A ROMA
vicolo Doria, 2 (Palazzo Doria)
00187 Roma
tel. +39 066792170
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www.rzym.pan.pl
Pubblicazione finanziata dall’Accademia Polacca delle Scienze
Progetto grafico:
AnnA WAWrzyniAk MAoloni
Revisione testi:
lorenzo CostAntino (itAliAno)
JuliA tylor-kuCiA (inglese)
Redazione tecnica:
BeAtA BrózdA
Impaginazione e stampa:
edo – JAkuB Łoś
ISSN 0239-8605
ISBN 978-83-63305-30-7
© Accademia Polacca delle Scienze Biblioteca e Centro di Studi a Roma
I N D I C E
PREMESSA
BOGDAN SZLACHTA
POLISH POLITICAL THOUGHT IN THE TIME OF WORLD WAR I
GIOVANNA CIGLIANO
LA “QUESTIONE POLACCA” NELL’IMPERO ZARISTA DURANTE LA PRIMA GUERRA MONDIALE
MAŁGORZATA KIWIOR-FILO
LA GALIZIA POLACCA E LA PRIMA GUERRA MONDIALE
TOMASZ SCHRAMM
WORLD WAR I IN THE MEMORY OF RESIDENTS OF GREATER POLAND
7
11
21
57
67
75
87
ANNA TYLUSIŃSKA-KOWALSKA
UN (QUASI) LEGIONARIO FILOITALIANO: LE MEMORIE DI MICHAŁ LITYŃSKI DEGLI ANNI
1914-1915
I POLACCHI DELL’IMPERO AUSTRO-UNGARICO E IL FRONTE ITALIANO NELLE MEMORIE
DEI LEGIONARI
CONFERENZE 134
JOANNA SONDEL-CEDARMAS
5
ION CÂRJA
“L’ULTIMO IMPERATORE”. CARLO I (IV), I ROMENI DELLA TRANSILVANIA E LA PRIMA GUERRA
MONDIALE (1916-1918)
JANUSZ CISEK
CONFERENZE 134
THE YEARS 1914-1918 FROM A POLISH PERSPECTIVE
6
105
125
JoAnnA sondel-CedArMAs
I POLACCHI DELL’IMPERO
AUSTRO-UNGARICO E IL FRONTE
ITALIANO NELLE MEMORIE DEI LEGIONARI
L
PriMA BrigAtA di Józef PiŁsudski, trAsferiti
sul fronte italiano nel settembre 1917, non sono state finora affrontate in un modo adeguato dalla storiografia polacca. Il presente
saggio punta a ricostruire questo significativo episodio della storia
dell’esercito austro-ungarico nel corso della Grande Guerra soffermandosi
principalmente sull’analisi delle fonti autobiografiche. Bisogna purtroppo
rilevare che tra le numerose testimonianze degli ex legionari pubblicate in
Polonia sin dagli anni Venti e fino ai giorni nostri, solo poche si riferiscono
al fronte italiano1. Tenendo conto che i legionari della I Brigata furono
un contingente piuttosto esiguo di soldati polacchi arruolati nell’esercito
asburgico, a cui toccò in sorte il dover combattere sul territorio italiano
durante la Prima guerra mondiale, si cercherà di completare lo scenario
utilizzando le memorie di altri soldati austro-ungarici di lingua polacca giunti
sul fronte sud-occidentale tra la fine del 1915 e il 1916.
1] La stragrande maggioranza delle memorie, autobiografie e diari dei legionari riguarda le loro
testimonianze dal fronte orientale negli anni 1914-1916. Per citare qualche esempio: Wspomnienia
legionowe, a cura di J. JĘDRzEJOWICz, Nakł. Instytutu Badań Najnowszej Historji Polskiej, Warszawa
1924; W czterdziestolecie wymarszu legionów: zbiór wspomnień, Instytut Józefa Piłsudskiego
Poświęcony Badaniu Najnowszej Historii Polski, Londyn 1954; R. STARzYŃSKI, Cztery lata wojny
w służbie Komendanta: przeżycia wojenne 1914-1918, Instytut Józefa Piłsudskiego, Warszawa
1937; Kadrowiacy o sobie, a cura di L. OLKUŚNIAK, A. ROLIŃSKI, Komitet Opieki nad Kopcem
Józefa Piłsudskiego TMHizK, Kraków 2004.
CONFERENZE 134
e viCende dei legionAri dellA
87
JOANNA SONDEL-CEDARMAS
i. i PolACChi dellA gAliziA nell’eserCito Austro-ungAriCo
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Conformemente al carattere plurinazionale della duplice Monarchia,
anche l’esercito imperiale e regio ebbe una spiccata caratterizzazione
multinazionale. Prendendo in esame il censimento della popolazione del
1910, sul suolo dell’Impero vivevano più di 12 milioni di abitanti di lingua
tedesca, 10 milioni di ungheresi, più di 8 milioni di cechi e slovacchi, 5 milioni abbondanti di polacchi, quasi 4 milioni di russi, 5.500.000 fra croati e
serbi, 1.349.000 di sloveni, 3.200.000 di rumeni, mentre ben 804 mila erano
gli italiani. Conseguentemente si stima che, in media, ogni 1000 soldati si
avessero circa 267 autriaci, 223 ungheresi, 135 cechi, 85 polacchi, 81 ruteni,
67 serbi e croati, 64 rumeni, 398 slovacchi, 26 sloveni e 14 italiani2. Secondo le autorità di Vienna questa caratteristica multinazionalità dell’esercito
imperiale e regio (kaiserlich und köningslich) non comportava (almeno
all’inizio della guerra) un indebolimento della compattezza interna e una
diminuzione della efficacia militare. Vi era altresì la ferma convinzione da
parte dell’arciduca Francesco Ferdinando che l’esercito austro-ungarico,
pur essendo costituito da questa mescolanza di nazionalità, in quanto
istituzione sovranazionale, svolgesse un ruolo importante per la stessa
Monarchia quale collante dell’Impero.3 Il numero elevato di minoranze
linguistiche non tedesche nella Kaiserliche und Königliche Armee non
impediva tuttavia che fossero proprio gli austriaci a prevalere negli organici
degli ufficiali dell’esercito asburgico. Nel 1911 su 98 generali e ben 17.811
ufficiali il 76% era di madrelingua tedesca, mentre solo il 10,7% ungherese
e il 5,2% ceca. Conseguentemente, gli ufficiali croati, slovacchi, ruteni,
polacchi, rumeni, serbi e italiani costituivano una presenza piuttosto
marginale4. Tra i polacchi della Galizia che ricoprivano ruoli importanti
nell’esercito e nella marina militare della duplice Monarchia possiamo
ricordare i nomi dei due generali: Maksymilian von Rodakowski, nato
a Leopoli nel 1825, che partecipò alla Battaglia di Custoza nel 1866, e
il Feldmarschallentnant Tadeusz Rozwadowski, l’ufficiale polacco più
alto in grado dell’esercito austriaco nel 1914, che partecipò tra l’altro
88
2] Cito da J. PAJEWSKI, Pierwsza wojna światowa 1914-1018, PWN, Warszawa 1998, p.152.
3] Vedi J. C. ALLMAYER-BECK, Die bewaffnete Macht in Staat und Gesellschaft, in: Die Habsburgermonarchie 1848-1918, a cura di A. WANDRUSzKA, P. URBANITSCH, vol. I, Die bewaffnete Macht,
Wien 1987, p. 94; cito da: S. CHERSOVANI, Esercito austro-ungarico e Italiani d’Austria, in: Sui
campi di Galizia, gli italiani d’Austria e il fronte orientale: uomini popoli culture nella guerra
europea, a cura di G. FAIT, Museo Storico Italiano della Guerra, Rovereto 1997, pp. 237-238.
4] G. E. ROTHENBERG, The Army of Francis Joseph, West Lafayette (Ind.) 1976, p. 184 e segg.
I POLACCHI DELL’IMPERO AUSTRO-UNGARICO E IL FRONTE ITALIANO NELLE MEMORIE DEI LEGIONARI
5] J. PAJEWSKI, Pierwsza wojna..., op. cit., p. 153.
6] All’inizio di settembre 1914 i russi occuparono Leopoli, capitale amministrativa della Galizia e,
pochi giorni più tardi, raggiunsero il fiume San, stringendo d’assedio la piazzaforte di Przemyśl e
causando la prima ritirata degli austro-ungarici. Solo alla fine di ottobre del 1914 il Comando Supremo
austro-ungarico, dopo aver riorganizzato l’esercito e con l’aiuto dell’alleato tedesco, ordinò una
nuova offensiva, che costrinse i russi a ritirarsi da Przemyśl. Già nel mese di novembre l’esercito
zarista riprese la sua avanzata verso ovest, cinse d’assedio Przemyśl per la seconda volta e raggiunse
il campo trincerato di Cracovia, da dove fu respinto solo ai primi di dicembre. All’inizio del 1915
iniziò una nuova offensiva austriaca con lo scopo di riconquistare la regione galiziana e rompere
l’assedio di Przemyśl. Il 22 marzo 1915 Przemyśl fu tuttavia costretta ad arrendersi, dopo che tutte
le scorte di viveri si erano esaurite. Nella primavera 1915 l’Austria-Ungheria sembrava prossima
alla sconfitta militare. La catastrofica fase iniziale del conflitto comportò un bilancio terribile per
l’esercito austriaco: già nell’inverno 1914-15 esso era «ridotto ad uno scheletro, che fu rimesso in
funzione con reclute frettolosamente arruolate e addestrate». Di conseguenza tra il 1915 e il 1918
la mobilitazione si estese ai nati negli anni 1865-71 e 1894-900. Vedi G. E. ROTHENBERG, The Army
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alla battaglia di Gorlice il 2 maggio 1915. Tra gli ufficiali della Marina
vanno invece citati due ammiragli, entrambi laureati presso la prestigiosa
Accademia Navale di Fiume: Juliusz Ripper (1847-1914), originario di
Cracovia, considerato uno dei più eminenti ammiragli della Kaiserliche
und Königliche kriegsmarine, lo stesso che, dopo la dichiarazione di indipendenza di Creta nel 1908, guidò la spedizione internazionale antiturca
nel Mediterraneo, e il contrammiraglio Mieczysław Pietruski (1848-1905),
proveniente da Leopoli, che da cadetto prese parte alla battaglia di Lissa
il 20 luglio 1866. Durante la Grande Guerra divenne molto famoso il
capitan Bogumił Nowotny, il quale, oltre ad essere comandante dal 1914
al 1917 del cacciatorpediniere “Scharfschütze”, si distinse nell’Adriatico il
22 dicembre 1916, quando partecipò ad una battaglia nei pressi di Otranto
dove, grazie alla sua abilità e a quel suo sprezzo del pericolo che tutti gli
riconoscevano, riuscì a portare in salvo il sottomarino austro-ungarico U38.
I polacchi della Galizia, come tutti gli altri sudditi dell’Impero, avevano
l’obbligo di prestare il servizio militare presso la Kaiserliche und Königliche
Armee. Con la mobilitazione del 31 luglio 1914 tutti i riservisti furono
chiamati alle armi. La mobilitazione, come ha osservato l’eminente storico
polacco della Prima guerra mondiale Janusz Pajewski, si svolse tranquillamente, in tutto l’Impero, perfino con “un entusiasmo poco comprensibile
per i posteri”5. Bisogna ricordare che il servizio militare nella duplice
Monarchia era generale, obbligatorio e personale, incominciava all’età di 19
anni con l’iscrizione nelle liste di leva e terminava con il compimento del
42° anno di età. Le sconfitte sul fronte orientale tra il 1914 e la prima metà
del 1915, oltre all’entrata in guerra dell’Italia nel maggio 1915, indussero
presto lo Stato Maggiore ad estendere la mobilitazione generale anche ai
diciottenni, ossia ai nati tra il 1896-18976.
89
JOANNA SONDEL-CEDARMAS
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Come possiamo rilevare dalle memorie dei soldati polacchi provenienti
dalla Galizia (la maggior parte dei quali, non appena conseguito il diploma,
fu arruolata in qualità di Einjährig-Freiwilliger – volontario per un anno – e
assegnata al fronte sud-occidentale tra la seconda metà del 1915 e l’inizio
del 1916), il fronte italiano non venne affatto sottovalutato dallo Stato
Maggiore austriaco, anzi era considerato un fronte particolarmente difficile
e addirittura molto più impegnativo di quello orientale: era il “fronte, da
dove non si tornava affatto, oppure con le ossa rotte”7. I comandi austriaci
cercarono pertanto di dirottarvi innanzitutto i corpi più sicuri ed efficienti,
prevalentemente croati e sloveni8. Questa attenta disposizione delle autorità militari della duplice Monarchia si fondava su precise analisi e non
era affidata al caso, in quanto – come ha sottolineato Janusz Pajewski – gli
slavi meridionali erano tradizionalmente noti per il loro atteggiamento
antiitaliano, mentre la maggior parte dei polacchi, come pure dei tedeschi
e degli ungheresi, tra i quali erano diffusi i sentimenti antirussi, venivano
mandati al fronte orientale per combattere contro l’Impero dei Romanov”9.
La situazione dei legionari polacchi della I Brigata di Józef Piłsudski,
giunti sul fronte austriaco-italiano soltanto nel settembre 1917, era molto
diversa. Per capire bene il ruolo particolare di questa unità militare bisogna
ripercorrere brevemente le circostanze della sua formazione e rammentare
il suo carattere specifico10. I legionari della I Brigata provenivano per lo più
dalle organizzazioni giovanili patriottiche e paramilitari polacche formatesi in
Galizia nel 1910, quali l’Unione dei Fucilieri di Leopoli (Związek Strzelecki)
e l’Associazione Sportiva “Strzelec” (Towarzystwo Sportowe „Strzelec”) di
Cracovia, oltre che dalle squadre dei Fucilieri Polacchi (Polskie drużyny
90
of Francis Joseph, p. 184 e segg., nonché Sui campi di Galizia, gli italiani d’Austria e il fronte
orientale, a cura di G. FAIT, pp. 220-223.
7] J. KASzTELOWICz, Cztery wojny. Pamiętnik, Ajaks, Pruszków 2003, p. 13.
8] G. E. ROTHENBERG, The Army of Francis Joseph, op.cit, p. 184 e segg.
9] Alla fine dell’ottobre 1915 i reggimenti di croati e sloveni furono tuttavia supportati anche dai
polacchi, p.es. dal 17° reggimento di fanteria della Galizia, che fu dislocato nel settore PodgoraOslavia e partecipò ai combattimenti molto sanguinosi della terza e quarta battaglia dell’Isonzo.
Vedi J. PAJEWSKI, Pierwsza wojna…, op.cit., p.153.
10] La letteratura dedicata alla legione polacca è molto ricca. Tra le opere più importanti vanno citate:
W. MILEWSKA, J. T. NOWAK, M. zIENTARA, Legiony Polskie 1914-1918. Zarys historii militarnej
i politycznej, Księgarnia Akademicka, Kraków 1998; J. M. MAJCHROWSKI, Pierwsza Kompania
Kadrowa. Portret oddziału, Księgarnia Akademicka, Kraków 2002; P. STAWECKI, Z dziejów
Legionów Polskich i Polskiej Organizacji Wojskowej 1914-1918. Materiały z sympozjum z 10
listopada 1983 roku, Wojskowy Instytut Historyczny im. Wandy Wasilewewskiej, Warszawa 1984;
J. TARCzYŃSKI, C.A. ŻAK, Legiony Polskie 1914-1918, Ministerstwo Obrony Narodowej, Warszawa,
2014, B. URBANKOWSKI, Józef Piłsudski: marzyciel i strateg, voll. 1-2, Wydawnictwo zYSK i Spółka,
Poznań, 2014, M. CISEK et al., Legenda Legionów. Opowieść o Legionach oraz ludziach Józefa
Piłsudskiego, Demart, Warszawa 2013.
I POLACCHI DELL’IMPERO AUSTRO-UNGARICO E IL FRONTE ITALIANO NELLE MEMORIE DEI LEGIONARI
11] Già ai tempi della sua militanza nel Partito Socialista Polacco (PPS) Piłsudski era contrario a qualsiasi forma di collaborazione con la Russia, considerando l’Impero dei Romanov il più strenuo
oppositore dell’idea dell’indipendenza polacca. Piłsudski era convinto che, qualora fosse scoppiata
una guerra europea, i polacchi avrebbero dovuto schierarsi a fianco dell’Austro-Ungheria. Era
dell’idea che gli Imperi Centrali avrebbero sconfitto la Russia già all’inizio del conflitto, per essere,
a loro volta, sconfitti dalla Francia e dall’Inghilterra. Di conseguenza sosteneva che i polacchi
avrebbero svolto un ruolo nella guerra solo nel caso in cui fossero riusciti a creare forze militari
proprie. Sull’evoluzione del pensiero di Piłsudski vedi M. KRÓL, Józef Piłsudski: ewolucja myśli
politycznej, Międzywydziałowe Koło Naukowe UW Wiedza, Warszawa 1985.
12] L’autonomia concessa alla Galizia negli anni ’60 dell’800 comportò il trasferimento di molte
funzioni politiche, amministrative, economiche e culturali da Vienna a Leopoli. A Leopoli risiedeva
il governatore e si radunava la dieta (Sejm Krajowy). Nel 1871 fu creato il Ministero per la Galizia.
La lingua polacca divenne la lingua ufficiale e nel Parlamento di Vienna si creò un’importante
rappresentanza polacca (il Polen Klub). In Galizia si sviluppavano la scienza e la cultura polacca,
fu polonizzata l’Università di Giovanni Casimiro di Leopoli, risorse l’Università Jagellonica; inoltre
furono create l’Accademia Polacca della Cultura nel 1872 e l’Accademia delle Belle Arti nel 1873.
A Cracovia nel 1879 fu aperto il primo Museo Nazionale polacco, mentre a Leopoli, nel 1894, fu
aperta la mostra dell’arte polacca; si veda al riguardo: J. PURCHLA, Wideń, Kraków i Lwów na
drodze do nowoczesności, in: J. PURCHLA, W. KOS, Ż. KOMAR, M. RYDIGER, W. M. SCHWARz,
Mit Galicji, Międzynarodowe Centrum Kultury, Kraków 2014, p. 159.
CONFERENZE 134
Strzeleckie), attive a partire dal 1911. Queste società sportive, legate alla
cosiddetta Unione per la Lotta Attiva (Związek Walki Czynnej), creata
a Leopoli da Kazimierz Sosnkowski e Władysław Sikorski sotto l’influenza
di Józef Piłsudski, erano riconosciute dalle autorità austriache e avevano
lo scopo principale il fornire dei rudimenti della preparazione militare alla
gioventù polacca, in particolare di preparare i quadri del futuro esercito
polacco per una possibile guerra contro la Russia11. È opportuno ricordare
che la Galizia era quella parte del Regno della Polonia, cancellato nel 1795
dalla mappa d’Europa che, grazie all’autonomia concessa dall’Imperatore
negli anni 1867-1914 e all’influenza dei deputati polacchi nel Parlamento di
Vienna (il Circolo Polacco), godeva di maggiori privilegi e libertà rispetto ai
territori occupati dalla Prussia e dalla Russia12. Per garantire una copertura
economica a tali organizzazioni militari e paramilitari, nell’agosto del 1912, fu
creato il Tesoro Polacco dell’Esercito (Polski Skarb Wojenny) e nel dicembre
dello stesso anno a Vienna nacque la Commissione Provvisoria (Komisja
Tymczasowa), con la partecipazione dei rappresentanti di tutti i partiti
politici polacchi della Galizia che sostenevano l’idea della lotta armata per
l’indipendenza. A capo di tutte le forze armate messe a disposizione dalla
Commissione fu posto Józef Piłsudski, divenuto nel 1912 il Comandante
Supremo dell’Unione per la Lotta Attiva.
La situazione internazionale creatasi dopo lo scoppio della guerra, che
aveva portato i tre paesi occupanti della Polonia su due schieramenti opposti,
convinse Piłsudski ad attivarsi per creare dei nuclei militari polacchi da
91
JOANNA SONDEL-CEDARMAS
CONFERENZE 134
schierare al fianco degli imperi centrali. Il 31 luglio 1914 Piłsudski sottomise ai suoi comandi le squadre dei Fucilieri, i quali, insieme alle squadre
L’Associazione Sportiva “Strzelec”, si riunirono a Oleandry, un quartiere
di Cracovia, dando vita il 3 agosto alla I Compagnia Quadra, composta da
144 soldati13, alla guida della quale venne posto Tadeusz Kasprzycki. Successivamente il 16 agosto 1914 a Cracovia fu costituito il Supremo Comitato
Nazionale (Naczelny Komitet Polski) che doveva occuparsi della creazione
della Legione Polacca14. Il 19 dicembre fu creata la I Brigata della Legione,
guidata da Piłsudski, promosso nel frattempo al rango di brigadiere. La
I Brigata, il cui nucleo originario era costituito proprio dalla I Compagnia
Quadra, comprendeva nell’agosto 1915 circa 5500 soldati. In seguito furono
create altre due brigate: la II Brigata della Legione, formata formalmente l’8
maggio 1915 e guidata prima da un brigadiere austriaco che non conosceva
neppure la lingua polacca, Ferdynand Küttner, e in seguito da Józef Haller.
L’8 maggio 1915 fu invece creata nel Regno della Polonia, a Piotrków, anche
la III Brigata, guidata inizialmente dal tenente dell’esercito austriaco Wiktor
Grzesicki e successivamente dal sottotenente Stanisław Szeptycki.15
La I Brigata pur considerandosi la portabandiera della causa polacca,
aveva tuttavia una particolarità piuttosto significativa: come del resto non
mancavano di rimarcare a ogni occasione gli stessi suoi legionari, questi si
sentivano come “soldati polacchi combattenti a fianco di un altro esercito,
quali soldati volontari senza Patria”. I legionari della I Brigata ostentavano un
atteggiamento piuttosto ostile nei confronti dell’Austria-Ungheria, mentre
si dimostravano estremamente legati alla figura del proprio Comandante
92
13] Secondo varie stime la I Compagnia Quadra fu composta da 174 soldati; si veda al riguardo:
S. Czerep, II Brygada Legionów Polskich, p. 27.
14] La legione polacca fu creata grazie all’impegno del Supremo Comitato Nazionale e in particolare
grazie all’attività dei deputati del Circolo Polacco nel Parlamento di Vienna, nell’agosto 1914, in forza
all’ordine del Comando Supremo dell’Esercito Austro-Ungherese. Le modalità d’organizzazione
della legione furono stabilite nel Ministero della Difesa Nazionale austriaco il 23 agosto 1914. Le
formazioni legionarie dovevano essere trattate come truppe di leva di massa (Landsturm). Le
decisioni del Ministero della Difesa Nazionale furono approvate il 27 agosto 1914 da una delegazione
del Supremo Comitato Nazionale (NKN), composta da Juliusz Leo, Michał Bobrzyński, Stanisław
Gąbiński, Władysław Długosz e Władysław Sikorski. Dal punto di vista formale la Legione fu creata
con l’ordine del Comando Supremo dell’Esercito Austro-Ungherese n. 5782 del 27 agosto 1914
(ibidem).
15] All’inizio le diverse unità facenti parte della Legione combattevano separatamente. La I Brigata
combatteva soprattutto nel Regno della Polonia e nella parte meridionale della Galizia, ai piedi
dei Monti Tatra (Podhale). Due unità di Józef Haller e Karol Durski combattevano nei Monti
Carpati e in Bucovina, dove i polacchi si distinsero per un’azione eroica della cavalleria a Rokitna
il 12 giugno 1915. La II Brigata dal luglio 1915 partecipò ai combattimenti nella zona di Lublino.
Nell’autunno 1915 tutte e tre le brigate combatterono in Volinia e presero parte alla battaglia di
Kostiuchnówka che passò alla storia come la più sanguinosa nella storia della legione.
I POLACCHI DELL’IMPERO AUSTRO-UNGARICO E IL FRONTE ITALIANO NELLE MEMORIE DEI LEGIONARI
Józef Piłsudski. Molto significativa è al riguardo la testimonianza di uno dei
legionari, Adolf Kotarba, il quale annotò nel suo diario:
Noi della I Brigata amiamo non solo la nostra divisa, ma anche i nostri comandanti, e
in primo luogo il nostro Comandante. Non so com’è la situazione nella II Brigata,
ma sembra che i generali e tenenti austriaci vi vengono solo sopportati. Da noi
sarebbero odiati e ciò influirebbe negativamente sul nostro valore di soldati16.
Bisogna rilevare che già nel giugno 1915, dopo la famosa carica della
cavalleria polacca nei pressi di Rokitna del giorno 13, iniziò una sentita e
sincera rivalità tra la I Brigata, legata a Piłsudski, e la II capeggiata da Józef
Haller. Come possiamo dedurre dalle parole di Kotarba, la I Brigata rivendicava
la sua peculiarità rispetto ai soldati di Haller: “Quando si parla della Legione
noi consideriamo si tratti della II Brigata. Da noi i fucilieri si offendono se
vengono chiamati così e non gli piace molto essere chiamati ‘legionari’”17.
Del resto lo stesso Piłsudski, rivolgendosi il 6 agosto 1914 alla I Compagnia Quadra a Oleandry, al momento della loro partenza per il fronte
austriaco-russo, li definiva “la prima colonna dell’esercito polacco che
andava a liberare la Patria”18.
Questa singolarità della Brigata di Piłsudski venne colta anche dallo Stato
Maggiore Austriaco. Come rileva un altro legionario della I Brigata, Roman
Starzyński, gli austriaci
Quest’ultimo passaggio necessita di una spiegazione: come sostiene
Skarzyński, grazie al capitano Włodzimierz zagórski, capo dello Stato Maggiore della Legione, del tutto consapevole dei sentimenti di ostilità dei legionari
di Piłsudski nei confronti della Duplice Monarchia, al testo del giuramento
che i Fucilieri avevano prestato al momento della formazione della I Brigata
era stata apportata una piccola ma significativa modifica. Per evitare possibili
atti di insubordinazioni, zagórski era riuscito a introdurvi un riferimento
16] R. Starzyński, Cztery lata wojny w służbie Komendanta. Przeżycia wojenne 1914-1918, [s.l.],
2012, p. 112.
17] Ibidem.
18] Ibidem.
CONFERENZE 134
non consideravano la I Brigata una parte dell’esercito austro-ungarico e della
Legione. Ancora nel 1916 negli ordini austriaci veniva usata l’espressione “Division
der Polnischen Legionen”, parlando della II e della III Brigata, mentre la I Brigata
era detta “Die Polnische Brigate”, il che veniva interpretato come se la I Brigata non
facesse parte della Legione, in quanto aveva prestato giuramento al Re della Polonia.
93
JOANNA SONDEL-CEDARMAS
alla fedeltà a Francesco Giuseppe non solo in quanto imperatore d’Austria
e re d’Ungheria, ma anche in quanto “re della Polonia”19.
Le circostanze che portarono al trasferimento dei legionari della I Brigata
sul fronte italiano sono legate al peggioramento dei rapporti tra Józef
Piłsudski e lo Stato Maggiore Austriaco, che il 20 settembre 1916 cercò di
trasformare la Legione nel Corpo Ausiliario Polacco, sottoposto all’Imperatore austriaco, e di creare inoltre Forze Armate Polacche da mettere sotto
il comando del generale Hans von Beseler. Tali tentativi, assieme alla scarsa
volontà dell’Imperatore di assumere una posizione concreta in relazione
alla questione polacca, spinsero Piłsudski a rassegnare le dimissioni il 29
luglio 1916 e consigliare anche alla Legione di sciogliersi.
Quando, in seguito alla promulgazione del famoso Atto del 5 Novembre
1916, la I Brigata e la maggior parte della III Brigata si rifiutarono di prestare
giuramento di fedeltà alla Germania e all’Austria-Ungheria, ai primi di luglio
1917 tutti i sottotenenti e soldati semplici, cittadini del Regno di Polonia,
furono internati nel campo di prigionia di Szczypiorno, mentre gli ufficiali
furono deportati nella prigione di Beniaminów. Piłsudski, e in seguito anche
Kazimierz Sosnkowski, furono invece rinchiusi nella prigione di Magdeburgo.
Il resto dei legionari provenienti dalla Galizia fu internato nei campi di
Huszt e Marmaros-Sziget, oppure arruolato nell’esercito austro-ungarico
e trasferito sul fronte italiano a combattere lontano dalla Galizia.
CONFERENZE 134
ii. i soldAti PolACChi sul fronte itAliAno durAnte
lA grAnde guerrA
94
Volendo provare a stabilire un confronto tra le testimonianze dei soldati
polacchi inquadrati nell’esercito austro-ungarico tra il 1915 e il 1916 e quelle
dei legionari della Prima Brigata giunti sul fronte austriaco-italiano soltanto
nella seconda metà del 1917, bisogna rilevare che il quadro complessivo
della vita sul fronte che si evince dalle loro memorie appare molto diverso.
Dall’esame delle testimonianze autobiografiche dei soldati polacchi (in
gran parte sottufficiali) dell’esercito austro-ungarico sul fronte italiano nel
1916 e nei primi mesi del 1917 emerge una realtà della guerra molto dura.
I soldati raccontano soprattutto della crudeltà di questo conflitto militare,
rammentando anche le disperate condizioni di vita nelle trincee sul fronte
trentino: le temperature rigidissime, le insostenibili condizioni igieniche,
i pidocchi, i parassiti, l’alimentazione precaria e insufficiente. Emergono
19] R. Starzyński, Cztery lata wojny..., op. cit., pp.101-102.
I POLACCHI DELL’IMPERO AUSTRO-UNGARICO E IL FRONTE ITALIANO NELLE MEMORIE DEI LEGIONARI
20] Dell’uso dei gas a Caporetto raccontano, tra gli altri, Jan Kasztelowicz e Józef Błoński; si vedano:
J. KASzTELOWICz, Cztery wojny..., op.cit., p. 35; J. BłOŃSKI, Pamiętnik 1891-1939, Wydawnictwo
Literackie, Kraków 1981, p. 111.
21] Kasztelowicz, nato nel 1896, proveniva da una famiglia patriottica polacca, e negli anni 1913-14 era
iscritto alle Squadre dei Fucilieri (Drużyny Strzeleckie). Durante le esercitazioni presso la Scuola
per gli Ufficiali della Riserva usufruì di un mese di congedo per completare gli studi e sostenere
l’esame di maturità; si veda: J. KASzTELOWICz, op. cit., pp. 13-42.
22] KASzTELOWICz, Cztery wojny..., op.cit., p. 21.
CONFERENZE 134
anche le immagini, spesso molto crude, dei morti e dei feriti gravi (da
entrambe le parti) dei sanguinosi combattimenti o degli intossicati dai gas20.
Emblematiche in proposito sono le riflessioni di Jan Kasztelowicz, sottufficiale polacco proveniente della Galizia, mandato sul fronte italiano il
1° giugno 1917 e rimasto lì fino al marzo 1918, quando la sua divisione,
decimata, fu rispedita in Galizia. Il racconto di Kasztelowicz è molto significativo in quanto rispecchia le vicissitudini dei soldati polacchi dell’esercito
austriaco mandati sul fronte sud-occidentale tra il 1916 e il 1917. Originario
di Nowy Sącz, come suddito dell’Impero era stato arruolato nell’esercito
austro-ungarico il 26 agosto 1916, ancora prima di aver conseguito la maturità, in qualità volontario annuale (Einjährig-Freiwilliger)21. Essendo
diplomando all’istituto magistrale di Krosno, fu mandato direttamente alla
Scuola per Ufficiali della Riserva di Opava, dove portò a termine gli studi, e
successivamente venne inquadrato, col grado di cadetto caporale, nel 32°
reggimento della 106esima Divisione di Landsturm, divenuta tristemente
famosa per la sua assidua lotta in prima linea e il suo frequente impiego
in atroci combattimenti. Kasztelowicz si trovò sul fronte italiano alla fine
d’ottobre del 1917, e fortunatamente riuscì a evitare la grande offensiva
austro-tedesca nella zona di Caporetto tra il 24 ottobre e il 7 novembre
1917, passata alla storia come la dodicesima battaglia dell’Isonzo; partecipò
invece alla battaglia dei Tre Monti, tra il dicembre 1917 e il 31 gennaio 1918,
in seguito alla quale fu decorato con la Medaglia d’Argento Tapferkeit
medaille di II classe. Come risulta dai suoi racconti, la notizia di essere
stato destinato al fronte italiano lo gettò in uno stato di grande sconforto,
essendo egli consapevole della durezza di quel fronte. Racconta dei molti
tentativi di fuga e di ribellione dei soldati destinati a combattere contro gli
italiani, sottolineando come essi ricevessero le munizioni solo durante il
viaggio. Kasztelowicz riuscì a tornare sano e salvo e, come sottolinea, “senza
aver sparso una goccia di sangue per ‘l’amatissimo imperatore Carlo I’”22.
Tra i suoi racconti dal fronte spiccano le descrizioni dei difficili rapporti
coi comandanti austriaci, che non si fidavano dei polacchi, considerandoli
“politicamente sospetti” (“Politische verdächtig”) nel disordine generale
in cui versava l’esercito austriaco a causa della fame e della miseria, dovute
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JOANNA SONDEL-CEDARMAS
sia alla mancanza delle provviste alimentari provenienti dall’Austria, sia alle
difficoltà di trasporto in montagna. Kasztelowicz racconta i tristi episodi di
soldati costretti dalla fame a rubare patate nei campi e a mangiare perfino la
corteccia degli alberi durante l’offensiva italiana del gennaio 1918 sull’arco
alpino. Racconta pure dei cavalli, che dalla fame divoravano le tende, dei tetti
delle case spogliate della paglia, utilizzata per nutrirli, e delle pattuglie inviate
a sorvegliare i cavalli morti per evitare che venissero squartati direttamente
dai fanti affamati. Si sofferma anche sull’inadeguato e vecchio armamento
dei soldati dell’Imperatore, sulle difficilissime condizioni atmosferiche,
legate alle temperature molto rigide del dicembre del 1917, del grande
freddo e dell’altissima neve che rendeva molto faticosi sia gli spostamenti
che le operazioni nelle trincee. Nei ricordi di Kasztelowicz compaiono
numerose descrizioni assai crude del fronte dell’Isonzo, in particolare
dei combattimenti del Col del Rosso, della Val Bella e del Col d’Echele,
sull’Altipiano di Asiago che, come sappiamo, ebbe un ruolo strategico vitale
per il fronte italiano e fu soggetto a continui contrattacchi tra il 28 e il 31
gennaio del 1918.
Kasztelowicz descrive così quelle giornate:
CONFERENZE 134
Il Col de Rosso era un punto importantissimo […] sovrastava un’ampia zona del
terreno e chi lo possedeva dominava la valle del Brenta. Era il teatro di continui
scontri, dato che gli italiani volevano riconquistarlo, ma venivano da noi respinti. Il
servizio era organizzato in un modo che si trascorresse una settimana in prima linea
e un’altra nelle retrovie, dove era comunque pericoloso e non si poteva riposare,
dato che di notte bisognava preparare i reticolati e scavare le trincee di riserva, e ciò
era molto difficile, dato il terreno roccioso23.
96
Per costruire le postazioni i soldati di entrambe le parti erano costretti
a far scoppiare gli ordigni nelle rocce, mentre il lavoro era continuamente
disturbato dal nemico, e ciò provocava molti morti e feriti. Kasztelowicz
ricorda due settimane in cui il fuoco dell’artiglieria italiana fu costante,
sostenuto dall’aviazione militare e accompagnato dall’uso dei gas. Riconosce la grande efficacia dei cannoncini italiani, che provocavano gravi danni
alle truppe austriache, e, con ammirazione, racconta gli assalti degli Arditi,
considerati da lui i migliori soldati italiani. A fine gennaio Kasztelowicz,
assieme al suo decimato plotone, fu spostato nelle retrovie e rispedito, via
Udine, Tolmezzo, Neustadt e Vienna, in Galizia che raggiunse nell’aprile
del 1918.
23] J. KASzTELOWICz, Cztery wojny..., op. cit., p. 33.
Un altro sottufficiale polacco, Józef Błoński, racconta nelle sue memorie
episodi analoghi. Błoński, nato nel 1891, al momento dell’arruolamento era
uno studente universitario. Fu nominato sottufficiale il 29 dicembre 1915.
Come racconta, fu uno dei pochi che trascorse sul fronte italiano 19 mesi,
dal gennaio 1916 fino al 2 novembre 1917, ovvero il periodo dalla quinta
alla dodicesima battaglia dell’Isonzo. Una permanenza così lunga sul fronte
italiano era una cosa molto rara, dato che un soggiorno medio durava 5-6
mesi per un ufficiale e 6-7 mesi per un soldato comune24. Prima di lasciare
il fronte nel 1917 Błoński fu decorato della Croce militare d’argento al
merito con le spade.
Błoński, essendo di stanza vicino a Gorizia, partecipò alla difesa del monte
Sabotino e dell’Oslavia e, in seguito, anche dell’altopiano di Doberdò, considerato dagli austriaci la parte peggiore dell’intero fronte italiano. Secondo
la sua testimonianza, ai primi di gennaio del 1916, Gorizia, che all’epoca si
trovava nelle mani austriache, era una città solo parzialmente evacuata, di
notte veniva ancora illuminata, e i suoi ospedali, contrassegnati dalla Croce
Rossa, erano rispettati durante i bombardamenti nemici, conformemente
alle decisioni della Convenzione di Ginevra; molto meno gli piacquero
Monfalcone che ebbe occasione di visitare nella seconda metà del 1916
e che trovò completamente distrutta dai combattimenti, e Trieste, dove
soggiornò per un breve periodo e che, pur essendo il principale porto
austriaco, trovò deserta, abbandonata dalla maggior parte della popolazione
italiana e abitata solo dalla minoranza tedesca e slovena.
Come egli ricorda, nelle zone di Gorizia, la gran parte dei combattimenti,
come pure le azioni di rifornimento dell’esercito, i lavori di sistemazione
delle trincee e gli appostamenti, venivano svolti durante le ore notturne, per
via della visibilità del terreno. Pur trovandosi dalla parte opposta, descrive
con una certa ammirazione l’efficacia dell’artiglieria italiana e dell’aviazione
militare, nonché la dedizione al sacrificio degli ufficiali durante l’attacco.
A suo avviso i soldati italiani superavano gli austriaci nella capacità di costruire le fortificazioni, ma non erano predisposti per la guerra offensiva.
Błoński ricorda come particolarmente feroce il combattimento notturno del
29 marzo 1916, quando il suo reggimento fu protagonista di un disperato
tentativo di sfondare la difesa italiana sotto Oslavia dove persero la vita
più di 20 ufficiali e oltre 200 soldati comuni, soprattutto a causa del fatto
che l’appoggio dell’artiglieria austriaca era stato insufficiente, mentre, di
contro, gli italiani erano ben organizzati nella difesa. Dopo la sconfitta il suo
plotone fu trasferito in Trentino, e lui ebbe occasione di trascorre un certo
24] J. BłOŃSKI, Pamiętnik 1891-1939, op. cit., pp. 99-121.
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I POLACCHI DELL’IMPERO AUSTRO-UNGARICO E IL FRONTE ITALIANO NELLE MEMORIE DEI LEGIONARI
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CONFERENZE 134
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periodo a Rovereto, che descrive come una cittadina molto bella, ricca di
monumenti italiani, ma purtroppo abbandonata al saccheggio dei soldati
austriaci. Błoński fece ritorno al Litorale dopo la sesta battaglia dell’Isonzo,
quando Gorizia fu riconquistata dagli italiani. Come ricorda, nella seconda
metà del 1916 la stanchezza dei soldati dell’esercito austro-ungarico era
sempre più evidente e le perdite sempre maggiori. A causa dell’esaurimento
delle forze fisiche e mentali dovuto al lungo periodo di permanenza sul
fronte, nell’agosto 1917 egli fu trasferito per sei settimane al sanatorio per
gli ufficiali ad Abbazia, e in seguito mandato presso la sede dello Stato
Maggiore a Rimaszombat.
Passando alle testimonianze dei legionari giunti sul fronte italiano nel
settembre del 1917, molto interessante risulta il racconto di Ferdynand
Pawłowski, pseudonimo “Kamera”25, legionario della I Brigata che in precedenza aveva svolto il servizio sul fronte orientale, partecipando tra l’altro
alla campagna di Volinia, dove nel febbraio 1917 aveva ricevuto una medaglia
d’argento austriaca.
Pawłowski partecipò a tutte le tappe della I Brigata di Piłsudski, dalla sua
nascita fino al trasferimento sul fronte italiano. Nato nel 1894 a Żbikowice
presso Nowy Sącz, nel 1912 entrò a far parte dell’Associazione dei Fucilieri
di Cracovia e dal 1° agosto 1914 nella I Compagnia Quadra, prima come
caporale sanitario, poi come vice comandante e infine comandante di una
pattuglia sanitaria del I Battaglione del I Reggimento di Fanteria. Dopo
la crisi del giuramento fu assegnato all’esercito austriaco e mandato sul
fronte italiano, dove rimase dal settembre 1917 fino all’ottobre 1918.
Dalle sue testimonianze risulta evidente il crollo della fede dei legionari
polacchi negli imperi centrali a causa del loro atteggiamento ambiguo
nei confronti della questione polacca e, soprattutto, per il trattamento
riservato al Comandante Piłsudski. In seguito alla crisi del giuramento,
come ricorda, tutti gli ufficiali polacchi della I Brigata furono declassati al
grado di feldfeble, ossia di sergenti maggiori. Nei loro documenti venne
allora apposta l’annotazione: “politisch verdächtig”, essendo loro considerati dagli austriaci “politicamente sospetti”. Non di rado erano esposti
a diverse vessazioni da parte di tedeschi e austriaci. Pawłowski, essendo
uno studente di medicina, venne degradato al ruolo di sergente sanitario
(Sanitätsfeldwebel) e solo in seguito nominato maresciallo sanitario
(Sanitätsfeldwebel). Verso la fine del 1917 fu invece avanzato al grado
di maresciallo maggiore e ancora prima, nell’ottobre 1917, venne inoltre
decorato alla Medaglia d’argento d’onore della Croce Rossa.
25] F. PAWłOWSKI, Wspomnienia legionowe, Księgarnia Akademicka, Kraków 1994, pp. 88-91.
Secondo la testimonianza di Pawłowski, i legionari polacchi arrivarono alla Stazione Herpelie-Kosina nel Carso. Molto significativo è che
le sue prime impressioni non riguardano il fronte, ma la bellezza del
paesaggio. L’autore ammira il contrasto tra le rocce calcaree e il blu del
mare. Nei suoi racconti ci sono anche riferimenti alla bora, che imponeva
ai soldati austriaci di interrompere le esercitazioni. Pawłowski ricorda
che il vento era talmente forte da non consentire ai soldati sull’attenti
di respirare. I legionari polacchi furono addestrati militarmente da un
capitano tedesco e da alcuni sottufficiali cechi, il che non facilitò i rapporti con i superiori, dato che i legionari erano sostanzialmente ostili
ai tedeschi e disprezzavano i cechi. Definisce invece positivi i rapporti
con la popolazione locale, soprattutto con quella slovena, con la quale
i polacchi cercarono di allacciare dei contatti nonostante le difficoltà
di comunicazione per la diversità tra le due lingue slave. Cercavano
di realizzare così le indicazioni di Piłsudski, ossia di intraprendere e
mantenere buone relazioni con gli altri popoli slavi (in particolare sloveni
e croati), avendo anche loro l’obiettivo dell’indipendenza nazionale e
condividendo il desiderio di liberarsi dal giogo dell’oppressione austriaca.
Come ricorda Pawłowski, i suoi compagni, dopo aver terminato il periodo
delle esercitazioni, furono equipaggiati e schierati a Gorizia, vicino allo
sbocco dell’Isonzo. I legionari del reggimento di Nowy Sącz, Wadowice,
Tarnów e Cieszyn furono inquadrati all’interno della 12esima Divisione
austriaca, il cui comandante era un polacco. Come confermano anche
i ricordi di Pawłowski, i polacchi nell’esercito austro-ungarico erano
sottufficiali e quasi tutti soldati semplici. Tra i sottufficiali vi era una equa
suddivisione al 50% fra polacchi e cechi. Secondo la sua testimonianza,
tra i superiori c’erano invece pochi austriaci: soltanto un comandante
del reggimento, un comandante del battaglione e pochi sottufficiali. Tutti
trattavano i polacchi con rispetto, tranne un tenente, ebreo di Vienna,
laureato in legge, che si rivolgeva ai legionari con disprezzo e in un modo
offensivo26. Siccome nell’esercito austro-ungarico non era proibito parlare
nella propria lingua, gli slavi riuscivano a capirsi tra di loro ed erano molto
più contenti che i vertici austriaci, spesso bersaglio delle loro barzellette,
non fossero in grado di comprendere le loro conversazioni. Secondo
Pawłowski alla fine della guerra sul fronte italiano si era così creata una
macrofamiglia di soldati appartenenti alle varie nazioni dell’Impero,
che preferivano non pensare alle differenze e alle questioni nazionali,
ma piuttosto al destino comune, che li aveva costretti a condividere
26] F. PAWłOWSKI, Wspomnienia legionowe, op. cit., p. 89.
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la stessa sorte e a combattere lontano dalle proprie terre e dai propri
cari27. Pawłowski poté tuttavia usufruire di una licenza, e da gennaio
a marzo del 1918 riuscì a essere a Cracovia per completare gli esami
universitari. Secondo quanto scrive l’esercito austro-ungarico era ormai
allo sfascio; emergeva la sua completa assenza di organizzazione e di
capacità gestionali. Pawłowski ricorda, per esempio, un episodio nel quale
alcuni soldati del suo reggimento trovarono sul territorio conquistato
della pianura padana delle grossi botti di vino; non riuscendo ad aprirle
correttamente, le forarono esplodendo alcuni colpi di pistola; dopo aver
degustato il vino, le abbandonarono com’erano, senza preoccuparsi che
in questo modo andassero perduti molti litri di vino.
Il 20° reggimento austriaco partecipò all’offensiva sul Piave, che fu l’ultima
delle offensive dell’esercito austriaco. Il comando militare austriaco si trovava
a San Dona di Piave. Come ricorda Pawłowski, che durante un combattimento fu ferito alla spalla destra, gli aerei italiani volavano direttamente sopra
le teste dei soldati dell’esercito austro-ungarico, distribuendo dei volantini
scritti in varie lingue e diretti ai soldati delle varie nazionalità dell’Impero
Austro-Ungarico, invitandoli alla resa e alla pace.
Molto simile è la testimonianza della battaglia del Piave di un altro legionario, Jan Wojnarski, originario di Chodaczków Wielki (attualmente in
Ucraina), il quale, prima di arruolarsi nella I Brigata, aveva prestato servizio
per un breve periodo sotto il comando di Józef Haller a Tarnopol, dove aveva
anche partecipato, pur essendo all’epoca minorenne, alle prime schermaglie
contro gli ucraini28. Wojnarski, preso prigioniero durante una delle ultime
battaglie del 1918, passò due anni in campo di prigionia militare in Italia e
tornò a Tarnopol solo nel 1920. Egli descrive in modo interessante la vita
sulle retrovie durante l’ultima offensiva sul Piave. Secondo i suoi racconti,
alcuni chilometri dietro la linea del fronte, la vita degli abitanti scorreva
relativamente tranquilla, i soldati dell’esercito austriaco potevano recarsi
dal parrucchiere, in chiesa, oppure fare compere nei negozi. Ricorda in
particolare i campi di granoturco, il piatto tipico chiamato “polenta”, il
profumo delle arance, le case di pietra che aveva trovato molto diverse
da quelle polacche, con i caratteristici tetti di paglia e relativamente pochi
danni rispetto ai territori polacchi.
All’esperienza nel campo di prigionia in Italia è dedicata anche la testimonianza di Stanisław Bobrowski, futuro generale dell’esercito polacco,
arruolato nell’esercito austro-ungarico già nel 1916 e mandato sul fronte
27] F. PAWłOWSKI, Wspomnienia legionowe, op. cit., p. 40.
28] J. WOJNARSKI, Pamiętnik legionisty, Oficyna Wydawnicza Kucharski, Toruń 2007.
I POLACCHI DELL’IMPERO AUSTRO-UNGARICO E IL FRONTE ITALIANO NELLE MEMORIE DEI LEGIONARI
29] S. BOBROWSKI, W służbie Rzeczpospolitej. Moje wspomnienia, Neriton, Warszawa 2006, pp. 22-42.
30] In seguito alle operazioni militari sul fronte italo-austriaco nei campi dei prigionieri in Italia si
trovavano migliaia di polacchi che avevano combattuto a fianco dell’Austria. Il Comitato Nazionale
Polacco con sede a Parigi fece i passi necessari per creare un esercito polacco in Italia. Il compito
di mediare col governo italiano fu affidato a Konstanty Skirmut e al prof. Maciej Loret, uno dei
massimi promotori della questione polacca in Italia. Nella primavera del 1917 Jan zamorski, insieme
a Skirmut e Loret, di comune accordo con il governo italiano, crearono il Comitato Polacco,
che doveva occuparsi tra l’altro della cura dei prigionieri. Il 29 ottobre 1917 il governo italiano
acconsentì alla formazione dei nuclei polacchi che dovevano far parte dell’esercito polacco in
Francia, composti dai prigionieri polacchi, innanzitutto da quelli rinchiusi nei campi di Santa Maria
Capua Vetere, Casagiore e la Mandria di Chivasso. Nella primavera 1918 fu creato un battaglione
polacco, guidato dal tenente Stefan Kluczyński che venne usato soprattutto per scopi diversivi.
Questo battaglione, in seguito ingrandito fino a diventare una compagnia di 200 soldati, combatté
a fianco degli italiani fino al 30 ottobre 1918. Il 12 ottobre 1918 il ministro Sidney Sonnino riconobbe
le squadre polacche create in Italia come truppe autonome facenti parte dell’esercito francese.
Dal gennaio all’aprile 1919 si svolse il trasferimento dei soldati polacchi dall’Italia in Francia, dove
entrarono a far parte della I Divisione dei Fucilieri. Si veda: S. SIERPOWSKI, Powstanie armii
polskiej we Włoszech w czasie I wojny światowej, in: id., Studia z historii Włoch XX wieku,
Uniwersytet im. Adama Mickiewicza w Poznaniu, Poznań 2012, pp. 67-91.
CONFERENZE 134
italiano. Preso prigioniero nel 1917, in seguito entrò a far parte del nascente
esercito polacco in Italia, e prestò il servizio presso l’“Esercito Azzurro” di
Haller in Francia29.
Stanisław Bobrowski si definisce un “legionario mancato”. Nato il 6
aprile 1896 a Okocim presso Brzesko, voleva ad ogni costo, nonostante la
contrarietà della madre, arruolarsi nella I Compagnia Quadra nell’agosto
1914, ma essendo minorenne e di salute precaria non fu riconosciuto
idoneo dalla commissione di reclutamento. Subito dopo aver conseguito
l’esame di maturità a Vienna nel 1916, fu comunque arruolato nell’esercito
regolare e inquadrato all’interno del 57° reggimento di fanteria in qualità
di Einjährig-Freiwilliger. Completato l’addestramento presso la scuola
per gli ufficiali a Přerov, il 24 febbraio 1916 fu nominato “Kadett-Aspirant”
e trasferito sul fronte italiano, dove ricevette il comando di un plotone.
Combatté tra l’altro sul fronte trentino, sul Monte Ortigara, dove ottenne
la medaglia “Karl Truppen Kreuz” e fu promosso al rango di sottufficiale
e posto al comando di una batteria di mitraglieri, ma anche sul Litorale
in Bainsizza, a nord del Monte Gabriele, dove fu decorato della medaglia
Signum Laudis. Quest’ultima battaglia, come egli racconta, fu una delle più
importanti offensive italiane, durante la quale l’esercito austro-ungherese
venne costretto a retrocedere e a riorganizzare la difesa. Il 27 settembre 1917
Bobrowski fu preso prigioniero dagli italiani e mandato prima nel campo di
Cassino e poi in quello di Casagiove vicino a Napoli, destinato ai prigionieri
polacchi, dove partecipò attivamente alla formazione dell’esercito polacco
che doveva combattere a fianco degli italiani30.
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JOANNA SONDEL-CEDARMAS
Bobrowski ricorda che fu trattato molto bene dai soldati italiani, i quali,
invece, non riservavano lo stesso trattamento ai prigionieri tedeschi. I soldati
polacchi si rendevano benissimo conto che la guerra era ormai persa per
i tedeschi e gli austriaci e, delusi dalla posizione dell’Impero degli Asburgo
nei confronti della questione polacca, auspicavano la vittoria dell’Intesa.
Pertanto non erano contrari all’idea di creare un esercito polacco per
combattere a fianco dell’Italia. Stanisław Bobrowski fu coinvolto in prima
persona nell’attività di propaganda volta a “demoralizzare” i soldati dell’esercito austro-ungarico tramite la distribuzione dei volantini scritti in varie
lingue che informavano delle sconfitte degli Imperi centrali, gettati sopra
le trincee austriache. Contribuì inoltre a organizzare delle unità composte
da soldati di varie nazioni a fianco dell’esercito italiano. Come ricorda,
a capo di tutta l’azione di propaganda vi era il poeta Gabriele D’Annunzio.
Bobrowski così descrive una delle sue attività:
mi sono permesso di ideare e scrivere un volantino e proposi di lanciarlo sopra
Vienna. Questo iniziava con le seguenti parole: ‘Voliamo sopra il cielo di Vienna.
Non lanciamo bombe, ma portiamo i saluti della nazione italiana con l’augurio della
pace e della fine della guerra’ [...] Fui molto soddisfatto nell’apprendere la notizia
che il volantino andò a ruba tra i viennesi31.
CONFERENZE 134
Se prestiamo fede alle parole del futuro generale, l’idea del Vate italiano
del famoso volo su Vienna per lanciare i volantini di propaganda sarebbe
stata dunque d’ispirazione polacca. Bobrowski ricorda che gli ufficiali polacchi erano trattati bene e con molta simpatia anche dalla società italiana
e conducevano, durante la prigionia, una vita sociale intensa, frequentando concerti, feste, teatri, ecc. Furono seguiti in particolare da Fortunato
Giannini, prima della guerra lettore d’italiano all’Università Jagellonica di
Cracovia, e dal tenente Daniele de Bagni, rappresentante di una famiglia
aristocratica di Napoli che faceva da tramite con il comando italiano, grazie
al quale ebbero l’occasione di conoscere un po’ l’Italia e visitare la casa di
Mazzini, dove lasciarono una particolare dedica:
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il polacco ha due Patrie,
Prima la sua e seconda Italia32.
31] S. BOBROWSKI, W służbie Rzeczpospolitej, op. cit., p. 37.
32] Ibidem, p. 41.
I POLACCHI DELL’IMPERO AUSTRO-UNGARICO E IL FRONTE ITALIANO NELLE MEMORIE DEI LEGIONARI
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CONFERENZE 134
Dalle testimonianze dei polacchi cui toccò in sorte di trovarsi sul fronte
italiano durante la Grande Guerra si evince tutta la drammaticità della
loro situazione. Nonostante certe differenze nelle descrizioni della vita sul
fronte presenti nelle memorie dei soldati semplici inquadrati nell’esercito
austro-ungarico tra il 1916-1917 e in quelle dei legionari trasferiti in Italia nel
settembre 1917, tutti loro si trovarono a combattere lontano dalla patria, per
una causa che non era la loro, contro un nemico altrui e a fianco di un alleato
di cui, col passare degli anni, e soprattutto dal 1917 in poi, non credevano
li avrebbe più aiutati a rivedere la loro patria libera e indipendente. La fine
della guerra, che portò allo scioglimento dell’Impero Austro-Ungarico,
significò anche la rinascita dello Stato Polacco e il risarcimento per i loro
sforzi e sacrifici.
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