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Il modellamento dovuto a fenomeni atmosferici (superiori)

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lezione
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Il modellamento dovuto a fenomeni atmosferici (superiori)
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Scienze naturali per le superiori 5
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%


Premessa. Le forze che modellano la crosta terrestre

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I paesaggi terrestri sono il prodotto dell’azione combinata di forze endogene e forze esogene.

Le forze endogene traggono energia dal calore interno della Terra, e che sono responsabili del movimento delle placche litosferiche e di conseguenza dei fenomeni vulcanici e sismici, del sollevamento delle catene montuose.

Le forze esogene, invece, sono processi alimentati dell’energia proveniente dal Sole, che determina il movimento dei venti, dei fiumi, dei ghiacciai, delle onde e delle correnti marine. Il lento e il continuo lavoro degli agenti atmosferici, come il calore solare, il gelo e il disgelo, l’ umidità dell’ aria, provoca la degradazione e l' erosione delle rocce. I modellamenti dipendono in notevole misura dal tipo di roccia. Rocce tenere vengono modellate molto più facilmente e velocemente.

Le principali forze esogene che determinano il modellamento sono:

  • Alterazione meteorica (degradazione meteorica - meteorizzazione), causata dal semplice contatto con l'atmosfera (senza considerare il vento, la pioggia, la gravità). È causata dalle escursioni termiche (termoclastismo, crioclastismo) crescita di cristalli di sali solubili (aloclastismo) e da reazioni chimiche (alterazione chimica). Viene approfondita in questa pagina.
  • Erosione causata dalla pioggia (pluviale). (in questa pagina)
  • Erosione gravitativa. (in questa pagina)
  • Erosione causata da organismi (bioclastismo, bioerosione) (in questa pagina)
  • Erosione fluviale, eolica, glaciale, marina. (vedi le relative pagine)
  • Carsismo (vedi pagina dedicata)

Processi di alterazione

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Le rocce della superficie terrestre sono soggette a modificazioni fisiche e chimiche da parte di diversi processi di alterazione meteorica (o degradazione meteorica o ancora meteorizzazione). Questi processi generalmente iniziano con la percolazione (l'infiltrazione) dell'acqua nelle fratture e nella porosità delle rocce, e sono più intensi quanto più la roccia è prossima alla superficie. L'alterazione meteorica causa la disgregazione e l'alterazione del substrato roccioso (bedrock) attraverso processi meccanici e chimici che creano uno strato superficiale di regolite (insieme di frammenti rocciosi sciolti).

L'alterazione si manifesta in posto: prepara il materiale roccioso sciolto e lo rende disponibile per i successivi processi di trasporto e rielaborazione da parte degli agenti atmosferici (ghiaccio, correnti acquee ed eoliche, onde...) e biologici (microorganismi, piante, animali). L'alterazione non va confusa con l' erosione, che ha origine dai processi di trasporto operati dagli agenti atmosferici, e che verrà trattata in seguito e nelle lezioni successive.

Può però accadere che, per l'assenza di un rilievo morfologico significativo (regioni pianeggianti) e per la mancanza di agenti di trasporto (acque correnti superficiali, venti di una certa entità), che i materiali degradati restino in posto, formando un manto eluviale che protegge la roccia "fresca" da ulteriori attacchi. Si tratta di un "caso limite" di sedimento, che può raggiungere anche spessori notevoli (decine di metri), se la presenza di acqua di percolazione (in climi umidi) permette alla degradazione di agire in profondità per via chimica e/o fisica. La parte superficiale della copertura eluviale può subire processi di degradazione biologica che lo trasformano in suolo. I suoli sono oggetto di studio della pedologia, che rappresenta il punto di incontro delle scienze geologiche e delle scienze agrarie.

Per approfondire questo argomento, consulta la pagina Materia: Geopedologia.
Schema dei processi di alterazione e dei fattori che li controllano.

I fattori primari che controllano l'alterazione sono il clima (ovvero il regime climatico) e la geomorfologia (la morfologia del territorio). Questi fattori a grande scala controllano la temperatura, la disponibilità di acqua e il chimismo delle acque.

Questi ultimi sono all'origine dei principali processi di alterazione:

  • Alterazione fisica
    • Crioclastismo (azione del gelo/disgelo)
    • Termoclastismo (fluttuazioni di temperatura)
    • Aloclastismo (crescita di cristalli di sali solubili in acqua)
  • Alterazione chimica
    • Soluzione
    • Idrolisi
    • Ossidazione

Alterazione fisica

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Crioclastismo

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Il crioclastismo (dal greco "kryos", "ghiaccio" e klastòs "rotto", in inglese frost weathering) è il processo di disgregazione meccanica di una roccia causato dalla pressione provocata dall'aumento di volume dell'acqua contenuta entro le fratture e la porosità naturale della roccia, quando questa gela. Quando l'acqua congelando diventa ghiaccio, il suo volume aumenta del 9%, generando una pressione sufficiente a spezzare la roccia o comunque a indebolirne la coesione, soprattutto se la roccia è satura d'acqua (cioè l'acqua riempie completamente gli spazi vuoti all'interno della roccia). Con cicli ripetuti di gelo-disgelo, la roccia si disgrega in frammenti (clasti): questo processo è tipico delle zone a clima freddo (anche stagionale) in cui vi sono escursioni termiche attorno a 0 °C che continuamente inducono cambi di stato fisico all'acqua presente (come aree montuose ad altitudine elevata nelle regioni temperate o aree alle alte latitudini, polari e circumpolari). I frammenti, per il tipo di azione meccanica, hanno spigoli vivi, spesso taglienti.

Termoclastismo

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Dal greco "thermon" (calore) e "klastòs", rotto. Le fluttuazioni cicliche (diurne) di temperatura giocano un ruolo importante nella disgregazione fisica delle rocce, soprattutto nelle regioni aride (desertiche) a clima caldo, dove si hanno escursioni rapide e ampie (decine di gradi) tra notte e giorno. Il riscaldamento genera una dilatazione, con aumento di volume. Le rocce sono raramente corpi isotropi (al cui interno le proprietà fisiche non variano con la direzione): spesso sono composte da diversi tipi di minerali o hanno comunque discontinuità interne (come ad esempio la stratificazione), e questo influenza anche la distribuzione interna delle loro proprietà fisiche (come la durezza, l'elasticità, la dilatazione termica etc.), che hanno grandezze diverse in direzioni diverse. Questo porta le diverse parti costituenti la roccia sottoposte a variazioni di temperatura a espandersi e contrarsi in misura diversa e questo facilita la creazione di micro-fratture che si ampliano gradualmente fino alla disgregazione della roccia stessa. Inoltre, le rocce non hanno generalmente una conducibilità termica elevata (sono cioè tendenzialmente degli isolanti termici): questo vuol dire che tra la parte superficiale (alcuni millimetri) e la parte interna vi possono essere parecchi gradi di differenza e quindi una risposta diversa in termini di dilatazione alle fluttuazioni di temperatura; questo con ripetuti cicli di riscaldamento e raffreddamento provoca micro-fratture parallele alla superficie della roccia. Il risultato di questi processo è il distacco di lamine o scaglie sottili di roccia. Questo tipo di disgregazione è chiamato esfoliazione.

Aloclastismo

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Dal greco "háls"-"halós" (sale marino) e "klastòs", (rotto). Questo processo è importante in aree costiere rocciose, soprattutto a clima caldo, nelle quali l'acqua marina ad elevato contenuto di sali penetra nelle fratture, discontinuità e porosità della roccia. E' caratteristico anche anche di aree desertiche in cui l'acqua presente nella parte superficiale del terreno evapora velocemente durante il giorno lasciando depositi di sali.Con l'evaporazione dell'acqua, i sali prima in soluzione cristallizzano, e la crescita dei cristalli induce tensioni che concorrono ad ampliare le fratture fino a causare il distacco di schegge di roccia. Questo tipo di alterazione dà luogo a forme caratteristiche a "vasche" subcircolari con profilo emisferico (spesso coalescenti, cioè tendenti ad unirsi in forme complesse lobate); perché il processo di alterazione ha origine da pozze, anche minime, di acqua sulla superficie rocciosa, che tendono ad allargarsi e approfondirsi a "conca". Questo tipo di processo è di fatto simile a quello del gelo/disgelo. I sali più comunemente coinvolti in questo processo sono il cloruro di Sodio (halite), il solfato di Calcio (gesso) e il carbonato di Calcio (calcite).

Alterazione chimica

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Soluzione

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la maggior parte delle rocce composte da silicati (ad esempio mica, feldspati, pirosseni...) hanno una solubilità molto scarsa in acqua pura alle temperature della superficie terrestre. Diventano però moderatamente solubili in acqua fortemente alcalina (PH > 7). L'alterazione dei minerali silicatici è accompagnata dalla formazione di minerali di alterazione, in particolare di minerali argillosi, con proprietà particolari che verranno approfondite in seguito.

I carbonati (ad esempio il calcare e la dolomia) sono moderatamente solubili all'acqua acida. Quando l'acqua viene resa leggermente acida a causa di sostanze inquinanti o semplicemente per la presenza nell'atmosfera o nel suolo di CO2 (anidride carbonica), essa diventa in grado di sciogliere le rocce calcaree, causando ad esempio il fenomeno del carsismo (approfondito in una pagina a parte). Le radici delle piante e i microorganismi del terreno rilasciano sostanze che acidificano il terreno favorendo lo scioglimento delle rocce calcaree (biocarsismo).

I minerali più solubili in acqua sono quelli di origine evaporitica (da evaporazione di acque sia marine che continentali), cioè solfati e cloruri, come halite e gesso. Anche la soluzione di solfati e cloruri può dare origine a fenomeni di carsismo.

Idrolisi

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Le reazioni di idrolisi dipendono dalla dissociazione di H2O in ioni H+ e OH-, che avviene in presenza di un agente acidificante. Gli "acidi naturali" che giocano un ruolo importante comprendono l' acido carbonico (H2CO3), formato dalla soluzione di anidride carbonica (CO2) in acqua, e gli acidi umici, che si formano a seguito della biodegradazione microbica di materia organica (vegetale o animale). l' humus è un complesso di sostanze organiche che si forma nel suolo in seguito alla biodegradazione di materiale vegetale (foglie, tronchi e radici) in presenza di umidità.

Molti minerali silicatici sono sottoposti a reazioni di idrolisi. Un esempio tipico è la formazione della caolinite (un minerale argilloso) dall' ortoclasio (feldspato potassico), componente di vari tipi di rocce ignee e metamorfiche, e sabbie (o arenarie), per reazione con acqua. La reazione avviene in due fasi, con la generazione di un minerale argillosi intermedio (illite[N 1]):

L'idrolisi è un processo particolarmente efficace dove vi sono abbondanza d’acqua ed elevata temperatura, cioè nelle zone con climi caldo-umidi, mentre si può bloccare completamente o quasi nelle zone aride o a clima freddo. Il processo viene accelerato dalla presenza di vegetazione, di sostanze organiche in decomposizione e di batteri. Specialmente la vegetazione ha una grande importanza, perché, attraverso il processo della respirazione cellulare, le radici delle piante liberano notevoli quantità di anidride carbonica nell'acqua che circola nel suolo.

Ossidazione

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L'ossigeno costituisce il 21% circa dell'atmosfera terrestre. L'ossigeno contenuto nell'aria o disciolto nell'acqua è in grado di ossidare (l'ossidazione è una reazione chimica) minerali silicatici ricchi di metalli, soprattutto quelli contenenti Ferro, Alluminio e Manganese formando ossidi e idrossidi, di colore prevalentemente giallo, rosso, marrone o nero. L’ossigeno sottrae elettroni ai metalli e l'eccesso di cariche positive che si viene a creare viene controbilanciato con l'espulsione dalla roccia di cationi. L’ossigeno si lega a questi metalli formando ossidi (ad es. l'ematite Fe2O3 e la pirolusite MnO2) o, assieme al vapore acqueo, miscele più o meno complesse di ossidi e idrossidi (ad es. la limonite e la goethite per il ferro e la bauxite per l’alluminio).

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Per approfondire questa parte potresti consultare i seguenti testi alle pagine indicate:

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Modellamento causato dalla pioggia e dal ruscellamento

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Effetto del ruscellamento su un pendio collinare (Islanda). Nella parte alta del versante sono visibili piccoli solchi poco profondi e poco delineati, che nella parte inferiore tendono a confluire in solchi (gully in Inglese) con andamento lineare. Al piede del versante abbiamo piccoli lobi di soliflussione (vedere avanti il capitolo relativo).

Le precipitazioni atmosferiche agiscono sulle rocce con un'azione meccanica. In questo senso, l'impatto delle gocce di pioggia sul terreno è il primo agente dell'erosione, potendo smuovere frammenti sciolti di roccia e anche scagliarli intorno disperdendoli lateralmente (prevalentemente verso valle) se la precipitazione è violenta. La forza erosiva della pioggia (erosività della pioggia) è un parametro quantificabile combinando diversi fattori (principalmente quantità, durata e intensità delle precipitazioni) e dipende anche dalla variabilità delle precipitazioni durante le stagioni, dalla temperatura e dalla loro localizzazione (latitudine, longitudine). Anche la presenza di vento contribuisce alla capacità erosiva della pioggia, aumentando l'energia cinetica delle gocce. L'intensità dell'erosione del suolo da pioggia ha un impatto notevole sulla stabilità dei versanti e sulla produttività agricola (in quanto contribuisce ad asportare la parte superficiale più fertile del suolo) e inoltre può mobilizzare materiale superficiale potenzialmente inquinante, come i fertilizzanti agricoli.

Il ruscellamento è una delle componenti del deflusso superficiale delle acque (insieme alle correnti acquee incanalate in alvei fluviali); è il fenomeno di scorrimento delle acque piovane sulla superficie del terreno che si verifica quando esse non possono penetrare in profondità perché è stata superata la capacità di infiltrazione che caratterizza il terreno stesso (portata di infiltrazione). Questo può avvenire in tre casi:

  • perché la quantità d'acqua per unità di tempo (portata di pioggia) che raggiunge la superficie è maggiore della capacità di infiltrazione del terreno (ad esempio durante piogge violente);
  • perché il terreno è già saturo d'acqua, e quindi la porosità (il sistema di vuoti interni) del terreno non può assorbirne altra;
  • perché il terreno è impermeabile per sua natura.

La velocità d’infiltrazione varia nel tempo ed è massima all’inizio delle precipitazioni quando il suolo è più asciutto. In seguito decresce per l’aumento del livello di saturazione. Si distinguono un ruscellamento superficiale e un ruscellamento ipodermico (o sotto-superficiale). Quest'ultimo avviene entro gli strati superficiali (aerato) del terreno quando è saturo d'acqua o quasi e l'acqua inizia a muoversi lungo la pendenza naturale del versante, oppure quando l'acqua di infiltrazione raggiunge uno strato meno permeabile e prende a scorrere lungo la sua superficie. Ovviamente il ruscellamento superficiale presenta la maggiore velocità ed è l'agente di maggiore importanza per l'erosione. All’inizio il ruscellamento forma una lama d’acqua superficiale uniforme che scorrendo asporta il materiale incoerente per erosione areale; poi si divide in rivoli che iniziano a scavare nel terreno piccoli solchi, dapprima effimeri[N 2] (erosione a rivoli). Successivamente i rivoli tendono a confluire in solchi più profondi e stabili (in Inglese gully), con andamento lineare lungo la direzione di massima pendenza del versante (erosione a solchi o lineare). Il ruscellamento è uno dei fattori primari dell'erosione di versante. Su versanti privi o con scarsa vegetazione (che tende a stabilizzare il terreno con le radici e ad ostacolare il ruscellamento con le parti aeree), riesce ad asportare quantità notevoli di materiale eluviale. Su terreni agricoli, l'agricoltura intensiva e la mancanza di strutture di drenaggio a protezione dei campi può portare ad un aumento dell'erosione per dilavamento. Il risultato è l'asportazione della parte superficiale più fertile del suolo, che si impoverisce, e la messa in circolazione nelle acque di inquinanti (fertilizzanti, antiparassitari), con aumento dell'inquinamento. Inoltre, come vedremo meglio in seguito (lezione sul modellamento fluviale), questo si traduce a valle in un aumento del carico di sedimento portato dai corsi d'acqua e dei fenomeni di deposizione che possono dare luogo a restringimenti e ostruzioni degli alvei fluviali, e quindi ad aumento del rischio di inondazione.

Il ruscellamento è parte del ciclo idrologico andando ad alimentare l'idrografia superficiale (ruscelli, torrenti, fiumi e laghi) e tornando infine al mare. L' efficacia dell'erosione dipende da:

  • il litotipo (tipo di roccia): più la roccia è tenera o incoerente, più facile e veloce è l'erosione.
  • l'intensità delle precipitazioni: più sono intense e prolungate, maggiore è l'erosione.
  • la permeabilità del terreno: se è molto permeabile l'acqua si infiltra rapidamente e il ruscellamento non avviene o avviene in misura minore solo dopo diverso tempo (quando il terreno è saturo).
  • la pendenza: maggiore è la pendenza e più veloce è il ruscellamento
  • la copertura vegetale: se è presente e abbondante tende a proteggere il terreno dall'erosione.

Gli effetti del ruscellamento sono visibili in particolare nei seguenti fenomeni:

  • i calanchi: sono forme d'erosione che si impostano frequentemente su argilla (una roccia tenera), soprattutto quando contiene una frazione più grossolana (limo, sabbia) che la rende meno coerente. Si presentano come profondi solchi ramificati nei quali non riesce a crescere vegetazione. I calanchi tendono a propagarsi verso monte per erosione regressiva[N 3], formando impluvi[N 4] con profilo acuto, a "V", in rapido approfondimento, separati da versanti scoscesi con displuvi[N 5] acuti, a lama, da cui il materiale argilloso frana continuamente. Nei calanchi l'erosione è in evoluzione così rapida che la vegetazione non riesce a crescere, quindi il fenomeno tende ad autoalimentarsi e a propagarsi.
  • piramidi di terra: alti pinnacoli di terra sovrastati da un masso. Si formano soprattutto su sedimenti di origine glaciale molto eterogenei (costituiti da un mix caotico di materiali con dimensioni che vanno dall'argilla ai massi) e poco coerenti. In questo caso le acque superficiali scorrono asportando il materiale più fine fino a che incontrano massi che non riescono a smuovere e che proteggono la porzione di terreno sottostante da ulteriore erosione. Il fenomeno si accentua progressivamente e i massi rimangono isolati su un pinnacolo (destinato comunque a crollare o ad essere rapidamente eroso quando il masso prima o poi cade). Anche questi fenomeni si propagano per erosione regressiva.

L'erosione fluviale (da acque incanalate) caratteristica del fondovalle, è molto più efficiente rispetto al ruscellamento e della gravità, che agiscono soprattutto sui versanti insieme ai fattori della degradazione meteorica, perché concentrata sulla linea dell'impluvio. Questo dà origine a valli con profilo acuto, a "V", come vedremo meglio nella lezione sul modellamento fluviale.

Al contrario, i ghiacciai danno un'erosione distribuita sia nel fondovalle che su parte dei versanti, generando valli con profilo a "U", come vedremo nella lezione relativa.

Per approfondire questo argomento, consulta la pagina Il modellamento fluviale (superiori).
Per approfondire questo argomento, consulta la pagina Il modellamento glaciale (superiori).

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Per approfondire questa parte potresti consultare i seguenti testi alle pagine indicate:

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Modellamento dovuto alla gravità

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Ci occupiamo qui dei processi dovuti all'azione diretta della gravità. Infatti l'azione della gravità interviene anche nel determinare i processi di erosione dovuti alle correnti acquee, eoliche e al ghiaccio, che saranno esaminati nelle lezioni successive.

Il materiale alterato può essere trasportato verso il basso per azione della forza di gravità (caduta, rotolamento, scivolamento o colamento). Il movimento del materiale alterato trasportato per mezzo della gravità può avvenire per tratti limitati, generalmente sui versanti montani. I fenomeni gravitativi più comuni sono le frane, in cui materiale roccioso alterato si muove lungo un versante. I tipi principali sono i seguenti:

  • frane da rotolamento. Interessano soprattutto le formazioni rocciose lapidee[N 6] (sia massicce che stratificate), soprattutto se interessate da fratturazione intensa, o formazioni clastiche grossolane (ad esempio brecce e conglomerati) poco coerenti. Si ha quando elementi rocciosi separati (ciottoli, massi, blocchi) in equilibrio instabile rotolano a valle, spesso frammentandosi ulteriormente. La rottura dell'equilibrio può avvenire per varie cause: piogge violente, scorrimento di acque superficiali, scosse sismiche (anche di lieve entità), o anche vibrazione dovute al traffico veicolare. Il distacco può essere favorito dall'infiltrazione di acqua, dal crioclastismo o dal termoclastismo.
  • frane da crollo. Interessano formazioni clastiche (sabbiose e conglomeratiche) sciolte o poco coerenti, formazioni lapidee massicce o stratificate fortemente fratturate o alterate, soprattutto su versanti fortemente inclinati. Grosse masse di roccia sconnessa si staccano improvvisamente dal versante e precipitano. La componente verticale del movimento è dominante. Si creano superfici di distacco (nicchie di distacco) nette e sub-verticali quando il fenomeno avviene in formazioni lapidee e coerenti, mentre le superfici risultano curve nelle formazioni incoerenti o poco coerenti. Le cause scatenanti possono essere molto varie: scosse sismiche e movimenti tettonici, infiltrazione d'acqua, azione delle acque incanalate che "scalzano" il piede di un versante, il moto ondoso su coste rocciose, e non ultima l'azione dell'uomo (scavi al piede dei versanti o carichi eccessivi). Anche qui il fenomeno può essere favorito dal termo- crio- e aloclastismo. Le frane da crollo e da rotolamento possono dare origine ad accumuli a forma di ventaglio e convessi verso l'alto (con apice verso monte) al piede della scarpata, i conoidi di detrito[N 7]. I conoidi di detrito possono essere coalescenti, cioè si uniscono e giustappongono lateralmente fino a formare una vera e propria fascia di detrito.
  • frane da ribaltamento. Interessano sia formazioni rocciose lapidee che terreni compatti, interessati da fratturazione ad alto angolo o verticale, su scarpate verticali o sub-verticali ("falesie"). Sono favorite da infiltrazione di acqua nei piani delle fratture e da tutti i tipi di degradazione già visti, o da scalzamento di materiale al piede del pendio (per l'azione di acque superficiali, o dell'uomo). Il movimento è caratterizzato dal distacco improvviso di una porzione della parete e dalla rotazione rigida del materiale intorno a un punto o a una linea prossima alla base del pendio.
  • frane da cedimento (o da colamento). Interessano soprattutto formazioni argillose, formazioni eterolitiche (composte da alternanze di litotipi diversi, come ad esempio sabbie e argille) sottilmente stratificate, formazioni rocciose metamorfiche (come ad esempio scisti) profondamente alterate. Si tratta di deformazioni di tipo plastico che possono interessare interi versanti, per spessori anche di decine di metri. Il materiale scorre come un liquido estremamente viscoso[N 8], con velocità diverse a seconda della posizione nella massa in movimento, scompaginandosi e infine deponendosi a valle in accumuli completamente caotici. La forma di questi depositi di frana è allungata e tende ad allargarsi da monte verso valle. Il limite tra le parti franate e quelle stazionarie può essere netto (nel caso di materiali abbastanza coerenti), ma spesso (soprattutto per materiali incoerenti o plastici, come le argille) il raccordo avviene tramite solchi e zone di frattura irregolari e frastagliate (simili a crepacci nel terreno), con andamento sia trasversale che longitudinale. Spesso in quest'ultimo caso non si ha una superficie di distacco unica e netta né una superficie di scorrimento ben definita ma varie e irregolari. Il movimento è favorito in particolar modo dalle acque di infiltrazione della massa rocciosa, soprattutto con forti piogge e disgelo (la liquefazione del terreno gelato può essere una delle cause principali in regioni a clima freddo); anche qui però possiamo avere il contributo di fenomeni di degrado termico (crio- e termoclastismo) e dell'azione dell'uomo (scavi e manufatti), con interventi antropici sia al piede del versante (scavi) che per eccessivo carico (manufatti, costruzioni e abitati) a monte.
  • frane da scivolamento. Interessano formazioni lapidee compatte stratificate, con interstrati argillosi o poggianti su un substrato argilloso, oppure formazioni rocciose lapidee interessate da superfici di faglia molto inclinate, o ancora formazioni argillose ed eterogenee poggianti su un substrato rigido. Si tratta del movimento di masse rocciose in forma di zolle rigide che si muovono senza perturbazioni particolari su una superficie di scivolamento preesistente ben definita (una superficie di stratificazione, una faglia o una frattura naturale). Lo scivolamento è facilitato dalla presenza di argilla (che ha comportamento plastico e funge da "lubrificante"). Il distacco avviene per fratture trasversali al piano di scivolamento (spesso sub-verticali). Questo fenomeno è ulteriormente facilitato se le superfici di stratificazione sono inclinate nello stesso senso del pendio (stratificazione a franapoggio). Anche qui l'acqua di infiltrazione e gli eventi pluviali giocano un ruolo importante nell'innesco del fenomeno, insieme con tutte le concause viste per i casi precedenti.
  • frane da sprofondamento. Si tratta di avvallamenti della parte superficiale di terreno dovuti al cedimento (o al fluimento) di livelli plastici sottostanti a formazioni rigide, oppure dovuti al crollo di cavità sotterranee artificiali (gallerie di miniera o stradali o ferroviarie, fognature, cisterne...) o naturali (cavità carsiche). Sono fenomeni franosi poco frequenti e generalmente localizzati in zone ristrette. Per lo più si verificano in regioni carsiche di natura calcarea o gessosa, ma possono interessare anche terreni poco coerenti e terreni vulcanici (tufi e tufiti), o in ambienti periglaciali per la fusione di ghiaccio sepolto. Questi dissesti sono da considerarsi frane solo in senso lato, perché il trasporto è sostanzialmente assente o ridottissimo: infatti il materiale dissestato rimane sul luogo.
  • frane complesse. Possono essere dovute all'intervento concomitante o successivo di diversi dei meccanismi esposti sopra, che danno origine ad accumuli con caratteristiche miste.
Schema ed esempio reale che illustrano la morfologia di un corpo di frana.

Le frane danno luogo a trasformazioni della superficie terrestre dovute appunto allo spostamento di materiale dovuto principalmente alla gravità: la loro morfologia dipende molto dal tipo di meccanismo prevalente. Tuttavia, è possibile definire alcuni elementi comuni. Una frana è caratterizzata da tre parti principali:

  • la nicchia di distacco, a monte, corrisponde alla zona in cui avviene il distacco del materiale franato e l'inizio del movimento.
  • l' alveo o pendio di frana corrisponde alla zona di transito o comunque di movimento principale del materiale.
  • la zona di accumulo, a valle, corrisponde alla zona in cui il movimento rallenta fino ad arrestarsi e il materiale franato si depone.

Distinguiamo ancora diversi elementi morfologici:

  • il coronamento o corona, corrispondente alla sommità della frana (il punto o la linea più elevata della nicchia di distacco, dove interseca il profilo del pendio antecedente alla frana).
  • la testata, che corrisponde alla parte più elevata del corpo di frana (del materiale franato), ed è la prima zona di accumulo.
  • La scarpata principale è una superficie ripida che corrisponde al raccordo della superficie di distacco principale con il pendio naturale.
  • le scarpate secondarie sono superfici ripide secondarie che frazionano ulteriormente il corpo di frana.
  • la superficie di scorrimento o di rottura che separa il materiale franato da quello ancora in posto, non è facilmente individuabile e spesso non è unica, ma la transizione avviene attraverso varie superfici irregolari in cui il movimento è sempre minore.
  • il piede costituisce la parte finale del corpo di frana e corrisponde alla parte più bassa della zona di accumulo.
  • l'unghia della frana delimita in basso la zona di accumulo, dove il materiale franato si assottiglia e si raccorda morfologicamente col materiale in posto.
  • possiamo avere rotture (crepacci) longitudinali e radiali dovuti a diverse velocità di movimento all'interno della massa di materiale franato.

Il fenomeno franoso può inoltre propagarsi in senso regressivo (se la nicchia di distacco tende ad allargarsi verso monte, coinvolgendo sempre più materiale del pendio) o per avanzamento del fronte della frana, oppure per una combinazione delle due modalità (anche su più direzioni). Se la nicchia vi è una scarpata (o più), ma non si individua una zona di scorrimento estesa a tutto il corpo di frana e il movimento tende a non propagarsi, la frana si dice confinata.


Schema che illustra gli effetti del soil creep. Si noti che anche la parte superficiale del substrato roccioso 8la più alterata) è interessata dal movimento.
Effetti superficiali del soliflusso su terreni montani, con la formazione di lobi di soliflussione.

Occorre considerare anche altri tipi di movimento gravitativo, che non rientrano strettamente nel concetto di frana e che coinvolgono la coltre eluviale di detrito che ricopre i versanti, con basse e bassissime velocità di movimento. Questi fenomeni sono visibili non tanto direttamente quanto per il loro effetto su oggetti come alberi e pali (o altri manufatti) che tendono ad inclinarsi verso valle o a mutare di posizione.

  • il soliflusso (o soliflussione) è il movimento gravitativo verso valle della coltre detritica, che mantiene la sua organizzazione interna; si verificano piccole colate di materiale incoerente o particolarmente plastico che danno origine a forme a lobo (lobi di soliflussione). Il profilo di velocità nella coltre interessata da questo fenomeno è abbastanza costante.
  • il soil creep è il movimento estremamente lento della coltre eluviale, che può coinvolgere anche la regolite (roccia alterata e disgregata) con velocità differenziale, ed è prodotto soprattutto da effetti termici di dilatazione e contrazione, cicli gelo-disgelo, vibrazioni prodotte da attività umane (traffico veicolare su strade). Questo tipo di movimento è definito reptazione (creep)

L'entità di questi movimenti dipende dall'inclinazione del pendio, dalla natura del terreno (i terreni sciolti e quelli argillosi sono particolarmente predisposti) e dal clima (disponibilità di acqua, fluttuazioni di temperatura, cicli gelo/disgelo). Una elevata saturazione in acqua tende ad accentuare il fenomeno, mentre la presenza di vegetazione (soprattutto se con radici profonde) tende a contrastarlo.

Le frane non avvengono solo in ambiente subaereo ma anche in ambiente subacqueo (in bacini marini o lacustri): in questo caso si tratta di fenomeni con caratteristiche specifiche che danno origine a depositi particolari, le torbiditi. Di questo tipo di fenomeni però tratteremo nella lezione dedicata all'ambiente marino.

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Per approfondire questa parte potresti consultare i seguenti testi alle pagine indicate:

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Erosione causata da organismi viventi

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Il bioclastismo è la disgregazione fisica delle rocce prodotta da organismi viventi. Il complesso di dei processi in situ di alterazione fisico-chimica già visti creano un suolo regolitico che può ulteriormente essere elaborato da processi biogenici. Le radici delle piante che penetrano nel substrato roccioso possono frantumare ulteriormente la roccia, e l'accumulo di materiale vegetale sotto forma di humus causa cambiamenti nel chimismo delle acque sotterranee generando acidi umici (che, come già visto favoriscono processi di corrosione delle rocce come l'idrolisi). Gli animali scavatori, terrestri o marini, contribuiscono al fenomeno, sia con la loro attività di scavo, sia alterando chimicamente la roccia e la regolite con sostanze acide e alcaline prodotte dalla decomposizione dei corpi dopo la morte. Il profilo del suolo aumenta progressivamente di spessore nel tempo, con la frantumazione del bedrock e l'accumulo di materia organica. Anche l'attività di pascolo e razzolamento del bestiame selvatico e domestico (specie se in gruppi numerosi o mandrie) contribuisce all'erosione del terreno, provocandone il denudamento dal manto vegetativo e favorendo l'erosione da parte degli elementi (pioggia, vento) e degli agenti dell'alterazione (termo- e crioclastismo).

Diversi organismi intaccano direttamente la roccia esposta. I licheni contribuiscono all’erosione delle rocce mediante processi sia fisici che chimici, come la rottura meccanica del substrato da parte delle ife che penetrano i primi millimetri di roccia, l’espansione e la contrazione con le variazioni di umidità della biomassa di micelio penetrata nella roccia, la secrezione di acidi organici (ad esempio acido ossalico) che favoriscono la dissoluzione dei carbonati. L’anidride carbonica, prodotta dalla respirazione del tallo, dissolve le rocce calcaree in presenza di umidità, portando alla formazione di bicarbonati solubili che possono essere dilavati. Altri esempi in ambiente marino sono alcune specie di molluschi (ad esempio i bivalvi Lithophaga lithophaga, il cosiddetto "dattero di mare", e Pholas dactylus) si insediano nella roccia calcarea perforandola mediante secrezioni acide del mantello. La loro azione, che produce fori fino ad alcuni centimetri, può contribuire ad indebolire il piede di falesie calcaree, facilitandone l'erosione. Le strutture provocate da questo tipo di organismi (gastrochenoliti) si possono rinvenire anche fossili. Altri molluschi, come le patelle (gasteropodi) producono acidi che riescono a corrodere anche rocce silicatiche. Altri tipi di organismi marini perforanti sono alcune specie di poriferi (spugne del genere Cliona), vermi come anellidi policheti e sipunculidi, che producono fori di dimensioni da millimetriche a centimetriche. Diversi funghi, alghe e cianobatteri producono fori inferiori al millimetro (dell'ordine dei 100 micrometri). In questi casi si parla più propriamente di bioerosione.

Una forma molto comune di azione biologica sui terreni e sui sedimenti è la bioturbazione. Molti organismi, soprattutto invertebrati, sia di terraferma sia acquatici (sia continentali che marini) con la loro attività "disturbano" la tessitura e la struttura originaria dei suoli e dei sedimenti, dando luogo a strutture specifiche: si hanno strutture interpretabili come tracce di abitazione ("tane" e gallerie); tracce di locomozione, di reptazione, orme; tracce di nutrizione (di organismi limivori, che si nutrono della materia organica contenuta nel fango del fondale). Non si tratta tanto di una forma di erosione in senso stretto (perché non abbiamo trasporto) quanto di un'azione di trasformazione del sedimento. L'intensità di bioturbazione può arrivare a obliterare completamente la struttura originaria del sedimento (stratificazione, laminazione) e ad alterarne la tessitura (granulometria). L'intensità e la tipologia della bioturbazione inoltre è strettamente correlata a fattori come l'ossigenzione, la salinità delle acque, la presenza di correnti, il tasso di sedimentazione, che hanno un significato ecologico e paleoecologico di notevole interesse.

Gli organismi viventi dotati di parti mineralizzate (calcaree, silicee, etc.) una volta morti danno origine ad accumuli bioclastici che possono rimanere in posto o essere trasportati e rimaneggiati dagli agenti dell'erosione dando luogo a depositi bioclastici di varia natura. Questo aspetto però verrà approfondito in seguito, soprattutto nella lezione riguardante il modellamento in ambiente marino.

Per approfondire questo argomento, consulta la pagina Il modellamento marino (superiori).

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Per approfondire questa parte potresti consultare i seguenti testi alle pagine indicate:

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Vegetazione e denudamento

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Il tipo e la densità della copertura vegetativa dipende in larga misura dal regime climatico, che a sua volta dipenda sostanzialmente dalla latitudine e dall'altitudine. La copertura vegetale è molto efficace nel proteggere il substrato roccioso e la regolite soprastante dall'erosione da parte delle precipitazioni e delle acque correnti. Anche l'azione del vento viene ridotta se vi è vegetazione a trattenere le particelle fini di terreno nel suolo. La vegetazione ha un ruolo primario nella stabilizzazione dei versanti, anche ripidi, nelle regioni montuose. Nelle regioni aride, una copertura vegetale rada espone il bedrock e la regolite all'azione degli elementi (acque e vento): anche se gli episodi di pioggia sono rari, la degradazione è comunque attiva e lascia molto detrito che può essere rimobilizzato da alluvioni in seguito a piogge improvvise e violente(flash flood) tipiche di questi climi.

La natura della vegetazione che colonizza questo pianeta è variata in misura notevole nel tempo geologico. Si possono riconoscere quattro stadi nello sviluppo delle piante terrestri:

  • Pre-Siluriano. Non c'era ancora vegetazione a quel tempo sulle aree continentali: quindi si può ragionevolmente assumere che il denudamento fosse molto più elevato che non nell'attuale. Non era possibile l'impostazione di suoli evoluti, e la regolite era asportata rapidamente degli elementi.
  • Siluriano - Cretaceo medio. I principali gruppi di piante erano felci, licopodi e conifere, con un apparato radicale piuttosto semplice, relativamente poco efficace nello stabilizzare il suolo e la regolite.
  • Cretaceo medio - Cenozoico medio (Oligocene). Si ha lo sviluppo delle angiosperme ("piante da fiore"), con apparati radicali complessi e sviluppati, più efficaci nel trattenere il suolo.
  • Miocene - Attuale. L'evoluzione delle graminacee (l'erba) ricopre gran parte delle aree continentali con piante aventi apparati radicali densi, fibrosi e intrecciati estremamente efficaci nello stabilizzare il suolo.

L'azione dell'uomo (attività antropogenica), con il disboscamento di vaste aree della Terra, ha aggravato in misura estrema il denudamento (l'asportazione di suolo) da parte dei fattori dell'erosione. Questo avviene in particolar modo nelle regioni tropicali, in cui per il regime climatico (elevata umidità e ampia disponibilità d'acqua, alta temperatura e attività elevata dei processi chimici e biologici) il terreno è fortemente alterato in profondità sotto le radici degli alberi, e quindi una volta tolta la copertura vegetale l'effetto del denudamento è catastrofico, in termini di inondazioni, frane, colate di fango, asportazione di suolo fertile e impoverimento della biodiversità.


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Per approfondire questa parte potresti consultare i seguenti testi alle pagine indicate:

  • Ruolo della vegetazione nel contrastare il denudamento[11]

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Opere di difesa dei versanti

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Le opere di difesa dei versanti hanno lo scopo di contenerne la degradazione e l’erosione da parte degli agenti naturali, e di evitarne la compromissione statica per l'azione della gravità. La tipologia di queste opere è estremamente varia e richiede una progettazione specifica caso per caso, basata sulle caratteristiche morfologiche e di esposizione dei versanti, la loro composizione e tessitura (litotipi, terreni), la presenza e la distribuzione di fratture naturali e faglie, il regime climatico (precipitazioni ed escursioni termiche, azione del gelo-disgelo, ruscellamento), e il contesto antropico (presenza di manufatti, infrastrutture, abitati...) con i relativi fattori di rischio idrogeologico. Per il corretto dimensionamento di queste strutture sono necessari sondaggi meccanici e talora prospezioni geofisiche (sismiche, geoelettriche, radar) per indagare la natura del terreno in profondità, prove geotecniche in situ e in laboratorio, su campioni, per determinare le caratteristiche fisico-chimiche e di resistenza di rocce e terreni. Le categorie principali possono essere sintetizzate come segue:

  • Opere di sostegno. Sono interventi diretti a stabilizzare e sostenere il terreno dove per cause naturali o antropiche si hanno situazioni che non permettono al terreno stesso di assumere la sua naturale pendenza di equilibrio: per esempio in intagli e gallerie stradali e ferroviari, in presenza di abitati, strutture produttive e ricreative, corsi d’acqua. Le opere di sostegno possono essere rigide oppure flessibili (capaci cioè di adattarsi alle deformazioni dei terreni o degli ammassi rocciosi senza rotture o danni significativi). Si dividono in:
    • Murature. Il tipo in pietrame a secco costituisce una tecnica in realtà di origine antichissima, molto usata in passato e ancora attualmente per scopi di sostegno ma anche per terrazzamenti agricoli. Si tratta di strutture in parte flessibili, che permettono un ottimo drenaggio: l’acqua di ruscellamento sotto-superficiale quindi può essere smaltita senza accumularsi dietro l’opera ed esercitare pressione contro il paramento murario. Inoltre l’impatto paesaggistico è contenuto. I muri in pietrame o mattoni legati da malta o più recentemente in calcestruzzo rappresentano l’evoluzione del tipo precedente. La sezione è generalmente trapezoidale. Agiscono a gravità, opponendosi col proprio peso alle sollecitazioni del versante a monte. Sono opere definitive, molto pesanti e di forte impatto paesaggistico, che comunque necessitano di manutenzione continua e devono contenere opere di drenaggio (fori e canalette per lo scarico delle acque di superficie e di sottosuolo). E’ necessario che la base della fondazione sia impostata su terreni stabili e di buona capacità portante. In caso contrario, prima di procedere all'esecuzione dell'opera, occorre eseguire interventi di miglioramento delle caratteristiche fisico - meccaniche del terreno in sito, mediante costipamento meccanico, asportazione e sostituzione parziale del terreno con altro di idonee qualità. I muri in calcestruzzo armato sono strutture a limitato spessore dotate di un paramento verticale (in genere a sezione trapezoidale, e di una fondazione con una base a mensola interrata volta verso monte. Sono molto resistenti e agiscono a semigravità: la resistenza interna alla trazione viene garantita dalle armature interne, mentre la stabilità al ribaltamento viene garantita, oltre che dal peso dell’opera, anche dal contributo del peso del terreno che grava sulla base a mensola. Possono essere ulteriormente rinforzati da contrafforti esterni o interni e ancorati da tiranti (elementi a cavo o a barra in acciaio che "ancorano" l’opera al substrato mediante trazione). Anche queste opere necessitano di opere di drenaggio per evitare la formazione alle spalle di sovrappressioni idrauliche. Più recentemente (dagli anni ’60 del secolo scorso) sono in uso i muri cellulari, costituiti da elementi prefabbricati a incastro che formano una struttura a griglia, riempita da terreno di riporto. Si tratta di opere a gravità. Queste opere sono molto flessibili, non necessitano di fondazioni impegnative, hanno un impatto limitato, in quanto consentono la piantumazione di vegetali entro la struttura stessa, e presentano un’ottima capacità drenante. Una successiva ulteriore evoluzione è costituita dalle terre rinforzate, ottenute inserendo nel terreno elementi che conferiscono al terreno stesso resistenza alla trazione (cioè a sforzi di taglio rispetto al pendio, che intervengono in caso di fenomeni franosi). Poiché la maggior parte dei terreni è dotata naturalmente di resistenza alla compressione, il risultato è un sistema composito dotato di caratteristiche meccaniche superiori a quelle del terreno originario. Questi elementi possono essere di vario tipo (reti e barre in metallo, griglie e tessuti in materiale polimerico sintetico). Si tratta delle opere più flessibili e versatili, e a minore impatto paesaggistico, per la stabilizzazione dei versanti.
    • Gabbionate. Sono strutture di sostegno modulari formate da elementi di forma a parallelepipedo in rete di acciaio riempiti di pietrame. Sono strutture a gravità molto flessibili e permeabili, molto adattabili alla morfologia del territorio.
    • Pali: elementi allungati, cilindrici o prismatici, in legno, metallo o calcestruzzo armato, infissi mediante pressione, battitura, oppure (nel caso dei pali in calcestruzzo) trivellati e gettati in opera. Sono utilizzati sia per scopi di consolidamento dei versanti che per opere di fondazione. Generalmente infissi in serie (palificate).
    • Ancoraggi. Utilizzati per la stabilizzazione di scarpate e pendii instabili. Si tratta di chiodi e bulloni (aste metalliche ancorate alla roccia o al terreno mediante miscele cementizie), oppure di tiranti: sistemi a trazione costituiti in sintesi da una piastra esterna, da un’asta o un cavo di trazione e da un ancoraggio alla roccia intatta (di tipo meccanico o con miscele cementizie).
    • Spritzbeton. Utilizzato per consolidare pareti e scarpate rocciose, generalmente in combinazione con ancoraggi. Si tratta di calcestruzzo a presa rapida spruzzato direttamente sulla parete, con armatura di rinforzo.
  • Opere di difesa massi. Si tratta di strutture di difesa passiva, realizzate alla base di versanti instabili in roccia o in corrispondenza di canaloni, finalizzate ad arrestare blocchi e massi e altro materiale detritico mobilizzato (ad esempio tronchi d’albero). Sono normalmente paralleli all'andamento del pendio, con sviluppo anche di decine o centinaia di metri, spesso in combinazione con muri di sostegno. Possono essere barriere paramassi, rigide (costituite da pannelli d’acciaio modulari ancorati a pali) o flessibili (costituite da reti d’acciaio ancorate a pali), e da reti paramassi, strutture elastiche che rivestono la parete rocciosa, fissate con ancoraggi. Possono essere messi in opera anche valli e rilevati paramassi, rispettivamente scavi e terrapieni sagomati opportunamente (in genere con sezione a trapezio), con andamento parallelo al versante, che hanno la funzione di bloccare i detriti in rotolamento o in caduta o smorzarne l’energia cinetica. Dove non sono possibili opere più economiche a difesa di intrastrutture come strade e ferrovie si realizzano gallerie paramassi. Si tratta di opere in calcestruzzo armato, in genere prive di paramento verso valle e ivi sostenute da pilastri. Il paramento a monte è costituito da un muro di sostegno. La copertura è spesso spiovente per offrire meno resistenza alle frane, se orizzontale è sovente ricoperta di terra e inerbita o di pietrisco per assorbire meglio gli urti.
  • Opere di drenaggio. Si tratta di interventi per la regimazione (la regolarizzazione del deflusso) delle acque superficiali, per scopi di stabilizzazione dei versanti o dopo un fenomeno franoso, per allontanare il più possibile le acque dall’area instabile e non aggravare la situazione statica. Sono canalette in terra o materiale vario prefabbricato (legno, pietra, calcestruzzo, lamiera), fossi di guardia (fossi scavati in modo da intercettare le acque a monte della zona instabile), cunei filtranti (rivestimenti di pietrame alla base del pendio, fatto per consolidare il versante e allontanare le acque superficiali), tubi drenanti (in genere in PVC), che costituiscono sistemi di drenaggio orizzontali profondi infissi nel pendio, e trincee drenanti, opere di drenaggio superficiali costituite da scavi paralleli alla massima pendenza del pendio. In caso di opere di notevole impegno abbiamo anche pozzi drenanti e gallerie drenanti, eseguiti per intercettare e abbassare il più rapidamente possibile il livello delle acque nella massa di terreno instabile.
  • Opere di stabilizzazione superficiale. Sono opere che abbinano materiali vivi (piante) e inerti (legname, terre, rocce, calcestruzzo, metallo, sintetici), spesso prefabbricati. I materiali vivi hanno sia una funzione ecologica e di riduzione dell’impatto paesaggistico che di rinforzo, consolidando il terreno con l’apparato radicale e intercettando e rallentando il deflusso delle acque superficiali; gli elementi inerti forniscono un supporto stabile e proteggono le piante dallo scalzamento. Sono di vario tipo (palizzate, fascinate, viminate, gradonate…) ed offrono la massima flessibilità. Vengono messe in opera in genere come intervento preventivo sui versanti in stato di degrado, oppure, in caso di eventi franosi già avvenuti, dopo interventi di consolidamento più incisivi (opere di sostegno e di drenaggio), per completare la sistemazione dell’area. La messa in opera prevede spesso la riprofilatura del versante, con interventi di attenuazione e regolarizzazione del pendio.
  • Opere per il controllo dell’erosione superficiale. Si tratta sostanzialmente di rivestimenti in materiale vario (sintetico o biodegradabile) e di forma varia (reti, tessuti, geostuoie con struttura tridimensionale), che rivestono il versante con lo scopo di stabilizzarlo e favorire l’attecchimento e la crescita della copertura vegetale.

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Per approfondire questa parte potresti consultare i seguenti testi alle pagine indicate:

  • Opere di difesa dei versanti[12]

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Note

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Esplicative

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  1. Sotto forma di aggregati micro-cristallini definiti sericite.
  2. Ovvero soggetti continua variazione di configurazione
  3. Erosione che dal punto d'origine del solco d'erosione si propaga "all'indietro", verso monte, erodendo sempre più materiale del pendio.
  4. Un impluvio è la linea che unisce i punti più bassi di un solco vallivo, e la parte in cui l'acqua tende a scorrere.
  5. Displuvio o spartiacque: la linea culminante di un rilievo che determina il limite tra un impluvio e l'altro.
  6. Per materiale lapideo si intende materiale roccioso litificato, cioè trasformato in roccia compatta, indipendentemente dall'origine e dalla composizione (può essere per esempio un granito o un calcare, o un'arenaria cementata). Si tratta di un termine utilizzato in geotecnica per definire la 'competenza del materiale (questo termine indica tradizionalmente elevata coerenza, resistenza, rigidità di un materiale). I materiali lapidei sono dotati di elevata resistenza meccanica (ovvero possono sopportare sforzi applicati notevoli prima di giungere a rottura) e di portanza (o capacità portante), cioè di resistenza alle sollecitazioni di compressione verticale.
  7. I conoidi di detrito non vanno confusi con i conoidi alluvionali, dove è invece determinante l'azione delle acque correnti e che fanno parte dei sistemi alluvionali, di cui tratteremo in seguito.
  8. La viscosità è una grandezza fisica che misura la resistenza di un fluido allo scorrimento. E' legata all'attrito tra le molecole del fluido. Ad esempio: l'olio è più viscoso dell'acqua.

Bibliografiche

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  1. Nichols (2009), p. 89-93.
  2. Ricci Lucchi (1980a), pp. 13-17.
  3. Panagos et al. (2015).
  4. Marziano (2016), pp. 13.
  5. Ippolito et al. (1980), pp. 248-258.
  6. Marziano (2016), pp. 11-23.
  7. Marziano (2016), pp. 23-25.
  8. Nichols (2009), pp. 92-93.
  9. Ricci et al..
  10. Ricci Lucchi (1980b), pp. 164-171.
  11. Nichols (2009), p. 98.
  12. Marasciulo et al. (2002).

Bibliografia

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  • Ippolito F., Nicotera P., Lucini P., Civita M. e De Riso R., Geologia Tecnica per ingegneri e geologi, Milano, Arnoldo Mondadori, 1980.
  • Marasciulo T., Pascarella F. e Guerra M., Atlante delle opere di sistemazione dei versanti. APAT, Manuali e Linee guida 10/2002., a cura di Ligato D., Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici (APAT), 2002.
  • Marziano G., Frane e alluvioni. Guida al modello di conoscenza e al comportamento., Palermo, Dario Flaccovio, 2016, ISBN 9788857906096.
  • (EN) Nichols G., Sedimentology and stratigraphy - 2nd ed., Oxford, UK, Wiley-Blackwell, 2009, pp. 129-150; 179-214.
  • (EN) Panagos P., Ballabio C., Borrelli P., Meusburger K., Klik A., Rousseva S., Tadic M.P., Hrabalikova M. Michaelides S., Hrabalikova M., Olsen P., Aalto J., Lakatos M., Rymszewicz A., Dumitrescu A., Begueria S. e Alewell C., Rainfall erosivity in Europe., in Science of the Total Environment 511: 801-814., 2015, DOI:10.1016/j.scitotenv.2015.01.008.
  • Ricci Lucchi F., Sedimentologia. Parte 1 - Materiali e tessiture dei sedimenti, Bologna, CLUEB, 1980.
  • Ricci Lucchi F., Sedimentologia. Parte 2 - Processi e meccanismi di sedimentazione, Bologna, CLUEB, 1980b.
  • Ricci S., Sacco Perasso C. e Antonelli F., La Bioerosione Marina dei manufatti sommersi, su http://www.icr.beniculturali.it/pagina.cfm?umn=75&uid=499&usz=2&smn=107, Ministero per Beni e le Attività Culturali. Istituto Centrale per il Restauro.