Predica agli uccelli
La predica agli uccelli | |
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Autore | Giovanni |
Data | 1290-1295 circa |
Tecnica | affresco |
Dimensioni | 270×200 cm |
Ubicazione | Basilica superiore, Assisi |
La Predica agli uccelli è la quindicesima delle ventotto scene del ciclo di affreschi delle Storie di san Francesco della Basilica superiore di Assisi, attribuiti a Giotto. Fu dipinta verosimilmente tra il 1295 e il 1299. Misura 270x200 cm, più di altre scene, perché si trova sulla controfacciata (come la scena del Miracolo della sorgente).
Descrizione e stile
[modifica | modifica wikitesto]Questo episodio appartiene alla serie della Legenda maior (XII,3) di san Francesco: "Andando il beato Francesco verso Bevagna, predicò a molti uccelli; e quelli esultanti stendevano i colli, protendevano le ali, aprivano i becchi, gli toccavano la tunica; e tutto ciò vedevano i compagni in attesa di lui sulla via."
Secondo la tradizione, la predica agli uccelli ebbe luogo sull'antica strada che congiungeva il castello di Cannara a quello di Bevagna[1]. Oggi il luogo dove San Francesco d'Assisi compì il miracolo è segnato da una pietra in località Piandarca nel Comune di Cannara in un'area ancor oggi incontaminata, raggiungibile attraverso un sentiero che inizia appena fuori dal paese e si snoda attraverso i campi. Nei pressi della pietra e lungo l'attuale strada che porta a Bevagna (la strada SP403) è edificata anche una piccola edicola a ricordo del miracolo.
È una delle scene più famose del ciclo, perché racconta un episodio molto amato dalla devozione popolare: forse Bonaventura voleva alludere con questo episodio alla capacità di Francesco di parlare a poveri ed emarginati. Il santo è rappresentato invecchiato e il suo volto esprime una grande dolcezza. Gli alberi sono a grandezza naturale, a differenza di quelli dipinti nei paesaggi bizantineggianti di scene come l'Elemosina del mantello o il Miracolo della sorgente. Lo sfondo è di una semplicità accattivante, con alberi in primavera sullo sfondo del cielo di lapislazzuli; nella parte centrale il colore è in parte caduto lasciando un tono più chiaro.
Al dipinto vennero dedicati numerosissimi studi esegetici e divagazioni letterarie, in particolare riguardo all'interrelazione tra la personalità di Giotto e le idee francescane. Danneggiata dall'umidità, della quale hanno sofferto anche altre scene della controfacciata, presenta lacune in corrispondenza degli uccelli poiché dipinti in larga parte a secco.[2]
Anche in questa scena, come in quelle vicine, gli incarnati rivelano i modi del "secondo capo bottega", che alcuni indicano in Pietro Cavallini.
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]Nel dipinto ambientato in un paesaggio naturale compaiono in primo piano San Francesco, gli uccelli, un albero e un frate. I colori che caratterizzano l'affresco sono il marrone e l'azzurro.
San Francesco è rappresentato con il suo solito vestito, scalzo, e con un'aureola sopra il capo; egli incontra uno stormo d'uccelli che non vola via subito e così il santo gli rivolge una predica.
Gli uccelli attendono speranzosi le parole del santo e dopo la benedizione volano via.
Il frate posto al fianco del santo osserva sbalordito la scena.
In secondo piano troviamo un altro albero proprio dietro al frate.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ questa tradizione è confermata da numerose fonti come la biografia sulla vita di san Francesco scritta da Tommaso da Celano "Vita prima S. Francisci Assisiensis" cap. XXI e da "I fioretti" cap. XVI secondo la versione in umbro volgare del XIV secolo conservata negli Archivi del Sacro convento di Assisi
- ^ La studiosa Chiara Frugoni sostiene nel suo libro (Quale Francesco? Il messaggio nascosto negli affreschi della Basilica superiore ad Assisi, Einaudi, Torino 2015) che le colombe dell'affresco si richiamano ad alcune profezie di scritti pseudo-gioachimiti. Gioacchino da Fiore avrebbe addirittura previsto che sarebbe giunto un ordine colombino; più precisamente, Gioacchino avrebbe previsto l'arrivo di due ordini: quello francescano, simboleggiato da una colomba per la sua purezza, e quello domenicano, simboleggiato da un corvo (con allusione al colore dell'abito). Le colombe che risalgono al cielo sono dunque i frati, rappresentanti dell'Ordine colombino, e in altri testi le colombe sono le anime che salgono al cielo: queste colombe rappresentano quindi la perfezione dei Francescani che vanno in Paradiso. Le colombe della controfacciata, che rappresentano simbolicamente i Francescani, si rispecchiano nell'abside nei frati "reali", dipinti da Cimabue, già nei Cieli, ai piedi del trono su cui siedono Cristo e la Vergine. ("Francesco, uno, nessuno e centomila"; intervista di Furio Cappelli a Chiara Frugoni, Medioevo, aprile 2016, n. 231, pag. 32 e sgg.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Maurizia Tazartes, Giotto, Rizzoli, Milano 2004. ISBN non esistente
- Edi Baccheschi, L'opera completa di Giotto, Rizzoli, Milano 1977. ISBN non esistente
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