Finale della Coppa delle Coppe 1983-1984
Finale della Coppa delle Coppe 1983-1984 | |||||
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La rosa della Juventus campione | |||||
Informazioni generali | |||||
Sport | Calcio | ||||
Competizione | Coppa delle Coppe 1983-1984 | ||||
Data | 16 maggio 1984 | ||||
Città | Basilea | ||||
Impianto | St. Jakob-Park | ||||
Spettatori | 60 000 | ||||
Dettagli dell'incontro | |||||
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Arbitro | Adolf Prokop (Germania Est) | ||||
Successione | |||||
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La finale della 24ª edizione della Coppa delle Coppe UEFA è stata disputata il 16 maggio 1984 al St. Jakob Stadium di Basilea tra Juventus e Porto. All'incontro hanno assistito circa 60 000 spettatori. La partita, arbitrata dal tedesco orientale Adolf Prokop, ha visto la vittoria per 2-1 del club italiano.
Il cammino verso la finale
[modifica | modifica wikitesto]La Juventus di Giovanni Trapattoni esordì contro i polacchi del Lechia Danzica, facilmente battuti con un ampio scarto complessivo di 10-2. Più probante si rivelò l'impegno degli ottavi di finale contro i francesi del Paris Saint-Germain, superati grazie alla regola dei gol fuori casa in virtù del 2-2 di Parigi e del successivo pareggio a reti inviolate di Torino. Ai quarti i Bianconeri affrontarono la sorpresa dell'edizione, i finlandesi dell'Haka, battendoli col risultato di 1-0 sia all'andata sia al ritorno. Nella semifinale contro gli inglesi del Manchester Utd, dopo l'1-1 dell'Old Trafford, la Juventus guadagnò l'accesso alla finale con il 2-1 nel retour match del Comunale, in una partita thrilling risolta dai padroni di casa sullo scoccare del 90'.[1]
Il Porto di António Morais iniziò il cammino europeo contro la Dinamo Zagabria, passando il turno grazie alla regola dei gol in trasferta, in virtù della sconfitta per 2-1 in Jugoslavia e della vittoria per 1-0 in Portogallo. Agli ottavi gli scozzesi dei Rangers furono estromessi con la stessa modalità del turno precedente. Ai quarti di finale i Dragões affrontarono i sovietici dello Šachtar battendoli con un risultato complessivo di 4-3. In semifinale il Porto affrontò nuovamente una squadra scozzese, i campioni in carica dell'Aberdeen, battendola col risultato di 1-0 sia nell'andata all'Estádio das Antas sia nel ritorno al Pittodrie.
La partita
[modifica | modifica wikitesto]A Basilea va in scena la sfida tra la Juventus, alla sua seconda finale europea consecutiva dopo quella di Coppa dei Campioni, e data ampiamente per favorita dai pronostici della vigilia, e il Porto, al contrario giunto tra alti e bassi alla prima finale confederale della sua storia.
Tutto succede nel primo tempo. Il Porto cominciò difendendosi a zona, chiudendo gli spazi tra la retroguardia e il centrocampo, proteggendo le fasce laterali per bloccare gli inserimenti principalmente di Cabrini e Vignola.[2] Al 13' quest'ultimo, servito da Platini a centrocampo, parte palla al piede poco oltre la metà campo, e una volta arrivato senza pressione avversaria al limite dell'area lusitana, con un sinistro a incrociare dalla distanza infila l'incerto Zé Beto portando in vantaggio i Bianconeri. Un minuto prima della mezz'ora, alla prima vera sortita offensiva dei Dragões, António Sousa trova il momentaneo pareggio, ricevendo la sfera al termine di uno scambio tra Gomes e Frasco, e lasciando partire di prima intenzione un tiro a effetto dalla lunetta dell'area di rigore che, rimbalzando a terra, mette fuori causa Tacconi.[2]
La situazione di parità dura appena una decina di minuti. Già al 39', sugli sviluppi di un calcio d'angolo, Boniek potrebbe riportare avanti i torinesi, ma la sua conclusione a botta sicura, dopo un'uscita a vuoto di Zé Beto, è respinta da Lima Pereira. Tuttavia due minuti dopo è lo stesso polacco, pescato in area da un lancio di Vignola[2] — riserva "di lusso" di Platoche nelle gerarchie bianconere, ma emerso tra i migliori elementi della Vecchia Signora in questo finale di stagione[3] —, a controllare, resistendo alla pressione di João Pinto e di un ancora incerto Zé Beto in uscita, e depositare in rasoterra il pallone del 2-1: l'estremo difensore portoghese protesta per un presunto fallo dello juventino, non ravvisato dall'arbitro tedesco-orientale Prokop.[2][4]
Prima della fine del tempo c'è ancora spazio per la più nitida occasione del Porto per tornare sul pari, ma Tacconi è autore di un doppio intervento da applausi prima su Gomes e poi su Pacheco. Nella seconda frazione, giocata sotto una pioggia battente,[2] al 55' Lima Pereira commette un fallo da rigore su Platini, non sanzionato da Prokop per la norma del vantaggio, ma la successiva conclusione di Brio a tu per tu con Zé Beto viene sventata.[2]
Con il passare dei minuti i lusitani aumentano gli sforzi alla ricerca del pareggio, mettendo sotto pressione la retroguardia italiana (decisivo in questa fase un salvataggio di Tardelli su Vermelhinho) senza però riuscire a scardinarla; dall'altra parte, la Juventus contiene gli attacchi avversari giocando prettamente di rimessa. All'82' l'arbitro giudica involontario un tocco di mano in area di Scirea, mentre tre minuti dopo i piemontesi falliscono l'occasione per chiudere la gara, con Rossi il quale, imbeccato da Boniek, si fa respingere la prima conclusione da Zé Beto e poi sul favorevole rimpallo non riesce a trovare la porta. La situazione non cambia fino al triplice fischio,[2] quando il capitano Scirea solleva la prima e unica Coppa delle Coppe della squadra bianconera, vinta inoltre da imbattuta nell'arco dell'edizione.
Tabellino
[modifica | modifica wikitesto]Basilea 16 maggio 1984, ore 20:15 | Juventus | 2 – 1 referto | Porto | St. Jakob (60 000 spett.)
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Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Carlo Coscia, Juventus in extremis, e ora il Porto, in La Stampa, 26 aprile 1984, p. 24.
- ^ a b c d e f g Bruno Bernardi, Juventus grande anche in Europa, in La Stampa, 17 maggio 1984, p. 26.
- ^ Sebastiano Vernazza, Vignola, primo tra i secondi, su gazzetta.it, 30 gennaio 2007.
- ^ Dopo la partita Boniek dirà sul gol: «I portoghesi hanno protestato, e non so proprio perché. Sono io che ho subito il fallo. Sul lancio di Vignola non ho neppure guardato la porta, ho sentito qualcuno che si appoggiava alla mia spalla: me lo sono semplicemente scrollato di dosso calciando di destro a rete», cfr. Bruno Bernardi, Trap: «Così dimentichiamo Atene», in La Stampa, 17 maggio 1984, p. 26.