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Zij al-Sindhind

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Zīj al-Sindhind (in arabo ﺯﻳﺞ ﺍﻟﺴﻨﺪﻫﻨﺪ?, Zīj al‐Sindhind, lett. "Tavole astronomiche del Sindhind", dal termine sanscrito siddhānta, "sistema" o "trattato") è un lavoro indiano di zīj (manuale astronomico con tavole usate per calcolare le posizioni dei corpi celesti) che fu parzialmente tradotto verso il 773 alla corte del califfo abbaside al-Manṣūr a Baghdad.

Al-Manṣūr richiese infatti una traduzione in arabo dal sanscrito di questo siddhānta (che costituiva una parte del Brāhmasphuṭasiddhānta, composto da Brahmagupta a Bhillamāla (Rajasthan meridionale) nel 628, in onore del signore della dinastia Cāpa Vyāghramukha (Fiyāghra in arabo) ).
Si ha motivo di credere che l'astronomo e traduttore dell'VIII secolo, Muhammad ibn Ibrahim al-Fazari, abbia contribuito a questa traduzione,[1] assieme a suo padre Ibrahim al-Fazari e a Ya'qub ibn Tariq

L'interesse dei musulmani per l'astronomia era tanto accentuato che nel 771 una missione indiana si era recata nella capitale abbaside "per insegnarvi le scienze indiane e per cooperare nella traduzione di testi in arabo".[2]

Il lavoro sarà completato da al-Khwarizmi: ragion per cui la sua fatica fu chiamata Zīj al‐Sindhind al‐kabīr, in arabo ﺯﻳﺞ ﺍﻟﺴﻨﺪﻫﻨﺪ ﺍﻟﻜﺒﻴﺮ ("Grande Zīj al‐Sindhind").

Fu il primo lavoro di Zīj, basato su metodi astronomici indiani, indicati come Sindhind. Il lavoro contiene Tavole relative al movimento del Sole, della Luna e dei cinque pianeti noti al tempo. È approssimativamente articolato in 37 capitoli su calcoli calendariali e astronomici e in 116 Tavole con calendario, dati astronomici e astrologici, come pure una tavola dei valori del seno.

  1. ^ Plofker 2007.
  2. ^ Seyyed Hossein Nasr, Scienza e civiltà nell'Islam, Milano, Feltrinelli, 1977, p. 138.

Voci correlate

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