ADI – Associazione degli Italianisti
XIX Congresso
L'italianistica oggi: ricerca e didattica
Università di Roma Sapienza e di Roma Tor Vergata
9-12 settembre 2015
Venerdì 11 settembre - ore 12 - aula V
Generi lirici tra Quattro e Cinquecento: alcuni casi esemplari. Coordina Italo Pantani,
Università di Roma “La Sapienza” italo.pantani@uniroma1.it
Il panel trae origine dall’intento di presentare alcune delle ricerche elaborate da un gruppo di studio
formatosi presso “La Sapienza” (Università di Roma) sulla base di un condiviso interesse per la
tradizione lirica rinascimentale, soprattutto indagata in chiave filologica e intertestuale. Alcuni
risultati già raggiunti, come le edizioni critiche e commentate di rimatori quali Domizio Brocardo,
Bernardo Ilicino e Girolamo Britonio, sono stati presentati nei congressi ADI 2013 e 2014. In questa
occasione gli interventi previsti (ai quali, come sempre, si sono aggiunti contributi di studiosi di altra
provenienza) s’incontrano in un comune approfondimento delle peculiarità formali e tematiche che
caratterizzarono, nella produzione di alcuni significativi interpreti, specifiche espressioni del genere
lirico tra XV e XVI secolo: sonetti e canzoni, madrigali, elegie.
Marialaura Aghelu, Università di Roma “La Sapienza”, Il serventese narrativo: l’“Istoria di una
fanciulla tradita” (per un commento alle “ Rime” del Saviozzo) laura.aghelu@gmail.com
L’intervento si focalizza sulla produzione lirica di Simone Serdini da Siena detto il Saviozzo e
presenta i primi risultati di un progetto mirato al commento integrale delle sue Rime. Per l’occasione,
ci si occuperà, in particolare, dei testi di carattere narrativo, tra i quali il più importante è l’Istoria di
una fanciulla tradita. L'intervento assume la fisionomia di un commento a questo testo: esso verterà
sulla ricerca delle fonti e dei modelli. Tra questi si presterà particolare attenzione al ruolo delle opere
narrative in prosa e in versi di Boccaccio. Si accennerà inoltre alla notevole fortuna quattrocentesca
dell’autore e in particolare dell’Istoria di una fanciulla tradita, tradotta anche in latino da Filippo
Piatesi nell’elegia Alda.
Davide Esposito, Università di Cagliari, La sestina a Padova nella prima metà del Quattrocento
davidedomesp@libero.it
Questa comunicazione si concentra sullo sviluppo subito dalla forma metrica della sestina in ambito
padovano nella prima metà del XV secolo, assumendo come punto di riferimento la produzione
poetica dei due principali rimatori padovani dell’epoca: Domizio Brocardo (ca. 1380-ca. 1457) e
Jacopo Sanguinacci (ca. 1400-ca. 1442). Il primo è autore di cinque sestine mentre l’altro solamente
di una, il che offre una prima possibilità di collocazione storico-letteraria dei due poeti: Domizio
risulta più vicino a Petrarca il quale pure, nel suo canzoniere, aveva inserito un numero elevato di
sestine (nove, tra cui una doppia); Jacopo si dimostra invece più fedele all’esempio dantesco, nella
cui produzione, come in Arnaut Daniel, la sestina risulta un unicum (se escludiamo la canzone ciclica
Amor, tu vedi ben che questa donna). Una volta presentati i testi in questione e fornite alcune
informazioni di natura filologica, si procederà quindi all’analisi delle parole-rima e degli schemi
utilizzati nei congedi, punti nevralgici nella definizione della sestina e del suo rapporto rispetto alla
tradizione (in primo luogo, per l’appunto, Dante e Petrarca). Infine, si cercherà di mettere in relazione
l’ultimo soggiorno padovano del Petrarca con la notevole fioritura di tale metro nella città di
Antenore, cercando di verificare quanto la presenza a Padova e ad Arquà del poeta aretino (e dunque
dei suoi manoscritti) abbia influito sulla scelta di Brocardo e Sanguinacci in favore della sestina.
Concettina Scopelliti, Università di Roma “La Sapienza”, La “Venus Aurea” di Orazio Romano: un
esempio di elegia nella Roma del ’400 cettys@vodafone.it
L’ambiente della Curia romana di metà ‘400, vivificato dal mecenatismo di personalità come
Bessarione, Parentucelli, Piccolomini, intente alla ricerca di codici e testi antichi da far rivivere, vide
incrementare la conoscenza di preziose testimonianze del passato presenti in manoscritti di varia
natura. Così fu per le miscellanee epigrammatiche o “bucoliche” contenenti autori come Teocrito,
Mosco e Bione, la cui fruizione si mescolava al diffuso interesse per il genere elegiaco. Ciò permise
esperimenti letterari volti a dare nuova facies anche a testi nati nell’ambito di altri generi.
Orazio Romano, scriptor apostolicus di Papa Callisto III, nella sua Venus Aurea riformulò in distici
elegiaci latini gli esametri greci del primo epillio di Mosco. Il presente studio si propone di analizzare
le molteplici chiavi di lettura del testo, che ben si presta ad un’interessante ricerca stilistica
accompagnata a spunti di natura etico-filosofica. Il componimento dimostra lo stratificarsi di cultura
greca e latina (Virgilio e Ovidio in particolare) e offre una lente privilegiata per indagare il contesto
culturale in cui nasce. Oltre ai rimandi diacronici, molti sono i nessi sincronici con autori più o meno
contemporanei, cimentatisi nel genere elegiaco e non solo.
Irene Falini, Università di Genova, I sonetti e le canzoni del cosiddetto Canzoniere di Francesco
Cei: forme e temi tra conservazione e innovazione irene.falini@gmail.com
Carlo Dionisotti nel saggio Fortuna del Petrarca nel Quattrocento del 1974 notava che sul finire del
XV sec. è il sonetto l’unico erede della lirica tradizionale: la canzone morale è infatti in declino a
favore del capitolo, mentre quella d’amore è sostituita dai più popolari strambotti e barzellette. Tale
asserzione è comprovata dai titoli della maggior parte delle raccolte pubblicate nei primi del
Cinquecento (come ad es. l’ed. veneziana del 1502 del capostipite dei cortigiani: Opere del
facundissimo Seraphino Aquilano collette per Francesco Flavio. Sonetti LXXXIX. Egloghe III.
Epistole VI. Capitoli IX. Strammotti CCVI. Barzellette X). Il presente intervento mostrerà come da
tale tendenza si discosti in parte Francesco Cei, presentando il suo cosiddetto Canzoniere (ovvero,
secondo la princeps giuntina del 1503: Sonecti, capituli, canzone, sextine, stanze et strambocti
composti per lo excellentissimo Francescho Cei ciptadino fiorentino in laude di Clitia), in linea con
la tradizione fiorentina memore degli illustri esempi trecenteschi, sia canzoni che sestine. In
particolare, al fine di mostrare come il Cei si destreggi sapientemente tra tradizione e novità, verranno
analizzati alcuni temi dei sonetti (metro predominante del libello); mentre delle nove canzoni (delle
quali, in realtà, solo le ultime tre presentano uno schema canonico) verrà esaminata in prima battuta
la struttura metrica, per poi passare ad una breve escussione delle tematiche in esse sviluppate.
Antonello Fabio Caterino, Università della Calabria e di Losanna, Madrigali e strutture
madrigalesche in Antonio Brocardo antonello.f.caterino@tiscali.it
All’interno della produzione poetica di Antonio Brocardo, è possibile isolare un nucleo – in ragione
piuttosto consistente – di madrigali. L’intervento mira non solo ad analizzarne gli schemi rimici, ma
anche a confrontarli con altre tipologie metriche presenti nell’autore, al fine di evidenziare trattamenti
madrigaleschi anche in altri tipi di componimento.
Matteo Maria Quintiliani, Durham University, Dal canzoniere all’antologia: appunti sull’ “Opera
Nova” de Cesar Torto esculano [1490] matteoquintiliani@hotmail.com
Nel 1490 viene data alle stampe, per i torchi di Francesco Bonaccorsi, la prima raccolta a stampa di
rime scelte di autori del quattrocento. A curarla, l’ascolano, poi studente a Pisa e a Siena, Cesare
Torto. La raccolta, come ebbe a dire Carlo Dionisotti prima e Anna Magnani poi, vista la scelta non
casuale degli autori (Agostino Staccoli, Bernardo Ilicino, Saviozzo da Siena, Niccolò Salimbeni),
puntava a diffondere il prestigio culturale della poesia senese verso il regno di Napoli, inserendosi in
quel fervido clima culturale, di cui fanno parte, per segnalare solo due tra gli esempi più illustri, la
stampa Miscomini e il commento a Petrarca del vescovo di Gaeta Francesco Patrizi.
Partendo da queste premesse, l’intervento mirerà:
1. ad analizzare la struttura della raccolta, prendendo come esempio privilegiato il metodo di studio
usato da Cristina Montagnani per il Codice Isoldiano;
2. a risolvere i problemi attributivi, che riguardano quasi ogni autore della raccolta;
3. ad approfondire, nel più ampio discorso sulla fortuna della poesia senese a Napoli, il significato
culturale di simile lavoro editoriale.