Swiss modern and contemporary art

Sasha Huber's Rentyhorn (2008), Switzerland, was a component of the Swiss Demounting Louis Agassiz campaign. The campaign sought to rename Agassizhorn, a peak bearing the name of Swiss-born scientist Louis Agassiz (1807–1873) a proponent of scientific racism. The article examines Rentyhorn, an intervention, by the Swiss/Haitian artist Huber (b 1975, Zurich), through concepts of re-mapping. Within Rentyhorn, the Swiss landscape is exposed through the naturalised systems of knowledge (geological mapping), making visible unacknowledged histories (Agassiz's legacy), and marginalised perspectives (postcolonial critique) within a geographical terrain. Positioning Rentyhorn as a critique of Swiss official ‘memory’ of Agassiz, as an esteemed scientist, highlighting how the processes of historical amnesia on Agassiz's role in the formation of racist theories, are a symptom of a wider societal disavowal of Swiss engagement with the colonial project. Challenging Agassiz's presence in the Swiss landscape emerges as a nexus of critical debate, visual and political activism.
Key words: Sasha Huber, Louis Agassiz, Agassizhorn, political racelessness, postcolonial Switzerland, racism, slave daguerreotypes, re-mapping, Rentyhorn

Nell’ambito del dibattito sul rinnovamento dell’arte sacra nella prima metà del Novecento, propedeutico alla svolta conciliare, vengono analizzate, col supporto di materiale d’archivio, due importanti committenze svizzere, affidate a tre artisti italiani: Corrado Mezzana, Vittorio Trainini e Gino Severini, i primi due attivi nel cantiere della basilica del Sacro Cuore di Lugano e il terzo nel convento dei Cappuccini di Sion.
Il focus della trattazione è posto sulle divergenti modalità di rappresentazione del soggetto religioso. Nel caso del ciclo pittorico ticinese, realizzato dal bresciano Trainini fra il 1937 e il 1954, col cruciale sostegno politico di Mezzana, commissario della Pontificia Commissione Centrale per l’Arte Sacra in Italia, si privilegiò un citazionismo di matrice eclettico-storicista, evocante i fasti danteschi, giotteschi e raffaelleschi, restituiti attraverso un’articolata campagna iconografica. In particolare, a catalizzare l’impegno dell’artista fu la gestione della scena nel catino absidale, la Glorificazione del Sacro Cuore di Gesù (1937-39), direttamente ispirata alla raffaellesca Disputa del Sacramento e, soprattutto, la qualificazione pittorica della cappella dei Santi Michele e Francesco (1947). In corrispondenza dell’angolo sinistro dell’affresco dell’abside, che unisce, in un’unica composizione, le iconografie delle Stigmate di san Francesco (memori del Giotto di Assisi) e della Cacciata degli angeli ribelli, Trainini dipinse, in tonalità sanguigna, un ritratto di profilo di Dante Alighieri. Il volto del poeta è attraversato dalla lettera capitale N, a imitazione dei codici miniati medievali, incipit del celebre passaggio del Canto XI del Paradiso in cui Dante celebrò l’episodio della Verna. Nonostante la complessità evocativa e didascalica della figurazione, che non mancò di sollevare dure critiche, il risultato finale, al pari delle restanti aree dipinte del santuario, funse da inequivocabile dichiarazione d’intenti della committenza, pienamente allineata ai dettami conservatori promossi, in materia d’arte sacra, da papa Pio XI e sovente ribaditi anche da Corrado Mezzana, tanto in opere pittoriche e di filatelia, quanto nelle vesti di studioso. Una lotta intransigente contro il «deformismo» e le derive della poetica artistica contemporanea che ben si esplicitò nel recupero, a tratti letterale, della perfezione stilistica dei grandi maestri del passato, contrapposta alle iniziative, antitetiche, promosse nei territori della Svizzera romanda dal Groupe de Saint-Luc (1919-45), animato dal pensiero innovatore di Jacques Maritain, per il quale fu attivo Gino Severini. Il primato maritainiano - relativo alla possibilità di trasmettere l’autenticità del sentimento religioso aldilà della gradevolezza estetica - fu il criterio fondante che animò la versione delle Stigmate di san Francesco dipinta da Severini sul lunettone di fondo dell’abside del convento di Sion nel 1947, lo stesso anno in cui Trainini eseguiva la sua composizione luganese. Nonostante l’immediato rimando alla tavola che Giotto eseguì per la chiesa di San Francesco a Pisa (oggi al Louvre), il lavoro di Severini fu aspramente criticato dai sostenitori dell’operato dell’artista bresciano (Lanfranchi, Mezzana e Charles du Mont, direttore de L’Observateur de Genève) per via dell’eccessivo grado di semplificazione formale, dando vita a una querelle che assunse toni radicali.

Der Zürcher Autor, Verleger, Medien-Anthropologe und Künstler Robert A. Fischer (1942–
2001) publizierte 1966 bis 1967 eine poetisch-künstlerische Zeitschrift in Kleinstauflage, The
Cthulhu News (bis zur Nr. 2 als The Ctulhu News). An den
Cthulhu-Mythos von H. P. Lovecraft anschliessend lud Robert Fischer die an Fantastik orientierten Künstler Franz Anatol Wyss und HR Giger für Illustrationen ein und Jacqueline Osterrath und Warren K. Redman für Textbeiträge. Eine Ausgabe liess Fischer in Kathmandu (Nepal) drucken.

Traduction de l'article paru en allemand dans le Kunstbulletin, 3/2018

L'oeuvre polymorphe, ludique et festive de John M Armleder ne correspond guère à ce que l'on qualifie d'« art engagé ». Une manifestation du Centre d'Art Contemporain de Genève révèle néanmoins un individu profondément concerné et tourmenté par le sort de notre planète. Cet entretien avec celui qui fête cette année son soixante-dixième anniversaire aborde les convergences et les divergences entre l'art et la politique.

Il saggio - seguendo la mission della mostra Orizzonte Nord-Sud. Protagonisti dell'arte europea ai due versanti delle Alpi, allestita al nuovo LAC di Lugano tra il settembre 2015 e il gennaio 2016 - propone un inedito parallelo tra le personalità artistiche di Ferdinand Hodler e Adolfo Wildt. Il pittore svizzero e lo scultore italiano, infatti, rappresentano due percorsi autonomi ma complementari nell'ambito della rappresentazione degli aspetti più esistenziali e tormentati del simbolismo internazionale. I due artisti sono in particolare accomunati dal legame (diretto come indiretto) con le Secessioni di Monaco, dove entrambi espongono, e Vienna (Hodler, dopo l'importante antologica del 1904 lascerà il segno nella Secessione, la stessa da cui Wildt sarà ispirato, soprattutto nei disegni) e dal fatto di volgere, nel primo quindicennio del Novecento, ad esiti "proto-espressionisti".  Entrambi prediligono - linguisticamente parlando - l'uso della linea, sinuosa e marcata; sono apparentati dalla capacità di raccontare e descrivere il dolore esistenziale e fisico; dalla rielaborazione di fonti comuni, da Michelangelo a Rodin; dall'uso di metodi operativi concomitanti, come la riproposizione di iconografie, temi e forme rielaborati in numerose varianti. Entrambi, in definitiva, ben rappresentano il contatto e lo scambio tra il nord e il sud d'Europa, laddove l'italiano si nutre soprattutto di fonti tedesche e lo svizzero ricerca un'armonia con la natura di derivazione strettamente mediterranea, raggiungendo una sorta di sincretismo tra i concetti di 'astrazione' e 'empatia' teorizzati nei medesimi anni da Wilhelm Worringer.

En 1918, un groupe de collectionneurs dévoués fonde la Société Graphique Suisse, avec pour objectif la promotion de l´estampe contemporaine à travers de nouvelles commandes. Dès le début, la Société a prescrit que les œuvres achetées ne pouvaient être vendues, persuadant ainsi d´importants artistes, y compris des artistes internationaux, de concevoir des œuvres indépendamment des contraintes du marché et d´expérimenter librement. En un siècle, la SGG a publié près de 400 ouvrages, dont des œuvres d'Otto Meyer-Amden, Cuno Amiet, Meret Oppenheim, Ernst Ludwig Kirchner, Paul Klee, Alberto Giacometti, Silvia Bächli, John M. Armleder, Markus Raetz, Georg Baselitz et bien d´autres. Cette publication reproduit et décrit l´intégralité des œuvres éditées par la Société.

Il contributo ricostruisce, con l'ausilio di fonti documentarie inedite, le vicende artistiche della chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Quinto fra XIX e XX secolo: dal ciclo pittorico dei fratelli Tommaso e Stefano Calgari, alle vetrate di Karl Wehrli, sino all'intervento di Silvio Gilardi.

Screening for the Festival des cinémas différents et expérimentaux de Paris at Centre Culturel Suisse, Paris, 4 October 2018.

Films and artists:
Peter Liechti, Kick That Habit, 1989
AndréLehmann, ging, 1993 – 1997
HHK Schoennherr, Das Portrait der Cordua, 1969

Der Ausstellungskatalog des Lindenau-Museums Altenburg setzt Werke von gerhard Altenbourg (1926-1989) mit denen des Schweizer Künstlers Martin Disler in einen Dialog. Mit Texten von Martin Disler, Julia M. Nauhaus, Christian Rümelin und Dieter Brusberg.

Il presente contributo mira, con taglio metodologico, a mettere in luce le continuità e i mutamenti della prassi operativa, già codificata dagli Artisti dei Laghi in epoca medievale e implementata lungo tutta l'Età Moderna, nel periodo compreso tra la fine dell'Antico Regime e la Restaurazione. In particolare, saranno analizzate la cause alla base della parziale crisi del sistema in ambito italiano ed Europeo e, al contempo, della sua affermazione in contesto internazionale, in primis relativamente al perdurare della capillarizzazione russa, ma anche, fra Otto e Novecento, alla penetrazione nel continente americano e nel Sud-est asiatico. Le soppressioni degli ordini religiosi, la secolarizzazione, la disgregazione dell'unità familiare sancita dall'adozione del Codice Napoleonico, la nascita del Canton Ticino e il progressivo fenomeno della globalizzazione contribuirono, da un lato, a fare perdere alle maestranze lombardo-ticinesi alcuni dei capisaldi storici che avevano decretato la fortuna del modus operandi nei secoli; dall'altro, sfruttando pragmaticamente l'imposizione della temperie classicista, prima, e dell'eclettismo storicistico, poi, a garantire rinnovate possibilità di lavoro, legate a nuove specificità artistiche e artigianali (ceramiche, porcellane, incisioni, scenografie teatrali). Un nuovo inizio che, nei fatti, sancì la rinascita del modello, a conferma della sua capacità di sopravvivere, sebbene in parte modificato, sino alla metà del Novecento.

Since the 1950’s in Switzerland,
under the pen of filmmakers and
critics, it is possible to identify
several different categories of
alternative filmic practices:
“experimental cinema,” “marginal
cinema,” “independent cinema,” or
“different cinema”. “Experimental
cinema,” for instance, is an
institutional term used by the film
section of the Swiss government
when granting funds to film projects
whose quality is deemed worthy of
financial support. With regards to
this situation, canonical modes of
writing about the history of cultural
practices prove insufficient. Hence,
an alternative approach is necessary
for the case of Switzerland, one
that cannot be compared with
the emergence in New York of the
Structural Film, the Materialist
-
Structuralist film in London or
the German formal scene
(
“das
Andere Kino”
)
.  Swiss independent
production stands at the margins of
the film industry, without constituting
an alternative to a non
-
existent
film industry, and is only punctually
present in the art world.
This presentation will thus
introduce to a Korean audience a
range of practices which begs us
to contest traditional categories of
artists’ film, experimental film as
well as concrete or sound poetry,
suggesting a form of participation
without belonging within notions
that cut across art, film and
critical theoretical concepts. This
introduction will be based on
and discuss rarely shown works
including:  René  Bauermeister,
Visual Connection (1972)
Werner von Mutzenbecher, Kunsthalle 2/69 (1969)
Hans Helmut Klaus Schoenherr, Das Portrait der Cordua (1969)
Henri Chopin, Luc Peire, Tjerk Wicky, Pêche de nuit(1957)
Rolf  Winnewisser, Bildenstehung (1981–1985)