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Scienza Politica

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Riassunto del libro, le ultime

pagine invece sono il


riassunto de "il principe
digitale"
Scienza Politica
Università degli Studi di Napoli Federico II (UNINA)
39 pag.

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CONCETTI E METODO.
Un buon modo per valutare lo stato di una scienza è quello di guardare allo stato dei suoi concetti. Questi
determinano le domande che pone una disciplina e il modo in cui ad esse è data risposta. Il significato di un
concetto non dipende solo dalle parole che si utilizzano per la sua definizione ma anche dalla scelta del
contesto.
Il ruolo della teoria è appunto quello di approfondire il rapporto fra concetti e contesto, collocando i primi in
relazione fra loro.
I concetti, dunque, sono parole che rispecchiano la complessità dell’esperienza, che però non possono essere
considerate in modo indipendente dal contesto in cui sono poste. La qualità di una scienza può essere
riconosciuta non solo dal numero dei concetti che essa adopera ma anche dalla loro scelta,
dall’appropriatezza e dalla stabilità delle proprietà cui i concetti si riferiscono.
Ogni scienza deve affrontare tre sfide:

 Definire il proprio specifico vocabolario;


 Porre ogni concetto in relazione con gli altri, inserire cioè ogni concetto in un dato contesto;
 Stabilire il livello di generalizzazione dei concetti.

Il dizionario può essere un primo tentativo di spezzare le parole per comprendere le relazioni esistenti tra
queste. Il dizionario è troppo ampio e allo stesso tempo troppo ristretto:

 Cerca di coprire l’universo delle parole conosciute;


 Stabilisce solo associazioni fra parole di tipo elementare, essenzialmente ricercando sinonimi e
contrari

INTENSIONE ED ESTENSIONE DEI CONCETTI


Si può cercare di aumentare i referenti empirici di un concetto, accrescendo così la sua estensione (o
denotazione), oppure, si può tentare di rendere più ampio il significato del concetto, intervenendo sulla sua
intensione (o connotazione).
ESTENSIONE: la classe di cose alle quali si applica

INTENSIONE: insieme delle proprietà che stabiliscono a quali cose la parola è applicabile

Secondo Collier, i concetti devono essere in grado di risalire la scala di astrazione senza svuotarsi di
significato, cercando così di risolvere il dilemma intensione/estensione.
LA MATRICE
La matrice costituisce la struttura con la quale si definisce un concetto attraverso le relazioni con gli altri.
Incrocia due dimensioni che lo studioso ritiene salienti rispetto alla sua prospettiva e agli obiettivi di ricerca,
per mettere a fuoco le caratteristiche fondamentali di un dato concetto. Quindi ogni definizione è plurima
(dipende dal contesto scelto) e provvisoria (cambia al mutare del contesto). La matrice consente di definire
per ogni concetto quattro spazi delle proprietà (property space) di cui si compone un concetto, così
delineando quattro sotto-tipi del concetto in questione.
La matrice si compone di un asse orizzontale e uno verticale, ai cui estremi sono posizionati concetti di
estensione analitica o opposti, e 4 quadranti che rappresentano 4 principali sotto-tipi. Questi quattro spazi
possono identificare quattro diversi aspetti di un fenomeno oppure quattro stadi della sua evoluzione.
Inoltre, questi concetti sono in relazione:
 Tra di loro;
 Con i concetti posti sugli assi che definiscono il quadrante;
 Con le dimensioni tracciate dagli assi;
 Con i concetti spaziali, che sono collocati al centro dei quadranti e che partecipano
alla specificazione del loro significato.
Gli assi, in una matrice a doppia entrata, sono due dimensioni logiche differenti che ci aiutano a creare un
ordine della realtà secondo le dimensioni più opportune.

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Ogni matrice di un concetto non rappresenta una definizione immutabile; tuttavia, l’uso delle matrici
presenta chiari vantaggi in termini di cumulatività, garantendo un buon grado di comparazione.
La coerenza interna su cui è costruita ogni matrice consente ai concetti di "viaggiare” tra le matrici.
Coerenza significa che la costruzione della matrice soddisfa alcune condizioni:
 Includere tutti i concetti rilevanti per la definizione;
 Consentire la descrizione di tutti i fenomeni;
 Essere equilibrata, vale a dire che i quadranti e i concetti periferici si collocano su uno stesso livello
di astrazione.

PARTY

Il partito è un attore chiave dei regimi politici moderni, che fa


partecipare le masse e concorre con altri partiti alla conquista del
potere. Di partiti si parlava già nel contesto del Senato romano,
delle città-Stato medievali, tuttavia, il 'partito moderno' è
caratterizzato da un'organizzazione formale, un orientamento
ideologico comune e la partecipazione a elezioni competitive.
In questa accezione il partito politico trova la sua genesi nella
modernizzazione politica realizzatasi in Occidente, in particolare
nell'età delle ideologie inaugurata dalla Rivoluzione francese.
Il partito si differenzia da altri elementi, come ad esempio dal
movimento sociale (che non gode di rappresentanza alle elezioni).

Gli Assi
L’asse verticale della matrice riguarda l’origine dei partiti, e ricalca la tradizionale contrapposizione tra
partiti che nascono in parlamento e partiti che si formano nella società. Questo asse della matrice rimanda
all’opera dello studioso francese Maurice Duverger che ha proposto di classificare i partiti sulla base della
loro origine. Duverger traccia una distinzione fra i partiti di origine interna, che si sviluppano dal gruppo
parlamentare allargando l’organizzazione elettorale nella società, e i partiti di origine esterna, che emergono
al di fuori delle istituzioni parlamentari per ottenere poi accesso in queste ultime. Potremmo definire questi
partiti come, rispettivamente, provenienti dall’alto (nati, quindi, per intenzione di un leader/partito) e
provenienti dal basso (nati da forte spinte sociali).
L’asse orizzontale inquadra la struttura organizzativa dei partiti, che può essere complessa e di tipo
corporato come nella tradizione dei grandi partiti europei, o snella, costituita da reti di attori individuali.
Corporazione si riferisce al partito corporativo, meglio esemplificato dal partito socialista europeo, che
sottolinea il ruolo dei legami stretti all'interno della sua organizzazione e nell'elettorato attraverso la
coerenza dottrinale o ideologica.
Il partito individualista, al contrario, tende a nascere dalla tradizione liberale di un incontro di élite, notabili
e altri attivisti per un numero limitato di scopi comuni che potrebbero essere realizzati attraverso appelli
elettorali e l'eventuale legislazione.
Ciò suggerisce che il partito individualista sia programmatico e non dottrinale, ma anche che il programma
sia piuttosto allentato, incoerente e spesso semplicemente un sottoprodotto del tenere insieme il gruppo per
le prossime elezioni.

Quadrante in alto a destra(REPRESENTATION-ELECTION)


In questo quadrante troviamo il partito dei notabili, il partito elettorale, che mette insieme eletti ed elettori su
base locale, per stabilire quale notabile andasse al centro per difendere l’interesse di altri notabili. Si tratta di
un partito ancora estraneo al coinvolgimento delle masse; si tratta, infatti, di un partito elitario. Tale partito è
fortemente ancorato alle funzioni di rappresentanza: le elezioni parlamentari determinano, infatti, i rapporti
di potere tra i partiti e al loro interno. Questo partito non rende presente le classi sociali, ma solo gli interessi
dell’elite, quindi si tratta di una rappresentanza di tipo individualistico.

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Ad oggi il partito dei notabili non è più presente, seppur certi eventi politici potrebbero ricordare il suo
funzionamento.

Quadrante in basso a destra(MARKET-POLLING)


In questo quadrante è ritratta l’era della politica post-elettorale. Qui troviamo un nuovo modello di partito,
un’evoluzione più recente del partito politico avuta tra gli anni ’80 e ’90: il partito pigliatutto.
Con lo sviluppo di questi nuovi partiti, Mauro Calise afferma che si è avuta la caduta dei partiti dinosauri,
ovvero di quei partiti più complessi che c’erano prima.
In questo contesto il concetto di classe inizia ad essere più mutevole, ad esempio l’operaio non si sente più
solo un operaio ma più vicino e somigliante al piccolo borghese; di conseguenza cambia anche
l’atteggiamento elettorale dei partiti che tendono a voler acquisire il maggior numero di elettori possibili (il
partito comunista, ad esempio, prima cercava solo l’approvazione della classe operaia, mentre i partiti
contemporanei cercano l’approvazione della maggior parte della popolazione).
Legato alla definizione di partito pigliatutto c’è il concetto di mercato che testimonia proprio come il
mercato politico assomigli sempre più al mercato economico.
Anthony Downs espone la teoria economica della democrazia, dove troviamo l’analogia tra impresa e
partito, i quali cercano rispettivamente di massimizzare i consumi e i consensi. Per massimizzare i voti, i
politici schierano professionisti di marketing e comunicazione, utilizzando per la prima volta una tecnica
tipica delle aziende private americane degli anni ’30: il sondaggio, utilizzato per cercare di capire quali sono
le esigenze e le preferenze della popolazione.

Quadrante in basso a sinistra(CLASS-OLIGARCHY)


In questo quadrante troviamo partiti nati nella società e con complessa organizzazione. Si tratta del partito di
massa tradizionale. In questo quadrante le oligarchie controllano la mobilitazione di massa basata su
divisioni di classe, o su fratture culturali, religiose, tra centro e periferia.
Secondo Stein Rokkan, i partiti politici nascono da alcune fratture (cleaveges) dovute al processo di
formazione degli Stati e all’industrializzazione.
Le cleaveges che hanno portato alla formazione delle classi sociali sono 4:
 Frattura centro-periferia, che oppone l’elite dominante degli stati nazionali ad altri gruppi più
periferici.
 Frattura stato-chiesa, per il controllo della vita sociale.
 Frattura città-campagna, che fotografa il conflitto fra interessi agrari contadini e interessi
commerciali e industriali urbani.
 Frattura datori di lavoro-operai, che è risultata particolarmente fondativa dell’asse destra-sinistra dei
sistemi di partito occidentali.
I partiti di massa, con la loro attività hanno congelato, queste fratture; formatosi il partito, la condizione
persisterà nel corso del tempo, perché gli stessi partiti confermano e rafforzano costantemente queste
condizioni.
Negli ultimi anni, una frattura evidente è quella tra gli statalisti (autonomia dall’Europa) e coloro che
sostengono la posizione sovranazionale; un altro partito che emerge è quello populista (usato per la prima
volta nelle riforme agrarie, per indicare gli interessi del popolo) che nasce proprio successivamente allo
‘scongelamento’ della frattura tra elite di stato e uomo semplice.
Al centro del quadrante troviamo il termine oligarchia; questo indica la predominanza di un’elite sul partito
di massa. Secondo Michels, nel partito di massa si sviluppano processi che conducono inevitabilmente alla
verticalizzazione delle relazioni interne di potere (legge ferrea dell’oligarchia). Michels sperimenta questa
legge quando entra nel partito socialdemocratico tedesco e vive le sue pratiche; lo studioso documenta come
all’interno del partito, nonostante fosse estremamente democratico, si sviluppi una dinamica di potere che
porta un’oligarchia ad occuparsi dei processi decisionali interni del partito. Michels ritiene che questa legge
sia ferrea, ovvero vale per tutti i contesti ed è universale.

Quadrante in alto a sinistra(PARTICIPATION-COALITION)

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Nel quadrante in alto a sinistra non troviamo un nuovo modello di partito, bensì lo stesso modello
organizzativo del partito di massa ma in un nuovo contesto: quello delle democrazie.
Arend Lijphart, nel suo testo “modelli di democrazie”, fa una distinzione tra 2 modelli di democrazie: quelle
maggioritarie e quelle consensuali.
 Democrazia maggioritaria: in queste vige il sistema elettorale maggioritario per il quale è il partito
con più voti a salire al governo, mentre l’altro partito diventerà l’opposizione. Un esempio è il
modello Westminster.
 Democrazia consensuale: gli attori politici sembrano privilegiare il principio dell’accordo-
compromesso rispetto a quello di competizione. Più partiti sono coinvolti nel processo di governo
coalizzandosi. I governi si coalizzano principalmente perché la società è divisa dal punto di vista
etnico, ideologico o religioso.
Negli ultimi 10 anni, con la digitalizzazione, si è sviluppato in nuovo modello di partito: il partito digitale. I
partiti utilizzano la rete per coinvolgere più persone possibili e persuaderle.

DIGITAL PARTY

Di fronte al processo di digitalizzazione della politica, le


matrici perdono gradualmente stabilità: per definire i nuovi
partiti si ha, quindi, bisogno di definire una nuova matrice.

Gli Assi
L’asse orizzontale riguarda la dimensione organizzativa, la sua
evoluzione nel contesto digitalizzato. In questo caso, il continuum
fa riferimento agli strumenti mediali impiegati dal partito, a
seconda del diverso livello di impiego delle nuove tecnologie. Da
una parte il concetto di media rimanda allo spazio ibrido in cui le logiche mediali tradizionali sono unite a
strumenti e canali più innovativi, come ad esempio i social media. Al polo opposto, in concetto di
corporation evidenzia, invece, la componente aziendale privatistica che assume un ruolo chiave nella
politica e nei partiti, con lo sviluppo di potenti piattaforme utilizzate ai fini della persuasione e del
consensus-building.
La rete si è mostrata sempre più tendente alle corporation e al monopolio di alcune imprese mostrandosi più
oligopolistica del mercato reale. Per questo Baldeau sostiene che le corporation devono andare via dalla rete
che è, invece, uno spazio "anarchico".
L’asse verticale definisce la sfera organizzativa del partito con la contrapposizione tra leadership e
movement. I due concetti descrivono rispettivamente un’organizzazione centralizzata e caratterizzata dalla
presenza di una forma di leadership, e una struttura bottom-up e decentralizzata, che pone enfasi sulla
partecipazione dei cittadini.

Quadrante in alto a sinistra(CONSENSUS-PUBLIC)


Questo quadrante si attiene ai partiti personali con una struttura centralizzata, che cercano di raggiungere il
pubblico ed ottenere il loro consenso attraverso un sistema di comunicazione ibrido. Il leader muove il
proprio pubblico attraverso una comunicazione mediatica di tipo personale, creando avvisi, campagne,
iniziative che spingano alla mobilitazione. I media digitali vengono così integrati ai mezzi di comunicazione
tradizionale nella definizione della linea comunicativa. Il target e ̀ identificato con il concetto di sfera
pubblica, uno spazio sociale in cui si discutono argomenti di interesse collettivo.
È il caso di partiti mainstream come il Partito Laburista nel Regno Unito, o il Partito Democratico in Italia e,
in generale, di formazioni che hanno spesso dato prova della difficoltà di rispondere alla sfida della
digitalizzazione.

Quadrante in basso a sinistra(OPINION-CIVIL SOCIETY)

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Questo quadrante fa riferimento ai movimenti di protesta degli attivisti che sfruttano i mezzi di
comunicazione per mobilitare la società civile e proseguire offline per manifestare la propria opinione. É il
fenomeno dei cosiddetti movimenti delle piazze, come la Primavera Araba, in cui le dimostrazioni
pubbliche, gli scioperi e i sit-it nelle piazze hanno spesso costituito lo stato nascente di vere e proprie
organizzazioni partitiche centrate sull’utilizzo del digitale. Non c’è un pubblico da coinvolgere ma una
società da far emergere, si tratta di una finestra di opportunità soprattutto per i giovani (movimento delle
sardine).

Quadrante in basso a destra(PARTICIPATION-CITIZEN)


Il quadrante in basso a destra descrive il partito digitale, in riferimento a una struttura bottom-up e
decentralizzata, che enfatizza la diretta partecipazione del cittadino, e non dell’intera società come nei
movimenti attivisti, e l’idea di cittadinanza attiva, ovvero il coinvolgimento dei cittadini nei processi
decisionali. Le piattaforme digitali permettono a queste formazioni di raggiungere il fine di riportare gli
individui al centro della sfera politica e delle istituzioni democratiche, proponendo forme di rappresentanza
democratica diretta.

Quadrante in alto a destra(CHARISMA-PEOPLE)


Il quadrante in alto a destra incrocia la personalizzazione della leaderhip con la piattaformizzazione della
politica, producendo una nuova forma di leadership che sfrutta le piattaforme, spesso facendone un utilizzo
controverso. Il leader domina sul partito e, muovendosi con le piattaforme digitali, realizza nuovi
meccanismi di conquista del consenso.
Il microtargeting costituisce la leva del rapporto interpersonale del leader con i cittadini-utenti: la
comunicazione one-to-one è la risposta a un elettorato sempre più volatile. È il quadrante delle leaderhip
carismatiche di Matteo Salvini e di Donald Trump, o anche delle (dis)informazioni diffuse su WhatsApp
durante le campagne elettorali.

IL PARTITO DIGITALE NEGLI USA


Negli Stati Uniti, la trasformazione digitale non è caratterizzata solo da intenzioni e parole ma soprattutto di
fatti; gli odierni partiti americani, considerati dall’Europa come empty vessels (gusci vuoti, usati dai leader),
hanno un’organizzazione estremamente complessa ed integrata nel nuovo sistema digitale.
Mentre i partiti europei si interrogano sulla loro progressiva perdita di potere, i partiti americani sono stati in
grado di tenere il passo della trasformazione digitale, divenendo così delle political machines 4.0, ovvero
veri e propri modelli organizzativi in grado di sfruttare la nuova digitalità per conseguire e conservare il
potere politico.
Ci sono numerose differenze nel modo in cui i diversi partiti si sono adattati all’ambito digitale; possiamo
infatti individuare diverse fasi di trasformazione.
Il primo candidato digitale
Alla fine del maggio 2002, il governatore democratico Howard Dean annuncia la propria concorrenza alle
elezioni; i social ancora non si sono affermati e il contesto è ancora estraneo alla trasformazione digitale che
avrebbe avuto luogo di lì a poco. E’ solo nel 2004, infatti, che si ha segno dell’innovazione digitale, grazie
proprio alla candidatura di Dean; questo momento segna un passaggio cruciale per i modelli elettorali, che
passano da un sistema capital-intensive (ovvero una campagna basata sul raggiungimento degli elettori
attraverso spot pubblicitari e televisivi) ad un sistema digital-intensive.
La campagna elettorale di Dean rappresenta esattamente il primo sforzo di usare piattaforme media per
organizzare e promuovere i social, con un loro utilizzo in scopi organizzativi. I social diventano uno
strumento organizzativo, un canale con il quale coinvolgere i simpatizzanti.
Il piano di Dean è di agire su due fronti:
 Finanziare la campagna elettorale: Dean crea una rete di micro-donatori a sostegno della propria
candidatura. Il crowfounding organizzato online ha permesso di colmare un enorme gap di risorse
verso gli altri candidati, superandoli nella raccolta fondi.

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 Organizzare la campagna: la campagna open source avviata da Dean viene autonomamente
promossa dai simpatizzanti attraverso i nuovi strumenti messi a disposizione. Un esempio è il toolkit
online, deanspace: si trattava di uno strumento che permetteva di creare un proprio sito web ed
interagire con altri simpatizzanti. Si creano così le prime dinamiche di azione connettiva, con cui è
la rete stessa a farsi organizzazione.
Dean si configura quindi come un pioniere nei partiti digitali, nonostante la sua sconfitta alle elezioni (terzo
posto con il 5% dei voti); la sua esperienza apre le porte all’ulteriore sviluppo delle dinamiche digitali
nell’ambito politico americano, spianando così la strada alle campagne elettorali successive.
Il partito democratico di Obama
Con la candidatura e poi l’elezione di Obama, la prima esperienza digitale di Dean diventa una scelta
strategica, uno strumento da utilizzare in modo consapevole nella campagna elettorale.
Con questa finalità, il partito democratico continua ad investire nel digitale; il primo investimento riguarda
la creazione e sponsorizzazione di organizzazioni specializzate nel digitale e nei servizi di analytics.
In particolare, Obama recluta blue state digital e voter activation network. Nel primo caso, si tratta di una
società specializzata in iniziative di fundraising online, reclutata direttamente dal presidente per le sue prime
elezioni nel 2008. Successivamente, si sono aggiunti investimenti in termini di nuovo personale che si
occupasse delle attività digitali, con l’analytics e altri strumenti. Da qui son derivati applicazioni per lo
smartphone e nuove piattaforme come dashboard; nel caso di quest’ultima, troviamo tre database
fondamentali che costituiscono la piattaforma (uno contenente info sociodemografiche sugli elettori, una con
info sui microfinanziatori e una mailing list dei sostenitori di Obama e del partito democratico). La
dashboard permetteva al partito di avere feedback immediati e di costruire messaggi targetizzati.
Il nuovo ecosistema digitale all’interno del quale si colloca Obama, insieme ai suoi elettori, è costituito
anche dai nuovi social media, che spopolano proprio in questi anni: Twitter (2006), Facebook, Meetup, sono
tutte piattaforme usate in modo sistematico come strumento organizzativo e di veicolazione della
comunicazione. Il nuovo campaining americano, quindi, si fonda proprio sulle novità mediatiche ed un alto
dosaggio tecnologico, costantemente in evoluzione.
I social diventano in questo periodo vere e proprie macchine politiche, adibite alla promozione di campagne
e all’espressione dei partiti, oltre che come strumenti di instant polling a basso costo.
Trump e il tea party
La figura di Trump, a noi ormai più che nota per la sua mediaticità, si colloca in un contesto estremamente
particolare che segue all’affermarsi, nella scena politica, del cosiddetto tea party; questo si configura come
un movimento che aveva iniziato, nel corso della presidenza di Obama, ad osteggiare le sue misure di
stimolo all’economia e il progetto di ripresa sanitaria. Il successo di questo movimento risiede soprattutto
nelle modalità adottate: oltre allo slogan, il tea party adotta tre elementi fondamentali che ci riportano un po’
all’approccio di Dean (motivo per il quale parliamo proprio di Dean 3.0).
Gli elementi in questione sono:
 Strategia dei 50 Stati: non esistono stiati blu o rossi per definizione ma tutti possono essere
conquistati.
 Organizzazione degli attivisti attraverso i nuovi canali digitali.
 Investimento nella raccolta dati e nell’analytics.
Proprio su questo terreno già coltivato dal movimento, finanziato dai gruppi più conservatori repubblicani, si
innesca la vittoria di Trump alle elezioni. Trump spende, sin da subito, un’enorme quantità di denaro per la
comunicazione social, configurandosi come un vero insider nel nuovo mondo digitale. La sua offensiva
coglie di sorpresa i democratici, nonostante la loro esperienza digitale accumulata; essi riescono, però, a
mantenere un vantaggio nella mobilitazione della base elettorale. Si ha quindi uno scontro tra il principe
digitale (Trump) e il partito digitale (Clinton), il cui primo round viene vinto da Trump con la successiva
rivincita, 4 anni dopo, del PD.
La bestia digitale
La sconfitta dei democratici ci dimostra quanto veloce sia l’evoluzione del web e quanto sia difficile restare
al passo; Obama, dopo il 2012, aveva smesso di investire nel digitale, portando così ad un’arretratezza che a

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Clinton non era, naturalmente, servita durante le elezioni. I rischi derivanti dall’obsolescenza digitale,
quindi, non vanno sottovalutati.
Dopo il 2016, il PD investe su un nuovo sistema, data warehouse, motore principale della campagna data-
driven che ha portato Biden alla casa bianca. Dopo la sconfitta, quindi, il PD ha riparato le falle nel suo
sistema digitale; tutti i settori traggono beneficio dai sistemi digitali.
I partiti della vecchia Europa, rispetto ai partiti americani, hanno una visione più idealistica del contributo
digitale: in Europa, infatti, gli strumenti digitali vengono usati solo come meccanismi di risoluzione dei
conflitti, con una strategia puramente difensiva, la cui missione è raccogliere voti per conquistare potere
politico.
Il divario esistente tra i partiti americani ed italiani, soprattutto, è facilmente identificabile nel confronto con
il partito democratico italiano, uno dei partiti per eccellenza ma comunque molto arretrato nell’ambito
tecnologico.

BUREAUCRACY

Il termine burocrazia è stato coniato per la prima volta dal


fisiocrate Vincent de Gournay, che in una sua lettera proponeva di
aggiungere una nuova forma di governo a quelle identificate da
Aristotele (monarchia, aristocrazia, democrazia). Due le radici del
concetto: buro, che significa ufficio o scrivania; e crazia, che
rimanda al potere o al governo. Burocrazia dunque significa forma
di governo attraverso gli uffici e le scrivanie.
Il termine burocrazia ha spesso assunto il significato di inefficienza
amministrativa; il termine, ormai associato ad un’accezione
dispregiativa, tende a definire un organismo ridondante, formale, conservatore. Ad ogni modo, spesso le
critiche non sono rivolte alla burocrazia in sé, ma al modo in cui essa è programmata.
Altre volte si sono poste in evidenza le difficoltà del controllo politico dell’amministrazione pubblica. Una
delle principali preoccupazioni è quella che riguarda il rischio della creazione di una casta, che faccia solo i
propri interessi.

Gli Assi
L’asse orizzontale si riferisce alla variabilità dell’autorità burocratica: da un lato il potere monocratico
(monarchie e moderne presidenze) e dall’altro il comando impersonale dello Stato (collective).
Se in una prima fase i funzionari sono soprattutto "servitori del sovrano", nelle democrazie di massa i
funzionari diventano "pubblici funzionari" formalmente a servizio di strutture politiche.
L’asse verticale definisce le modalità di selezione dei burocrati, attraverso, quindi, due canali: il legame
fiduciario e il criterio meritocratico. Nella realtà, questi due metodi di reclutamento si presentano spesso in
una forma mista.

Quadrante in basso a sinistra(TRUST-PARTY)


In questo quadrante si analizzano i casi in cui un'autorità di tipo monocratico che seleziona i burocrati sulla
base di un criterio fiduciario.
Le nomine politiche dei funzionari rappresentano un efficace strumento di controllo, anche se ciò viene
generalmente giustificato come un’esigenza per meglio ottemperare ai dettami della responsabilità
democratica dei governanti eletti.
I presidenti americani sono stati i primi a dichiarare pubblicamente che “al vincitore spettano le spoglie”
(per spoglie in questo caso si intende il diritto di affidare mansioni amministrative a seguaci di partito fidati).
A Jackson si deve l’introduzione ufficiale dello spoils system negli Stati Uniti, che prevedeva l’attribuzione
degli incarichi amministrativi ai seguaci di partito. Jackson, inoltre, riteneva che qualsiasi compito
amministrativo potesse essere svolto da un comune cittadino.

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In Italia la selezione dei burocrati è avvenuta generalmente per concorso, con immissione diretta in ruolo e
senza apprendistato. Tale sistema di reclutamento non ha impedito che per via politica si controllassero le
posizioni amministrative (una pratica che è stata giudicata come una disfunzione del sistema politico)

Quadrante in alto a destra(LAW-ESTATE)


Il quadrante in alto a destra rappresenta il modello della burocrazia weberiana, che si fonda su due
caratteristiche:
 E’ regolamentata da un corpus di regole che vincoli l’apparato amministrativo e che entri in
relazione con esso. La legittimità del comando in tale contesto deriva proprio dal fatto che non
si infrangano tali regole.
- Ha un’organizzazione gerarchica, una divisione formalizzata del potere, standardizzazione delle
procedure, il reclutamento del personale tramite concorsi.
A garanzia della sua incorruttibilità, l’elite burocratica gode di uno status privilegiato, che ne fa una casta
chiusa.

Quadrante in basso a destra(CONTRACT-CORPORATION)


Questo quadrante descrive una burocrazia contrattuale; ciò significa che tale burocrazia è caratterizzata da
un processo di esternalizzazione(outsorcing) di alcune importanti funzioni amministrative che vengono
svolte da imprese specializzate a seguito di appalti pubblici. Il coinvolgimento dei privati e il contracting out
definiscono una riforma della pubblica amministrazione che mira ad un superamento dell’impianto
legalistico; questo nuovo paradigma burocratico prende il nome di reinventig government.

Quadrante in alto a sinistra(REFORM-PRESIDENT)


Nel seguente quadrante è presentata una valida risposta al limite della burocrazia weberiana. Per far fronte a
questo limite si può usare una riforma amministrativa; infatti, il patronage può interessare solo un numero
limitato di posizioni e difficilmente scalfisce la base della burocrazia. Devono essere i leader ad incidere in
modo significativo sui processi attraverso delle campagne di riforma.
La tensione fra presidenti e burocrazia nasce dal fatto che questi due attori fanno capo a due diverse forme di
autorità. Secondo la classica tipologia di Max Weber, il potere carismatico incarnato dai presidenti si
contrappone a quello razionale-leagle di cui la burocrazia è espressione. Il primo si basa sulle qualità
personali del leader, mentre il secondo ha la sua fonte nella credenza della legittimità degli ordinamenti
formali.
L’autorità legale, dunque, tende alla riproduzione di comportamenti standardizzati, quella carismatica è
maggiormente orientata all’innovazione e alla sperimentazione.
La prima sfida alla quale i presidenti con un programma politico innovativo devono rispondere riguarda le
resistenze conservatrici della burocrazia. Si pensi ad esempio al presidente americano Roosevelt che, per
fronteggiare la Grande Crisi economica, rivoluzionò il sistema degli interventi federali.

ELECTION

L’elezione costituisce un modo di delegare il potere mediante una


scelta di voto. Elezione diventa un sinonimo di “votazione”, per
cui anche la decisione a maggioranza (qualificata, relativa o
assoluta), o all’unanimità su una proposta normativa rappresenta
un caso di elezione.
“Elezione” deriva dal verbo latino “eligere” strettamente
collegato al verbo “seligere”: entrambi significano “selezionare”.
L’elettorato delega i candidati che risultano eletti a rappresentarlo
nel processo elettorale. Elezione e rappresentanza, cioè, sono
strettamente collegati, ma non necessariamente dall’uno deriva
l’altro. Sartori e Fisichella fanno notare che la scelta del Papa, ad
esempio, costituisce u

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n caso di elezione senza rappresentanza.
L’elezione del Pontefice non deriva da una scelta volontaria del collegio dei cardinali, ma da un’indicazione
dello Spirito Santo che guida la mano degli elettori porporati.
D’altra parte è possibile parlare anche di rappresentanza senza elezione. Si pensi al concetto di
rappresentanza virtuale mediante la quale il parlamento inglese giustificava l’imposizione di tasse ai coloni
americani, sebbene questi non giocassero nessun ruolo nella elezione di alcun deputato.

Gli Assi
Lungo l’asse verticale si considera chi vota in un’elezione democratica. Ai due estremi del continuum vi
sono citizen e people, cioè l’elettore individuale e la comunità di elettori.
Lungo l’asse orizzontale, invece, l’attenzione si sposta su chi è votato. I due concetti sono party e leadership,
cioè l’attore collettivo e quello individuale cui può essere destinato il consenso elettorale.
Dall’incrocio di questi due assi si ricavano quattro quadranti volti a delineare quattro possibili atteggiamenti
di voto.

Quadrante in alto a sinistra(IDEOLOGY-SOCIALIZATION)


In questo quadrante il concetto che scaturisce dall’incrocio di party e people è quello di socialization, intesa
come socializzazione politica. Una socializzazione, tipica del partito di massa novecentesco, che mira a
generare negli elettori un senso di appartenenza, di identità, alle idee del partito e quindi giustifica la scelta
di ideology come concetto spaziale.
La categoria di voto risultante è il voto di appartenenza. Chi esprime questo tipo di voto lo interpreta come
identificazione soggettiva con una forza politica.
Si pensi, ad esempio, alla DC o al PCI. Questi partiti, accompagnavano gli elettori “dalla culla alla tomba”, e
miravano a coinvolgere, indottrinandoli, i cittadini con le attività più disparate. Il voto di appartenenza nasce
dunque da una identificazione con un partito maturata attraverso processi di socializzazione primaria, come
il voto tradizionale in famiglia, o secondaria, mediante le attività di un partito.

Quadrante in alto a destra(POLLING-CHARISMA)


In questo quadrante, tra people e leadership, si è scelto il concetto di charisma e quello di polling, come
concetto spaziale. Qui il riferimento è alla categoria del voto populistico o di quello carismatico.
Si pensi alla Lega Nord o al Movimento 5 stelle in Italia, per quanto riguarda il voto populistico, e a Forza
Italia per quanto concerne il voto carismatico.
La personalizzazione e la spettacolarizzazione della politica, prodotta da un uso frequente e strumentale
della tv e dei new media e conseguente alla crisi delle ideologie, hanno comportato la fine e il superamento
del partito di massa favorendo la nascita di partiti personali incentrati sul ruolo del leader che tendono a
cavalcare il malcontento popolare in maniera populistica, sfruttando lo strumento del sondaggio per
individuare le issues più spendibili nel corso della campagna elettorale.
La rivoluzione recente dei social network e degli smartphone ha stravolto le abitudini dei cittadini: il modo
di informarsi, di comunicare, di argomentare le proprie decisioni. Tutto è più immediato, diretto, rapido, a
connotare un eterno presente costantemente monitorato dai sondaggi, essi divenuti sempre più strumenti di
marketing che di analisi. Il marketing politico diventa il primo vettore per convincere gli elettori, ed il
polling lo strumento per sondarne gli umori (quando è privato), o per convincerli della forza di un’offerta
politica (quando è pubblico).

Quadrante in basso a destra(PATRONAGE-INTEREST)


Nel terzo quadrante, tra leadership e citizen, si colloca il concetto di interest,nel senso di interesse materiale,
e patronage come relazione fiduciaria e personale.
L’intero quadrante richiama la categoria del voto di scambio. I leader di partito, ma anche i singoli candidati,
stipulano informalmente un contratto che prevede uno scambio immediato e individuale con il singolo
elettore. Uno scambio che può portare benefici di vario genere per chi garantisce il proprio voto e che, nel
caso limite del patronage, conduce all’attribuzione di cariche o di posti rilevanti in cambio dell’appoggio
elettorale. Lo spoil system o l’assegnazione di incarichi o di posti pubblici mediante logiche clientelari è un
tipico caso di patronage.

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Questo tipo di voto è ancora fortemente utilizzato, nonostante si fosse ipotizzato una sua progressiva
riduzione. Alle elezioni regionali, ad esempio, nell’area meridionale italiana il voto di scambio ha riguardato
i tre quarti delle preferenze esprimibili. In Italia il patronage viene chiamato clientelismo.

Quadrante in basso a sinistra(POLICY-OPINION)


Nell’ultimo quadrante, tra citizen e party, si colloca il concetto di opinion, con policy come concetto
spaziale. Per opinione si intende l’insieme delle motivazioni che spingono l’elettore a operare una scelta
sulla base dell’analisi delle issues che caratterizzano i programmi dei singoli partiti. Il concetto di policy
viene impiegato, invece, come l’insieme delle proposte che un dato partito ha intenzione di operare una volta
vinte le elezioni. La categoria di voto che emerge è quella del voto di opinione. Caratteristiche sono l’alto
livello di incertezza, la sua variabilità nel tempo e la forte esposizione alla congiuntura politica.

Conclusioni
Ad un livello maggiore di astrazione sarebbe possibile ipotizzare l’accorpamento dei due tipi “voto di
appartenenza” e “voto carismatico” da una parte e “voto di opinione” e “voto di scambio” dall’altra.
Da un lato, un agire razionale improntato al valore, dall’altro, un agire razionale orientato allo scopo.
La nuova categoria del voto carismatico e/o populistico, rappresenta in quest’ottica un nuovo tipo di voto di
appartenenza, non più al partito, bensì al leader. Chi ieri ha votato Berlusconi per una destra liberale, oggi
vota Berlusconi per Berlusconi. Se una volta ci si distingueva in democristiani, socialisti, comunisti, oggi
invece ci si dichiara “berlusconiani”, “grillini”, “renziani”.
L’Italia, sembra aver accentuato più di altri paesi questa tendenza alla leaderizzazione e alla
personalizzazione. Ciò è avvenuto per varie ragioni, tra cui il cosiddetto “berlusconismo”, ossia l’abilità di
Berlusconi di aver adeguato la sua offerta politica alla società dei consumi, plasmando il suo partito e
rendendolo un brand da vendere al pubblico, a sua volta indottrinato dalle sue televisioni. L’immagine del
leader è una risorsa complessa che tiene insieme la dimensione pubblica e quella privata in quella che
Barisione chiama immagine “performativa”.

CONSTITUTION
La Costituzione è un insieme di regole che definiscono e limitano
le relazioni di potere all’interno di una comunità politica. La
nascita della Costituzione come corpo unitario, anche se non
necessariamente sotto forma di documento scritto, è strettamente
legata all’ascesa dello Stato moderno come autorità centralizzata.

Gli Assi
L’asse verticale descrive la tensione fra le due principali parti di
una costituzione: la descrizione formale del funzionamento degli
organi dello Stato (state) e la dimensione normativa espressa attraverso i principi del costituzionalismo, vale
a dire le libertà individuali e la limitazione del potere (liberty).
La distinzione serve anche a tenere separate l’accezione antica da quella moderna di Costituzione. Mentre
per una lunga tradizione di pensiero politico, la parola Costituzione è stata un sinonimo di struttura o forma
di governo, negli ultimi due secoli acquista un significato garantista, divenendo un sistema di protezione dei
diritti dei cittadini. Si configura, dunque, come un limite posto all’arbitrarietà del potere politico.
L’asse orizzontale ritrae i soggetti della costituzione nelle diverse epoche storiche e contesti politici. Il
costituzionalismo di Ancien Régime difendeva le libertà collettive, come i privilegi assicurati a gruppi
corporati o a specifici ceti. A partire dal diciottesimo secolo la legge fondamentale protegge invece le libertà
individuali sulla base di una concezione universalistica di cittadinanza. Come vedremo, le democrazie di
massa spostano però di nuovo il pendolo del costituzionalismo verso il collettivismo, con le carte
costituzionali che iniziano ad accogliere domande sociali di specifici gruppi o classi.

Quadrante in basso a destra(ELITE-ESTATE)

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In questo quadrante, si presenta il prototipo del costituzionalismo premoderno, che rappresenta un
documento firmato da diverse parti contraenti per stabilire i privilegi di alcuni gruppi e le modalità affinchè
questi siano attribuiti ed esercitati. La Magna Carta ne rappresenta un noto esempio.

Quadrante in basso a sinistra(LAW-COURT)


Questo quadrante pone l’attenzione su come le libertà definite nelle carte costituzionali trovano un’effettiva
garanzia nel sistema giudiziario sviluppato nei singoli paesi. In particolari le corti giudiziarie rappresentano
la sede dove le prescrizioni formali delle costituzioni trovano concreta realizzazione.
La costituzione di un paese non è, però, solo l’insieme delle regole astratte e formalmente espresse, ma
anche il modo in cui tali principi sono interpretati e modificati nella concretezza della prassi politica. Il
concetto di costituzione materiale, così come teorizzato da Carl Schmitt, segnala, appunto, lo scarto fra le
disposizioni delle carte costituzionali e la loro applicazione.

Quadrante in alto a sinistra(RIGHTS-LEGISLATURE)


Questo è il quadrante del moderno costituzionalismo, così come emerge dal clima culturale e politico
dell'illuminismo e della rivoluzione francese. Al cuore di questo costituzionalismo troviamo l’idea che il
potere dello Stato deve essere limitato attraverso due strumenti: la difesa dei diritti individuali, uguali per
tutti i cittadini, e la limitazione delle prerogative dell’esecutivo attraverso forme di controllo giudiziario e
parlamentare. La teoria di Montesquieu della divisione dei poteri fra esecutivo, legislativo e giudiziario, fu
utilizzata come modello e guida delle nuove carte costituzionali, con la loro enfasi sulla regolamentazione
dell’apparato dello Stato.
A fine Settecento, i padri fondatori americani applicano le idee di Montesquieu alla costituzione della
nascente democrazia degli Stati Uniti, facendo propria in particolare la concezione per la quale gli organi
dello Stato devono assumere prerogative e fonti di legittimazione autonome.
Il loro pensiero è raccolto in una famosa collezione di ottantacinque articoli cui si dà il nome di Federalist
Papers.

Quadrante in alto a destra(WELFARE-PARTY)


In questo quadrante lo schema del costituzionalismo classico conosce un cambiamento nel passaggio alla
democrazia di massa. Le costituzioni scritte dopo la seconda guerra mondiale divennero molto più lunghe e
articolate, così da rispondere ad obiettivi sociali ed economici di ampio respiro. In questa fase è molto
importante il ruolo dei partiti politici nel presentare e imporre le domande della collettività.
Ben si inserisce in questo quadrante anche la costituzione italiana, scritta dopo la seconda guerra mondiale.

CLIENTELISM

Il clientelismo può essere definito come una rete di scambi


interpersonali con una certa stabilità nel tempo, costituita da
persone dotate di potere ineguale e tuttavia legate da vincoli di
interesse e di fiducia che organizzano i loro rapporti in maniera
funzionale all’ottenimento di risorse.
Nella fattispecie del clientelismo politico vi sono figure che
distribuiscono risorse, pubbliche o private, in cambio di voti e
consenso politico.
Possiamo individuare due prospettive di studio del clientelismo: 1)
come forma particolare di esercizio del potere con il quale
individui o gruppi conquistano posizioni di privilegio; 2) come
criterio di organizzazione di una data realtà locale rispondente a strategie locali con lo scopo di ottenere
risorse e mantenere determinati assetti sociali di fronte alle trasformazioni che interessano la sfera dello
Stato e del mercato. Nella prima prospettiva il concetto di clientelismo è declinato in senso politologico,
nella seconda in senso antropologico.
Secondo uno studioso tedesco, Roth, nei moderni sistemi politici complessi le relazioni clientelari occupano
uno spazio molto ampio.

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Gli Assi
L’asse verticale ha a che fare con la natura dei soggetti coinvolti nello scambio clientelare: se siano individui
oppure gruppi e categorie. In basso trova posto lo scambio interpersonale tra individui di differente status
sociale, il c.d. clientelismo verticale. In alto lo scambio che coinvolge gruppi e categorie proprio delle
società modernizzate. In questa zona troviamo la fattispecie del clientelismo orizzontale.
L’asse orizzontale riguarda la dinamica interna alla relazione clientelare: a sinistra c’è la relazione basata sul
consenso mentre a destra lo scambio contrattuale.
A partire dai due assi, possiamo tracciare un percorso cronologico a partire dal quadrante in basso a sinistra
e procedendo in senso orario.
Gli elementi periferici sono le istituzioni centrali della regolazione sociale, quelli centrali sono il tipo di
dinamica prevalente nel sistema politico.

Quadrante in basso a sinistra(PATRONAGE-COMMUNITY)


Il primo quadrante è quello delle comunità tradizionali. Qui siamo nel regno dei notabili, del patronage,
inteso come rapporto di “protezione” offerta ai clienti in cambio di consensus (fedeltà indiscussa). I notabili
patroni si comportano come protettori della comunità locale, monopolizzando le sedi decisionali centrali del
potere politico. I clienti in cambio mostrano consenso e referenza. Si tratta di un ambiente relativamente
stabile, chiuso, con forti disuguaglianze di status. I legami sono totalizzanti e i ruoli fissi. Il notabile è colui
che, in virtù di una privilegiata condizione socio-economica, è in grado di far valere all’interno del sistema
politico il seguito personale ottenuto sulla base del prestigio sociale. Richiamando Weber, questa figura
rientra nella categoria del potere patriarcale. Situazioni del genere si riscontrano nelle prime fasi di
allargamento del suffragio e di sviluppo dei sistemi liberali nei paesi europei. In questo caso i notabili-
patroni sono proprietari terrieri, dunque gestori di risorse materiali primarie che operano in modo
paternalistico costruendo a proprio vantaggio rapporti di clientela.

Quadrante in alto a sinistra(PARTY-SOCIALIZATION)


Nel secondo quadrante siamo nel contesto delle grandi organizzazioni politiche che hanno accompagnato le
fasi di espansione industriale dell’economia. L’istituzione centrale è il partito con amministrazione
centralizzata, che assume la forma della political machine negli Stati Uniti tra Otto e Novecento e quella del
partito di massa in Europa. Nel caso statunitense la preminenza di alcune figure di leadership sull’apparato
amministrativo e una scarsa connotazione ideologica conducono a una gestione incentrata sulla figura del
boss. Nel caso italiano, invece, parliamo di clientelismo della burocrazia.
In entrambi i casi, si parla di un sistema di controllo del voto e una gestione patrimoniale della cosa
pubblica.
Protagonisti di questi scambi non sono più i notabili tradizionali, la cui legittimazione era esterna al partito,
ma i professionisti della politica rappresentati idealmente dalla figura dell’imprenditore capitalistico e del
mediatore (broker), che guidano le società in nuove fasi di espansione dell’economia; nella gestione di
questi cambiamenti il partito e la macchina politica assumono nuove funzioni di socializzazione, attraverso
le politiche distributive.

Quadrante in alto a destra(LOBBYING-CORPORATION)


Il terzo quadrante rappresenta una fase politica successiva a quella della political machine. Ora salgono alla
ribalta i gruppo di interessi organizzati (corporation), e la loro azione diretta di lobbying sui centri
decisionali. E’ una situazione che deriva dall’indebolimento della politica. Le reti clientelari si trasformano
in alleanze che danno vita a forme di scambio politico tra Stato e gruppi di interesse. Lo scambio tende ad
assestarsi su una base puramente contrattuale.

Quadrante in basso a destra(CORRUPTION-MARKET)


Nell’ultimo quadrante si completa il percorso di economicizzazione politica. E’ questo il luogo ideale della
teoria economica della democrazia, laddove gli individui stipulano contratti in un contesto di libera scelta,
privi di elementi normativi. Data anche l’assenza di riferimenti collettivi che possano costituire un elemento
di stabilizzazione dei rapporti, gli scambi tendono ad essere realizzati coinvolgendo due soggetti secondo
transazioni specifiche. Questo impianto, portato alle sue estreme conseguenze, configura la fattispecie
giuridica della corruzione, che rappresenta l’altra faccia del clientelismo,il suo lato oscuro.

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Conclusioni
E’ possibile registrare alcune tendenze significative, nel contesto italiano in particolare. Qui si riscontra la
crisi del clientelismo politico. I circuiti politici-clientelari per mantenere una certa stabilità, necessitano di
rapporti di fiducia. Dal lato della domanda, necessitano di aspettative diffuse e realiste di ottenimento delle
risorse, mentre, dal lato dell’offerta, necessitano di una certa capacità di elargizione della spesa pubblica;
entrambi fattori in un contesto di crisi dell’intervento statale non possono darsi. Ciò facilita la diffusione dei
rapporti di corruzione.
Il clientelismo entra in crisi con il crollo delle identità politiche collettive.

GOVERNMENT

Il concetto di governo appare una costante della politica: in ogni


organizzazione sociale esistono uno o più organi con compiti di
direzione politica, dalle tribù allo Stato sino ad arrivare alle
organizzazioni internazionali e sovranazionali. In una prospettiva
più ristretta, il concetto di governo, si riferisce al funzionamento del
ramo esecutivo. Secondo quest’accezione, l’emergere e il
consolidamento del governo segue infatti il processo di affermazione
dello Stato moderno.
Per governo si intende un organo dalle relazioni variabili con le altre
istituzioni dello Stato. La natura degli esecutivi varia molto e
dipende da un ampio ventaglio di fattori, uno dei quali è il ruolo del
primo ministro; se esso riesce a guadagnare autonomia di azione rispetto ai partiti o se assume compiti di
mero coordinamento tra i ministri.
In un senso più ampio ha il significato di sistema politico, riferendosi agli attori che si rivolgono alla
allocazione di valori per una società e al complesso sistema di relazioni che tra essi si sviluppa.

Gli Assi
L’asse verticale fotografa la competizione per il governo, che vede partiti e presidenti come i due principali
attori in lotta per il potere. Essi incarnano due diversi principi di autorità, monocratico versus collegiale, e
differiscono anche per principio di legittimazione: diretta e personale nel caso dei presidenti, indiretta e
collettiva per i partiti. Un tratto dei sistemi presidenziali è l’autonomia che il presidente sperimenta rispetto
ai partiti sia di maggioranza che di opposizione. Al contrario il governo di partito si riferisce al ruolo di
guida dei partiti nel formare i governi e nel determinare la loro agenda.
L’asse orizzontale, con la contrapposizione tra legislature e civile society si riferisce al tipo di legittimità del
governo, che può derivare dal parlamento o direttamente dalla società.
Quando parliamo di parlamentarismo ci riferiamo, infatti, al fatto che debba essere il parlamento a dare
fiducia al governo.
Data la linearità della matrice è facile intuire che ci sono due quadranti riguardanti il parlamentarismo e due
di presidenzialismo.

Quadrante in basso a destra(POLICY-MAJORITY)


Questo quadrante rappresenta il party government per eccellenza, vale a dire l’idealtipo che viene detto
Westminster perché trova in Inghilterra la sua prima e piena realizzazione. Si tratta di uno dei più ammirati
ma difficilmente imitabili modelli di governo al mondo. I motivi della sua scarsa diffusione si ritrovano nel
difficile realizzarsi di tre condizioni: 1) elezioni con maggioritario semplice; 2) bipartitismo; 3) partiti
fortemente disciplinati.
Il “segreto efficiente” della forma parlamentare di governo di tipo inglese sta nella stretta unione tra potere
esecutivo e legislativo. In Inghilterra la maggioranza è già esistente, in quanto il sistema maggioritario
premia le parti vincenti, e la società è omogenea, caratteristica fondamentale per sostenere il meccanismo
bipartitico. Il sistema di governo britannico può condurre all’emergere di premiership forti ma non
onnipotenti proprio perché sottoposte al controllo del partito stesso. Da un lato il primo ministro può vedersi
approvate la maggior parte delle proposte legislative in parlamento, data la stabilità nei rapporti esecutivo-
legislativo. Dall’altro egli risponde della sua azione politica al partito, rimanendo intermediario nei rapporti
tra cittadinanza e leader.

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Quadrante in basso a sinistra(CONSENSUS-REPRESENTATION)
Nel quadrante in basso a sinistra è ritratto un diverso tipo di party government, con una particolare enfasi sui
meccanismi rappresentativi che favoriscono la formazione di ampie maggioranze e proteggano allo stesso
tempo le minoranze attraverso un sistema elettorale proporzionale, il parlamento si fonda su una grande
complessità di partiti, che conduce ai cosiddetti governi di coalizione. In questo caso, la ricerca del
compromesso diviene il principale obiettivo delle forze partitiche. La politica del compromesso è il codice
operativo proprio delle società divise. Si pensi, ad esempio, a quei sistemi politici attraversati da particolari
divisioni linguistiche, etniche, religiose o ideologiche. Si considerino a tal proposito i paesi in via di
democratizzazione, che puntano sulla formazione di ampie coalizioni partitiche per la costruzione delle
nuove istituzioni. Rientra in questo gruppo l’Italia del dopoguerra che svilupperà tratti chiaramente
consociativi in risposta ai conflitti ideologici che la attraversavano.

Quadrante in alto a destra(AGENDA-COALITION)


Il quadrante in alto a destra descrive il classico sistema statunitense di separazione dei poteri. Il prototipo del
presidenzialismo pone il leader al centro della scena politica. Innanzitutto, il presidente gode di un autonomo
circuito di consenso elettorale, dal momento che il voto popolare è destinato non solo ai membri
dell’assemblea, come avviene nei parlamentarismi, ma anche dal capo del governo. Inoltre, il presidente,
riceve un mandato fisso e indipendente perché non risulta dipendente dalla fiducia parlamentare. Infine
riunisce in una sola figura il ruolo di primo ministro e di presidente della repubblica.
A volte però, il presidente si può trovare come un generale senza esercito, quando si devono approvare le
proprie iniziative legislative, non trovando una maggioranza favorevole, perché il colore politico del
legislativo è diverso da quello del presidente secondo il fenomeno del governo diviso.
Altre volte il partito di maggioranza può mostrare la propria incapacità nell’indirizzare l’azione di singoli
parlamentari e riscontriamo fenomeni di logrolling: scambio di favori da parte dei membri dell’organo
legislativo al fine di ottenere l’approvazione di provvedimenti di interesse reciproco.
Se il limite principale del presidenzialismo in democrazie non ancora consolidate si ritrova nella rigidità di
questa forma di governo, che rende complicato rispondere alle situazioni di crisi politica con la sostituzione
del leader eletto, il pericolo del presidenzialismo nelle democrazie mature diventa invece l’impasse
governativa o almeno il rallentamento decisionale.
Tuttavia, in un numero crescente di casi, i presidenti ricercano strade autonome di policy- making, sfidando
il parlamento ed instaurando un rapporto diretto e continuativo con la cittadinanza.
Nella matrice, il termine agenda si riferisce alle indicazioni che il presidente si occupa di dare agli altri
membri dell’istituzione, basandosi sui temi principali delle sue modalità di governo.

Quadrante in alto a sinistra(CHARISMA-DECISION)


In questo quadrante il governo presidenziale diviene completamente presidenzializzato. I presidenti si
avvantaggiano della relazione diretta che sviluppano con i cittadini, massimizzata attraverso il carisma,
ristabilendo la propria leadership sui processi decisionali. La logica plebiscitaria è un tratto caratteristico
anche nei regimi presidenziali latino-americani o dell’ex blocco sovietico, dove il presidente deve convivere
con un sistema frammentato difficile da controllare e di conseguenza innesca una relazione diretta tra leader
e popolo. L’anima di questi presidenzialismi, è il populismo. La possibilità di stabilire un legame diretto e
personale con la società può portare ad enfatizzare i temi con un ampio impatto, spingendo spesso i
presidenti a ricavarsi degli spazi e strumenti di azione non contemplati dalle costituzioni nazionali.

Conclusioni
La crisi dei partiti degli ultimi anni è legata ai cambiamenti della società. Non più divisa in classi, ma
sempre più individualizzata, quasi incapace di esprimere forme di aggregazione stabili, come suggerisce
l’immagine della modernità liquida di Bauman. Di conseguenza, sempre più difficile da rappresentare e
governare. I leader sono gli unici in grado di sviluppare un nuovo senso di identificazione degli elettori.
Tuttavia, nel passaggio dalle strutture di direzione collegiale a quelle monocratiche, è soprattutto nelle
attività di governo che i leader scoprono la propria fragilità. Dopo essersi posti come diretti interpreti della
società, essi difficilmente possono contare su una solida maggioranza in parlamento. Ciò ha portato spesso i
presidenti ad intraprendere la strada dell’azione legislativa autonoma. Se i leader sono sempre più essenziali

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per il funzionamento delle istituzioni democratiche, si ripropone dunque una vecchia questione: è possibile
la democrazia di massa senza i partiti?

AGENDA

Con il termine agenda si fa riferimento, in generale, a una lista di


cose da fare. La parola assume, però, un significato peculiare
quando la si colloca nel contesto politico; la natura stessa dei
governi democratici impone loro di dimostrare la capacità di essere
responsivi, vale a dire capaci di rispondere alle domande che
emergono dalla società. Dato che è difficile selezionare quali
domande a cui dare priorità, possiamo dire che la responsiveness
sia strettamente collegata alla volontà e alla capacità di imporre
vincoli di tempo, luogo e modo, in cui le issues sono convertite in
politiche pubbliche.
In questo senso, l'agenda può essere definita come "l’accordo su cosa essere in disaccordo".
Un'assemblea deve essere in grado, in primo luogo, di selezionare le priorità, definirle in modo che sia
possibile discuterle e disciplinare il dibattito. Su questa base è poi possibile produrre una legislazione.
La formazione dell'agenda consiste, quindi, nel "processo di specificare l'insieme delle alternative
ipotizzabili”.
Definizione funzionale: aggregazione di interessi generici e articolazione di quesiti come issues da trattare in
discussioni pubbliche.

Gli Assi
Sull’asse verticale individuiamo la natura dell’agenda, che può essere più o meno complessa; quelli meno
complessi (opinion) sono interessi genericamente espressi e formulati, quelli più complessi (policy) derivano
da un processo di definizione, razionalizzazione e soprattutto ricerca.
La natura dell’agenda, quindi, non è nient’altro che il modo in cui le opinioni vengono tra sformate in istanze
più articolate e formalizzate, fino a diventare vere e proprie politiche pubbliche.
Sull’asse orizzontale troviamo i due principali soggetti nella costruzione di un’agenda: media e party. L’asse
indica chi, tra i due, ha più influenza nel processo di definizione dell’agenda come aggregatori di interessi e
come attori chiave per la supremazia nel controllo dell’agenda.
Con la crescita delle comunicazioni di massa è diventato sempre più evidente che l’agenda è fortemente
influenzata dal modo in cui prima giornali e tv, ed ora social media intervengono nell’amplificare o
restringere l’importanza mediatica di determinate problematiche.

Quadrante in basso a destra(ELITE-MARKET)


Il quadrante in basso a destra è quello del modello di governo laissez-faire, così definito perché contenente
in sé elementi di autogoverno. In questo contesto, la logica di mercato è considerata la migliore per orientare
la scelta collettiva, perché più razionale di altri metodi. Il modello, dunque, definisce sia un metodo per
determinare l’agenda, sia la descrizione di una forma di governo.
In questo quadrante si individua un passo indietro della politica; si tratta del momento in cui la politica si tira
indietro, decidendo di non intervenire (deregulation).
In questo caso è proprio il mercato a farsi carico di queste tematiche; si parla, infatti, di non-decisioni,
ovvero tematiche che vengono spinte al limite del processo decisionale politico,in quanto potrebbero ledere
ad interessi di gruppi o partiti politici.

Quadrante in basso a sinistra(MOVEMENT-PARTICIPATION)


Come nel caso di quello in basso a destra, il quadrante in basso a sinistra descrive sia un modo di
determinare dell'agenda, sia un modello di governo.
L'esempio recente più significativo risale agli anni '60 e '70, quando la sfiducia dei regimi esistenti ha
prodotto un movimento ispirato alla "democrazia partecipativa". Si tratta di un contesto in cui la parte più
significativa dell'agenda di governo è determinata a partire da istanze provenienti da movimenti popolari,
senza la mediazione dei tradizionali canali istituzionali di aggregazione e veicolazione degli interessi.

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La rilevanza dei movimenti e della partecipazione popolare nella formazione dell'agenda si misura dalla
capacità di far sì che le questioni promosse diventino politiche pubbliche, ma anche di creare un clima
d’opinione forte intorno a quei temi. L'uso dei media da parte di un movimento ha maggiore successo,
quindi, quanto più riesce a concentrare l'attenzione su un tema.

Quadrante in alto a sinistra(OLIGARCHY-POLLING)


Questo è il quadrante in cui si delinea con più forza la capacità dei media di incidere sulla formazione
dell'agenda pubblica; si tratta del modello plebiscitario, formatosi dall’incrocio degli assi media e policy.
I media sono il ponte tra "il mondo esterno e l'immagine nella nostra testa", e hanno la capacità di
influenzare la rilevanza percepita dal pubblico in merito alle questioni. Alcune ricerche successive hanno,
invece, limitato la capacità di influenza al framing, vale a dire all’inquadramento dei temi.
Più di recente, la ricerca ha messo in luce l'importante ruolo dei sondaggi nel processo di agenda setting. I
sondaggi consentono la rilevazione continua del consenso per i leader politici, e forniscono loro una misura
precisa dell'orientamento dell'opinione pubblica in merito ai temi.

Quadrante in alto a destra(LEGISLATURE-LOBBYING)


Il quadrante in alto a destra è quello che definisce il classico modello istituzionale, centrato sui meccanismi
di agenda-setting all'interno del legislativo e dell'esecutivo, che vedono come protagonisti: legislatori,
esperti, consulenti, gruppi di interessi, lobbisti e, soprattutto, partiti politici.
La formazione dell'agenda, in questo contesto, tende a mettere al primo posto il parlamento, ma in lotta
continua con il capo dell'esecutivo, in America, e del governo, nei sistemi parlamentari.
L'agenda e la sua definizione costituiscono la fase più creativa del processo di policy making. Nel processo
decisionale, in genere, si parte da domande vaghe e la loro trasformazione in domande chiare avviene
attraverso un lavoro lungo e difficile che ha bisogno di una base di creatività per essere portato a
conclusione con successo. Per condensare attori e funzioni che convengono in questo processo si usa il
termine lobbying; questo è a lungo stato un termine dispregiativo, facente riferimento a pratiche di pressione
al limite della legalità.
Il termine, in realtà, fa riferimento ad una categoria di professionisti e ad una rete di relazioni ufficialmente
regolamentate.

POLLING

Con il termine polling si rimanda a un metodo per raccogliere


delle informazioni su una popolazione, attraverso una serie di
domande poste direttamente a un gruppo di persone scelte in
rappresentanza di questa stessa popolazione.
Tra le diverse forme di sondaggio, quelli più rilevanti
nell’ambito politico sono i sondaggi d’opinione ed elettorali.
In tutte le democrazie contemporanee, non solo negli Stati Uniti
dove il fenomeno è nato e si è sviluppato, sondare
continuamente l’opinione dei cittadini rappresenta la norma e
non l’eccezione. Per alcuni attori politici i sondaggi hanno
persino assunto la funzione di una sorta di bocca della verità, da
seguire con fiducia, mentre in passato sono noti i casi di alcuni leader politici che consideravano i sondaggi
un comportamento anti- politico.
Il sondaggio, infatti, inizia ad acquisire importanza solo dal ‘900 in poi:
 Nell’America degli anni ’30 vengono introdotti da Roosevelt, che nelle sue chiacchierate via radio
con i cittadini usa il sondaggio proprio come mezzo di feedback dall’elettorato.
 In Francia, negli anni ’60, il generale De Gaulle, avvia una riforma delle istituzioni francesi,
introducendo il semipresidenzialismo. Questo processo di rafforzamento viene affiancato
dall’apertura di uffici dedicati alla comunicazione e ai sondaggi.
 In Italia, infine, il sondaggio arriva solo intorno agli anni ‘90 grazie a Berlusconi: la sua esperienza
nella sua impresa privata lo spinge all’uso dei sondaggi con fine propagandistico, introducendoli
attraverso il suo partito.

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Come si può evincere dal caso italiano, infatti, il sondaggio non ha solo fine conoscitivo ma anche
propagandistico; esso rappresenta un mezzo di manipolazione dell’elettorale, in modo da avvicinarlo al
proprio partito.
Il ricorso al termine sondocrazia evidenzia proprio questa tendenza volta allo scrutinio costante
dell’opinione pubblica.
Quotidianamente programmi televisivi, giornali o siti internet sono soliti pubblicare e dibattere su sondaggi
di ogni tipo. Un rapporto, quello tra sondaggi e mass media che, principalmente per il caso dei sondaggi pre-
elettorali sulle intenzioni di voto, ha portato alla scelta in molti paesi di vietarne la pubblicazione nei giorni
o persino nelle settimane precedenti un appuntamento elettorale. Un provvedimento volto a ridurre al
minimo gli effetti di bandwagon o underdog: il primo scatta quando gli elettori tendono a spostarsi verso
quel partito che i sondaggi danno per vincente; il secondo, invece, prevede il soccorso di una parte degli
elettori nei confronti del partito sfavorito.

Gli Assi
Nell’asse orizzontale, executive-election, il riferimento è alle modalità secondo le quali la presenza di una
campagna permanente influenza gli attori politici lontano da un appuntamento elettorale. Difatti, soprattutto
tramite lo strumento del sondaggio scientifico, i cittadini sono in grado di inviare continuamente
informazioni e preferenze che tendono a condizionare i decisori pubblici.
Con il termine election il riferimento è alla presenza di una elezione e della relativa campagna, mentre il
termine executive rimanda alla fase governativa che si intervalla tra due appuntamenti elettorali.
L’asse verticale tratteggia la personalizzazione della politica, con i termini opinion e trust. Opinion rimanda
a quei sondaggi in cui ai cittadini è chiesto di esprimere un’opinione su specifiche tematiche politiche. Trust
si riferisce alle ricerche sulla fiducia e la popolarità di un attore politico. E’ proprio con il termine trust che
viene delineata la personalizzazione della politica.
Il rapporto con la società e gli elettori avviene sempre più attraverso i media e il marketing politico. In altri
termini, i partiti si allontanano dalla società e parallelamente si leaderizzano trasformandosi in comitati al
servizio di un leader che sviluppa il rapporto con i cittadini e la società servendosi dei media e delle tecniche
di marketing politico-elettorale.

Quadrante in alto a destra(AGENDA-REPRESENTATION)


Nel primo quadrante è delineato il ricorso al sondaggio durante una campagna elettorale, per raccogliere e di
conseguenza provare a rappresentare tutta quella schiera di interessi presenti nella società.
Nel processo di agenda building, gli attori politici sono costretti a dare rilevanza ad alcune questioni,
escludendone delle altre.
Una prassi, questa, che non avrebbe avuto bisogno del ricorso allo strumento del sondaggio in una fase
storica caratterizzata dalla centralità del voto di appartenenza. Ossia quel voto in cui l’elettore esprime
semplicemente la condivisione di una visione del mondo espressa da quel partito dal quale non solo sente di
essere rappresentato, ma al quale di appartenere.
Tuttavia, con la progressiva erosione del voto di appartenenza, i programmi elettorali tendono sempre meno
ad essere frutto di una determinata visione del mondo per seguire le esigenze degli elettori. Mentre in
passato la costruzione di un programma elettorale rappresentava l’esito di una dialettica interna al partito,
questa ora è sempre più influenzata dalla lettura dei sondaggi.
Conoscere le opinioni dei cittadini significa vagliare singolarmente le loro ideologie e accumularle in un
gruppo di idee distinte tra le quali scegliere quelle che verranno rappresentate.

Quadrante in basso a destra(CHARISMA-LEADERSHIP)


In questo quadrante è rappresentato il caso di sondaggi intenti a rilevare il livello di popolarità e fiducia
negli attori politici nell’imminenza di un appuntamento elettorale.
I sondaggi in questo caso tendono a funzionare come degli strumenti grazie ai quali incoronare un
determinato leader politico, escludendone degli altri.
E’ con Max Weber che la parola carisma assume il significato di quella serie di attributi e qualità innate che
danno ad un “attore A” la guida di un “gruppo di attori”.
Il carisma, però, nel caso odierno, quindi, non è una pre-condizione, una qualità innata, ma una conseguenza
della popolarità del leader riscontrata tramite sondaggio.

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A ciò si aggiunge che, nell’odierna società del rischio (Beck), in cui catastrofi naturali e crisi economiche
sono sempre più ricorrenti, si sta determinando la normalizzazione di quegli stati di insicurezza e di ansia in
risposta ai quali il carismatico è visto come salvatore.

Quadrante in basso a sinistra(CONSENSUS-AUTHORITY)


Questo quadrante, riferito ai presidenti e alle istituzioni di governo, è evidenziata la modalità secondo la
quale lo strumento del sondaggio è in grado di influenzare l’autorità posseduta da uno o più attori
governativi. Autorità, in questo caso, nel senso del riconoscimento da parte dell’opinione pubblica della
capacità operativa di un potere pubblico.
Pertanto strettamente collegata alla nozione di consenso, inteso come approvazione nei confronti
dell’operato quotidiano delle istituzioni di governo,
La presenza dei sondaggi quotidiani con i quali monitorare il livello di popolarità e fiducia nelle istituzioni e
negli attori politici ha permesso di giudicare l’operato dei decisori pubblici. Anche in questo caso, il
sondaggio diviene il mezzo in grado di condizionare, fino anche a stravolgere, la relazione tra le nozioni di
autorità e consenso. Con la mediazione del sondaggio, infatti, l’autorità non è più precondizione del
consenso politico, ma la conseguenza.

Quadrante in alto a sinistra(POLICY-DECISION)


In questo quadrante ci si riferisce ai sondaggi d’opinione nei quali, i cittadini, esprimendo le loro preferenze,
tendono ad influenzare tutte le fasi del policy cycle.
Il costante scrutinio delle decisioni dei cittadini ha permesso di poter testare continuamente il grado di
approvazione riguardo i propri progetti di policy persino ancora prima la loro formulazione nelle sedi
istituzionali.
Mentre per alcuni questa tendenza è considerata degenerativa, per altri la centralità del sondaggio non può
che accorciare la distanza tra rappresentati e rappresentanti con un elevato potenziale democratico.

Conclusioni
In via generale, la sovrapposizione delle logiche di mercato alla sfera della politica ha reso sempre più
necessario il ricorso allo strumento del sondaggio per operare al meglio il posizionamento di candidati,
partiti politici e decisori pubblici nella direzione delle preferenze dei cittadini.
Questo strumento, vede però come suo contraltare il rischio di una eccessiva dipendenza dagli sbalzi
d’umore dell’opinione pubblica assecondata quotidianamente.

POLLING 2

La nascita dei sondaggi viene collocata nel 1936, quando George


Gallup lanciò e vinse la sfida contro i voti di paglia (straw polls)
del Literary Digest, la rivista che aveva realizzato le previsioni in
occasione delle tornate elettorali presidenziali americane. Il
termine straw vote o straw poll faceva riferimento ad un detto
popolare; esattamente come la paglia lasciata cadere indica dove
soffia il vento, così questi sondaggi colgono la direzione del vento
dell’opinione.
La parola inglese poll riflette la connessione con il meccanismo
elettorale e il valore simbolico dei seggi, sottolineando la natura
ugualitaria della procedura. I sostantivi europei per sondaggi di opinione derivano dalla parola sondare, vale
a dire esplorare con una sonda, per analizzare sotto la superficie ciò che non è immediatamente visibile.
In questo senso figurato il termine definisce una tecnica, accurata ed affidabile, per far emergere pensieri ed
opinioni. Al valore simbolico, si aggiunge quello scientifico, basato sull’applicazione del principio della
rappresentatività statistica all’analisi dell’opinione pubblica.

Gli Assi
L’asse orizzontale rappresenta la tensione alla base del concetto di opinione pubblica, intesa come pubblico
o insieme di pubblici.

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I sondaggi presuppongono la reductio ad unum del pubblico, inteso come un corpo unico fortemente
individualizzato al suo interno e in qualche modo ragionevole. Allo stesso tempo, le rilevazioni si fondano
sul principio della misurazione che impone di considerare il pubblico sulla base delle sotto-categorie che lo
compongono. Dunque, se i sondaggi presuppongono strutturalmente l’atomizzazione del pubblico, il loro
metodo si fonda sulla sua scomposizione e ricomposizione per classi.
I più utilizzati metodi di campionamento, infatti, presuppongono l’esistenza di categorie determinate,
attraverso cui le persone sono classificate, che funzionano come ancoraggio per l’analisi di medio e lungo
periodo delle opinioni.
L’asse verticale descrive il processo di istituzionalizzazione dell’uso dei sondaggi di opinione, dal mercato
al governo. I sondaggi sono stati introdotti negli Stati Uniti nelle pratiche di marketing, dove il rapido
consolidamento del loro uso si è legato direttamente all’emergere del mercato di massa.
In primo luogo, l’unificazione e il conseguente ampliamento del mercato avevano indebolito il rapporto
diretto tra produttori e consumatori, rendendo necessario elaborare nuove strategie per ripristinare questo
contatto. In secondo luogo, l’allargamento del pubblico aveva moltiplicato lo spettro dei bisogni potenziali
da soddisfare, e, di conseguenza, del numero di produttori, accrescendo la concorrenza. Parallelamente, la
diffusione delle comunicazioni di massa aveva contribuito a stimolare l’interesse per l’analisi dell’audience.
In questo quadro, i sondaggi si sono imposti come uno strumento particolarmente efficace per perseguire
l’obiettivo di trasformare il mercato di massa in un mercato orientato al consumatore.
I sondaggi di opinione traggono, dunque, la loro forza da questa capacità di penetrare nell’opinione pubblica
e, contemporaneamente, di rappresentare pubblicamente il popolo nel suo insieme. L’incrocio dei due assi
rappresenta la tensione su cui si fonda il concetto di sondocrazia, che si basa sull’uso dei sondaggi come
potente strumento di comunicazione e di governo.

Quadrante in basso a destra(INDIVIDUAL-OPINION)


In basso a destra si colloca il quadrante costitutivo dei sondaggi di opinione nel contesto della nascita delle
democrazie di massa, dove il popolo prende forma come un corpo unico, individualizzato al suo interno e
capace di esprimere opinioni. L’opinione pubblica diventa un attore politico, mancante però di una
definizione precisa, che i sondaggi contribuiscono a fissare nel dibattito pubblico, a partire da poche
caratteristiche.
La prima è l’universalità. Il pubblico sono i cittadini, rappresentati attraverso l’interrogazione di una parte di
essi, selezionati sulla base di un principio di casualità che attribuisce a tutti la stessa possibilità di essere
selezionati.
La seconda caratteristica è l’inclusività. L’opinione pubblica come prodotto dei sondaggi di opinione è
inclusiva, proprio perché nega le differenze. Tutte le opinioni sono equivalenti.
La terza è la razionalità individualistica, secondo cui gli individui sono sufficientemente razionali per
definire il proprio interesse e abbastanza informati da utilizzare le informazioni raccolte per valutare la
convenienza delle loro scelte in funzione di un interesse.
Quarta caratteristica è la misurabilità. I sondaggi, infatti, consentono di quantificare un oggetto altrimenti
inafferrabile.
Collegata alla misurabilità, infine, si colloca la credibilità. I sondaggi danno forza pubblica alla nozione di
opinione pubblica grazie alla credibilità innata e al valore simbolico dei numeri.

Quadrante in basso a sinistra(PARTY-POLICY)


Il passaggio dal concetto di people a quello di class descrive il trasferimento della logica del mercato alle
competizioni elettorali. L’opinione pubblica atomizzata lascia lo spazio ad un corpo diversificato al suo
interno, in cui gli individui sono classificati come appartenenti a categorie strutturali, come quelle socio-
economiche, a partire dalle quali seguire gli orientamenti di voto sul lungo periodo e le opinioni di breve
termine sui temi.
Attraverso i sondaggi, i partiti cercano di realizzare la più efficace strategia di stratificazione dell’audience,
in un contesto in cui si considera dominante il cosiddetto issue vote, voto tematico o d’opinione. Il concetto
di policy, è usato come sinonimo di tema o programma, come l’insieme delle politiche che i partiti si
impegnano a mettere in pratica una volta vinte le elezioni. I partiti ricorrono ai sondaggi per conoscere il
proprio elettorato ed individuare quello potenziale.

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Una volta individuati i problemi e i pubblici, i partiti possono mettere in pratica quella che Petrocick ha
chiamato strategia delle issue ownership, letteralmente “appropriazione del tema”, volta ad associare un
problema ad un partito, che si propone come il più credibile per affrontarla.

Quadrante in alto a sinistra(PRESIDENT-AGENDA)


Identificare i temi e rilevare il consenso su di essi sono alla base del successo dei sondaggi come strumento
di democrazia. I sondaggi d’opinione si sono presentati come lo strumento attraverso cui i cittadini potevano
per la prima volta esprimere le proprie opinioni e il consenso nei confronti degli eletti.
La presidenza americana rappresenta una caso emblematico, dove la natura monocratica del governo e
l’ampiezza del territorio incoraggiano la centralizzazione delle attività di rilevazione. I presidenti americani,
a partire da Franklin Roosevelt, si sono serviti dei sondaggi, valorizzando il doppio livello strategico delle
operazioni di rilevazione, quello simbolico collegato alla leaderhip e alla fiducia e quello connesso al policy-
making.
L’uso sistematico dei sondaggi a livello governativo ha una tradizione nella gestione della politica estera e
della sicurezza, soprattutto nei casi di interventi militari dove la valutazione del consenso della popolazione
diviene particolarmente sensibile.
Il consenso dei sondaggi ha un lato oscuro, che si manifesta attraverso due principali rischi. Da un lato, il
pericolo che la responsività dell’azione di governo tenda a rivolgersi alla maggioranza, come alibi per
ignorare altre forme di espressione d’opinione.
Dall’altro lato, lo slittamento della leadership alla followership dell’opinione pubblica può manifestare e
acuire la debolezza del governo.
La soluzione dei sondaggi deliberativi, che combina la possibilità di utilizzare i sondaggi come strumento di
governo attingendolo ad una opinione pubblica informata, risulta ancora troppo complessa e costosa.

Quadrante in alto a destra(LEADERSHIP-CHARISMA)


L’ultimo quadrante descrive il mutato rapporto tra leader e opinione pubblica nella cosiddetta “democrazia
del pubblico”. Il nuovo scenario è definito da due tendenze principali: la personalizzazione della politica e la
campagna permanente. Da un lato, il declino dei partiti crea un vuoto, che spinge verso una politica centrata
sul leader, dove i sondaggi d’opinione sono lo strumento principale su cui si basa la comunicazione tra
leader e cittadini. Dall’altro lato, la campagna permanente definisce la continuità su cui si basa questa
relazione.
La ragione principale del successo di questa strategia è l’implicita assunzione personale di responsabilità da
parte dei leader di fronte al popolo. Allo stesso tempo, la principale conseguenza della loro sovraesposizione
è il cortocircuito tra ruolo carismatico e istituzionale dei leader. I leader carismatici parlano al popolo nel
suo insieme, tendendo a perdere la connessione con circoscrizioni specifiche e alle aree dell’elettorato che
non sono conformi con la loro maggioranza. Il destinatario della comunicazione non è più l’elettore di
opinione, ma un elettore emotivo e orientato alla percezione più che alla conoscenza dei fenomeni.
Per questa ragione, la leadership populista costruisce più facilmente, e velocemente, il consenso elettorale,
ma ha maggior difficoltà a gestire il ruolo istituzionale, che implica decisioni orientate, che favoriscono
alcune categorie rispetto ad altre. Il successo di leader come Donald Trump negli Stati Uniti e Matteo
Salvini in Italia è anche un prodotto della prolungata sottovalutazione dell’importanza di consolidare una
strategia di contatto con l’opinione pubblica, rivolta a registrare gli umori diffusi e analizzare i bisogni
specifici.

DEMOCRACY
Vi sono innumerevoli definizioni di democrazia. La democrazia,
nata nelle polis greche, ha affrontato uno sviluppo tutt’altro che
lineare.
La definizione minima di democrazia è legata alla presenza di un
numero definito di elementi politico-istituzionali, che sono:
 Suffragio universale, maschile e femminile;
 Elezioni libere, competitive, ricorrenti e corrette;
 Più di un partito;
 Diverse, libere e alternative fonti di informazione.
Al venir meno anche di uno solo di questi aspetti non si è più in una

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democrazia.
Si incontra una prima tensione tra due dimensioni di democrazia, ovvero democrazia diretta e
democrazia rappresentativa.
La democrazia diretta coincide con la democrazia degli antichi, dove i cittadini prendevano parte alle
decisioni che riguardassero la polis. Istituti di democrazia, come i referendum, si sono mantenuti anche
nelle attuali democrazie.
La democrazia rappresentativa non comporta una partecipazione diretta dei cittadini, che sono invece
impegnati nella scelta dei rappresentanti attraverso il voto, delegando il potere decisionale.
Il significato dell’espressione “democrazia virtuale” è legato al percorso di espansione dei diritti dei
cittadini attraverso le nuove tecnologie.
Di recente, infatti, la democrazia virtuale ha cominciato a indicare il ruolo di internet.
Grazie alla velocità e alla diffusione dei circuiti elettronici, i processi democratici abbandonano i
condizionamenti e i limiti spaziotemporali del mondo fisico tradizionale, moltiplicandosi,
potenzialmente, all’infinito.
La democrazia elettronica consiste nell’uso delle nuove tecnologie della comunicazione per realizzare e
trasformare l’idea e la pratica della democrazia. Le nuove tecnologie vengono quindi considerate capaci
di inaugurare una nuova fase politica.
Molto spesso si è affermato un tentativo di intervento di digitalizzazione nelle pubbliche
amministrazioni, volto all’aumento dell’efficienza.
Un esempio è l’«electronic rulemaking» che si articola in tre momenti: annuncio, commento e
pubblicazione.
L'agenzia pubblica un avviso contenente sia una proposta di legge sia una spiegazione esplicativa
dell’azione normativa in esame. Il pubblico è poi invitato a inviare commenti e proposte via e-mail
durante un periodo di tempo determinato, di cui l'agenzia terrà conto nella versione finale del
provvedimento. Il procedimento intende così incrementare il coinvolgimento dei cittadini nella
definizione dell’azione amministrativa.
Significativo è stato anche l’uso degli open data, che hanno permesso ai cittadini di consultare
autonomamente l’andamento di lezioni e la situazione politica contemporanea; anche nel nostro paese
alcuni obblighi di pubblicazione portano le amministrazioni a rendere pubbliche e accessibili le banche
dati sulle loro attività.

Gli Assi
Uguaglianza e libertà sono i due poli che definiscono l’asse orizzontale. La volubilità insita nei due ideali è
tale da consentire di passare da un’interpretazione per la quale uguaglianza e libertà appaiono elementi
necessari l’una per l’altra, ad un’alternativa nella quale la prima è negazione della seconda.
Nella prima interpretazione, conseguenza logica è l’idea che nessun tipo di uguaglianza possa essere
realizzata senza una reale garanzia di libertà. Dal punto di vista filosofico, però, libertà si traduce con la
possibilità riconosciuta ad ognuno di sfruttare le proprie eterogenee dotazioni naturali. In questo caso,
quindi, nessun tipo di libertà può essere realizzato senza una reale garanzia di uguaglianza.
L’asse permette di distinguere quelle concezioni di democrazia fondate sul trattamento formalmente
egualitario dei propri cittadini e quelle concezioni che si pongono l’obbiettivo di una uguaglianza più
sostanziale.
Nell’asse verticale vi è la contrapposizione tra Stato e Società civile. Tale contrapposizione rileva una
contraddizione della democrazia, la quale è un sistema di Governo accentrato, legittimato però dalla
autonomia garantita alle sue componenti, fino alla massima frammentazione determinata dal riconoscimento
di una n-esima frazione di sovranità a ciascun individuo.
In democrazia non è lecito parlare di dominio dello Stato sulla Società civile, è giusto piuttosto sottolinearne
l’interdipendenza.

Quadrante in alto a destra(LIBERALISM-RULES)


In questo quadrante si presenta il modello democratico per eccellenza, la liberal-democrazia. L’enfasi è qui
posta sulla libertà individuale, interpretata nella sua accezione negativa, o protettiva, e garantita attraverso
l’utilizzo di leggi.
Il liberalismo riconosce all’individuo un valore in sé, indipendentemente dalla società e dallo Stato.

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La democrazia è quindi intesa come libertà negativa dei suoi cittadini, da distribuire in modo egualitario a
tutti, a dispetto della distribuzione di caratteristiche naturali che la assicurano solo ai più forti o agli
appartenenti alla maggioranza.
La libertà è prodotto del principio dell’isonomia, dell’uguale legge per tutti. E’ questa la condizione
necessaria per una legge che voglia mantenere la propria generalità e il proprio carattere protettivo per tutti.
Nelle democrazie moderne, tali funzioni sono svolte principalmente dalla Costituzione, che garantisce le
libertà fondamentali degli individui e definisce i limiti dell’azione governativa.

Quadrante in basso a destra(UTILITARIANISM-MARKET)


In questo quadrante vi è un’enfasi sul diritto di proprietà e sulla totale libertà di contratto. Coerentemente
ogni concezione anche minimamente paternalistica dello Stato viene rifiutata in quanto violazione dei diritti
individuali. Lo stato, inoltre, è ridotto necessariamente alla sua configurazione minima, chiamato ad
occuparsi esclusivamente della tutela dei contratti liberamente stipulati dagli individui evitando che i singoli
possano fare ricorso alla forza fisica.
Il mercato diviene l’unica fonte accettabile di giustizia. Esso è l’unica istituzione economica coerente con la
tutela della eguale libertà degli individui. In questo modo, la democrazia si ridefinisce secondo un’affinità
con l’utilitarismo, nella sua pretesa normativa di propendere per gli assetti sociali che massimizzano l’utilità
sociale. La tassazione e ogni sistema di redistribuzione è, invece, valutata alla stregua di una forma di lavoro
forzato, insopportabile coercizione per un individuo che si voglia libero.

Quadrante in alto a sinistra(SOCIALISM-WELFARE)


In questo quadrante si presenta il modello social-democratico in cui il compito di creare uguaglianza è
affidato allo Stato.
Conseguentemente, lo Stato, adotta la propria estensione massima.
Vengono adottate diverse strategie, tutte riassumibili nel welfare state. Si può andare dagli interventi di
redistribuzione più diretta, fino a più neutrali servizi pubblici nell’ambito della salute o dell’istruzione.

Quadrante in basso a sinistra(RADICALISM-EQUALITY)


Karl Marx considerava lo Stato come un insieme di apparati istituzionali intrinsecamente funzionali alla
classe dominante, cioè la borghesia. Più che una redistribuzione dei beni materiali da parte dello Stato, Marx
si augurava una sua estinzione, considerata la sua natura di sovrastruttura rispetto alla società.
Nel quadrante in basso a sinistra l’idea fondamentale è quella di dover andare oltre lo Stato per poter
concretizzare a pieno l’ideale egualitario e democratico. Tale necessità è avvertita dalle correnti teoriche
riassumibili in radicalismo, concetto centrale di questo quadrante. La società civile è chiamata a
riappropriarsi, tramite la partecipazione diretta, di un ruolo centrale per riequilibrare le asimmetrie.

POPULISM

Il populismo è un fenomeno politico che accetta come unica


legittimazione per l’esercizio del potere politico quello derivante dal
popolo, unico detentore di valori positivi. Il populismo costituisce una
dimensione della democrazia.
In questa matrice si parte innanzitutto dai due volti della democrazia
che qualsiasi movimento populista si trova ad affrontare: uno salvifico
ed uno pragmatico. Due concezioni opposte ma interdipendenti, e
strettamente collegate ai due possibili approcci del populismo alla
polity: quello comunitario e quello individualista.

Gli Assi
L’asse verticale sintetizza le due fasi principali del populismo democratico: quello della propaganda
(ideology) e quello del governo (government). Da una parte c’è il populismo che guarda alla democrazia
nella sua versione salvifica, una moderna ideologia che promette la salvezza attraverso il potere popolare.
Dall’altra parte un populismo che si afferma grazia ad una versione pragmatica della democrazia, facendo
cioè fronte pacificamente ai conflitti della società moderna tramite una serie di regole, e dunque, di
istituzioni.

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L’asse orizzontale riguarda, invece, l’opposizione classica alla quale è connesso l’ambito politico: quella tra
individuo (individual) e comunità (community). Si tratta dei valori democratici del neoliberismo che
guardano al popolo come ad un insieme di singoli individui, opposti a quelli neocomunitaristi dove è invece
la comunità a rappresentare, accanto al popolo, la vera anima del populismo.
Una contrapposizione, quella tra dimensione individualista e dimensione comunitaria, che costituisce anche
la base della distinzione idealtipica tra populismi più protestanti o più identitari.

Quadrante in alto a destra(REVOLUTION-CLASS)


Questo quadrante ritrae il populismo socio-economico, che esalta gli aspetti propagandistici ed ideologici. Il
popolo è visto come popolo-classe. Il termine classe si riferisce ad una parte limitata della popolazione, che
il populismo considera “sana”, le cui aspettative e diritti sono stati calpestati.
Ci si riferisce ai contadini, ai piccoli commercianti, ai piccoli industriali, ai veterani una volta rientrati in
patria dopo la guerra. Più in generale il termine classe è rivolto a tutti gli esclusi dai processi di
cambiamento sociale, dai processi di modernizzazione.
Questo è il quadrante del populismo storico, ad esempio di quello agrario russo e americano dove spesso lo
strumento è la rivoluzione, intesa come rottura contro il vecchio ordine politico.
Questi movimenti popolari o si esauriscono oppure arrivano al livello istituzionale trasformandosi in
nazionalismi.

Quadrante in basso a destra(ORDER-NATION)


In questo quadrante siamo ad un livello istituzionalizzato di populismo. In questo caso a prevalere è l’idea
del popolo come comunità di appartenenza, che incarna le caratteristiche di una determinata cultura politica
fondata sull’etnia dove conta innanzitutto il sentirsi parte di una nazione.
In questo caso, i populisti si appellano ad un popolo “unito”, in contrapposizione alle parti o fazioni che lo
dividono. L’unità di cui il popolo va alla ricerca implica una sorta di comunitarismo che si oppone
all’individualismo. L’unità collettiva del popolo si appone ai nemici che minacciano tale unità, portando ad
una difesa che sfocia nel nazionalismo. Lo strumento dell’ordine pubblico consente di garantire il
funzionamento di un sistema politico basato sui principi dell’unità di una nazione.

Quadrante in basso a sinistra(DECISION-LEADERSHIP)


In questo quadrante restiamo ad un livello istituzionalizzato di populismo. Qui, però, il populismo si
prefigge di salvaguardare i valori e i diritti dell’individuo, proteggendoli dai soprusi dell’establishment del
governo.
Lo strumento della decisione passa alle mani della leadership, unica depositaria della volontà popolare in
grado di ridurre la complessità istituzionale.
Il passaggio da un populismo prevalentemente di protesta verso un populismo che governa può essere
garantito solo dalla figura del leader che si immedesima nel popolo.
I venti anni del leader Berlusconi, sono, in questo quadrante, un esempio di quei casi in cui è fondamentale
la relazione di identità che si istituisce tra la persona del leader e il progetto di rinnovamento che egli\ella
propone.

Quadrante in alto a sinistra(OPINION-MEDIA)


In questo quadrante siamo di fronte al tipo più nuovo di populismo, quello mediatico, detto anche
telepopulismo. Grazie ai diversi mezzi di comunicazione, il popolo viene a coincidere con il concetto di
opinione pubblica. E’ la dimensione individuale sulla quale si insiste in questo quadrante.
Qui il populismo è uno stile di comunicazione politica dove i media favoriscono l’ascesa di motivi populisti
proprio per la naturale predisposizione del linguaggio mediatico, semplice e chiarificatore, fino
all’esasperazione delle issues più critiche.
In questo modo, è molto facile innescare meccanismi di spettacolarizzazione della politica che, favoriti dal
meccanismo elettorale, danno luogo al cosiddetto fenomeno della videocrazia.
Nella sfera politica della rete ognuno vale uno (slogan di Grillo, definito web-populismo), contro ogni forma
di mediazione istituzionale. Un populismo partito dalla convinzione che la Rete potesse rivitalizzare
l’interesse e la partecipazione alla politica intesa, secondo l’accezione greca di polis, come luogo della
discussione e del pubblico dibattito tra cittadini realizzatosi, ad esempio, secondo l’esperienza dei cosiddetti
Meet-up.

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Conclusioni
Il popolo, cioè l’aggregato sociale sul quale il populismo costruisce il suo processo identitario, può essere di
volta in volta diverso. Vi è il popolo che deriva la sua sovranità dall’identificazione nel suo leader, il popolo-
classe nell’accezione socio-economica e il popolo-nazione in una prospettiva culturale.
Con l’affermazione dei mezzi di comunicazione di massa, occorre aggiungere però anche il popolo-
opinione, cioè quel popolo che è, incarna, l’opinione pubblica.

COMMUNITY

Una comunità è un gruppo di individui uniti dal sentimento di


appartenenza ad una entità più grande e dalla condivisione di una
identità collettiva. Tonnies definisce la comunità contrapponendola
alla società, dove “ognuno sta per conto proprio e in uno stato di
tensione contro tutti gli altri”. In una comunità la dimensione
solidaristica prevale sui calcoli utilitaristici perché le azioni degli
individui sono basate sulla comprensione, vale a dire su un
sentimento comune e reciproco. Weber definisce la comunità non
in base a quello che i suoi membri hanno/sono ma a come
interagiscono. La prospettiva adottata da Weber mette in luce
come l’organizzazione sociale non si riduca alla contrapposizione
tra società e comunità proposta da Tonnies, ma sia la risultante della compresenza ed intreccio di relazioni
comunitarie ed associative, La definizione di società come insieme di interazioni basate sul senso di
appartenenza richiama la parola latina communitas, che in latino assume il significato di obbligo reciproco
di donazione. Mauss, sottolinea come lo scambio costituisca un meccanismo finalizzato al consolidamento
dei legami e della solidarietà all’interno di una comunità.

Gli Assi
L’asse verticale indica il grado di istituzionalizzazione della comunità, qualificato in base alla tipologia dei
rituali eseguiti. Le comunità vanno da un minimo ad un massimo di istituzionalizzazione. Con il termine
istituzionalizzazione intendiamo il processo di creazione di norme e valori che agiscono su coloro che le
hanno create.
Secondo Durkheim, il rituale sociale costituisce un elemento fondante di ogni comunità. L’autore individua
tre elementi costitutivi di ogni rituale: 1) la presenza di un gruppo di individui nello stesso luogo che
condividono consapevolmente; 2) il medesimo stato emotivo; 3) lo stesso focus di attenzione, cioè un
oggetto che viene considerato sacro. La sacralità è un attributo che non deriva da una proprietà intrinseca
dell’oggetto, ma dal suo rappresentare un’entità superiore all’individuo: la collettività.
Sull’asse orizziontale viene invece descritta la vicinanza/lontananza dallo Stato: alcune comunità sono più
autonome dallo stato di altre. Tuttavia, il concetto di comunità non è così distante dall’ambito delle attività
statuali. Anzi, gli stessi Stati diventano, in particolari circostanze, membri di comunità politiche.

Quadrante in alto a destra(RELIGION-RULES)


Questo quadrante ritrae una delle più antiche espressioni della vita comunitaria: le comunità religiose.
Risultato dell’incrocio di autonomy ed institution, questa comunità mira ad un distacco totale dalle
istituzioni, talvolta addirittura di tipo fisico, e una forte istituzionalizzazione.
Si pensi al monachesimo, quel complesso fenomeno religioso per cui, nelle maggiori religioni, alcuni
individui si allontanano dalla consueta vita sociale per realizzare nel modo più completo i principi della fede
in vita solitaria (anacoretismo) o in vita di comunità (cenobitismo). L’abate, a cui i monaci fanno voto di
obbedienza, costituisce il vertice dell’amministrazione.
La vita monastica si fonda sull’amore fraterno e sulla reciproca solidarietà ma anche sul rispetto di regole
precise che rafforzano la dimensione comunitaria.
L’ordine si fonda su due fasi di creazione:
- FASE DISTRUTTIVA, in cui l’intuizione e il carisma del fondatore si manifestano nella distruzione dei
legami con la società;
- FASE COSTRUTTIVA/FONDATIVA, che si basa sulla costruzione di un senso identitario e su un

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processo di aggregazione che ha come risultato la nascita di una nuova comunità.

Quadrante in alto a sinistra(GOVERNMENT-WELFARE)


In questo quadrante ci si sofferma su come anche gli Stati possono unirsi in comunità, a livello
internazionale, quando sono fissati accordi per specifici fini politici, economici o militari, o anche a livello
sovranazionale quando la loro unione implica cessioni volontarie di sovranità da unità nazionali verso unità
superiori.
Le prime organizzazioni internazionali risalgono a fine 800 quando alcuni Stati decisero di gestire
collettivamente alcune problematiche di carattere transnazionale (welfare) quali, ad esempio, i servizi postali
e la regolamentazione dell’uso dei corsi d’acqua internazionali.
Oggi ne esistono più di 400, alcune a carattere sovranazionale; altre a carattere regionale; alcune si occupano
di materie ben definite e delimitare (come la Nato); altre, come l’ONU, vantano competenze generali.
Adottando una prospettiva weberiana possono essere considerate come un insieme di relazioni che
presentano sia tratti comunitari (solidaristici) sia tratti associativi (utilitaristici).
Un altro aspetto caratterizzate di queste comunità è la consensualità, in quanto l’appartenenza a queste
comunità è frutto della libera scelta del singolo e non potrebbe essere altrimenti dal momento che i membri
sono Stati sovrani.
All’origine di ognuna di esse, quindi, ci sono scopi politici ma anche un senso di comunità ed appartenenza.
La dimensione comunitaria delle organizzazioni internazionali risulta particolarmente evidente se si prende
in esame il caso della Comunità Economica Europea. La scelta degli Stati fondatori di utilizzare il termine
comunità lascia ipotizzare che alla base della costruzione europea non vi siano solamente calcoli utilitaristici
ma anche un sentire comune, un senso di appartenenza derivante dalla consapevolezza di condividere una
cultura e una storia comuni.

Quadrante in basso a sinistra(POLICY-TRUST)


In questo quadrante viene affrontato il tema di come le politiche pubbliche vengono definite e prodotte.
Il policy-making viene descritto da molti autori attraverso la metafora della rete e definito come un insieme
di relazioni relativamente stabili, di natura non gerarchica e di interdipendenza che mettono insieme una
varietà di attori i quali condividono interessi comuni con riferimento alle politiche, scambiano risorse per
soddisfare comuni interessi e riconoscono che la cooperazione è il modo migliore per raggiungere le loro
finalità. La cooperazione, a sua volta, può avvenire unicamente in un contesto dominato dalla fiducia. La
fiducia è l’elemento cruciale che distingue la rete.

Quadrante in basso a destra(MEDIA-OPINION)


L’irrompere delle nuove tecnologie e dei nuovi media nelle vite di miliardi di persone sta trasformando i la
natura e i ritmi delle interazioni sociali, aprendo lo spazio ad un nuovo tipo di comunità: quella virtuale.
Spesso i membri dei gruppi che si formano online si conoscono in rete, hanno status sociali diversi, vivono
in luoghi anche molto distanti e non si incontreranno mai fisicamente. In questi casi il criterio di
aggregazione può essere costituito dalla condivisione di un interesse o di un’opinione che può variare dalla
passione per una celebrità, come nel caso delle fan communities, al reciproco sostegno psicologico, fino
all’impegno politico e alla contestazione. Tra i componenti dei gruppi online si formano legami deboli,
basati sullo scambio di informazioni, in cui la dimensione emotiva è assente. Tuttavia, con il trascorrere del
tempo tendono a formarsi anche legami forti, caratterizzati da senso di appartenenza, identità collettiva.
La contrapposizione tra comunità reali e virtuali è fuorviante in quanto tutte le comunità sono “immaginate”,
costruite socialmente attraverso la condivisione di linguaggio, cultura, simboli e riti portatori di un
significato speciale per i membri. La peculiarità delle comunità virtuali è che le nuove tecnologie
permettono di essere sempre connessi e presenti a tali comunità, al tal punto che Chayko le definisce
portable communities.

PARTICIPATION

La partecipazione politica rappresenta la via attraverso la quale


individui e pubblico esprimono i loro punti di vista.

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L’intreccio tra democrazia e partecipazione politica è strettissimo: presenza e qualità dell’una incidono
spesso su quelle dell’altra e viceversa.
Le definizioni di partecipazione politica abbondano. Due sono le letture principali del concetto.
La prima è una lettura ristretta che tende a limitare la partecipazione politica ad alcuni tipi di azione, in
particolare quelle volte a influenzare le decisioni, il policy-making, l’azione di governo.
La seconda interpretazione di partecipazione è più ampia e considera una serie di attività legate alla vita
politica mirate al coinvolgimento del soggetto nel sistema politico a vari livelli di attività, dal disinteresse
totale alla titolarità di una carica politica. Le due letture del concetto rimandano alla distinzione tra
partecipazione strumentale-efficiente e partecipazione espressivo-simbolica.
Emergono quattro macro prospettive. La prima prospettiva riguarda l’intensità della partecipazione, ossia
quanto si partecipa. Si possono avere forme diverse che vanno dall’inazione al coinvolgimento poco intenso
(come ricevere volontariamente informazioni politiche), ad un livello intermedio di attivazione (come
partecipare ad una manifestazione di protesta).
La seconda prospettiva è quella relativa alle forme di partecipazione, ossia come si partecipa. E’ possibile
partecipare attraverso forme convenzionali e non. Questo dipende dalle dinamiche storiche e sociali.
La terza prospettiva è la selettività della partecipazione, ossia chi partecipa. La gran parte delle ricerche
mostra come la partecipazione dipenda da importanti fattori, tra cui lo status socio-economico e il grado di
istruzione.
Infine, la quarta prospettiva è costituita dalle motivazioni della partecipazione, ossia perché si partecipa. Si
distinguono qui, di nuovo, le ragioni di tipo strumentale e quelle di tipo espressivo.

Gli Assi
Gli assi rispettivamente orizzontale e verticale rappresentano il passaggio dall’individuale al collettivo e dal
sociale all’istituzionale.
L’asse orizzontale vede ad un estremo il singolo individuo, titolare di diritti, mezzi e risorse personali,
nonché portatore di appartenenze e identità. All’altro estremo si hanno aggregati organizzati che agiscono
collettivamente. A mano a mano che ci si sposta dall’uno all’altro estremo cambiano le risorse finanziarie,
conoscitive, organizzative, ma cambia anche la posizione più o meno strategica nella società civile o nelle
istituzioni, la quale consente di avere maggiore o minore accesso ad informazioni e ai canali stessi di
partecipazione.
L’asse verticale rappresenta il legame tra la società civile e le istituzioni.
La società è il luogo in cui nascono conflitti economici e sociali, che vengono poi incanalati, attraverso le
diverse forme di partecipazione, verso la sfera istituzionale. Questo collegamento è reso possibile dal
superamento di 4 soglie istituzionali (Rokkan):

 Legittimazione;
 Incorporazione;
 Rappresentanza;
 Potere esecutivo.

Quadrante in alto a sinistra(CITIZEN-ELECTION)


Una delle principali forme di partecipazione politica è la partecipazione elettorale, anche se, non l’unica. Il
voto rappresenta la modalità più classica e diffusa a disposizione del cittadino per esprimere le proprie
preferenze politiche. Il non voto, o astensionismo, può essere interpretato come forma di apatia, o forma di
protesta, e dunque, di partecipazione indiretta. Il tasso di partecipazione elettorale è considerato l’indicatore
dello stato di salute delle democrazie.

Quadrante in alto a destra(ELITE-COALITION)


Questo quadrante fa riferimento alla partecipazione all’interno della sfera istituzionale del sistema politico.
In primo luogo i partiti, ma anche i sindacati e i gruppi di pressione in generale, fanno da controllori per la
maggior parte delle risorse istituzionali e competono tra loro attraverso la formazione di coalizioni più o
meno palesi, finalizzate al mantenimento della loro posizione privilegiata nelle dinamiche partecipative. In
questo quadrante riscontriamo la tendenza da parte di sindacati a privilegiare gli interessi di una èlite,
categoria o di un settore rispetto a quelli nazionali o comunque più generali.

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Quadrante in basso a sinistra(MEDIA-OPINION)
I mass media sono il canale principale attraverso il quale le opinioni possono essere espresse, ma allo stesso
tempo possono essere da questi influenzate.
La partecipazione digitale non si limita solo a dibattiti politici, ma si estende anche a forme decisionali ed
elettorali.
Il singolo cittadino è spinto alla partecipazione senza mediazione di soggetti collettivi, permettendo anche la
diffusione di sistemi di controllo del potere come la monitory democracy (monitoraggio della democrazia).

Quadrante in basso a destra(MOVEMENT-CONFLICT)


In questo quadrante si realizza la partecipazione politica organizzata di gruppi della società civile. Qui si
colloca il coinvolgimento politico intenso, poiché la partecipazione avviene su questioni e temi anche molto
conflittuali. Tale coinvolgimento si realizza attraverso forme radicali di mobilitazione di massa, tra cui, in
primis, i movimenti sociali. Naturalmente si possono collocare in questo quadrante anche forme meno
radicali, in particolare quelle che implicano la libera associazione di individui in gruppi più o meno
organizzati.
Con l’avvento delle forme digitali di partecipazione, la partecipazione movimentista e quella digitali si
combinano, sino a divenire esempi di una partecipazione politica attraverso “nuovi” movimenti sociali.

Conclusioni
La parte superiore della matrice delinea una partecipazione più convenzionale (elettorale attraverso partiti o
gruppi di pressione), mentre la parte inferiore rappresenta le forme meno convenzionali, più conflittuali
(attraverso i movimenti) o più nuove (con i media digitali) della partecipazione politica. Come la
democrazia, anche la partecipazione politica è in continua evoluzione.

COURT

Il concetto di corte si riferisce alla contrapposizione tra la priorità


della decisione politica e i limiti posti dal giudiziario sull’attività di
governo. Nei secoli, il ruolo delle corti si è modificato ed ampliato
assumendo una posizione sempre più centrale nell’arena politica.
Quest’evoluzione si è intensificata a partire dagli anni Ottanta
grazie al moltiplicarsi di decisioni politicamente rilevanti adottati
dalle corti alle spese di governi e parlamenti, processo anche noto
come giudiziarizzazione della politica.

Gli Assi
L’asse verticale fa riferimento al diverso livello di autonomia delle corti nel definire le regole del proprio
comportamento ed incidere nell’arena politica. Mentre nel primo caso la corte fa riferimento ad un corpo di
regole che vive in un ambiente normativo precostituito (rules) che informa e limita la loro azione, nel
secondo caso quest’ultima si manifesta in maniera più evidente (policy).
L’asse orizzontale prende in considerazione le principali funzioni esercitate dalle corti.
Esse sono chiamate sia a “rendere giustizia” (justice) che a svolgere funzioni di “dichiarare la legge” (law).
Nel primo caso, ci si riferisce al percorso comune a numerose società volto a realizzare istituzioni e
meccanismi tali da garantire, in caso di disputa, il ricorso a una terza parte, realizzando un meccanismo che
mira alla pacifica convivenza tra gli individui.
Nel secondo caso ci si riferisce all’attività giurisdizionale intesa come espressione dell’idea che la
protezione delle libertà dei cittadini non può essere in mani sicure se affidata esclusivamente ad istituzioni
politiche.

Quadrante in alto a sinistra(ORDER-MONARCHY)


Questo quadrante fotografa il ruolo delle corti all’interno di un sistema politico pre-democratico. Il potere
politico premoderno, coincide con il sovrano. L’affermarsi dell’assolutismo rafforza l’idea di
irresponsabilità e inviolabilità del Re, racchiuso nell’eloquente formula “il Re non può sbagliare”. Non è,
quindi, possibile assoggettarlo ad alcuna corte che possa giudicare le sue leggi (order).

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In questa fase la legge era da ritrovarsi nella società. Si parla infatti di leggi consuetudinarie, ovvero di leggi
da rinvenire nella tradizione. L’idea che la legge produca diritto si afferma solo a partire dal 1700. Il
passaggio, quindi, da diritto consuetudinario a legislazione creatrice di diritto è uno dei principali sviluppi
che ha segnato l’avvento della modernità.

Quadrante in alto a destra(RIGHTS-LEGISLATURE)


Il quadrante in alto a destra ci accompagna agli albori del parlamentarismo e coincide con la nascita dello
Stato moderno. La corte, qui, è il parlamento, uno strumento amministrativo e giudiziario della corona.
Il parlamento di questo periodo detiene non solo il potere legislativo ma anche quello giudiziario; ciò
comporta un forte arbitrio.
Con le battaglie portate avanti dal costituzionalismo si afferma gradualmente un “governo delle leggi”
contrapposto al “governo degli uomini”.
Si fa largo l’idea che per limitare davvero il potere e porre fine all’arbitrio bisognava cominciare
innanzitutto col dividerlo, per permettere la sottomissione dello stesso al diritto. (frammentazione del potere)

Quadrante in basso a destra(CONSTITUTION-ELITE)


In questo quadrante incontriamo una corte totalmente svincolata da poteri superiori (elite). Questo fenomeno
prende avvio negli Stati Uniti.
La presenza della corte si fa sempre più forte anche in ambito politico. essa è chiamata a risolvere questioni
che, normalmente, si sarebbero risolte in sede politica (es. leggi elettorali corte italiana). Questo fenomeno è
prettamente legato a partiti non disciplinati e coalizioni instabili, che aprono la strada a maggiori spazi di
manovra per le corti; queste, quindi, prendono parte al processo di policy making, non come enunciazione
della volontà dei legislatori, ma assolvendo una funzione normativa nuova e disapplicando norme
anticostituzionali.
Questo processo viene anche chiamato judical review, ovvero revisione giudiziaria.

Quadrante in basso a sinistra(CORRUPTION-MEDIA)


Qui la corte si distanzia nuovamente dal compito legislativo, dedicandosi alla sorveglianza meccanismi
democratici; in particolare, avviene il monitoraggio della condotta degli eletti. Questa funzione,
particolarmente acuita dopo gli anni 80, ha aperto una nuova via giudiziaria alla politica; la
criminalizzazione delle responsabilità politiche (corruption). In particolare, i tribunali si ritrovano a
perseguire esponenti politici o governi coinvolti in attività illecite; avviene, soprattutto negli ultimi anni, una
vera e propria interferenza esterna nell’establishment partitico e alle sue regole di comportamento.
L’azione penale condotta dalle corti è tanto più efficace grazie al supporto dei media e dell’opinione
pubblica che legittima la loro azione. Si realizza, quindi, una connessione tra potere mediatico e giudiziario
che Calise sintetizza nella formula del fattore M (media-magistratura), un connubio che aumenta la gravità e
la notiziabilità di scandali di potenziali casi di corruzione.

SOVEREIGNTY
La sovranità è un concetto fondante della modernità politica.
Sin dalle sue origini, la sovranità si caratterizza come un concetto
duale.
Essa si compone infatti di una dimensione esterna (sovranità come
indipendenza da poteri sovra-ordinati) e da una dimensione interna
(sovranità come potere assoluto sul proprio territorio e sui corpi
intermedi).
La battaglia per l’affermarsi della sovranità statale fu tanto politica e
militare quanto ideologica e culturale. Nel 1648 con il trattato di
Westphalia, il processo di affermazione della sovranità, può dirsi
concluso.
La nozione di sovranità appare connessa a quella di Stato, tanto che intensione ed estensione del conce3tto
di sovranità variano correlativamente al concetto di Stato.
Oggi, se si eccettuano alcune zone inabitate dell’Antartide, tutta la superficie terrestre è governata da Stati
sovrani.

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Accanto a questo formidabile successo assistiamo però ad una progressiva crisi del potere degli Stati. Essi
da una parte sembrano non essere più in grado di controllare forze economiche, culturali e sociali ormai
divenute globali, e dall’altra vedono la loro legittimità erosa da una nuova enfasi sui diritti degli individui. Si
fa dunque strada l’ipotesi che la sovranità, dopo aver raggiunto l’apice, sia ora destinata al declino.

Gli Assi
L’asse verticale della matrice è delimitato dai termini Stato e Crisi. Discutere di sovranità nell’era della
globalizzazione significa infatti discutere soprattutto della sua crisi, ovvero della crescente incapacità dello
Stato di mantenere ed esercitare efficacemente quel monopolio del potere politico così faticosamente
conquistato all’inizio dell’Era Moderna. La dimensione Stato-Crisi svela, inoltre, l’eterna contrapposizione
tra ideale e reale, tra norma astratta ed applicazione concreta.
Sull’asse orizzontale troviamo i concetti di Autorità e Potere. Questa coppia di termini serve soprattutto a
distinguere la dimensione esterna e quella interna della sovranità.
Se nella dimensione interna prevale la dimensione del potere, cioè dell’esercizio effettivo delle prerogative
sovrane, nella dimensione esterna a prevalere è la dimensione dell’autorità, cioè il riconoscimento giuridico
di alcuni privilegi in capo agli Stati da parte della comunità internazionale.
Mentre il potere dello Stato sui propri cittadini è supremo e non necessita di alcun tipo di riconoscimento da
parte di essi, nel sistema internazionale ciascuno Stato può affermare la propria identità e sovranità solo
attraverso il mutuo riconoscimento con gli altri.

Quadrante in alto a sinistra(WAR-NATION)


In questo quadrante viene rappresentata la dimensione “legale” della sovranità.
Qui la sovranità è ancora saldamente nelle mani degli Stati.
Se dal punto di vista politico possiamo parlare di un declino della sovranità statale, da un punto di vista più
strettamente legale, gli Stati sono ancora gli unici membri sovrani del sistema internazionale, gli unici, ad
esempio che possano diventare membri delle Nazioni Unite.
Segno inequivocabile della sovranità giuridica degli Stati è il monopolio statale sulla guerra. Sono ancora gli
Stati sovrani ad avere la responsabilità di difendere la sicurezza e l’indipendenza della nazione.
Trovandosi nella metà sinistra della matrice, questo termine è anche connotato dal termine autorità. La
sovranità legale non dipende dal suo effettivo esercizio, bensì dal riconoscimento da parte della comunità
internazionale della legittima autorità di uno Stato su un territorio definito. La realtà, però, non è sempre così
lineare. Il caso della Palestina, riconosciuta da 149 Paesi su 193, ed ammessa come Stato membro
all’Unesco ma non alle Nazioni Unite, è un esempio emblematico di come il concetto di sovranità rimanga
ancora altamente problematico.

Quadrante in alto a destra(ORDER-POLICE)


Questo quadrante presenta la dimensione “interna” o domestica della sovranità.
La funzione fondamentale dello Stato è infatti quella di preservare l’ordine domestico e di garantire la
sicurezza dei propri cittadini, legittimando così il monopolio dei mezzi di coercizione fisica. Ordine e
polizia, descrivono dunque l’obbiettivo e lo strumento della sovranità domestica. Rispetto all’asse
orizzontale Autorità-Potere, la dimensione domestica della sovranità è più vicina al concetto di potere. Ciò
che qui interessa maggiormente è, infatti, l’esercizio effettivo del potere sovrano piuttosto che il suo
riconoscimento come autorità legittima.
Questo aspetto risalta nei cosiddetti Paesi falliti. Tali Stati, pur riconosciuti come sovrani dalla comunità
internazionale, non sono in grado di esercitare alcun controllo sul proprio territorio o su parti di esso
(Somalia).

Quadrante in basso a sinistra(RIGHTS-INSTITUTION)


Questo quadrante rappresenta la crisi della dimensione wesphaliana della sovranità, che si riferisce al
principio di “non interferenza” tra gli Stati.
Tale crisi deriva dall’emergere di un consenso sempre più ampio sull’esistenza di norme superiori a quella
della non interferenza, e quindi in grado di giustificarne eventuali violazioni.
La formulazione più coerente di questo nuovo consenso è la “responsabilità a proteggere”, secondo la quale
laddove gli Stati sovrani non siano in grado di proteggere i diritti dei propri cittadini, tale responsabilità
passerebbe automaticamente alla comunità internazionale e alle sue istituzioni.

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Rimane da capire se l’emergere della dottrina dei diritti umani e della responsabilità a proteggere segni un
mutamento rilevante nell’ordine politico internazionale con la sostituzione graduale dell’essere umano allo
Stato come depositario di diritti, o se sia semplicemente una formula definita dalle grandi potenze per
giustificare le violazioni alla sovranità.

Quadrante in basso a destra(CAPITALISM-MARKET)


Questo quadrante rappresenta la sovranità
transnazionale.
Il mondo contemporaneo è attraversato da una situazione di “interdipendenza complessa”. Sui flussi
transnazionali gli Stati stessi non sono più in grado di esercitare un controllo efficace. I confini degli Stati
sono resi sempre più irrilevanti dall’aumento dei flussi transnazionali su cui gli Stati stessi non sono in grado
di esercitare controllo efficace. In generale, il numero di attività su cui gli Stati non riescono ad esercitare il
proprio controllo sono in costante aumento (capitale finanziario, inquinamento atmosferico, Bitcoin).
Con il termine Mercato e Capitalismo qui ci si riferisce alla dimensione socio-culturale della
globalizzazione, capace di diffondere idee e fenomeni creando dei veri e propri movimenti globali di
protesta e di opinione.
Questo processo, però, un prodotto degli Stati sovrani. Rimani infatti da dimostrare che i gli Stati sovrani
non siano diventati vittime di un mostro da essi stessi creato.

Conclusioni
Nonostante gli Stati sembrino ancora in grado di mantenere il monopolio della coercizione fisica nel proprio
territorio e sul riconoscimento giuridico internazionale, non vi è dubbio che, tanto il mercato globale quanto
le norme internazionali sul rispetto dei diritti umani, sembrano essere in grado di limitare il ruolo dello
Stato. Delle diverse dimensioni della sovranità analizzate (domestica, legale-internazionale, westphalina e
transnazionale) almeno due sembrano dunque attraversate da una crisi profonda. Tale crisi, però, non
rappresenta un fenomeno nuovo in quanto il monopolio della sovranità dello Stato moderno è stato più volte
contestato nel corso della Storia.

IMPERIALISM

La parola Imperialismo nasce a metà del diciannovesimo secolo tra


Francia e Gran Bretagna. Viene adoperato in senso polemico, dagli
oppositori di Napoleone III. Dal 1900 assume, una volta per tutte, una
connotazione negativa strettamente associata al periodo culminante
dell’espansionismo coloniale europeo. Il termine connota una forma di
dominio da parte di uno Stato, un popolo o una comunità su altri
popoli, Stati o territori da perpetrare per via diretta (principalmente,
ma non solo, attraverso lo strumento militare), o indiretta
(principalmente, ma non solo, attraverso mezzi di natura economica).

I due assi della matrice hanno due obbiettivi: il primo è delineare un


continuum temporale, per evidenziare lo sviluppo del termine in ambito storico, per poterlo accostare ad
esempi concreti. Il secondo fine è quello di distinguere le forme dirette ed indirette di imperialismo.

Gli Assi
I due assi della matrice definiscono gli strumenti e le motivazioni dell’imperialismo.
L’asse verticale Razzismo-Burocrazia si riferisce agli strumenti dell’imperialismo. Essi non costituiscono
due estremi escludenti, in quanto, in tutte le forme di imperialismo si riscontra la presenza di entrambi gli
elementi. Laddove il razzismo risulta essere il principale strumento di comando, il controllo è affidato alla
forza bruta, in quanto il dominato è completamente disumanizzato e trasformato in un essere inferiore (è il
caso, ad esempio, dei territori conquistati dalla Germania nazista). Quando invece è la burocrazia il mezzo
su cui si fa maggiore affidamento, si assiste ad un uso razionale degli strumenti amministrativi, che
applicano un tipo di violenza formale/legale.
L’asse orizzontale è invece l’asse delle motivazioni. Da un lato, ragioni di mercato,che possono
rappresentare l’interesse di alcuni soggetti che godono di accesso e influenza sul processo decisionale.
All’opposto, troviamo motivazioni ideologiche. In questo caso, l’espansione è compiuta in quanto il

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dominatore pretende di essere portatore di valori e identità universali da affermare sugli altri, o addirittura
ritiene che la propria sopravvivenza dipenda dalla conquista e dall’imposizione della propria egemonia.

Quadrante in alto a sinistra(COLONIALISM-ELITE)


Motivazioni economiche e una spiccata preferenza per l’uso del razzismo come strumento di dominio
individuano l’imperialismo nella sua forma più classica, ovvero il colonialismo europeo. Il colonialismo ha
implicato la conquista effettiva di territori attraverso l’uso della forza militare, è stato caratterizzato da un
grado di violenza elevato e ha spesso causato un alto numero di vittime tra le popolazioni conquistate. Ciò è
stato reso possibile, prima di tutto, attraverso lo strumento del razzismo, che ha permesso di disumanizzare
nell’immaginario collettivo i popoli dominati.
Esistono ovviamente importanti differenze tra i singoli colonialismi europei, anche se tutti caratterizzati
dall’uso, più o meno presente, della violenza. Alcuni studiosi vedevano nell’economia la causa prima del
colonialismo. In particolare, sono le élites al potere nei vari paesi europei a spingere verso la conquista.
Secondo questa prospettiva, non esiste una separazione tra grandi interessi economici e vertici politici, che
formano anzi un’unica èlite al potere.

Quadrante in basso a sinistra(CAPITALISM-OLIGARCHY)


In questo quadrante l’elemento centrale è la motivazione economica all’egemonia. Esiste una dimensione di
imperialismo economico e culturale nel modello capitalistico. A partire dagli anni ’60 del ventesimo secolo i
rapporti tra le aree più ricche e quelle più povere è stato spesso caratterizzato dall’uso di una dominazione
informale definita come neocolonialismo. A caratterizzare questa forma di egemonia sono l’uso limitato
della violenza fisica e la preferenza del controllo basato sull’uso della burocrazia. La ragione alla base di
questo neocolonialismo è da ricercarsi nelle motivazioni economiche, in quanto è proprio dallo sfruttamento
dei paesi del Sud che gli Stati del Nord fondano la propria ricchezza. Protagoniste di questa forma di
egemonia sono le oligarchie economico-politiche che si formano sia all’interno dei paesi sfruttatori sia dei
paesi sfruttati. Sono infatti gruppi di potere transnazionali, formati da dirigenti politici dei paesi sia del
centro che della periferia, a permettere l’instaurarsi di questa forma di imperialismo.

Quadrante in basso a destra(MARXISM-CLASS)


In apparente antitesi all’esperienza capitalista si trova la dottrina comunista e il suo fondamento teorico, il
marxismo. Le organizzazioni comuniste sono state spesso protagoniste delle lotte di liberazione dalla
dominazione coloniale in tutto il Terzo Mondo. Tuttavia, il portato ideologico del marxismo, che al pari del
capitalismo pretende essere un sistema universale, fa sì che questo possa rientrare nella categoria degli
imperialismi, sia a livello ideale che per quanto riguarda le esperienze storiche concrete.
A livello sociale, la dottrina marxista è implicitamente espansionista, in quanto propone un modello
rivoluzionario di organizzazione economica che la classe proletaria deve imporre all’interno del proprio
Stato.
La spinta all’imposizione dell’egemonia di una classe sociale su tutte le altre a livello mondiale, è dunque di
carattere egemonico.
A livello storico si può distinguere tra un imperialismo marxista “delle origini” e quello successivo, legato
alla nascita dell’Unione Sovietica, che faceva del marxismo la propria dottrina di Stato. L’Urss ha imposto
un sistema di accordi informali, pressioni di varia forma e interventi mirati, che fanno rientrare pienamente
l’operato sovietico nella categoria dell’imperialismo.

Quadrante in alto a destra(TOTALITARIANISM-NATION)


Questo quadrante corrisponde a quello che la Arendt ha chiamato l’Imperialismo continentale.
Questa forma di imperialismo è caratterizzata da un elevatissimo grado di violenza, in quanto lo strumento
utilizzato è il razzismo, e le motivazioni che spingono all’espansione sono di natura principalmente
ideologica.
La sua forma storica maggiormente compiuta è rappresentata dalle conquiste della Germania nazista.
L’opera di disumanizzazione del conquistato attraverso l’utilizzo del razzismo è qui spinta alle sue estreme
conseguenze.
A differenza del marxismo, il totalitarismo, è forza rivoluzionari che individua una Nazione, e non una
Classe, come dominante e destinata a sottomettere gli altri popoli inferiori.

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IL PRINCIPE DIGITALE
Introduzione: La personalizzazione delle masse
La personalizzazione delle masse è un fenomeno che non sarebbe stato possibile senza l’avvento del web,
una rivoluzione tecnologica paragonabile solo a quella della stampa, ma con alcune differenze, in particolare
in termini di tempo, numeri e uso in generale. La stampa per affermarsi completamente ha necessitato di
secoli, il fenomeno web esplode in un decennio e arriva a coinvolgere oggi 4 miliardi di persone. Si è avuto
il passaggio dalla connectedness, che indicava semplicemente l’essere connessi in termini relazionali, alla
connectivity, con un’accezione puramente quantitativa e strettamente legata al network, a ciò che è
misurabile, a scapito della qualità delle relazioni stesse. Il numero dei follower, la likability, più sono alte
queste cifre, più l’individuo è socialmente desiderabile in quanto in grado di generare profitti e consensi,
raggiungendo pubblici più ampi.
La personalizzazione garantita dal web genera effetti in tutti gli ambiti della vita sociale, dalla finanza alle
relazioni interpersonali alla politica. La nuova fase politica dunque, è caratterizzata da un profondo
individualismo che vede i corpi collettivi come i partiti ed il Parlamento, esercitare un potere impersonale, a
vantaggio di una figura che avrà un ruolo chiave nella democrazia virtuale: il leader personalizzato. Anche
in questo caso al centro c’è la persona stessa, che effettua una sintesi sia del suo essere pubblico che privato,
confondendo le due sfere. Anche in Italia, considerato un paese partitico per eccellenza, questa evidenza è
tale con il fenomeno della spettacolarizzazione di Berlusconi.
Un’altra novità è che grazie al digitale, i leader politici entrano in contatto diretto con i cittadini,
comunicano con loro tramite le nuove tecnologie, costruiscono i loro consensi ed è proprio attraverso queste
innovazioni che i loro consensi possono andare distrutti con un semplice click. A caratterizzare questa
dialettica di consensi c’è uno strumento che diventerà tanto fondamentale quanto un’ossessione: il
sondaggio d’opinione, che con il digitale vede un’evoluzione tale da permettere a chi è al potere di sapere in
tempo reale cosa i cittadini pensano su di loro.
Il web è effettivamente uno spiraglio di nuova democrazia, quella elettronica, che promette di ridare lo
scettro nelle mani del principe cittadino, ovviamente non senza risvolti. Cresce la partecipazione diretta,
l’interattività, e al contempo cresce la capacità di controllo sui cittadini stessi. Ciò è reso possibile dalla
profilazione garantita dalle piattaforme digitali che danno la possibilità di monitorare i comportamenti
politici e non, scomporli quantitativamente, quantificarli tramite tecniche statistiche e di analisi sofisticate e,
ovviamente, manipolati e influenzati. Internet dà la possibilità ad ogni leader di creare contenuti altamente
personalizzati, così da indirizzarli direttamente ai diretti interessati, anche in maniera individuale, in base
alle preferenze personali del singolo cittadino.

Capitolo 1: L’opinione privatizzata


I partiti digitali fanno del nuovo oro nero, i dati degli utenti della rete, un importante e imprescindibile
strumento. Ognuno di noi passa ore ed ore dislocato tra varie piattaforme social e tutto ciò che facciamo,
viene accuratamente tracciato, registrato e archiviato in appositi database. Lo scopo principale è ovviamente
quello commerciale.
Quando si passa dal mercato delle merci a quello delle idee però, come nel caso della politica e delle
opinioni individuali, il problema è che ciò che il cittadino della rete fa in modo quasi automatico (click,
scrollare le pagine, mettere like…) diventa determinante per la costruzione dell’opinione pubblica.
Il cittadino della rete effettua scelte che sempre di più non riguardano il benessere della società, bensì
sempre più individualiste e senza tener conto delle conseguenze che ciò avrà sul tessuto sociale. Il tutto, è
aggravato dal fatto che il cittadino medio non è ben informato, è informato troppo e male, non ha sufficienti
conoscenze politiche per prendere decisioni realmente democratiche.
Il digitale allora va a creare una nuova opinione, privatizzata. L’opinione privatizzata ha due punti deboli:
l’eterodirezione, dove l’individuo si vede privato della capacità di razionalizzazione, per cui le sue scelte
sono totalmente influenzate da altri, fenomeno che si accentua data l’incredibile mole informazioni ai quali
esso ha accesso grazie al web. Un effetto secondario del web è che, andando a mostrare soltanto quanto
vuole che l’individuo veda, questi si vede ricacciato in un micro universo a sé congeniale, le cosiddette echo
chambers, dove in realtà il confronto e il dibattito pluralista scompaiono, non ci sono molteplicità di visioni.

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Il secondo punto di debolezza è la privatizzazione, sia delle opinioni che di tutto il resto. In pochissimi anni
la distinzione tra pubblico e privato scompare e viene riplasmata, e rispetto a prima dove si sceglieva quali
erano le poche cose private da mostrare in pubblico, si sceglie invece quali sono le poche parti da mantenere
private. Va considerato che la privatizzazione non riguarda solo i cittadini, ma anche i leader politici: in
Italia un esempio eclatante è Salvini con i suoi post “pane e nutella”, con la compagna e altro ancora.

Capitolo 2: La platform society


Inizialmente il network ha visto la nascita di comunità digitali dove la maggior parte degli individui si
connetteva secondo la condivisione di valori, ideologie e idee comuni. In pochissimo tempo però si avrà una
spinta individualista e paradossalmente, proprio con la nascita della piattaforme social e le capacità offerte
nel garantire all’individuo un’estensione relazionale praticamente illimitata. Quest’estensione dei rapporti
individuali è direttamente proporzionale alla riduzione della libertà e razionalità di pensiero individuale,
sempre più controllata, manipolata e centralizzata dalle Big Five. Queste enormi multinazionali è proprio
grazie all’uso dei dati e dei contenuti che l’individuo stesso produce e diffonde, che riescono a penetrare in
ogni sfera dell’esistenza, quotidianità compresa.

Capitolo 3: Giochi di guerra


Sulle piattaforme digitali la partita non si gioca solo tra individui, cittadini, leader politici e aziende. Su
queste infrastrutture si scontrano anche interi paesi e superpotenze, diventando una vera e propria arena di
battaglia dove si giocano guerre cibernetiche che mettono a repentaglio la sicurezza di ognuno di noi.
La prima guerra cibernetica “ufficiale” si ha nel 2007, quando l’Estonia viene attaccata dalla Russia,
considerata una delle protagonisti principali in queste battaglie digitali, in seguito alla rimozione di una
statua comunista da una piazza. Il Cremlino va a mettere fuori uso i server governativi ed economici del
paese. La Web War One e in generale le guerre cibernetiche si differenziano da quelle tradizionali:
apparentemente sono più silenziose e prive di spargimenti di sangue, ma con una portata ideologica e
spaziale globale. Interi paesi vengono messi in ginocchio senza violenza fisica.
le guerre cibernetiche non riguardano soltanto affari diplomatici, ma anche economici e in questo campo uno
dei combattenti più agguerriti è la Cina. Nel 2010 infatti, il Dragone (e si crede lo stato cinese stesso, data la
portata dell’operazione) viene accusato e sanzionato dagli USA per uno spionaggio sui cittadini e sulle
aziende americane, al fine di trarre informazioni a fini commerciali. Molto simile è il caso Huawei, che si
vedrà impossibilitata a vendere i suoi device in America dal 2018.
In politica, una delle cyberguerre più rilevanti è quella che ha visto Trump salire al potere nel 2016 e messa
in luce dall’operazione Russiagate. Si crede che la Russia possa aver favorito l’ex-presidente, manipolando
informazioni e bombardando i cittadini al fine di influenzare l’opinione pubblica.
In questa guerra, ma in generale in tutte le cyberguerre, non meno importanti sono i migliaia di bot fittizi e
profili fake sui social che giocano un ruolo importante di manifattura del consenso che con Trump si è
riversato in un forte effetto bandwagon (le persone fanno una cosa solo perché è fatta dalla maggioranza). In
più, si aggiungono tutte le fake news (i tweet di Trump falsi sono un esempio chiave e arrivano anche a
superare le notizie mainstream). . Un caso lampante di come le fake news possano incidere sull’opinione
pubblica si individua nel 2016 con il referendum sulla Brexit.
In Italia, l’elezione di Renzi e la rinascita della Lega di Salvini vengono viste come favoreggiate dal
rapporto con la Russia.

Capitolo 4: Gutenberg 2.0


Il web è caratterizzato da un’apparente libertà, le persone possono infatti esprimere le loro opinioni,
discutere, confrontarsi, imparare, conoscere. Il web rende possibile la democratizzazione del sapere e ciò è
paragonabile soltanto alla nascita della stampa nel 1492 ad opera di Gutenberg, con modalità e tempi però
profondamente diversi. Il libro per divenire uno strumento di conoscenza ha impiegato secoli, la censura e le
limitazioni tecnico-comunicative, la scarsa alfabetizzazione, sono tutti fattori che hanno ostacolato la sua
diffusione. Il culmine del libro si ha nel XX secolo ed è celebrato da McLuhan in “Galassia Gutenberg”.

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Il salto quantico del web come strumento di democratizzazione del sapere è dovuto in primis alla sua
multimedialità: non tutto è soltanto verbo impresso su carta, ma la varietà di formati di cui è composto
permette di comunicare in modo diverso e più immediato.
Questa rottura che vede il passaggio al multimediale ha tre grandi fondamenta: il Memex di Bush, il
concetto di Personal Computer di Brand (ideatore della celeberrima citazione “stay hungry, stay foolish”) e
l’asserzione “Medium is the message” di McLuhan, la quale simboleggia l’esplosione incontrollabile dei
mezzi di comunicazione fino al punto di arrivare ad essere più importanti dei contenuti e delle informazioni
stessi che veicolano.
Già tra gli anni Sessanta e Settanta in Francia, si comincia a parlare di un testo non lineare, la quale modalità
di lettura era scelta dal lettore stesso in base ad un punto di partenza che non coincide con l’inizio del testo
stesso. Nasce così il concetto di ipertesto, una galassia di significati senza né un inizio né una fine.
I testi in rete sono tutti connessi, ricchi, vedono l’unione di contenuti visivi e sonori: l’ipertesto digitale
acquisirà sin da subito un formato ipermediale.
Un’altra cosa che va considerata è la tempistica: se i vari media nel corso della storia si sono alternati ed
evoluti in diversi secoli, la rivoluzione digitale avviene nel corso di un solo decennio. E per quanto possano
essere negativi i pareri circa i cambiamenti da essa prodotti sull’individuo, sulla sua capacità di memoria, di
autonomia, razionalità e libertà, oggi è impossibile essere ciechi davanti a tutte le nuove opportunità che il
web offre.
Far sentire la propria voce non è più un privilegio, non ci sono prerequisiti sociali e politici per accedere e
partecipare al dibattito pubblico. Ciò ovviamente ha i suoi risvolti negativi, specialmente in politica: sono
pochi gli individui in grado di elaborare scelte ponderate e ciò ha un impatto enorme sullo sviluppo
dell’opinione pubblica e sul futuro della democrazia.

Capitolo 5: Democrazia virtuale


Diversamente da concetti fondamentali che hanno portato all’affermazione dell’individuo in quanto tale
come libertà, giustizia, uguaglianza, quello di democrazia è stato ed è ancora piuttosto solo un’idea.
La democrazia pare aver invertito il suo percorso: sta diventando meno democratica dovunque e a
confermarlo c’è l’estesa percezione di peggioramento in termini qualitativi.
Questo peggioramento di qualità è frutto innanzitutto di una perdita di importanza e di ruolo di quelli che
erano considerati i due principali attori democratici dal 1800 in poi: il Parlamento e i partiti di massa. La
crisi del Parlamento coincide paradossalmente con la sua espansione da organo il quale compito era quello
di organizzare e legittimare la volontà popolare, a macchina amministrativa.
Quando comincia a legiferare anche in settori non di sua diretta competenza come il welfare e l’istruzione, il
Parlamento diventa più invasivo ma al contempo meno reattivo.
Questa crisi non fa altro che accentuarsi con il deterioramento dei partiti, principale canale di comunicazione
e di espressione popolare. La crisi partitica si individua dal momento in cui i cartel party cominciano a
proliferare, con una sfiducia crescente da parte della società che notava un avvicinamento eccessivo dei
partiti alla macchina statale.
Ma la crisi partitica è anche interna: la personalizzazione dei leader e l’individualizzazione di massa giocano
un ruolo chiave.
In questo senso la democrazia diviene sempre più virtuale, dove con il termine ci si riferisce innanzitutto al
fatto che è limitata, fallimentare, non reale. Soltanto successivamente la parola coinciderà con il digitale. La
E-democracy vera e propria sarà quella che verrà in soccorso alla democrazia tradizionale garantendo una
maggiore partecipazione dei cittadini. In pratica, il digitale soccorre il reale.
Accanto al concetto di E-democracy, fondamentale è quello di E-participation, vista sia come strumento per
ampliare la partecipazione effettiva, sia come strumento decisionale utile a prendere decisioni in tempo
reale. La partecipazione elettronica mostra molte differenze rispetto a quella dell’agorà ateniese, innanzitutto
perché il numero di persone coinvolte è molto più elevato. La E-participation raggiunge il suo apice con
l’esplosione dei social network. Se inizialmente il coinvolgimento dei cittadini nelle pratiche dello Stato si
limitava a petizioni fatte in rete (la prima si ha in Scozia nel 2004 e il boom si ha tra il 2006 e il 2011, in
concomitanza a quello delle piattaforme social), sempre di più saranno anche il Parlamento e i singoli

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parlamentari e attori politici a stimolare la partecipazione del cittadino, anche nell’iter-legislativo (vedi
Movimento 5 Stelle e la Piattaforma Rousseau).
Di pari passo con lo sviluppo delle tecnologie va quello dell’E-government, un nuovo tipo di apparato
burocratico informatizzato apparentemente più trasparente e controllabile da parte dei cittadini. In America
si dispiega con il motto “work better, cost less” per indicare la nascita di una nuova macchina
amministrativa velocizzata, più economica ed efficiente. I governi sfruttando le tecnologie digitali possono
al contempo offrire servizi migliori ai cittadini e ottenere una maggiore partecipazione. Il risvolto negativo è
che arriveranno a pervadere ogni sfera dell’esistenza: la pervasività dei governi nelle vite dei cittadini pone i
primi allarmi per la loro natura antidemocratica.
Ciò accade in quanto inizialmente, quando il web muove i suoi primi passi vi è una centralizzazione delle
informazioni che va ad ampliare il potere degli stati, che va via via a diminuire con lo sviluppo di device
mobili e personali. Fino ad arrivare all’esplosione delle reti Wi-Fi e dei social media, che rompono i confini
spaziali e permettono ad ognuno di dire la propria.

Capitolo 6: Social Campaigning


Le nuove battaglie elettorali si giocano proprio in rete, su forum, blog, siti, ma in particolare sulle
piattaforme social. Oggi, è possibile parlare di opinione pubblica digitale e la campagna elettorale prende il
nome di social campaigning, la quale dimostra modalità e caratteri del tutto inediti e viene condotta con
strumenti tecnologici innovativi, che richiedono figure sempre più specializzate e professionali. Sono tre gli
aggettivi che la descrivono: personale, pervasiva, permanente.
Personale lo diventa a partire dagli anni Ottanta con il declino dei partiti di massa a favore di un
protagonismo tutto incentrato sul potenziale leader. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza i nuovi mezzi
di comunicazione. La chiave di svolta che rende tutto ciò possibile è il microtargeting, un insieme di
tecniche che consente ai candidati di differenziare messaggi politici e contenuti per gruppi di individui o,
addirittura, per singoli. Facebook, WhatsApp in primis consentono la creazione di relazioni a catena, per
raggiungere “gli amici degli amici”, che nel caso politico potrebbe significare anche arrivare ai
disaffezionati e gli indecisi. Così intere campagne si giocano proprio su queste piattaforme, come
dimostrano chiaramente le ultime elezioni in India che conoscono in WhatsApp un potente alleato.
Pervasiva si riferisce sia alla velocità che alla capillarità di diffusione che le campagne elettorali digitali
conoscono con i device personali. Se per tutto il Novecento i partiti di massa mirano a raccogliere le masse,
appunto, sfruttando ideologie forti e radicate, con il crollo del fascismo e la fine della Guerra Fredda, i partiti
si trasformano in contenitori ideologicamente vuoti il quale obiettivo diviene racimolare consensi, nascono
infatti i cosiddetti partiti pigliatutto. Con l’affermazione delle piattaforme social si afferma un ulteriore tipo
di partito, quello digitale, che opera veicolando messaggi non più alle masse, ma a gruppi o singoli individui
in maniera più rapida e pervasiva. La pervasività inoltre, richiede che i messaggi siano semplici, efficaci e
che colpiscano “dritto al cuore” di emozioni facilmente polarizzabili come la paura e la rabbia (vedi Salvini
e i messaggi contro gli immigrati).
Permanente significa che il candidato continua ad usare tecniche di comunicazione anche dopo essere stato
eletto, per costruire e organizzare l’azione di governo. Permanente significa anche che il rapporto tra
candidato (e leader) e cittadini deve essere continuamente rinvigorito e rafforzato, in quanto nella platform
society i legami si indeboliscono così facilmente come si vengono a creare. La campagna elettorale
utilizzerà il sondaggio di opinione e lo renderà strumento imprescindibile per la progettazione e
l’organizzazione delle attività.
In questo senso, va a nascere una vera e propria sondocrazia, dove il potere viene affidato ai sondaggi. Va
considerato però che questi sondaggi sono tutt’altro che democratici proprio perché l’opinione del cittadino
è influenzata fortemente dai messaggi e dai contenuti veicolati dai candidati stessi. Questi sondaggi sono
dunque illusori e spesso, coloro che vi partecipano lo fanno con poca attenzione, sono mal informati.
Appare chiara la lama a doppio taglio del sondaggio: i leader sono continuamente sottoposti al vaglio
mediatico dei cittadini, i quali con un click, possono cambiare le carte in tavola. E basta ancora meno per
fare confusione tra numeri reali e dati, come dimostra la poco saggia scelta di Salvini di rompere l’alleanza
di governo, confondendo le opinioni digitali con i seggi parlamentari reali.

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Capitolo 7: Partiti tra voice e exit
Gli individui possono reagire in modo diverso al peggioramento di un servizio: con il voice possono attuare
un atto di protesta che mira a “farsi sentire” al fine di ottenere cambiamenti, miglioramenti, in particolare se
c’è ancora fiducia nell’operato di chi quel servizio lo fornisce, oppure con l’exit, che prevede l’uscita o
meglio, l’allontanamento a favore di un’alternativa considerata la meno peggio. L’exit può anche prevedere
l’abbandono totale, come spesso accade in politica.
Le radici dell’exit si identificano nella crisi dei partiti di massa. I dati dimostrano che nel 1980 gli iscritti ai
partiti erano circa il 10%, per passare ad appena 4% nel 1990 e la tendenza va ancor di più a decrescere, e in
tutti i paesi europei: il partito si trasforma in un contenitore vuoto, partiti senza partigiani.
In Italia, ad esempio, da inizio 2000 al 2018 c’è stato un passaggio da un 93% ad un 73% circa, e il trend
pare non volersi arrestare. Oggi, metà dei cittadini credono che i partiti non servano più ed oltre un terzo non
sono più sicuri che la democrazia sia la scelta migliore.
In questo panorama di malcontento nuovi attori hanno tentato di emergere, presentandosi come difensori del
popolo contro le élites politiche ed economiche che siano: i partiti populisti. L’obiettivo principale è quello
di realizzare in maniera diretta ed immediata la volontà del popolo. I partiti populisti operano in modi
diversi, stimolando la partecipazione attiva e promuovendo ideologie comuni, oppure come nel caso di
quelli di destra, trovando il nemico in chi potrebbe minare l’interesse nazionale. Salvini e il suo “prima gli
italiani” e Trump con “America first” ne sono un perfetto esempio. Questa modalità operativa è resa
possibile dalla continua vulnerabilità ai quali i cittadini si sentono esposti (Torri Gemelle, Bataclan),
sentimento che viene trasformato dalle forze populiste di destra in una polarizzazione di rabbia, odio e
frustrazione, che si trasformano in attacco e chiusura verso lo straniero ma anche lo Stato, accusato di essere
incapace di dare sicurezza ai suoi cittadini.
La Lega è una perfetta sintesi di exit e voice: cavalcando i venti di protesta riesce a raggiungere anche i più
lontani e indignati dalla politica, trasformando rabbia e malcontento in consenso.
Oltre la Lega, un altro esempio è quello del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Grazie in particolare agli
strumenti tecnologici e al digitale, riesce a favorire una partecipazione in rete massiccia, e ciò lo si nota sin
dagli esordi. Il blog di Grillo nato nel 2005 propone un progetto innovativo di partecipazione che pone
l’accento sul singolo individuo, sulla sua volontà a le sue opinioni: non a caso lo slogan del Movimento sarà
“uno vale uno”. Questo approccio raggiunge il suo apice con la Piattaforma Rousseau nata nel 2016, il vero
e proprio sistema operativo del Movimento. Tramite essa potranno essere prese le decisioni più rilevanti
quali le candidature parlamentari, nonché le votazioni sull’espulsione di membri dal partito, fino ad arrivare
a proposte di leggi, commenti e aggiunte. Recenti indagini hanno evidenziato come i membri iscritti alla
Piattaforma Rousseau vengano schedati e monitorati, e al pari di qualsiasi piattaforma social soggetta ad
attacchi interni ed esterni che mirano alla privacy.

Capitolo 8: Autocrazia dei selfie


La soluzione all’exit di massa verso la politica e i partiti, viene individuata nel leader carismatico e nella
media logic, con la sua capacità personalizzante che gioca un ruolo chiave. Questo processo parte con la
televisione e continua, intensificandosi, con i media digitali. In Italia, la spettacolarizzazione di Berlusconi è
uno dei casi esemplari: il leader prima che essere un politico è un imprenditore proprietario di palinsesti
televisivi che, riesce a riprodurre mediaticamente il suo corpo viaggiando continuamente tra il mondo dello
spettacolo e quello della politica. Anche Renzi riceve lo scettro proprio dai suoi follower che gli
conferiranno uno dei successi più grandi della storia della Sinistra italiana: oltre il 40% dei consensi alle
elezioni europee. Renzi segna uno spartiacque rispetto a Berlusconi perché oltre alla televisione, usa anche
le allora nuove tecnologie digitali, promuovendo quella che viene definita la Repubblica dei Selfie: un
nuovo sistema politico dove alla capacità, si sostituisce la visibilità.
Una delle piattaforme privilegiate per la nuova stagione politica è Twitter, la quale piattaforma andrà a
diventare oltre che un canale di comunicazione, un’anticipazione dell’agenda politica di riferimento. Noti
sono i tweet del presidente Donald Trump (di cui tantissimi fake). Lo stesso Trump, ad esempio, affermerà

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su Twitter dell’esistenza di una possibilità concreta di scatenare una guerra contro l’Iran, oppure farà sapere
della ritirata degli USA dal trattato di Parigi dapprima sul social.
Oggi appare chiaro che affrontare la sfida politica prescindendo dai social e dal digitale è impossibile, è
necessario infatti raccoglierla e sfruttare le potenzialità che la rete offre per tentare di ridare in mano lo
scettro al cittadino.

Capitolo 9: The Machiavellian moment


Paradossalmente, dare lo scettro il mano al principe cittadino significa dare lo scettro in mano al nemico
della democrazia: il populismo, la parabola del popolo contro la democrazia. Per capire perché il populismo,
specialmente quello in rete, rappresenta una minaccia per la democrazia, è necessario scendere in profondità.
Il problema di come regolamentare oggi la rete è lo stesso che circa un secolo fa nasceva con la comparsa
del virus del libero scambio. Il liberismo conobbe un’enorme diffusione grazia alla Rivoluzione Industriale,
con il conseguente cambiamento negli stili di vita e nei consumi, e ovviamente, l’allargamento dei mercati e
la crescita del benessere. La differenza è che se allora mancava un consenso di massa verso tutti questi
cambiamenti, Internet ne ha potuto godere sin da subito grazie alla sua pervasività e rapidità. La Rivoluzione
Web è arrivata in un decennio a dare vita ad una nuova generazione: la generazione Z, che ragiona e
ragionerà in modo completamente diverso da quelle esistite fino ad oggi.
Emergono le nuove policy arenas, basate su scontri-lampo a breve termine incentrati su un impatto
simbolico enorme. Gli altri protagonisti di queste nuove battaglie, oltre ai leader veri e propri, saranno i
partiti cybercratici, che in realtà non si riveleranno altro che una sistematizzazione della figura del leader
stesso.
Va a mancare qualsiasi sorta di fisicità, la rete permette una partecipazione diretta e libera da parte di tutti e i
partiti digitali saranno definiti proprio dalla loro capacità di raggiungere in modo rapido ed essere presenti in
maniera pervasiva nell’esistenza dei loro seguaci, grazie a smartphone e dispositivi mobili in particolare. Il
risultato è che messaggi, iniziative, proposte, tutto si muoverà da una parte all’altra coinvolgendo un numero
di persone enorme. Così come Internet è caratterizzato dall’essere una moneta a due facce, una open e l’altra
closed, anche i partiti digitali, così come ogni oggetto della rete lo sono.
Il Movimento 5 Stelle è uno dei primi e più riusciti partiti digitali. Lo slogan “uno vale uno”, un invito al
popolo del web a far valere i propri diritti, non si rivela altro che una maschera utile a coprire un costrutto
verticistico.
Anche se l’operato del Movimento pretende di essere partecipativo e libero, in realtà pare recuperare e
rinnovare forme antiche di autorità, basate sulla leadership carismatica. In sintesi, la scena politica digitale è
caratterizzata da tre elementi: leader personalizzati, costruzione del consenso cybercratica (apparentemente
libertaria) e una forte componente ideologica. Tutti e tre gli elementi si ritrovano nel Movimento 5 Stelle.

Capitolo 10: Personal leader


La personalizzazione è il principale processo politico degli ultimi decenni, ma è possibile osservare la sua
nascita già qualche decennio prima. Con Roosevelt e la concentrazione dei poteri nelle mani del presidente,
va a nascere quello che Lowi definisce un personal president, un leader che è l’organo stesso sia del
comando e che del controllo. Ciò non sarebbe stato possibile senza il rapporto diretto che egli va a creare
con gli elettori, in particolare grazie alla comparsa della televisione e radio nelle case (discorsi televisivi al
“caminetto”). Da questo momento in poi, questo tipo di leader prenderà sempre più piede, diventando
sempre più importante e sostituendosi oggi anche ai partiti che sempre più verranno definiti in egual modo,
partiti personali.
Sulla scena internazionale, il primo e più grande esempio di leader personalizzato è Berlusconi, che trova in
Forza Italia l’emblema del personal party. Berlusconi è innanzitutto un uomo d’affari, ed il suo partito
seguirà un’impronta stile imprenditoriale. Forza Italia infatti, sarà messo in piedi partendo da finanziamenti
ottenuti da imprese private, quali Mediolanum.
Il modello berlusconiano troverà la sua chiave vincente in due elementi: il controllo privato delle ri sorse
amministrative e la disintermediazione garantita dall’uso esclusivo dei media, in particolar modo la
televisione. Grazie alla proprietà delle reti Mediaset, Berlusconi riesce insieme alle sue capacità

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professionali acquisite durante la sua esperienza ventennale nel settore, a creare un tipo di comunicazione
basata sulla modulazione di messaggi differenziati a seconda dell’audience di riferimento, anticipando il
fenomeno di microtargeting caratteristico del web.
Con la rete il processo di personalizzazione del leader fa un salto ulteriore, grazie ad una comunicazione
diretta e interattiva, nonché onnipresente e immediata tra leader e seguaci, in particolare grazie alle
piattaforme social e i dispositivi mobili. Tra i casi più rilevanti di come le opportunità della rete siano state
ben sfruttate si hanno con Renzi, Grillo, Salvini con il suo mostrarsi “a pane e Nutella” per avvicinarsi alla
gente comune, così come Trump.
La differenza fondamentale che va a caratterizzare le relazioni digitali rispetto a quelle precedenti, è proprio
la capacità di microtargeting.
Il risvolto negativo si rifà al fatto che il microtargeting si traduce in controllo di comportamenti e influenza
sulle opinioni e decisioni altrui, il che è determinante per la social campaigning. Un’altra questione
importante è quella dei costi: con l’avvento del digitale paradossalmente seppur le campagne diventino
sempre più “immateriali”, questi crescono vertiginosamente ed è necessario investire sempre di più.
Per capire la questione dei costi delle campagne digitali, un primo esempio si ha con la campagna elettorale
del 2008 di Obama, che riuscì a racimolare milioni di dollari grazie all’attività di foundrising avviata con
MoveOn e interrotta dallo stesso perché le donazioni furono ben oltre quelle necessarie. Cifre che da quel
momento in poi sarebbero soltanto lievitate: Trump investirà 70 milioni di dollari al mese e riceverà oltre
250 milioni di dollari in dotazione, e questi numeri nel 2020 raddoppieranno e anche di più.

Capitolo 11: Il partito cybercratico


Davanti allo tsunami web i partiti tradizionali non hanno avuto i mezzi culturali necessari a comprendere i
cambiamenti da esso prodotti e infatti, oggi la maggior parte dei partiti digitali sono formazioni nuove. Il
primo obbiettivo è innanzitutto mettere fine al concetto stesso del partito, smettendo anche di definirsi in
quanto tali. Un esempio è il Movimento 5 Stelle, che si definisce agli esordi come “una piazza” piuttosto che
un partito.
Rispetto al partito tradizionale, quello digitale non si baserà più su aggregati territorialmente contigui, ma su
una rete praticamente sterminata, quella sociale del web, che connette migliaia e migliaia di individui. La
conseguenza è la nascita di un numero infinito di relazioni interpersonali tra gli utenti, ma anche
iperpersonali, in quanto vi è la possibilità dei cittadini di comunicare direttamente anche con i vertici. Il
risultato è che il partito cybercratico è caratterizzato dall’affiancamento di una logica di autogoverno.
Senza dubbio i partiti cybercratici hanno contribuito a mettere fine all’idea di partito tradizionale, e un
esempio è Podemos, in Spagna. Si pensi che questo partito non richiede ai membri un’iscrizione esclusiva a
meno che non si voglia ricoprire una carica particolare, o ancora, tutti i simpatizzanti possono partecipare
alle attività sia tramite i social, che piattaforme di voto.
Il paradosso dei partiti digitali è che più crescono le dimensioni di interazione e partecipazione per i
cittadini, più si accresce la capacità di controllo dell’opinione pubblica. I sofisticati strumenti di analisi
digitale permettono ai leader web populisti di tradurre comportamenti e opinioni in modo da poterli
analizzare statisticamente, per poi manipolarli a proprio piacimento e come oggetto di propaganda. I big data
consentono di raccogliere ed elaborare dati al fine di targettizzare i messaggi politici in maniera individuale.

Capitolo 12: L’ècole digitale


La chiusura dell’Ecole Nationale d’Administration da parte di Macron ha una portata simbolica che va oltre
la Francia. Viene visto come il tentativo di mettere fine ad una concezione del sapere ristretta ed elitaria , con
l’aggravante che il tutto avveniva proprio sotto gli occhi dello Stato, che avrebbe invece dovuto garantire
pari diritti e accesso per tutti, garantendo il massimo della mobilità verticale. Paradossalmente appare più
trasparente il sistema statunitense con le corporate, i grandi atenei privati, i quali si reggono proprio sulle
salatissime rette pagate dagli iscritti e dai lasciti degli alunni precedenti.
Ovviamente chiudere l’ENA non risolve tutti i problemi, ma quantomeno dà la possibilità di rendere molto
rilevante la questione nell’agenda politica. L’istruzione pubblica durante il corso degli anni è passata
dall’essere una delle questioni fondative della democrazia ad un fanalino di coda, come se investire

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nell’istruzione e nella conoscenza non fosse strettamente conseguenziale allo sviluppo socioeconomico di un
paese.
Negli Stati Uniti si è provato a colmare il gap di accesso all’istruzione con un sistema di credito che prevede
un prestito per il pagamento degli studi, che poi andrà scontato tramite l’impiego che, teoricamente,
l’istruzione di buona qualità dovrebbe garantire. In realtà il debito proveniente da questi crediti è sempre più
elevato e la qualità e la quantità delle occupazioni sempre inferiori.
Ancora una volta, la rete entra a gamba tesa anche in questo settore, andando a trasformare un sistema
stabile e secolare come quello educativo. La rete e il digitale ha spalancato le porte ad una frontiera dell’alta
formazione, aperta, senza barriere sociali e che si divide in due filoni logici.
Il primo prevede l’uso di data banks digitali, che hanno praticamente costretto le grandi biblioteche e gli
archivi internazionali a trasformarsi in fonti di sapere libero ed istantaneo, compiendo un processo di
informatizzazione delle risorse grandioso e sempre più incentrato sull’Open Access.
Il secondo filone logico è quello delle Open Educational Resources, la messa a disposizione sul web di
materiali originati nei vari atenei internazionali. L’apripista è stato in questo caso il Massachusetts Institute
of Technology (MIT) con l’OpenCourseWare nato nel 2008. Sarà proprio sulle orme dell’OCW del MIT che
nascerà il modello Massive Open Online Course (MOOC), corso di studio resi disponibili in rete per un
elevato numero di persone. Ovviamente, un accento va posta sulla qualità della didattica erogata: si rende
necessario un riadattamento dei contenuti e una loro riorganizzazione.
Fino a pochi anni fa l’e-learning era una prerogativa di atenei privati, con l’avvento dei MOOC e dell’Open
Access, diventa sempre più la normalità anche in atenei statali. La chiave vincente dei MOOC si articola in:
qualità e legittimità dei contenuti erogati, natura multimediale, apertura e diffusione di massa e uso di
piattaforme che garantiscono l’accesso alla conoscenza in tempo reale.
Per non intaccare la quota di iscritti, molti atenei prestigiosi vanno a rendere alcuni MOOC esclusivi su
piattaforme interne, andando al contempo a centralizzare nuovamente una dose di sapere ma a privarsi anche
delle possibilità di analisi dei dati fondamentali per capire lo sviluppo da prendere per la produzione di
nuovi contenuti che sempre di più, devono far fronte al lifelong learning.
Oggi, le Big 5, muovono i primi passi in questo settore offrendo innovazioni tecnologiche e ampliando la
dimensione della didattica digitale.
I MOOC decollano per l’offerta formativa più flessibile e meglio adattata alle reali esigenze del mondo del
lavoro, favorendo l’autoformazione, l’upskilling e il reskilling.
In Italia significativi esempi sono il portale Federica.eu, la principale piattaforma MOOC finanziata con
fondi europei, o il POK del politecnico di Milano.

Conclusione: I mille corpi del re


Tutto diviene centrato sulla platform society e sul digitale, capace di decidere e ribaltare le sorti politiche. In
questo senso, individuare chi sarà il principe digitale non è facile. Chi sarà questo principe, il leader che
sfrutta queste tecnologie per manipolare consensi politici? Il partito che riuscirà a risorgere dalle sue ceneri?
Oppure il popolo, che riuscirà ad arrivare al vertice grazie alle possibilità offerte dalla rete? La maggior
parte delle tendenze dà lo scettro in mano al leader o al partito, mentre il popolo ancora una volta, viene
relegato in una posizione secondaria. Tuttavia, per la prima volta il popolo non è soggetto a deleghe, non ha
intermediari. La partecipazione elettronica è diretta, immediata e costante.

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