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Equus africanus asinus

specie di animali della famiglia Equidae
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L'asino (Equus africanus asinus Linnaeus, 1758), detto anche somaro, è un mammifero perissodattilo della famiglia Equidae. Deriva dall'asino selvatico africano (Equus africanus) attraverso una selezione della sottospecie nubiana (E. a. africanus).

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Asino
Equus africanus asinus
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseMammalia
OrdinePerissodactyla
SottordineHippomorpha
FamigliaEquidae
SottofamigliaEquinae
TribùEquini
GenereEquus
SpecieE. africanus
SottospecieE. a. asinus
Nomenclatura trinomiale
Equus africanus asinus
Linnaeus, 1758

Descrizione

Simile al cavallo, ma più piccolo, compatto, robusto e mansueto, ha le orecchie più lunghe. Il manto varia a seconda della razza ma è generalmente di colore grigio, salvo il ventre, il muso e il contorno degli occhi che sono invece bianchi. Alcune razze possono essere prevalentemente di colore nero come l'asino nero di Berry, o brune come l'asino mulattiere del Poitou. Le razze con un manto grigio hanno anche una croce nera segnata sulla schiena, chiamata "croce di Sant'Andrea".

Anche se il colore del manto è simile, eccetto per il kiang che rimane più rossastro, si distingue dalle specie e sottospecie selvatiche per varie differenze morfologiche di testa, collo e zampe.

Il verso dell'asino è detto "raglio".

Asino che raglia

Razze

 
Asino napoletano
 
Asino Zamorano-Leoné (Spagna)
 
Asino siciliano
 
Un asino del Kirghizistan
 
Asino di Poitou
 
L'asino dell'Amiata, tipica razza asinina italiana.
 
L'asino di Martina Franca è la più grande delle razze asinine italiane.
 
L'asino dell'Asinara, il più piccolo e forse il più emblematico esempio del patrimonio asinino italiano.

Addomesticato da millenni, ne sono state selezionate numerose razze in diverse parti del mondo, anche se, a causa della sua sobrietà, non ha mai raggiunto la diversità di altri domestici come cavallo, cane e gatto. Le razze asinine riconosciute in Italia sono 8: l'asino di Martina Franca, l'asino dell'Amiata, il ragusano, il romagnolo, il pantesco, il viterbese, il sardo, e l'asinello bianco dell'Asinara.

Alle razze ufficialmente riconosciute e il cui allevamento negli ultimi decenni ha avuto un incremento nel mondo occidentale, si affiancano molte altre razze i cui caratteri sono definiti ma che non hanno ancora trovato un'associazione che se ne occupi[1]. Altre razze, invece, sono irrimediabilmente estinte.

Razze domestiche

Razze italiane

In Italia il Decreto Ministeriale 9742 del 7 maggio 2012 stabilisce che le razze asinine autoctone italiane riconosciute ed ammesse al disciplinare del registro anagrafico delle razze asinine sono otto.[2][3][4][5] Secondo la Coldiretti, l'allevamento di razze asinine è in crescita: tra il 2004 e il 2009 si è avuto un incremento nell'allevamento del 30%.[6]

Elenco delle otto razze asinine italiane riconosciute per legge:

Razze asinine italiane minori non riconosciute ed estinte

  • Sant'Alberto (sinonimo di Romagnolo), della Provincia di Forlì-Cesena
  • Emiliano
  • Argentato di Sologno
  • Cariovilli, Provincia dell'Aquila (estinto)
  • Asino di Castel Morrone, Provincia Caserta (quasi estinto)
  • Grigio Siciliano
  • Asino dell'Irpinia, Provincia di Benevento, Provincia di Avellino
  • Asino delle Marche (sottorazza del Pugliese)
  • Asino Pugliese
  • Asino della Basilicata (sottorazza del Pugliese)
  • Asino della Calabria (sottorazza del Pugliese)
  • Asino Leccese (sottorazza del Pugliese, forse identificabile con il Martina Franca)
  • Asino di San Domenico
  • Asino di Sant'Andrea
  • Asino di San Francesco

Razze dell'Unione europea

Razze estere

Razze selvatiche

Ibridazione con altre specie

Un asino maschio può incrociarsi con una giumenta per generare un mulo ed un cavallo maschio può incrociarsi con un'asina per generare un bardotto. I muli sono straordinariamente docili, forti e resistenti, per cui si considerano animali particolarmente validi per portare carichi pesanti per lunghe distanze, lungo terreni montagnosi e desertici.

Anche se meno comuni, qualcuno è riuscito ad incrociare degli asini domestici e varie specie di zebra: si parla allora di zebrasini, chiamati anche zonkey.

Tutti questi ibridi sono sterili, poiché le specie del genere Equus hanno un diverso numero di cromosomi. Così i cavalli che hanno 64 cromosomi e gli asini, che ne hanno 62, generano figli che possiedono 63 cromosomi che, essendo dispari, non possono più essere ripartiti equamente.

Distribuzione della popolazione

Sebbene manchi un censimento mondiale sulla popolazione asinina, abbiamo i dati del 2004 per alcuni paesi: la Spagna contava 130.000 capi, la Francia 25.000, la Grecia 145.000, l'Italia 75.000, l'Irlanda 15.000, il Portogallo 170.000, il Regno Unito 10.000, la Svizzera 2.000. Fuori dall'Europa sempre nel 2004: in Algeria i capi erano 340.000, in India 1.500.000, in Cina 11.000.000. La popolazione asinina cinese deve la sua consistenza all'uso mai cessato delle carriole cinesi, spesso trainate da asini[7].

Ci sono inoltre delle popolazioni di asino domestico che vivono allo stato selvaggio in Australia e in America, luoghi in cui è stato portato dall'uomo. Gli asini rinselvatichiti degli stati sud-occidentali degli Stati Uniti d'America sono detti "burro".

Utilizzi

L'asino come mezzo di trasporto

 
Un asino sul monte Grappa.
 
Asino in Calabria.
 
Asini a Santorini, in Grecia.

Fin dal 3000 a.C. l'asino domestico è stato usato in Medio Oriente per trasportare le merci prima ancora del dromedario, selezionandolo dall'asino selvatico africano (Equus africanus), di cui già facevano parte le due sottospecie dell'asino selvatico di Nubia (Equus africanus africanus) e dell'asino selvatico della Somalia (Equus africanus somalicus). Velocemente il suo utilizzo si è esteso nel Mediterraneo e nel sud dell'Europa, diventando l'animale da soma e da monta più diffuso nelle civiltà dell'epoca[8]. Con la conquista del Nuovo Mondo, in particolare dal XVI secolo in poi, l'asino si è diffuso anche nel Nordamerica come animale da lavoro al seguito dei colonizzatori[8].

È quindi fin dall'inizio della storia che gli asini sono stati utilizzati in Europa ed Asia occidentale, e poi nel resto del mondo, come animale da trasporto e da soma per persone, cibo, merci, carichi pesanti e trainare carri. Nonostante non sia veloce come il cavallo, ha le stesse funzioni ma è più robusto, ha una gran resistenza e si muove agilmente su terreni difficili, infatti è spesso utilizzato per il transito su strade di montagna. Inoltre è meno esigente dal punto di vista alimentare e quindi il suo mantenimento risulta meno costoso. I contadini più poveri lo preferivano al cavallo, e ciò gli valse il nome di "cavallo del povero". Continua a mantenere una grande importanza in molti paesi in via di sviluppo.

Ancora oggi in Italia viene usato come animale da soma, seppure in maniera decisamente minore rispetto al periodo precedente alla meccanizzazione dell'agricoltura e allo spopolamento delle campagne del XXI secolo. Ad esempio, nell'isola di Alicudi si usano ancora asini e muli per trasportare bagagli e attrezzature, questo per via della rete stradale quasi inesistente e per l'elevata pendenza.

L'asino nell'alimentazione umana

Tra quello degli animali domestici, il latte d'asina è considerato il più simile a quello umano. Per tale motivo è diventato un alimento fondamentale nella dieta dei neonati allergici alle proteine del latte vaccino. Proprio per questo è il latte che più si presta nello scongiurare allergie al latte vaccino[9]. Il suo utilizzo in campo pediatrico risale già al tempo dei greci. Per i Romani era una bevanda di lusso. Ippocrate lo raccomandava per ogni tipo di problema: avvelenamenti e intossicazioni, dolori articolari, cicatrizzazione delle piaghe, ecc. Georges-Louis Leclerc, conte di Buffon, naturalista e biologo francese, molto noto e stimato nella Francia settecentesca, lo segnala nella sua Storia Naturale. All'epoca, e soprattutto a Parigi, vennero impiantate numerose stalle asinine, dove le signore eleganti si recavano al fine di ottenere la preziosa bevanda. Il latte veniva venduto a più di 8 franchi al litro (8 franchi precedenti alla guerra del 1914-1918). Arrivando ai giorni nostri dal 1990 c'è stato un risveglio scientifico sull'argomento con una vasta produzione scientifica sia in campo zootecnico, interessando le scuole di Milano[10], Parma[11], Campobasso[12], Bari[13], Pisa[14] e ultimamente anche Catania e Messina[15], che in quello medico, Palermo[16], Torino[17] e Bari[18].

 
Salame d'asino piemontese.

Anche la carne di asino è stata ed è tuttora utilizzata nell'alimentazione umana. In particolare essa serve da base per la preparazione di salami (tipici in Italia quelli veneti e piemontesi) e di vari piatti tradizionali quali, ad esempio, il tapulon o lo stufato d'asino.

Nella cultura di massa

Gli asini sono famigerati per la loro ostinazione e testardaggine, anche se questa cattiva fama si deve ad una cattiva interpretazione, da parte di alcuni, degli istinti di conservazione di tale animale. È difficile forzare un asino a fare qualcosa che sia o gli sembri contrario ai propri interessi. L'asino è peraltro considerato anche un simbolo di ottusità e ignoranza[19]: il copricapo infamante con orecchie d'asino e l'appellativo di somaro spettano così allo studente pigro e svogliato o poco intelligente. In tedesco una formula mnemonica ideata per ricordare facilmente e senza sforzo una lunga serie di nozioni è detta Eselbrücke (ponte per gli asini).

In lingua inglese il termine "jackass" designa il maschio dell'asino, ma può anche essere usato in senso denigratorio: ad esempio, ne fecero spesso uso i cartoni animati di Tom & Jerry di Fred Quimby e di Chuck Jones.

L'asino è considerato fin dall'antichità (si pensi all'asino in cui si trasforma il protagonista del romanzo latino di Apuleio L'asino d'oro) un animale molto dotato e attivo sessualmente. Presso alcune culture, il membro asinino è quello lungo e grosso per antonomasia: in Sicilia, ad esempio, un uomo eccezionalmente dotato è detto "scicchìgnu", da "scìccu", cioè asino.

Nella religione:

Nella filosofia:

Nell'arte:

Nella letteratura:

Nel cinema:

Nella politica:

Nello sport:

Nella medicina:

Nell'informatica:

Note

  1. ^ Serge Farissier, p. 82.
  2. ^ Decreto Ministeriale 9742 del 7 maggio 2012 indicante le otto razze asinine autoctone italiane (PDF), su aia.it, Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, 30 novembre 2013.
  3. ^ Elenco degli standard di razza delle otto razze asinine italiane riconosciute emanati con Decreto Ministeriale (PDF), su aia.it, Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, 30 novembre 2013.
  4. ^ Anagrafe nazionale degli equidi indicante la consistenza numerica degli iscritti nel proprio registro di razza per ciascuna delle otto razze asinine italiane riconosciute, su anagrafeequidi.it, Anagrafe nazionale degli Equidi, 30 novembre 2013 (archiviato dall'url originale il 10 settembre 2011).
  5. ^ Elenco degli asini stalloni abilitati a coprire fattrici asinine suddivisi per ciascuna delle otto razze italiane riconosciute per legge (PDF), su aia.it, A.I.A. (Associazione Italiana Allevatori, 30 novembre 2013.
  6. ^ Ambiente, Coldiretti: in Italia è boom di asini, su newsfood.com, COLDIRETTI.it, 29 giugno 2009 (archiviato dall'url originale il 14 marzo 2010).
  7. ^ Serge Farissier, p. 75.
  8. ^ a b Serge Farissier, 14-15.
  9. ^ Iacono et al., 1992; Carroccio et al., 2000; Iacono et al., 2006
  10. ^ Salimei et al., 1996; Salimei e Dell'Orto, 1997
  11. ^ Mariani et al., 2001
  12. ^ Salimei, 1999; Salimei et al., 2001; Salimei et al., 2004; Salimei et al., 2005; Salimei et al., 2006
  13. ^ Pinto et al., 1998; Pinto et al., 2002; Martemucci et al., 2006
  14. ^ Orlandi et al. 1997
  15. ^ Chiofalo et al., 2003; Marletta et al., 2007
  16. ^ Iacono et al., 1992; Carroccio, 2000; Iacono et al., 2006
  17. ^ Monti et al., 2007
  18. ^ Tafaro et al., 2007
  19. ^ L'asino simbolo di ignoranza deriva dalla convinzione medievale che fosse incapace di imparare le altre tre vocali, oltre la "i" e la "o" che compongono il suo raglio, e tutte le consonanti dell'alfabeto: cfr. Michel Pastoureau, Bestiari del Medioevo, Torino, Giulio Einaudi, 2012, p. 122.

Bibliografia

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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