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Lucio Cornelio Silla

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Lucio Cornelio Silla
Console e dittatore della Repubblica romana
Busto di epoca augustea che, secondo la tradizione, ritrarrebbe Silla
Nome originaleLucius Cornelius Sulla
Nascita138 a.C.
Roma
Morte78 a.C.
Cuma
ConiugeGiulia[N 1][N 2]
Elia[N 2]
Clelia
Cecilia Metella Dalmatica
Valeria Messalla
Figlida Giulia
Cornelia Silla
Lucio Cornelio Silla
da Metella
Fausto Cornelio Silla
Fausta Cornelia Silla
Lucio Cornelio Silla
da Valeria
Cornelia Postuma
GensCornelia
PadreLucio Cornelio Silla
Questura107 a.C.
Pretura97 a.C.
Propretura96 a.C. in Cilicia
Consolato88 a.C.
80 a.C.
Proconsolato87 a.C. - 84 a.C. in Asia
Dittatura82 - 79 a.C.
Lucio Cornelio Silla
NascitaRoma, 138 a.C.
MorteCuma, 78 a.C.
Cause della mortecancro
EtniaLatino
ReligioneReligione romana
Dati militari
Paese servitorepubblica romana
Forza armataEsercito romano
GradoDux
Guerre
Battaglie
Comandante diEsercito romano
Altre caricheDictator
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Lucio Cornelio Silla (in latino Lucius Cornelius Sulla Felix[1], pronuncia classica o restituta: [ˈluːkɪʊs kɔrˈneːlɪʊs ˈsʉlla ˈfeːlɪks], nelle epigrafi L·CORNELIVS·L·F·P·N·SVLLA·FELIX; Roma, 138 a.C.Cuma, 78 a.C.) è stato un generale e dittatore romano.

Origini familiari

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Lucio Cornelio Silla naque nel 138 a.C. a Roma da un ramo della gens patrizia dei Cornelii caduto in disgrazia.[2] La motivazione è rintracciabile all'inizio del III secolo a.C.: un quadrisavolo di Silla, Publio Cornelio Rufino, nonostante fosse stato console nel 290 a.C. e nel 277 a.C., dittatore in data imprecisata e avesse celebrato il trionfo sui Sanniti, fu espulso dal Senato nel 275 a.C. perché possedeva più di dieci libbre di argenteria in casa.[3] Il figlio di Rufino, Publio Cornelio, fu nominato flamen Dialis, posizione di massima importanza in ambito religioso, ma i cui obblighi lo escludevano di fatto dalla vita politica.[4] Questi fu il primo a portare il cognomen Sulla.[5]

Nelle sue Memorie, Silla stesso scrive che il primo Sulla fu il flamine, facendo derivare la parola dal nome della Sibilla: infatti Publio Cornelio, figlio del sacerdote e bisavolo di Silla, aveva consultato i Libri sibillini per decidere se celebrare i primi ludi Apollinares;[6] questo tentativo di nobilitare il cognomen non rispetterebbe però un'antica usanza romana.[7] Tradizionalmente, infatti, il cognomen descriveva un tratto della famiglia che lo portava: in questo caso, mentre Rufinus richiamava la capigliatura rossa della famiglia, Sulla derivava da suilla, «carne di porco», e alludeva alla pelle chiara e cosparsa di lentiggini.[N 3]

Nonostante il cambiamento del cognomen, la reputazione della famiglia non migliorò e i successori del flamine non ricoprirono cariche superiori a quella pretoria.[8] Il bisavolo di Silla, Publio Cornelio, fu unitamente praetor urbanus e peregrinus nel 212 a.C.[9] e, come già detto, indisse i primi Giochi di Apollo. Avvicinandosi all'età di Silla le informazioni scarseggiano: del primogenito e nonno di Silla, omonimo di suo padre, si sa che fu pretore in Sicilia nel 186 a.C.,[10] mentre il secondogenito, Servio, ricoprì la carica in Sardegna nel 175 a.C.[11]

Del padre, Lucio Cornelio Silla, si sa ancora meno: è probabile che non fosse il primogenito di Publio e che fu amico di Mitridate il Grande,[12] per cui potrebbe essere stato promagistrato in Asia[11] o membro di una delle numerose delegazioni che venivano frequentemente inviate in Oriente.[11] Ebbe due mogli: la seconda, matrigna di Silla, dovette essere assai ricca.[13]

Busto virile detto Silla, copia del 40 a.C. ca. di un originale della fine del II sec. a.C. o dell'età augustea, marmo, alt. 47 cm. Copenaghen, Ny Carlsberg Glyptotek (fino al 1897 in Roma, Palazzo Barberini, collezione privata). Già dal 1642 la scultura era identificata con Silla ma, considerata la datazione (incerta), si può dire che probabilmente non lo ritrae.[14]

Poco si sa della fanciullezza di Silla. Ci rimane solo una leggenda, secondo cui, poco dopo la sua nascita, una donna lo vide in grembo alla nutrice e le disse «Puer tibi et reipublicae tuae felix» (Il fanciullo [sarà] fonte di gioia per te e per lo Stato).[15] Certo è che il crollo del prestigio condizionò la situazione economica della famiglia, descritta così da Plutarco:

(GRC)

«οἱ δὲ μετ’ ἐκεῖνον ἤδη ταπεινὰ πράττοντες διετέλεσαν, αὐτός τε Σύλλας ἐν οὐκ ἀφθόνοις ἐτράφη τοῖς πατρῴοις. γενόμενος δὲ μειράκιον ᾤκει παρ’ ἑτέροις ἐνοίκιον οὐ πολὺ τελῶν, ὡς ὕστερον ὠνειδίζετο παρ’ ἀξίαν εὐτυχεῖν δοκῶν. σεμνυνομένῳ μὲν γὰρ αὐτῷ καὶ μεγαληγοροῦντι μετὰ τὴν ἐν Λιβύῃ στρατείαν λέγεταί τις εἰπεῖν τῶν καλῶν τε κἀγαθῶν ἀνδρῶν· «Καὶ πῶς ἂν εἴης σὺ χρηστός, ὃς τοῦ πατρός σοι μηδὲν καταλιπόντος τοσαῦτα κέκτησαι;»»

(IT)

«I suoi [di Rufino] discendenti, fin dal primo, condussero una vita mediocre e Silla stesso fu allevato in una situazione patrimoniale niente affatto invidiabile. Da adolescente abitava in casa d'altri e pagava un affitto basso; questo gli fu rinfacciato in seguito, perché sembrava aver raggiunto una fortuna superiore al merito. Si dice che, dopo la campagna in Libia, quando si faceva bello e si vantava, uno dei boni gli si rivolse con queste parole: «E come potresti essere meritevole di lodi tu, che ti sei ritrovato tante ricchezze senza che tuo padre ti abbia lasciato niente?»»

Il biografo greco probabilmente esagera, perché Silla non crebbe nella povertà più assoluta: era ricco agli occhi del plebeo, ma povero agli occhi del nobile, una posizione assimilabile a quella di cavaliere.[16] Nonostante l'ambiente modesto in cui visse, a Silla fu impartita un'ottima educazione, degna delle sue origini patrizie: gli furono insegnati la letteratura latina e greca,[17] il diritto, la retorica, la filosofia e l'arte e fu impregnato dei valori tradizionali del mos maiorum.[18] Con questi strumenti, Silla poteva certamente rivaleggiare con i più eruditi della sua epoca, ma per ottenere una carica gli serviva il denaro.

La speranza di ricoprire una magistratura sembrò svanire quando, verso l'età in cui indossò la toga virilis (circa 17 anni), il padre Lucio morì senza lasciargli nulla in eredità.[19] Il giovane Silla, che godeva di un reddito annuo di 9000 sesterzi, nove volte maggiore rispetto a quello di un operaio, ma decisamente umile per un aristocratico,[19] prese a frequentare i sobborghi dell'Urbe, che poco si addicevano a un patrizio, e personaggi ambigui come mimi e istrioni,[20] per cui scrisse anche alcune atellane.[21] Secondo Plutarco, in occasione delle bevute con i suoi amici plebei Silla, la cui immagine è passata alla storia come severo dittatore, mostrava il suo lato migliore:

(GRC)

«[...] ἀλλ’ ἐνεργὸς ὢν καὶ σκυθρωπότερος παρὰ τὸν ἄλλον χρόνον, ἀθρόαν ἐλάμβανε μεταβολὴν ὁπότε πρῶτον ἑαυτὸν εἰς συνουσίαν καταβάλοι καὶ πότον, ὥστε μιμῳδοῖς καὶ ὀρχησταῖς τιθασὸς εἶναι καὶ πρὸς πᾶσαν ἔντευξιν ὑποχείριος καὶ κατάντης.»

(IT)

«[...] sebbene fosse attivo e più accigliato per il resto del tempo, non appena si buttava nella mischia e si metteva a bere cambiava del tutto, tanto da diventare gentile con mimi cantanti e ballerini, dimesso e propenso ad accogliere ogni richiesta.»

Ormai pronto al matrimonio, Silla sposò una certa Ilia,[22] che potrebbe corrispondere a una Giulia, sorella di Lucio Giulio Cesare e Cesare Strabone Vopisco,[23] o una Giulia minore, sorella di Gaio Giulio Cesare, Sesto Giulio Cesare e Giulia maggiore, moglie di Gaio Mario,[24] o più probabilmente si tratta di un errore di Plutarco, per cui la figura di Ilia coinciderebbe con Elia,[25] la seconda moglie di Silla, di famiglia plebea e di cui non si sa altro che il nome[26]. In ogni caso, da Ilia Silla ebbe la sua prima figlia, Cornelia, e il primo figlio, Lucio, che morì infante.[27]

Ad ogni modo, il legame matrimoniale non gli impedì di intrattenere relazioni extraconiugali: coltivò una relazione omosessuale con l'attore Metrobio, un amore giovanile che portò con sé fino alla morte,[28] così come continuò a frequentare i circoli di buffoni. Amò anche la facoltosa Nicopoli, liberta più vecchia di lui e sua amante, che, quando spirò, lasciò al giovane Silla una grande eredità.[13] Nello stesso periodò morì anche la matrigna, da cui Silla ereditò un'altra ingente somma di denaro.[13] Fu probabilmente così che Lucio Cornelio Silla, nato da una famiglia decaduta, poté intraprendere la sua carriera politica: l'inizio della sua Felicitas.

Esordi della carriera e opposizione a Mario

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Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra giugurtina e Guerre cimbriche.

Nel 107 a.C. Silla fu nominato questore di Gaio Mario, del quale era cognato avendo sposato la sorella minore della moglie di Mario, Giulia, nel periodo in cui questi stava assumendo il comando della spedizione militare contro Giugurta, re della Numidia. Questa guerra si protraeva ormai dal 112 a.C., con risultati addirittura umilianti per l'esercito romano, tenuto in scacco dalle forze di questo piccolo regno africano.

Alla fine Mario, nel 106 a.C., riuscì a prevalere, soprattutto grazie all'abile e coraggiosa iniziativa di Silla, che riuscì a catturare Giugurta convincendo il suocero Bocco e gli altri familiari a tradirlo e consegnarlo ai Romani. La fama che gliene derivò gli servì da trampolino di lancio per la carriera politica, ma provocò il risentimento e la gelosia di Mario nei suoi confronti. Difatti Silla continuò a servire nello Stato Maggiore di Mario fino all'elezione al consolato di Quinto Lutazio Catulo, di antica famiglia aristocratica come lui, e infine passando nello Stato Maggiore di quest'ultimo nella difficile campagna condotta in Gallia contro le tribù germaniche dei Cimbri e dei Teutoni (104103 a.C.). Silla si distinse anche in questa occasione, aiutando il console Quinto Lutazio Catulo e Mario a sconfiggere i Cimbri nella Battaglia dei Campi Raudii, presso Vercelli, nel 101 a.C..

Al suo ritorno a Roma, Silla riuscì a farsi eleggere pretore urbano, e i suoi avversari non mancarono di accusarlo di aver corrotto all'uopo molti degli elettori. In seguito fu assegnato al governo della Cilicia, regione situata nell'odierna Turchia. Nel 96 a.C. si assistette a un avvenimento storico per quell'epoca. La Repubblica romana e il grande Impero dei Parti vennero a contatto in modo del tutto pacifico. Una delegazione inviata dal sovrano parto, Mitridate II, si incontrò sulle rive dell'Eufrate con il pretore Lucio Cornelio Silla, governatore della nuova provincia di Cilicia.[29]

«Dopo l'anno di pretura, [Silla] fu inviato in Cappadocia. Motivo ufficiale della sua missione era il porre di nuovo sul trono Ariobarzane I.[30] In verità egli aveva il compito di contenere e controllare l'espansione di Mitridate, che stava acquisendo nuovi domini e potenza non inferiori a quanti ne aveva ereditati.»

La missione di Silla, procuratore della Cilicia, nel 96 a.C., quando incontrò un satrapo dei Parti presso Melitene (futura fortezza legionaria)
Rovine di Aeclanum, la città del Sannio irpino conquistata da Silla

Questo primo incontro fissò sull'Eufrate il confine tra i due imperi.[31][32] Una curiosità di quell'incontro fu che Silla cercò, anche in quella circostanza, di affermare la preminenza di Roma sulla Partia, sedendosi fra il rappresentante del Gran Re e il re di Cappadocia, come se desse udienza a dei vassalli. Una volta venuto a conoscenza dell'accaduto, il re dei Parti fece giustiziare colui che lo aveva così maldestramente sostituito all'incontro con il comandante militare romano. Ecco come racconta l'episodio Plutarco:

«Silla soggiornava lungo l'Eufrate, quando venne a trovarlo un certo Orobazo, un parto, quale ambasciatore del re degli Arsacidi. In passato non c'erano mai stati rapporti di sorta tra i due popoli. Tra le grandi fortune toccate a Silla, va ricordata anche questa. Egli fu infatti il primo romano che i Parti incontrarono, chiedendo alleanza e amicizia.[33] In questa occasione si racconta che Silla fece disporre tre sgabelli, uno per Ariobarzane I, uno per Orobazo e uno per sé, e li ricevette mettendosi al centro tra i due. Di questa situazione alcuni lodano Silla, perché ebbe un contegno fiero di fronte a due barbari, altri lo accusano di impudenza e vanità oltre misura. Il re dei Parti, da parte sua, mise poi a morte Orobazo.»

Al termine del 96 a.C. Silla lasciò il Medio Oriente e rientrò a Roma, dove si unì al partito degli oppositori di Gaio Mario. In quegli anni la Guerra Sociale (91-88 a.C.) era al suo culmine. L'aristocrazia romana si sentiva minacciata dalle ambizioni di Mario che, vicino alle posizioni del partito popolare, aveva già retto il consolato per 5 anni di seguito, dal 104 a.C. al 100 a.C. Nella repressione di quest'ultimo moto di ribellione delle popolazioni italiche alleate di Roma, Silla si mise particolarmente in luce come brillante e geniale stratega, eclissando sia Mario sia l'altro console Gneo Pompeo Strabone (padre di Gneo Pompeo Magno). Una delle sue imprese più famose fu la cattura di Aeclanum, città degli Irpini, ottenuta incendiando il muro di legno che difendeva la città assediata. Come conseguenza, nell'88 a.C., ottenne per la prima volta il consolato, insieme a Quinto Pompeo Rufo.

Occupazione militare di Roma

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Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra civile romana (83-82 a.C.).

Silla, assunta la carica di console, ricevette poco dopo dal Senato l'incarico di governare la provincia d'Asia. Durante il governatorato organizzò una nuova spedizione in Oriente e combatté la prima guerra mitridatica.[34] Si lasciò tuttavia alle spalle, a Roma, una situazione assai turbolenta. Mario era ormai vecchio, ma nonostante ciò aveva ancora l'ambizione di essere lui, e non Silla, a guidare l'esercito romano contro il re del Ponto Mitridate VI. Per ottenere l'incarico, Mario convinse il tribuno della plebe Publio Sulpicio Rufo a fare approvare una legge che sottraesse a Silla la guida, già legittimamente conferitagli, della guerra contro Mitridate e gliela attribuisse.

Appresa la notizia Silla, accampato in quel momento nell'Italia meridionale in attesa di imbarcarsi per la Grecia, scelse le 6 legioni a lui più fedeli e, alla loro testa, marciò su Roma. Nessun comandante, in precedenza, aveva mai osato violare con l'esercito il perimetro della città (il cosiddetto pomerio). La cosa era talmente contraria alle tradizioni che Silla esentò gli ufficiali dal parteciparvi. Spaventati da tanta risolutezza, Mario e i suoi seguaci fuggirono dalla città. Dopo avere preso una serie di provvedimenti per ristabilire la centralità del Senato come guida della politica romana, Silla lasciò di nuovo Roma, e riprese la strada della guerra contro Mitridate.

Guerra contro Mitridate in Oriente

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Lo stesso argomento in dettaglio: Prima guerra mitridatica.
Mitridate (I secolo d.C., oggi al museo del Louvre)

Approfittando dell'assenza di Silla, sul finire dell'87 a.C. Mario riuscì a riprendere il controllo della situazione. Con il sostegno del console Lucio Cornelio Cinna (suocero di Gaio Giulio Cesare), ottenne che tutte le riforme e le leggi emanate da Silla fossero dichiarate prive di validità e che lo stesso Silla fosse ufficialmente dichiarato «nemico pubblico» e costretto perciò all'esilio. Insieme, Mario e Cinna eliminarono fisicamente un gran numero di sostenitori di Silla, e furono eletti consoli per l'anno 86 a.C. Mario morì pochi giorni dopo l'elezione e Lucio Valerio Flacco fu nominato consul suffectus al suo posto, mentre Cinna rimase a dominare incontrastato la politica romana, essendo rieletto console negli anni successivi.

Nel frattempo Silla si era recato in Grecia, dove portò alla caduta Atene nel marzo dell'86 a.C..[35][36] Il comandante romano vendicò quindi l'eccidio asiatico di Mitridate, compiuto su Italici e cittadini romani, compiendo un'autentica strage nella capitale attica. Silla proibì, invece, l'incendio della città, ma permise ai suoi legionari di saccheggiarla. Il giorno seguente il comandante romano vendette il resto della popolazione come schiavi.[36] Catturato Aristione, chiese alla città come risarcimento del danno di guerra, circa venti chili di oro e 600 libbre d'argento, prelevandole dal tesoro dell'Acropoli.[37]

Poco dopo fu la volta del porto di Atene del Pireo.[38] Da qui Archelao decise di fuggire in Tessaglia, attraverso la Beozia, dove portò ciò che era rimasto della sua iniziale armata, radunandosi presso le Termopili con quella del condottiero di origine tracia, Dromichete (o Tassile secondo Plutarco[39]). Con l'arrivo di Silla in Grecia nell'87 a.C. le sorti della guerra contro Mitridate erano quindi cambiate a favore dei Romani. Espugnata quindi Atene e il Pireo, il comandante romano ottenne due successi determinanti ai fini della guerra, prima a Cheronea,[40] dove secondo Tito Livio caddero ben 700.000 armati del regno del Ponto,[41][42][43] e infine a Orcomeno.[40][44][45][46]

Mappa dei movimenti delle armate romane, prima e durante la battaglia combattuta presso Cheronea
Mappa dei movimenti delle armate romane, durante la battaglia combattuta presso Orchomenos

Contemporaneamente, agli inizi dell'85 a.C., il prefetto della cavalleria, Flavio Fimbria, dopo aver ucciso il proprio proconsole, Lucio Valerio Flacco, a Nicomedia[47] prese il comando di un secondo esercito romano.[48][49] Quest'ultimo si diresse anch'egli contro le armate di Mitridate, in Asia, uscendone più volte vincitore,[50] riuscendo a conquistare la nuova capitale di Mitridate, Pergamo,[47] e poco mancò che non riuscisse a far prigioniero lo stesso re.[51] Intanto Silla avanzava dalla Macedonia, massacrando i Traci che sulla sua strada gli si erano opposti.[52]

«Quando Mitridate seppe della sconfitta a Orcomeno, rifletté sull'immenso numero di armati che aveva mandato in Grecia fin dal principio, e il continuo e rapido disastro che li aveva colpiti. In conseguenza di ciò, decise di mandare a dire ad Archelao di trattare la pace alle migliori condizioni possibili. Quest'ultimo ebbe allora un colloquio con Silla in cui disse: Tuo padre era amico di re Mitridate, o Silla. Fu coinvolto in questa guerra a causa della rapacità degli altri comandanti romani. Egli chiede di avvalersi del tuo carattere virtuoso per ottenere la pace, se gli accorderai condizioni eque».»

Dopo una serie di trattative iniziali, Mitridate e Silla si incontrarono a Dardano, dove si accordarono per un trattato di pace[53], che costringeva Mitridate a ritirarsi nei confini antecedenti la guerra,[53] ma ottenendo in cambio di essere ancora una volta considerato «amico del popolo romano». Un espediente per Silla, per poter tornare nella capitale a risolvere i suoi problemi personali, interni alla Repubblica romana. Si racconta che Silla, prima di tornare in Italia, ebbe un secondo incontro con ambasciatori del re dei Parti, i quali gli predissero che «divina sarebbe stata la sua vita e la sua fama». Allora Silla decise di tornare in Italia (primavera dell'83 a.C.), sbarcando a Brindisi con 300.000 armati.[54]

Il ritorno a Roma, la dittatura e le liste di proscrizione

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Lo stesso argomento in dettaglio: Proscrizione sillana.
Possibile ritratto di Silla (copia del I secolo d.C. (?) di un originale risalente al I secolo a.C., oggi conservata presso la Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen). L'identificazione è stata avanzata dall'archeologo tedesco Klaus Fittschen.[55]

Quando fu raggiunto dalla notizia della morte di Cinna, nell'84 a.C., lasciò l'Oriente e si mise in marcia verso Roma, ottenendo l'appoggio, tra gli altri, del giovane Gneo Pompeo Magno. Dopo un periodo iniziale di stasi delle operazioni militari, nel novembre dell'82 a.C. Silla ottenne la vittoria decisiva sconfiggendo nella Battaglia di Porta Collina un grande esercito costituito dalle legioni della fazione dei populares e dalle agguerrite truppe sannite al comando di Ponzio Telesino. L'esito di questa battaglia fu determinato in modo risolutivo dall'azione del futuro triumviro Marco Licinio Crasso che al comando dell'ala destra sbaragliò le forze nemiche, mentre Silla era in grave difficoltà sull'ala sinistra.

Subito dopo la battaglia, nel dicembre dell'82 a.C., essendo morti entrambi i consoli, Silla fu eletto dittatore[56] a tempo indeterminato dai comizi centuriati con la Lex Valeria de Sulla dictatore:[57] i suoi poteri comprendevano il diritto di vita e di morte, la possibilità di presentare leggi, di effettuare confische, di fondare città e colonie, di scegliere i magistrati.

Fu sulla base di questi poteri che Silla realizzò un'articolata serie di riforme, che, nelle sue intenzioni, dovevano risolvere la crisi in cui si dibatteva da decenni lo Stato romano. Divenuto padrone assoluto della città, Silla instaurò un vero e proprio regno del terrore, mettendo al bando e dichiarando fuori legge (prima proscrizione) tutti gli oppositori politici, offrendo ricompense a chi li avesse uccisi. I più colpiti furono i cavalieri, che erano sempre stati ostili a Silla e che presero potere grazie alla riforma del proletariato: ne furono uccisi 2.600 e i loro beni, messi all'asta a prezzi irrisori, finirono nelle tasche dei Sillani.

Il giovane Gaio Giulio Cesare, come genero di Cinna, fu costretto ad abbandonare precipitosamente la città, ma ebbe salva la vita grazie all'intercessione di alcuni amici influenti, soprattutto della cugina Cornelia, figlia di Silla, e del marito di lei Mamerco Emilio Lepido, princeps senatus. Silla annotò poi nelle proprie memorie di essersi pentito di averlo risparmiato ("e sia, lo risparmierò, ma vi avverto, in lui vedo mille volte Mario", frase citata in Svetonio, Vita di Cesare, edizioni Laterza), viste le ben note ambizioni politiche del giovane. Una vittima delle sue proscrizioni, con una morte particolarmente violenta e crudele fu Marco Mario Gratidiano, del quale si racconta che fosse decapitato da suo cognato Catilina anche se, in un frammento delle Storie, Sallustio non menziona Catilina nel descrivere la morte: a Gratidiano, dice, «la vita era sfuggita da lui pezzo per pezzo: le gambe e le braccia gli sono state spezzate e gli occhi cavati».

La circostanza che l'uccisione avvenisse presso la tomba di Catulo ha fatto pensare gli storici che si trattasse non di una semplice crudele vendetta ma di un vero e proprio sacrificio umano rituale per pacificare un antenato morto, riprendendo l'uso di sacrifici umani a Roma, documentati in tempi storici da Andrew Lintott, seppure da 15 anni fossero stati vietati.

Il nuovo ordine

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Ritratto di Silla su un denario battuto da suo nipote Quinto Pompeo Rufo

Ormai rimasto senza vere opposizioni, Silla attuò una serie di riforme tese a mettere il controllo dello Stato saldamente nelle mani del Senato, allargato per l'occasione da 300 a 600 senatori. La nomina a senatore fu resa, inoltre, automatica al raggiungimento della carica di questore, mentre prima era demandata alla scelta dei censori. Per evitare l'accumulo di poteri si stabilì un limite minimo di età per le varie magistrature: trent'anni per i questori, quaranta per i pretori, ecc.

Il potere dei tribuni della plebe fu inoltre fortemente ridimensionato: le loro proposte dovevano essere approvate preventivamente dal Senato e il loro diritto di veto limitato.

Il potere giudiziario fu restituito al Senato, sia per i reati più gravi sia per le cause di corruzione che la riforma graccana aveva demandato ai cavalieri.

In definitiva tutte le sue azioni erano animate dall'intento di restituire al partito aristocratico il controllo della città. Introdusse inoltre la legge per cui i vincitori di corone militari di grado pari o superiore alla civica sarebbero stati ammessi di diritto in senato indipendentemente dall'età, questo fu il motivo per cui Gaio Giulio Cesare all'età di vent'anni ebbe accesso al Senato.

Il ritiro dalla vita politica

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Cronologia
Vita di Lucio Cornelio Silla
Circa 138 a.C. nasce a Roma
107 a.C. nominato questore di Gaio Mario
106 a.C. fine della Guerra Giugurtina
104 - 103 a.C. legatus di Mario nella Gallia Ulteriore
103 a.C. legatus di Quinto Lutazio Catulo nella Gallia Ulteriore
101 a.C. sconfigge i Cimbri nella Battaglia dei Campi Raudii (Vercelli)
97 a.C. eletto pretore urbano
96 a.C. governatore della Cilicia[31][32]
91 - 88 a.C. comandante nelle Guerre Sociali
88 a.C. consolato insieme a Quinto Pompeo Rufo e successiva occupazione di Roma e messa fuori legge di Mario
87 a.C. spedizione in Medio Oriente contro Mitridate VI del Ponto
86 a.C. messo fuori legge da Mario
82 a.C. ritorna a Roma e la occupa con la forza per la seconda volta
82 a.C. eletto dittatore
80 a.C. consolato insieme a Quinto Cecilio Metello Pio
79 a.C. si dimette dal consolato e si ritira a vita privata
78 a.C. muore per cause naturali in Campania nella sua villa di Cuma

Nella sua veste di dittatore a vita Silla venne eletto console per la seconda volta nell'80 a.C. Cresceva intanto l'insofferenza verso gli eccessi compiuti dai suoi uomini. Un suo liberto fu denunciato in un processo, e sconfitto grazie alle arringhe del giovane Cicerone. Silla, sorprendendo tutti, l'anno successivo decise di abbandonare la politica per rifugiarsi nella propria villa di campagna, con l'intento di accingersi a scrivere le proprie memorie e riflessioni.

Quando si ritirò a vita privata, pare che attraversando la folla sbigottita uno dei passanti si mise a ingiuriarlo. Silla si limitò a rispondergli, beffardo: «Avresti avuto lo stesso coraggio a dirmi queste cose quando ero al potere?». E alla fine, personaggio dall'indole spietata e ironica allo stesso tempo, confidò ad uno dei suoi amici:

«Imbecille! Dopo questo gesto, non ci sarà più alcun dittatore al mondo disposto ad abbandonare il potere.[58]»

Plutarco nelle Vite parallele lo rappresenta come il vizio, narrando che fosse circondato da una variopinta corte di attori, ballerini e prostitute, fra cui un certo Metrobio, e che gli dei per punizione lo fecero ammalare di lebbra. Dopo aver terminato le sue riforme, nel 79 a.C. si ritirò a vita privata. In compagnia di questa allegra brigata, Sulla Felix fino all'ultimo respiro, morì nel 78 a.C., probabilmente di cancro. Lasciò vedova e incinta la sua ultima moglie, Valeria Messalla, che qualche mese dopo partorì una figlia, Cornelia Postuma.

Com'era allora d'uso presso i potenti di Roma, lui stesso dettò l'epitaffio che aveva voluto s'incidesse sul suo monumento funebre:

«Nessun amico mi ha reso servigio, nessun nemico mi ha recato offesa, che io non abbia ripagati in pieno.»

Conseguenze dell'operato politico di Silla

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I problemi politici e sociali che avevano portato alla guerra civile non erano però affatto risolti. Silla aveva ristabilito l'ordine oligarchico in virtù della forza derivatagli dagli eserciti, al cui appoggio avrebbero ricorso sia i sostenitori sia gli avversari del nuovo corso da lui instaurato. Da Silla in poi la vita politica e civile dello Stato fu perciò condizionata pesantemente dall'elemento militare: disporre di un esercito da usare contro gli avversari e, se si rivelasse necessario, contro le stesse istituzioni romane, divenne l'obiettivo principale dei più ambiziosi capi politici che aspiravano al potere. Il sistema costituzionale romano uscì distrutto dalla guerra civile. E l'esempio di Silla trovò presto un imitatore d'eccezione proprio in un uomo che aveva idee opposte alle sue: Giulio Cesare[59].

Matrimoni e discendenza

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Silla si sposò cinque volte:[60]

  • Giulia, chiamata anche Ilia[N 2]. Parente di Giulio Cesare, si sposarono nel 110 a.C. e lei morì nel 104 a.C., di parto. Ebbero una figlia e un figlio:
    • Cornelia, che fu madre di Pompea Silla, terza moglie di Giulio Cesare.
    • Lucio Cornelio Silla, che morì giovane.
  • Elia[N 2], da cui non ebbe figli.
  • Clelia, da cui divorziò con l'accusa di sterilità.
  • Cecilia Metella Dalmatica. Si sposarono nell'87 a.C. e lei morì nell'80 a.C. Ebbero due figli e una figlia:
  • Valeria Messalla. Si sposarono nel 78 a.C. e fu l'ultima moglie di Silla, che morì nello stesso anno. Ebbero una figlia:
    • Cornelia Postuma. Nata alcuni mesi dopo la morte del padre, da cui il nome, morì prima di raggiungere l'età da matrimonio.
Esplicative
  1. ^ Chiamata anche Ilia
  2. ^ a b c d Le figure di Giulia/Ilia ed Elia potrebbero coincidere (vd. infra).
  3. ^ Plutarco, Sull., 2, 1; Brizzi 2004, p. 15; Hinard 2003, pp. 15-17; contra Keaveney 1985, p. 16, secondo il quale deriverebbe da sura, «polpaccio»; cfr. Quintiliano, Inst., I 4, 25).
Bibliografiche
  1. ^ Noto anche semplicemente come Silla, nome che probabilmente deriva dalla corruzione della grafia originaria del suo cognome (SVILLA). Il cognome aggiuntivo (in latino agnomen) Felix fu aggiunto quando già era al termine della carriera, a motivo della sua quasi leggendaria fortuna come condottiero.
  2. ^ Plutarco, Sull., 1, 1; Sallustio, Iug., 95, 3.
  3. ^ Plutarco, Sull., 1, 1; Brizzi 2004, p. 13; Hinard 2003, p. 14; Telford, p. 18.
  4. ^ Brizzi 2004, p. 14; Hinard 2003, p. 15.
  5. ^ Brizzi 2004, p. 14.
  6. ^ Livio, XXV 12.
  7. ^ Brizzi 2004, p. 15; Hinard 2003, p. 16.
  8. ^ Hinard 2003, p. 18; Telford, pp. 19-20.
  9. ^ Livio, XXV, 2-3.
  10. ^ Brizzi 2004, p. 15; Hinard 2003, p. 18; Keaveney 1985, p. 16.
  11. ^ a b c Brizzi 2004, p. 15; Hinard 2003, p. 18.
  12. ^ Appiano, Mith., 54.
  13. ^ a b c Plutarco, Sull., 2, 4; Brizzi 2004, p. 18; Hinard 2003, p. 22; Keaveney 1985, p. 19.
  14. ^ Per maggior informazioni sul busto e la sua storia si rimanda ai seguenti link:
    (EN) The General Publius Cornelius Scipio Africanus?, su ancientrome.ru. URL consultato il 9 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 9 gennaio 2021).
    (FR) The General Publius Cornelius Scipio Africanus?, su ancientrome.ru. URL consultato il 9 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 9 gennaio 2021).
  15. ^ Keaveney 1985, p. 16.
  16. ^ Hinard 2003, pp. 18-19.
  17. ^ Sallustio, Iug., 95, 3.
  18. ^ Hinard 2003, pp. 20-21; Keaveney 1985, pp. 16-17.
  19. ^ a b Brizzi 2004, p. 17; Keaveney 1985, p. 17.
  20. ^ Brizzi 2004, pp. 19-20; Hinard 2003, p. 21, suppone anche la partecipazione a un'associazione bacchica; Keaveney 1985, pp. 18-19.
  21. ^ Brizzi 2004, p. 20; Hinard 2003, p. 242; Keaveney 1985, p. 18.
  22. ^ Plutarco, Sull., 6, 11.
  23. ^ Brizzi 2004, p. 22; Hinard 2003, pp. 23-24; Keaveney 1985, p. 19.
  24. ^ Telford, pp. 30-31.
  25. ^ Brizzi 2004, p. 22; Hinard 2003, p. 24.
  26. ^ Plutarco, Sull., 6, 11; Brizzi 2004, p. 22; Hinard 2003, p. 24.
  27. ^ Hinard 2003, p. 26.
  28. ^ Plutarco, Sull., 2, 4; 36, 1; Hinard 2003, p. 21; Keaveney 1985, p. 19.
  29. ^ Sheldon 2018, p. 52.
  30. ^ Livio, Periochae ab Urbe condita libri, 70.6.
  31. ^ a b Piganiol 1971, p. 298.
  32. ^ a b Giovanni Brizzi, Storia di Roma. 1. Dalle origini ad Azio, Bologna 1997, p. 319.
  33. ^ Livio, Periochae ab Urbe condita libri, 70.7.
  34. ^ Appiano, Guerre mitridatiche, 22.
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  36. ^ a b Appiano, Guerre mitridatiche, 38.
  37. ^ Appiano, Guerre mitridatiche, 39.
  38. ^ Appiano, Guerre mitridatiche, 40-41.
  39. ^ Plutarco, Vita di Silla, 15.1.
  40. ^ a b Floro, Compendio di Tito Livio, I, 40.11.
  41. ^ Livio, Periochae ab Urbe condita libri, 82.1.
  42. ^ Appiano, Guerre mitridatiche, 42-45.
  43. ^ Plutarco, Vita di Silla, 16-19.
  44. ^ Livio, Periochae ab Urbe condita libri, 82.2.
  45. ^ Plutarco, Vita di Silla, 21.
  46. ^ Appiano, Guerre mitridatiche, 49.
  47. ^ a b Appiano, Guerre mitridatiche, 52.
  48. ^ Livio, Periochae ab Urbe condita libri, 82.4.
  49. ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, XXX-XXXV, 104.1-6.
  50. ^ Velleio Patercolo, Historiae Romanae ad M. Vinicium libri duo, II, 24.1.
  51. ^ Livio, Periochae ab Urbe condita libri, 83.1.
  52. ^ Livio, Periochae ab Urbe condita libri, 83.3.
  53. ^ a b Appiano, Guerre mitridatiche, 57-58.
  54. ^ Velleio Patercolo, Historiae Romanae ad M. Vinicium libri duo, II, 24.3.
  55. ^ Per ulteriori informazioni: http://ancientrome.ru/art/artworken/img.htm?id=3326#sel=
  56. ^ La carica di dittatore non era stata ricoperta da alcun politico romanodal 202 a.C.; l'ultimo dittatore era stato Gaio Servilio Gemino.
  57. ^ Appiano, Guerre civili, I, 98-99.
  58. ^ Lucio Cornelio Silla, romanoimpero.com.
  59. ^ "In principio ci fu Silla. È noto che egli fu modello a Cesare per tanti aspetti del suo agire, dall’uso spregiudicato di un esercito ormai politicizzato alla marcia su Roma, dalla dittatura (sia pure a tempo indeterminato, e non perpetua) al mantenimento dell’immissione dei neocittadini italici in tutte le tribù; così, anche in campo storiografico è difficile concepire la genesi dei commentarii di Cesare senza il precedente sillano": Zecchini Giuseppe, Cesare: commentarii, historiae, vitae, Aevum: rassegna di scienze storiche, linguistiche e filologiche: LXXXV, 1, 2011, p. 25 (Milano: Vita e Pensiero, 2011).
  60. ^ Plutarco, Vita di Silla
  61. ^ Dufallo, Basil John (1999). Ciceronian oratory and the ghosts of the past. University of Michigan: UCLA. p. 263
Fonti antiche
Fonti storiografiche moderne
  • Giuseppe Antonelli, Mitridate, il nemico mortale di Roma. La vicenda umana e politica del principe orientale che ha avuto il coraggio di opporsi all'imperialismo di Roma, Roma, Newton Compton, 1992.
  • Ernst Badian, Lucius Sulla: The Deadly Reformer, Sydney, University Press, 1970.
  • Giovanni Brizzi, Storia di Roma, I: Dalle origini ad Azio, Bologna, Patron, 1997.
  • Giovanni Brizzi, Silla, prefazione di François Hinard, Roma, Rai-ERI, 2004.
  • Jérôme Carcopino, Silla o la monarchia mancata, traduzione di Anna Rossi Cattabiani, introduzione di Mario Attilio Levi, consulenza storica di Federico Ceruti, 2ª ed., Milano, Rusconi, 1981 [1931], ISBN 88-18-18020-7.
  • François Hinard, Silla, traduzione di Anna Rosa Gumina, Il Giornale, Roma, Salerno, 2003 [1990], ISBN 9771124883008.
  • Arthur Keaveney, Silla, traduzione di Katia Gordini, Milano, Bompiani, 1985 [1982].
  • André Piganiol, Le conquiste dei Romani, traduzione di Filippo Coarelli, Milano, Il Saggiatore, 1971.
  • Rose Mary Sheldon, Le guerre di Roma contro i Parti, Traduzione dall'inglese di Pasquale Faccia, Gorizia, LEG, 2018, ISBN 978-88-6102-465-6.
  • Lynda Telford, Sulla: A Dictator Reconsidered, Pen & Sword, 2014, ISBN 9781783030484.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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Predecessore Console romano Successore
Gneo Pompeo Strabone,
Lucio Porcio Catone
88 a.C.
con Quinto Pompeo Rufo
Lucio Cornelio Cinna I,
Gneo Ottavio
I
Gneo Cornelio Dolabella,
Marco Tullio Decula
80 a.C.
con Quinto Cecilio Metello Pio
Appio Claudio Pulcro,
Publio Servilio Vatia Isaurico
II
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