Guida Fisco e Imprese
Di AA.VV.
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ordinari come la compilazione del modello Redditi non sono più come
prima: frequentemente occorre affrontare problematiche complesse derivanti da rapporti internazionali, dal possesso di strumenti finanziari o dalla
circolazione di beni virtuali, che fino a qualche anno fa erano riservate ai
convegni dei cultori del diritto tributario o alle grandissime imprese.
Argomenti come transfer pricing, stabile organizzazione, esterovestizione, Cfc e, più di recente, criptovalute e non fungible token (Nft), cominciano a tormentare il sonno dei consulenti chiamati a rispondere ai quesiti dei loro clienti su come trattare correttamente i proventi e i costi derivanti da tali operazioni in base alle regole del reddito di impresa.
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Anteprima del libro
Guida Fisco e Imprese - AA.VV.
RESIDENZA EFFETTIVA
Decisivi sede, oggetto dell’attività, amministrazione
Luca Gaiani
Società estere al test della residenza effettiva. Per evitare di dover fare i conti con il fisco italiano, non basta che la sede legale statutaria sia oltrefrontiera, ma occorre individuare, in termini sostanziali, dove si colloca la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale.
Residenza e tassazione worldwide
Individuare la residenza fiscale (italiana o estera) di un contribuente assume una particolare rilevanza per stabilire le modalità impositive del reddito: i contribuenti residenti (persone fisiche o società) devono assoggettare a imposta in Italia i redditi che essi hanno prodotto ovunque nel mondo. I soggetti fiscalmente esteri, invece, devono tassare nel nostro paese (mediante dichiarazione oppure subendo la ritenuta alla fonte) solo i redditi che si considerano ivi prodotti in base alle regole di territorialità indicate nell’articolo 23 del Tuir.
La residenza fiscale delle società e degli enti soggetti a Ires è disciplinata dall’articolo 73 del Tuir. Per le società di persone, regole analoghe sono indicate dall’articolo 5, lettera d). Va ricordato che le società personali (o comunque le società trasparenti, come ad esempio le Llc statunitensi) con sede estera seguono, in Italia, le disposizioni previste per le società di capitali: esse sono dunque contribuenti opachi, pagano l’Ires sui redditi prodotti nel nostro paese, sicché al socio italiano sono attribuiti soltanto gli utili distribuiti (quali redditi di capitale).
Le società si considerano residenti in Italia qualora, per la maggior parte del periodo di imposta, si trovi in Italia anche uno solo dei seguenti tre elementi: sede legale, sede dell'amministrazione, oggetto dell'attività.
La regola dei 183 giorni
Il criterio di prevalenza temporale fa sì che laddove la società abbia trasferito o mantenuto la sua residenza (e dunque uno o più dei tre elementi) in Italia da una data antecedente al 2 luglio, essa si considererà fiscalmente residente per l'intero anno d'imposta, dovendo tassare con le regole interne (bilancio e dichiarazione) anche i redditi realizzati nel primo semestre dell'esercizio.
Individuare la localizzazione del primo elemento (sede legale) non solleva criticità: va considerato ciò che risulta formalmente dallo statuto e dagli atti sociali.
La sede dell'amministrazione, che è il punto focale delle verifiche in materia di esterovestizione, è da intendersi, come indicato dalla giurisprudenza più recente (Cassazione, 24872/2020 e 6476/2021), come sede effettiva (concetto di matrice civilistica) cioè il luogo in cui si svolgono in concreto le assemblee e le adunanze degli organi direttivi e nel quale, dunque, si assumono le scelte strategiche in vista del compimento degli affari. In sede ispettiva (si veda la circolare della Guardia di finanza, 1/2018) si presta particolare attenzione alla residenza degli amministratori (che non è un indicatore previsto dalla legge), nel presupposto che se tutti gli amministratori (o la maggioranza di essi) sono italiani è ragionevole ritenere che le decisioni siano prese nel nostro paese.
Amministratori esteri
In presenza di amministratori italiani, è allora necessario, per avvalorare la residenza estera, che tutte le riunioni si tengano oltreconfine e che ciò sia confermato dai documenti di viaggio e di soggiorno (con l’eccezione del periodo pandemico nel quale le riunioni si sono realizzate in videoconferenza).
Se gli amministratori sono residenti all’estero, gli uffici tendono poi a verificare se essi hanno adeguati poteri (e compensi) per la gestione ovvero se si tratta, invece, di professionisti che, secondo accordi fiduciari, eseguono sistematicamente decisioni assunte in Italia. Per dimostrare la sede effettiva estera, è poi necessario (ma non sufficiente) che l’operatività aziendale giorno per giorno sia in mano a persone in loco e che dunque l’organizzazione dei processi produttivi e di vendita non sia invece teleguidata dall’Italia. Indicazioni a tal fine si possono trarre dal luogo in cui sono stati conclusi e sottoscritti (anche mediante gli scambi di e-mail) i contratti rilevanti per l'attività della società. Attenzione, però, il centro delle decisioni sulla gestione non coincide sempre con l'attività di direzione e coordinamento svolta in base all'articolo 2497 del Codice civile da una controllante italiana. Ciò che rileva, cioè, non sono le linee guida dell'attività aziendale dettate dalla casa-madre, ma le effettive decisioni gestionali, le quali, soprattutto nelle entità operative, devono essere in mano a persone operanti all'estero.
Alcune recenti sentenze hanno escluso la residenza italiana in base alla mera localizzazione italiana del centro di dire-zione della attività (sede effettiva) in presenza di strutture estere che ivi esercitano una reale attività commerciale (Cassazione penale 43809/2015).
Dove è situato l'oggetto
Il terzo elemento da indagare è il luogo in cui è collocato l’oggetto della società. Indagine generalmente semplice per attività industriali e commerciali tradizionali (che richiedono stabilimenti, uffici, magazzini, personale), che solleva invece dubbi interpretativi per società non operative, quali le immobiliari di gestione e le holding.
Per le immobiliari, il possesso di fabbricati situati, in prevalenza, nel nostro paese è tale da far scattare, secondo la prevalente dottrina, la residenza fiscale italiana anche se la direzione (e dunque la gestione dei contratti di locazione) è situata all'estero. Per le holding (ferma restando la norma specifica descritta nelle pagine seguenti), invece, il possesso da parte dell'entità estera di azioni di società italiane non è tale da far considerare automaticamente situato in Italia l'oggetto della attività.
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IL CRITERIO
Arrivo in Italia
Se la società sposta la residenza in Italia prima del 2 luglio dell’anno, si considera fiscalmente residente per l’intero anno
MANAGEMENT
Per il fisco
Contano le effettive decisioni gestionali: soprattutto nelle entità operative, devono essere in mano a persone operanti all’estero
HOLDING CON SEDI ESTERE
Vale ogni mezzo per dimostrare il radicamento fuori dall’Italia
Luca Gaiani
Presunzione di residenza, salvo prova contraria, per le holding caratterizzate dal cosiddetto doppio controllo. La legge considera fiscalmente italiane le società con sede estera che, ad un tempo, controllano società di capitali e sono controllate o in prevalenza amministrate da contribuenti residenti nel nostro paese. Con la contestazione di esterovestizione, scattano gli accertamenti per il reddito non dichiarato, ma anche per gli adempimenti omessi in qualità di sostituti di imposta e eventualmente di Iva.
Il test del doppio controllo
L’articolo 73, comma 5-bis, del Tuir colloca presuntivamente in Italia (salvo prova contraria) la sede dell’amministrazione delle società estere che rispettano congiuntamente due condizioni:
Fisco & Imprese detengono direttamente (anche per il tramite di società fiduciarie) partecipazioni di controllo in base all'articolo 2359, comma 1 del Codice civile società di capitali o enti residenti in Italia (controllo attivo);
Fisco & Imprese sono controllate anche indirettamente (sempre in base all’articolo 2359, comma 1, del Codice civile) da contribuenti italiani (controllo passivo), oppure sono amministrate da un organo in prevalenza composto da persone residenti in Italia.
Il test del doppio controllo va effettuato verificando la situazione esistente alla data di chiusura dell'esercizio della società estera e cumulando, quanto al controllo passivo, i voti spettanti ai familiari indicati nell’articolo 5, comma 5, del Tuir. Il controllo attivo rileva, in base alla norma, solo se la partecipazione che la società estera detiene nella Srl o nella Spa italiana è diretta, mentre per il controllo passivo (soci italiani della società estera) si considerano anche rapporti indiretti.
La circolare 28/E/2006 ha però affermato che anche nel controllo attivo possono essere presenti catene societarie composte da più sub-holding estere. La presunzione di residenza in Italia della società estera che direttamente controlla una società italiana, renderà operativa, a parere delle Entrate, la presunzione anche per la società estera inserita nell’anello superiore della catena societaria. Ad esempio, si consideri il caso di Tizio (italiano) che controlla Alfa Sa (Lussemburgo) che a sua volta controlla Beta Bv (Paesi Bassi) che controlla direttamente Gamma Spa (Italia). Tizio controlla indirettamente Beta Bv (controllo passivo) la quale si considera presuntivamente italiana; conseguentemente, anche per Alfa Sa, che controlla direttamente una società esterovestita (presuntivamente italiana), scatta la presunzione di residenza.
Prova contraria
Il secondo sub requisito (residenza italiana degli amministratori) è alternativo al controllo passivo. Diventa dunque esterovestita anche la società estera (controllante di Srl o Spa italiana) partecipata solo da contribuenti non residenti, se il suo consiglio di amministrazione è composto prevalentemente da persone residenti nel nostro paese.
La condizione scatta se gli amministratori italiani sono prevalenti nella maggior parte del periodo di imposta (circolare 11/E/2007). La prassi accertativa si è indirizzata alla ricerca di eventuali amministratori di fatto, dato che, nelle holding esterovestite, è frequente l’attribuzione di incarichi a professionisti locali che fungono da mandatari dei titolari effettivi.
Per vincere la presunzione di esterovestizione in presenza di doppio controllo, la holding dovrà dimostrare, con argomenti adeguati e convincenti, che la sede di direzione effettiva della società non è in Italia, bensì all’estero (si veda la circolare 28/E/2006). Tali argomenti e prove dovranno dimostrare che esistono elementi di fatto, situazioni od atti, idonei a dimostrare un concreto radicamento della direzione effettiva nello Stato estero.
In sede di riposta alla Commissione europea (cui la norma era stata rinviata da una denuncia dell'Associazione italiana dottori commercialisti), le Entrate hanno chiarito che la prova di radicamento estero della holding può essere fornita con ogni ordinario mezzo, tra cui i verbali delle adunanze dei Cda, documenti di viaggio degli amministratori o dei soci italiani per recarsi presso la sede estera, documentazione contabile e contrattuale redatta all’estero. Il certificato di residenza fiscale rilasciato dalle autorità estere è stato ritenuto documento necessario, ma non sufficiente.
Le conseguenze
L’esistenza